Scena II
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Re | Benvenuti fra noi, miei cari
giovani. A parte il desiderio di vedervi, fu il bisogno dei vostri buoni uffici la causa vera del vostro richiamo, ricercato da noi con tanta urgenza. Avrete forse udito già qualcosa circa la metamorfosi di Amleto: e la chiamo così perché, credetemi, tanto nel suo comportamento esterno come nei modi interiori dell'animo l'uomo non assomiglia più a se stesso. Che cosa, oltre alla morte di suo padre, abbia potuto estraniarlo da sé fino a tal punto, non so immaginare. Io vi supplico entrambi, che gli siete cresciuti sempre insieme e siete stati sempre sì vicini alla sua giovinezza e alla sua indole, di trattenervi qui alla nostra corte per un po'; che la vostra compagnia possa ridargli il gusto della vita, e che possiate voi stessi scoprire, per quel che vi sia dato d'indagare con l'occasione, se vi sia qualcosa a noi ignota ad affliggerlo tanto, che, una volta scoperta, sia in nostro potere di sanare. |
Regina | Egli ha molto parlato di voi due, miei cortesi signori, e sono certa che non vi sono due persone al mondo cui sia più affezionato il nostro Amleto. Se vi piaccia mostrarvi ben disposti a trascorrere qui, presso di noi, un po' del vostro tempo, a sostegno e possibile profitto delle nostre speranze, questa visita vi sarà ricambiata con un "grazie" pari alla gratitudine d'un re. |
Rosencrantz | Le vostre maestà, per la loro sovrana potestà sovra di noi, sarebbero padrone di formulare, più che in una supplica, in un comando i loro desideri. |
Guildenstern | E noi due non possiamo che
obbedire, e dedicarvi, in tutta riverenza, noi stessi e gli umili nostri servigi. |
Re | Grazie, miei cari Rosencrantz e Guildenstern. |
Regina | E lasciate che vi ringrazi
anch'io, gentili miei signori, e che vi preghi di recarvi subito da questo mio tanto mutato figlio. (A quelli del seguito) Qualcuno vada con questi signori, e li accompagni dal principe Amleto. |
Guildenstern | Che la nostra presenza e il
nostro zelo, voglia il cielo gli sian di giovamento, e lo confortino. |
Regina | Lo voglia il cielo! (Escono Rosencrantz e Guildenstern) Entra Polonio |
Polonio | Gli ambasciatori di vostra
maestà sono felicemente rientrati dalla Norvegia. |
Re | Tu sei sempre stato, Polonio, padre di buone notizie. |
Polonio | Godo, signore, a sentirvelo dire. Oh, può star certo, il mio grazioso re, che i miei servigi appartengono a lui come appartiene a Dio l'anima mia. Ed io penso - o altrimenti il mio cervello non segue più sicuro il proprio fiuto -, d'aver scoperto la vera ragione della pazzia d'Amleto. |
Re | Oh, parlane, mi tarda d'ascoltarlo. |
Polonio | Ricevete gli ambasciatori prima: la mia informazione sarà la frutta del grande banchetto. |
Re | Va' tu stesso a incontrarli ed
introducili. (Esce Polonio) Egli dice, Gertrude mia diletta, d'aver scoperto origine e motivo di tutto il turbamento di tuo figlio. |
Regina | Dubito non sia altro che quel ch'è dato a tutti immaginare, (047) la morte di suo padre, e le precipitose nostre nozze. |
Re | È quel che cercheremo di
appurare. Rientra Polonio con Voltimando e Cornelio Bentornati, miei buoni e bravi amici! Quali notizie dal fratello nostro di Norvegia? |
Voltimando | Il ricambio più cordiale di voti e buoni auspici a vostra altezza. Subito al nostro primo abboccamento, ha mandato a bloccar gli arruolamenti in corso ad opera di suo nipote, a lui sembrati, in prima, in verità, preparativi contro il re polacco; ma poi s'è accorto, guardandoci meglio, ch'eran diretti contro vostra altezza; ond'egli, assai turbato e dispiaciuto che si abusasse sì dolosamente e del suo male e della sua impotenza, fece trarre in arresto Fortebraccio; il quale, a farla breve, gli obbedisce, accetta la rampogna dello zio, e s'impegna, in solenne giuramento, a rinunciar per sempre ad ogni mira armata contro vostra maestà. Al che il vecchio Norvegia, non stando più nei panni dalla gioia, decide di assegnargli un'annua retta di tremila corone ed il comando delle forze da lui prima assoldate contro il Polonia; mentre chiede a voi, col messaggio di cui siamo latori, di concedergli il libero passaggio su vostri territori, per l'impresa, con le modalità e le guarentigie quali son qui indicate nel dettaglio. (Gli consegna il messaggio) |
Re | Bene, le leggeremo a miglior
agio, e daremo al Norvegia la risposta dopo aver riflettuto attentamente su questo affare. Intanto vi ringrazio per le vostre fatiche bene spese. Concedetevi adesso un buon riposo: questa sera banchetteremo insieme. E ben tornati in patria! (Escono Voltimando e Cornelio) |
Polonio | Ecco dunque un affare ben
concluso. Mio sovrano e signora, a disquisir sulla sovranità, sui suoi doveri, perché il giorno è giorno, la notte è notte, perché il tempo è tempo, non sarebbe che perdere la notte ed il giorno ed il tempo. Perciò se è vero che la brevità è l'anima del senno, e il parlar troppo un fronzolo esteriore, il mio discorso sarà molto breve. Il vostro nobile figliolo è pazzo: e dico "pazzo", perché definire in che consista ogni vera pazzia ch'altro sarebbe, se non esser pazzi? Ma via, lasciamo andare. |
Regina | Meno forma, Polonio, e più sostanza. |
Polonio | Signora, v'assicuro, a
