"2038: la rivolta", di Francesco GrassoLiber Liber
Copertina | Prologo
01 | 02 | 03 | 04 | 05 | 06 | 07 | 08 | 09 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 18
Prefazione | Epilogo

14

Attraverso gli occhi umiliati dei miei fratelli io vedo il mio stesso passato.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

- Ehi tu, sbirro. Vieni qui.

Moretti si alzò con cautela. I vestiti che i suoi ospiti - non riusciva ancora a considerarli alleati, al massimo complici di ribellione, anche se con motivazioni diverse dalle sue - gli avevano fornito gli calzavano un po' stretti, specie alle spalle. La clavicola e l'articolazione, compresse dalle cuciture, gli rammentavano a sprazzi la sua perdurante condizione di convalescente.

In compenso, ora che aveva potuto lavarsi e disinfettarsi a dovere il viso ferito, si sentiva molto meglio. Le escoriazioni sarebbero guarite in fretta. Certo molto prima delle lacerazioni della sua coscienza.

- Dite a me?

- Vedi altri sbirri in giro? - gli fu risposto a muso duro.

Più che giusto, si disse Moretti, amaro. Chi voleva prendere in giro? Se il codice a barre tatuato alla sua caviglia era indelebile, la sua condizione di mercenario al servizio degli oppressori della città lo era anche di più.

- Cosa c'è?

- Seguici. Devi darci una mano.

Moretti non era sicuro di voler andare con i due lazzari. Li scrutò con uno sguardo obliquo. Il primo era l'uomo calvo con le orecchie a punta che aveva sentito chiamare col nome di Stefano; l'altro era un tizio tarchiato che odorava di tabacco e che si esprimeva quasi esclusivamente in dialetto. Salvatore? Era questo il suo nome? Forse... Di certo, nessuno dei due aveva mosso un dito in sua difesa, mentre quel mostro, quella belva dal corpo di ragazzo e dal viso bendato gli aveva affondato i denti in faccia. Senza dubbio lo avrebbero lasciato sbranare con la massima tranquillità, se in suo soccorso non fosse intervenuta...

- Devo aspettare la giornalista... - obiettò guardingo - Lei e il vecchio mi hanno detto di...

- Lascia perdere. - tagliò corto l'uomo calvo - Li aspetteresti a vuoto: ne avranno per parecchio.

Moretti dovette riconoscere che l'altro aveva ragione. Sia la donna che il vecchio erano rimasti più che colpiti dal contenuto della Seagate: non sarebbe stata un'impresa semplice recuperare quel tanto di lucidità e chiarezza mentale necessaria per definire una linea d'azione.

Quanto a lui, quanto aveva appreso lo aveva sì stupito ma anche, in fondo, convinto dei sospetti che da tempo nutriva sul ruolo della Sezione e della sua stessa presenza in quella città. I misteri, le eterne domande che lo assillavano avevano infine avuto la loro risposta.

Nel modo peggiore.

Si mosse verso i due lazzari. Attento.

- Ti sei deciso, sbirro?

- Non chiamatemi così. - protestò Moretti.

Il tizio tarchiato roteò gli occhi, sorpreso. - E comm' t'aggio 'a chiama'?

- Il mio nome è Jacques.

- Comm' vuo' tu, sbirro. - concordò pacificamente l'altro.

Moretti scrollò le spalle: non aveva diritto di pretendere di più, in fondo.

I due lo condussero attraverso un dedalo di lunghi corridoi male illuminati e grevi di odori umani. Percorsero un breve tratto allo scoperto, durante il quale Moretti si sorprese a scrutare il cielo terso alla ricerca di genofalchi. Ma nessuna forma scura, neppure i gabbiani, solcava l'azzurro. Tornati al coperto, discesero una breve rampa, che li portò rapidamente a un angusto sotterraneo dall'aria fumosa.

Su un lungo tavolaccio, consunto agli angoli e solcato da graffi profondi come ferite, erano ammonticchiate delle armi.

- Le conosci? - chiese Stefano, brusco.

- AIM32. - rispose automaticamente Moretti - Armamento individuale multifunzione. Fabbricazione tedesca.

- Non sparano. Neppure a bestemmiare in crucco. Devi aiutarci.

Più che una richiesta, un imperativo. Moretti batté le palpebre, confuso. Il caldo, in quel sotterraneo claustrofobico, era una presenza tangibile, e i suoi abiti erano troppo pesanti. Sentiva già il sudore inumidirgli la schiena.

- Questo è equipaggiamento della Sezione. - osservò, scorgendo i codici a barre - Come lo avete avuto?

