Riflessioni conclusive

Le mailing lists, così come sistemi simili di conferenze elettroniche (ad es. le news), rivelano una delle potenzialità più interessanti di Internet, quella di mettere in comunicazione persone in gruppi più o meno aperti, indipendentemente dalla distanza relativa e dalla diversità di orari dei partecipanti. Il concetto di distanza e di differenza temporale andrebbe anzi relativizzato al medium comunicativo usato, perché solo così la si potrebbe determinare in modo sufficientemente chiaro e operativo: così di fatto viene determinata da chi del particolare medium fa uso.

Le liste postali permettono la conoscenza reciproca e la comunicazione sulla base di un interesse specifico (nei gruppi-tema), oppure di un semplice desiderio di fare nuove conoscenze (nei gruppi-luogo) e, in misura della loro specifica capacità di dissolvere e ricombinare le dimensioni dello spazio e del tempo, possono creare una grande quantità di relazioni comunicative, vale a dire permettere nuove combinazioni anche nella dimensione sociale: <<quando queste relazioni riguardano un gruppo di utenti in quanto gruppo, può nascere la convinzione che si sia creata una comunità>> [Gaia 1995, 8].

Il fenomeno dell'interazione tramite gruppi telematici permette inoltre di dare una definizione forse più precisa dell'interazione sociale, definizione svincolata da riferimenti troppo concreti al corpo vivente dei partecipanti o al luogo fisico in cui avviene l'interazione, e legata piuttosto alla comunicazione stessa: l'interazione sociale è un effetto diretto della comunicazione. Altre variabili, come il corpo, il luogo, le tecnologie o i limiti temporali sono importanti solo per le opportunità che offrono e per i limiti in cui costringono le interazioni stesse [1] . Già in Cooley [1963] d'altronde, con sorprendente lungimiranza, troviamo l'affermazione che la conoscenza interpersonale diretta tipica dei membri dei gruppi primari può avvenire in base a rapporti di comunicazione a distanza e non essere necessariamente del tipo "faccia a faccia".

Per finire, prendendo spunto da quanto appena detto sopra, vorremmo aggiungere alcune brevi riflessioni, che potrebbero essere di stimolo a futuri studi più approfonditi.

Come ogni vero oggetto evocatore [Turkle 1985], ovvero proiettivo, Internet attrae o genera repulsione, anche in coloro che non ne sono in rapporto diretto. Suscita speranze e paure venendo osservato sia da punti di vista innovativi che tradizionali. Rivela quindi, come una cartina di tornasole, l'immagine di sé, le speranze e/o le paure dei vari osservatori sociali [come esempi tipici di tutto ciò vedi Grandi 1996; Biagini e Iannuzzi 1996], speranze e paure che non sempre appaiono, a dire il vero, ben consistenti. Non è un fenomeno nuovo. Lo conosciamo ormai come tipico di ogni processo di innovazione, e non solo tecnologica. Ma è senz'altro un fenomeno sempre difficile da analizzare. Pure, nella sua analisi, sta a nostro parere una delle maggiori possibilità che la sociologia ha di svecchiare definitivamente i suoi modi di guardare ai media, alla comunicazione e alla società, cioè la sua terminologia, i concetti che usa.

Nel caso di Internet vorremmo riferirci a tre "proiezioni" principali, collegate ad altrettante speranze e paure tipicamente moderne [2] . Tutte e tre sono collegate alle forme dell'interazione sociale [3] così come sono state influenzate dalle tecnologie della comunicazione, vecchie o nuove che siano:

  1. speranza/paura della modernità. La speranza nella modernità come fonte di miglioramento delle condizioni dell'uomo si basa su una visione forte della razionalità umana, collettiva o individuale a seconda dei pensatori (tipicamente socialisti o liberali); le paure sono rivolte da questi autori nei confronti delle "vecchie istituzioni" (famiglia e comunità) viste come limitanti lo sviluppo delle forze progressive individuali o collettive, rivelantisi volta a volta nella politica, nell'economia, nella scienza-tecnologia. Al contrario, i critici di illuminismo e positivismo, sulla scorta della loro critica, razionale o meno, delle pretese di razionalità [4] , rivalutano spesso convincentemente il ruolo di queste istituzioni e rivolgono le loro paure preferenzialmente verso il processo di modernizzazione (naturalmente con tutte le sfumature intermedie che questi due atteggiamenti contrapposti hanno ammesso). La sociologia, storicamente, è nata proprio nel mezzo di tutto questo [5] e ancora ne porta i segni.
  2. speranza/paura nei confronti della smaterializzazione, decorporeizzazione della comunicazione. <<Internet è una dimensione incorporea e silenziosa. Non c'è fisicità, né voce, né altre tracce della presenza, che non siano parole scritte o immagini, messaggi spediti a un server e smistati a interlocutori lontani, del tutto virtuali>> [Grandi 1996, 20]. Talvolta l'assenza di "fisicità" è considerata positivamente: ad esempio, si dice, nel campo professionale, si è giudicati per ciò che si dice (per la performance) e non per ciò che si è (uomini o donne, giovani o anziani ecc.); oppure si è facilitati nella vita di relazione nel caso di certi tipi di handicap. Altre volte negativamente: si rischierebbe di rifiutare il contatto umano "diretto", "non mediato", a favore di un rapporto mediato da "macchine e simboliche fredde", senza corpo: un'esperienza "fantasmatizzata".
  3. speranze/paure collegate a Internet in particolare e alla telematica in generale, per i suoi aspetti di rinascita dell'oralità e della parola scritta. Si chiacchiera nelle chat o si tornano a scrivere lettere, sia pure "elettroniche", e così si riscopre da una parte il piacere della convivialità e dall'altra si plaude alle nuove occasioni di riflessione "razionale", di ritorno dell'uomo "autodiretto" (cioè scrittore e lettore), che la telematica testuale permetterebbe, venendo a salvarci dalla "cattiva maestra televisione".

Commentiamo brevemente i tre punti appena visti, ma in ordine inverso.

Prima di tutto, chi l'ha detto che la telematica sia o dovrebbe essere di per sé solo orale e scritta [6] ? Oggi è certo così, ma fra cinque-dieci anni al massimo, con l'aumento vertiginoso della larghezza di banda e l'altrettanto vertiginoso calo dei costi di accesso, c'è da scommettere che l'audio e il video bidirezionali in tempo reale saranno una realtà (vedi Appendice B): almeno, questo è nei programmi dei maggiori produttori di hardware e software.

Per quanto riguarda poi la smaterializzazione e la decorporeizzazione della comunicazione, siamo sicuri che si tratti di una caratteristica peculiare di certi nuovi media? Non sarà per caso invece una caratteristica abbastanza comune di molti media, finora celata solo dall'abitudine? Si provi a sostituire, nella citazione di cui al punto 2, "Internet" con "Il libro" e "un server" con "una tipografia"... E che cosa hanno a che fare precisamente i corpi viventi e gli oggetti con la comunicazione, e persino con l'esperienza? Ecco un'altra domanda a cui le risposte classiche, come sappiamo, non danno più tanta soddisfazione.

Infine, gli atteggiamenti nei confronti della modernità, dei quali a noi interessano in particolare quelli nei confronti delle tecnologie, sono stranamente intrecciati con gli atteggiamenti nei confronti della comunicazione in compresenza corporea. Ma non, si badi bene, come mera conversazione intima (sgravata da pressanti controlli sociali) oppure "disimpegnata all'inglese" (perché così è possibile liberarsi, con tatto, al più presto, per tornare ad affari più seri), né come semplice modalità comunicativa occasionale (ad es. in ascensore) o "burocratizzata" (ad es. in un ufficio postale), bensì così come si effettua nei contesti comunitari, e cioè come medium principale della costruzione di una società (e del proprio posto in essa), fortemente connotato in senso morale. Nella storia europea delle idee, la speranza nelle promesse della modernità aveva condotto a una "mitizzazione negativa" degli ambiti comunitari e della comunicazione faccia a faccia, come ambiti di costrizione dell'individuo da cui ci si doveva liberare [Mill 1993]. La delusione di molte promesse (utopie) della modernità sposta il pendolo dall'altra parte: la sicurezza che prima si cercava nel futuro e come individuo (razionale-economico, perciò "decorporeizzato"), ora la si cerca nel presente, nel corpo (si pensi alla filosofia di Merleau-Ponty), nei legami "neocomunitari", (nel "faccia a faccia morale" sopra detto insomma) con una conseguente tendenza alla loro "mitizzazione positiva". E così c'è chi vuole, e non senza buone intenzioni né in modo poi così inconseguente, dato che nella società moderna c'è senz'altro spazio e funzione anche per questo, <<verificare la prospettiva di un recupero della dimensione comunitaria nelle nostre società civili anche alla luce della sempre maggiore specializzazione dei mezzi di comunicazione di massa e delle tecnologie avanzate>> [C. Calvaruso in Biagini e Iannuzzi 1996, 40]. Queste analisi hanno naturalmente solo un valore esemplare e non hanno la pretesa di esaurire i problemi, ma solo di fornire stimoli per ulteriori riflessioni.