giuramento, ch'io non uso artifici di retorica: ch'egli sia pazzo, è vero; ed è vero che ciò è gran peccato; e che un peccato sia, è anche vero. Un bel concetto! Ma lasciamo andare, ch'io non voglio far uso di retorica. Concediamoci allora che sia pazzo: ci rimane da ricercar la causa di questo effetto, o di questo difetto, a dir meglio, per via che da una causa proviene questo effetto difettoso. Tale esso resta, e tale resta il resto. Vogliate ponderare. Io ho una figlia - e dico "ho" perch'ella mi appartiene - la quale in suo dovere d'obbedienza, notate, poco fa m'ha dato questo: udite e deducete. (Legge) "Al celestiale e di mia anima idolo," "molto imbellita Ofelia..." Brutta frase, di basso conio... "Imbellita" è banale... Ma state ancora a sentire. Ecco qui: (Legge) "Nel suo squisito bianco seno... eccetera..." |
Regina | Ed è Amleto che scrive a lei così? |
Polonio | Un momento. Vi leggo
testualmente: (Legge) "Dubita che le stelle siano ardore, "che il sole ruoti intorno alla sua sfera, "dubita che la verità sia vera, "ma dubbio non avere del mio amore. "Mia cara Ofelia, io non so rimare, "mi manca l'arte di dir verseggiando "i miei sospiri; ma ch'io t'ami tanto, "eccelsa, tu non devi dubitare. "Addio, carissima, sempre più tuo, "fino all'ultimo dì che sarà suo "questo mortale suo congegno. Amleto" Questo me l'ha mostrato, in sua obbedienza, mia figlia, confessandomi altresì tutto sulle pressanti assiduità di lui, e loro tempi e modi e luoghi. |
Re | Ed ella che risponde a questo amore? |
Polonio | Che pensano di me le altezze vostre? |
Re | Che sei persona fida ed onorata. |
Polonio | E tale ho l'ambizione di
mostrarmi. Ma che potreste voi pensar di me se, còlto quasi a volo questo amore (giacché me n'ero accorto - debbo dirlo - già prima che mia figlia ne parlasse), che potreste pensare voi, mio sire, o la cara maestà della regina, se avessi confinato la mia parte a fare da scrittoio o da leggìo, o se, strizzando l'occhiolino al cuore, me ne fossi rimasto sordo e muto o avessi riguardato questo amore con occhio indifferente? E invece no. Mi sono subito dato daffare, ho parlato a mia figlia in questi termini: "In quanto principe, il nobile Amleto, è fuor dell'ambito della tua sfera, e questo non dev'essere!" E le ho prescritto di tenersi chiusa dai luoghi ch'ei frequenta, di non ricevere suoi messaggeri, né accettar da lui doni. Fatto ciò, ella del mio consiglio colse i frutti, e lui, vedendosi così respinto, in breve sprofondò nella tristezza, donde digiuno, insonnia, prostrazione, donde il delirio, e poi, per questa china, la follia per la quale ora vaneggia, per la luttuosa angustia di noi tutti. |
Re | (Alla regina) Pensi tu che sia questa la ragione? |
Regina | Può essere; è molto verosimile. |
Polonio | C'è mai stata una volta - vorrei proprio sentirlo dir da voi - ch'io abbia detto in modo positivo: "Così è!", e così non è stato? |
Re | No, ch'io sappia. |
Polonio | (Facendo il gesto di staccarsi
la testa dal tronco) Staccate pure via questa da questo, se così non fosse. Io, se mi guidino le circostanze, su questo scoprirò la verità fosse nascosta al centro della terra. |
Re | Come potremo poi verificarla? |
Polonio | Voi sapete che a volte egli passeggia qui, in questa sala, per ore ed ore. |
Regina | Così fa, difatti. |
Polonio | Ebbene, in quel momento, io gli sguinzaglio libera mia figlia: voi ed io staremo ad osservare dietro un arazzo, attenti a quel che dicono: s'egli non l'ama, e se non è per questo ch'egli è caduto fuor di sua ragione, ch'io non sia consigliere d'uno Stato, ma vil bifolco o capo carrettiere. |
Re | Bene, faremo allora questa prova. Entra Amleto, intento a leggere un libro. |
Regina | Ma guardatelo, con che triste
cera se ne viene leggendo, il poverino! |
Polonio | Via, vi scongiuro entrambi,
allontanatevi! Voglio abbordarlo prima io. Scusate. (Escono il re e la regina) Come sta il mio buon principe Amleto? |
Amleto | Bene, deograzia. |
Polonio | Mi riconoscete? |
Amleto | Perfettamente. Siete un pescivendolo. (048) |
Polonio | No, signore. |
Amleto | Peccato. Avrei voluto foste così onesto. |
Polonio | Onesto, monsignore? |
Amleto | Sì, signore; perché come va il mondo al giorno d'oggi, essere onesto, è come dir d'un uomo ch'è stato estratto in mezzo a diecimila. |
Polonio | Verità sacrosanta, monsignore. |
Amleto | Perché se il sole fa nascere i
vermi nella carogna d'una cane, baciandola... Voi avete una figlia? |
Polonio | Sì, signore. |
Amleto | Non la lasciate passeggiare al
sole... La concezione è una benedizione. Ma siccome codesta vostra figlia potrebbe concepire... attento, amico. |
Polonio | (A parte) Che vuoi dire con questo?... E dài che batte sempre su mia figlia! Eppure ha detto di non riconoscermi... m'aveva preso per un pescivendolo... È svampito, svampito veramente! Del resto, in gioventù, posso ben dirlo, ho anch'io sofferto il tormento d'amore da ridurmi all'incirca in quello stato... Ma parliamogli ancora... (049) (Forte) Monsignore, posso sapere che state leggendo? |
Amleto | Parole, parole, parole. (050) |
Polonio | Di che è questione, signore? |
Amleto | Questione? Fra chi? |
Polonio | Volevo dire l'argomento, l'argomento del libro che leggete. |
