Internet per il cittadino
Si sente parlare ormai con una certa frequenza di Internet
per il cittadino, e di espressioni quali stato digitale,
carta di identità elettronica, firma digitale.
Il più delle volte questi argomenti sono trattati in articoli
pieni di terminologia tecnica e giuridica, capaci di creare
sconcerto anche nel più volenteroso lettore. In realtà
l'argomento è di estremo interesse, e avrà in breve tempo
conseguenze molto concrete nella vita di tutti noi. Ciò che
è più importante, saranno conseguenze in gran parte
positive.
Una vera attenzione del governo italiano nei confronti di
Internet, per qualche complesso intreccio tra economia,
politica e pubblica opinione, si è svegliata con ogni
probabilità solo tra la fine del 1999 e i primi mesi del
2000. Apparentemente, in coincidenza almeno temporale con lo
straordinario boom in Borsa delle società che si occupano di
nuove tecnologie, quasi che solo il suggello dei mercati
finanziari avesse il potere di rendere reale ciò che tecnici,
economisti ed esperti annunciavano e ciò che milioni di
utenti Internet nel mondo avevano già compreso da qualche
anno.
Rimproverare al governo italiano (anzi, ai vari governi che
si sono succeduti negli anni precedenti) i ritardi e i limiti
di questo risveglio è uno dei faticosi doveri di chi vorrebbe
un paese più moderno, che investe - ovviamente per il suo
stesso bene - più risorse in tecnologia, ricerca e
formazione. Un dovere faticoso, perché sappiamo bene che per
cambiare mentalità alla nostra classe dirigente non bastano
gli sforzi di chi ormai da decenni tenta di spiegare come un
paese povero di risorse naturali come l'Italia debba puntare
sulla tecnologia e sul terziario avanzato. Faticoso perché
sembrerebbe non esserci politico, o funzionario della pubblica
amministrazione, che neghi i disastri prodotti dalla
pesantissima burocrazia italiana, fatta di procedure complesse
e talvolta addirittura stupide[ 1
], salvo poi non fare nulla per agevolare il lavoro
di quei pochi che cercano di innovare (ricordiamo ad esempio
che la legge sull'autocertificazione ha impiegato ben 30 anni
per divenire operativa, una assurdità tutta italiana).
Eppure, tutti i cittadini italiani informati hanno il
dovere di insistere, di fare pressione. Se è vero che
l'Italia non ha mai avuto un piano organico di sviluppo
informatico, che di anno in anno tampona affannosamente le
emergenze, che si è rassegnata al ruolo di inseguitrice, è
anche vero che ci sono parti vitali nel nostro paese, che ci
sono dirigenti e funzionari che, al di là delle chiacchiere,
compiono azioni concrete.
La firma digitale, la carta di identità elettronica, e le
altre novità delle quali ci occuperemo in questo capitolo,
promettono se non altro di ridurre il peso enorme della
burocrazia. Costituiscono una opportunità concreta. Ci sono
difficoltà tecnologiche, ci saranno tentativi di ricostruire
i personali feudi di potere, c'è uno sforzo formativo che
tutti gli Italiani dovranno compiere. Ma se riusciremo ad
assistere realmente alla nascita di uno Stato capace di
erogare servizi al cittadino sfruttando appieno le
potenzialità offerte dal mondo della rete e delle tecnologie
digitali, milioni di ore/lavoro l'anno e una enorme quantità
di risorse non verranno più spese in attività secondarie.
L'informatizzazione dello Stato è inoltre la chiave per
rendere più semplice la nostra vita, che per mille altri
motivi va invece complicandosi. Tutti coloro che guardano con
diffidenza un computer troveranno contraddittoria questa
affermazione. Ma in realtà, nel momento in cui, semplicemente
dichiarando la nostra identità, un qualunque ufficio pubblico
potrà reperire in modo autonomo tutti i certificati che gli
occorrono, e verificare ciò cui abbiamo diritto, la nostra
vita sarà più semplice. Alcuni già ipotizzano un Ministero
delle Finanze che compili al nostro posto le dichiarazioni dei
redditi, senza timore di sbagliare (e se sbaglia,
responsabilità sua) e con un sensibile abbattimento
dell'evasione fiscale, premessa per una riduzione strutturale
delle tasse.
Non sappiamo ancora quanti di questi progetti si
concretizzeranno, e in alcuni casi non mancano rischi e
aspetti problematici, a cominciare da quelli legati alla
tutela della privacy; ma finalmente anche nel rapporto tra
società e istituzioni stanno per applicarsi modelli
organizzativi più efficienti e moderni.
