da "Racconti e bozzetti" (1880-1922) Un'altra inondazioneMi rammento, nell'ultima eruzione dell'Etna, di avere assistito ad uno di quei semplici episodi che vi colpiscono più profondamente della catastrofe istessa. Era lo spettacolo di un casolare, in fondo alla valle, che la lava stava per seppellire. Davanti al casolare, c'era un cortiletto, cinto da un muricciuolo, il quale aveva arrestato per poco la corrente, e le scorie gli si ammonticchiavano addosso adagio adagio; sembrava si gonfiassero, come un rettile immane irritato, e scoppiavano in larghi crepacci infuocati. Allora il casolare ne era improvvisamente rischiarato, e si vedevano le finestre spalancate, una tettoia accanto alla porta, e un albero nel cortiletto. L'immensa valle era tutta nera di scorie fumanti, che si squarciavano qua e là, e avvampavano nelle tenebre, e le scorie irrompevano da quei crepacci, con un acciottolio prolungato e sinistro, come di un'immensa distesa di tegole che rovinasse. Una delle finestre del casolare si era illuminata, e dava un aspetto di cosa viva a quella casuccia abbandonata in mezzo a tanta desolazione; ma ciò che colpiva maggiormente era quel cortiletto deserto e sgombro d'ogni cosa, senza un cane, né una gallina, né un pezzo di legno, quasi spazzato da un vento furioso. Di tanto in tanto vi si vedeva comparire un uomo, il quale sembrava nero nel riflesso ardente della lava, e piccin piccino per la grande distanza. Egli si affacciava sotto la tettoia, e guardava. Dal poggio dove eravamo, si scorgevano anche col cannocchiale altri uomini piccini e neri, che formicolavano sul tetto, e ne levavano le tegole, i travicelli, le imposte, tutto ciò che potevasi strappare di dosso alla povera casa, la quale pareva sempre più desolata a misura che la spogliavano nuda prima di abbandonarla. E intanto dal poggio gli spettatori, seccati dalla cenere che li accecava, e dalle emanazioni che toglievano il respiro, s'impazientivano del lungo tempo che ci metteva la lava a soverchiare l'altezza del muricciuolo, e calcolavano, coll'orologio in mano, il tempo che ci avrebbe messo a circondare la casuccia. Tutt'a un tratto l'albero accanto alla porta avvampò come una fiaccola, e la lava si rovesciò nel cortile. E nella immensa valle nera non si vide altro che il rosseggiare qua e là
delle lave che irrompevano, accompagnate dall'acciottolio sinistro delle scorie che
precipitavano. Alle volte, mentre la corrente infuocata si ammonticchiava a poco a poco
per 50 metri d'altezza, non si udiva né si vedeva più nulla, tranne il fruscio soffocato
della pioggia di cenere, che stampavasi come uno sterminato nuvolone nero sul pallido
cielo di luna nuova, e le fiamme che si accendevano di tratto in tratto nella valle, e
indicavano il corso della corrente di fuoco. Ah! quanti alberi se ne andavano in quelle
fiamme! e quanti filari di vigne zappati, potati, accarezzati, guardati cogli occhi
assorti nei castelli in aria della povera gente! e quante cannucce con le immagini di
sant'Agata miracolosa, che non erano valse ad arrestare il fuoco! e quante avemarie
biascicate colle labbra tremanti! Un tale, il giorno prima, vi possedeva una vigna che gli fruttava 3000 lire
all'anno, una ricchezza, sebbene non avesse altro, per sé e per la sua numerosa famiglia.
Tutt'a un tratto vennero a dirgli che il fuoco si divorava la sua ricchezza, e lo lasciava
povero e pazzo, come si dice. Egli accorse a cavallo dell'asino, e trovò il vignaiuolo
affaccendato a levare le imposte del palmento, e le tegole del tetto, le doghe delle
botti, tutto ciò che si poteva salvare, come avevano fatto quei del casolare. Il padrone,
giungendo alla porta senz'uscio del palmento, dinanzi alla sua vigna che gli fumava e gli
crepitava sotto gli occhi, filare per filare, domandò al vignaiuolo con la faccia bianca;
- Perché avete levato le tegole e le imposte, e le doghe delle botti? - Per salvarle dal
fuoco - rispose il contadino. - Il fuoco fra tre ore sarà qui. - Lasciate stare ogni
cosa, - disse il padrone. - Io non ho più bisogno di palmento, né avrò più cosa
metterci nelle botti. Io non ho più nulla . - Egli non aveva nemmeno la zappa da camparsi
la vita, come il suo vignaiuolo. Poi baciò il cancello della vigna, che ancora rimaneva
in piedi, e se n'andò, tirandosi dietro l'asinello. |