Amleto | Calunnie, signor mio. Perché questa canaglia di satirico scrive che i vecchi hanno la barba grigia, la faccia scanalata dalle rughe e gli occhi secernenti un certo umore denso come la gomma di susino; che abbondano di carestia di senno, insieme a debolissimi garretti... tutte cose di cui, signore mio, per quanto possa io esser convinto nella maniera più forte e potente, non penso tuttavia che sia decenza spiattellarle così; perché anche voi, signore, avreste la mia stessa età, se, simile ad un gambero, poteste camminare a retromarcia. |
Polonio | (A parte) Questa è follia, se pure c'è del nesso. (Forte) Non vorreste, signore, passeggiare al riparo dall'aria? |
Amleto | Dove, nella mia tomba? |
Polonio | (Ridendo) Oh, questo sì, sarebbe un vero cambiamento d'aria (A parte) Come sono pregnanti qualche volta le sue risposte! Battute felici in cui sovente imbrocca la pazzia, e che né mente sana né ragione saprebbero altrettanto bene esprimere... Ora lo lascio, e vado a predisporre come farlo incontrare con mia figlia. (Forte) Mio signore, da voi prendo congedo. |
Amleto | Voi non sapreste prendermi,
signore, altra cosa da cui più volentieri mi vorrei separare; tranne, è chiaro, la mia vita, sì, tranne la mia vita. |
Polonio | Allora con licenza, mio
signore... (Mentre sta per uscire, sulla porta incontra Rosencrantz e Guildenstern) |
Amleto | (A parte) Questi noiosi vecchi incitrulliti!... |
Polonio | (Ai due) Cercate il principe Amleto; egli è qui. |
Rosencrantz | (A Polonio) Salute a voi, signore. (Esce Polonio) |
Guildenstern | (Ad Amleto) Mio onorato signore! |
Rosencrantz | Caro principe! |
Amleto | Salve, miei buoni ed eccellenti
amici! Come va, Guildenstern? Eh, Rosencrantz? Come state, ragazzi, come state? |
Rosencrantz | Da comuni rampolli della terra. |
Guildenstern | Felici di non essere felici oltre misura; non siamo il pennacchio della berretta della dea Fortuna. |
Amleto | Né la suola di sotto ai suoi calzari? |
Rosencrantz | Nemmeno, monsignore. |
Amleto | Allora voi vivete alla sua
cintola, o in mezzo ai suoi favori. (051) |
Guildenstern | Un poco addentro, sì, in fede mia. |
Amleto | Ah, proprio addentro alle segrete
parti, della Fortuna? (052)... Eh, già, è una baldracca. Che nuove in giro? |
Rosencrantz | Nessuna, signore, se non che il mondo è diventato onesto. |
Amleto | Allora il giorno del Giudizio è
prossimo. Ma la notizia è falsa. Piuttosto, ditemi, miei buoni amici, che male avete fatto alla Fortuna, che vi manda in prigione qui? |
Guildenstern | In prigione! |
Amleto | La Danimarca è tutta una prigione. |
Rosencrantz | Tutto il mondo n'è una, allora. |
Amleto | Infatti, come si deve; in cui son molte celle, molti posti di guardia, molti masti. La Danimarca è fra le sue peggiori. |
Rosencrantz | A noi non pare affatto, monsignore. |
Amleto | Si vede allora che non lo è per
voi: niente è buono o cattivo se non è tale nel nostro pensiero. Per me è una prigione. |
Rosencrantz | È l'ambizione che ve la fa tale. La Danimarca è troppo angusto spazio per una mente come quella vostra. |
Amleto | Oh, Dio! Io potrei viver
confinato in un guscio di noce, e tuttavia ritenermi signore d'uno spazio sconfinato, non fossero i miei sogni. |
Guildenstern | E questi sono appunto
l'ambizione, perché nient'altro che l'ombra d'un sogno è la sostanza dell'uomo ambizioso. |
Amleto | Il sogno già in se stesso è solo un'ombra. |
Rosencrantz | Infatti, ed io ritengo
l'ambizione qualità sì volatile e leggera, da esser solo l'ombra di un'altr'ombra. |
Amleto | Allora i corpi sono i mendicanti, e i re e i nostri celebrati eroi l'ombre dei mendicanti. (053) Ma non vogliamo rientrare a corte? Perché, in coscienza, non ragiono più. |
I due | Siamo agli ordini vostri, monsignore. |
Amleto | Ordini... No, non ditelo. Non vi voglio confondere davvero col resto dei miei servi; perché, a parlarvi franco, son servito terribilmente bene. Però ditemi, in via di sacratissima amicizia, che ci fate a Elsinore? |
Rosencrantz | Siamo venuti a visitare voi, monsignore; nessun altro motivo. |
Amleto | Mendicante qual sono, (054) sono povero di ringraziamenti; e i miei ringraziamenti, cari amici, sono sinceramente troppo cari anche a pagarli un soldo. Ma siete qui di vostra iniziativa? Non chiamati? Una visita spontanea? Siate sinceri, via, scopriamo il gioco. Su, su, avanti, parlate. |
Guildenstern | Che vi dobbiamo dire, monsignore? |
Amleto | Qualunque cosa. Ma veniamo al
punto: siete stati chiamati; nei vostri occhi c'è una sorta di muta confessione che la vostra comune riluttanza non è capace di tener nascosta. V'han mandato a chiamare - lo so - il buon re e la buona regina. |
Rosencrantz | A che scopo, signore? |
Amleto | Sta a voi di dirlo a me. Ma vi
scongiuro per la nostra amicizia, e per i vincoli con cui ci lega il nostro antico affetto, e nel nome di quanto di più caro potrebbe chiedervi un postulante più efficace di me, siate leali e sinceri con me: foste chiamati, a venir qui, o no? |
Rosencrantz | (A parte a Guildenstern) Che gli dobbiamo dire? |
Amleto | (A parte) Ho capito, dovrò tenervi d'occhio. (Forte) Se mi volete bene, non mentite. |
Guildenstern | Sì, mio signore, ci han fatto chiamare. |
Amleto | E vi dirò perché; così io
