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Saint-Évremond, Charles de Marguetel de Saint-Denis : de

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Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-ÉvremondCharles de Marguetel de Saint-Denis, signore di Saint-Évremond nacque a Saint-Denis-le-Guast (presso Coutances) nel gennaio 1616 (nel 1614 secondo altre fonti) e morì a Londra il 20 settembre 1703.

È destinato, come cadetto, alla magistratura; si sente tuttavia attratto verso la carriera militare, nella quale si distingue ben presto, come ufficiale fedele al re, durante la Fronda, partecipando con onore alle battaglie di Landrecies e di Rocroy. Nel frattempo coltiva le lettere e dà libero sfogo al suo umore satirico, che gli procura vive inimicizie: così nel 1643 redige una Comédie des Académistes pour la réformede la langue française (pubblicata nel 1650) in cui figura una divertente disputa fra gli accademici Godeau e Colletet. Nella Conversation du Maréchal d'Hocquincourt avec le Père Canaye, del 1654, si ritrovano gli influssi della tradizione libertina e del suo maestro Gassendi. Ma nel 1661 la scoperta di una sua imprudente lettera al marchese di Créqui sul trattato dei Pirenei (1659), trovata manoscritta fra le carte di un'amica del ministro Fouquet e nella quale esprime severi giudizi sulla politica di Mazarino, tronca la sua carriera militare e lo costringe a sfuggire a un sicuro arresto. Ripara allora in Inghilterra, poi in Olanda, e definitivamente in Inghilterra (1670), dove gode del favore della Corte, e brilla nella società che si riunisce intorno a Ortensia Mancini, la famosa nipote del cardinale Mazzarino.

In quegli anni va redigendo i suoi principali scritti, dissertazioni, riflessioni, pensieri, lettere. Scrive per diletto le proprie considerazioni su vari argomenti, diventando il primo "saggista" francese. In lui spicca la totale assenza di arrivismo e il non essere mai toccato dall'invidia, caratteristiche che si manifestano attraverso la noncuranza per i propri scritti. Il suo interesse principale è la storia: Réflexions sur les divers génies du peuple romain è in pratica un saggio di filosofia della storia e fu apprezzato e forse influenzò lo stesso Montesquieu.

Scrisse anche di arte e di teatro: Dissertation sur l'Alexandre le Grand de Racine (1666), Sur le tragiques (1672), Sur nos comédies (1677). Con il saggio Sur le poèmes des Anciens (1685) si schierò apertamente a favore dei "Moderni".

Partecipe di una tradizione che risale forse a Montaigne, ha vivo il senso della relatività dei valori: questa disposizione mentale non nuoce all'esplicazione della sua critica e del suo gusto letterario che, pur legato nelle sue preferenze all'epoca «preclassica», è duttile, aperto a nuove inclinazioni.

Dall'esilio conserva assidui rapporti epistolari con gli amici, e in particolare con la celebre Ninon de Lenclos. È finalmente perdonato da Luigi XIV, ma rinunzia a rientrare in patria, senza che in questo suo gesto si possa ravvisare una intenzione di polemica o di ribellione, ma solo la coerenza e la fedeltà agli ideali eroici della propria giovinezza (fu grande ammiratore di Corneille).

È stato spesso studiato come scrittore di transizione fra l'epoca classica e l'illuminismo. Oggi la critica lo vede come scrittore autonomo ben definito. Le incertezze e i dubbi che emergono dalle sue opere sono interpretate come prova di grande onestà morale.

Fonti:

  • Luigi De Nardis, Il cortegiano e l'eroe: studio su Saint-Evremond, La nuova Italia, Firenze 1964.
  • Luigi De Nardis, Introduzione a "Opere slegate" – Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1964.
  • Vittorio De Caprariis, I Romani del Saint-Evremond, 1955.
  • Paolo Carile, Aspetti e motivi delle lettere di Saint-Evremond, Esculapio edizioni scientifiche, Bologna 1970.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti.


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titolo: Opere slegate
e-text del: 6 febbraio 2006
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