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- È di nuovo qui? Ma lei non si stanca mai?
Lara sorrise con aria di sfida. Le riusciva particolarmente bene:
era una donna minuta e spigolosa, dai capelli dorati e sottili, gli occhi chiari
e un incarnato da scottatura solare. Quel giorno aveva scelto di indossare un
abito lungo, celeste, che le lasciava libere le braccia esili dai gomiti aguzzi.
Dai lobi delle orecchie, due sfavillanti ciondoli d'argento pendevano come gocce
di metallo fuso dal crogiolo.
- Spero che vi stanchiate prima voi. - ribatté serafica.
- Questo è certo. - si arrese l'impiegato, facendo scricchiolare
l'alta poltroncina a rotelle su cui era arroccato. L'uniforme da poliziotto, stazzonata
e in disordine, era sbottonata fino al petto, e lasciava intravedere una poco
ufficiale T-shirt con i colori della squadra di calcio cittadina. L'uomo aveva
un cranio appuntito, coperto ai lati da due lucide ali di capelli neri con il
bianco che saltava fuori alla radice; aveva un naso storto e piccoli foruncoli
rossastri intorno agli zigomi.
- Per quante ore vuole l'accesso, oggi? - chiese in tono rassegnato.
Lara si accomodò sulla sedia e accavallò le gambe.
L'impiegato non si lasciò distrarre. Né, d'altra parte, lei ci aveva
contato. Il ventilatore appeso al soffitto si agitava sommessamente, muovendo
intorno l'aria come se proprio non potesse farne a meno. Dove le pareti della
stanza si incontravano, si intravedevano monconi tristi di ragnatele e segni grigiastri
di polvere sull'intonaco.
- Dipende. Posso avere in consultazione il mattinale?
L'impiegato si incupì. - Deve chiedere all'ispettore capo.
- L'ultima volta non è stato necessario. - osservò
Lara.
- L'ultima volta mi hanno piantato casini, dopo. - mugugnò
l'uomo.
- Vedo che è di malumore, oggi. - considerò lei,
carezzandosi gli orecchini - D'accordo, comincerò con gli archivi.
L'uomo le fece cenno di accomodarsi. Lara sedette di fronte al
terminale, attese che l'accesso le fosse concesso, poi cominciò a navigare
a piccolo cabotaggio nel mare d'informazione che le Forze dell'Ordine mettevano,
quando lo giudicavano comodo, a disposizione della Stampa.
Le sue dita curate si muovevano con rapidità sulla tastiera.
Presto il ticchettio fu l'unico suono d'origine umana nella stanza. Di tanto in
tanto la donna corrugava la fronte e si interrompeva per valutare un dato o una
fotografia. Più raramente, azionava il comando per dirigere la schermata
sulla piccola HP laser che ronzava accanto al terminale, poi estraeva il foglio,
marcava qualche riga con l'Uniposca e poi riponeva il tutto nella cartelletta
marrone che reggeva in grembo.
- Abbiamo visite, Palmieri?
Lara si voltò. Un secondo poliziotto era apparso sulla
soglia dell'ufficio. Era alto, magro, e aveva un'aria ancora più trasandata
del collega. Reggeva con la mano destra un vassoio avvolto in carta incerata beige
con la scritta "Scaturchio" vergata in curiosi caratteri svolazzanti.
La donna fece un vago cenno di saluto. Il nuovo arrivato abbozzò
un sorriso complice, poi posò il vassoio sulla scrivania del collega e
l'apostrofò con una smorfia.
- Ti vedo male, Palmieri. - ghignò - Hai un bel ciuffo
di capelli bianchi tutto nuovo, lo sai?
L'altro annuì con aria stanca. - Stamattina mi sono guardato
allo specchio e ho visto mio padre.
- Le frolle ti tireranno su. - commentò lapidario
il nuovo venuto.
Poi si rivolse a Lara. - Vuole una pastarella?
- No, grazie.
- È sicura?
Lara inarcò un sopracciglio. - Glielo assicuro.
- Non sa cosa perde... Lei è una giornalista, vero?
- Del Mattino. - confermò la donna, senza staccare gli
occhi dal terminale.
Il poliziotto si avvicinò, vagamente interessato, ma non
al punto da sforzarsi di decifrare da solo le scritte che correvano sullo schermo.
- Cosa sta cercando?
- Materiale per un'inchiesta del giornale.
L'uomo si carezzò i baffi sottili, e Lara capì
che non sarebbe riuscito a toglierselo di torno. - Inchiesta? Quale inchiesta?
