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Verga verista

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Lo scrittore concepisce le prime sperimentazioni veriste pochi anni dopo il suo trasferimento a Milano, capitale e centro di diffusione culturale dell’Italia unita.

Già nel 1874, contemporaneamente alla pubblicazione di romanzi mondani, escono la novella Nedda e il bozzetto Padron ‘Ntoni dove, per la prima volta, i protagonisti sono di umili condizioni economiche inseriti nella dura realtà di un piccolo paese siciliano.

Il 1878 è, però, l’anno chiave nella svolta letteraria di Verga, in cui una serie di eventi contribuiscono al cambiamento. Appaiono le novelle Rosso Malpelo e Fantasticheria, dove l’autore dichiara esplicitamente la sua nuova poetica. Inoltre, nell’aprile dello stesso anno, espone, in una lettera a Salvatore Paola Verdura, il progetto di realizzare un ciclo di romanzi, intitolato Marea, dove si propone di indagare i meccanismi che scatenano le passioni dell’animo umano dai più bassi ceti sociali fino a quelli più elevati. L’anno precedente approda a Milano anche il suo amico Luigi Capuana, con cui condivide le idee delle nuove sperimentazioni narrative provenienti dalla Francia.

Negli anni Sessanta, infatti, i circoli letterari milanesi sono animati da dibattiti sulle nuove correnti culturali, sulla scia di quelli sollevati in Francia già intorno alla seconda metà dell’Ottocento, su come rappresentare la realtà e su come avvicinare il mondo letterario al vero. Negli anni successivi prende forma in Italia il Verismo, un nuovo modello narrativo, vicino alle esperienze del Naturalismo francese, ma caratterizzato da sue autonome specificità.

Il Verismo assume vari aspetti nelle mani di diversi scrittori. Tra questi spicca soprattutto l’operato di Verga e Capuana i quali, assieme al loro conterraneo De Roberto, vivono il Verismo legandolo saldamente al forte interesse per le proprie realtà regionali. Pur attraversando esperienze diverse, i tre scrittori siciliani sono accomunati dal desiderio di inserirsi nel mondo della cultura unitaria e, allo stesso tempo, sono testimoni della peculiarità culturale e della condizione emarginata degli isolani, concentrando nei loro racconti tutta le realtà siciliane e facendone il luogo dell’immaginario collettivo.

Le due novelle pubblicate da Verga nel 1878 confluiscono nel 1880 nella più ampia raccolta intitolata Vita dei Campi, in cui lo scenario delle storie è una Sicilia arretrata e repressa abitata da poveri contadini. Le novelle introducono le figure più caratteristiche tra tutte quelle della lunga sfilata dei personaggi verghiani: l’ingenuo pastore Jeli, il selvaggio e malefico Rosso Malpelo, il focoso Turiddu di Cavalleria Rusticana e la passionale Lupa. Gli uomini e le donne che compaiono nei suoi racconti sono fatti di carne ed ossa e come tali rispondono ai più primitivi istinti umani.

Verga sostiene che la scelta di una narrativa basata su persone appartenenti alle sfere sociali più basse sia la condizione necessaria per indagare le pulsioni dell’agire umano. Secondo la sua poetica è più facile ricercare negli individui umili i meccanismi che portano alle azioni poiché queste sono comandate da un unico bisogno: l’istinto per la sopravvivenza. Al contrario nelle classi più agiate le necessità dell’uomo sono diverse e velate dall’etichetta sociale. Il personaggio “primitivo” di Verga vede nel nutrirsi l’unico gesto utile per vivere e le altre funzioni, come il pensare o il sentire con l’anima, ne sono subordinate. In questo si differenzia la produzione verista di Verga da quella dei suoi primi romanzi, in cui i personaggi vivono per soddisfare capricci o per seguire illusioni perdendo di vista i bisogni primari.

Sono molteplici gli stimoli che hanno agito sulla svolta narrativa di Verga verista. In passato la critica ha voluto individuare varie ragioni, da quelle di tipo sociale e politico a quelle più legate all’esperienza personale dello scrittore. Secondo quest’ultima la scelta di voler trattare il mondo povero siciliano nasce da una repulsione provata negli anni milanesi nei confronti dell’ambiente cittadino borghese, a cui è seguita una volontà di ritorno alle origini. In base ad altre letture critiche fondamentale è l’influenza del naturalismo francese esercitata sui circoli letterari della città.

E’ difficile, però, misurare quale di questi motivi abbia pesato maggiormente nel passaggio da una letteratura mondana di successo ad una di ambientazione siciliana popolare.

I recenti studi tendono a ridimensionare l’apporto del naturalismo nelle opere dell’autore; la narrativa naturalista e quella verghiana hanno molti punti di contatto ma non hanno le stesse finalità.

Il più importante punto in comune è la tecnica dell’impersonalità nel racconto: i personaggi sembrano rivelarsi da soli attraverso i loro comportamenti e le loro azioni. Con questo metodo il narratore è invisibile e prende in prestito, di volta in volta, la voce dei personaggi attraverso il discorso diretto o il discorso indiretto. La sua figura è parte integrante dell’ambientazione e ragiona con gli stessi criteri con cui ragionano i personaggi facendo in modo che il lettore riesca a crearsi un’idea di loro non mediata dal narratore. Inoltre la storia segue il naturale corso degli eventi e si costruisce da sola, basandosi direttamente sui comportamenti dei soggetti narrati.

Anche il naturalismo nei suoi racconti attinge alle sfere sociali più basse, ma si propone uno studio clinico delle forme dei sentimenti umani. L’arte non è il punto di partenza ma il mezzo per rendere al meglio l’analisi esatta degli eventi. Il fine dell’opera è quello di guarire le malattie dell’uomo o della società facendone una dettagliata denuncia. Contrariamente, nella poetica di Verga verista l’analisi dei personaggi non è realizzata con uno approccio da medico, né da scienziato, ma da semplice conoscitore dell’animo umano

Tuttavia il Naturalismo deve aver rappresentato per Verga un grosso stimolo, anche tenendo conto della presa che la nuova narrativa francese aveva sul pubblico. Quando infatti Verga pubblica il suo primo esperimento verista, Nedda, la borghesia cittadina era già abituata a leggere storie di realtà umili, narrate dal Naturalismo francese. Passare, quindi, da contesti nobili e borghesi a quello di una povera venditrice di olive non avrebbe rappresentato un grosso trauma per i lettori dell’epoca, né apportato problemi al suo successo.

La sua produzione verista è stata così motivata da una duplice pulsione: da una parte la volontà di raccontare storie della sua terra, dall’altra quella di farlo seguendo dei canoni che già in Francia stavano sperimentando con successo.

A cura di Daniela Pescetelli.

Revisione di Federica Savelli.


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