Stefano sembrò contrariato dalla domanda. Atteggiò il viso a una smorfia, ma Salvatore lo prevenne.

- 'no guaglione dei nostri ha razzolato un furgone essessì. - spiegò.

- Avete rubato un trasporto della Sezione? - esclamò Moretti, incredulo - Non è possibile! Come diavolo...

- Teniamo guaglioni, alla Sanità, che potrebbero pitturare il culo del presidente senza farlo neppure svegliare. - assicurò il lazzaro.

Ripresosi dallo sbalordimento, Moretti realizzò un pensiero inquietante.

- Tutti i mezzi della Sezione, trasporti compresi, hanno segnalatori satellitari incapsulati nella carrozzeria. Il furgone rubato... Non... non lo avrete portato qui, vero?

Stefano e Salvatore si scambiarono un ghigno di derisione.

- Chisto ci ha preso pe' fessi. - ridacchiò l'uomo tarchiato.

- Sbirro, il furgone fa compagnia alle mezzancolle sotto gli scogli di Nisida. - garantì Stefano.

- Dove sta anche la due ruote giapponese del tuo compare. - aggiunse l'altro.

Moretti annuì. Ragionevole, pensò. Ciò nonostante, lo sapeva bene, le risorse dei suoi ex-colleghi della Sezione erano di gran lunga superiori a quei rudimentali stratagemmi: i lazzari, concluse, avevano avuto fortuna, ma non poteva durare.

- Basta perdere tempo, sbirro - esortò Stefano, duro - Spiegaci come si usano questi affari.

Moretti sussultò. Non si era ancora abituato a quel tono.

- Questi... affari, come li chiami tu... - lui avrebbe detto chindogu, ma il gergo cino-nipponico non era così diffuso nel proletariato napoletano, a quanto sembrava. - sono diverse dalle mproc. Non avete fatto un buon affare, rubandoli.

- Che vuoi dire, sbirro?

Infastidito dal continuo insistere con quell'appellativo e dal tono di Stefano, Moretti si irrigidì.

- Solo gli operativi della Sezione possono usare gli AIM. - disse secco - Voi no.

Stefano socchiuse gli occhi. Moretti capì che l'altro non solo non si fidava di lui, ma che lo odiava. Si chiese se lo aveva mai avuto davanti, in uno scontro, dall'altra parte del suo bastone. Forse.

- Spiegaci perché, settantuno. - replicò Stefano in tono di sfida, indicando il mucchio d'armi.

- Prima che ti vengano in mente idee strane... - aggiunse - Sappi che abbiamo tolto le munizioni.

Moretti vide che Salvatore indirizzava una smorfia di rimprovero all'indirizzo del compagno, e ciò lo confortò. Non tutti i lazzari, concluse, erano restii ad accettare la sua "conversione".

- Vedete questo? - disse, indicando il piccolo rigonfiamento, a malapena avvertibile, che aveva sul palmo della mano destra, proprio alla base del pollice.

Salvatore aggrottò le sopracciglia. - Che maronn' è?

- Un biochip termico. - spiegò Moretti - Ci viene innestato all'arruolamento, proprio come il tatuaggio alla caviglia... Guardate adesso.

Moretti imbracciò l'AIM32, sistemando il calcio brunito dell'arma contro l'incavo del braccio e carezzando la canna con il palmo della mano.

Immediatamente il display a cristalli accanto al grilletto si accese, sciorinando una serie di dati tecnici e di vettori di puntamento.

Salvatore fischiò tra i denti. - 'azz!

- L'AIM è un modulo integrato da combattimento con funzionalità di ricerca e appoggio tattico. - recitò Moretti - Senza i codici d'attivazione memorizzati nel biochip, è solo un ammasso di ferraglia.

- Va bene, sbirro - sibilò Stefano, maligno - in questo caso... è chiaro cosa ci serve.

Fece scattare il lungo coltello a serramanico.

Salvatore fu lesto a intervenire. - Ohì! - gridò - Sei uscito pazzo?!

- Non voglio mica ammazzarlo. - replicò tranquillamente l'altro - D'oggi in poi 'sto sbirro si tirerà le seghe con la sinistra, tutto qui.

- Tu sì che ssi furbo! - protestò energicamente Salvatore, frapponendosi tra Moretti e il compagno - Che ci guadagni a tagliarlo? Solo un fucile. Questa è cazzimm' e basta.

L'altro lo squadrò torvo. - Tu lo difendi, Salvato'? A questo infame? Hai dimenticato cosa hanno fatto 'sti settantuno a mio fratello? E a mio padre?

