CAPITOLO QUARTO


CERIMONIE E PERFORMANCE RITUALI DEL TROMBA

4. Altre manifestazioni del tromba

Al di là delle cerimonie reali e delle sedute pubbliche espressamente organizzate, lo spirito dei re defunti è sempre presente nella vita dei malgasci. Il tromba viene invocato quotidianamente nei momenti di difficoltà e di perplessità, ma presiede anche i riti che accompagnano le stagioni della vita. Jean-Marie Estrade (1977) ne testimonia la presenza nei momenti della nascita, del matrimonio, della morte:

La nascita. La prima settimana dopo la nascita, il bimbo viene accolto dalla cerchia familiare con una festa di ringraziamento a Dio e agli Antenati. Il tromba interviene in alcune famiglie per l'attribuzione del nome, che verrà comunque scelto tra quelli che indicano il giorno o il mese di nascita. Un mese dopo viene celebrata la "toilette", una sorta di battesimo, durante la quale vengono offerti del rhum o dell'idromele e del danaro ai posseduti della confraternita della madre del bambino, mentre sono in stato di trance; soddisfatti, gli spiriti non tardano ad andarsene e comincia allora la festa profana con bevande "moderne". Il tromba della madre viene evocato in seguito durante un'altra festa, organizzata circa a sette anni dalla nascita, che segna il passaggio del bambino "dalla puerilità alla saggezza" (Estrade, 1977, 262).

Il matrimonio. Se la famiglia della futura sposa è devota di un tromba, si sollecitano gli oracoli di questo spirito per conoscerne il volere. Se, inoltre, la ragazza è una posseduta si impongono dei riti supplementari (che consistono in offerte allo spirito) prima di onorare i genitori della ragazza con doni e complimenti come vuole la tradizione malgascia. Se il pretendente è accettato dal tromba della ragazza, si potrà celebrare il matrimonio. Alla cerimonia matrimoniale tradizionale se ne aggiunge quindi un'altra per "intronizzare" il tromba nella nuova famiglia: nel corso di una piccola festa, in cui sono convocati i posseduti della confraternita della donna, il marito fa dei doni al tromba promettendogli rispetto.

Tromba funerario. Dopo la morte di un posseduto bisogna rendere omaggio al suo tromba e offrirgli l'ospitalità di un nuovo corpo (Estrade, 1977, 260-263).

Secondo Estrade (1977) in alcuni momenti della storia, quando la colpa è grave e collettiva, viene rotto l'equilibrio tra gli uomini e gli spiriti e questi ultimi possono arrivare improvvisamente sulla terra attraverso numerose possessioni. Queste crisi collettive sono dunque causate dagli spiriti tromba, come è stato osservato anche da Raoul Allier nell'introduzione al libro di H. Rusillon (1912). In queste occasioni si assisteva a danze collettive che possono coinvolgere anche migliaia di persone e che sono seguite da crisi di possessione, caratterizzate da scalpitii, grida, movimenti bruschi della testa e delle braccia, agitazione dei lamba.

Tale fenomeno è conosciuto in Madagascar con il nome di Ramanenjana e in passato si è manifestato in modo diffuso soprattutto nella regione dell'Imerina in cui ha fatto la sua comparsa per la prima volta nel 1863. Oggi secondo Jaovelo-Dzao (1996) il Ramanenjana è "tombée en désuétude" (Jaovelo-Dzao, 1996, 235).

Jean-Marie Estrade (1977) e il dottor Andrianjafy (1902), medico malgascio che ha studiato i sintomi clinici del tromba, collegano queste coreomanie a crisi politiche e sociali, mentre Raoul Allier (1912) le spiega come reazione violenta all'introduzione di usi e costumi stranieri. In passato, infatti, tali possessioni collettive imperversarono nell'isola sia nel 1863 sotto il regno di Radama II, giovane re favorevole al progresso, alla libertà di culto e alla presenza degli europei, che nel 1895 al momento dell'occupazione francese (Raoul Allier, 1902) e furono causa di forti tensioni politiche e sociali (Mosca, 1987; Dilenge, 1983) che portarono addirittura all'uccisione del re regnante allora (78).

