"2038: la rivolta", di Francesco GrassoLiber Liber
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Prefazione | Epilogo

18

Il traguardo più alto che un eroe possa perseguire nel nuovo secolo
è quello di entrare in una nota a pie' di pagina.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

- Come ti senti?

Anselmo non si mosse. Continuò a fissare il soffitto dall'intonaco butterato, intensamente, come se cercasse di leggere nelle screpolature della scagliola tracce carsiche del futuro.

Lara sedette accanto al letto dell'anziano. La sedia cigolò piano. Lei si chinò in avanti, appoggiò i gomiti aguzzi sulle ginocchia nude. Fece correre lo sguardo lungo la stanza.

Le lenzuola a righe bianche e azzurre erano pulite, ma consunte, gli angoli sfilacciati come ricordi perduti; sul comodino metallico, dipinto in un'improbabile tinta magenta, un posacenere a forma di conchiglia traboccava sigarette mutilate e polvere di tabacco. Il chiarore dell'alba filtrava a stento dal finestrone socchiuso, alto sulla parete, oscurato da una veneziana sgangherata, disegnando losanghe di luce sul pavimento di linoleum.

- Sono io, Anselmo. - insistette Lara, alzando la voce.

Il vecchio si voltò verso di lei. - Giornalista...

- Riesci a sentirmi?

Anselmo scrollò le spalle. - L'orecchio destro è andato. Il sinistro funziona ancora, in qualche modo... Il dottore ha detto che il timpano non è perforato del tutto.

- Mi dispiace. - mormorò la donna - Di quanto è successo. Io...

- Posso leggere le labbra. - l'assicurò il vecchio, orgoglioso - Ci sono sempre riuscito bene...

Lara non replicò. Anselmo lo prese per un incoraggiamento.

- Una volta io e Ciro Pascarella venimmo incaricati di sorvegliare il covo degli Afragolesi. Ricordo che il loro sistema ICM disturbava il microfono direzionale, ma la camera telescopica funzionava benissimo; potevo contare le pulci che saltavano sulla testa brillantinata di quegli idioti... E leggevo ciò che dicevano. Perfettamente.

La falsa allegria di Anselmo non ingannò Lara. Il vecchio soffriva terribilmente, lei se ne rendeva bene conto. Gloria e gli altri le avevano spiegato la gravità delle sue lesioni. Le connessioni nervose distrutte dal colpo sonico non ricrescevano. Potevano solo peggiorare. Era una semplice questione di tempo, prima che...

- Mi hanno detto che riesci a muoverti. - azzardò.

- Riesco ad andare a pisciare da solo, questo sì. - replicò seccamente il vecchio - Anche se mi sembra di camminare su una barca in mezzo alla burrasca... Ma non voglio lamentarmi. Dimmi cosa succede là fuori.

Lara annuì, lieta che lui le avesse rivolto così presto la domanda che lei, in fondo, si aspettava.

- Intendi la rivolta?

- Cos'altro?

- Preferisci che inizi con le notizie buone o con quelle cattive?

Il vecchio tentò di accendersi una Marlboro. Ci riuscì solo dopo averne spezzate tre. Le sue dita si muovevano senza alcuna coordinazione. Lara non osò aiutarlo.

- Scegli tu, giornalista.

- Bene... - mormorò la donna - La polizia e gli SSI sembrano impazziti: stanno battendo i quartieri senza tregua. Ci sono blocchi stradali ovunque, perquisizioni senza preavviso, arresti in massa. E di notte c'è il coprifuoco. Non si sono mai viste tante autoblindo e convertiplani in giro... Abbiamo dovuto abbandonare la vecchia base NATO: scottava troppo. Anche questo rifugio, forse, non è più sicuro.

Anselmo aspirò il fumo. Tossì malamente, deglutendo a fatica.

- Adesso dammi le notizie cattive.

Lara sgranò gli occhi. - Perché, queste ti sembravano buone?

Il vecchio annuì. - Certo. Significa che il Prefetto e il Sindaco se la stanno facendo sotto.

- Sei sicuro?

- Ma certo. Il coprifuoco... Ti rendi conto? Qui a Napoli non lo avevamo dal 1977. Va tutto a nostro vantaggio.

