"2038: la rivolta", di Francesco GrassoLiber Liber
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Prefazione | Epilogo

10

È la differenza di opinioni ciò che rende possibile le corse di Agnano
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

- E questo è tutto. - concluse Anselmo. - Abbiamo diviso la città in zone, organizzato vedette e spedito pattuglie dei nostri a cercare. Ma siamo pochi, e il tempo stringe...

Gli altri annuirono. - Più di quanto pensi.

- Perché perdiamo tempo a discutere? - esclamò un tipo allampanato, curvo come un punto interrogativo, una testa enfiata su un corpo smilzo - Andiamo anche noi per le strade. Forse...

- Stai sbagliando, compare. - si oppose un altro, un uomo basso, calvo, dalle spalle ampie e le orecchie grottescamente a punta - Se gli essessì prendono un guaglione qualunque, che importa? Ma se prendono uno di noi, e lo fanno parlare, siamo tutti in pericolo. Ormai siamo troppi, e non possiamo spostarci così in fretta.

- Sarai tu, forse, a non saperti muovere in fretta! - sbottò una donna scura, dai capelli stopposi e gli occhi pungenti - I miei sono capaci di sparire in uno schiocco di dita.

- Fesserie! - ribatté l'altro - I tuoi sono mariuoli buoni soltanto a svaligiare appartamenti.

- Pulisciti la bocca, settantuno. - sibilò la donna - Puliscitela, prima di parlare dei miei.

L'altro non accettò la provocazione, e rispose tranquillo. - Forse sapranno far fessi gli sbirri, ma hanno mai affrontato i rilevatori termici, i traccianti ormonali, tutti la merda elettronica della Sezione Speciale?

- Stefano ha ragione. - approvò un quarto membro del gruppo - Quei figl'i zoccola non scherzano.

- Perché, noi siamo dei pagliacci? - ringhiò ancora la donna.

- Non volevo dire questo, ma...

- Allora fai meglio a star zitto, settantuno!

Il tono della discussione si accese, e presto l'intera assemblea ne fu coinvolta. Le opinioni si accavallavano, si sommergevano l'un l'altra senza che nessuna prendesse decisamente il sopravvento.

Del resto, notò Lara, quasi nessuno dei presenti prestava veramente attenzione alle parole altrui. Tolleravano semplicemente una pausa d'attesa finché l'oratore di turno non prendeva fiato, e poi tornavano testardamente a ribadire i loro preconcetti, battendosi ognuno su posizioni fisse, ripetendo le stesse idee, utilizzando finanche sempre le stesse parole. Era un accanirsi sterile, senza scopo, e la giovane valutò che avrebbe potuto trascinarsi in quel modo per un tempo indefinito.

Isolata, respinta alla periferia dal dibattito, Lara approfittò per afferrare Anselmo dalla manica del giubbotto di poliestere e trarlo in disparte.

- Chi è questa gente? - bisbigliò.

- Amici.

- Che ci fa qui?

Lui sorrise. - Strana domanda... Sono qui per te.

- Che significa?

- Intendo dire che è a causa tua se si trovano insieme.

- Non capisco.

Il vecchio alzò il dito, descrisse un cerchio approssimativo nell'aria satura del fumo delle troppe sigarette accese.

- Alcuni di loro erano a Bagnoli, la sera che ci siamo incontrati... Altri vivevano nel sottobosco umano della periferia, altri ancora in clandestinità, e non osavano alzare la testa perché si pensavano soli... Vedevano il marcio, ma forse non avrebbero mai pensato di battersi per cambiare le cose. Poi hanno letto il tuo proclama, e improvvisamente si sono riconosciuti compagni.

- Il proclama di Masaniello?

- Proprio così.

La giovane batté le palpebre - E sarebbe bastato per.. E questo posto, allora? Come l'avete trovato? E l'organizzazione? Chi...

Lui tagliò corto con un gesto della mano. - Lascia perdere, giornalista. Qui c'era gente che pensava e studiava da anni per fare ciò che noi abbiamo teorizzato in una notte appena. Come dicevi tu, mancava soltanto un simbolo... e forse un po' di abilità con le parole.

Lara si quietò, nonostante tutto gratificata dall'apprezzamento.