Moretti cercò di sovrapporre i singolari tratti del viso di Stefano ai volti di Bagnoli, e dei suoi avversari in tanti scontri precedenti. Inutile: ne aveva veduti troppi, e il sangue sul suo bastone era sempre stato dello stesso colore.

- Perdonami. - mormorò.

- Lascia perdere - tagliò corto Salvatore, tornando ai fucili - Puoi sistemare questi affari in modo che anche noi possiamo usarli?

Moretti stava per rispondere di no, poi incrociò lo sguardo di Salvatore, e capì che la sua era una richiesta di quelle che non si potevano rifiutare.

- Mi occorre un saldatore. - disse con cautela - Un cacciavite, e pinze di precisione.

- Laggiù c'è una borsa di attrezzi. - ringhiò Stefano, rinfoderando il coltello. Moretti capì che la crisi era superata. Per il momento.

- Mettiti al lavoro, sbirro.

Moretti rovistò nella borsa, scelse una chiave multipla, un saldatore a stagno dalla punta fine, e un tester per circuiti integrati. Poi sedette su un angolo del tavolaccio e impugnò uno degli AIM.

Facendo leva contro il solco tra la canna e il corpo centrale dell'arma, con un po' di sforzo e tanto sudore, mise a nudo i meccanismi interni. Muovendosi con attenzione, fece scattare il grilletto, bloccò l'otturatore e soffiò per togliere la polvere dalle piste di rame.

Forse, si disse, era possibile isolare la CPU. Accese il saldatore e tagliò un segmento di stagno della lunghezza di un dito.

L'odore del metallo fuso lo riportò indietro negli anni, ai laboratori tecnici del centro addestramento di Nizza. Come si chiamava il docente del corso? Rentier? Bertier? Aveva la barba eternamente sporca di gesso, abiti stinti e stazzonati, e si diceva che usasse tenere accanto al letto un oscilloscopio piuttosto che un abat-jour. Moretti ricordò quanto detestasse quel corso, e come non perdesse occasione per svignarsela e correre al poligono di tiro. Era strano pensare che ora, forse, la meno stimata delle sue conoscenze potesse salvargli la vita.

- Vedi come s'impegna? - sentì mormorare Salvatore - Non ti fidi ancora?

- No. - sentì ribattere brutalmente Stefano - E non capisco come possa farlo tu. Non hai sentito... la registrazione...?

L'altro abbassò ancor di più la voce. Moretti faticò a seguire la conversazione. Ma sapeva di doverlo fare.

- Tu ci credi, allora?

- Tutto torna, Salvato'. Io lo sapevo che c'era qualcosa di grosso, sotto. - il tono di Stefano era teso, quasi tremante - Solo... non credevo che fosse qualcosa di così orribile.

- Se non fosse stato per lui. - considerò Salvatore, facendo un cenno verso Moretti - Non l'avremmo mai saputo. Ha trovato lui il codice, ricorda.

- È vero. - ammise Stefano, piccato dall'osservazione - Vorrà dire che lo ringrazierò. Prima di tagliargli la gola.

- Masaniello lo ha risparmiato. - insistette l'altro - Perché non puoi farlo anche tu?

- Masaniello... - l'uomo calvo cambiò registro - Credevo che non lo avremmo più rivisto... Come avrà fatto quella giornalista a convincerlo a tornare?

Salvatore scrollò le spalle. - Chilla guagliona è in gamba.

- Tu credi che... Sì, insomma... - Moretti colse nella voce dell'uomo calvo una nota d'imbarazzo - Dici che... se l'è fatto?

Moretti sentì che Salvatore sussultava. - Tu ssi pazzo!

- Perché? Li hai visti quando sono tornati? Lui camminava curvo, e lei gli teneva un braccio intorno alle spalle... Sì, anch'io so cosa il ragazzo ha sotto le bende, ma so anche che ci sono femmine ricche che ci godono, con l'orrido.

- Non sai chillo che dici. - obiettò Salvatore, lo sguardo cupo.

- Perché? Una volta, una sciacquetta del Vomero...

- Statte citto! - tagliò corto l'altro, ora decisamente rabbuiato - Non so che è successo tra Masaniello e la giornalista, ma certo non è stato niente di quello che pensi tu.

- Come puoi dirlo?

- Tu hai visto il ragazzo senza la maschera, ma io l'ho visto senza vestiti... Tra le gambe è combinato peggio che in faccia.

- Maronn' mia! - esclamò l'altro, orripilato.

- Mi ero sempre chiesto cosa gli fosse successo... Ora l'ho capito.

- Mio Dio... - esclamò silenziosamente Moretti - Cosa abbiamo... cosa ho fatto a questa gente?