- Perché?

- Farà crescere l'odio e il risentimento in città. Spingerà la gente dalla nostra parte. Anche gli indecisi, anche i rassegnati, anche quelli che, come sempre, tirano a campare.

Lara ripensò alle parole di Sarrese, sul condizionamento latente e sugli schiavi felici di esserlo. Si morse le labbra dubbiosa.

- Sei sicuro? - ripeté.

- Certo che sono sicuro. - protestò il vecchio - Cos'altro mi resta, se non la sicurezza? Avanti, dimmi il resto.

Lei riprese, condiscendente. - A Poggioreale sono arrivati i carri armati. Gli insorti volevano attaccarli, ma noi li abbiamo convinti a tagliare la corda. È stata una fuga di massa spettacolare. Gli incendi al Centro Direzionale sono durati per ore.

Anselmo batté le palpebre, visibilmente impressionato. - Siete riusciti a farvi ascoltare da quel branco di ossessi? Da non credere.

Lara scrollò le spalle. - Avevamo Masaniello. Loro non chiedevano che di seguirlo.

Anselmo socchiuse gli occhi. - Questa era una notizia cattiva, vero?

- Cattiva? Non capisco...

Lui sorrise amaro. - Dove nasconderemo tutti quei ricercati? I rifugi non bastano neppure per noi. E come li nutriremo, come li cureremo? Non possiamo certo sostenere un esercito, lo sai benissimo.

- Salvatore e gli altri pensano che basti armarlo. Si stanno preparando per assaltare l'Arsenale di Capodimonte.

Anselmo annuì, colpito. Meditò a lungo, poi rispose pensieroso. - Forse hanno ragione loro...

- Credo di sì.

- E del resto, ormai è tardi per tirarsi indietro. A cosa puntano, dopo l'Arsenale?

Lara si dondolò sulla sedia. Era molto scomoda per il suo corpo spigoloso. Avrebbe voluto alzarsi e passeggiare per la stanza, ma non le sembrava giusto nei confronti di Anselmo. Si sforzò di rimanere seduta.

- Abbiamo deciso di bloccare Capodichino. Non è poi così difficile... Moretti ha calcolato che sia sufficiente un annullatore di campo e un centinaio di chili di C-3.

- L'aeroporto? Ma è presidiato da due battaglioni! È un suicidio!

- Non sarà un'insurrezione, come al Porto. Pensiamo a un attacco "mordi e fuggi". Distruggeremo la pista e lasceremo sulle macerie il nuovo proclama di Masaniello. E questa volta ci rivolgeremo al governo centrale. Non potranno ancora far finta di ignorarci.

- Il nuovo proclama di... - ripeté Anselmo, cupo. Spense la sigaretta. - Quanti tra noi sanno la verità, giornalista?

Lara abbassò gli occhi. - Moretti e Salvatore, naturalmente. E un altro paio di compagni, quelli che ci hanno aiutato a portarlo... a portarvi fuori dalla caverna.

- Troppi.

- Sono fidati... Hanno capito quanto sia importante.

- E noi lo abbiamo capito, giornalista?

Lara accavallò le gambe, inquieta. - Che vuoi dire?

- Tu ne stai facendo un eroe. - mormorò il vecchio - Ma non è giusto. Lui non era così.

- Che vuoi dire?

- Non si interessava affatto a noi, alla nostra lotta. Non credo che ci fosse posto, nella sua testa, per qualcosa di diverso dalla sua follia.

- No, aspetta...

- C'ero anch'io in quella caverna! - tagliò corto Anselmo - Ha lasciato che ci facessero a pezzi senza muovere un dito, e tu lo sai benissimo.

- Non lo nego. Ma non volevo dire questo.

- E allora cosa?

Le dita di Lara corsero istintivamente agli orecchini. Poi si fermarono: non li portava più. La donna intrecciò le mani sotto il mento. Fissò Anselmo negli occhi.

- Io credo... credo che la cosa veramente importante nella vita... non sia come la si affronta, ma come si riesce a raccontarla, a se stessi e agli altri.

Il vecchio considerò a lungo l'affermazione di Lara.