Certo, uno Stato digitale, dotato di archivi sempre più
vasti e dettagliati, qualche timore 'orwelliano' lo suscita.
Ma qui entra in gioco lo sforzo cognitivo di noi cittadini: un
cittadino informato non subisce queste tecnologie, sviluppa la
coscienza del proprio diritto alla privacy, e pretende
strumenti di controllo e garanzia. Strumenti che sono
necessari in realtà già da anni, perché se lo Stato si
accinge solo ora a informatizzarsi su vasta scala, il mondo
produttivo, multinazionali in testa, già da anni costruisce e
immagazzina nelle proprie banche dati, in mille occasioni e
per mille scopi diversi, profili personali sempre più
dettagliati. E sono archivi creati non per semplificarci la
vita, non per il bene collettivo, ma per esclusivi interessi
economici e commerciali. Legittimi, naturalmente, ma pur
sempre di parte.
Come si può vedere dal grafico riprodotto di seguito, la
legge n. 59 del 15 marzo 1997, meglio nota come legge Bassanini,
ha ridotto in modo notevole la quantità di scartoffie che noi
poveri cittadini dovevamo produrre o acquisire nei nostri
rapporti con lo Stato[ 2 ].
Figura 21 Numero di certificati prodotti in Italia.
Come si vede, il numero di certificati si è più che
dimezzato negli ultimi 4 anni (il dato 2000 è una proiezione,
costruita in base ai dati dei primi otto mesi). Il grafico è
stato prelevato dal sito Internet www.governo.it
La legge Bassanini è meritoria anche per un altro
importante motivo: ha introdotto la firma digitale[
3 ], una vera e propria rivoluzione che da qui a
pochi anni (se non mesi) avrà effetti anche più
significativi di quelli prodotti dall'autocertificazione.
Lo scopo della firma digitale è semplice: dare valore
legale ai documenti in formato elettronico. In altri termini,
la firma digitale certifica l'identità del cittadino (in modo
più sicuro rispetto alla tradizionale firma) e - grazie a un
meccanismo di cifratura - garantisce che il contenuto del
documento firmato digitalmente non sia stato alterato. Tramite
ulteriori codici di cifratura è anche possibile rendere il
documento inaccessibile a chiunque non ne abbia le 'chiavi'.
L'adozione della firma digitale promette un futuro con
molte meno code agli sportelli pubblici, perché consente
l'invio e la ricezione di documenti (contratti, certificati,
ecc.) via Internet, preservando il valore legale
dell'operazione. Inoltre rende possibile la creazione di
archivi totalmente elettronici, liberando aziende, enti e
istituzioni da tonnellate di carte e da scaffali lunghi
talvolta (non è un'esagerazione) diversi chilometri.
Come funziona la firma digitale
Capire il funzionamento della firma digitale potrebbe
essere un'impresa un po' ostica. La procedura seguita si basa
infatti su una complessa tecnica crittografica comunemente
nota come 'cifratura asimmetrica'[
4 ]. Cercheremo dunque di aiutarci con un esempio.
Immaginiamo che il signor Rossi, idraulico, voglia spedire
via Internet[ 5 ] un
preventivo alla signora Anna. Per essere valida, l'offerta del
signor Rossi dovrà in qualche modo essere 'certificata'. In
altri termini, la signora Anna vorrà essere sicura che sia
veramente il signor Rossi ad averle scritto. Inoltre vorrà
essere sicura che il documento non sia stato alterato (per
errore o per frode).
Come risolvere il problema? Semplice: è sufficiente che il
signor Rossi inserisca in calce al suo preventivo un codice
(definito 'certificato' e rilasciatogli da una 'Autorità di
Certificazione') che lo identifichi in modo univoco, un po'
come fa il codice fiscale. Quando la signora Anna riceverà la
e-mail, ordinerà al suo programma di posta di verificare la
corrispondenza fra il certificato (conservato in un archivio
pubblico dall'Autorità di Certificazione) e l'identità del
signor Rossi. Inoltre, grazie a una sequenza di caratteri di
controllo (detti anche hash, o impronta)
inseriti automaticamente nel documento dal programma di posta
del signor Rossi, la signora Anna potrà accertarsi che
nemmeno una virgola del documento sia stata alterata dopo
l'apposizione della firma digitale.