La crisi del Ramanenjana viene descritta da Rusillon (1912): il futuro posseduto danza sotto un impulso che non riesce a controllare, fa cioè dei movimenti alternati con piedi e mani, contorcendosi da un lato e dall'altro, ma quasi senza cambiare posto. Talvolta cessa di danzare per camminare, correre e saltare; altre volte, continuando a danzare o a camminare saltando, tiene delle bottiglie piene d'acqua in equilibrio sulla testa.

Anche il dottor Andrianjafy (1902) dà diretta testimonianza del fenomeno e osserva che la vittima ama portare con sé lunghe canne da zucchero che tiene in mano o sulle spalle quando danza. Spesso il malato compie evoluzioni portando una bottiglia piena d'acqua sulla testa (79), mantenendola in perfetto equilibrio. Abitualmente danza al suono del tamburo ma altri strumenti, come il valiha o il lokanga-voatava (80) possono egualmente servire allo scopo; se non è possibile procurarseli i presenti battono il tempo con le mani e cantano l'aria prediletta dal paziente. Quest'ultimo ama recarsi, sia solo sia accompagnato da indovini, maghi, musicisti e qualche parente, presso alcune "pietre sacre" presenti nelle antiche capitali dei regni storici presso le quali un tempo si svolgevano le cerimonie di incoronazione dei sovrani di Madagascar. Qui il malato, che ha dei segni di terra bianca sulla fronte e sui palmi delle mani, danza per ore intere; la scena termina con l'offerta allo spirito, amante di dolciumi, di una canna da zucchero di buona qualità che viene deposta sulla pietra sacra.

Anche le tombe sono luoghi di riunione scelti dal malato. Non è raro, in tempo di epidemia, vedere più vittime incontrarsi di sera sulle tombe di antenati nobili e danzare qui al chiaro di luna sino a dopo la mezzanotte. In questo caso, il malato vi si reca da solo senza il suo corteo e soltanto i parenti si tengono ad una certa distanza per sorvegliarlo e per evitare che cada, privo di sensi, senza nessun soccorso (Andrianjafy, 1902).

Nelle crisi di Ramanenjana i posseduti entrano in comunicazione con gli spiriti dei morti reali ed in particolare con la famosa regina Ranavalona I, madre di Radama II. Il malato-posseduto teme sopratutto il maiale ed i cappelli, al punto che la sola vista di questi provoca in lui una forte repulsione e persino convulsioni o terribile ira. Il maiale è ritenuto impuro da molte tribù malgasce ed era aborrito dalla defunta Ranavalona I; i cappelli ricordano invece gli stranieri, dal momento che la maggior parte degli indigeni non ne porta (Andrianjafy, 1902).

Precise relazioni sul Ramanenjana sono contenute in documenti dell'epoca, gli Annales de la propagation de la foi (1864, t.XXXVI) e il Moniteur universel (1863), che descrivono le crisi di possessione prodottesi in quegli anni, crisi che "intendevano manifestare così lo sdegno di Ranavalona I contro il re suo figlio, reo di aver «venduto» Madagascar agli stranieri" (Dilenge, 1983, 39). In queste occasioni di dialogo con gli spiriti era prevalente infatti, se non esclusivo, il giudizio negativo sulla politica perseguita da Radama II: spesso la vecchia Ranavalona ordinava al figlio di ritornare all'antico regime, di non permettere la diffusione della preghiera cristiana, di scacciare gli europei e di impedire la presenza dei maiali nella città santa; altre volte Ranavalona e Radama I dichiaravano il loro figlio indegno della corona oppure piangevano e supplicavano i loro antenati di ricorrere ai guaritori per scacciare i malefici gettati sul loro infelice successore.


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