- Sei molto cambiata, da quando ti ho conosciuta - disse alla fine.

- Non credo. - ribatté la donna, con serenità - L'ho sempre pensata così.

- Ne sei sicura?

- L'unica differenza, credo, è che una volta non avrei tradotto i miei pensieri in azioni. O in scritti... - ammise Lara - In questo, sì, sono cambiata. E il merito è vostro.

- In scritti... - Anselmo sollevò il cuscino, sfogliò una manciata di appunti vergati a mano - Ho dato un'occhiata alla roba che mi hai lasciato ieri, quando sei passata e credevi che io dormissi...

- Mi avevi visto, allora? E perché...

- Non mi sentivo in vena di chiacchiere. - tagliò corto il vecchio - Ma non preoccuparti: i tuoi appunti mi hanno fatto compagnia, stanotte.

- Allora? - chiese lei, apprensiva.

- Be', quant'è vero che il mare del Golfo è salato, non ho mai sentito nessuna di quelle frasi dalla bocca del ragazzo. A dirla tutta, non gli ho mai sentito pronunciare qualcosa di più prolisso di un monosillabo. Dove hai pescato quel campionario di sermoni, giornalista?

- Ho saccheggiato i classici. - confessò Lara - Tolstoi, Twain, Brecht, Shakespeare...

- Una bella plagiaria.

Lei sorrise. - Non lo scoprirà mai nessuno: quegli autori ormai non si leggono più, né in questa città né altrove...

- Cosa hai in mente?

- Pensavo di farne una sorta di "Libretto Rosso" della nostra... chiamiamola pure rivoluzione. "I pensieri di Masaniello", se vuoi. Oppure "I pensieri all'ombra del Vesuvio". Il titolo possiamo deciderlo insieme.

Lui scosse la testa. Ma alla fine sorrise. - Gli hai assegnato azioni non sue, attribuito meriti non suoi... e adesso gli metti in bocca parole non sue... L'importante in una vita è come la si racconta agli altri, vero?

- Anche a se stessi. - ripeté la donna, con voce ferma.

- E va bene, forse hai ragione tu... - Anselmo si accese una nuova sigaretta. Tossì, mentre il fumo si levava faticosamente in volo verso la finestra socchiusa e la sua illusoria libertà.

- Pensi mai alla morte, giornalista?

- Come? - replicò Lara, sorpresa da quel repentino cambio d'argomento.

- Rammenti cosa ti dissi nella caverna, prima che mi facessero... - il suo sguardo corse lungo le lenzuola - ...questo?

- Di cosa parli?

- "Mi dispiace solo perché non vedrò la fine di questa storia"... Ti ricordi?

Anselmo mosse in tondo la mano; la brace della sigaretta delineò un cerchio rosso nell'aria sonnolenta.

- È ancor più vero oggi, giornalista. Questa storia si sta facendo sempre più interessante, e mi piacerebbe davvero sapere come andrà a finire... Purtroppo, non ne avrò il tempo.

- Smettila! - lo redarguì Lara, mentre un nodo le stringeva l'anima.

- Tu come vedi la morte, giornalista? - proseguì il vecchio, ignorandola - Resterà qualcosa, di noi, o si spegnerà tutto, come da un video quando si stacca la spina?

- Non mi piace sentirti parlare così...

- E se davvero sarà la fine di tutto, che senso avrà avuto lottare, soffrire, prodigarsi in nome di qualcosa? Comunque sia andata, vincitori o sconfitti, ci dovremo alzare dal tavolo di gioco, tornare nel buio da cui siamo venuti e lasciare le nostre fiches nelle mani di altri...

Anselmo tossì ancora, questa volta più dolorosamente - Se vivremo ancora soltanto nel ricordo dei nuovi giocatori di questa assurda partita, allora, giornalista, forse hai ragione tu: l'importante è come la nostra esistenza verrà raccontata.

Lara, all'improvviso, lanciò uno sguardo di soppiatto verso la finestra, come se avesse sentito qualcosa attraverso la veneziana e i vetri socchiusi. Anselmo se ne accorse subito.

- Che succede, giornalista?

- Masaniello è tornato, credo.

