Friedrich Engels, Karl Marx: Il Manifesto del Partito Comunista
Copertina Nota ai testi Prefazioni 01 02 03 04

Il Manifesto del Partito Comunista

III

LETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA

1. Il socialismo reazionario

a) Il socialismo feudale

L'aristocrazia francese e inglese era spinta dalla sua posizione storica a produrre dei pamphlet contro la moderna società borghese. Nella rivoluzione francese del luglio 1830 e nel movimento riformatore inglese l'aristocrazia era stata ancora una volta sconfitta dall'aborrito nuovo venuto. Non restava più traccia di un serio conflitto politico. Restava solo il conflitto letterario. Ma sul terreno letterario i vecchi stereotipi della restaurazione28 erano diventati obsoleti. Per conquistarsi delle simpatie, l'aristocrazia doveva far finta di perdere di vista i propri interessi per formulare il proprio atto di accusa contro la borghesia nell'interesse esclusivo dei lavoratori. Si preparava così la soddisfazione di poter intonare invettive contro il suo nuovo signore, e di soffiargli nell'orecchio profezie più o meno disastrose.

Nacque così il socialismo feudale, metà lamentazione, metà libello; metà eco del passato, metà incombere del futuro; colpiva la borghesia al cuore con giudizi amari e spiritosamente laceranti, ma con un effetto curioso, derivante dalla totale incapacità di capire il corso della storia moderna.

Questi aristocratici sventolavano la proletaria bisaccia da mendicante come fosse la loro bandiera, cercando di radunare il popolo dietro le loro parole d'ordine. Ma ogni volta che seguiva il richiamo degli aristocratici, il popolo scopriva sui loro posteriori le vecchie insegne feudali e li abbandonava fra acuti e irrispettosi sghignazzi.

Una parte dei legittimisti francesi29 e la Giovane Inghilterra30 hanno espresso le punte più alte di questa messinscena.

Quando i feudatari dimostrano che il loro sistema di sfruttamento era strutturato in modo diverso da quello borghese, dimenticano però che loro sfruttavano in condizioni completamente diverse e ormai superate. Quando dimostrano che sotto il loro dominio non esisteva il moderno proletariato, dimenticano però che proprio la borghesia moderna è un erede necessario del loro ordine sociale.

D'altronde essi celano così poco il carattere reazionario della loro critica che la loro accusa principale contro la borghesia è che sotto il suo regime si sviluppa una classe che farà saltare in aria tutto il vecchio ordine sociale.

Di più, essi accusano la borghesia di produrre un proletariato rivoluzionario, non un proletariato tout court.

Nella prassi politica gli aristocratici partecipano dunque a tutte le misure di forza contro la classe lavoratrice, e nella vita quotidiana, malgrado i loro torniti stereotipi, si adattano a cogliere le mele d'oro31, e a scambiare fedeltà, amore, onore col commercio della lana di pecora, della barbabietola e della grappa32.

Come il sacerdote è sempre andato d'accordo con il feudatario, così il socialismo pretesco si accompagna a quello feudale.

Non c'è nulla di più facile che dare all'ascetismo cristiano un tocco socialistico. Forse che il cristianesimo non si è mobilitato anch'esso contro la proprietà privata, contro il matrimonio, contro lo Stato? Non ha forse predicato, al loro posto, la beneficenza, la carità, il celibato e la mortificazione della carne, la vita monacale e la Chiesa? Il socialismo sacro33 è solo l'acquasanta con cui il sacerdote benedice l'ira degli aristocratici.


b) Il socialismo piccolo-borghese

L'aristocrazia feudale non è l'unica classe ad essere stata rovesciata dalla borghesia e le cui condizioni di vita siano deperite e poi estinte nella moderna società borghese. La piccola borghesia medievale e i piccoli contadini sono stati i precursori della moderna borghesia. Nei paesi meno sviluppati industrialmente e commercialmente questa classe continua a vegetare accanto alla borghesia in ascesa.

