"2038: la rivolta", di Francesco GrassoLiber Liber
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Prefazione | Epilogo

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Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono

Chi vi fosse passato davanti non avrebbe veduto nulla di speciale: una cancellata anonima, bruna di ruggine, larga quel tanto che bastava per permettere il passaggio di un'automobile; muri sbrecciati, ingrigiti dallo smog e intrisi degli odori grevi del vicino mercato di Sant'Anastasia.

Un'aria dimessa: niente citofoni, nessun campanello, solo qualche manifesto pubblicitario biodegradabile semidissolto dall'umidità dell'aria. Le sbarre saldamente piantate alle finestre del pianterreno non avrebbero attratto l'attenzione: nessun edificio cittadino ne era privo.

Le imposte eternamente serrate, forse, avrebbero potuto incuriosire qualcuno, ma neppure quelle erano una rarità... No, chiunque fosse passato dinanzi all'edificio non lo avrebbe degnato di una seconda occhiata.

Chi avesse potuto varcare il cancello, però, avrebbe finito col cambiare idea. Il piccolo cortile interno era chiuso da due pareti in muratura e da una terza di roccia, costituita dal fianco di un rialzo del terreno, sagomato a guisa d'anfiteatro, che poco lontano si congiungeva ai contrafforti del Vesuvio. Il cortile terminava con una brusca rientranza, invisibile dal cancello.

Qui, scavata nella parete di tufo, vi era una rampa che portava, con forte inclinazione, a una decina di metri nel sottosuolo.

Al termine della rampa si trovava una serie di ambienti a temperatura e umidità controllate, in cui il livello di polvere nell'aria era mantenuto costante da un sistema integrato di filtri e servomeccanismi. Gli ambienti disponevano di ogni comfort, compresi giacigli, saune, alcolici, videolettori e terminali di rete, ed erano adatti a fungere sia da deposito (d'armi, esplosivo e droga) che da rifugio: di fatto, erano stati pensati per accogliere latitanti con necessità di rendersi irreperibili per lunghi periodi.

Altre gallerie, perfettamente aerate e illuminate, costituivano vie di fuga verso i tunnel della circumvesuviana e i condotti fognari. Montacarichi pneumatici collegavano i sotterranei con i piani superiori dell'edificio, adibiti agli incontri con gli spacciatori al dettaglio. Le pareti erano insonorizzate, le imposte a prova di proiettile.

Il sistema di sicurezza del covo era basato più sulla prevenzione che sulla punizione. La Rete Neurale che gestiva i sensori e le telecamere disposte intorno il perimetro era un prodotto militare cinese, serie TZU2000. La sua programmazione era impostata perseguendo uno scopo ben preciso: scoraggiare gli intrusi prima di arrivare allo scontro, ed evitare quanto più possibile l'uso di armi che potessero svelare l'esistenza del rifugio.

Il suo timer interno segnava 5:01:32 quando lo sconosciuto entrò nel raggio d'interdizione.

La prima linea dei sensori, interrati pochi millimetri sotto l'asfalto stradale, lanciarono l'allarme fornendo tutti i dati in loro possesso: l'intruso era alto un metro e novantadue; pesava, con la sacca sulle spalle, centocinque chilogrammi; la sua temperatura corporea era di trentasette virgola due gradi centigradi; la sua pelle aveva un PH di cinque virgola tre e una resistenza elettrica di ventisei virgola cinque megaohm. Era a piedi nudi, e una maschera nera gli copriva il viso. TZU si portò a livello di attenzione due.

Masaniello si guardò intorno. Il disco del sole era una promessa sotto l'orizzonte. Uno stormo di uccelli di passo cabotava il profilo del vulcano; la luce incerta dell'alba si rifletteva sui piccoli corpi accendendo cento fiammelle in formazione a V nel cielo scuro.

Un'automobile sfrecciò alle spalle dell'uomo, scivolando silenziosa sul proprio cuscino d'aria; dal finestrino, una cicca accesa volò sull'asfalto descrivendo un arco di brace rossa, poi rimbalzò, spezzandosi in una minuscola fontana, breve e ardente come una pioggia di lapilli.

