CAPITOLO II - IL SOFTWARE NELLA EVOLUZIONE DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA

SEGUE: LA PROTEZIONE DEL DIRITTO D'AUTORE

L'altro filone dottrinale inquadra il programma tra le opere tutelabili con le norme sul diritto d'autore. Secondo questa dottrina il programma, in quanto risultato di un'attività creativa compiuta dal suo autore, merita, al pari di qualsiasi opera dell'ingegno, che su di esso insista uno specifico ius escludendi alios che altro non potrebbe essere se non un diritto d'autore.

E' interessante notare che le argomentazioni degli autori che appoggiano tale tutela appaiono svilupparsi secondo un percorso metodologico comune. In primo luogo viene verificata l'impercorribilità della strada brevettuale (57) e l'inefficacia di una tutela rimessa esclusivamente all'autonomia delle parti; in secondo luogo viene postulata l'esigenza di una tutela del programma atta a remunerare gli investimenti compiuti per la sua produzione.

Da tali premesse viene dedotta, quale unica soluzione, l'assimilabilità del programma ad un'opera dell'ingegno. Operata questa scelta la stessa dottrina si interroga sulle perplessità, sugli ostacoli che si frappongono alla tutela sotto il profilo del diritto d'autore: primi fra tutti la non menzione dei programmi nell'elenco delle opere protette col diritto d'autore (cosa che avverrà solo con legge n. 518 del 1992), la mancanza di definizione del requisito della creatività con riguardo al software, la difficoltà nell'individuazione della forma del programma come distinta dal contenuto.

Analizzando più da vicino la disciplina del diritto d'autore, vediamo come il legislatore (art. 2575 c.c., art. 1 l.d.a.) dichiara che formano oggetto di protezione le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo e la forma di espressione. Questa elencazione è, secondo la dottrina prevalente, di carattere tassativo (58) essendo necessario, ai fini della protezione, che le opere rientrino in una delle anzidette categorie. Di carattere esemplificativo va invece ritenuta l'elencazione dell'art. 2 l.d.a. che riporta:

  1. le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose tanto se in forma scritta quanto se orale;
  2. le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
  3. le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti;
  4. le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, dell'incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia, anche se applicate all'industria, sempreché il loro valore artistico sia scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate;
  5. i disegni e le opere dell'architettura;
  6. le opere dell'arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II;
  7. le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia, sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II.

Dalla lettura delle norme emerge che il software, come opera dell'ingegno, non viene né ricompreso né tassativamente escluso. Per cui si tratterrà di verificare la presenza, in esso, dei requisiti richiesti dalla legge; di una legge che tutela ampiamente l'attività creativa dell'autore come espressione della sua libertà (artistica, scientifica, ecc.) in funzione anche dell'interesse della collettività alla creazione e circolazione dell'opera in una più ampia e generale promozione del progresso sociale, dello sviluppo culturale e della ricerca scientifica e tecnica (principi sanciti, peraltro, a livello costituzionale dall'art. 9).

Ora, per quanto riguarda più in particolare i requisiti che l'opera dell'ingegno (il programma) deve avere per ottenere tutela, questi vanno individuati nella originalità e nella creatività. L'originalità va riferita alla forma di espressione: il programma deve essere espresso, comunicato all'esterno, non solo in una forma concreta, intellegibile e comprensibile al fruitore che lo possa identificare ed individuare, ma altresì originale, cioè nuova rispetto ad una forma espressiva precedentemente utilizzata. L'originalità può essere anche di sostanza, ma deve essere soprattutto di forma, perché, a differenza del brevetto, il diritto d'autore protegge la forma dell'opera dato che la sostanza, una volta a disposizione del pubblico, può essere liberamente utilizzata da chiunque. Circa la creatività, elemento essenziale che consente il passaggio dell'attività dello spirito alle vere e proprie opere dell'ingegno, è quel "quid novi", quel contributo nuovo che l'autore apporta alla collettività.

Definendo il software come una successione di istruzioni o una concatenazione logico-matematica di dati, scritta o rappresentata in qualsiasi codice o linguaggio su supporti materiali che, impartite all'elaboratore, consentono il conseguimento di certi risultati, possiamo senz'altro considerarlo un'idea creativa, frutto dell'attività intellettuale del suo autore, che viene espressa in una forma originale e come tale protetta col diritto d'autore.

