CONCLUSIONI

 

Vorrei concludere questo mio lavoro con un’osservazione: la società occidentale, come si è più volte ripetuto, sta assumendo una dimensione sempre più multietnica e multiculturale. Ovviamente, tutto ciò comporta dei seri problemi di convivenza tra le varie realtà etniche e religiose. Una convivenza che, a parer mio, è retta da equilibri molto precari. In alcune città, come New York o Londra, che sono ormai un coacervo di molteplici comunità, gli equilibri sono più stabili a causa della pluriennale abitudine a convivere gomito a gomito con realtà variegate. In tali città, le varie minoranze etniche e religiose hanno ormai conquistato dei propri spazi di azione ed espressione che le rendono abbastanza stabili e solide. Ciò non deve farci dimenticare, comunque, che basterebbe poco per incrinare quegli equilibri di cui parlavo prima.

Al contrario, in altri paesi, dove soltanto da pochi anni si sta sviluppando il fenomeno dell’immigrazione, gli equilibri sono estremamente fragili. In tali paesi si respira un’evidente insofferenza nei confronti delle varie comunità di immigrati. Si tratta di una rigidità che, molte volte, non fa altro che evidenziare ed ampliare tutti quei problemi (criminalità, disoccupazione, prostituzione...) che probabilmente sono aumentati con l’esplosione del fenomeno dell’immigrazione ma che, comunque, esisterebbero anche senza la presenza delle comunità "ospiti".

Questo discorso mi sembra valido per l’Italia: un paese che si è incamminato verso una direzione multietnica ma che ancora deve imparare ad essere multiculturale.

E’ mia convinzione che il migliore rimedio per non mettere in crisi gli equilibri tra le varie comunità sia la tolleranza. A questo proposito mi sembra che l’Occidente abbia ancora qualcosa da imparare. La cultura occidentale, infatti, nel corso dei secoli ha partorito tanti fenomeni di intolleranza come l’inquisizione, il colonialismo, la tratta dei negri o la caccia alle streghe, solo per citare i più eclatanti.

Ovviamente, non si può dimenticare che la cultura occidentale ha anche prodotto tanti spiriti liberi, paladini della tolleranza. Basti pensare a Socrate, Cartesio, Voltaire, Locke e tanti altri. Questi grandi uomini non vanno certo dimenticati, però mi sembra che rappresentino soltanto l’eccezione alla regola. E comunque, anche chi teorizzava la tolleranza, come Locke o Voltaire, non la presentava con un carattere universale; bensì quella loro tolleranza aveva un valore molto relativo, perché si riferiva a quel particolare momento storico e politico.

In quest’ottica bisogna vedere l’intolleranza dell’Occidente nei confronti dell’Islam, che nasce dal vedere l’Islam non come tale ma come "altro". L’Occidente ha sempre considerato la sua funzione civilizzatrice come qualcosa che si trova al di sopra di tutto. Esso si è autoposto su un gradino (o forse più) superiore nella scala di dignità delle diverse culture. Nel fare ciò, l’Occidente sembra, comunque, avere dimenticato quanto l’Islam abbia dato all’Occidente stesso. Non enumeriamo tutte le tecnologie, le scoperte scientifiche, le culture che in Occidente sono giunte da ambito musulmano; basti soltanto ricordare che la nostra conoscenza dei classici greci, come Aristotele, ci deriva dalla traduzione fatta da Avicenna e da Averroè, solo per citare i più famosi. Non penso di commettere un errore dicendo che l’Oriente ha esercitato una profonda influenza sull’Occidente. Però, questa influenza viene continuamente occultata da parte della cultura occidentale. In fondo la storia dell’Occidente è la storia della "rimozione": l’Occidente ha sempre rimosso tutto ciò che non conveniva a quelle che sono la sua cultura e la sua storia.

Se oggi la società occidentale vuole diventare realmente multiculturale, allora deve imparare la tolleranza. Non deve soltanto teorizzarla, ma deve imparare ad applicarla in maniera concreta.

 

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