- A proposito... - sorrise ancora Anselmo - Sarebbe bello che tu lavorassi a un nuovo proclama.

Lei s'irrigidì nuovamente, scorgendo le implicazioni celate dietro la richiesta. Ma poteva veramente adombrarsi, se qualcuno tentava di usarla? In quella storia, doveva riconoscerlo, ciascuno aveva cercato di far muovere gli altri nel suo teatrino personale. E lei non aveva fatto eccezione. Anzi, forse aveva agito con meno scrupoli di chiunque.

Nel capirlo, realizzò un pensiero di colpevolezza bruciante.

- Attilio, Carmine... - mormorò, contrita.

- Chi sono?

- I miei colleghi del giornale... - spiegò lei - Cosa gli sarà accaduto? Devo chiamarli, sentire se stanno bene.

Anselmo scosse la testa. - Dimenticali.

- Come?

- Ho detto dimenticali. - ripeté perentorio - Una volta che entri a Capodimonte, sei fottuto: ti innestano segnalatori sottocutanei dappertutto, e con quelli ti tengono poi gli occhi addosso persino quando stai seduto sulla tazza.

- Queste sono paranoie! - protestò lei. Poi pensò a quanto aveva visto in ospedale, e la sua voce si spense.

- ...hai mai sentito parlare delle estrazioni mnemoniche, le sedute di bio-indagine, i condizionamenti? - proseguì Anselmo - Quelli hanno specialisti, mezzi e conoscenze incredibili. A volte penso che tutti i professori del mondo abbiano finito per lavorare solo per la SSI...

- Hai proprio ragione, compare. - intervenne l'uomo dalle orecchie a punta, allontanatosi per un istante dal battibecco che ancora infuriava - Quei settantuno hanno tutto. Noi abbiamo soltanto Masaniello. Non possiamo permetterci di perderlo...

- Settantuno... - ripeté Lara, confusa - Usate questa cifra come un insulto. Perché? Che significa?

I due uomini si guardarono in faccia. Poi Anselmo scoppiò a ridere. - Davvero non lo sai?

- No.

Il vecchio rise ancora. - Spiegaglielo tu, Stefano.

L'uomo dalle orecchie a punta le si rivolse contrariato. - La Smorfia. Settantuno. "L'omm' 'i merda".

Lara sgranò gli occhi, stupefatta: la Cabala napoletana era una cosa a cui non aveva pensato. Anselmo la guardò ancora divertito.

- Non c'è niente da ridere, Anselmo. - protestò Stefano - Senza Masaniello...

- Non l'abbiamo perso. - lo rassicurò il vecchio.

- E allora dov'è?

- Ha deciso di sparire. È un uomo libero, non un soldato. Tornerà quando vorrà... Speriamo soltanto che sia presto.

- Ma dove è andato? - insistette l'altro, cocciuto - Non si vede da ieri. Non è in nessuno dei nostri rifugi. E se invece lo avessero preso?

- No, è impossibile, lui...

- Lui cosa? Come puoi esserne sicuro? Potrebbe essere morto, per quello che ne sappiamo.

Un pensiero cominciò a formarsi nella mente di Lara. Lei assistette alla sua nascita come un'osservatrice imparziale, affascinata dal fenomeno, desiderosa più di goderne la vista che di valutarlo. Poi il pensiero si concretizzò, e la mente di Lara cominciò a girargli intorno, a sfiorarlo, a immergersi in esso, a muoversi tra la superficie dell'idea e la sua polpa solida. Infine, l'accettò.

- Credo di saperlo. - disse, asciutta.

- Cosa? - echeggiarono i due uomini.

- Dove si trova lui. Forse l'ho capito.

- E dove?

Lei scosse la testa. - È solo un'intuizione. Ma la seguirò e andrò a cercarlo.

- Vuoi dire andremo.

- No. - la sua voce si fece più decisa - Da sola.

PROCLAMA

Popolo mio,

so di chiederti tanto. Soffrirai, sanguinerai, verserai lacrime a causa mia. Io non prometto, non giuro a nessuno tra coloro che mi seguono gioie e abbondanza. La strada su cui cammino è lastricata di tormenti. E su questi dovremo posare i piedi a lungo, insieme, prima di giungere alla meta.