Il giustiziere si avvicinò al cancello rugginoso, sembrò annusare l'aria. Poi afferrò le sbarre e spinse. Il lucchetto scricchiolò.

TZU si portò a livello uno, valutò la situazione e impostò la strategia di risposta più sperimentata: i circuiti si chiusero al suo comando, liberando una corrente elettrica di medio voltaggio lungo il metallo delle sbarre. Allo stesso tempo, la Rete Neurale attivò il piccolo altoparlante celato da un pannello sulla parete esterna dell'edificio.

- Attenzione. - scandì con voce gentile - Lei sta violando una proprietà privata. La preghiamo di allontanarsi.

L'intruso non diede segno di aver udito. Continuò a stringere le sbarre, aumentando anzi la sua pressione. I cardini cominciarono a cigolare, mentre una pioggia di intonaco si staccava dalle pareti.

TZU non cambiò strategia: nella sua banca dati tattica erano presenti ben sei situazioni analoghe, che la R.N. usò come riferimento. L'intruso, valutò, era senz'altro ubriaco o drogato, talmente privo di lucidità da ignorare la scossa d'avvertimento. Raddoppiò quindi il voltaggio e aumentò, con moderazione, il volume dell'altoparlante. Ma la sua voce restò perfettamente garbata.

- Gentile signore, la informo che in questo momento il suo tentativo di effrazione viene ripreso da una microcamera. La prego di desistere e di allontanarsi immediatamente. In caso contrario, mi vedrò costretto a inoltrare una richiesta d'intervento alle Forze dell'Ordine.

Le dita di Masaniello cominciarono a sfrigolare. La pelle dei polpastrelli si arrossò, si gonfiò in bolle, si lacerò. Ingrandendo l'immagine ripresa dalla telecamera, TZU vide distintamente il sangue scuro misto a pus che sgorgava dalle ferite. Ma il giustiziere non lasciò la presa: al contrario, strinse i denti e piantò le gambe sul terreno, larghe, spingendo con forza.

La R.N. ricevette un nuovo segnale d'allarme: la pressione sul cancello aveva raggiunto il limite di resistenza del metallo. Se fosse aumentata di un solo chilogrammo per centimetro quadrato, il cardine avrebbe ceduto. TZU ricercò freneticamente nella sua banca dati, ma non trovò alcuna spiegazione: secondo la sua base di conoscenze, nessun essere umano disponeva di una simile forza e capacità di resistenza al dolore.

- Questo è l'ultimo avvertimento, signore. - disse in tono ancora cerimonioso - Sto portando il voltaggio oltre il livello tollerabile da forme viventi. Se non lascia immediatamente la sua presa, morirà.

Nessuna reazione. TZU portò al massimo il voltaggio: lampi bluastri avvolsero la sagoma di Masaniello; l'odore di ozono e di stoffa bruciata saturò l'aria.

In quell'istante il cancello cedette. Il cardine venne via dalla parete in uno sbuffo di calcinacci, e la massa metallica piombò al suolo con fragore. L'intruso, apparentemente illeso, balzò oltre il varco e s'inoltrò correndo nel cortile interno.

TZU si portò a livello zero. Fece scattare le sirene d'allarme nei sotterranei, accese tutte le luci e lanciò una richiesta di soccorso alle unità di sorveglianza gemelle sparse per la città. Mentre una parte delle sue risorse controllava che gli ospiti del rifugio venissero destati e avvertiti dell'emergenza, il resto di sé interrogò la seconda linea di difesa, valutando quale nuova strategia adottare.

Visti i precedenti, escluse il blocco della rampa d'accesso con le saracinesche e la rete elettrificata. Il sottosistema tattico suggerì il CX24.