Si obietterà: dato che il signor Rossi ha apposto la sua
firma digitale (cioè una sequenza di caratteri facilmente
riproducibile) in calce alla e-mail, che cosa impedirà alla
signora Anna di copiarla e 'firmare' illecitamente a nome del
signor Rossi altri documenti digitali? Di nuovo, la soluzione
è abbastanza semplice (ma non semplicissima, perciò occorre
prestare una certa attenzione): il certificato del signor
Rossi è composto in realtà da due insiemi di caratteri: uno
pubblico, visibile a tutti (inserito in calce al preventivo e
usato per le verifiche) e uno segreto, accessibile solo a lui.
Unicamente grazie all'uso combinato del codice pubblico e del
codice segreto il programma di posta elettronica del signor
Rossi ha potuto generare dei caratteri di controllo (gli hash
di cui sopra) validi. Se la signora Anna usasse solo la parte
pubblica del certificato del signor Rossi, inventandosi la
sequenza di caratteri segreta, non riuscirebbe mai a
riprodurre in modo esatto anche gli hash (i caratteri
di controllo)[ 6 ],
rendendo così facilmente smascherabile il suo tentativo di
contraffazione.
Ricapitolando: il signor Rossi, usando sia la parte
pubblica sia la parte segreta del suo certificato, 'firma' il
preventivo e aggiunge in coda al documento gli hash. La
signora Anna (o meglio: il suo programma di posta), usando gli
hash e la parte pubblica del certificato del signor
Rossi, verifica che sia tutto in ordine. Mancandole tuttavia
la parte segreta del certificato Rossi, la signora Anna non
sarà in grado di generare illecitamente altri documenti
digitali a nome del signor Rossi.
Il dispositivo di firma digitale (smart card)
Ci sono ancora due aspetti sui quali vale la pena
soffermarci parlando di firma digitale: il dispositivo di
firma digitale e l'Autorità di Certificazione (o
Certificatore).
Abbiamo detto che il certificato è composto da due
sequenze di caratteri: una pubblica, una segreta. La legge
italiana prevede che la sequenza segreta non venga resa nota
al titolare, ma venga custodita in un 'dispositivo di firma
digitale', ovvero una sorta di carta di credito dotata di chip
(in gergo: smart card). Questa soluzione ha il pregio
di semplificare un po' le cose agli utenti meno esperti,
evitando ad esempio che qualcuno possa comunicare la sequenza
segreta (confondendosi ingenuamente con quella pubblica).
Ha tuttavia lo svantaggio (non piccolo) di richiedere un
lettore di smart card, un congegno che attualmente non è
fornito da nessun produttore di personal computer e che, anche
quando sarà in produzione, avrà certamente un costo. Una
smart card, come tutti gli oggetti fisici, è inoltre esposta
a guasti e si può perdere. Infine l'integrazione tra i
lettori di smart card e i vari software che generano firme
digitali è ancora da sperimentare su vasta scala, anche se,
ovviamente, si sono già conclusi positivamente vari
esperimenti pilota.
Non deve preoccupare, invece, l'eventualità di frodi in
caso di smarrimento della smart card (o, per usare la
definizione ufficiale, del 'dispositivo di firma digitale'),
in quanto la carta è protetta da un ulteriore codice segreto,
esattamente come una carta Bancomat[
7 ].
Una nota positiva: si prevede che il dispositivo di firma
digitale possa integrarsi in altri dispositivi analoghi, ad
esempio nella smart card che verrà realizzata per la nuova
carta di identità (sulla quale torneremo nelle pagine
seguenti). Insomma, non sarà necessario disporre di
un'infinita pluralità di carte: basterà portare con noi
poche card multifunzionali (al limite, una soltanto).
L'Autorità di Certificazione
Come anticipato, l'Autorità di Certificazione è quella
struttura che ha il compito di rilasciare i certificati e
gestire i database che consentono la verifica dei dati. La
legge prevede che più soggetti possano proporsi come
Autorità di Certificazione. Questi dovranno rispondere a
determinati requisiti (sia tecnici, sia giuridici) e
registrarsi presso l'AIPA, l'Autorità per l'Informatica nella
Pubblica Amministrazione. Nel momento in cui scriviamo, sono
otto i certificatori registrati:
- BNL Multiservizi S.p.A.
- Finanziaria Italiana S.p.A. (Finital)
- Postecom S.p.A.
- S.S.B. S.p.A.
- Saritel S.p.A.
- Seceti S.p.A.
- Società Consortile di Informatica delle Camere di
Commercio p.A. (Infocamere)
- Società Interbancaria per l'Automazione-Cedborsa (SIA
S.p.A.).