La voce dura di Stefano lo scosse. - Come andiamo, sbirro?

Moretti chiuse l'otturatore con un gesto secco e strinse la giuntura con la chiave.

- Prova. - disse, lanciando l'AIM verso l'uomo calvo.

L'altro afferrò il fucile al volo, digrignando i denti con aria di sfida. L'imbracciò, lo puntò. Il display si accese.

- 'azz! - esclamò Salvatore - Ce l'ha fatta!

- Un momento. - protestò Stefano - Che significa E-07?

- Un messaggio d'errore dal sistema operativo. La Eprom non riconosce il segnale sul piedino di ACK.

Stefano lo guardò inespressivo. - E allora?

- Allora niente. Gli upgrade sono disabilitati. Potete usare l'AIM come un fucile ordinario, senza le opzioni del tiro automatico, del reticolo e del database tattico. Mi dispiace, ma è il massimo che posso fare.

Stefano considerò sospettoso le parole di Moretti. - Uhm... diciamo che va bene. Ma puoi fare lo stesso lavoro con gli altri fucili?

L'ex agente infiltrato fissò sconsolato il cumulo di armi. - Be', ci metterei un mucchio di tempo, ma...

- Allora ti consiglio di muoverti. - l'interruppe malignamente Stefano - Credo che stiamo per entrare in azione.

Oggi ci troviamo, in questo scorcio di secolo, a vivere un'esperienza del tutto nuova. La tecnologia ha finalmente reso possibile realizzare ciò che, a livello concettuale, era stato teorizzato in passato dai più grandi analisti di dinamica sociale. Rinunciare a questa opportunità è un'opzione che non possiamo in alcun modo permetterci.

Joseph B. Sarrese, Rapporto 82

- Criticità?

La risposta giunse dopo qualche secondo d'attesa.

- Rivolta nel braccio C di Poggioreale. Sollevazione al Porto. Scomparsa di due informatori stipendiati dalla Sezione. Attentato su via Cavour.

Sarrese aderì contro lo schienale della poltrona e allargò le gambe. Qualcosa si mosse appena più in basso del suo campo visivo. Lui non vi badò.

- Prima criticità: dettaglio.

- Centoundici detenuti. - replicò docilmente la voce - Venti per cento reclusi per reati comuni, ottanta per cento politici. Sopraffatti i guardiani, saccheggiata l'armeria. Totalità del braccio C sotto controllo dei rivoltosi. Due deceduti, cinque ostaggi. Probabili complicità esterne.

Il colonnello si carezzò la punta del naso, dalla pelle ancora più candida del resto del viso. Soffocò un'imprecazione di disappunto.

- Grado di isolamento dai media?

La voce si incrinò. - Basso. Il funzionario responsabile ha dovuto consegnare il suo sat-com ai rivoltosi.

- E...?

- E sono state completate sei chiamate prima che riuscissimo a isolarlo.

L'uomo si morse le labbra. - Le chiamate sono state intercettate?

- Sì, signor colonnello. Vuole le trascrizioni?

Sarrese scosse la testa. - No. Ricerca testuale. Il termine è "Masaniello".

La voce si fece attendere qualche istante. Poi riprese in tono efficiente.

- Vocabolo rintracciato in tutte le conversazioni. Da un minimo di tre a un massimo di dodici istanze per chiamata.

- Fa' piano, stupida! - sibilò Sarrese, agitandosi sulla poltrona rivestita in pelle d'antilope.

- Signor colonnello?

- Non dicevo a voi, Controllo... - l'uomo sospirò - Seconda criticità?

- Agitazione ai moli tre e quattro. Grado nove punto cinque scala Reimann. Danni ingenti inflitti alle strutture portuali e alle imbarcazioni da carico. Traghetti per Capri dati alle fiamme. Contenimento in corso.

- Maggiori dettagli. - mormorò Sarrese.

- Unità coinvolte valutate tra ottocento e mille. Lavoratori portuali, marinai e disoccupati. Tracciata la presenza di individui bio-marchiati a Bagnoli... Esoscheletri da carico e elevatori individuali usati come armi. Blocco stradale e ferrato completo della zona compresa tra via Caracciolo e Piazza Santa Lucia. Impossibile l'allontanamento dei media. Agenti in loco: quarantadue. Previsto impiego degli EH301. Probabilità di contenimento: ottanta per cento.

Sarrese rimuginò qualcosa tra sé. - Causa scatenante?

- Incerta. Gli analisti stanno lavorando sugli slogan e gli striscioni in mano ai manifestanti.

- Termine a maggiore frequenza? - chiese Sarrese, con l'aria di chi conosce già la risposta.