(link) -> Miscela gassosa d'uso bellico. Produzione cinese. Impiegato massicciamente nella repressione del Tibet del 2017 e nella successiva guerra tra la Repubblica Popolare e la NATO. Composizione protetta da segreto militare. Inalato direttamente, il CX24 risulta letale per gli esseri umani; decade in un composto inerte in pochi minuti di esposizione all'aria. (ritorna al testo principale)

TZU valutò la proposta per un millesimo di secondo. Poi aprì le valvole.

L'ingresso della rampa per i sotterranei venne avvolta dai vapori cremisi del veleno nel giro di un secondo. Masaniello, che vi si era fermato proprio di fronte, annusò ancora l'aria, si fermò, tolse la sacca dalle spalle, l'aprì e vi frugò dentro.

I fumi del CX24 si frapponevano tra la figura del giustiziere e la telecamera. TZU non poté rendersi conto di cosa Masaniello stesse facendo finché questi non accese lo straccio imbevuto di benzina. Allora la R.N. capì. Ma era troppo tardi.

Masaniello scagliò la bottiglia incendiaria giù per la rampa. Tutti i gangli della Rete Neurale furono subissati dai segnali d'allarme, ma ormai non c'era nulla da fare. Il CX24 prese fuoco, si espanse a velocità esplosiva.

L'intera galleria d'accesso fu spazzata via dal fronte dell'incendio; le porte divisorie saltarono; i contenitori di exitrazina furono avvolti dalle fiamme. Tutti i sensori e i servomeccanismi di controllo temperatura andarono fuori scala, sovraccaricando il sistema. I cavi del generatore principale bruciarono.

Il timer segnava le 5:04:56 quando TZU cessò di funzionare.

Se conosci il tuo nemico, non temerai il risultato di cento battaglie
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

Lara vide le fiamme balenare contro il cielo nella luce sanguigna dell'alba, e all'improvviso avvertì un brivido correrle come un ragno lungo la schiena. Era troppo tardi, lo sentiva.

- Laggiù! - gridò.

Salvatore sterzò furiosamente. Le ruote della Fiat morsero il bordo del marciapiede, poi aggredirono l'asfalto puntando l'incendio. Il puzzo di gomma bruciata invase l'abitacolo.

- Fermati! - ordinò Anselmo.

- Qui? - fece Salvatore.

- Esatto.

- Ma lui è laggiù. - protestò Lara.

- Lo so anch'io, giornalista! Credi che sia stupido? Ma non voglio farmi ammazzare. Non senti gli spari?

La donna ammutolì, rendendosi conto che l'altro aveva ragione. Il ticchettio feroce delle armi automatiche echeggiava contro le facciate vetuste delle case di Sant'Anastasia. Aguzzò le orecchie: erano raffiche corte, intervallate da colpi isolati, tutti provenienti dalla medesima direzione.

Attraverso la lamiera dell'automobile Lara avvertì un brontolio sommesso, come di un liquido che bollisse sotto la superficie. Poi, all'improvviso, un'esplosione violenta fece scattare le sirene degli antifurto lungo l'intera strada.

Ai piani più alti degli edifici intorno, qualche curioso era affacciato alla finestra sfidando il fischiare delle pallottole; altri erano usciti in balcone o sui terrazzi, e scrutavano eccitati la sparatoria nei loro pigiami a righe.

Il boato fece rientrare precipitosamente tutti. Le imposte vennero sprangate tra grida di sorpresa e terrore. All'angolo della strada, Lara vide un randagio accucciato sul selciato coprirsi con aria spaurita il muso con le zampe anteriori. La donna si stupì di non scorgere segno delle Forze dell'Ordine, neppure dell'elicottero che era solito pattugliare di notte i sobborghi orientali.

Mai quando servono, pensò.

- Spegni i fari, Salvatore. - mormorò il vecchio.

- Perché?

- Gira piano l'angolo. - spiegò - Vediamo che succede...

L'uomo tarchiato eseguì con cautela. La scena si svelò poco a poco ai loro occhi, senza per questo apparire meno drammatica.