Anche se è difficile prevedere cosa succederà esattamente
negli anni a venire, la scelta del governo di consentire a
ditte private di proporsi come certificatori ha i suoi
vantaggi e svantaggi.
Da un lato, sappiamo che aziende private, in concorrenza
fra loro, possono più facilmente garantire un servizio
efficiente. Dall'altro, dobbiamo considerare che la firma
digitale non è un servizio accessorio. Anzi, con il
trascorrere del tempo è possibile che senza un certificato di
firma digitale alcuni servizi dello Stato diverranno
inaccessibili, o troppo costosi.
Con questa prospettiva, disporre di un 'dispositivo di
firma digitale' sarà un servizio in più, per il quale è
giusto pagare una ditta privata, o non sarà piuttosto un
diritto, e come tale dovrà essere garantito dallo Stato?
Ancora non sappiamo quale sarà il costo per il rilascio e
il mantenimento operativo di un dispositivo di firma digitale.
In ogni caso, bisognerà tenere conto che non potrà trattarsi
di un costo determinato unicamente dalle leggi del mercato.
Altrimenti, una preziosissima innovazione, capace di
migliorare sensibilmente la qualità della nostra vita,
potrebbe trasformarsi in una ulteriore, onerosa tassa.
L'ultima cosa di cui in Italia si senta il bisogno.
Per saperne di più
Per approfondire l'argomento, ecco alcuni dei siti Internet
più interessanti:
- AIPA, www.aipa.it
L'Autorità per l'Informatica nella Pubblica
Amministrazione è l'ente che nomina i certificatori e
tiene un albo costantemente aggiornato
- Firma digitale, www.firmadigitale.it
Un sito Internet interamente dedicato all'argomento e
realizzato dalla società NetFLY S.r.l., con numerosi
riferimenti legislativi, documentazione e altro
- Infocamere, www.card.infocamere.it
In questo sito, realizzato dalle Camere di Commercio,
troviamo un video che spiega in modo efficace come
funziona la procedura per richiedere un 'dispositivo di
firma digitale'
- Interlex, www.interlex.it
Uno dei siti con più informazioni su tutto ciò che
riguarda lo 'Stato digitale'.
Il 19 luglio 2000 è stato pubblicato il decreto
ministeriale che definisce le regole tecniche relative alla
carta d'identità elettronica. Era l'ultimo atto necessario,
dopo la legge del 1998 e il regolamento del 1999. Come
anticipato poco sopra, la nuova carta di identità avrà
l'aspetto di un Bancomat ovvero di una carta di credito dotata
di chip[ 8 ], e
consentirà di integrare varie funzioni, a cominciare dal
certificato di firma digitale per finire con il libretto
sanitario. Pertanto, la nuova carta d'identità sarà anche
una 'carta servizi'. In prospettiva, dunque, questo strumento
consentirà di pagare le tasse comunali, i ticket sanitari, le
multe, i parcheggi.
Figura 22 Una ipotetica carta d'identità elettronica.
L'immagine è stata prelevata dal sito Internet della
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la
Funzione Pubblica
Naturalmente, affinché una 'carta servizi' sia davvero
utile è necessario che i sistemi informatici delle varie
amministrazioni siano in grado di dialogare fra loro.Sebbene a
livello normativo ci siano precise istruzioni in tal senso,
sappiamo che la tentazione di alcuni enti è di conservare i
propri sistemi proprietari, non in grado di comunicare con gli
altri. Talvolta per oggettive difficoltà tecniche (che
tuttavia si possono risolvere, se lo si vuole fare), altre
volte - purtroppo - per un non meglio definibile desiderio di
autonomia e di controllo. Insomma, per dirla con le parole di
Giancarlo Fornari, direttore centrale dell'Ufficio per
l'Informazione del contribuente presso il Ministero delle
Finanze, c'è "il rischio che la burocrazia si trasformi
in tecnocrazia".
Al di là delle preoccupazioni, comunque, consola sapere
che il complesso percorso legislativo si è concluso e che nel
momento in cui leggerete queste pagine probabilmente sarà
stata già avviata una sperimentazione in alcune città
italiane (si sono candidate Bari, Bologna, Catania, Milano,
Modena, Padova, Roma, Siena, Torino e Trieste).