stesso anticipo la vostra confessione, e così la promessa di segreto fatta da voi al re e alla regina non perderà una penna. È un po' di tempo che, non so perché, ho perso tutto il mio brioso umore, tralasciato ogni usata occupazione; e ciò grava a tal punto sul mio spirito che questa bella struttura, la terra, mi sembra un promontorio senza vita, questo stupendo baldacchino, il cielo, questa splendida volta, il firmamento, questo tetto maestoso, ingemmato di fuochi d'oro... ebbene, per me non è nient'altro che un odiato pestilenziale ammasso di vapori. Che sublime capolavoro è l'uomo! Quanto nobile nella sua ragione! Quanto infinito nelle sue risorse! Quanto espressivo nelle sue movenze, mirabile: un angelo negli atti, un dio nell'intelletto! La bellezza dell'universo mondo! La perfezione del regno animale! Eppure che cos'è agli occhi miei questo conglomerato di terriccio? L'uomo per me non ha alcuna attrattiva... e nemmeno la donna, anche se voi con quel vostro sarcastico sorriso sembrate dire che non è così. |
Rosencrantz | Oh, signore, ero lungi da pensarlo. |
Amleto | Perché allora hai sorriso, quando ho detto che l'uomo non m'attrae? |
Rosencrantz | Pensavo, mio signore, che se niente dell'uomo vi diletta, quale mai accoglienza da Quaresima (055) troverà qui la compagnia di attori che abbiamo sorpassato per la strada, e che vengono a offrirvi i lor servizi. |
Amleto | Ah, quanto a questo (056)...
Sia pur bene accolto colui che recita del re la parte: la sua maestà potrà levar tributi da me; il cavaliere avventuroso usi pure a suo agio e spada e scudo; l'amoroso non sospirerà gratis; al comico sarà sempre permesso di terminare in pace la sua parte; il buffone potrà far sbellicare coloro i cui polmoni sono facili alle risate e agli scatarramenti; la prima donna dirà il suo pensiero apertamente, senza che per questo il verso sciolto debba zoppicare. Che attori sono? |
Rosencrantz | Della compagnia che voi ben amavate di ascoltare: quella dei tragici della città. |
Amleto | E com'è che si sono messi in
viaggio? Starsene a recitare in sede stabile era per loro assai più vantaggioso, sia per il nome che per la cassetta. |
Rosencrantz | Glielo vietano, penso, le riforme emanate di recente. (057) |
Amleto | Godono sempre dello stesso
credito di quand'ero in città? Li segue il pubblico? |
Rosencrantz | No davvero. |
Amleto | Com'è? Son peggiorati? |
Rosencrantz | Tutt'altro. Cercan di tenersi al
passo; ma c'è, signore, tutta una nidiata di giovinetti, falconcelli implumi, che sanno solo recitare urlando e riscuotono applausi strepitosi. Sono loro che adesso van di moda; e coprono di tanti e tali insulti e di sberleffi i teatri comuni (così essi li chiamano), che molti che veston spada e tocco hanno paura delle lor penne d'oca, (058) e se ne tengono bene alla larga. |
Amleto | Che! Davvero fanciulli? Chi li mantiene? Come son pagati? Potranno seguitare a recitare quando, cogli anni, avran cambiato voce? E più tardi nel tempo, se diverranno attori come gli altri - com'è molto probabile che sia, se proprio non sapranno far di meglio -, non se la prenderanno malamente con gli autori dei testi ch'essi recitano, con l'accusa di averli rovinati mettendo loro in bocca tante ingiurie contro quello che poi son diventati? |
Rosencrantz | In verità c'è stato un gran
daffare dall'una parte e dall'altra; e la gente ritiene di far bene ad aizzarli ed indurli a beccarsi l'un con l'altro. C'è stato un tempo in cui trovar denaro per un copione da mettere in scena, era difficile, se nella trama non ci fosse pretesto per riaccendere la guerra tra autori e commedianti. (059) |
Amleto | Possibile? |
Rosencrantz | Oh! s'era messo in moto una grande carosello di cervelli. |
Amleto | E i fanciulli la vincono? |
Rosencrantz | Altroché! Quelli, signore, si trascinan dietro Ercole col suo globo sulle spalle. (060) |
Amleto | Niente di così strano, perché mio zio è re di Danimarca, e tutti quelli che, vivo mio padre, gli avrebbero ben fatto gli sberleffi, ora dan venti, quaranta, cinquanta cento ducati per avere, in piccolo, un suo ritratto. E c'è qualcosa in questo, sangue di Dio, che passa la natura, se la filosofia può mai scoprirlo. (Tromba di postiglione all'interno) |
Guildenstern | Questi sono gli attori. |
Amleto | Miei signori, voi siete i benvenuti ad Elsinore; qua la mano, venite. I bei modi e un'amabile accoglienza son doveri dell'ospitalità; permettete ch'io usi anche con voi questo garbo, altrimenti l'accoglienza che sto per riservare a questi attori, e che, vi anticipo, dovrà mostrarsi in bellezza, non abbia ad apparire più sentita che quella fatta a voi. Voi siete benvenuti. Ma mio zio-padre e mia zia-madre sbagliano. |
Guildenstern | In che, signore? |
Amleto | Nel credermi pazzo. Io son pazzo col vento di maestro; quando spira da sud, distinguo bene un airone da un falco. Entra Polonio |
Polonio | Sia pace e bene a questi gentiluomini! |
Amleto | Sentite Guildenstern e
Rosencrantz, ve lo dico a ciascuno in un orecchio: (061) quel gran bamboccio che vedete là non è ancora sgusciato dalle fasce. |
Rosencrantz | O forse c'è rientrato: quando è
vecchio, l'uomo, si dice, è due volte bamboccio. |
Amleto | Mi butto a indovinare: viene qui ad annunciar l'arrivo degli attori... state attenti. (Fingendo di non aver visto Polonio e di parlare a qualcuno) Ah, sì, ora ricordo, è stato allora, un lunedì mattina... |