- Masaniello. - confermò la voce.

- Sì, così... - sussurrò Sarrese. Poi, alzando la voce. - Reazioni alla mia nota da parte del Comando?

- Respinta. - replicò la voce.

- Dettaglio.

- I reparti di stanza a Roma non saranno mobilitati. - aggiunse la voce - È previsto l'arrivo del contingente di Strasburgo, ma solo il mese prossimo, in accordo alla pianificazione ordinaria. L'uso esclusivo e continuativo dell'occhio orbitale è stato escluso.

L'uomo si morse ancora le labbra, questa volta d'incredulà. - Puoi confermare, Controllo?

- Le decisioni del Comando sono agli atti della Rete, signor colonnello.

- Idioti... - Sarrese scosse la testa, fremendo di rabbia - Mentecatti incapaci. Di cos'altro hanno bisogno, per convincersi?

Si scosse. - Controllo, ti invio una seconda nota per il Comando. Sei in ricezione?

- Quando vuole, colonnello.

- Signori, a seguito dei... - sulla scrivania di Sarrese si accese una luce azzurra. L'uomo s'interruppe.

- Termina l'operazione, Controllo. Richiamerò più tardi.

- Come preferisce, signor colonnello. - assentì la voce, facendosi sempre più flebile e infine spegnendosi.

Sarrese chiuse la connessione, tolse la ventosa dalla fronte e la ripose nel taschino dell'uniforme. Poi assunse un'aria interrogativa.

- Non risponde alla chiamata, signorina?

La ragazza, ancora in ginocchio, sussultò. Si rimise in piedi con aria imbarazzata, allontanandosi con le dita smaltate i capelli che le erano franati sul viso.

- Subito, colonnello. - blaterò - Mi scusi. - aggiunse, mettendo la cuffia e premendo il pulsante accanto alla luce azzurra.

- Una chiamata su linea hi-sec. - disse, digitando i controlli regolamentari - Il codice è Uno Otto Tango Verde.

- Ovvero?

- Agente scelto Boselli Dominic in missione di infiltrazione, classificata "coperto livello 3".

Sarrese si fece interessato. Tirò su la cerniera dei calzoni e prese a tamburellare nervosamente sul ripiano della scrivania. - Non dorma, signorina. Veda cosa vuole, avanti.

La ragazza, rossa in viso, premette il secondo pulsante.

- Qui Nucleo Operativo. - esordì.

Ascoltò qualche istante con aria assorta, in piedi, mentre l'uomo la scrutava attentamente dalla sua poltrona.

L'ufficio era immerso nella penombra. Piccoli fari incastonati nel soffitto, come gemme sul velluto, lanciavano strali di luce verso i quadri rinascimentali affissi alle pareti. Un Rubens, un Goya e un Tiziano rendevano artisticamente omaggio alla carica dell'alto ufficiale. Una possente pianta di ficus bio-alterato, piantato accanto a una pila di monitor, dominava l'angolo opposto alla scrivania. L'impianto a microprocessore manteneva umide le grandi foglie spruzzando minuscole goccioline tutto intorno, in una nebbia leggera che sfocava i contorni degli oggetti.

- Mi dispiace, non è la procedura standard... - iniziò a protestare la ragazza. Poi sembrò cedere - Ah, capisco. Ma non so se il colonnello può... - infine, più debolmente - Attenda, prego.

Si voltò verso l'uomo, ancora più imbarazzata. - Non è l'agente Boselli.

- E allora?

- È una donna. Non ha voluto dirmi il suo nome. Insiste per parlare con lei.

- Davvero? - Sarrese aggrottò le sopracciglia bionde, esili come speranze - E perché, di grazia?

La ragazza ascoltò quanto le veniva detto in cuffia, poi tornò a rivolgersi al colonnello.

Dice - Abbiamo l'ottantadue. Vogliamo trattare.

Sarrese, le cui dita stavano picchiettando frenetiche sulla scrivania, smise di muoversi, persino di respirare. Per un istante, sembrò non trovare le parole. Poi il suo viso divenne di pietra.

- Mi passi quella cuffia ed esca da questa stanza. Adesso.

La ragazza, colpita dal tono gelido del superiore, arretrò, senza fiatare, verso la porta. Prima che potesse raggiungerla, Sarrese raccolse qualcosa da terra e glielo lanciò contro di malagrazia.

- Ma che fa, dorme? Si rimetta questi addosso, prima.

Lei, rossa in viso, afferrò i vestiti, affrettandosi a indossarli. - Mi... mi scusi, signor colonnello.

- La scuserò più tardi. - replicò lui, duro - Se completerà a dovere il compito che le era stato assegnato. Fuori, adesso.

