CAPITOLO SESTO


INTERPRETAZIONI DEL TROMBA

3. Il tromba come mezzo di evasione, di gioco o come mezzo per modificare lo status sociale

Come osserva Raison-Jourde (1983), l'opera di Estrade (1977) non porta alcun nuovo apporto sul senso del tromba. Egli infatti lega questo fenomeno di possessione alle strutture politiche sakalava durante tutta la storia malgascia e "aggira largamente il suo contesto politico e socio - economico contemporaneo", accontentandosi di illustrare le varianti etniche e regionali del tromba e di "opporre l'equilibrio secolare della campagna all'universo sconcertante della città" (Raison-Jourde, 1983, 11).

Estrade (1977) cerca di spiegare i motivi della larga adesione al tromba con un'analisi che indaga più su pulsioni e interessi individuali che non su un ordine generale. Ciò che spinge a partecipare alle cerimonie viene individuato dall'autore ad esempio nella paura della morte di cui parla Ottino (1965) (84), nella liberazione dai divieti rituali (fady) (85), nella speranza di accedere all'ambita "professione" di saha, nel vizio dell'alcol o anche nella passione per la musica.

Lo studio dei moti dell'animo umano che avvicinano al tromba non esaurisce in ogni caso secondo Estrade il mistero di questo fenomeno tra i cui adepti non si trovano infatti solo "malati o persone considerate inferiori" ma anche "vecchi robusti e madri appagate"(Estrade, 1977, 272); la stessa regina Binao, considerata tra le più ricche e adulate, ospitava regolarmente alcuni spiriti di famosi antenati sakalava.

Estrade (1977) ritrova nel tromba anche "la realizzazione di desideri consci o inconsci", come il bisogno di evasione dalle misere condizioni di vita e come l'affermazione di superiorità della donna.

Il fatto che i posseduti tromba contano in gran parte donne è generalmente attestato, oltre che dagli antropologi occidentali, anche dagli stessi fedeli malgasci che, secondo una credenza comune raccolta da Ottino (1965), attribuiscono la numerosa presenza femminile nel ruolo di medium ad una preferenza particolare degli spiriti. Per Jaovelo-Dzao (1996), un antropologo malgascio contemporaneo, la partecipazione delle donne alle cerimonie religiose rievoca simbolicamente le figure della "Dea Luna", che tranquillizza e rinvigorisce l'uomo con la freschezza della notte, e della terra-madre, generatrice di vita.

Bastide (1972) vede invece una necessaria relazione tra la partecipazione ai culti di possessione e la posizione inferiore della donna nelle società patrilineari, come nei culti Zār dell'Etiopia e nel tromba sakalava. Č grazie alla possessione infatti che la donna acquista importanza relativamente all'uomo, diviene un essere sacro e superiore al suo sposo, e supera il suo stato di dipendenza (Bastide, 1972). Il tromba costituisce inoltre, secondo Estrade, una protezione per le donne ripudiate e le donne sterili in particolare, a cui offre "il calore di una confraternita, il lusso dei profumi, dei gioielli e degli specchi, l'allegria del canto e della danza, il sapore moderno di bevande e di sigarette" (Estrade, 1977, 270).

Se all'interno della religione patriarcale malgascia la donna non ha alcun ruolo e viene infatti marginalizzata nei riti tradizionali che si svolgono intorno al palo dei sacrifici, la sua condizione non è invece considerata inferiore nell'ambito familiare e sociale. Come testimonia Deschamps (1972) infatti la donna è consultata frequentemente nelle decisioni familiari, dirige di fatto la casa, esce, riceve visite, può abbandonare il domicilio coniugale e ritornare nel gruppo della propria famiglia portando con sé i suoi beni. La donna conserva infatti il diritto di possedere un suo patrimonio e di partecipare all'eredità paterna e maritale (Iannettone, 1966).