Polonio | (Ad Amleto) Ho notizie da darvi, monsignore. |
Amleto | (Rifacendogli il verso) "Ho notizie da darvi, monsignore..." Eh, quando a Roma recitava Roscio... (062) |
Polonio | Gli attori sono giunti, monsignore. |
Amleto | Ma no! |
Polonio | Sul mio onore. |
Amleto | Allora sono giunti in groppa a un asino. (063) |
Polonio | I migliori del mondo per
tragedia, commedia, storia, dramma pastorale, comico-pastorale, tragistorico, scena unica a verso e filastrocca. Seneca non sa esser troppo grave, né Plauto troppo leggero, per loro. Per testi scritti od improvvisazioni, sono davvero unici, signore. |
Amleto | O Gefte, qual tesoro avevi tu, giudice d'Israele! (064) |
Polonio | Quale tesoro aveva, monsignore? |
Amleto | "Sola una figlia aveva "ch'egli oltremodo amava." |
Polonio | (Tra sé) E dàlli che ribatte su mia figlia! |
Amleto | Non ho forse ragione, vecchio Gefte? |
Polonio | Se mi chiamate Gefte, monsignore, ho pur io una figlia, che amo tanto. |
Amleto | No, no, non seguita però così. |
Polonio | Come seguita allora, monsignore? (065) |
Amleto | Così: "... come per sorte, Iddio lo sa". Eppoi, attento: "E allora ne seguì "quel che doveva, ahimè, finir così". La prima strofa della pia ballata vi dirà il seguito, perché, vedete, ecco che arriva chi mi fa interrompere. Entrano gli attori Benvenuti, maestri, benvenuti! (A uno di loro) Son lieto di vedervi in bella forma. A tutti, benvenuti, cari amici! (A un altro, alludendo alla barba) Oh, vecchio mio, constato che il tuo volto s'è ombreggiato, da che non t'ho più visto! Vieni a far crescere anche a me la barba in Danimarca? Oh, la prima donna, la nostra giovane e bella amorosa? (066) Per la Vergine, vostra signoria s'è avvicinata al cielo d'un cioppino (067) da quell'ultima volta che l'ho vista. Voglio pregare Iddio che la tua voce non si sia squadrata al tondo come una moneta fessa. Maestri, siate tutti benvenuti! Faremo come i falconieri in Francia, che avventano l'uccello su tutto quel che viene loro a tiro. (068) Una scenetta, subito! Dateci un saggio del vostro mestiere: una tirata piena di passione. |
Primo attore | Che tirata volete, mio signore? |
Amleto | T'ho udito declamarne una, una
volta, che non fu più portata sulla scena, o, se lo fu, non fu più d'una volta, perché il dramma non piacque, mi ricordo, ai più: era il caviale per il volgo. Eppure si trattava, a parer mio e d'altri più competenti di me, d'un lavoro eccellente, ben costrutto, drammatizzato senza troppi fronzoli, ma con un buon mestiere. Ci fu chi disse che non c'era nulla nel verso delle abituali spezie mescolate a condire la vicenda, e nulla c'era nel suo periodare che potesse accusar d'affettazione il suo autore; ne lodò, al contrario, la linearità della vicenda, agile, senza sofisticazioni. Un passo soprattutto mi colpì: il racconto d'Enea fatto a Didone, e specialmente là dove descrive l'uccisione di Priamo. Se l'avete a memoria, cominciate da questo verso... vediamo, vediamo... (Si sforza di ricordare) "Come l'ircana belva, (069) il diro Pirro... (070) No, non così; cominciava con Pirro: "Il diro Pirro, il cui brunito acciaio, "nero come il suo cuore, somigliante "lo faceva alla notte, allor che steso "giaceva dentro il funesto cavallo, "ora ha imbrattato questo suo colore "pauroso e tetro con più cupa araldica: "tutto vermiglio egli è da capo a piedi, "atrocemente tinto con il sangue "di padri e madri, di figli e di figlie, "cotto e impastato su di lui dalle arse "vie che una luce tirannica e trista "prestano all'assassino di colui "ch'era il loro signore. Abbrustolito "dal fuoco e dal furore, ed incrostato "di sangue raggrumato, gli occhi accesi "come carbonchi, l'infernale Pirro "il vecchio Priamo cerca..." Continuate voi. |
Polonio | Affé di Dio, mio signore, egregiamente detto, con buon accento ed ottima scansione! |
Primo attore | (Recitando) "... Subito lo rintraccia, "che invano tenta di colpire i Greci; "l'antico brando, al suo braccio ribelle, "resta ove batte, restio al comando. "Pirro su Priamo in impari certame "s'avventa, nel furore stocca a vuoto, "ma al solo sibilo dell'empio ferro "cade l'esausto vecchio. In quel momento "sembra avvertir l'inanimata Ilio "il colpo e dalle sue ardenti altezze "rovina in fiamme, e l'orribile crollo "del diro Pirro fa prigion l'orecchio, "e la sua spada, già levata in alto "per abbattersi sulla bianca testa "del venerando Priamo, resta in aria "sospesa, e Pirro immobile nel gesto, "simile ad un tiranno ritrattato, "e indifferente alla sua volontà "come alla realtà, non fa più nulla... "Ma come spesso all'appressar d'un turbine "è silenzio nei cieli, nere e immobili "sono le nubi, senza voce i venti "e muto, come morto, è l'orbe sotto, "e di repente un tuono "cupo latrando squassa l'atmosfera, "così, dopo quell'attimo di pausa "nuova vendetta sprona Pirro all'opra: "e mai caddero i magli dei Ciclopi "sulla ferrigna armatura di Marte "per temprarla a durare eternamente, (071) "con tal violenza, come sopra Priamo "cade di Pirro il sanguinoso ferro. "Fuori, fuori, Fortuna meretrice! "E voi, dèi tutti, in sìnodo riuniti, "destituitela del suo potere, "scardinate della sua ruota i raggi "e il cerchio, e fate rotolare il mozzo "per la più ripida china del cielo, "giù fino ai diavoli." |
