"2038: la rivolta", di Francesco GrassoLiber Liber
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Prefazione | Epilogo

2

Per credere nelle proprie ragioni,
non c'è bisogno di dimostrare che quelle degli altri sono sbagliate.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

Lara entrò nell'ufficio del caporedattore in preda a un malumore così acceso da trascolorare nell'ira.

- Attilio... Hai bocciato il mio articolo?

Il suo capo, un uomo di mezza età dagli occhiali a fondo di bottiglia e capelli come sbuffi di fumo, alzò appena lo sguardo dallo schermo del suo terminale.

- È così.

Non aggiunse altro. Non si mosse. La donna aspettò una reazione, ma lui rimase avvitato sulla sedia, a dominare l'ufficio dalle grandi vetrate che era il suo regno. La giacca buttata pigramente sulla spalliera, la cravatta allentata, i polsini arrotolati sugli avambracci, un alone intorno alle ascelle: Lara pensò che doveva essere nato, in quella posizione. Trattenne le sillabe, lasciandole sfuggire lentamente, una a una, come proiettili.

- Potrei... sapere... perché?

L'uomo afferrò una graffetta tra le dita nodose e cominciò metodicamente a dipanarne il filo metallico.

- Noi ci occupiamo di giornalismo, Lara. Non di letteratura, capisci?

Il viso della giovane assunse un colorito porpora. La frecciata coglieva nel segno, ed era di quelle avvelenate.

Stronzo, pensò.

- Letteratura? - ribatté, alzando la voce - Sono letteratura le testimonianze, i riscontri, le fotografie? È letteratura la lista degli spacciatori uccisi? Se questa è una normale guerra di camorra, io sono Miss Universo!

L'uomo si tolse gli occhiali. Liberi dalla prigione delle lenti, notò Lara, gli occhi di Attilio erano cerulei, profondi, di un fascino insospettato. L'uomo batté un paio di volte le palpebre, poi inforcò di nuovo i vetri. Le due gocce d'azzurro stinsero nel mare delle diottrie.

- Lara... - mormorò - Da quanto sei al giornale? Dieci, undici mesi? Non credi che sia poco per insegnare a me... a noi tutti il mestiere?

Lei scosse la testa. - Non ho mai detto questo. Io...

- Posso assicurarti che qualcuno sta seguendo il caso. - tagliò corto lui - Quando avremo materiale a sufficienza, lanceremo l'inchiesta, e ci punteremo per settimane. Non prima, capisci?

- Qualcuno? - echeggiò lei - Lamberti?

L'uomo annuì. - Naturalmente. La nera è sua.

- Lamberti è un deficiente. Ha l'intuito del muro di Berlino.

- Carmine è un buon giornalista. - la fulminò lui - Un professionista, un cronista serio che sa star dietro ai fatti. Non insegue favole di giustizieri mascherati e di poteri magici, lui.

La donna arrossì di nuovo, questa volta di rabbia.

- E il mio dossier? Che ne hai fatto?

L'altro scosse la testa, sconsolato. Sul terminale lampeggiavano impazienti i collegamenti in corso. Il memobox ronzava col tono di un alveare infuriato. La stampante eruttava lapilli di carta e geyser di toner. I messaggi di posta bussavano inflessibili come ispettori fiscali.

Sull'orlo della scrivania, indifferente al caos, troneggiava un vecchio calamaio, orgoglioso come una roccia solitaria, simbolo anacronistico ma non fuori luogo, oggetto insignificante eppure capace da solo di trasformare il vetro del ripiano quasi in un giardino Zen.

- Ti prego, Lara. - disse stancamente l'uomo - Pretendi che vada in cerca del tuo dischetto? Non vedi che sono affogato nel lavoro?

Lei fece per battere il pugno sulla scrivania. Si trattenne solo all'ultimo istante.

- Smettila con le stronzate. Hai già passato i miei appunti a Lamberti, vero? Dimmelo in faccia, almeno!

Attilio sospirò, puntando i gomiti sul ripiano della scrivania. Lungo le pareti, l'ufficio era gremito di anacronistici schedari e brutte stampe neoclassiche; un calendario a cristalli liquidi, dalle batterie scariche, era appeso accanto alla porta, col display fermo su date di giorni ormai lontani; un rampicante maltrattato chimicamente riempiva di tristezza l'angolo opposto della stanza. La moquette dai disegni grigi e azzurri gridava il suo bisogno d'un buon trattamento di pulizia. Un appendiabiti isostatico, di plastica bianca, era l'unica concessione al gusto moderno.