La donna sospirò. Alla fine, si risolse ad alzare le dita
dalla tastiera. Si volse verso l'uomo. L'alito di lui sapeva di caffè e
di babà con la crema.
- Delitti nell'ambiente del traffico di droga. Omicidi irrisolti.
Lara vide che Palmieri, alla scrivania, scuoteva la testa. Non
vi badò.
- Mi sembra un po' vago. - obiettò l'uomo alto.
Lara riprese a navigare. - Mi limito a raccogliere materiale
su alcuni episodi particolarmente efferati.
- Efferati? - ripeté l'altro, perplesso.
- Con elementi morbosi, o truculenti.
- Ah! - fece l'altro, illuminandosi - Lei cerca lavori di macelleria...
Lei scrollò le spalle sottili. - Diciamo di sì.
Tra le altre cose.
Il poliziotto le rivolse di nuovo il sorriso complice. D'istinto,
Lara rifiutò di trovarvi validi motivi di complicità. Di ogni tipo.
- Credo di avere qualcosa che le piacerà, in questo caso.
- sogghignò.
Non credo proprio, pensò Lara. Ma si trattenne
dal dirlo. Non era giornalista da molto tempo, ma quella lezione l'aveva già
imparata.
- Dov'è il rapporto di Puma26, Palmieri?
Il secondo poliziotto sembrò contrariato. - Non certo
nel database per la Stampa, Lucantoni. - borbottò.
- Oh, che cazzimm'! - tagliò corto l'uomo alto
- Mangiati la sfogliatella e molla la parola d'accesso.
Palmieri squadrò torvo il collega. Ma poi, scuotendo la
testa, bisbigliò qualcosa che Lara non afferrò.
- Se ti facessi meno problemi, Palmieri, camperesti meglio e
di più. - commentò l'uomo alto, carezzandosi i baffi. Poi si rivolse
a Lara. - Permette?
La donna gli cedette il posto di fronte al terminale. L'altro
si accomodò soddisfatto come un grosso gatto che si acciambellasse sulla
poltrona buona. Lara vide sui calzoni della divisa di lui una grossa macchia di
crema che ricordava la sagoma del Vesuvio. Un sorriso le salì alle labbra,
ma lei lo represse prima che potesse affiorare.
Il poliziotto tornò al menù principale di navigazione
e impostò la nuova parola d'accesso. Con pochi colpi di mouse aprì
una serie di schermate confidenziali.
- Guardi. Queste sono state scattate stanotte da una volante.
A Forcella.
Lara gettò un'occhiata. E impallidì.
- Mio Dio...
Da "In cerca di Masaniello"
Saggio ipertestuale di Lara Mastrantuono,
ediz. Mondadori, Gennaio 2040
Non so esattamente quando, per la prima volta, sentii parlare
di Lui. Era primavera, questo lo ricordo, un Aprile caldo e solare come il cielo
di Napoli regala spesso, anche a coloro che non lo meritano.
In quei giorni, inviata dal giornale, frequentavo abitualmente
gli archivi della Questura, in cerca di indizi con la costanza e la caparbietà
di un segugio a caccia della preda.
Non era un compito insolito per un reporter. Al contrario,
era una routine a volte tediosa che il caporedattore mi aveva assegnato, come
soleva ripetere, per "farmi le ossa".
Eppure, quella primavera aveva un ché di anormale. C'era
una strana tensione nell'aria, un nervosismo palpabile tra i poliziotti con cui
avevo occasione di dialogare, con cui bevevo il caffè alle macchinette
automatiche negli incroci dei corridoio, che stressavo con continue interviste
e richieste di informazioni più o meno riservate.
Era Lui. La sua esistenza non era riconosciuta da nessuno.
Eppure aleggiava. Come un puzzle ancora alla rinfusa, un mosaico il cui disegno
prende forma poco a poco, lento, impercettibile, finché qualcuno non si
alza in piedi all'improvviso e grida, puntando il dito, "Lo vedo!".
Il mio puzzle aveva tessere di violenza. Di reticenza. Di mistero
e di sangue. Io le collezionavo con cura, accrescendo ogni giorno di più
la mia consapevolezza. Finché non mi resi conto di essere sulle Sue tracce.
Non avevo ancora un nome per Lui, anche se già davo al suo pronome, per
il timore che inevitabilmente accompagna l'ignoto, la maiuscola. Non sapevo chi
fosse, né cosa lo spingesse. Ma sapevo che esisteva, creatura inquietante
che dominava le zone d'ombra e gli spazi vuoti di questa città che vive
ripiegata su se stessa e sul suo passato...
E sapevo che, prima o poi, lo avrei trovato.
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