Nei paesi in cui si è sviluppata la civiltà moderna, si è formata una nuova piccola borghesia che oscilla fra il proletariato e la borghesia e che si ricostituisce sempre di nuovo come complemento della società borghese. Ma i piccoli borghesi vengono regolarmente risospinti dalla concorrenza verso il proletariato, anzi, con lo sviluppo della grande industria essi si avvicinano al punto in cui spariranno del tutto come elemento autonomo della società moderna e verranno rimpiazzati - nel commercio, nella manifattura e nell'agricoltura - da sorveglianti di fabbrica e da servitori.

In paesi come la Francia, dove i contadini sono assai più della metà della popolazione, era ovvio che gli intellettuali schieratisi per il proletariato contro la borghesia usassero il metro del piccolo borghese e del piccolo contadino e prendessero partito per i lavoratori dal punto di vista piccolo-borghese. Così si formò il socialismo piccolo-borghese. Il più alto esponente di questa letteratura è Sismondi34, non solo in Francia ma anche in Inghilterra.

Questo socialismo ha scandagliato con somma acribia le contraddizioni dei rapporti di produzione moderni. Ha smascherato gli ipocriti abbellimenti degli economisti. Ha dimostrato irrefutabilmente gli effetti distruttivi delle macchine e della divisione del lavoro, la concentrazione dei capitali e della proprietà fondiaria, la sovrapproduzione, le crisi, il necessario tramonto dei piccoli borghesi e dei piccoli contadini, la miseria del proletariato, l'anarchia della produzione, le stridenti sproporzioni nella distribuzione della ricchezza, la guerra industriale di sterminio tra le nazioni, la liquidazione dei vecchi costumi, dei vecchi rapporti familiari, delle vecchie nazionalità.

In termini positivi questo socialismo vuole però o ricostituire gli antichi mezzi di produzione e di scambio e con essi gli antichi rapporti di proprietà e la vecchia società, o rinserrare nuovamente, di forza, entro i vincoli dei vecchi rapporti di proprietà, i moderni mezzi di produzione e di scambio che liquidano e non potevano non liquidare proprio quei vecchi rapporti. In entrambi i casi questo socialismo è reazionario e utopistico.

Corporazioni nella manifattura ed economia patriarcale nelle campagne: queste sono le sue ultime parole.

Nel suo ulteriore sviluppo questa corrente, dopo tanta eccitazione, si è spenta in una vile atonia35.


c) Il socialismo tedesco, ovverosia il "vero" socialismo

La letteratura socialista e comunista francese, sorta sotto la pressione della borghesia egemone, e che è l'espressione letteraria della lotta contro questa egemonia, fu importata in Germania proprio quando la borghesia cominciava la sua lotta contro l'assolutismo feudale.

Filosofi tedeschi, mezzi filosofi e anime belle si impadronirono avidamente di quella letteratura, solo dimenticando che le condizioni di vita francesi non erano immigrate in Germania insieme a quegli scritti. Nell'impatto con la situazione tedesca la letteratura francese perse ogni significato pratico immediato e assunse un aspetto puramente letterario, fino a dover apparire come oziosa speculazione sulla società vera36, sulla realizzazione dell'essere umano. Allo stesso modo le rivendicazioni della prima rivoluzione francese avevano avuto per il filosofo tedesco del XVIII secolo solo il senso di rivendicazioni generali della "ragion pratica", e l'espressione della volontà della borghesia rivoluzionaria francese aveva per loro il senso di leggi della pura volontà, della volontà come deve essere, della volontà veramente umana.

Il lavoro dei letterati tedeschi si risolse nell'accordare le nuove idee francesi con la loro vecchia coscienza filosofica, o anzi nell'appropriarsi delle idee francesi dal loro punto di vista filosofico.

Tale appropriazione avvenne nel modo in cui ci si impadronisce di una lingua straniera, con la traduzione.

È noto come i monaci annotassero con insipide storie cattoliche di santi i manoscritti che recavano i classici dell'antico mondo pagano. I letterati tedeschi fecero l'opposto con la letteratura francese profana. Scrissero le loro sciocchezze dietro l'originale francese. Per esempio dietro la critica francese dei rapporti patrimoniali essi scrissero "alienazione dell'essere umano", dietro la critica francese dello Stato borghese scrissero "abolizione del dominio dell'universale astratto", e così via.