Sarrese attese che la ragazza si chiudesse la porta alle spalle, poi riattivò la comunicazione.

- Con chi parlo? - intimò.

- Lo sa benissimo. - replicò Lara all'altro capo della linea, in tono ugualmente deciso - D'ora in avanti giochiamo a carte scoperte, colonnello.

Sarrese, riconoscendo la voce, storse le labbra in un ghigno gravido di sarcasmo. - La nostra impavida giornalista... Che sorpresa... Mi fa piacere sentire che sta bene. Pensavo che, dopo il nostro piccolo incidente...

- La chiami pure battaglia. - tagliò corto Lara - E la smetta di recitare. Giochiamo a carte scoperte, le ho detto.

Sarrese incrociò le braccia, affondando le spalle messe in mostra dall'uniforme nell'abbraccio morbido della poltrona.

- Come preferisce... Cosa vuole, giornalista?

- Non così. - obiettò Lara - Di persona.

L'uomo inarcò un sopracciglio. - E perché mai?

- Prendere o lasciare, colonnello. Lei sa cosa ho da offrire. Se non le interessa...

Sarrese riprese a tamburellare sulla scrivania. Ogni quattro tump, un toc!, quando l'anulare innestato di congegni elettronici batteva sul mogano del ripiano.

- D'accordo. - disse alla fine - Ha vinto, giornalista. Dove si trova?

- Non faccia lo stupido, colonnello. - lo gelò la donna - So benissimo che potete tracciare la mia chiamata. Lei ha trenta minuti di tempo. Non attenderò un istante in più.

- Aspetti, giornalista, non crederà che... - Sarrese imprecò: l'altra aveva chiuso la comunicazione.

L'uomo si alzò furibondo. D'un colpo, spazzò via i diagrammi, gli stampati, le lettere e i documenti affastellati sulla scrivania. Poi accese i monitor e premette i pulsanti d'allarme.

- Qui Sarrese. - sibilò.

- Agli ordini, colonnello. - risposero più voci all'unisono.

- Voglio che mi siano assegnati tutti i mezzi e tutti gli uomini disponibili. E li voglio adesso.

La generazione del consenso è la chiave di volta. È il punto cruciale su cui si gioca il successo o la sconfitta di ogni esperienza di controllo sociale. La generazione del consenso è il problema cardine, il nodo che legioni di teorici si sono affannati a risolvere negli ultimi due secoli, già ben prima che la conquista e la gestione del Potere acquisissero rango di scienza.

Come generare il consenso, dicevamo. Le soluzioni più efficienti sperimentate fino a oggi, è noto, vertono sul condizionamento dello strato di popolazione ancora in età evolutiva. Irreggimentare le nuove generazioni, isolarle dalle famiglie, inquadrarle e vestirle in modo opportuno, assegnare loro modelli di comportamento ben definiti e rispondenti alle esigenze della classe dirigente si è rivelata nel recente passato una scelta di innegabile successo.

E tuttavia, oggi ne siamo consapevoli, il lavoro di indottrinamento richiesto da tale soluzione risulta troppo oneroso. La manipolazione dei giovani cervelli ottiene buoni risultati, ma deve ricominciare da capo a ogni generazione. Nel lungo periodo, il costo di tale operazione diviene insostenibile.

Oggi, per la prima volta, abbiamo modo di aggirare il problema. La tecnologia biogenetica ci consente di intervenire a livello più basso, manipolando il nucleo di comportamenti innati codificati nella stessa spirale del DNA umano.

Tale nucleo, da alcuni teorici definito "istinto", da altri "etica ancestrale", finalmente può essere riscritto a piacimento, rimarcando gli elementi utili e potando quelli fuorvianti, eliminando alla radice ogni ostacolo al formarsi di quell'obbedienza verso i capi e di quella disciplina che sono i valori essenziali alla nascita di una Grande Nazione.

Ma, soprattutto, la tecnologica biogenetica può rendere il risultato della manipolazione ereditario, facendo sì che i geni indotti risultino dominanti. Le classi inferiori, una volta condizionate al consenso, trasmetteranno i loro schemi mentali alla generazione successiva, e così via, in una spirale auto-alimentante di indottrinamento che nessuna organizzazione di Figli della Lupa, di Giovani Comunisti o di Azionisti Cattolici è mai riuscita a raggiungere.

La tecnologia, signori, è pronta. I metodi e gli strumenti che essa ci offre sono già stati utilizzati, in una sperimentazione scientifica, eseguita non in RV ma totalmente sul campo. I risultati di tale sperimentazione vi saranno illustrati nel proseguo della presente relazione.