So di chiederti tanto, popolo mio. E per convincerti non posso dirti altro che ti amo, che ti amo come la libertà e la dignità, come amo ogni cosa per cui mi batto, come amo il diritto di tutti gli uomini di lavorare e di non aver fame.

Tu, come me, dovrai dare tanta importanza al nostro sentimento e ai suoi motivi che il dolore, il sacrificio, la stessa morte, a quel punto, diverranno irrilevanti. Da evitarsi, certo, ma solo perché sarebbero di ostacolo all'adempimento del dovere che ci siamo imposti.

Perché il mio, il nostro sentimento, la nostra necessità, si possono esprimere in un solo modo: combattendo. E noi combatteremo, popolo mio, per rabbia e per amore, finché la vittoria non ci sorriderà. E allora ci volteremo indietro, insieme, e contempleremo la nostra opera.

Masaniello

Trovò il vecchio portone dai battenti di bronzo ancor più annerito di smog di come lo ricordava. Lo toccò, le parve chiuso. Provò a spingere. Dovette appoggiarvisi con tutto il suo peso, ma alla fine il cardine, cigolando, acconsentì a svolgere il proprio dovere.

La giovane si addentrò con cautela nel cortile interno, aggirando i cumuli di rifiuti e i cespugli di erbacce che in alcuni punti raggiungevano altezza d'uomo. Un sole preistorico faceva capolino tra i tetti a spiovente, illuminando quello scenario degradato di brutti colori dalle tinte chimiche.

Le semisfere delle paraboliche vegliavano il cortile come sentinelle armate. Le finestre dei bassi le parvero oblò di una nave affondata nel cemento. Lara combatté qualche istante coi ricordi, poi scelse la terza apertura della fila: non era del tutto certa che fosse quella che cercava, ma decise che avrebbe corso il rischio.

L'imposta si aprì dolcemente, e lei entrò, facendosi strada con le dita tra i veli impalpabili delle ragnatele. L'ambiente era angusto, il soffitto incombente e curvo come in una fiabesca casa di gnomi.

L'umidità trasudava dalle pareti e sembrava un essere vivente, una creatura stanziale che avesse eletto quelle mura a propria dimora, un mostro con macchie di muffa come occhi, il cui respiro si poteva ascoltare nel lento muoversi dei tendaggi alle finestra, il cui battito cardiaco si rivelava nel ritmico gocciolio del rubinetto rotto.

- Era la casa di tua madre, vero? - chiese alla figura assisa nella poltrona, immobile, nella stessa posizione in cui ella lo aveva veduto la prima volta che si erano parlati, come se quegli ultimi giorni non fossero mai trascorsi, come se in qualche modo il tempo avesse curvato, pietoso e beffardo, riportandoli indietro per una seconda chance.

Lui annuì, illuminato nel buio come un quadro di Caravaggio, per nulla sorpreso di vederla dinanzi a sé. Portava ancora le bende intorno al viso, ma si era cambiato di abito. Indossava un paio di Jeans troppo grandi per lui, arrotolati più volte intorno alle caviglie nude, e una casacca spiegazzata, bianca con macchie giallastre sul colletto e intorno ai polsi.

- Perché sei scomparso? - chiese la giovane.

Lui la fissò in silenzio, a lungo, mentre la distanza tra loro sembrava crescere e farsi immensa. Poi afferrò una caffettiera rugginosa, la rigirò tra le dita, un'aria malinconica dipinta nello sguardo indecifrabile.

- Perché? - insistette lei.

Ancora silenzio. Il ragazzo sembrava combattuto.

- Lei... - mormorò alla fine.

- Tua madre? Cosa...

- Lei... mi chiamava William. - disse, quasi mordendo le parole - Lo ricordo bene...

- William. - ripeté Lara - È il tuo vero nome, allora.

Il ragazzo strinse le dita intorno alla caffettiera, la scagliò contro la parete, facendone piangere intonaco. Il suo tono si fece all'improvviso rabbioso.

Lara formulò in quel momento l'immagine che altre volte aveva tentato di definire, ma che puntualmente, in precedenza, le era sfuggita. Foglie secche. Quando la voce roca e stentata di Masaniello la toccava, era come se foglie secche le venissero strofinate sulla pelle. Trasalì.