Ulteriori informazioni
- Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per
la Funzione Pubblica, www.funzionepubblica.it/home/fr_cie.html
Su questo sito Internet si trovano i riferimenti
legislativi e anche la descrizione tecnica della nuova
carta d'identità (descrizione tanto dettagliata da
arrivare a fornire informazioni come lo spessore in
millimetri o il grado di resistenza alle temperature)
- Carta d'identità elettronica, www.cartaidentita.it
Questo sito Internet è stato realizzato dall'ANCI, dal
Ministero dell'Interno, dal Dipartimento per la Funzione
Pubblica e dall'AIPA, e ha lo scopo di fornire
informazioni a quei comuni che volessero sperimentare
l'utilizzo della carta d'identità elettronica.
Come detto, il piano di Stato digitale, o e-Government,
elaborato negli ultimi anni dal governo, muove in questi mesi
i primi passi. Il quadro di applicazioni concrete già
operative nel momento in cui scriviamo è perciò piuttosto
scarno, anche se, in modo inaspettato (almeno agli occhi dei
più scettici), qualcosa di già funzionante o addirittura
all'avanguardia a livello internazionale c'è già.
Diamo un'occhiata ad alcuni di questi siti Internet,
ricordando che molti altri seguiranno e che anche questi
esaminati sono tutt'ora soggetti a evoluzione e migliorie.
Nello scenario italiano di 'portali' fotocopia, i cui
ideatori hanno investito miliardi in pubblicità (inseguendo
una quotazione in borsa?) e poche risorse sui sistemi e sui
servizi, quello delle Poste costituisce una felice eccezione.
Non è esagerato dire che si tratta probabilmente di uno dei
migliori siti Internet italiani.
Figura 23 Il sito delle Poste Italiane, raggiungibile
alla URL www.poste.it
Naturalmente ha qualche vizio di gioventù: occorre un
browser recente per poterlo esplorare a fondo, costringe
l'utente a utilizzare una risoluzione del monitor alta, e
leggiamo qualche 'files', 'pixels', ecc. di troppo. Merita
comunque una promozione a pieni voti, soprattutto perché
evolve in continuazione ed è evidente che la società Poste
Italiane S.p.A. gli ha assegnato un ruolo strategico. Non è,
insomma, un semplice sito vetrina.
Servizi offerti
Ecco alcuni dei servizi attivi:
Cerca CAP online
Per anni negli uffici postali ci hanno raccomandato di
scrivere il CAP; ora con il servizio 'cerca CAP online'
sappiamo finalmente dove andarli a trovare, in modo anche
più efficiente rispetto ai volumetti che si trovano in
commercio.
Interposta
Interposta è un servizio utile soprattutto alle aziende
che spediscono molta corrispondenza, ma è accessibile a
tutti (l'abbonamento al servizio avviene tramite l'acquisto
anticipato di un lotto di 10 lettere, il cui costo è di
Lit. 17.000 IVA compresa). Interposta rende possibile
'consegnare' alle Poste la lettera in formato elettronico, e
quindi farla stampare su carta direttamente nella città di
destinazione, con evidente risparmio di tempo. Gli abbonati
possono accedere a una rubrica personalizzata con gli
indirizzi dei destinatari, possono controllare lo stato del
proprio abbonamento ed hanno a disposizione un archivio
delle lettere già spedite (nel caso invii successivi
fossero uguali o simili per contenuto).
Telegramma
Il telegramma sopravvive all'era Internet, ma tramite
questo strumento l'accesso per la spedizione è possibile 24
ore su 24, da tutto il mondo. Si può inoltre ricorrere,
volendo, ad un archivio di frasi già costituito (per quelle
circostanze, come matrimoni, compleanni, ecc., nelle quali
è difficile trovare le parole giuste). Il pagamento avviene
tramite carta di credito, mentre il calcolo del costo
avviene in tempo reale (e naturalmente precede il pagamento
vero e proprio).
Bollettino
Uno degli incubi dell'era moderna è la fila alle poste
per pagare qualche bolletta. Questo servizio non ci libera
della necessità di pagare, ma se non altro ci consente di
farlo comodamente seduti in poltrona, da casa o
dall'ufficio. Anche in questo caso gli utilizzatori del
servizio hanno qualche utilità in più, come la
possibilità di accedere a un archivio, che tiene traccia di
tutti i bollettini pagati negli ultimi mesi. Fra i contro,
è il fatto che al momento è possibile pagare con questo
strumento solo determinate utenze (Enel, Telecom Italia,
ecc.), comunque in via di ampliamento, e che è necessario
disporre del conto BancoPosta (v. sotto). È comunque
previsto che questo limite verrà presto superato attraverso
l'attivazione anche per questo servizio dei pagamenti
tramite carta di credito.