Essi battezzarono questa insinuazione delle loro espressioni filosofiche nel contesto francese come "filosofia dell'azione", "vero socialismo", "scienza tedesca del socialismo", "fondazione filosofica del socialismo", ecc.

La letteratura francese socialista e comunista fu così perfettamente evirata. E poiché in mano tedesca essa cessava di esprimere la lotta di una classe contro l'altra, il tedesco era conscio di aver superato la "unilateralità francese", d'essersi fatto interprete non dei bisogni veri, ma del bisogno della verità, non degli interessi proletari, ma di quelli del genere umano, dell'uomo in assoluto, dell'uomo che non appartiene ad alcuna classe, meno che mai alla realtà, ma solo al nebuloso cielo della fantasia filosofica.

Questo socialismo tedesco, che tanto seriamente aveva preso le sue goffe esercitazioni scolastiche e tanto sguaiatamente le strombazzava, perdette tuttavia, a poco a poco, la sua pedante innocenza.

La lotta della borghesia tedesca, in particolare di quella prussiana, contro i feudatari e contro l'assolutismo regio - in una parola: il movimento liberale - divenne più seria.

Venne così offerta al "vero" socialismo l'auspicata possibilità di opporre le rivendicazioni socialiste al movimento politico, di scagliare i tradizionali anatemi contro il liberalismo, contro lo Stato rappresentativo, contro la concorrenza borghese, contro la libertà di stampa borghese, il diritto borghese, la libertà e l'uguaglianza borghese, e di predicare alla massa del popolo che essa non aveva nulla da guadagnare ma tutto da perdere da questo movimento borghese. Il socialismo tedesco dimenticò per tempo che la critica francese, di cui esso rappresentava l'ottusa eco, presuppone la società moderna borghese con le sue proprie condizioni materiali di esistenza e la corrispondente costituzione politica, tutti presupposti per la cui conquista in Germania la lotta era appena cominciata.

Il "vero" socialismo servì ai governi assoluti tedeschi con il loro codazzo di pretonzoli, maestrucoli, nobilastri e burocrati come gradito spauracchio contro la borghesia minacciosamente in marcia.

Esso rappresentò il complemento dolciastro delle aspre scudisciate e delle schioppettate con cui quegli stessi governi trattavano le sollevazioni dei lavoratori tedeschi.

Il "vero" socialismo diventava così un'arma nelle mani dei governi contro la borghesia tedesca, e allo stesso tempo difendeva anche direttamente un interesse reazionario, l'interesse della piccola borghesia tedesca37. In Germania la piccola borghesia rappresenta l'effettivo bastione sociale della società attuale, una piccola borghesia costituitasi nel XVI secolo e da allora sempre riaffiorante in forme diverse.

La sua conservazione è la conservazione dell'attuale società tedesca. Essa teme di essere ineluttabilmente distrutta dall'egemonia industriale e politica della borghesia, sia per effetto della concentrazione del capitale che per il sorgere di un proletariato rivoluzionario. Le parve che il "vero" socialismo le prendesse due piccioni con una fava. Esso si diffondeva come un'epidemia.

La veste tessuta di ragnatela speculativa, ornata di fiori retorici da anime belle, imbevuta di rugiada sentimentale ebbra d'amore, questa veste di esaltazione nella quale i socialisti tedeschi avvolgevano un paio di scheletriche "verità eterne" non fece che moltiplicare lo spaccio della loro merce presso quel pubblico.

Da parte sua il socialismo tedesco riconobbe sempre più la sua vocazione di altezzoso rappresentante di questa piccola borghesia.

Esso ha proclamato la nazione tedesca nazione normale, il borghesuccio38 tedesco uomo normale. Esso ha conferito a ogni abiezione di costui un nascosto alto senso socialistico, sicché l'abiezione significava l'opposto di se stessa. Fino a trarre le estreme conseguenze, insorgendo direttamente contro la "rozza tendenza distruttiva" del comunismo e affermando la sua imparziale superiorità rispetto a tutte le lotte di classe. Con pochissime eccezioni, quanto circola in Germania di pretesi scritti socialisti e comunisti appartiene all'ambito di questa sporca indisponente letteratura39.