- Lara, Lara... - chiocciò l'uomo - Non c'è nessun complotto contro di te, credimi. Sei una ragazza intelligente, e stai facendo una buona gavetta. Tra due, forse tre anni, sarai in grado di occuparti d'inchieste serie. È necessario un po' di tempo, capisci? Per il momento...

La donna aveva ascoltato troppe volte quel sermone per tollerarlo ancora. Fece dietro front e uscì dall'ufficio senza una parola. Non sbatté la porta, ma solo perché il caporedattore aveva fatto montare appositamente un servomeccanismo che lo rendeva impossibile.

Irritata oltre ogni misura, tornò alla propria scrivania, sedette e incrociò le braccia. I cassetti erano socchiusi: nastri video, post-it e dischetti ne facevano capolino timidamente come detenuti alla ricerca di una impossibile via di fuga. Lara li richiuse con cura, uno dopo l'altro: il primo, traboccante di appunti per i servizi di routine; il secondo, saturo di materiale per le inchieste più impegnative; e il terzo, quello cui teneva di più, il magazzino dei suoi pezzi migliori, alcuni pubblicati, qualcuno respinto, altri soltanto tracce per lavori futuri.

E, mescolati a questi ultimi, frammenti di racconti, diari di viaggio, polvere di fantasia raccolta su supporto magnetico. Da quel cassetto, ella ne era certa, un giorno sarebbe sbocciato il pezzo che l'avrebbe resa famosa. Fino a quel momento non aveva avuto l'occasione giusta, ma la vita era in debito con lei, e prima o poi avrebbe dovuto saldare il conto.

- Ti ha cercato Lamberti, ragazza. - l'informò Rita, la vicina di scrivania - Ha detto di richiamarlo al più presto.

- Ma davvero? - sibilò Lara, stuzzicandosi gli orecchini per dominare il nervosismo. - Be', aspetterà. Io devo andare.

- Andare? Dove?

Lara scrollò le spalle e afferrò il soprabito leggero. - Devo fare un servizio... un servizio su... Sta accadendo qualcosa in città, che tu sappia?

Rita batté le palpebre, pesantemente velate da un rimmel color caramella. - In città? Be', c'è il sit-in dei disoccupati lungo la monorotaia, ma...

Si accorse di parlare al vuoto. La porta dell'ufficio si era già chiusa.

C'è folla tutte le sere, nei cinema di Bagnoli.
Edoardo Bennato

Il sat-com anulare emise un richiamo imperioso, un urlo elettronico che si configurava, per il minuscolo strumento, come un riscatto alle sue dimensioni irrisorie.

- Sarrese. - sibilò l'uomo dagli occhiali a specchio.

- Siamo in posizione, signore.

- Molto bene. I VAT blindati?

- Uno su via Coroglio, due lungo la linea ferrata. Un quarto di riserva, sul piazzale dell'ex Italsider, di scorta agli hover della Questura.

- L'EH301?

- È in verticale, signore, ma non prevediamo di farlo intervenire. Non a bassa quota. Per via degli urticanti, capisce...

- Naturalmente. Avete tracciato i bersagli?

- Sissignore. Tutto pronto. Quando vuole.

L'uomo consultò il quadrante del bio-timer che traspariva oltre la pelle rosea del polso. L'epidermide, regolare, priva di rughe, era di un candore quasi infantile. Una peluria bionda, alta pochi millimetri, copriva il dorso della mano e le prime falangi delle dita, privi di qualsiasi accenno di callosità. Le unghie erano linde e perfettamente sagomate. Il polsino della camicia, immacolato, rivelava un tessuto di raffinata fattura.

- L'ultimatum del Prefetto scade... - meditò, visualizzando mentalmente il conto sul quadrante - tra poco più di due minuti. Faremo apprezzare a lui e al Consulente di EuroBank la nostra puntualità...

Sarrese rivolse gli occhiali a specchio, che nel lucore di quella brumosa serata primaverile risultavano troppo smaccati persino per essere un'ostentazione, verso la linea del fronte avversario, valutandone con occhio professionale l'impostazione e la consistenza.