Polonio | Uhm, è un po' lungo. |
Amleto | Vedremo di mandarlo dal barbiere, insieme con la vostra barba... (All'attore) Avanti, prosegui, prego. A lui piace una farsa o un pezzo da bordello, o s'addormenta. Prosegui, vieni a Ecùba. (072) |
Primo attore | (Recitando) "Ma, oh!, chi avesse visto la regina "correre imbacuccata, a piedi nudi..." |
Amleto | (Interrompendolo) Dice proprio così: "imbacuccata"? |
Polonio | Eccellente! Va bene "imbacuccata"! |
Primo attore | "... affrontare con
accecanti lacrime "le fiamme, cinta il capo d'uno straccio, "quel capo che conobbe il diadema, "e per veste, a coprir gli scarni fianchi "disfatti dalle molte gravidanze, "un lino preso a caso nel terrore: "chi avesse visto questo, condannato "per tradimento avrebbe la Fortuna, "con lingua stemperata nel veleno. "Gli stessi dèi, se l'avessero vista "quando ella scorse Pirro abbandonarsi "al satanico spasso di tranciarle "con la spada lo sposo membro a membro, "se pur fossero essi indifferenti "del tutto alle vicende dei mortali, "l'urlo in cui ella subito proruppe "avrebbe inumidito gl'infiammati "occhi del cielo, e tutti intenerito! |
Polonio | Guardate se non s'è tutto
sbiancato, e ha gli occhi in lacrime... Basta, vi prego. |
Amleto | (Al primo attore) Bene. Fra poco ti richiederò di recitarmi il seguito. (A Polonio) Signore, vogliate provvedere a che gli attori siano trattati bene. Avete inteso? Che s'abbia qui per loro ogni riguardo, perch'essi sono il succo concentrato, e le succinte cronache del tempo; sarebbe per voi meglio, dopo morto, aver un maldicevole epitaffio, che da vivo le loro male lingue. |
Polonio | Mio signore, farò che sian
trattati secondo il loro merito. |
Amleto | Di più, per il corpo di Cristo, assai di più! A trattar gli uomini secondo il merito, chi mai si salverà dalle frustate? Trattateli conforme al vostro onore e dignità: meno ne saran degni, tanto più merito al vostro buon cuore. Fateli entrare. |
Polonio | Venite, signori. |
Amleto | Cari amici, vogliate andar con
lui. Domani vi faremo recitare. (Esce Polonio con gli attori, tranne il primo attore) Ascolta, vecchio amico: non avresti per caso in repertorio quel dramma "L'assassinio del Gonzaga "? |
Primo attore | Sì, l'abbiamo, signore. |
Amleto | Ottimamente. Tienilo pronto per domani sera. Potresti, al caso, mandare a memoria una breve battuta, non più di dodici, sedici righe, scritte da me, da inserire nel testo? È possibile? |
Primo attore | Certo, monsignore. |
Amleto | Benissimo. Ora segui quel
signore, e tieniti dal ridere di lui. (Esce il primo attore) Miei buoni amici, fino a questa sera vi lascio. Benvenuti ad Elsinore! |
Rosencrantz | Mio buon signore... |
Amleto | (Come avendo fretta di
licenziarli) Andate, andate, addio. (Escono Rosencrantz e Guildenstern) Ora son solo... Oh, quale canaglia e vil servo son io! Non è mostruoso che un attore, soltanto per finzione, nient'altro che in un sogno di passione, possa piegare l'anima a un concetto, così che, per effetto di quel sogno, il volto gli si copra di pallore; occhi in lacrime, aspetto stralunato, voce rotta, e l'intero suo gestire in perfetta aderenza a quel concetto? E tutto ciò per nulla!... Per Ecuba! Che cos'è Ecuba a lui, e lui a Ecuba, perch'egli possa piangere così? E che farebbe allora, questo attore, se avesse quel che ho io come motivo di straziarsi l'anima? Inonderebbe la scena di lacrime, intronerebbe le orecchie del pubblico di roboanti orribili parole, da sconvolgere fino alla pazzia la mente di chi si sentisse in colpa; da far impallidire gli innocenti; da confonder gli ignari e sbigottire vista e udito del pubblico? Ed io, balordo impastato di fango, inerte come un Zanni-tuttisogni, 073) mi consumo così nella sterilità della mia causa, senza dir nulla a difesa di un re cui dalla mano di un bieco assassino furono tolti la vita e gli averi! Son dunque un tal codardo? E non c'è un cane che mi prenda a schiaffi, mi chiami vile, mi fracassi il capo, che mi strappi la barba, e me la sbatta ontosamente in faccia, (074) e mi tiri pel naso, e mi ricacci in gola la menzogna giù giù fino ai polmoni... no? Nessuno? Ah, ch'io mi prenderei tutto da tutti, sangue di Cristo! Perché così è: che ho il fegato d'una colomba, senza il fiele che rende amaro il torto: se no, di quanto avrei dovuto già ingozzar gli avvoltoi della regione con la carogna di questo ribaldo, sanguinario ed immondo delinquente, crudele, traditore, lussurioso, ignobile, villano!... O mia vendetta! che asino son io!... Che bel coraggio!... Figlio d'un caro padre assassinato, che cielo e inferno chiamano a vendetta sono qui a gravarmi il cuore con le chiacchiere, e bestemmiare come una sgualdrina o un lavapiatti!... Infamia! Puàh! Vergogna! Svegliati mio cervello! Ho inteso che talora criminali, stando a teatro, tanto impressionati siano rimasti dalla realtà a bella posta messa sulla scena, da spiattellar là stesso i loro crimini. Perché il delitto, se pur non ha lingua, ha una sua voce, che sa di miracolo. Devo far recitar da questi attori qualcosa che, in presenza di mio zio, richiami l'assassinio di mio padre. Starò poi a spiar la sua reazione. Lo voglio scandagliare fino in fondo. Se appena accenna a un minimo sussulto, so quel che fare. Il fantasma che ho visto potrebb'essere un diavolo; e il diavolo ha il potere di comparire agli uomini in forme seducenti e ingannatorie; e chissà che non voglia profittare della mia debolezza e del mio stato di malinconia - due umori su cui ha gran potere - per ingannarmi e indurmi a dannazione. Voglio avere più positive prove. E il dramma recitato sarà il mezzo per catturar la coscienza del re. (Esce) |