Il ragazzo dal volto mascherato era fermo sulla strada, stagliato contro il fondale cremisi dell'incendio. Era piantato a gambe larghe, come avesse messo radici sull'asfalto; con la testa gettata arrogantemente all'indietro, rideva di scherno all'indirizzo dei suoi avversari.

- Sparate, infami! - urlava a squarciagola. La sua voce gutturale era arrochita dallo sforzo. - Cosa aspettate?

Intorno a lui regnava il caos. Uomini armati si gettavano alla cieca dalle finestre dell'edificio in fiamme, si rotolavano al suolo, battevano frenetici i propri abiti per spegnere le lingue di fuoco, bestemmiavano, gridavano per le ustioni. E sparavano, per rabbia e per terrore, contro le ombre, contro il nulla, persino contro se stessi.

- Sono qui, infami! - urlava al loro indirizzo il ragazzo mascherato. - Qui!

Finalmente i camorristi si accorsero della sua presenza. Le armi automatiche crepitarono. I colpi lo colsero al petto, all'addome, alle braccia. Il proiettile di un fucile a pompa lo sollevò in aria e lo gettò violentemente contro la fiancata di un furgone.

Lara trattenne il fiato. Anselmo e Salvatore sbiancarono.

Il corpo del ragazzo scivolò a terra, inerte. Poi ebbe un fremito, come se fosse percorso da un impulso elettrico. Si tirò su, si piantò a gambe larghe, esplose di nuovo nella risata. Un verso brutale, inumano, che metteva i brividi.

A quella vista alcuni camorristi si diedero alla fuga. Altri, inebetiti, lasciarono cadere le armi e rimasero lì, impietriti, mentre l'incendio serpeggiava alle loro spalle.

Uno solo sembrò reagire. Imprecando furiosamente, gettò lontano il fucile automatico e imbracciò al suo posto un tubo brunito. L'oggetto aveva un'impugnatura a metà fusto e alette aguzze all'estremità posteriore.

- Che cos'è? - balbettò Lara, inquieta.

- Uno Snak-B, giornalista. - mormorò a mezza voce Anselmo.

- Un che?

- Anticarro. Russo. Li hanno usati anche nel '15...

Il vecchio sembrò cedere ai ricordi. Proseguì sottolineando quanto diceva con cenni del capo. - Vito Pascarella aveva una Mercedes corazzata. Aveva ricavato la blindatura dalla torretta di un Abraham rubato in Kosovo: la fecero saltare con un solo colpo.

- È 'o vero. - confermò Salvatore - Al funerale, i resti del vecchio Pascarella non bastavano neppure a riempire una ceneriera.

- Mio dio. - ansimò Lara. Con sgomento, vide che il camorrista era intento a puntare l'arma, e che il ragazzo con la maschera sul viso non accennava neppure a cercare riparo. Restava lì, a sfidare il fuoco avversario, con un ghigno malato, una smorfia che sembrava di soddisfazione, stampata sulle labbra deformi.

- Fallo! - gridava, ormai quasi senza voce - Fallo ora, infame!

Il camorrista parve annuire. Il suo dito sfiorò il grilletto. Il pennello vermiglio del laser di puntamento si accese, illuminando il petto del giustiziere. Lui non si mosse: Lara avrebbe giurato che stesse sorridendo.

Poi la testa del camorrista esplose. Alla donna, orripilata, sembrò che avvenisse con una lentezza innaturale. Un fiore rossastro di sangue, schegge d'osso e materia cerebrale sbocciò nell'aria, si allargò, sfiorì spargendo i suoi macabri petali al vento. Il corpo decapitato rimase ancora in piedi per qualche interminabile istante; poi si agitò come un manichino disarticolato, cedette, si afflosciò al suolo. Il fusto metallico dello Snak-B tintinnò contro l'asfalto.

Lara, sbigottita, in preda allo shock, si voltò verso Anselmo.

- Ma... cosa...?

- Queste nuove mproc funzionano bene anche coi proiettili esplosivi. - commentò il vecchio, soffiando con ostentazione sulla canna della pistola - Non c'è bisogno di mirare.

