CAPITOLO TERZO


IL TROMBA

6. Gli strumenti musicali e i canti

Lo strumento musicale tradizionale indispensabile e sempre presente nelle sedute del tromba è la valiha, una sorta di cetra. Il ritmo è dato anche dal rombo (o battito di mani) e dal suono dei tamburi reali, manandria o hazolahy. L'arte dei battitori di mani e quella dei suonatori dei tamburi si apprende attraverso una lunga pratica (Rusillon, 1912). I manandria sono l'emblema della regalità sakalava e contribuiscono a ricreare nel corso della cerimonia l'atmosfera e l'ambientazione delle corti degli antichi re. Meno frequentemente si trova la fisarmonica, molto apprezzata ma costosa. Nelle descrizioni di Estrade (1977) delle cerimonie contemporanee del tromba, il classico tamtam o i volgari bidoni e barattoli completano la gamma degli strumenti a percussione. Sono, invece, rigorosamente vietati dallo spirito gli strumenti moderni o stranieri (la fisarmonica è un'eccezione). Tutti gli strumenti musicali prima dell'uso sono consacrati con del caolino o "terra bianca", utilizzata dal medium anche per segnare il corpo dei posseduti e gli altri oggetti rituali.

Gli studiosi della cultura malgascia sostengono che i tamburi reali sono stati utilizzati come strumenti cerimoniali nel Sud-Est malgascio sin dalla nascita del primo regno nel XVI secolo. Jean-François Baré (1980) descrive in particolare il tipo hazolahy (lett.: "legno maschio"), dalla forma lunga e cilindrica, che viene utilizzato sia presso le reliquie reali e quindi i doany che presso le tombe. Gli hazolahy delle tombe reali di Manongarivo sono tesi con la pelle di due animali sacrificali, il bue e la capra, sono battuti esclusivamente dagli uomini che li hanno in custodia e sono conservati in una dimora riservata ai soli tamburi (Baré, 1980). Gli hazolahy sono gli "iniziatori" delle cerimonie, il loro suono separa il tempo cerimoniale da quello quotidiano ed è sempre alternato a quello delle conchiglie marine (antsiva) (50). Quest'ultima descrizione data da Baré contrasta con quella che ritroviamo in Estrade (1977) secondo cui la conchiglia di mare non appare sempre a fianco ai tamburi; strumento sacro per eccellenza, questa viene infatti utilizzata solo durante la festa annuale del Bagno o per calmare la collera dei re, ma non si ritrova durante le cerimonie tromba.

Curt Sachs (1938) fornisce nel suo libro una descrizione precisa degli strumenti musicali malgasci. Per il suo lavoro l'autore si e' basato sull'osservazione diretta degli strumenti presenti nel Musée de l'Homme a Parigi, sulle foto prese sul campo e sulle relazioni di viaggio risalenti sino al XVII secolo. Di particolare interesse è la testimonianza che egli offre sugli strumenti utilizzati durante le cerimonie tromba: il tamburo detto hazolahy (o manandria) e la valiha. Il manandria è un tamburo su cono, in legno duro; ha un corpo leggermente bombato e due pelli sensibilmente diseguali, la più piccola delle quali è circondata da una rondella in paglia. L'attacco è indiretto: la pelle è avvolta intorno ad un cerchio di legno o di metallo; il bordo, rialzato, è tenuto fermo da un altro cerchio. Vicino alla piccola pelle vi è una cintura formata da più giri di corda. Il tamburo è sospeso al corpo con l'aiuto di una corda ed è mantenuto quasi orizzontale, con la grande pelle posta a destra. Come spiega M. H. Deschamps (1934) si tamburella il piccolo lato con la mano, ad un ritmo frenetico e continuo, ed il lato più largo con una bacchetta di legno, con colpi più o meno distanziati e violenti che scandiscono la danza. Il tamburo su cono esiste solo in coppia, di taglia e tonalità diverse, in modo da fornire quattro note. La differenza non consiste nella lunghezza, ma solo nel diametro. Dove esistono strumenti accoppiati, l'uno è guardato come maschio, l'altro come femmina: il nome di "legno maschio", potrebbe del resto esserne una conferma. Un'altra spiegazione sarebbe quella secondo cui il tamburo hazolahy non è mai tra le mani di una donna; molti osservatori affermano che esisterebbe un divieto formale alle donne di toccarlo. Il hazolahy è uno strumento rituale, spesso sacro, che si ritrova nelle cerimonie reali, nelle circoncisioni, nei funerali; sembra tuttavia che venga usato anche in occasioni profane e che il modo di suonarlo non sia costante (può essere battuto anche con due mani).