Oltre alla funzione di modificare lo status sociale delle donne rese inferiori dalla religione tradizionale, Estrade (1977) attribuisce al tromba anche un altro ruolo "che nessuno sembra riconoscere, perché ciò sarebbe blasfemo", che è cioè "quello che viene chiesto al teatro" (Estrade,1977, 310). Tale funzione di divertimento, di svago e di catarsi si esprime secondo Estrade nelle trance individuali e improvvise a cui egli assiste durante i funerali, negli ospedali, nelle prigioni ma anche nelle regioni in cui il tromba non è accettato ed è quindi oggetto di scherno. La stessa funzione "teatrale" è ritrovata anche da Bastide (1972) e da Métraux (1971) nelle società afro-americane rispettivamente studiate, in cui i culti sono avvicinati a "psicodrammi" (Bastide, 1950) o a "etnodrammi" (Mars, 1962), termini che indicano cioè quel fenomeno "originario" che è al tempo stesso dramma e religione e che è simile al teatro terapeutico organizzato dal medico per giungere alla guarigione del paziente attraverso la "dedrammatizzazione" (Mars, 1962, 21).

Perché sia "autentica", cioè subita in buona fede in una prospettiva magico- religiosa (Leiris, 1989), è necessario che la possessione sia sentita dagli attori rituali e che risponda a determinati interessi o tensioni sociali, altrimenti diventa una possessione "jouée", caratterizzata dalla spontaneità, come ad esempio nel vodu haitiano (Metraux, 1971), nei culti Zār dell'Etiopia (Leiris, 1989) e nel tromba sakalava (Estrade, 1977). L'azione teatrale è infatti, secondo la tesi di Leiris (1989) un'azione non "vécue" ma "jouée" dai suoi protagonisti che restano coscienti di questo gioco; è una possessione definita "inautentica", cioè simulata deliberatamente per darsi in spettacolo o per agire sugli altri (con parole o atti da cui ci si asterrebbe in situazioni normali) sfruttando l'alibi dello spirito.

Un altro campo in cui Estrade (1977) ritrova il tromba legato al divertimento e allo svago è quello dei giochi infantili. Vi è infatti nella lingua sakalava proprio un'espressione che indica questo gioco del tromba (manao Kitrombatromba) e la stessa espressione è poi impiegata anche per indicare il tromba degli impostori.

Come è testimoniato da Ottino, (1965) e dalle stesse espressioni malgasce da lui raccolte di "falso saha" o di "tromba bugiardo", l'inganno è ammesso, anche se, come mostra Rusillon, (1912), è raro per superstizione o per paura dello spirito. Nella teoria sakalava la possessione è reale se si produce una effettiva sostituzione dello spirito alla personalità del posseduto, ma, di fatto, la verifica che tale mutamento sia già avvenuto nel momento in cui vengono pronunciate le parole dello spirito è impossibile a farsi. Inoltre nessuna sanzione, materiale o spirituale, minaccia i falsi posseduti o incombe sui loro parenti, come accade invece nel caso dei falsi guaritori. Ma qual è quindi il grado di credulità che viene attribuito ai discorsi delle persone in trance? Secondo Ottino (1965) anche se i Sakalava riconoscono largamente che la possessione possa essere talvolta simulata e portare ad abusi, tuttavia la loro cultura non tollera che tali dubbi vengano espressi collettivamente ed apertamente, perché potrebbero causare, in questo modo, l'indebolimento dell'autorità e dell'efficacia del tromba.

Perché il rito possa essere considerato efficace deve infatti fondarsi sul consenso di tutta la società sul significato del rito stesso (Douglas, 1979; Isambert, 1979). La "riuscita simbolica totale" avviene infatti secondo la tesi di Isambert quando il rito è assicurato da un "sentimento intenso di realtà di ciò che si compie" e dalla "coesione tra i partecipanti" (Isambert, 1979, 113). L'efficacia rituale perde invece di forza e di sacralità tutte le volte che il rito si trasforma in una scena teatrale (Valeri, 1981) e la rappresentazione del sacro in questi termini può essere anche considerata, come mostra l'espressione di Estrade (1977), qualcosa di "blasfemo".


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