- Muoviamoci, guaglio'. - sbottò Salvatore - Qui tra poco sarà pieno di essessì.

Un ronzio minaccioso si levò a occidente, quasi a dargli ragione. Avvertendo il suono, d'istinto Lara alzò lo sguardo.

E li vide. La carlinga schiacciata, le ali corte e tozze, i lanciarazzi in gondola, le mitragliette sul muso, la selva di antenne metalliche per l'ECM. Una linea inconfondibile: convertiplani EH301, versione antiguerriglia, in dotazione alla Sezione Speciale delle Forze Armate Europee. Erano due, e si stavano avvicinando.

- Qui, compagno! - gridò Anselmo sporgendosi dal finestrino - Sali, svelto!

Il ragazzo li fissò senza reazioni. In quel momento agli occhi di Lara era di nuovo il principe nero di una scala reale da incubo.

- Avanti! - ringhiò Salvatore - Chilla cricca 'i malamenti ci sta addosso!

Ancora l'altro non mosse un muscolo. Si guardava intorno, come se non riuscisse a capacitarsi che fosse tutto finito, e non compiva un solo passo in direzione dell'automobile. I velivoli della SSI erano vicinissimi: il loro ronzio si avvertiva dolorosamente nelle mandibole.

- Acchitemmuort'! - sbottò Salvatore. Aprì la portiera, corse verso il ragazzo, lo afferrò per le spalle, lo costrinse a salire.

L'altro lasciò fare senza opporre resistenza. Era cosciente, ma sembrava che nulla di ciò che accadeva lo riguardasse.

- Vai! - esortò il vecchio.

Salvatore schiacciò il pedale. L'automobile sfrecciò per i vicoli, lasciandosi alle spalle l'edificio ancora in preda alle fiamme. Un'ultima esplosione squassò il fondo stradale, aprendo un cratere proprio dove il giustiziere si trovava qualche istante prima.

Lara si volse indietro, a fissare impressionata le macerie fumanti. La testa le girava: non poteva credere che tutto questo capitasse proprio a lei. Non era un film, non era un'animazione in RV, non era un videoclip. Era una guerra vera, e lei l'aveva vissuta in prima linea, assaporandone tutto l'orrore.

- Mio dio... è un inferno! - esclamò in un tono che tradiva tutto il suo sconcerto, la sua incredulità, la sua paura. - Ma cos'hai fatto, lì dentro?

Il ragazzo restò impassibile. - Storia lunga, orribile. Non vorresti sentirla.

E tacque. La donna lo fissò allibita.

- Naturalmente. - balbettò alla fine - Mi chiedevo quando l'avresti detto.

Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono

La battaglia di Sant'Anastasia rappresenta, sotto molti punti di vista, una svolta storica. Nel cammino di Masaniello, naturalmente, si configura come un giro di boa. Ma per la popolazione di Napoli si delinea come un evento di rottura, un episodio fondamentale con enormi (e rivoluzionarie) conseguenze sull'immaginario collettivo popolare.

Analizziamo il perché... La battaglia di Sant'Anastasia non è certo il primo scontro armato che si sia svolto nelle strade di Napoli: la malavita organizzata, è noto, non si cura di scegliere luoghi isolati per i regolamenti di conti e gli agguati tra le sue bande. Che passanti innocenti vengano coinvolti in sparatorie è la norma, una legge di natura che i napoletani accettano seguendo il loro tradizionale fatalismo, come la grandine d'inverno, gli incendi estivi sui monti, i bradisismi e i capricci del vulcano.

Le statistiche, del resto...

(link) -> nell'ultimo anno, nell'area metropolitana, diciotto persone sono rimaste vittime di pallottole vaganti, e trentuno hanno riportato ferite non mortali. Di queste persone, il quaranta per cento sono bambini sotto i dieci anni. Naturalmente, le statistiche contemplano solo i casi denunciati: la paura a volte è un manto che copre e nasconde. (ritorna al testo principale)

...delineano un quadro più che drammatico, che non può non riflettersi nella cultura quotidiana: di fronte a uno scontro armato che anche lontanamente sappia di camorra, la reazione obbligata del cittadino medio è sempre stata di completa passività, equidistanza terrorizzata tra i contendenti, omertà e rassegnazione.