La valiha è una sorta di cetra costruita su canna di bambù. Consiste in un grosso pezzo di bambù compreso tra due nodi, al di là dei quali è stata generalmente lasciata, da una parte e dall'altra, una certa porzione di canna. Tra i nodi e nel senso della lunghezza si staccano dalla corteccia delle sottili bande che servono da corde. Queste non vengono tagliate fino alle estremità, protette da uno spago avvolto tutto intorno. Ogni corda è tesa ed accordata con due piccoli angoli di legno inseriti come cavalletti. Per quanto riguarda gli accordi, si ritrova una forte influenza dell'Occidente.

Lo strumento può essere suonato seduti o in piedi. A seconda dei casi, l'estremità inferiore del bambù è stretta tra le ginocchia o i piedi, oppure è posta sotto il braccio o appoggiata sullo stomaco (Sachs, 1938).

Le circostanze e le parole cantate durante le sedute del tromba testimoniano, secondo Rusillon (1912), che i canti rivolti allo spirito sono dei canti religiosi e anche la musica costituisce una realtà sacra. Pur conservando una certa monotonia, quest'ultima offre una grande varietà; è raro infatti che in clan diversi o anche in una serie di sedute successive, si cantino le stesse parole su una stessa aria. Ciò dipende molto, comunque, dall'improvvisazione del capo-coro (ampijijy). In una stessa seduta, all'interno del coro, possono susseguirsi più direttori: il più esaltato, il meno stanco o il più abile diventa il direttore momentaneo.

In Rusillon (1912) ritroviamo precise testimonianze sul genere di canti e di musica utilizzati durante le cerimonie tromba. Secondo l'autore i canti sono composti generalmente da un linguaggio esoterico, impiegato in modo laconico. I canti iniziali delle cerimonie, accompagnati dai valiha, ritmati dai tamburi e dai battiti delle mani, sono di appello e di invocazione. Una volta intonato, il canto è continuato fino a completo esaurimento, a meno che il capo-coro (ampijijy) non ne cominci uno nuovo o che un altro non interrompa l'esecuzione. Se lo spirito si fa attendere, si accelera il ritmo del canto, per incitarlo con più forza a venire. Generalmente quando i presenti cominciano a spazientirsi perché lo spirito si fa desiderare, l'ampijijy pone delle domande sul re alle quali il coro dice di non voler rispondere.

Quando il malato inizia ad agitarsi, ci si appresta ad accogliere il re, che sta per materializzarsi nel posseduto, con una nuova preghiera composta da una frase ripetuta all'infinito, cantata dapprima lentamente ed a voce moderata e poi più velocemente. I cantori finiscono per arrestarsi, sfiniti, ma il malato, eccitato, continua da solo, automaticamente, i suoi movimenti delle spalle e della testa.

Se si tratta di un uomo possessore di un tromba femminile, lo si obbliga a travestirsi e si canta una cantilena, particolarmente ripetitiva, che non ha alcun senso e che parla di una donna, di una regina, di un ermafrodita o di un uomo che ha abitudini di donna; grazie alla sua ripetizione interminabile e al fatto di essere accompagnata dal fumo dell'incenso, esercita un effetto straordinario sul medium facilitandogli l'entrata in trance. Nelle cantilene è talvolta espresso un certo rimpianto per non poter vivere in una terra migliore del Boina, rimpianto che alla fine del canto si tramuta infine in rassegnazione e speranza, dal momento che in questa terra si possono comunque "servire" gli antenati e godere della loro presenza. Poco numerosi sono i canti di umiliazione in cui i presenti cantano per conto del malato, si umiliano per lui e nello stesso momento quest'ultimo si esalta per essere stato scelto da un tromba. Spesso i canti allo spirito permettono anche di rinfrescare la memoria collettiva. L'ampijijy enumera infatti tutti i personaggi celebri che costituiscono il pantheon sakalava e si ingegna anche ad inventarne dei nuovi, cosa sempre molto apprezzata dai partecipanti.

Quando lo zelo dei presenti diminuisce, il medium si abbandona ad un'energica mimica che mira a far riprendere vigore alla litania; iniziano, allora, dei canti spontanei in polifonia.

Nell'ottica musicale del tromba l'aspetto terapeutico non è da sottovalutare: i suoni cacofonici e discordanti scacciano gli spiriti cattivi, mentre la musica dolce ed armoniosa evoca quelli benefici e calma quelli malvagi.

Generalmente queste nenie sono cantate all'unisono. Di tanto in tanto vi sono delle prove di armonizzazione e spesso si termina con una corona a quattro voci, ciascuno dando il suo piccolo colpo di gola. Spesso gli esercizi si prolungano per tutta la notte e nessuno si sottrae allo sforzo e alla fatica. Avere un ruolo in circostanze così memorabili è considerato un onore, senza dimenticare che l'eventuale rifiuto di partecipare alle cerimonie sarà seguito dalla vendetta degli spiriti o da quella dei posseduti interessati offesi da tale atteggiamento (Rusillon, 1912).


[ Paragrafo precedente | Indice | Paragrafo successivo ]