Il vecchio annuì. - È meglio che tu vada, allora.

- Perché?

- Ci sarà bisogno di te, laggiù.

- Anselmo, io...

- Solo una cosa, giornalista, prima che tu ti chiuda quella porta alle spalle. - Anselmo si issò faticosamente sulle ginocchia. Il suo viso cotto dal sole si raggrinzì in un sorriso. - Non fare lo stesso con me.

- Lo stesso cosa? - balbettò la donna.

- Lo sai benissimo. - il sorriso del vecchio si spense - Non rendermi un martire, giornalista. Né un eroe. Raccontami per quello che sono, per quello che ero.

- Io...

- Va', adesso. - tagliò corto Anselmo, come un epitaffio - La tua Storia aspetta... O meglio, sei tu ad aspettare lei. Vai.

Lara, controvoglia, obbedì. Uscì dalla stanza di Anselmo, scese le scale, affollate come sempre da piramidi di masserizie, animali pulciosi e bambini sentinella, si diresse verso quella che Masaniello, nella fraseologia militare non priva di ironia che esibiva adesso, aveva battezzato "Centrale di coordinamento tecnico".

Non era nient'altro che uno stanzone schermato, con mappe della città e dei sotterranei, sfregiate da segni di pennarello e trafitte da spilli, affisse alla parete, ma il nome bastava a conferirgli un'aura di rispetto.

Vide che gli altri stavano entrando in quel momento. Sembravano eccitati. Desiderosa di risposte, Lara cercò di individuare nel gruppo qualche figura nota.

Il Collettivo, rifletté, era molto cambiato, dal giorno della battaglia nelle caverne di Posillipo: Stefano e gli altri caduti erano stati rimpiazzati da nuovi arrivati; lo stesso era avvenuto con i vecchi capi, che avevano ceduto volontariamente il loro posto a compagni più giovani. Moretti, poi, aveva contribuito in modo decisivo al rimescolamento delle carte: Lara ricordava ancora con sgomento la rivelazione di due giorni prima: l'ex agente della Sezione, finalmente accettato da tutti, aveva spiegato che l'Intelligence governativa infiltrava regolarmente tutti i gruppi considerati eversivi, e che quindi anche in mezzo a loro dovevano esserci informatori, coscienti o meno di esserlo.

Moretti aveva illustrato delle tecniche standard per l'individuazione delle spie, e aveva dimostrato la loro validità smascherando tre "lazzari" della prima ora. Fra i vestiti e sotto la pelle dei tre, fra lo stupore di tutti, erano stati scoperti segnalatori e microfoni in biofibra.

Moretti aveva verificato che, fortunatamente, gli strumenti erano ancora "dormienti", ma certo si sarebbero attivati da un momento all'altro, visto che adesso erano tutti ricercati. Grazie a l'ex agente, con ogni probabilità, il cervello della rivolta era al sicuro da delatori e spie.

- Ce l'abbiamo fatta! - disse a Lara il primo lazzaro che si calmò quel tanto che bastava a darle retta - Siamo sbucati dalla fogne, proprio dietro le loro linee di difesa!

- Non ci aspettavano davvero, quei cornuti! - echeggiò un secondo - Gli abbiamo fatto 'o mazzo!

- Abbiamo perso solo due dei nostri! - aggiunse un terzo - Una grande vittoria!

- L'arsenale? - azzardò Lara, sorpresa - Lo avete assaltato? Ma...

- Masaniello non ha voluto aspettare. - spiegò il lazzaro - C'erano rischi di soffiate, ha detto. E aveva ragione.

- Quello sa sempre tutto. - mormorò il secondo, la voce carica di rispetto.

- Hai ragione! - approvò il terzo, ridendo soddisfatto - Se mi desse i numeri, andrei subito a giocarli.

- Dov'è, adesso? - li interruppe Lara.

Il lazzaro gesticolò, spargendo goccioline odorose di sudore intorno. - Di sopra, in infermeria.

- Infermeria? - ripeté la donna, inquieta - Forse...

- Non è lui ad averne bisogno, naturalmente - disse l'uomo, con sufficienza, come se avesse a che fare con un'interlocutrice non troppo sveglia - È il suo braccio destro, quel Moretti, a essere stato ferito.