I destinatari dell'ultimatum erano attestati tra l'angolo settentrionale della stazione della Monorotaia per Procida e l'edificio prospiciente il litorale. L'asfalto era una galassia luccicante di vetri infranti; gli striscioni di protesta garrivano ancora ai refoli della brezza vespertina, le mani percuotevano metodicamente i tamburi; i disperati incatenati ai binari sembravano davvero intenzionati a passare la notte sulle traversine, proprio come avevano minacciato... Sarrese pensò alle tronchesi a iper-filamento di cui erano dotati i suoi uomini, e tuttavia concluse che un attacco in quel punto si sarebbe configurato come un errore tattico. Mentalmente, cancellò l'opzione dal memobox integrato.

Più lontano, parte dei manifestanti era accampata all'interno dei convogli metropolitani bloccati, e lì bivaccava recuperando le forze: si trattava perlopiù di donne e anziani. Gli altri, i "duri", tra cui Sarrese era certo di aver individuato vecchie conoscenze della sua Sezione, erano ancora intenti a negoziare con i rappresentanti sindacali. Tutto intorno, una cornice di manifesti e olo-clip inneggianti al lavoro ed esecranti la nuova politica euro-liberista. Ancor più lontano, disposta sui balconi e sui tetti di Bagnoli come nelle gallerie di un cinema, la folla dei curiosi e dei giornalisti.

Sì, meditò Sarrese, il piano era corretto: si doveva colpire in quel settore, senza esitazioni di sorta. I sindacalisti rappresentavano un obiettivo secondario, ma non trascurabile: nel caos dello scontro qualcuno di loro sarebbe certamente finito in manette, rendendo il successo dell'operazione più completo.

Se quegli idioti obbedissero a dovere... - pensò sprezzante - ...senza che ci sia bisogno ogni volta di spaventarli...

- Moretti? - sibilò al microfono che gli cingeva il dito.

- Signore?

- Procedete pure.

D'improvviso, fu come se avessero dato audio alla scena. Fu battaglia. Sarrese osservò compiaciuto il contatto tra i due fronti. L'analisi si rivelava esatta: le falangi ordinate degli agenti penetravano nello schieramento dei manifestanti come una lama ardente nel burro; chi tentava di resistere era travolto, chi fuggiva poteva farlo in un'unica direzione, verso i blindati e i reparti della Polizia Metropolitana in attesa con le cariche elettrostatiche, i collanti chimici e ogni altro necessario equipaggiamento anti-sommossa. Il memobox completò per lui la proiezione: perfetto.

La compostezza di un esercito è la misura della collera dei cittadini.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

L'agente scelto Moretti chiuse la comunicazione, abbassò sugli occhi di un verde sciropposo la visiera della maschera antigas e fece un cenno al reparto alla sua destra. Il foop sordo dei lanciatori pneumatici echeggiò docilmente il suo ordine.

Dal fronte avversario si levò un urlo corale, inumano, il verso di un leviatano ferito. Poi il ritmo dei tamburi scemò, e la nuvola dei gas urticanti avvolse i binari.

Era tempo di aprire le danze. Moretti brandì il pungolo elettrico, lo soppesò, ne esaminò il bilanciamento. Lo scudo monocristallino, valutò, era eccessivamente ingombrante. Sarrese aveva detto bene: in quello scenario tattico era solo un impiccio. Se ne liberò in fretta, e vide che i suoi colleghi facevano altrettanto. Inghiottì in fretta le ultime pillole, assaporandone il gusto dolciastro. Sentì che il suo corpo reagiva con febbrili segnali d'eccitazione.

- Carica! - gridò, lanciandosi avanti.

Moretti parava e colpiva, colpiva e parava. I sassi che s'infrangevano sull'elmetto e sulla visiera monocristallina della sua maschera non lo preoccupavano; quanto ai coltelli, non ne aveva ancora visto uno, ma aspettava ardentemente che si mostrassero, perché in quel momento, finalmente, avrebbe avuto l'autorizzazione a usare la pistola che fremeva nella sua fondina.

Sotto la pressione della sua squadra, si rese conto, il fronte dei manifestanti aveva ormai perso qualsiasi forma di resistenza organizzata. Squatters, immigrati, bonghisti, studenti e disoccupati si battevano contro la schiera dei manganelli con movenze da marionette disarticolate, agitandosi caotici come frasi senza punteggiatura.