2. Il socialismo conservatore, ovverosia borghese

Una parte della borghesia conta di rimediare alle ingiustizie sociali per garantire l'esistenza della società borghese.

È il caso di economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della condizione delle classi lavoratrici, benefattori, protettori degli animali, promotori di associazioni di temperanza, riformatori di ogni risma e colore. E questo socialismo borghese è stato elaborato in interi sistemi.

Come esempio prendiamo la Philosophie de la misère di Proudhon40.

I socialisti borghesi vogliono le condizioni di esistenza della società moderna ma senza le lotte e i pericoli che pure ne sono necessaria conseguenza. Vogliono la società attuale ma senza gli elementi intesi a rivoluzionarla ed eliminarla. Vogliono la borghesia senza il proletariato. La borghesia si rappresenta il mondo in cui domina come il migliore dei mondi possibili. Il socialismo borghese elabora questa rappresentazione consolatoria sotto forma di un mezzo o di un intero sistema. Quando esorta il proletariato a realizzare i suoi sistemi per41 irrompere nella nuova Gerusalemme, in fondo non fa che pretendere dal proletariato di restare confitto nella società attuale rinunciando però alle odiose idee che se ne è fatto.

Una seconda forma di questo socialismo, meno sistematica e più pratica, cercava di togliere alla classe lavoratrice ogni tentazione rivoluzionaria, sostenendo che a giovarle avrebbe potuto essere non un qualsiasi mutamento politico, ma solo un mutamento delle condizioni materiali di esistenza, dunque dei rapporti economici. Per mutamento delle condizioni materiali di esistenza questo tipo di socialismo non intende però in alcun modo l'abolizione dei rapporti borghesi di produzione, possibile solo con la rivoluzione, ma miglioramenti amministrativi che restino sul terreno di questi rapporti di produzione; che dunque non tocchino affatto il rapporto tra capitale e lavoro salariato, ma che semmai nel migliore dei casi alleggeriscano alla borghesia i costi del suo dominio e semplifichino il bilancio del suo Stato.

Il socialismo borghese corrisponde al suo proprio carattere solo quando diventa pura figura retorica.

"Libero commercio!" nell'interesse della classe lavoratrice; "dazi protettivi!" nell'interesse della classe lavoratrice; "carcere cellulare!" nell'interesse della classe operaia: questa è l'ultima parola, l'unica detta sul serio, del socialismo borghese.

Il loro socialismo42 consiste appunto nella tesi che i borghesi sono borghesi nell'interesse della classe operaia.


3. Il socialismo e comunismo critico-utopistici

Non parliamo qui della letteratura che in tutte le grandi rivoluzioni moderne ha espresso le rivendicazioni del proletariato (scritti di Babeuf43 e così via).

I primi tentativi del proletariato di imporre il suo proprio interesse di classe in un'epoca di sommovimento generale, nel periodo della liquidazione del dominio feudale, fallirono necessariamente a causa della forma immatura del proletariato stesso, e anche perché mancavano le condizioni materiali per la sua emancipazione, appunto prodotte solo nell'età borghese. La letteratura rivoluzionaria che accompagnò queste prime apparizioni del movimento proletario è per il suo contenuto inevitabilmente reazionaria. Essa postula un ascetismo generale e un rozzo egualitarismo.

I sistemi propriamente socialisti e comunisti, i sistemi di Saint-Simon44, di Fourier45, di Owen46, ecc., emergono nella prima e non sviluppata fase della lotta fra proletariato e borghesia, di cui abbiamo trattato sopra (si veda "Borghesi e proletari").

I fondatori di quei sistemi colgono certo la contrapposizione fra le classi, come pure l'efficacia degli elementi dissolventi in seno alla stessa classe egemone. Ma non colgono affatto l'autonomo ruolo storico del proletariato, non colgono alcun movimento politico proprio del proletariato.

