CAPITOLO SESTO


INTERPRETAZIONI DEL TROMBA

5. Funzione "attestataria" e "contestataria"

Baré (1980) mostra come la possessione tromba, che fa parte del sistema delle credenze sakalava garanti della permanenza dell'ordine monarchico, è allo stesso tempo il mezzo usato dai "roturiers", cioè le classi medie, per controllare le decisioni prese dal sovrano vivente.

Come è generalmente attestato dagli studiosi della cultura malgascia (Rusillon, 1912; Lombard, 1988; Raison-Jourde, 1983; Mosca, 1987; Baré, 1980; Estrade, 1977), sin dalle origini dei regni storici sakalava l'apparato monarchico ha poggiato la legittimità del proprio potere sull'origine divina della dinastia e sull'esistenza postuma dei re defunti. Anche durante il periodo coloniale e all'interno dello stato repubblicano contemporaneo la monarchia sakalava e i lignaggi nobili hanno continuato a sostenere l'autorità dei posseduti reali, su cui evidentemente si basa la loro stessa esistenza (Baré -1977- parla di "linguaggio dei morti" e di "potere dei vivi"). Le monarchie dell'ovest hanno perso infatti dopo l'annessione francese (1896) oltre all'esercizio del potere politico anche il controllo territoriale e fondiario su cui si basava il loro potere e hanno visto così nella monopolizzazione dell'ordine ideologico il solo mezzo per conservare la gerarchia sociale (87) e il rispetto per la monarchia.

Nel 1972 la monarchia sakalava del nord appare infatti a Baré (1977) come "un insieme organizzato di individui che condividono credenze e idee" (Baré, 1977, 21). La gerarchia sociale è affiancata da una gerarchia politica, sia pure ormai priva di ogni potere statuale, a cui accedono tutte le "caste" e che è composta, oltre che dal sovrano, da due consiglieri del re (manantany e fahatelo) e da alcuni consiglieri territoriali che costituiscono il gruppo della "gente dei vivi", e da dignitari rituali, tra cui i posseduti saha, che appartengono invece alla "gente dei morti". L'insieme di queste funzioni permette agli strati dominanti di mantenere la loro posizione di potere pur essendo ormai estromessi da ogni ruolo di governo. Così il carattere astorico della maggior parte delle funzioni, svolte da un responsabile sakalava, testimonia questa paradossale tenacità dell'apparato monarchico e questo attaccamento collettivo ad una struttura in via di estinzione.

Ancora oggi permangono quindi in modo diffuso un insieme di credenze che "coesistono con la negazione dell'organizzazione che le incarna" (Baré, 1977, 18). Come si concilia il fatto che gli individui sono condizionati da un'organizzazione politica, lo Stato, distinta da quella associata alle loro credenze? Lo Stato secondo Baré (1977) esiste come categoria esterna e solo le regole monarchiche conferiscono "du plaisir au jeu social" e animano le conversazioni. D'altra parte, come afferma Raison- Jourde (1983), gli uomini politici della prima repubblica sono stati incapaci di affrontare, se non in modo repressivo, questi fenomeni, "espressione del ritorno al passato e alla sacralità della monarchia contro le promesse del futuro e la laicità della repubblica" (Raison- Jourde, 1983, 63). Il fatto che gli uomini pubblici non abbiano alcuna presa su questa realtà non vuol dire tuttavia che se ne disinteressino, infatti conoscono le reti organizzative dei culti tromba a cui talvolta si appoggiano.

Se il legame con le figure reali è usato per definire l'identità e il ruolo del gruppo dominante e quindi ha una funzione politica "attestataria", è possibile anche un suo uso "contestatario" da parte della società. In ciò vi è un limite già conosciuto dal re al tempo delle grandi monarchie e cioè la possibilità di vedersi condannare, nel nome dei suoi antenati, da dei posseduti ufficialmente riconosciuti. I saha infatti vengono interrogati sulle scelte politiche e giudicano qualsiasi atto del sovrano non solo nel periodo dei grandi regni ma anche oggi che la monarchia è scomparsa come forma di governo. Inoltre per manifestare il loro scontento avevano ed hanno tutt'oggi il potere di inviare, anche al sovrano stesso, sanzioni soprannaturali (che si manifestano con la ripetizione di avvenimenti gravi e luttuosi).

Così come ha sottolineato Ottino (1965), gli interventi dei saha non sono suscettibili di sanzioni da parte dell'apparato monarchico ed i posseduti, talvolta strumentalizzati dalle diverse fazioni (Baré, 1980), non esitano a criticare violentemente l'azione del sovrano vivente, che deve tenerne conto, sia modificando la sua azione politica, sia placando l'opposizione degli antenati con delle cerimonie funebri alle tombe. Essere scettici sulla buona fede dei saha significa non solo mettere in dubbio la parola di un posseduto ma anche il suo carattere sacro.