Joseph B. Sarrese, Rapporto 82

- Riesci a vederli?

Annuendo, Salvatore replicò in una fiatata che sapeva di limoncello e di tabacco di seconda scelta.

- Tenevi ragione: vengono coi motoscafi.

- Hover-jet Saab G-17. - precisò Moretti - È logico: sono gli unici mezzi della Sezione in grado di raggiungere questa spiaggetta in così poco tempo. Avete scelto un terreno davvero favorevole.

- Uno... due... tre... - contò Salvatore - Non sono molti, chilli malamenti.

L'altro scosse la testa. - Sono sufficienti.

- Che significa?

- Mi spiace dirtelo, ma i G-17 hanno potenza di fuoco superiore a quella di un carro Abraham. E poi possono trasportare una squadra di diciotto uomini, completa di armi ed equipaggiamento... Spero che i tuoi compagni siano pronti.

Salvatore non raccolse la provocazione. - Nisida sembra 'na capa 'i muorto, 'stamattina. - meditò, assorto.

- Vuoi dire un teschio? - Moretti fissò l'isola, valutando la metafora. I fianchi rocciosi ricoperti dalla macchia mediterranea si ergevano in curve quasi innaturali.

- Forse hai ragione. - ammise - non l'avevo mai vista così.

- Neanch'io.

- Sarà la luce... Speriamo che non sia un brutto segno.

- I segni non sono né belli né brutti, guaglio'. Sono messaggi, da interpretare, o da giocare sfidando 'a suorte.

Quasi soddisfatto dell'epitaffio, Salvatore brandì uno specchietto, si sporse dal rifugio dentro il quale era appostato insieme a Moretti, e cominciò a lanciare messaggi luminosi verso la parete di tufo che si ergeva quasi verticalmente a ridosso della minuscola spiaggia.

Dall'imboccatura di una delle caverne che si aprivano sulla parete, giunsero in eco bagliori riflessi, in una sequenza che Moretti non comprese.

- Potete tenere tutte le scatolette e i computer che volete, voialtri malamenti. - mormorò l'uomo tarchiato, cogliendo lo sguardo interrogativo dell'altro - 'o sole non riuscirete mai a togliercelo.

Moretti scrollò le spalle. Poi gesticolò in direzione della battigia. - Eccoli. Stanno sbarcando.

Gli hover-jet dalla fusoliera tinteggiata in toni gialli e grigi superarono la linea della risacca e puntarono decisamente sulla spiaggia, sollevando intorno ai bassi cuscini pneumatici nuvole di sabbia polverosa e di rifiuti. I rotori intonavano una sinfonia meccanica di inquietante potenza.

Uno stormo di gabbiani che banchettava tra i sacchetti di plastica, spaventato dagli inaspettati intrusi, si sollevò in volo schiamazzando. Gli uccelli si dispersero, poi tornarono a riunirsi sulla verticale dello sbarco; ma non osarono avvicinarsi, e restarono a volteggiare ad ali spiegate, roteando quasi senza sforzo, simili a coltelli volanti nella brezza.

Dal rifugio tra le rocce, i due uomini osservarono i mezzi anfibi giungere sino a ridosso della scarpata, sistemarsi ai vertici di un triangolo, puntare le armi all'esterno, aprire i portelloni e partorire una nidiata di uomini in assetto da combattimento. Il tutto in pochi secondi e nel silenzio più assoluto.

Salvatore, suo malgrado, fischiò di ammirazione.

- Cos' 'e pazzi! - gli sfuggì - Sembrano i ballerini del San Carlo.

- Addestramento Seals. - sussurrò Moretti, non perdendo d'occhio la scena. - Quello è un commando d'assalto... E c'è anche Sarrese.

- Qual è?

- Al centro del primo gruppo. L'unico senza casco.

- L'aggio visto. - assentì Salvatore - Ha abboccato all'amo...

- Ammesso che sia il pesce, e non il pescatore... - mormorò l'altro a mezza voce.

- Non aggio capito. - confessò l'altro.

- Lascia perdere. - Moretti aggrottò la fronte - Guarda... Stanno salendo verso la grotta. Lo sapevo: hanno visto i vostri stupidi segnali.

- Calma, guaglio'. - lo rassicurò l'altro, addentando una cicca scura di tabacco - Va tutto bene.