Moretti pensò che la scena gli risultava familiare: quante volte aveva già visto quegli sguardi pieni di prostrazione, quel dibattersi con stanchezza disperata, quel contorcersi in preda a un parossistico abbandono? I coloriti cianotici, le cornee congestionate dal gas, i visi inutilmente ricoperti da strisce di stoffa bagnata... Quante volte li aveva scorti all'altro capo del suo manganello? Dieci, venti?

Da anni, ormai, gli sembrava di picchiare sempre lo stesso uomo... Perché mai quella gente si ostinasse a inscenare manifestazioni e ad attentare al nuovo ordine europeo era un mistero che sfuggiva alla sua comprensione.

Nonostante avesse grande allenamento, le braccia cominciavano a dolergli. Ma ormai il più era fatto: gli sembrava quasi di udire in lontananza la sirena bitonale degli hover e quella più acuta delle ambulanze, segno che la battaglia stava volgendo al termine. Moretti sognò il momento in cui un esausto appagamento avrebbe preso il posto dell'eccitazione, lasciandolo stanco ma soddisfatto in un surrogato non disprezzabile dell'orgasmo.

Un uomo anziano dal viso paonazzo gli si gettò contro, gridando qualcosa di incomprensibile su una pensione cancellata e uno sfratto. Il senso della frase si perse nel caos generale, ma per Moretti non faceva differenza. Infastidito, se lo scrollò di dosso e gli assestò un preciso colpo di pungolo sulla sommità del cranio. Il vecchio roteò gli occhi e si afflosciò al suolo, un rivolo roseo di sangue misto a saliva agli angoli della bocca.

- Provaci con me, infame!

Moretti, sorpreso, vide uno sconosciuto piazzarsi a gambe larghe di fronte a lui, quasi invitandolo a colpire. Era scalzo, con indosso soltanto un paio di calzoni, che un tempo dovevano essere stati bianchi, e una camicia dello stesso colore mal rappezzata sul ventre, come se vi fosse rimasta impressa una lisca di pesce. Il volto dell'uomo, dalle labbra in su, era coperto da un cencio nero, una maschera che a malapena lasciava intravedere un occhio e il profilo di un naso adunco. La sua voce era roca, bassa, le parole strascicate.

- E tu chi saresti? - ghignò l'agente scelto - Pulcinella?

Per tutta risposta, lo sconosciuto gli sputò addosso. Lo scaracchiò centrò l'elmetto del poliziotto, e colò lentamente, ingiuriosamente, sulla visiera immacolata.

- Va bene, pezzo di merda, l'hai voluto. - ringhiò Moretti, furioso. Alzò il pungolo, regolato al massimo voltaggio, e lo calò contro il suo avversario.

Colpì solo l'aria.

- Dove...? - esclamò. Con la coda dell'occhio, vide che lo sconosciuto si trovava ora alla sua destra.

Nessuno può essere così veloce... - pensò, incredulo.

- Prendetelo! - gridò ai colleghi che sopraggiungevano.

Secondo l'addestramento, costoro ubbidirono prima di pensare: due uomini si gettarono sullo sconosciuto, un terzo lo colpì alle spalle col manganello.

Un istante dopo, tutti e tre erano a terra privi di sensi. Moretti arretrò, spaventato. La sua mano, tentoni, cercò la fondina. La raggiunse. Era vuota.

Chi guarda alle bandiere per scorgervi il futuro
finisce per vedere in controluce il proprio passato.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

Seduto nel suo punto privilegiato d'osservazione, Sarrese s'irrigidì all'improvviso: qualcosa d'imprevisto stava accadendo sul fianco destro del fronte. L'uomo toccò gli occhiali a specchio regolandone il fattore di fotomoltiplicazione, e colse un minuscolo sbandamento, addirittura un arretramento della linea d'avanzata.

Una sacca di resistenza più tenace del previsto, valutò il memobox. Nulla di grave, meditò l'ufficiale, ma poteva compromettere i tempi dell'operazione. Peggio ancora, poteva vanificare la disposizione delle forze di riserva e consentire la fuga di qualche manifestante. Occorrevano provvedimenti immediati.

- Blindati. - sibilò al sat-com.

- Signore?

- Portatevi nel settore B-4. Preparatevi a usare l'alta pressione.