All'interno del programma, poi, è concettualmente possibile distinguere il contenuto, cioè l'idea di soluzione di un determinato problema, diretta a produrre un certo risultato, dalla forma (interna) cioè dalla diversa organizzazione, strutturazione che è possibile dare a quel contenuto.

Se il contenuto, l'idea pura e semplice non esteriorizzata, è libera da qualsiasi esclusiva per la considerazione, già accennata, secondo cui deve essere assicurata la libera circolazione delle idee (59), la forma attribuita da più autori alla medesima idea costituisce oggetto del diritto d'autore, avente carattere di opera scientifica.

Questa posizione dottrinale risulta perfettamente in linea col principio espresso dalla Cassazione (Cass. 1 febbraio 1962, n. 210) secondo cui "il diritto d'autore ... tutela la forma espressiva dell'opera dell'ingegno, ma non si estende - specie per quanto attiene alle opere di carattere scientifico - al contenuto e agli insegnamenti che attraverso l'opera possono essere impartiti, cosicché l'esclusività cade solo sull'espressione del discorso scientifico, non anche sul contenuto intellettuale intrinseco dell'opera scientifica o sull'insegnamento che da esso può trarsene, dovendo questo, invece, rimanere a disposizione di tutti per il progresso delle scienze e della cultura generale".

Le critiche a questo assetto dottrinale non potevano mancare: si è dubitato che il programma possa essere scisso in forma e contenuto. Secondo Ghidini (60) infatti, nel programma i singoli passaggi e le loro concatenazioni appaiono finalizzati all'idea-scopo che il procedimento mira a realizzare; ed è per questo che non si può scindere la forma di espressione dal contenuto ideativo. Neppure la variabilità delle concatenazioni permette l'anzidetta scissione, posto che comunque tutte le variabili sono necessariamente legate al perseguimento della medesima funzione. D'altra parte, come acutamente osserva l'autore, il diritto d'autore si presta a proteggere un "materiale" assai più esteso rispetto a quello proteggibile dal brevetto. Infatti mentre il primo protegge il programma e la sua documentazione, richiedendo un grado di originalità non molto elevato, per il riconoscimento del secondo, invece, occorre obiettivamente innalzarsi sopra lo stato della tecnica.

Anche Floridia (61) critica il binomio forma-contenuto osservando che nel programma la creazione intellettuale consiste proprio nelle istruzioni in sé considerate e non nel loro modo di espressione.

C'è inoltre chi sostiene che il programma mancherebbe dei requisiti propri del diritto d'autore sia perché usa un linguaggio artificiale, fortemente standardizzato, non certo assimilabile a quello naturale utilizzato per scrivere per esempio un romanzo, sia perché quell'artificialità non è immediatamente intellegibile, non è adatta alla comunicazione intersoggettiva. Per rispondere a questi quesiti, Losano (62) afferma che in certi casi sono proprio la ingegnosità e sinteticità di quel linguaggio, grazie al quale si ottengono i risultati voluti senza dispersione di energia, di calcolo e di inutili interventi umani, che attribuiscono al programma creatività (63). D'altro canto, secondo Losano, la non intellegibilità non può costituire un problema: anche una partitura musicale ha un suo linguaggio particolare non comprensibile a chi non ha mai studiato musica, anzi la si comprende solo conoscendo la scala musicale ed eseguendola con uno strumento, eppure è protetta senza dubbio dal diritto d'autore. Losano vede nella partitura musicale e nel programma una forte analogia: "in entrambi i casi la comunicazione intersoggettiva avviene tra individui che conoscono il linguaggio artificiale usato (nota musicale o linguaggio di programmazione); quel linguaggio artificiale realizza a pieno la sua funzione comunicativa ricorrendo ad uno strumento materiale, ad una macchina (il pianoforte o l'elaboratore)". Per questo meritano tutela, altrimenti, per dirla ancora con Pardolesi (64), si arriverebbe a negare la capacità di trasmissione di informazione che hanno, ad esempio, il codice Morse o la scrittura Braille, semplicemente perché la maggior parte dei soggetti non sanno decrittarli. Ma quello che facilmente si dimentica (e che Borruso (65) invece sostiene con vigore) ad obiezione di questo indirizzo, è che l'ostacolo insuperabile al riconoscimento al software del diritto d'autore risiede proprio nel fatto che tutta la normativa presuppone che oggetto della tutela sia sempre qualcosa destinato alla comunicazione tra esseri umani, mentre "il software, pur sostanziandosi in uno scritto che, almeno a livello di programma sorgente, è intellegibile anche dall'uomo, non è destinato ad alcun essere umano, bensì al computer".