Poiché lo sviluppo della contrapposizione fra le classi procede di pari passo con lo sviluppo dell'industria, essi non trovano neppure le condizioni materiali per l'emancipazione del proletariato e si lanciano allora alla ricerca di una scienza sociale, di leggi sociali utili a creare tali condizioni.

Al posto dell'attività sociale deve subentrare la loro propria inventiva personale, al posto delle condizioni storiche dell'emancipazione del proletariato devono subentrare condizioni immaginarie, al posto della graduale organizzazione del proletariato in classe deve subentrare un'organizzazione della società da loro stessi escogitata. Per costoro la storia universale a venire si dissolve nella propaganda e nella realizzazione pratica dei loro progetti sociali.

Non che essi non siano consapevoli di sostenere nei loro progetti anzitutto l'interesse della classe lavoratrice in quanto classe che soffre. Il proletariato esiste per loro solo sotto questo aspetto di classe che soffre.

Essi sono però spinti dalla forma non sviluppata della lotta di classe come pure dalla loro stessa condizione esistenziale a considerarsi molto superiori a quella contrapposizione di classe. Essi vogliono migliorare le condizioni di vita di tutti i membri della società, anche dei più agiati. Fanno perciò continuamente appello alla società intera, senza distinzioni, anzi prevalentemente alla classe dominante. Basta solo capire il loro sistema per riconoscervi il miglior progetto possibile per la migliore delle società possibili.

Sicché essi rifiutano ogni azione politica, in particolare ogni azione rivoluzionaria. Puntano a raggiungere il loro obiettivo per via pacifica e tentano di aprire la strada al nuovo vangelo sociale con il potere dell'esempio, attraverso piccoli esperimenti che naturalmente sono destinati a fallire.

Questa rappresentazione fantastica della società futura - in un'epoca in cui il proletariato è ancora pochissimo sviluppato e dunque si rappresenta la propria posizione in modo fantasioso - rispecchia il47 primo impulso del proletariato che presagisce una trasformazione complessiva della società.

Gli scritti socialisti e comunisti contengono però anche elementi critici. Essi attaccano tutte le fondamenta della società esistente. Hanno perciò offerto materiali molto apprezzabili per la maturazione dei lavoratori. Le loro affermazioni positive sulla società futura, cioè l'abolizione della contrapposizione di48 città e campagna, della famiglia, del guadagno privato, del lavoro salariato, l'annuncio dell'armonia sociale, la trasformazione dello Stato in pura amministrazione della produzione, tutte queste loro affermazioni esprimono semplicemente la scomparsa della contrapposizione fra le classi che proprio allora comincia a svilupparsi e che essi conoscono solo nella sua prima informe indeterminatezza. Sicché queste affermazioni hanno un senso puramente utopistico.

L'importanza del socialismo e comunismo critico-utopistici è inversamente proporzionale allo sviluppo storico. Nella stessa misura in cui la lotta di classe si sviluppa e prende forma, quel fantasticato elevarsi al di sopra di essa, quella immaginaria lotta contro di essa perde ogni valore pratico e ogni giustificazione teorica. Se anche i fondatori di quei sistemi erano dunque sotto diversi aspetti dei rivoluzionari, i loro allievi non fanno che formare ogni volta delle sette reazionarie. Si aggrappano alle vecchie tesi dei maestri contro il progressivo sviluppo storico del proletariato. Epperciò cercano di smussare di nuovo la lotta di classe e di mediare fra gli estremi. Continuano pur sempre a sognare la realizzazione sperimentale delle loro utopie sociali, l'istituzione di singoli falansteri, la fondazione di colonie in patria, la creazione di una piccola Icaria49 - la copia in dodicesimo della nuova Gerusalemme -, e per l'edificazione di tutti questi castelli spagnoli debbono appellarsi alla filantropia dei cuori e dei portafogli borghesi. A poco a poco cadono nella categoria dei summenzionati socialisti reazionari o conservatori, differendo da questi solo per una più sistematica pedanteria, per la fede fanatica e superstiziosa nei meravigliosi effetti della loro scienza sociale.

Essi dunque si oppongono aspramente a ogni movimento politico dei lavoratori, che non potrebbe non derivare che da cieca miscredenza nel nuovo vangelo.

