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Federigo Verdinois nacque da antica famiglia meridionale a Caserta nel 1844. Apprendiamo la maggior parte delle sue notizie biografiche dalla lettera con la quale il Verdinois rispose a de Gubernatis, che gli aveva chiesto notizie per compilare la voce a lui dedicata nel "Dizionario biografico degli scrittori contemporanei".
Dopo le peregrinazioni giovanili seguendo le destinazioni del padre Ufficiale dello Stato nell'Amministrazione finanziaria, soggiornò cinque anni a Firenze dove studiò per sostenere un esame ed "entrare nei consolati". Esame che non poté essere affrontato per mancanza di mezzi. Si impiegò quindi prima come commesso doganale e poi come intendente di finanze a Salerno.
Fu per qualche tempo direttore del "Giornale di Napoli", dopo esserne stato dapprima critico drammatico e cronista; successivamente collaboratore del "Fanfulla" con lo pseudonimo di Picche, passò poi alla direzione della terza pagina del "Corriere del mattino" diretto da Martin Cafiero, nonostante ostentasse disinteresse per la politica e avesse fatto suoi gli argomenti del più vigoroso antiparlamentarismo.
Tale parte letteraria del giornale divenne presto un vero e proprio circolo di cultura grazie proprio agli interessi letterari di Verdinois e ai suoi contatti amichevoli con i redattori di "Rivista Minima" (Milano), "Il Caffaro" (Genova), "Tribuna" (Roma). Insegnò all'Istituto Orientale di Napoli dapprima lingua e letteratura inglese, poi lingua e letteratura russa (tra i suoi allievi Ettore Lo Gatto). Continuò però l'impegno giornalistico con la collaborazione alla futurista "Vela latina", fondata nel 1913 a Napoli dal Russo e alla milanese "Varietas" di Pasquale De Luca. Nello stesso periodo curò la rubrica "Su e giù per Napoli" sul "Roma della domenica" ove narrava leggende o fatti storici dimenticati legati a luoghi napoletani.
Ebbe il grande merito culturale di aver fatto conoscere in Italia, in buone traduzioni, i grandi scrittori russi dell'Ottocento, da Gogol a Gor'kij, da Puškin a Tolstoi, a Dostoevskij a Turghenieff. Conoscitore anche del polacco, fu il primo traduttore italiano del Quo vadis di Sienkievicz.
Come narratore compose arguti e coloriti racconti di vita napoletana, di ambiente piccolo-borghese, che rientrano nella tradizione del verismo provinciale dell'ultimo Ottocento con una loro intatta vivacità e umana commozione: Amore sbandato - Nebbie germaniche (1872); Racconti (1878); Principia e altre novelle (1885); Racconti inverisimili (1886); Nuove novelle (1887); Quel che accadde a Nannina (1887); La visione di Picche (1887).
Verdinois scrisse anche pittoresche e acute rievocazioni di ambienti e figure del mondo giornalistico e letterario di Napoli: Profili letterari (1882) tra cui il garbato autoritratto intitolato "Il sottoscritto" e Ricordi giornalistici (1920).
Benedetto Croce ne mise in luce le pregevoli qualità di scrittore di racconti e ne rievocò la personalità dicendo fra l'altro: «Era degli uomini più scrupolosamente onesti che sia dato immaginare; bibliotecario di una biblioteca provinciale,[...] si recò a presentare le sue dimissioni perché a quella biblioteca non venivano lettori e a lui sapeva male di ricevere uno stipendio senza giustificazione. [...] guardava la politica e gli uomini politici e non riusciva ad avervi altra partecipazione fuor di quella genericamente e privatamente umana. Come di politica, dichiarava di non capire nulla di filosofia, accettando senza affliggersene, ma senza vantarsene, questo limite della sua mente; nondimeno era di continuo sollecito e vigile ai problemi dell'anima e della vita morale [...]».
Morì a Napoli il 17 aprile 1927.
Bibliografia:
- Della Sala, Ottocentisti meridionali, Napoli, Guida 1935.
- B. Croce, Letteratura della Nuova Italia, volume V, Bari, Laterza 1943.
- A. Borlenghi, Narratori dell'Ottocento e del primo Novecento, vol III. Napoli-Milano, Ricciardi 1963.
- C. De Caprio, Federigo Verdinois scrittore moderato, in "Esperienze letterarie" 1980.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti e Catia Righi.
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