Lara gli rivolse un vago cenno di saluto e corse di nuovo su per le scale. Imboccò il corridoio opposto a quello in cui si trovava la stanza di Anselmo, voltò l'angolo, percorse ancora una cinquantina di passi, in una corsa affannosa.

Giunse nel locale adibito ad approssimativa infermeria col fiatone, ma non perse tempo a calmare le sue pulsazioni. Vagò tra le brande, lanciò occhiate tra i pochi feriti che giacevano o sostavano seduti in attesa di essere medicati. Un paio, a gambe incrociate su una lettiga, aveva improvvisato una partita a carte; un altro, atteggiando la mano insanguinata, si divertiva a proiettare ombre cinesi sul muro imbiancato. Nessuno, neppure tra i più gravi, emetteva un lamento. Nell'aria c'era odore di disinfettante e di caffè.

- Lara!

La donna si voltò, incrociando gli occhi verde sciroppo di Moretti. L'ex agente speciale, appollaiato su un alto sgabello, aveva la gamba sinistra dei calzoni arrotolati fin sopra il ginocchio, e una brutta ferita dai bordi frastagliati che si estendeva intorno al polpaccio tatuato. Una ragazza dai capelli d'inchiostro, sedutagli di fronte, stava provvedendo a pulire e cucire insieme i lembi dello squarcio. L'ago sterile si muoveva tra le sue dita con movimenti aggraziati. Lara, inspiegabilmente, ebbe la sensazione di una scena già vissuta.

- Una scheggia. - spiegò Moretti - Ho avuto sfortuna.

- Mi dispiace.

- Non preoccuparti: ho chi si prenderà cura di me. Ricordi Teresa, vero?

Il deja-vù si concretizzò. Con meraviglia, Lara riconobbe nella ragazza mora l'infermiera del Cardarelli.

Senza il camice bianco, le sembrò ancora più graziosa dell'ultima volta che l'aveva veduta.

- Cosa le avevo detto, signora? - rise la giovane, cogliendo lo stupore di Lara - Io e Jacques siamo fatti uno per l'altra. Tra un po' mi chiederà di sposarlo.

- E una sorpresa vederti qui... Teresa. - considerò la donna.

L'infermiera diede l'ultimo punto, poi avvolse con una garza elastica il polpaccio di Moretti. Valutò il suo lavoro, e infine annuì soddisfatta.

- Io e i miei colleghi abbiamo visto troppe porcherie, da quando i militari hanno monopolizzato il reparto... Abbiamo mandato una delegazione al Prefetto, per protestare e denunciare gli abusi... Non sono mai tornati. Pensavamo a uno sciopero, ma avevamo paura. Poi abbiamo letto il proclama di Masaniello, e molti di noi hanno deciso di passare alla clandestinità.

- Capisco... - commentò Lara, impressionata dal vedere come si allargavano i cerchi concentrici di onde dalla superficie che lei, quasi per gioco, aveva cominciato a increspare.

- Ho finito, Jacques. - informò Teresa, lanciando all'ex agente un sorriso complice.

- Mi duole ancora. - protestò Moretti - Potrò camminare?

- Mi spiace, Jacques. - si scusò lei, aiutandolo a scendere dal trespolo - Non ho microsonde né tessuto cicatrizzante, qui. Dovrai stare a riposo per almeno quattro giorni. Niente movimenti bruschi, né sforzi con quella gamba.

Lui si appoggiò alla ragazza. Nonostante le fitte di sofferenza che gli attraversavano il volto, sembrava felice.

- Sono completamente ai tuoi ordini, crocerossina.

Tra la sorpresa e l'imbarazzo, Lara colse l'intimità crescente tra i due, e comprese di essere di troppo.

- Dov'è Masaniello? - chiese, cercando un pretesto per allontanarsi.

- Lui torna sempre da solo, come sai. - rispose Moretti, in tono allusivo - Lo troverai al solito posto.

Lei fece per andare, ma l'uomo la trattenne.

- Aspetta!

- Che succede?

- Qualcuno mi ha chiesto di te. - Moretti accennò alle proprie spalle - Laggiù.