Gli owenisti in Inghilterra, i fourieristi in Francia, reagiscono lì contro i cartisti, qui contro i riformisti50.

continua...


Note

28 (torna) Non la restaurazione inglese (1660-89), bensì quella francese (1814-30).

[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].

29 (torna) Il 2 agosto del 1830 Carlo x, erede legittimo di Luigi XVI e ultimo sovrano della Restaurazione postnapoleonica nella discendenza del casato borbonico, si vide costretto ad abdicare. La Camera dei Deputati optò per l'offerta del trono di Francia a Luigi Filippo d'Orleáns, il "re borghese", monarca costituzionale il cui padre aveva abbracciato esplicitamente la causa della Rivoluzione francese, cosa che agli occhi di un gruppo di fautori della monarchia tradizionale di diritto divino lo privava di ogni legittimità. Di conseguenza questi monarchici "legittimisti" difesero, e continuarono a difendere lungo il XIX secolo, il diritto al trono del pretendente meglio situato nella linea di successione diretta di Luigi XVI, definito come "legittimo". Luigi Filippo d'Orleáns, membro di un ramo laterale dei Borboni, venne destituito, d'altro canto, nel 1848. I legittimisti francesi, rappresentanti della grande proprietà ereditaria della terra e dei suoi interessi, adottarono spesso una retorica populista combattiva.

30 (torna) Gruppo (Young England) di politici e letterati appartenente al partito tory. Formatosi al principio del quarto decennio del secolo XIX, ebbe tra i suoi più illustri riferimenti intellettuali Benjamin Disraeli e Thomas Carlyle. I suoi membri, portavoci del malcontento della vecchia aristocrazia davanti alla crescente egemonia economica e politica della borghesia industriale e finanziaria, cercarono di ottenere un certo credito in ambienti operai allo scopo di rafforzare la propria politica antiborghese.

31 (torna) Nell'edizione inglese del 1888 viene qui aggiunto: "che sono cadute dall'albero dell'industria".

32 (torna) Ciò vale principalmente per la Germania, dove ampie parti dei possedimenti dell'aristocrazia fondiaria e della grande proprietà terriera vengono fatte coltivare da fattori; tali possedimenti producono inoltre su vasta scala barbabietola da zucchero e grappa ottenuta da patate. L'aristocrazia britannica più agiata non è finora caduta così in basso; tuttavia anch'essa sa come compensare la rendita in calo prestando il proprio nome a promotori di società anonime più o meno equivoche.

[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].

33 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece: "cristiano".

34 (torna) Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi (1773-1842), storico ed economista, nacque a Ginevra. Nel 1800 pubblicò Tableau de l'agriculture toscane, dopo aver soggiornato in Inghilterra - paese nel quale la sua famiglia cercò rifugio in seguito agli eventi scatenati in buona parte dell'Europa continentale dalla Rivoluzione francese - e in Toscana - dove ebbe modo di studiare i problemi economici della regione. Nel 1803 pubblicò De la richesse commerciale, opera che gli valse l'offerta (che peraltro non accettò) della cattedra di economia politica all'Università di Vilna (l'odierna Vilnius). Accompagnò Madame de Staël nel suo viaggio in Italia, insieme a August Wilhelm von Schlegel e altre celebrità dell'epoca. Durante i Cento giorni giunse a incontrare Napoleone, di cui difese sempre il programma costituzionale. Autore di vari studi storici di rilievo, la sua opera più importante, Nouveaux principes d'économie politique, vide la luce nel 1819. In questa portò a termine una critica del libero scambio a oltranza preconizzato da Say, Ricardo e Malthus, esercitando grande influenza in diversi ambienti, tra cui alcuni di filiazione socialista.

35 (torna) Nell'edizione inglese del 1888 al posto di questa frase compare: "Alla fin dei conti, allorché i persistenti fatti storici ebbero scacciato ogni entusiasmo derivato dall'autoinganno, questa forma di socialismo degenerò in una meschina atonia".

36 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 le parole "sulla società vera" scompaiono.

37 (torna) Nell'edizione inglese del 1888 compare invece: "dei filistei tedeschi".