La commissione per il pagamento di un bollettino è di
Lit. 1.000.
BancoPosta
Il conto BancoPosta è l'evoluzione del tradizionale
conto corrente postale. Analogamente a molti altri servizi
bancari, tramite BancoPosta è possibile consultare a
distanza il proprio estratto conto, dare (e ricevere)
disposizioni di bonifico, pagare (come abbiamo visto poco
sopra) alcuni bollettini postali, ecc.
Interessante la possibilità, aggiuntasi di recente, di
versare (non via Internet, naturalmente, ma in questo caso
agli sportelli postali) anche assegni bancari, e il costo:
oltre al bollo annuale obbligatorio, si pagano solo Lit.
1.000 a operazione, per un massimo di Lit. 60.000 l'anno
(ogni ulteriore operazione è gratuita). Anche il Postamat
(qualcosa di simile, ma non uguale al Bancomat) è gratuito.
Altri
Tra gli altri servizi esistenti, vale la pena citare: Postemail,
una mailbox Internet simile a quella offerta da altri
provider e doveEquando, che consente di sapere se una
lettera spedita tramite Posta Raccomandata, Posta Assicurata
o Postacelere è stata consegnata o no.
Chi scrive queste pagine in tempi recenti si è occupato
per motivi professionali del sistema informativo Internet del
Ministero delle Finanze, e ha così avuto modo di entrare in
diretto contatto con un 'sito pubblico' o, se vogliamo, con un
pezzo di 'Stato digitale'[ 9 ].
Il Ministero delle Finanze ha uno dei compiti più ardui e
complessi in seno alla macchina burocratica dello Stato,
dovendo gestire un'enorme quantità di dati, della quale le
dichiarazioni dei redditi di milioni di cittadini e di
centinaia di migliaia di imprese sono solo una parte. Il fisco
italiano, inoltre, è noto per essere particolarmente
complesso, e così il lavoro di chi deve divulgarne regole e
cambiamenti è assai difficile.
Figura 24 La vecchia e la nuova (in basso a destra) home
page del Ministero delle Finanze. L'Italia è stato uno
dei primi paesi al mondo a consentire l'invio della
dichiarazione dei redditi via Internet
Considerando questi fattori, risulterà facile comprendere
come quello delle Finanze sia uno dei siti Internet che può
trarre il maggior giovamento dall'adozione di un sistema
informativo sofisticato. Fortunatamente, il Ministero compie
ricerche e sperimentazioni nell'ambito delle nuove tecnologie
ormai da diverso tempo: un lavoro culminato l'anno scorso
nell'offerta ai cittadini della possibilità di compilare e
inviare la dichiarazione dei redditi via Internet. Un primo
assaggio delle rivoluzioni che ci aspettano.
Una caratteristica interessante del sito Internet del
Ministero è che, programmaticamente, rifiuta la funzione di
semplice 'vetrina' e, nei limiti consentiti dall'attuale
quadro normativo, si sforza di offrire dei servizi. Dalle
mailing-list con novità, bollettini e quant'altro ai forum di
discussione pubblici, dove gli utenti possono dialogare fra
loro e, a breve, con un apposito distaccamento dell'Ufficio
per le informazioni, che risponderà direttamente on-line (il
servizio in via sperimentale è già attivo). Alcuni altri
servizi già operativi sono: calcolo del bollo auto, archivio
formulari, controllo codici partite IVA (attivo su tutte le
nazioni comunitarie).
Il Ministero delle Finanze è anche impegnato sul fronte
dell'accessibilità, avendo in programma di consentire
l'accesso a tutti i documenti pubblicati anche ai non vedenti
e alle altre categorie di utenti disagiati. È previsto in
pochi mesi l'adeguamento della maggior parte del sito Internet
al livello 'A' delle raccomandazioni WAI (Web Accessibility
Initiative) promosse dal World Wide Web Consortium.
Alcuni anni or sono, e precisamente nel 1996, è stato
istituito presso la Camera di Commercio Industria Artigianato
e Agricoltura uno speciale Registro delle Imprese.
Questo registro, che ospita i dati di circa 5 milioni di
aziende italiane, si è servito sin dalla nascita di
tecnologie informatiche per assolvere alle sue funzioni:
registrare gli atti costitutivi delle Società italiane (con
annesse ovviamente le modifiche e le cancellazioni),
archiviare i bilanci, gestire il deposito delle firme degli
amministratori, e altro ancora.
