CAPITOLO IV - NUOVI SVILUPPI SULLA TUTELA DEL SOFTWARE

CRISI DEL DIRITTO D'AUTORE

Il d.lgs. 29 dicembre 1992 n. 518, redatto sulla scorta della direttiva CEE 91/250, dovrebbe in ipotesi aver dato un assetto definitivo alle modalità con le quali i programmi per elaboratore vengono tutelati in Italia e all'interno della Comunità Europea.

Tuttavia le attuali indicazioni che giungono, come vedremo, non solo dal panorama nordamericano, ma anche dalle non poche decisioni dell'UEB (Ufficio Europeo dei Brevetti), consentono di avanzare qualche dubbio sull'assetto di cui si diceva. Infatti l'attenzione degli operatori del settore, dalle industrie informatiche al mondo giuridico, sembra concentrarsi sulla tutela del software tramite lo strumento del brevetto per invenzioni.

Del resto la scelta del diritto d'autore non è mai stata incontrastata, e questo ancor prima del suddetto decreto.

Le difficoltà di tutela del software, ampiamente discusse nei capitoli precedenti, probabilmente risiedono nell'averlo forzatamente inquadrato in una determinata categoria (diritto d'autore) e nell'aver di conseguenza tentato assolutamente di giustificare l'inquadramento effettuato, senza definire sul piano ontologico l'essenza o la natura del bene/programma; operazione quest'ultima che dovrebbe essere preliminare all'individuazione della relativa tutela giuridica.

Per quanto riguarda le critiche (prima ancora che vi fosse una apposita legge) circa l'inquadramento del software tra le opere dell'ingegno pone mente ricordare uno scritto di L. De Sanctis (120) il quale, riprendendo il pensiero di Benedetto Croce (121), riporta l'attenzione sull'essenza stessa dell'opera dell'ingegno protetta dalla l.d.a.. Infatti l'opera dell'ingegno, quale frutto e risultato di un atto di intuizione e non già di intelligenza o di comprensione deduttiva, quale atto di immaginazione, unico in quanto riproducente la personalità del su autore, atto di fantasia individuale pur se di modesto livello qualitativo, appartiene al dominio dell'estetica.

L'autore ricorda l'insegnamento che, i cosiddetti "padri storici" del diritto d'autore, hanno dato in ordine all'opera dell'ingegno: opera "suscitatrice" di emozioni psichiche appartenenti al piano estetico delle percezioni umane; e di qui la differenza tra opere dell'ingegno (dominio del bello) da un lato, caratterizzate dall'autonomia dell'espressione, e proprietà industriale (dominio dell'utile) dall'altro, funzionalizzate al risultato pratico o tecnico (122).

Spostando l'attenzione sul software e accertato, secondo l'autore, che esso altro non è che uno specifico e determinato procedimento logico (espresso in un linguaggio simbolico e di solito materializzato su di uno specifico supporto) volto al raggiungimento di particolari risultati, difficilmente potrà suscitare reazioni estetiche se pur minime. (123).

Cosa dire di alcune fattispecie in cui, attraverso il programma, vengono prodotti effetti che siano percepibili dal fruitore: suoni, musiche, immagini, voci, colori o composizioni di tali elementi? Certo simili programmi non si possono scomporre al fine di individuare una forma scissa dal contenuto (124) per riconoscere la tutela ex l.d.a. al solo risultato espressivo ed esteriorizzato (forma) ed escluderla, invece, al programma in sé e per sé considerato come prodotto esclusivamente tecnologico (contenuto).

Secondo De Sanctis il problema della inquadrabilità del software, unitariamente considerato nella forma e nel contenuto, nell'ambito delle opere dell'ingegno dipende dalla sussistenza o meno del requisito della "esteticità". E così si è negata la possibilità di qualificare come opera dell'ingegno in senso proprio quei programmi creati per il perseguimento di fini esclusivamente operativi e si è affermata la tutelabilità ex l.d.a. di quei programmi unitariamente considerati che presentino valenze estetiche. Questo è coerente con la struttura stessa del programma che è procedimento logico ma che può essere anche materializzato ed esteriorizzato e ricevere, in relazione alla specifica conformazione, la tutela d'autore ovvero, qualora inerisca a procedimento industriale materiale brevettabile, quella brevettuale.