38 (torna) Nell'edizione inglese del 1888 compare invece: "il piccolo filisteo".

39 (torna) La bufera rivoluzionaria del 1848 spazzò via tutta questa gretta tendenza e guarì i suoi protagonisti del desiderio di dilettarsi ancora di socialismo. Il maggiore rappresentante e il modello classico di tale tendenza è Karl Grün.

[Nota di Engels nell'edizione tedesca del 1890].

40 (torna) Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), socialista anarchico francese, nacque nella città di Besançon in una famiglia di artigiani, piccoli proprietari e commercianti. Intervenuto nella rivoluzione del 1848, nello stesso anno divenne deputato, e nel marzo 1849 fu condannato a tre anni di carcere per ingiurie al Capo dello Stato. Da posizioni anarchiche Proudhon attaccò in numerose pubblicazioni e interventi pubblici, nei quali fece sfoggio di una formidabile oratoria, l'intera classe di governo e persino l'esistenza stessa dello Stato, proclamandosi nel contempo a favore del federalismo e, con notevole capacità premonitrice, dei sindacati. Marx polemizzò veementemente con la tesi proudhoniana esposta in Philosophie de la misére (1846). Come motto Proudhon scelse destruam et aedificabo: la distruzione sarebbe l'anarchia, mentre la ricostruzione sarebbe il mutualismo e il federalismo.

41 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece: "e".

42 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece: "Il socialismo della borghesia".

43 (torna) François-Noël Babeuf (1760-1797), rivoluzionario e comunista francese, nacque in Piccardia. Svolse un'incessante attività di agitazione politica, giungendo a dirigere il giornale Le défenseur de la liberté de la presse, dove firmava i propri articoli sotto lo pseudonimo di Gracchus, in memoria dei famosi fratelli romani. Sostenendo, in nome degli interessi del proletariato, la teoria giacobina di Robespierre, Babeuf, in collaborazione con Buonarroti e altri compagni, tracciò le linee maestre di una "cospirazione degli Eguali" volta a instaurare un sistema "giusto", comunista, secondo una concezione esplicitamente non utopica. Il governo riuscì a sventare il piano insurrezionale - precursore, stando ad alcuni storici, della teoria leninista della rivoluzione diretta da un'élite rivoluzionaria -, e una trentina di Eguali, tra i quali Gracco Babeuf, vennero condannati alla pena capitale. Louis Blanc e Louis-Auguste Blanqui furono suoi discepoli.

44 (torna) Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825), aristocratico francese di presunta stirpe carolingia, veterano della guerra di indipendenza degli Stati Uniti d'America, attivista politico e autore di una vasta opera che si trasformò ben presto in un oggetto di culto per i suoi seguaci, è uno dei massimi responsabili della diffusione di idee protosocialiste nell'Europa dell'epoca. Convinto che l'intera società riposi sull'industria e che questa sia l'unica decisiva fonte di ricchezza, Saint-Simon divenne l'apostolo della "classe industriale", il settore laborioso e creativo della società chiamato a occupare la prima fila di un ordine ricostruito in chiave sociale egualitaria e di economia pianificata. Saint-Simon fu il maestro principale di Auguste Comte, cosa che - con l'aver proposto nel 1813 la creazione di una scienza positiva della morale, della politica e dell'umanità in generale - lo fa apparire uno dei "padri fondatori" della sociologia scientifica. Ad ogni modo, la sua scuola diventò una vera e propria "chiesa", centrata sulla sua ultima opera, Nouveau christianisme (1825), nella quale si difende la convenienza morale del dedicare tutte le energie sociali alla "classe più numerosa e più povera". In seguito alla disgregazione della Chiesa sansimoniana, di inequivocabile significato socialista, alcuni suoi discepoli scelsero di trasformarsi in intraprendenti e, alla fine, ricchi uomini d'affari, in "capitani" d'industria.