Proponiamo quindi una conclusione aperta. Nostalgia della comunicazione faccia a faccia, della comunità e di valori forti, incertezza nel futuro e paura/speranza nei confronti delle tecnologie, sembrano tutte cose collegate e hanno certo una loro rilevanza sociale. Ma allo stesso tempo sembrano spesso risentire della mancanza di una più adeguata considerazione teorica del fenomeno della comunicazione nel suo insieme, che consentirebbe di meglio perseguire gli obiettivi ed evitare inutili paure. Quando non sviano del tutto dai problemi teorici più interessanti! Fa notare ad esempio Abruzzese che <<la società moderna, con le sue tecnologie, i suoi processi di socializzazione e massificazione, è sempre stata alla ricerca di un'origine comunitaria perduta, fondata su un'idea di contemporaneità ma solo surrogata dai media di massa, che pure sono stati il massimo della contemporaneità>>, ma attenzione, perché <<le reti interattive praticano una strategia differente. Internet non è un mondo contemporaneo, ma asincrono che vive di momenti e di spazi totalmente diversi>> [A. Abruzzese in Biagini e Iannuzzi 1996, 43 corsivo nostro].

Il caso di Internet perciò, a questo riguardo, non è diverso ad esempio da quello della Realtà Virtuale. Come il concetto di comunicazione è messo alla prova da nuove forme di comunicazione, anche quello di esperienza è messo alla prova da nuove forme di esperienza. In questi territori, il vecchio dato per scontato e le vecchie formule terminologiche (in retrospettiva, possiamo dire traballanti da quasi un secolo nella cultura europea, come abbiamo fatto notare nel primo capitolo) stanno ricevendo forse già oggi il colpo di grazia, sotto la risonanza cognitiva (l'ultima in ordine di tempo e forse in prospettiva tra le più enormi) indotta dalle più recenti tra le innovazioni nel campo della comunicazione e dell'esperienza. Compito di chi fa ricerca, sarà quindi quello di mettere alla prova formule nuove e più adeguate.


[1] Come ormai si sa, vincolo e opportunità vanno sempre insieme: infatti solo diminuendo le immense possibilità di interazione (le tecnologie, come d'altronde le norme sociali, fanno proprio questo) che in forma non vincolata sono troppo complesse da utilizzare (e quindi è come se non ci fossero) è possibile aumentare le possibilità effettivamente utilizzabili in una maniera che, se ci si concede un'iperbole retorica, "al limite è illimitata". Torna Su
[2] I cui prodromi si possono perciò facilmente rinvenire da una parte nella cultura del razionalismo, dell'illuminismo e del positivismo, e dall'altra nella cultura del romanticismo, della critica dei "pensieri forti" (Nietzsche, Kafka, Heidegger, Pirandello, per fare solo alcuni nomi) e infine del cosiddetto "pensiero postmoderno". Tipicamente le speranze dei primi sono le paure dei secondi e viceversa. Torna Su
[3] E quindi della struttura della differenziazione sociale, che, come abbiamo detto nel secondo capitolo, modula e specifica il fondamentale, ma di per sé generico, rapporto ego/alter, che sta alla base di ogni società. Torna Su
[4] Sulle quali vedi, tardo e perciò particolarmente lucido e sofisticato, Luhmann e De Giorgi [1992, 54 ss.]. Torna Su
[5] Si pensi, come rappresentante delle due opposte tendenze, all'uso anche valutativo fatto da Durkheim e Tönnies nelle loro teorie della società dei termini "meccanico" (connotazione negativa) e "organico" (connotazione positiva): il primo autore definisce "meccanica" la solidarietà tipica delle società primitive (comunità) e "organica" quella della società moderna; il secondo fa proprio il contrario e chiama "organiche" le società comunitarie e "meccanica" la società moderna. Torna Su
[6] Tacendo poi sulle possibili obiezioni che si potrebbero fare sul presunto maggior valore razionale della comunicazione scritta rispetto a quella visiva/televisiva! Basti dire che le stesse critiche venivano mosse alla nuova tecnologia della scrittura nelle culture orali. Torna Su