Sant'Anastasia rappresenta il superamento di questa tradizione, l'abbattimento dei ruoli definiti. Per la prima volta gli spettatori non rimangono a guardare, ma si schierano e diventano attori, intervenendo in maniera addirittura determinante nello svolgersi del dramma: Masaniello, di fatto, in quella battaglia trova degli alleati inaspettati; ai suoi nemici, presi tra due fuochi, non resta che la fuga.

Chi sono questi eroi oscuri che infrangono il tabù e che osano sfidare la potentissima malavita organizzata?

I media non impiegano molto a puntare su di loro i riflettori e a battezzarli. Dall'alba di fuoco di Sant'Anastasia, nell'immaginario collettivo, al fianco di Masaniello marcia il suo esercito, la sua armata, il suo seguito: i lazzari. Da quel giorno, la guerra del giustiziere mascherato comincia a liberarsi della patina di crociata personale, per configurarsi sempre più vigorosamente come un'insurrezione di popolo.

A Napoli si more a tarallucce e vino
99 Posse

- Dorme?

Il vecchio annuì. - Ha beccato più di venti proiettili; ha perso un barile di sangue. Ma, naturalmente, lui non è come noi...

- Se la caverà?

Un lampo, forse di invidia, forse di paura, illuminò gli occhi neri del vecchio. - Ma certo. Ha solo bisogno di riposo.

Salvatore, di sottecchi, fece cenno in direzione di Lara. - Anche 'a quagliona ne ha bisogno.

Guardando oltre la spalla del compagno, Anselmo fissò la donna con aria dubbiosa. Lara era seduta rigidamente su una sedia a spalliera sensibile, e guardava il vuoto con aria cupa.

Intorno a lei l'appartamento era angusto ma luminoso, e i tanti fiori ovunque lo facevano sembrare una serra: c'erano mimose nei vasi, bouganville mollemente digradanti dai pensili lungo le pareti, margherite nella carta da parato, rose dipinte sulle tendine raccolte agli stipiti delle finestre, tulipani sulla stoffa che ricopriva i divani disposti ad angolo. C'erano persino dei gladioli di plastica sul ripiano della cucina e mazzolini di lillà ricamati sul tappeto pseudocinese che copriva metà del soggiorno.

Nell'angolo opposto della stanza, una gym-machine multifunzionale avvolta in un telo di plastica dominava arrogantemente l'ingresso per la camera da letto e il minuscolo bagno. Il soffitto era trapuntato di piccole sfere luminose disposte a corolla, e una grande lavagna a cristalli liquidi, densa di annotazioni e schizzi vergati in una grafia frettolosa, era appesa alla porta d'ingresso.

- Va tutto bene, giornalista?

- Cosa...?

- Ti ho chiesto se stai bene. - scandì il vecchio.

Lara batté le palpebre, cambiando posizione sulla sedia. Questa si deformò, adattandosi alla forma del suo corpo spigoloso.

- Star bene? - sibilò - Devi essere pazzo.

- Ehi! Che ti prende?

Lo stupore sincero nella voce di Anselmo la fece sentire anche peggio. Cominciava a capire: il ragazzo dal volto mascherato, Salvatore e Anselmo facevano parte di un mondo sanguinario e brutale, disperato e oscuro, che lei si era illusa di poter esplorare senza esserne coinvolta. Nulla di più sbagliato.

Non aveva mai visto morire nessuno sotto i suoi occhi. E scoprire di non essere in grado di considerare l'episodio con indifferenza la sconvolgeva più dell'atto in sé. Forse Attilio era nel giusto a disprezzarla come giornalista. Un professionista serio, avrebbe detto Lamberti, non si lascia toccare da simili debolezze.

- Sono una stupida. - mormorò - Non dovevo farvi venire qui.

- Cosa!?