45 (torna) François-Marie-Charles Fourier (1772-1837), nato a Besançon, è passato alla storia come un "socialista utopistico" di profonda e duratura influenza. Allo stesso modo di Adam Smith, Fourier si accorse subito degli aspetti disumani del nuovo lavoro industriale; tuttavia, diversamente da lui, non li considerò inevitabili, ma superabili mediante una migliore organizzazione del luogo di lavoro e del lavoro stesso. Immaginò così delle unità di lavoro, o "falangi", intese a svolgere la loro attività in speciali luoghi di produzione che battezzò col nome di "falansteri". Come Rousseau, Fourier fece sua la credenza nella bontà naturale dell'uomo e nel potere corruttore della società moderna, anche se, diversamente da lui, non propose come rimedio ai mali dell'epoca il ritorno allo stato di natura, bensì l'accettazione delle conquiste tecnologiche dell'industrialismo, adeguatamente riorganizzate per quanto riguarda la loro cornice sociale di sviluppo. A proposito della riorganizzazione sociale da lui proposta, risalta l'idea della possibilità - per lui effettiva - dell'armonia, dell'eliminazione della feroce concorrenza industriale, creatrice di operai schiavi del capitalismo. Fourier propugnò il garantismo - il sistema di servizi pubblici volti a sostenere l'operaio in caso di necessità -, il diritto al lavoro e il cooperativismo. In Messico e negli Stati Uniti venne fondato un discreto numero di falansteri, e la sua opera del 1829 Nouveau monde industriel et sociétaire fu molto letta.

46 (torna) Robert Owen (1771-1858) nacque a Newtown, Montgomeryshire, Galles. Figlio di un fabbro, autodidatta, ben presto divenne operaio capo in una fabbrica di filati a Manchester, di cui fu poi comproprietario. Nel 1800 acquistò a New Lanarck, in Scozia, una filanda di cotone che ebbe una certa notorietà: la sua azienda diventò infatti un modello di efficienza e produttività, nell'ambito di uno spazio urbano riumanizzato da Owen stesso, il quale costruì alloggi igienici per gli operai, organizzò asili d'infanzia e scuole per i loro figli e in periodi di crisi continuava a pagare i salari per intero. Tale impegno, eccezionale in quell'epoca, suscitò grande ammirazione in persone tanto dissimili come Bentham, che lo aiutò economicamente, o lo zar Nicola di Russia. In questa tappa della sua vita Owen propugnò, in opere quali A New View of Society (1813), entro una generale cornice riformista, la trasformazione del carattere umano per mezzo di una riorganizzazione del suo ambiente, l'estensione e l'approfondimento dell'educazione, il cooperativismo e il pieno impiego. Col tempo Owen radicalizzò le sue posizioni, accentuando la critica all'individualismo degli economisti liberali e sottolineando le conseguenze negative della libera concorrenza. Allo scopo di corroborare il proprio insegnamento con la forza dell'esempio concreto, nel 1826 si trasferì nello stato nordamericano dell'Indiana, dove fondò una colonia, "Nuova armonia", che tuttavia fallì. Al suo rientro in Inghilterra Owen si pose a capo del movimento operaio sindacalista e cooperativista, arrivando a presiedere la Grand National Consolidated Trade Union, da lui stesso formata e germe delle Trade Unions britanniche. Le sue idee cooperativiste ebbero al suo tempo grande influenza, sebbene venissero occasionalmente relegate in secondo piano dal cartismo, e i suoi sforzi volti a organizzare la classe operaia stanno alla radice del sindacalismo socialista britannico.

47 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece: "scaturisce dal".

48 (torna) Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece: "fra".

49 (torna) Phalanstères erano le colonie socialiste del progetto di Charles Fourier; Icaria era il nome che Cabet conferì alla sua utopia e, in seguito, alla sua colonia comunista in America.

[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].

Owen chiamava home colonies le sue società modello di stampo comunista. Phalanstères era il nome dei palazzi pubblici progettati da Fourier. Icaria era il nome dato all'utopistico paese di fantasia le cui istituzioni comuniste vennero descritte da Cabet.

[Nota di Engels nell'edizione tedesca del 1890].

50 (torna) Seguaci del quotidiano parigino "La Réforme", che si pronunciavano a favore della Repubblica e dell'avviamento di riforme politiche di carattere democratico e, parimenti, di riforme sociali.

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