La gestione di queste informazioni si è sicuramente
giovata dell'uso del computer, ma fino a pochi mesi fa era
ancora frenata dalla necessità di acquisire i vari documenti
in forma cartacea. Recentemente, e in via sperimentale, grazie
al supporto tecnologico della società InfoCamere, le Camere
di Commercio hanno creato Telemaco, un servizio che,
come leggiamo nel relativo sito Internet (www.infocamere.it/telemaco.htm),
"consente di effettuare via Internet l'invio delle
pratiche di denuncia e modifica al Registro delle Imprese.
Grazie a Telemaco è inoltre possibile ottenere via Internet
visure e certificati camerali, nel rispetto della normativa
vigente sulla certificazione a distanza e degli standard
fissati dalla legge per l'accesso ai documenti amministrativi
in formato elettronico".
Figura 25 Telemaco, un servizio creato dalle Camere di
Commercio, raggiungibile alla URL www.infocamere.it/telemaco.htm
In altri termini, già adesso alcuni utenti possono
sperimentare la burocrazia telematica, e svolgere le
pratiche a distanza, con evidenti vantaggi.
Permangono, in verità, alcuni problemi: ad esempio le
procedure per i pagamenti dei bolli sono ancora troppo
complesse. L'iniziativa comunque è incoraggiante.
Figura 26 Il dispositivo di firma digitale realizzato
dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura
Come abbiamo anticipato, Internet è finalmente percepita
da una parte non piccola della nostra classe dirigente come
uno strumento utile, e dai più illuminati come un potente
mezzo di servizio oltre che di comunicazione.
Il modello attuale, quello del sito-vetrina orientato
semplicemente a illustrare l'attività di questa o quella
amministrazione, viene gradualmente abbandonato. Alla foto del
direttore viene affiancata anche la possibilità di
interrogare database, prenotare prestazioni, conoscere
l'orario di apertura degli sportelli, e altro.
L'avvento della firma digitale consentirà presto ai
cittadini italiani di 'bussare alla porta' dei siti Internet
pubblici non solo come anonimi visitatori, ma come persone
legalmente identificate, consentendo perciò l'attivazione di
una miriade di nuovi servizi. Forse un giorno non troppo
lontano non avremo più bisogno di fare la fila a uno
sportello pubblico. Potremo notificare un cambio di residenza,
denunciare una nascita, fare un ricorso per una multa, a
distanza, con qualche click. Forse, perché no, anche alcune
tipologie di cause civili potranno essere dibattute a
distanza.
Questa prospettiva costituisce naturalmente una grande
opportunità, ma implica anche nuovi doveri dello Stato. Oggi
i siti Internet pubblici sono per lo più degli 'accessori'
delle varie amministrazioni, presto diventeranno uno strumento
diretto per interagire con lo Stato. Quando questo si
concretizzerà, sarà un dovere consentire l'accesso al più
alto numero possibile di cittadini, non vedenti e portatori di
handicap compresi.
Indicazioni e strumenti utilizzabili al riguardo esistono
già. Il World Wide Web Consortium, l'ente no-profit che ha il
compito di fissare gli standard del Web (e al quale, in
qualità di membro, partecipa anche la Presidenza del
Consiglio italiana), ha creato la Web Accessibility
Initiative, che fornisce una serie di informazioni utili a
coloro che volessero garantire la piena accessibilità ai
propri siti Internet. La Funzione Pubblica e l'AIPA -
l'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione -
hanno in programma di aderire alle indicazioni del W3C e
indurre le varie amministrazioni centrali a fare altrettanto.
Il quadro generale è incoraggiante: come abbiamo visto, il
Ministero delle Finanze - con alcuni altri ministeri, come
quello del Tesoro - sta già occupandosi del problema. L'INPS
ha addirittura costituito un gruppo di studio che nell'ottobre
2000 ha presentato un software sperimentale in grado di
convertire un sito Internet tradizionale in un sito conforme
alle indicazioni WAI.
Accessibilità, tuttavia, può avere anche un significato
più ampio. Può voler dire una terminologia meno burocratica,
regolamenti chiari, procedure trasparenti. Lo Stato potrà
approfittare al meglio di Internet e dei suoi efficientissimi
strumenti di comunicazione solo se saprà realizzare anche
un'altra rivoluzione: quella del linguaggio.