Lara evitò di guardarli negli occhi. Indicò con un cenno del mento il giovane addormentato sul divano.

- Quando si sveglierà, voglio che lo portiate via. Io mi tiro fuori.

- Che stai dicendo, guagliona? - balbettò Salvatore, confuso - Credevo che...

- Lo credevo anch'io. - tagliò corto lei - Mi ero illusa di averne il fegato, ma non è così.

- E i tuoi progetti? - protestò Anselmo, deluso - Le tue idee? Io... noi ci aspettavamo grandi cose da te, giornalista.

Lara non seppe replicare. Era consapevole di star mollando la presa sull'occasione della sua vita, ma la paura e il senso di inadeguatezza dentro di lei tuonavano invincibili. I particolari della battaglia che il ragazzo incappucciato aveva narrato prima di cedere alla stanchezza, il gas, la Rete Neurale, le armi anticarro assurdamente in mano a semplici spacciatori di droga, avevano inferto il corpo di grazia al suo coraggio. A volte - pensò - le occasioni sono troppo grandi, e le persone troppo piccole.

- Va bene... - cedette il vecchio - Se è questo ciò che vuoi... Non è la tua guerra, in fondo.

E tacque. Il silenzio avvolse la stanza, e solo il ronzio improvviso del terminale impedì che diventasse troppo pesante. Meccanicamente, Lara andò all'apparecchio e accettò la chiamata in arrivo. Solo all'ultimo istante, in un guizzo di lucidità, ruotò la micro Zeiss in modo che non potesse inquadrare i suoi ospiti.

Il viso rotondo e paffuto di sua madre invase lo schermo. Mancava solo questa, pensò cupamente Lara.

- Tesoro! - esclamò gioviale la matrona. Era una donna corpulenta, con i capelli tinti di un improbabile turchese e gli occhi dello stesso colore. Il viso era pesantemente truccato; intorno al collo, spiccava un monile di vistosissimi cristalli orbitali, ciascuno sagomato nella foggia di un segno zodiacale. Aveva una pelle sottile, rimaneggiata dal laser, che le si increspava sulle guance e sul mento quando sorrideva mostrando orgogliosamente i denti rifatti.

- Ciao, mamma. - ricambiò blandamente Lara.

- Ieri sera non hai chiamato. - protestò la matrona.

- No, infatti.

- Cos'è successo?

- Ho avuto da fare, mamma.

L'altra si avvicinò allo schermo, sprizzando interesse da tutti i pori. - Un uomo, vero?

- No, nessun uomo.

La matrona non si diede per vinta. - Andiamo, tesoro, lo so che si tratta di un uomo. Il tuo oroscopo di oggi è chiaro. Perché non vuoi dirmelo?

Lara sentì la nausea crescerle dentro. - Non c'è niente da dire.

Il donnone strizzò un occhio con fare complice. Le ciglia finte minacciarono di staccarsi e di piombare sul pavimento di marmo rosa.

- Non c'è motivo di essere imbarazzata, tesoro. Hai venticinque anni, è giusto che tu sia in cerca di un uomo con cui sistemarti... Chi è, dunque?

- Lascia perdere.

- Quell'Attilio, il tuo capo, vero?

- Andiamo, mamma! - protestò Lara, ormai decisamente infastidita - Piantala di dire sciocchezze.

L'altra equivocò. - Sciocchezze? E perché? Avrà al massimo dieci anni più di te, e di certo è un bell'uomo. Se solo si liberasse di quegli occhiali preistorici... Potrei presentarlo al mio chirurgo, tesoro. È proprio una cosa da niente: un tocco di laser e via.

Lara lanciò un'occhiata nervosa ai tre uomini che occupavano il suo soggiorno.

- Mamma, ho da fare, adesso.

La matrona non diede segno di aver udito. Aveva un impianto acustico Pioneer di ultima generazione, ma nelle sue conversazioni riusciva ugualmente a ignorare quanto gli altri dicevano. Non si trattava di un problema fisico, Lara ne era ormai convinta, bensì psicologico: i suoi timpani, semplicemente, respingevano al mittente ogni segnale sonoro che la scompiacesse.