Le obiezioni e i contrasti se sono stati accesi e vivaci prima di una qualsiasi scelta legislativa, in realtà non si sono placati neanche quando con apposito d.lgs. 518/92, una posizione legislativa è stata presa. Ed è stata presa nel senso del "trionfo" del diritto d'autore come strumento giuridico più adatto alla protezione di nuove frontiere dell'ingegno umano (l'informatica e la tecnologia più avanzata), capace di affiancare alle tradizionali espressioni dell'ingegno umano, alla pittura, alla sinfonia, alla scultura, ecc., la tecnica più sofisticata.

Ma nonostante il software venga equiparato alle opere letterarie (125) non si possono certo ignorare le differenze sostanziali pur sempre esistenti tra esso e l'insieme delle opere tradizionalmente protette dal diritto d'autore. E se, come qualcuno ha detto (126), il grande fiume del diritto d'autore straripa nei canali della scienza perdendo la sua identità, occorre tuttavia, per non snaturarlo oltre misura, una profonda ed attenta opera di adattamento senza cercare in esso strumenti di protezione che non può assicurare.

I punti di rottura che il diritto d'autore presenta rispetto al software sono ben messi in evidenza da V. Franceschelli (127) il quale vede una prima incongruenza nella durata della protezione: se la tutela per i cinquant'anni successivi alla morte dell'autore ha un senso per le opere letterarie ed artistiche, perde rilevanza se riferite al software che è destinato a diventare obsoleto molto più velocemente delle altre opere dell'ingegno (128). Per quanto attiene poi il diritto alla copia o riproduzione personale che è insito nel diritto d'autore, viene negato dalle grandi lobby del software che pure aspirano alla tutela d'autore. Ancora, le grandi lobby del software aspirano a conservare il segreto sulle architetture dei loro programmi, mentre "chi compone musica non desidera altro che essa sia ascoltata. Chi dipinge, crea per gli occhi del pubblico; chi fa cinema ha la sola ambizione di una sala affollata". Inoltre il quadro, la fotografia, la sinfonia, ecc. sono opere di singoli artisti, frutto personale della loro arte, il software, quando diventa difficile distinguere il contributo di un programmatore da quello dell'altro, è per lo più risultato di un lavoro collettivo o di software house (addirittura può essere realizzato dallo stesso elaboratore in base ad altri programmi).

Altri osservano che il legislatore ha qualificato diritto d'autore una disciplina sostanzialmente diversa e per alcuni aspetti incompatibile: la legge sul diritto d'autore, infatti, tutela come oggetto suo proprio ed indefettibile la forma espressiva di un'opera originale, mentre la direttiva europea e, di conseguenza, la legge italiana di attuazione riguardano più il contenuto dell'opera che l'originalità della forma espressiva. Tant'è vero che il contenuto dei diritti del titolare (come si è avuto modo di osservare nel precedente capitolo) è così diverso dal diritto d'autore che il legislatore ha sentito l'esigenza di riscriverlo integralmente e in termini sostanzialmente diversi (129).

Infine va ricordato che non tutte le opere dell'ingegno sono tutelabili con il diritto d'autore, ma solo quelle che presentino il carattere della originalità. Tuttavia, è stato osservato da parte di alcuni autori (130) che il criterio della originalità come tradizionalmente applicato dalla giurisprudenza sul diritto d'autore non è trasponibile ad opere tecniche e funzionali quali i programmi. L'originalità di una creazione intellettuale, caratterizzata dalla sua forma espressiva, è cosa ben diversa da quella di un'opera tecnica caratterizzata dalla sua funzionalità (131). Basta rilevare che mentre vaste modifiche formali non escludono che un programma sia stato sostanzialmente copiato da un altro, in molti casi la stessa forma è spesso vincolata per ragioni tecniche di interoperabilità con i sistemi operativi (132).

Peraltro la stessa direttiva comunitaria sembra aver preso una certa direzione nella definizione del concetto di originalità con riguardo al software (133) riferendola esclusivamente al lavoro intellettuale dell'autore, escludendo così altri criteri come per esempio quelli estetici, quelli volti a valutare la qualità del lavoro intellettuale impiegato nella realizzazione del programma.

E questo spiega anche come certa dottrina abbia preferito il ricorso al diritto d'autore che, richiedendo condizioni di accesso alla tutela meno rigorose anche rispetto a quelle richieste dal brevetto (134), consente di abbassare la soglia di ingresso delle opere protette. Ma ciò ha come inconveniente il fatto che un programma sarà protetto solo nei confronti di copie integrali, dal momento che modifiche anche lievi non integrerebbero i requisiti di illegalità previsti dalla legge.

Insomma, più si estende l'ambito delle opere tutelabili minori saranno le possibilità in cui l'opera potrà dirsi violata.


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