Il primo getto scaturì con furia dalle sagome argentee dei VAT. Il secondo, il terzo zampillarono dagli idranti all'angolo della strada. La linea dei manifestanti ne fu investita senza preavviso, barcollò, si infranse. L'urlo corale si spense.

Sarrese scorse soddisfatto la linea d'attacco avversaria che arretrava sotto la pressione del getto. Annotò mentalmente di complimentarsi con i responsabili dell'acquedotto cittadino. Gli idranti di Bagnoli, che normalmente si trovavano all'asciutto come tutte le fonti potabili dei quartieri popolari, quella sera erano aperte alla massima portata: una buona dimostrazione di sinergia degli sforzi.

Il memobox integrato di Sarrese calcolò che le forze di riserva, adesso, avessero tutto il tempo di convergere verso il settore critico: si era rischiato uno sfondamento, ma le maglie della rete erano di nuovo a posto.

Poi avvenne. L'uomo sussultò per la sorpresa.

- Blindato Uno Sette Alfa Rosso! - investì il microfono - Chi vi ha ordinato di chiudere il getto?

Nessuna risposta. - VAT Uno Sette Alfa Rosso! - ripeté - Qui Sarrese! Rispondete, è un ordine!

Sbalordito, l'uomo vide il pesante Veicolo Ausiliario Tattico tremare come sotto l'effetto di un sisma. Poi scorse i suoi occupanti gettarsi dai finestrini e fuggire. Un istante dopo, il blindato s'inclinò, si coricò su un fianco, le sue luci si spensero. Sarrese si tolse gli occhiali multifunzione, li lasciò cadere al suolo. Imprecò.

Pulicinella mio, comme ssi' cagnato! 'sta maschera nira t''a si' levata
Facive ridere e pazzià, mo t'arragge e pienza a' guerra
Pino Daniele

Moretti era a terra, dolorante, sbigottito e inerme: la sua gamba destra, spezzata, non gli consentiva di rimettersi in piedi. Nonostante le biostimoline d'ordinanza di cui era imbottito, la sofferenza quasi gli impediva di connettere.

Per sua fortuna, l'uomo mascherato, rituffatosi nel combattimento, non badava più a lui. Tra i refoli di gas che si disperdevano, Moretti poteva ancora vederlo: avanzava come un incubo, lasciando dietro di sé una scia di agenti abbattuti. Saltava, correva, colpiva con forza e velocità innaturale. E gridava, gridava senza posa, come un disco rotto, come una sirena di follia. Al suo fianco, spontaneamente, manipoli di dimostranti riprendevano coraggio, si aggregavano, gli si coagulavano intorno, echeggiavano le sue urla.

La visione lo sconcertava: mai, nelle dozzine di scontri metropolitani cui aveva partecipato, Moretti aveva veduto nulla di simile. Era sempre stato convinto che ai manifestanti spettasse una blanda resistenza e nulla più: una passiva rassegnazione al pestaggio, disperazione di fronte alle cariche elettrostatiche chiuse intorno ai polsi, mutismo rassegnato nei cellulari... questo era stato il ruolo dei suoi avversari, da quando riusciva a ricordare.

In quel frangente invece, si stupì l'agente scelto, sembrava che avessero trovato un leader, che addirittura si sentissero capaci di vincere. Inaudito. Quel che era peggio, un drappello di giornalisti stava assistendo alla scena. Moretti digrignò i denti, frustrato, furioso di non essere in grado di fare alcunché contro ciò che ai suoi occhi si configurava come la violazione di una legge di natura.

Poi gli idranti investirono violentemente la folla. Malgrado il dolore, Moretti sorrise di rivalsa. Ma durò poco.

- Non può essere... - ansimò, assistendo allo spettacolo a occhi sbarrati.

La visione dell'uomo mascherato che a mani nude alzava e rovesciava il mezzo blindato era stato eccessivo per i suoi nervi scossi. Crollò di nuovo a terra mentre, intorno a lui, una calca di manifestanti si precipitava rumoreggiando verso il varco apertosi nelle file delle Forze dell'Ordine.

Una torma di suole e piedi nudi lo calpestò senza pietà. L'ultima cosa che Moretti vide prima di svenire fu il drappello di giornalisti, travolto e risucchiato dalla corrente degli uomini in fuga.

 

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