- Sì, quell'Attilio è proprio un uomo affascinante... - proseguì imperterrita - Sai che la figlia di Ornella, la mia amica del circolo, il mese scorso ha sposato un alto funzionario di EuroBank? Era la sua segretaria, pensa.

- Io non sono una segretaria! - protestò Lara, frustrata, già sapendo che non sarebbe stata ascoltata.

- Ornella mi ha spedito il filmato del matrimonio. - proseguì giovialmente l'altra - La sposa aveva un vestito fantastico. Elaborato ma semplice: perline, seta e tessuto clonato. Ho insistito, e alla fine ho saputo il nome del bio-sarto... Everard, lo stilista che lavorava per Cartier... Non sai quanto quella meraviglia ti starebbe bene addosso, tesoro.

- Mamma, ti ho detto che ho da fare, adesso. - tentò ancora Lara - Ti richiamo più tardi, va bene?

- Hai saputo che la figlia di Marta ha avuto una coppia di gemelli? - incalzò l'altra, inesorabile - Sono due maschietti adorabili, tesoro, una gioia per gli occhi... - il suo viso si fece penosamente corrucciato - Sono l'unico membro del circolo a non avere ancora neppure un nipotino. Eppure so che tu saresti un'ottima madre. Ricordo ancora con quanto amore curavi il tuo Babygochi, da piccola... Quando mi darai la gioia di essere nonna, tesoro? Il mio oroscopo dice che...

Lara ebbe un nuovo urto di nausea, questa volta più forte. Far da moglie al suo principale e da fattrice di nipoti per sua madre affinché potesse sfoggiarli in effigie al circolo della canasta... Era quello il suo ruolo, lo era sempre stato e lo sarebbe stato sempre. Nel trascolorare dei ricordi, forse aveva voluto dimenticare, ma sua madre era sempre stata lì, negli anni, a indicarle il cammino, a mostrarle esattamente il Corretto Compito di una Figlia Conforme e Giudiziosa, e a spiegarle come lei avrebbe dovuto agire per adempiervi.

All'improvviso, Lara ebbe un terribile attacco di panico. Era veramente questo ciò che voleva dalla vita? Un vestito di perline e tessuto cangiante, una torta con sopra due pupazzi e olografie da mostrare a turno a uno stuolo di parenti annoiati? E poi battesimi, biberon da scaldare alle sei del mattino, pannolini sporchi, aspirapolvere sulla moquette e servizio buono da lustrare la domenica pomeriggio? Lenzuola da lavare a sessanta gradi e ricette dettate alla RTV per piatti elaborati, destinati comunque a finire nel colon? E poi la vecchiaia, i lifting e la parrucca turchese, il cerone sul viso e un circolo di arteriosclerotiche cui mostrare il filmino dei nipoti? Era tutto qui? Non c'era davvero nient'altro?

Aveva avuto un'occasione per imboccare una strada diversa, per vivere un'avventura, per sfuggire al futuro e al ruolo incisi nella pietra delle convenzioni borghesi, ma la stava gettando al vento...

Poteva veramente permetterselo? Negli anni che sarebbero venuti, avrebbe sopportato il rimpianto? In un momento di lucidità estrema, Lara si chiese se davvero il sangue e la guerra fossero l'orrore più grande cui poteva pensare.

Chiuse la comunicazione. Il terminale guizzò un'ultima volta, poi si spense. Anselmo e Salvatore erano ancora lì, come li aveva lasciati: il vecchio la fissava gravemente, una Marlboro accesa tra le dita ossute; l'uomo tarchiato si baloccava con dei pezzi di focaccia che aveva trovato in cucina, indeciso se chiedere o meno il permesso di addentarli. Il ragazzo dal volto bendato era ancora sul divano, immerso in un sonno agitato: il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente, il suo corpo era scosso da brividi.

- Ho cambiato idea. - disse alla fine la donna, semplicemente.

 

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