045 | "... and by drift of question": "by drift" sta qui nel senso di "by conscious direction of speech to the purpose" (v. "The Oxford Dictionary" alla voce). |
046 | "According to... the addition of man": per "addition" nel senso di "titolo o appellativo aggiunto al nome di una persona", come "Il Moro" ad Otello, v. "Otello", IV, 1, 105: "The verser that you give me addition..." |
047 | "I doubt it is no other but the main...": "the main" è, nel linguaggio dei gioco ai dadi, il numero più alto, che il giocatore invoca che esca, prima di buttarli, ma che si sa che sta nei dadi. |
048 | "You are a fishmonger": questo "fishmonger" ha fatto sbizzarrire per secoli i commentatori alla ricerca del perché Amleto dia a Polonio questo epiteto. L'unico significato del termine è "pescivendolo", e non altro ("One who deals with fish", indicano i lessici); e non si capisce perché qui sia addotto da Amleto come esempio di uomo onesto. Unica spiegazione può essere che la parola fosse usata, nel gergo volgare, nel senso, furbescamente lascivo, di "fornicatore", e anche di "ruffiano"; dove allora la battuta messa in bocca ad Amleto lascerebbe intendere che Shakespeare voglia fin da ora lasciare intendere che Amleto abbia intuito il disegno di Polonio di "sguinzagliargli" la figlia ("I'll loose my daughter to him" - ha detto prima) per scoprirlo. |
049 | È da intendere che durante tutto questo soliloquio di Polonio, Amleto abbia ripreso a leggere il libro. |
050 | Il lettore noterà qui un verso di nove sillabe. Ogni aggiustamento alla metrica usata (endecasillabi e settenari) avrebbe sciupato la forza poetica di quei tre secchi "words, words, words". |
051 | "... or in the middle of her favours?": Amleto, in allusioni lascive, non scherza; la Fortuna è femmina, e trovarsi nelle sue parti al disotto della cintola, si capisce dove. |
052 | Queste due battute sono variamente interpretate, per la polivalenza di significati del termine "privates". "Faith, her privates we", dice Guildenstern; che può intendersi "In verità noi siamo sue reclute" (della Fortuna, per contrapposto all'essere in cima alla sua berretta), ma "privates", sono le parti intime, "pudenda" del corpo; e così l'intende Amleto, nella sua risposta. In italiano le due battute non hanno senso. Si è perciò adottato, per rendere almeno in parte il quibble, questo "Un po' addentro, in fede mia", tolto di peso dalla traduzione del Montale. |
053 | Il senso di questo sillogismo
di Amleto, piuttosto bislacco, è questo: "Voi dite che
l'ambizioso è l'ombra di un'ombra; allora il mendicante
che, per il fatto stesso di esser tale, non ha ambizioni, ha
sostanza corporea, laddove sovrani ed eroi celebratissimi,
che per esser tali devono essere ambiziosi, sono le ombre
dei mendicanti." Ma Amleto sragiona, come riconosce egli stesso più sotto. |
054 | "Beggar that I am...": Amleto fa ironicamente il verso ai due che han detto prima ambizioso uguale ombra; egli non si sente ombra, ma corpo, perciò - secondo il suo sillogismo - mendicante. |
055 | "... what lenten entertainement": la quaresima è proverbialmente periodo di astinenza rigorosa e di penitenza. |
056 | Non è nel testo. |
057 | Qui Shakespeare pone nella
Danimarca di Amleto un fatto tipicamente inglese del suo
tempo: quella, cioè, che nel periodo elisabettiano, si
chiamò "la guerra dei teatri"; vale a dire, come
si vedrà più sotto, la nascita a Londra di compagnie
teatrali composte di giovinetti, le quali erano giunte a
riscuotere tra il pubblico maggior favore e successo delle
compagnie di attori professionali, recitando un teatro di
sapore satirico con testi scritti anche da buoni
drammaturghi - come lo stesso Ben Jonson, amico di
Shakespeare - e costringendo così le compagnie
professionali, per fare cassetta, ad andare itinerando in
provincia o presso le magioni e i castelli della nobiltà
fuori di Londra. Ma sono danesi gli attori, o vengono dall'Inghilterra? La domanda è lecita perché Amleto dice ad un certo punto all'attore con la barba: "Non verrete a far crescere anche a me la barba in Danimarca!" Ma se è così, quando e come li ha conosciuti Amleto, se non è stato mai ancora a Londra?... Distrazioni del copione... |
058 | "... are afraid of goose quills": cioè dei loro copioni, che erano scritti a mano con le penne d'oca. La "guerra dei teatri", vissuta da Shakespeare in prima persona come attore-drammaturgo di una compagnia stabile, ebbe luogo in Inghilterra fra il 1596 e il 1604, gli anni in cui la compagnia di cui il poeta era socio e azionista, recitava al "Globe", mentre i fanciulli si esibivano al teatro dei "Frati Neri" ("Blackfriars"). Questi attori giovanissimi erano reclutati in gran parte fra i cantori della cappella reale ("Children of the Chapel"). |