Lara seguì il dito dell'ex agente, indugiò con lo sguardo sul gruppetto che sostava oltre ingresso opposto dell'infermeria. Alla fine sorrise. - Be', decisamente è il giorno delle sorprese, questo.

L'uomo le voltava le spalle. Lei poté giungergli accanto senza che questi si accorgesse di lei. Lara provò un senso di sollievo misto a piacere nel ritrovarsi di nuovo di fronte, come frantumi di quotidianità in un mondo andato in pezzi, quegli aloni odorosi intorno alle ascelle della camicia, quei fondi di bottiglia calcati sulla punta del naso aquilino, quei capelli sottili come sbuffi di fumo.

- Come stai, Attilio?

Il caporedattore la riconobbe, avanzò di un passo, esitò. Lara pensò che volesse abbracciarla, ma alla fine l'uomo le prese semplicemente una mano, la tenne a lungo stretta nella sua.

- Non so dirti quanto mi faccia piacere rivederti, Lara.

Il suo tono era sincero. La donna notò gli ematomi sul viso, i vestiti stazzonati, la barba mal rasata... Pigramente, si chiese se anche il suo aspetto fosse così terribile. Forse. Non le importava, in fondo.

- Come sei finito qui? - chiese.

- Ero a Poggioreale. - rispose lui, scrollando le spalle.

- In carcere? Perché?

Attilio scosse la testa. Lara si accorse che teneva qualcosa nel pugno chiuso. Le sue dita si muovevano metodicamente. Guardò meglio.

Sorrise, riconoscendo una graffetta ormai informe. Quei replay di normalità la facevano rivivere.

- Dall'ultima volta che ci siamo visti, ho passato tutto il mio tempo dietro le sbarre. - raccontò il caporedattore - E senza nessuna accusa, capisci? Credo volessero spaventarmi, ma poi dev'essere successo qualcosa, perché si sono dimenticati di me... Quando è scoppiata la rivolta, mi sono ritrovato coinvolto. Sapevo di rischiare ma, capisci, non reggevo più quella cella. Ho seguito gli uomini del tuo Masaniello, ed eccomi qui.

Lara sorrise, ma senza la minima cattiveria. - Dev'essere stata un'esperienza notevole, per te.

- Lo è stata di più per lui. - replicò Attilio, indicando un uomo intento a sgomitare di fronte al tavolo con le provviste che il Collettivo aveva fatto preparare in fretta e furia per i nuovi arrivati: si dava da fare con molta energia, e ogni tanto imprecava "Al diavolo!" all'indirizzo dei suoi avversari di tavolata.

- Carmine? - esclamò Lara, incredula - Non lo avevo riconosciuto.

- Il carcere non era per lui. Ha perso dieci chili in due settimane... - Attilio gettò quel che restava della graffetta lontano; infilò una mano in tasca, ne trasse una ancora integra, riprese a tormentare il metallo. - Dieci chili, capisci? È un genere di dieta che non raccomanderei a nessuno.

Poi la fissò negli occhi. - Credi che potremo tornare a casa?

- Non ancora, temo. - rispose lei, seria - Il meglio... o il peggio, a seconda dei punti di vista... deve ancora venire.

Si aspettava che l'altro protestasse, o che chiedesse spiegazioni. Attilio invece annuì con aria responsabile.

- Credi che potrei essere utile, allora?

Lei rimase interdetta. - Questa è una guerra, Attilio.

- Lo so. - assentì lui, deciso. - E non è giusto che tu la combatta e io resti a guardare. Non credi?

Il rispetto che Lara provava nei confronti del suo ex capo crebbe. Non l'aveva mai considerato uno stupido, ma forse non era mai riuscito a pensare a lui come a un alleato. Oziosamente, si chiese se sua madre, in fondo, non avesse visto più lontano di lei.

Attilio teneva la sua mano ancora stretta nella sua, come se traesse energia da quel contatto. Lara lo fissò a lungo. Alla fine annuì.

- Credo ci sia bisogno dell'aiuto di tutti.

- Dimmi cosa potrei fare, allora.

- Meglio raccontarti tutto dall'inizio. - commentò Lara.

 

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