- Chi è lui? - urlò il ragazzo - Mi ha chiamato William! Mi ha chiamato William!

Diede un pugno alla parete. L'unghia del suo pollice saltò via in uno spruzzo di sangue e pus. Lara rabbrividì, ma il ragazzo non sembrò neppure rendersene conto.

- Mi ha chiamato William! - ripeté, stravolto - Chi è? Chi?!

Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono

Lo trovai dove pensavo, nel luogo che era insieme suo rifugio ed eremo di meditazione.

La chiesa del Carmine era deserta. Sui lunghi banchi di legno verniciato e rivestito di smalto, soltanto qualche vecchina vestita di nero e col capo coperto da veli, inginocchiata a pregare, le lunghe catene dei rosari a pendere mollemente tra le dita ossute.

Il soffitto a cassettoni decorati, altissimo, ispirava reverenza e una devozione fatta più di timore che di affezione. L'altare, con le sue forme barocche, occupava con aria tracotante l'abside dal profilo convesso. Ieratiche statue di santi dominavano, nella loro marmorea fissità, le navate laterali.

In una nicchia sulla destra dell'altare, due dipinti del tardo settecento raffiguravano oscuri personaggi nobiliari, grandi benefattori del clero napoletano del passato.

Tra i dipinti vi era la lapide. Era semplice, spoglia, soltanto l'incisione del nome e della data a interrompere la nuda linearità della superficie. Così l'aveva scelta il popolo della città, che aveva voluto nuovamente al sicuro il corpo del suo sfortunato campione, dopo che re Ferdinando IV aveva fatto sottrarre le spoglie dal cimitero per distruggere il mito, non pago di aver ucciso l'uomo.

E davanti alla lastra di pietra, nella penombra della chiesa, lui era in piedi, assorto, il viso celato dalla maschera e le braccia conserte. Lo raggiunsi, portandomi al suo fianco lentamente, in punta di piedi, respirando con cautela per rispettare il suo desiderio di raccoglimento.

- Perché sei scomparso? - gli chiesi bisbigliando, quando lui diede segno di accorgersi della mia presenza.

Masaniello non rispose direttamente. Guardava la lapide, e le sue labbra si muovevano appena masticando qualche parola inintelligibile. Il filo dei suoi pensieri lo aveva portato chissà dove, e a me non restava che tentare affannosamente di seguirlo.

- Sai come fu vinto, alla fine? - mormorò in un timbro neutro, facendola suonare più come un'affermazione che come una domanda.

Le sue parole mi lasciarono interdetta. Parlava dell'uomo il cui corpo giaceva dietro la lastra di pietra, questo era ovvio. Ma il tono con cui le aveva pronunciate faceva pensare che stesse proseguendo una discussione aperta da tempo. Una discussione in cui io non ero mai entrata, cui non ero neppure stata invitata. Mi sentii un'intrusa, e non riuscii a far altro che scuotere la testa in silenzio.

- Eppure dovresti.

- Dimmelo tu. - sussurrai.

- Fu fatto impazzire con la roserpina. - disse serio lui, mordendosi le labbra.

- La roserpina? Cos'è?

- Un allucinogeno. Il più potente, all'epoca... Come il Sale Lucente lo è oggi.

- Non lo sapevo. - ammisi.

Lui si strinse nelle spalle - Che strano... Il destino si diverte a rimescolare le nostre storie... O forse siamo noi, stupidi, che non impariamo nulla dal nostro passato, che continuiamo a ripetere gli stessi errori, in eterno.

Non trovai nulla da replicare. Ma non avevo bisogno di farlo: capivo che, ancora una volta, mi aveva scelto come confidente per le sue riflessioni più intime, e non volevo far nulla che rischiasse di spezzare la fragilità del momento.

- Forse non sono degno di portare il suo nome. - considerò Masaniello, un filo di emozione a colorare la sua voce roca.

- Perché?

- Lui è stato un gigante... io nessuno. Come posso sperare di ripetere le sue gesta? Di trionfare come fece lui?

Battei le palpebre, perplessa.

- Trionfare? - protestai, tirando faticosamente le fila dei miei ricordi scolastici - Lui non trionfò affatto.

- Ti sbagli.