E' opportuno introdurre un'importante classificazione nell'ambito dei programmi: quella tra programma sorgente e programma oggetto. Programma sorgente è quello scritto in linguaggio di programmazione ad alto livello di astrazione (ad esempio BASIC, FORTRAN, COBOL, PASCAL, ecc.) comprensibile all'uomo ma non alla macchina. Per essere "letto" da quest'ultima, il programma deve essere tradotto dal compilatore in un linguaggio-macchina codificando le istruzioni in forma binaria. Il programma espresso in questa forma prende il nome di "codice (o programma) oggetto", ed è quello che, mediante impulsi elettrici o magnetici incorporati su nastro o disco, fornisce materialmente istruzioni all'elaboratore. In questa ultima forma il programma comunica con il computer, e soltanto con esso, ed è generalmente arduo derivare da esso le istruzioni impartite dal programmatore.

Fatta questa classificazione, possiamo affermare, pur nell'ambito dei contrasti dottrinali analizzati, che sono i programmi che rientrano nella prima categoria ad essere compresi e tutelati, sia civilmente che penalmente, dal diritto d'autore. Così soltanto il programma che sia frutto di uno sforzo creativo originale diretto al conseguimento di un risultato, espressione del lavoro intellettuale del programmatore, garantirà al suo autore oltre al diritto morale di cui agli artt. 20 e seguenti l.d.a. il diritto di utilizzazione economica di cui agli artt. 12 e seguenti l.d.a. (i diritti esclusivi di pubblicazione, di riproduzione, di trascrizione, in prevedibili ipotesi quello di esecuzione, di rappresentazione, di diffusione e di messa in commercio a scopo di lucro).

A sostegno di questo inquadramento possiamo riportare la serie dei vantaggi [sintetizzata da Pastore (66)] che esso comporta: "la disciplina del diritto d'autore non subordina la protezione all'adempimento di alcuna formalità di deposito o di registrazione; con la tutela del diritto d'autore il software consegue una protezione erga omnes; la proteggibilità del software attraverso il diritto d'autore è più ampia di quella brevettuale, anche dal punto di vista quantitativo, oltre che qualitativo, in quanto può riguardare qualsiasi tipo di programma e concernere sia il programma che le istruzioni; la tutela del diritto d'autore è meno rigorosa di quella brevettuale, richiedendo, anche sul piano tecnico, un accenno modesto di originalità personale; la tutela attraverso il diritto d'autore, infine, comporta il riconoscimento dei vari diritti esclusivi previsti dal legislatore in capo al titolare dell'opera dell'ingegno".

Per concludere, a segnare quasi definitivamente il percorso dottrinale verso il diritto d'autore, si aggiunge la posizione chiarificatrice della Commissione CEE che nel 1989, nella Relazione al Progetto di direttiva sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (volto ad armonizzare le legislazioni in tema di software con i principi del Trattato CEE sulla concorrenza) così si esprime: "i concorrenti, una volta stabilito mediante un'analisi indipendente quali idee, regole o principi vengono usati, sono liberi di creare la loro applicazione delle idee, regole o principi onde realizzare prodotti compatibili. Essi possono basarsi su un'idea identica ma non possono usare la stessa espressione di altri programmi protetti; quindi non vi è monopolio sull'informazione in sé ma soltanto tutela della forma di espressione di quella determinata informazione. Nei casi in cui nei confronti dei programmi operativi si verificano somiglianze nel codice che applica idee o principi dovute all'inevitabilità di alcune forme di espressione, qualora le limitazioni derivanti dall'interfaccia siano tali da rendere impossibili in quelle circostanze un'applicazione diversa, normalmente non si configurerà una violazione del diritto d'autore perché in tali circostanze generalmente si considera che l'idea e l'espressione si sono fuse".


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