Le tombe dei re e i posseduti sono quindi il mezzo per mantenere in vita l'ideologia sakalava e giustificare la permanenza della posizione privilegiata dei nobili che sono più generalmente, come scrive Baré (1977, 109), "portatori del senso della gerarchia, della società e del cosmo intero". La "gente dei morti" acquista importanza sempre più grande all'interno della società e può infatti modificare la volontà del sovrano supremo e dei suoi consiglieri diretti e così, secondo l'espressione di Raison-Jourde (1983), "il re viene posseduto dai suoi sudditi". A questo proposito Baré (1977; 1980) ricorda che negli anni 1957-1963 lo spirito della regina Tsiomeko, attraverso l'azione di una posseduta, si oppone alla decisione di Amada e dei suoi consiglieri che volevano recintare le terre che circondavano le tombe reali ed affittarle all'industria zuccheriera francese installata a Nosy Be. In un'altra occasione invece lo spirito della regina Binao chiese al fratello Amada, succedutole al trono nel 1923, di essere inumata in un nuovo mahabo. In entrambi i casi la famiglia reale arretra di fronte al volere dei posseduti perché sa che la scomparsa delle antiche credenze, che utilizzano le parole dei morti reali e la possessione, porterebbe alla sua stessa fine.

La funzione "contestataria" del tromba agisce, come abbiamo visto, sia all'interno stesso del sistema monarchico, e in questo caso i posseduti sono considerati da Baré (1977) come delle "istituzioni di normalizzazione" il cui compito è di riportare "al punto di equilibrio" la struttura in cui è avvenuto il conflitto, sia nei confronti dello stato centrale malgascio. Per quanto riguarda invece la funzione "attestataria" del tromba, i riferimenti alla regalità da parte dei vari gruppi sociali sono costanti ed agiscono ancora nel presente. Nell'ovest sakalava la possessione tromba è usata come forma di legittimazione del proprio potere non solo dai nobili, come è stato osservato da Baré (88), ma anche da almeno altri due gruppi sociali: le famiglie dei servitori reali e i notabili regionali (Raison-Jourde, 1983). Questi ultimi controllano gli scambi commerciali col l'estero e hanno la necessità di cercare una legittimazione al loro recente accesso al potere. Le cerimonie, oltre a fissare gli individui negli status ereditari, vengono utilizzate infatti anche per legittimare i nuovi rapporti sociali corrispondenti a "glissements gerarchici o a capovolgimenti" (Raison-Jourde, 1983). In una società non più retta dall'istituzione reale, la messa in causa degli status ancestrali è infatti frequente. I tentativi di conservare l'importanza dei rami primogeniti dei lignaggi di origine nobile si esprimono nei tromba antety (o tromba della terra). Questi culti privilegiano il potere patrilineare, la preminenza del primogenito sul cadetto, dell'allevatore sul risicoltore. Invece i culti tromba andrano (spiriti legati all'acqua) sono espressione degli status minori o dominati all'interno della tradizionale costruzione dinastica, come i lignaggi matrilineari e i cadetti, e rivendicano l'accesso legittimo alla terra. I tromba andrano fanno infatti riferimento ai Vazimba, cioè agli antichi abitanti del territorio, e alla forza del diritto del primo occupante.

Come i tromba antety e andrano così anche le cerimonie del fitampoha obbediscono alla stessa logica secondo cui il mito è capovolto nel suo senso per le necessità dei rapporti attuali (Chazan-Gillig, 1983). Il fitampoha, istituito originariamente dalla dinastia reale per garantire la propria permanenza al potere, non presuppone più la riproduzione dei rapporti sociali storici, ma è il luogo di "strategie sociali e di manipolazioni" (Chazan-Gillig, 1983, 461). Infatti nel fitampoha organizzato nel 1968 di cui parla Chazan-Gillig (1983), i lignaggi legittimano le loro situazioni rispettive (accesso alle funzioni pubbliche) in funzione alla loro prossimità alla dinastia reale, la quale da soggetto della storia è divenuta oggetto e punto di riferimento dei vari gruppi sociali. Il fitampoha è quindi secondo Chazan-Gillig (1983) il riflesso delle contraddizioni sociali del momento e il luogo dove si legittimano i nuovi rapporti sulla base di relazioni di alleanza o parentela con la dinastia legittima legata agli antichi re.


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