A noi cittadini non rimane che attendere. Auspicabilmente,
non troppo a lungo. Se anche solo alcune delle promesse
offerte dall'uso della rete nel rapporto fra pubblica
amministrazione e cittadino saranno mantenute, ne sarà valsa
la pena.
pagina avanti
[
1 ] |
È il caso ad esempio del
nostrano 'certificato antimafia': un pezzo di carta che
- nella fantasia di chi lo ha concepito - dovrebbe
tenere la malavita lontana dagli appalti pubblici. Come
se un mafioso, e cioè un personaggio dedito ai crimini
più efferati, possa temere di dichiarare il falso di
fronte a un dipendente comunale. |
[
2 ] |
In realtà il quadro
normativo che, di recente, ha prodotto una
semplificazione dei rapporti tra cittadini e Stato è
piuttosto articolato: sconfiggere la burocrazia (o
meglio: la mentalità burocratica) è un compito arduo.
Basti pensare che all'autocertificazione, tra
complicazioni tecniche e vero e proprio ostruzionismo,
sono occorsi più di trent'anni per diventare operativa.
L'autocertificazione era infatti già prevista in una
legge del 1968! |
[
3 ] |
Il comma che riguarda la
'firma digitale' è il n. 2 dell'articolo 15: "gli
atti, i dati e i documenti formati dalla Pubblica
Amministrazione e dai privati con strumenti informatici
e telematici, i contratti stipulati nelle medesime
forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con
strumenti informatici e telematici, sono validi e
rilevanti a tutti gli effetti di legge". La firma
digitale non ha ancora prodotto vistosi risultati
concreti, richiedendo ai vari organismi dello Stato
enormi ristrutturazioni, ma ogni analisi concorda nel
prevedere che la sua utilizzazione porterà con sé
radicali trasformazioni. |
[
4 ] |
Si tratta della stessa
tecnologia adottata dal noto software PGP, trattata nel
nostro manuale Internet 2000, Laterza 1999, nella
sezione 'Tecnologie', capitolo 'Sicurezza e privacy'.
Ricordiamo che il manuale si può consultare
gratuitamente on-line a questo indirizzo: www.laterza.it/internet/. |
[
5 ] |
O consegnare il documento
elettronico su floppy disk: non ha importanza quale
supporto o quale mezzo di trasmissione si sia scelto. |
[
6 ] |
In realtà, in termini
assolutamente astratti, se la signora Anna fosse
incredibilmente fortunata potrebbe indovinare la lunga
sequenza di caratteri segreti. È tuttavia una
eventualità così remota che non vale la pena di
prenderla in considerazione. |
[
7 ] |
C'è sempre il rischio,
naturalmente, di perdere il codice di protezione insieme
alla smart card, rendendo così possibili le frodi. Ma
stiamo sempre più abituandoci a gestire con prudenza
questi nuovi strumenti, e sono ormai davvero pochi gli
sprovveduti che conserverebbero nel portafogli sia le
smart card, sia i relativi codici segreti. |
[
8 ] |
La descrizione della nuova
carta d'identità secondo legge è la seguente: "La
carta d'identità elettronica è costituita da un
supporto in policarbonato sul quale sono inseriti una
banda ottica ed un microprocessore. La carta è
destinata a svolgere sia la funzione di documento di
identità che quella di carta servizi. La funzione di
identificazione è svolta dalla carta stessa che reca,
in chiaro, le generalità del titolare, dalla banda
ottica e, infine, dal microprocessore. Il microchip è
dedicato alla parte servizi. I comuni possono
predisporre servizi ed installarli sul chip. Alcuni
servizi richiedono la memorizzazione di dati sulla
carta, altri no: i primi possono essere comunali o
nazionali; quelli comunali possono essere predisposti in
piena autonomia dai comuni, mentre per quelli nazionali
è necessaria un'autorizzazione da parte del
Dipartimento della funzione pubblica. Le carte sono
prodotte dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,
che provvede anche alla 'inizializzazione' delle stesse,
procedura che attribuisce al documento la qualità di
documento in bianco. Alla inizializzazione segue la
formazione, che è la fase in cui il comune imprime
sulla carta i dati identificativi del titolare della
stessa e quelli necessari per l'accesso ai
servizi". |
[
9 ] |
Il frutto di questo lavoro
dovrebbe essere visibile sul nuovo sito Internet del
Ministero delle Finanze a partire dai primi giorni del
2001. Per allora potrete valutare se il contributo mio e
dei miei collaboratori alla squadra che gestisce il
sistema sia stato utile o meno... In ogni caso,
l'avvertimento al lettore è sembrato in questa sede
doveroso, giacché il coinvolgimento diretto in un
progetto può rendere più difficile, nel parlarne,
conservare la necessaria distanza critica. |
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