- Davvero? - ribattei, piccata dal suo tono di riprovazione - Non rammento bene, ma mi sembra che...

- Masaniello vinse. - tagliò corto lui.

- Ma... non è vero. - protestai - Lui incitava alla rivolta col grido "Viva il re", fu proprio Ferdinando a decretarne la rovina... Fu abbandonato dai suoi fedeli, denigrato, imprigionato, e alla fine venne giustiziato.

- Quanto sei sciocca... - esclamò Masaniello.

La sua voce echeggiò stentorea nella navata. Una vecchina alzò la testa e si voltò nella nostra direzione. Ma la penombra, o forse la miopia dell'età, le impedirono di scorgere alcunché d'insolito, e dopo qualche istante tornò a dedicarsi al suo rosario.

- Forse fu ucciso... - sussurrò - Ma non venne sconfitto.

- Non capisco.

- Pensaci... - insistette in tono sognante - Lui viveva in un'epoca in cui la Storia era scritta da Papi e da Re. Il popolo non aveva voce né dignità, non sapeva neppure di esistere come entità, non ne aveva nessuna cognizione. Era possesso personale dei potenti, una semplice estensione fisica del loro dominio: era bestiame, merce di scambio, massa cieca da cui esigere tributi e pretendere obbedienza, era carne da macello per guerre sanguinose senz'altro scopo che la conquista di un titolo o la successione a un trono.

- E allora?

Masaniello si avvicinò. Il suo viso e il mio si sfiorarono. Avrei voluto muovermi, scostarmi da lui, ma non potevo, sedotta dalla carica magnetica che vibrava nella sua voce.

- Lui arrivò e s'impose in quello scenario ostile con la forza di un uragano. - ringhiò, soffiandomi il fiato nelle orecchie - Abbatté le convenzioni, sconvolse il pensiero e una tradizione vecchia di secoli. Dimostrò al mondo incredulo che il figlio di un semplice pescatore poteva sollevare moltitudini e far tremare sui loro scranni le teste coronate e i cardinali vestiti di porpora. Inventò un concetto che prima di lui mai era esistito: il concetto che gli umili, i poveri, gli sfruttati, come li chiamava lui i lazzari, potevano lottare non soltanto per servire in armi il proprio signore feudale, ma in difesa dei loro diritti, contro i loro sfruttatori.

Le sue parole si fecero accese. Io trattenevo il respiro, soggiogata.

- Lui fu il primo. Il suo spirito, lo spirito del riscatto degli sfruttati, percosse la terra col marchio del fulmine, bruciando tutto ciò che toccava, facendo vacillare gli imperi, echeggiando nelle menti e nei secoli a venire. Uno spirito così potente, credimi, non ha nulla da temere da un'inezia come la morte fisica; uno spirito del genere è immortale. Per questo lui non è stato vinto. Forse è stato ucciso, ma non vinto. Chi combatte per idee così grandi non può mai essere veramente sconfitto.

- Lo credi davvero? - bisbigliai, confusa.

- Ne vuoi la prova? - sorrise, sicuro di sé.

Io annuii. La fluidità del discorrere, l'abilità oratoria, in un uomo d'azione come lui, mi affascinavano.

- Sai dirmi il nome dei persecutori di Masaniello? Il nome dei nobili e dei membri del clero che lo giudicarono? Il nome del governatore che firmò la sua condanna? Quello dei suoi carcerieri?

- No... - ammisi - Non credo.

- Eppure tu dici che sono stati loro a vincere... - pungolò lui, beffardo - E perché? Forse perché hanno vissuto un pugno d'anni più a lungo? Loro sono morti e sepolti, cibo per vermi, proprio come Masaniello. Ma, a differenza di lui, la Storia li ha cancellati. Della loro futile vita si è tramandato solo un frammento, il poco che costoro hanno avuto in comune con l'uomo che tu credi loro vittima, e che invece è stato il vero vincitore...

Sorrise di nuovo - Capisci, adesso, perché lui ha trionfato? Il suo nome si è tramandato nei decenni, nei secoli. Nessun uomo può aspirare a una vittoria più grande.

Se è scritto che due pesci del mare debbano incontrarsi,
non servirà al mare essere cento volte più grande.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano

- Chi è lui? - ripeté, accasciato nella poltrona di panno stinto, la testa tra le mani, il corpo scosso da tremiti convulsi - Devo scoprirlo. Devo...

