CAPITOLO II - IL SOFTWARE NELLA EVOLUZIONE DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA

SEGUE: L'ALGORITMO PER COMPUTER

Sempre nell'ottica della tutela brevettuale si attesta la posizione di Borruso (53), che respingendo la posizione di quanti negano la brevettabilità del programma sulla base della mancanza dei requisiti di materialità e industrialità, considera brevettabile proprio "l'algoritmo per computer".

Invero la materialità , intesa come la pratica ed immediata traducibilità dell'idea inventiva in oggetto materiale, quale un prodotto, uno strumento, una macchina, sì da incorporarsi in essa ("invenzione di prodotto") o in un nuovo metodo o procedimento per fabbricarli ("invenzione di procedimento") va ravvisata proprio nel considerare il software come un programma scritto per la macchina e non per l'uomo.

Il programma non ha ad oggetto esclusivamente un'attività intellettuale umana, non è un semplice progetto che si estrinsechi solo in un determinato modo di agire, di pensare, di ragionare, perché se così fosse sarebbe assimilato a quelle categorie, come le scoperte scientifiche, i sistemi di calcolo, i metodi di insegnamento, i metodi di organizzazione del lavoro ecc. le quali sono escluse dalla brevettabilità. Questa esclusione ha un preciso significato: quello di evitare che la costituzione di diritti di esclusiva sul pensiero umano mini la libertà del pensiero stesso.

E' vero che il software riproducendo, talvolta, le procedure mentali simula il pensiero, ma esso non è diretto all'uomo, come il generico know-how, ma alla macchina (54), cioè diventa operativo solo attraverso la macchina. Se poi si afferma che non può negarsi la materialità al "programma oggetto" ossia quello inserito nella memoria centrale del computer, o nella stessa predisposizione fisica dei circuiti elettrici, a maggior ragione non va negata la materialità al software che del primo è lo speculare riscontro.

Pure affermativamente viene risolto il problema relativo alla presenza o meno nel software del requisito della industrialità. E questo per una serie di motivi: il software, soprattutto quello consistente in packages applicativi, è un vero e proprio prodotto industriale perché pur sempre materializzato su un supporto fisico che mette la macchina in grado di compiere le operazioni richieste; può essere riprodotto in serie e con caratteri ed effetti costanti; può subire deterioramenti e divenire obsoleto come qualsiasi prodotto industriale (anzi è maggiormente destinato a divenire obsoleto); viene prodotto e rivolto indistintamente alle esigenze di tutti i possibili acquirenti.

Il suo contenuto intellettuale non deve trarre in inganno: anche i libri hanno contenuto intellettuale eppure nessuno dubita che la produzione di libri dia luogo ad una vera e propria industria. Se industria è sempre stata considerata la produzione di macchine aventi il compito di sostituire l'uomo, i suoi muscoli o i suoi sensi, il software, in quanto parte integrante ed essenziale di una macchina che sostituisce l'uomo, è esso stesso prodotto industriale.

Ora, se è vero che la legge di riforma dei brevetti del 1979 all'art.7 ha espressamente escluso, insieme ad altre categorie, la brevettabilità del software, lo ha fatto solo nella misura in cui sia considerato in quanto tale. Il legislatore, cioè, ha inteso restringere il significato di programma a "quell'insieme di istruzioni ordinate in sequenza che applicano (cioè interpretano e svolgono) un algoritmo", dunque ha fatto riferimento ad un mero lavoro applicativo, ad una mera procedura di esecuzione che non ha nulla di creativo e di originale e quindi nulla di brevettabile.

Ma è proprio l'algoritmo, o meglio l'algoritmo di soluzione, quella procedura cioè che attraverso una serie finita di passaggi trasforma i dati immessi nella macchina nel risultato richiesto, che secondo Borruso costituisce la "carica ideativa" del programma. Infatti sono proprio la prospettazione di un problema di cui si vuole conoscere il risultato, le particolari modalità utilizzate per raggiungere quel risultato (il tipo di input, il modo di elaborazione e il tipo di output), che fa dell'algoritmo il requisito ideativo ed originale del programma. Questo non solo quando l'algoritmo è una vera e propria invenzione consistente nell'estrinsecazione di un pensiero nuovo, di un'idea mai realizzata prima (55), ma anche quando utilizza e coordina un patrimonio di conoscenze già acquisito alla cultura scientifica (è cioè il riflesso di una scoperta) (56) come per esempio l'hardware, opportuni linguaggi di programmazione, ecc., questo non esclude la sua brevettabilità purché quel coordinamento di elementi e mezzi noti si traduca in un apporto originale ed ingegnoso in virtù del quale si ottenga un risultato nuovo ed economicamente utile.

Concludendo, quindi, Borruso afferma che è proprio l'algoritmo di soluzione di un programma che, prevedendo un certo tipo di input, un certo tipo di elaborazione di quell'input, un certo tipo di output e la particolare configurazione che il computer deve avere, costituisce invenzione brevettabile.


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