Poco convinto, Moretti riprese a osservare i movimenti dei militari. Inconsciamente, rabbrividì: il commando si era diviso in due gruppi; il primo era rimasto a ridosso degli hover-jet, e scrutava tutto intorno con le armi spianate; il secondo si era disposto in colonna, guidata da Sarrese, e aveva cominciato a inerpicarsi lungo la parete di tufo. Moretti contò venti soldati, tra cui due donne, tutti dotati di equipaggiamento completo, casco e tuta antiproiettile inclusa. Avevano un aria decisa, e il loro vigore nel risalire il ripido pendio, nonostante il caldo e il peso delle armi, suggeriva a Moretti che avessero fatto il pieno di stimoline prima di partire per la missione.

Un lampo di desiderio, bruciante, percorse i muscoli dell'uomo. Ma egli lo respinse risoluto: aveva preso la sua decisione, e non poteva tornare indietro.

Con tempi da primato olimpionico, la squadra raggiunse l'imboccatura della caverna. Sarrese vi indugiò qualche istante, scambiando poche battute concitate col sottufficiale di colore che gli procedeva al fianco.

- Che fanno? - ansimò Salvatore, improvvisamente nervoso.

- Cosa vuoi che ne sappia? - protestò Moretti.

- Non sei della loro stessa parrocchia?

- Lo ero, certo. E allora?

Salvatore lo guardò storto. - E allora devi dirmi che fanno. Stai qui apposta.

Moretti scrollò le spalle. - Non so. Forse controllano le coordinate del tracciante.

- Ma tu guarda che cazzimma! - ringhiò l'altro, sputando boli nerastri di tabacco sulla rena fangosa - Avanti, figl' 'i zoccola, mancano pochi metri.

Quasi in risposta all'esortazione, Sarrese varcò la soglia della caverna. Uno dopo l'altro, i componenti della squadra lo seguirono. L'ultimo entrò camminando all'indietro, AIM in pugno, un'espressione guardinga celata tra le ombre disegnate dal casco.

Salvatore parve rilassarsi. All'improvviso, sorrise compiaciuto. - Bravi guaglioni. E mo' pe' voi comincia la musica.

- Musica? - ripeté Moretti, confuso - Che musica?

- Musica di paradiso, compare. Ascolta e godi.

Salvatore diede un calcio a quel che sembrava un insignificante mucchio di terriccio. I granelli caddero, rivelando un antiquato deviatore elettromeccanico, collegato a un cavo che si perdeva nella rena.

L'uomo tarchiato calcò lo stivale sulla leva del deviatore, vi montò sopra con tutto il suo peso. La leva si abbassò.

- A soreta. - recitò, a mo' di epitaffio.

L'esplosione fu assordante. La terra tremò. Sullo strapiombo divamparono lingue di fuoco. Schegge di roccia schizzarono come proiettili in ogni direzione. D'impulso, Moretti affondò il viso nella sabbia e si coprì la testa con le mani, stupendosi che nessun macigno volante si abbattesse sul loro rifugio.

La pioggia di pietre e fango durò interminabili istanti. Quando l'ex agente scelto osò alzare la testa, la sua prima occhiata fu per l'imboccatura della caverna.

Non c'era più. La parete di tufo era franata ad arte, ostruendo completamente l'apertura. Alla base della scarpata, uno dei G-17, investito dalla frana, giaceva rovesciato sul fianco. Profondi squarci si aprivano sulla sua carena; i finestrini erano in frantumi; dal blocco motore, lesionato, si levava una colonna di fumo nerastro.

Gli uomini in grigio e giallo correvano lungo la spiaggia come formiche impazzite. Un paio erano riversi a terra e si agitavano debolmente; un terzo gridava col viso coperto di sangue; altri si erano gettati al riparo delle rocce, e puntavano le armi contro inesistenti cecchini.

I gabbiani erano spariti. Il sole dardeggiava nel cielo deserto.

- Almeno venti chili di C-3... - valutò Moretti, incredulo - Dove diavolo avete preso tanto esplosivo?

Salvatore lo guardò sornione. - Fai troppe domande, guaglio', per uno che fino a ieri giocava nell'altra squadra.

- Ma...

- Statte citto e quando sarà finita, forse, mi fiderò di te... - Salvatore si alzò e cominciò a raccogliere la sua roba - Adesso andiamo.

Travolto dagli eventi, l'ex agente scelto replicò debolmente.

- Andiamo? Andiamo dove?

- A raggiungere Masaniello. Dove, se no?

- E come possiamo? L'ingresso della caverna è saltato.

- Ah... fidati. Come direbbe Eduardo, tutti in scena per l'ultimo atto... E questo vale anche per te, guaglio'. Non vorrai perderti il finale, vero?

E scappò via. A Moretti, interdetto, non rimase altro da fare che corrergli dietro.

 

<<< indietro

avanti >>>

inizio pagina