Lara si avvicinò a disagio, allungò un braccio, gli sfiorò una spalla con le dita. Lui sussultò, e lei si ritrasse, intimorita.

- William... - tentò.

Lui non si mosse. Lara si augurò che la stesse ascoltando.

- William, vieni con me, ti prego.

Lui scattò, respingendo il contatto. - Voglio stare da solo.

- Anselmo e gli altri ti stanno cercando. Hanno bisogno di te.

Lui scosse la testa.

- Capisco ciò che senti... - tentò ancora la giovane - È un momento difficile, ma è meglio anche per te se restiamo tutti uniti.

Il ragazzo si passò una mano sulla nuca. Poi fissò le ciocche sfibrate e i brandelli rossastri di cute che gli erano rimasti tra le dita, e storse la bocca.

- Perché?

- Be', Anselmo e gli altri hanno fatto dei piani per...

Lui balzò in piedi con fare rabbioso. Diede un calcio al mobile dagli sportelli laccati, sventrandolo senza sforzo, mandando all'aria i suppellettili che conteneva. Tazzine di ceramica, piatti dai colori tristi, piccoli vassoi dal taglio dozzinale si schiantarono al suolo, riducendosi in frammenti minuti.

- Io me ne sbatto della vostra rivoluzione, vuoi capirlo o no?! - urlò.

Lara arretrò, spaventata. - Ma... ma tu...

- Me ne sbatto dei discorsi di quei vecchi imbecilli! - ringhiò, la voce spezzata - Me ne sbatto dei loro problemi e delle loro proteste! Me ne sbatto di Anselmo! E me ne sbatto anche di te!

- Guardami! - ingiunse, mostrando il sangue che gli macchiava le dita, l'unghia orribilmente mutilata, le ciocche cadenti - Sto marcendo! Sto andando a pezzi! Mi sento mordere dentro, divorare! E a nessuno importa!

La giovane s'impose di restare calma. Il ragazzo le sembrava sul punto di perdere il controllo, ma gli eventi e le rivelazioni degli ultimi giorni l'avevano temprata, e sentiva di essere divenuta in qualche modo una donna diversa, dura, risoluta.

- A me importa. - disse, con la voce che le tremava appena.

- Non è vero.

- Lo è. E vale anche per i tuoi amici. Tu lo sai bene: finora vi siete battuti dalla stessa parte. Questo deve pur significare qualcosa, no?

- Non mi sono battuto dalla parte di nessuno! - urlò ancora lui, con voce spezzata - Volevo solo vendicarmi... Sì, vendicarmi. Ma adesso... adesso voglio qualcos'altro.

Afferrò una sedia dalla spalliera di metallo, la torse tra le dita. Lara intuì i singhiozzi che l'altro tentava di reprimere.

- Quest'uomo che mi conosce... - balbettò - ...che mi chiama come faceva mia madre... Lui può dare risposte alle mie domande... Io devo trovarlo...

- Anch'io lo voglio. - disse d'impulso Lara.

Lui le scoccò un'occhiata sospettosa.

- Ha un conto in sospeso con me - spiegò la giovane.

Il ragazzo la fissò ancora, in silenzio. Tra le sue mani, le sbarre d'acciaio della sedia si deformavano come creta umida.

- Come vedi, abbiamo lo stesso obiettivo.

Masaniello non reagì. In quel momento, finalmente, le apparve come un ragazzo, soltanto un povero ragazzo smarrito.

- Vieni con me? - insistette lei, speranzosa.

Dopo un tempo che le parve infinito, lui mosse avanti la testa, annuendo quasi impercettibilmente. Poi allungò un braccio, si protese verso di lei.

Lara, sorpresa, stentò a capire cosa il ragazzo volesse. Quando realizzò, una sensazione di calore le percorse le membra. Turbata e commossa, si avvicinò, gli prese le mani, e lasciò che il ragazzo le affondasse la testa in grembo.

Poi sussurrò piano parole senza senso, e lo carezzò finché non lo sentì calmarsi. Finché non scoprì che era lei, adesso, ad avere gli occhi umidi.

 

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