059 | Intendi: c'è stato un momento in cui gli impresari teatrali non sono stati più disposti a finanziare la messa in scena di un lavoro, se la trama non fosse stata in qualche modo connessa con la polemica in atto sulla "guerra dei teatri"; giacché gli autori, scrivendo per le compagnie dei fanciulli, dovevano attaccare le compagnie degli attori professionali, e viceversa. E il pubblico andava matto per queste polemiche. |
060 | "Hercules and his load too": Rosencrantz, nel rispondere ad Amleto che ha domandato: "Do the boys carry it away?", dove appunto l'espressione "to carry away" sta nel senso di "averla vinta" (il francese "l'emporter"), prende la stessa espressione nell'altro senso di "portare", "trascinar via di peso", e lo dice di Ercole, che porta sulle spalle il globo del mondo. È sottinteso un riferimento al "Globe", che era il teatro di cui Shakespeare era attore e socio, e che aveva come simbolo un globo. |
061 | "...each ear a hear", letteralm.: "... ad ogni orecchio un ascoltatore". |
062 | È impossibile - a giudizio di questo traduttore - che un solo spettatore del "Globe" potesse cogliere a volo, e che lo possa tutt'oggi lo spettatore moderno, dalla voce dell'attore che impersona Amleto, l'ironico significato di questa fulminea allusione di Roscio. La referenza è a Quinto Roscio, il celebre attore romano, amico e maestro di Cicerone, che scrisse una celebre orazione in sua difesa. Amleto sa dallo stesso Polonio - ma lo spettatore non lo saprà che alla seconda scena del III atto - che questi in gioventù, quand'era all'università, ha recitato un "Giulio Cesare", in cui ha fatto la parte del protagonista, Cesare, che è ucciso da Bruto. Amleto, nel dire qui, rifacendo il verso a Polonio, "When Roscious was an actor in Rome...", è come se intendesse dirgli: "Come sai recitare bene". |
063 | Polonio ha detto "Upon my honour...", "Sul mio onore..."; Amleto finge di capire "A cavallo del mio onore", e dà dell'asino a Polonio. |
064 | Allusione biblica, Libro dei Giudici, XI, 30-40: Gefte, giudice d'Israele, aveva fatto voto a Dio che, se avesse ottenuto la vittoria sui figli di Ammone, gli avrebbe immolato in sacrificio la prima creatura che avesse incontrato al suo ritorno dalla battaglia. Fu proprio sua figlia a venirgli incontro alla testa di un corteo di fanciulle, ed egli la sacrificò. Altro riferimento a questo episodio biblico è nell'"Enrico VI. Parte terza", V, 1, 91. |
065 | Per capire che cos'è che "seguita" in questo scambio di battute tra Amleto e Polonio, bisogna sapere - come verosimilmente doveva sapere il pubblico londinese dell'epoca - che Amleto ha citato due versi di una ballata popolare, la cui intera strofa è questa: "Ho letto che molti anni fa, / quando Gefte, giudice d'Israele, / aveva una bella figlia, / ch'egli oltremodo amava / e come per sorte, Iddio lo sa, / accadde com'era assai facile: che grandi guerre dovessero venire, / e chi dovrà essere il capo / se non lui...". Un altro argomento sulla irrappresentabilità di Shakespeare al pubblico moderno. |
066 | "What, my young lady and mistress!": non si tratta, naturalmente, di una donna, ma di un attor giovane, giacché, com'è noto, le parti femminili erano sostenute da adolescenti o da giovani che sapevano recitare in falsetto imitando la voce femminile, alle donne essendo proibito calcare le scene. |
067 | "... by the altitude of a chopin": cioè per tutta l'altezza di un cioppino, il cioppino ("chopine") è il termine con il quale i Veneziani indicavano gli zoccoli di legno dal tacco altissimo portati dalle loro donne per apparire più alte e slanciate. |
068 | La falconeria francese non aveva buona fama in Inghilterra; gli Inglesi dicevano che i falconieri francesi non sapevano selezionare la selvaggina e non risparmiavano nessun volatile che venisse loro a tiro. In Inghilterra tal genere di caccia era più rigoroso e raffinato. Ma Amleto ha già in mente la sua caccia, e si propone di non risparmiare nessuno, proprio come i falconieri francesi. |
069 | Cioè come la tigre: la tigre è "la belva ircana" per antonomasia, perché di tigri feroci si diceva fosse popolata l'Ircania, regione dell'antica Persia, a sud del Mar Caspio. |
070 | Pirro, o Neottolemo, è il figlio di Achille e Deidamia. Prese parte ancor giovanissimo alla guerra di Troia. Penetrato a Troia cogli altri Greci nascosti nel ventre del cavallo di legno, uccise Polite, presenti i genitori, e poi lo stesso Priamo, che volle affrontarlo. |
071 | I Ciclopi lavoravano nelle officine di Efesto (il dio Vulcano dei Romani) donde uscivano lavori meravigliosi: automi d'oro semoventi e parlanti, il carro del Sole, sontuose dimore degli dèi, armature sfarzose di eroi semidei (Ercole, Achille, Enea, ecc.). |
072 | Ecuba, la moglie di Priamo, dovette assistere alla morte del marito per mano di Pirro, ed a quella di tutti i suoi 19 figli. |
073 | "... like John-a-dreams": "John", come "Jack", "Johnny", son l'equivalente del nome di persona da poter affibbiare a tutti, come il "Zanni" della Commedia dell'arte. |
074 | Amleto ha la barba: un particolare che molti registi nostrani sembrano dimenticare, come la calvizie di Re Lear. Tirare la barba ad uno era il più grande sfregio che gli potesse fare. |