APPENDICE I


BREVE STORIA DEL MADAGASCAR (96)

L'amalgamarsi dei gruppi indonesiano ed africano ha dato, dunque origine alla popolazione dell'isola, che si arricchirà in seguito di altre componenti.

Alla fine del medioevo alcuni commercianti arabi creano sulla costa nordoccidentale piccole città-Stato, che favoriscono l'afflusso di ulteriori elementi etnici africani. Altri islamizzati, di origine imprecisa, fondano piccole colonie sulla costa est.

L'ultima ondata indonesiana, risalente al XV secolo, segna la fine del periodo di popolamento dell'isola. È da questo momento che si assiste all'unificazione dei clan territorialmente contigui e alla creazione dei regni, con la fondazione delle dinastie. A partire dal 1600 il regno sakalava, sotto la dinastia dei Maroserana, diviene un impero e arriva a coprire circa i due terzi dell'isola: i Sakalava conquistano tutta la costa ovest e fondano i due regni del Menabe (nell'ovest) e del Boina (nel nord-ovest). Il confinante regno betsimisaraka, nato dalla confederazione tra due tribù, sorge e muore nello spazio del secolo XVIII, soccombendo prima all'egemonia del regno merina e poi alla colonizzazione francese.

A partire dal XVI secolo l'isola è frequentata da Portoghesi, Olandesi ed Inglesi, a causa della sua posizione sulla rotta delle Indie; ed è in questo periodo che viene introdotto per la prima volta il cristianesimo, ad opera di missionari protestanti e cattolici.

Mentre gli Inglesi ed i Francesi tentano a più riprese di stabilirsi nell'isola per assicurarsi vantaggi in campo diplomatico e commerciale, all'interno, il regno indigeno dei Merina (o Hova), sviluppatosi a partire dal XVII secolo, acquisisce sotto il re Andrianampoinimerina (1787-1810) il controllo sulla regione centrale dell'isola. Ulteriori ampliamenti territoriali dell'Imerina si hanno sotto il figlio Radama I, grazie al supporto bellico europeo, e sotto i suoi successori, che riuniranno tutti i Malgasci in un solo stato, sorretto dalla monarchia merina: solo alcuni popoli del sud ed una parte dell'ovest sakalava riescono a conservare la loro indipendenza. Durante il regno di Radama I, missionari protestanti inglesi aprono nel paese le prime scuole ed iniziano la conversione degli indigeni.

Sotto l'impulso di un movimento xenofobo, la moglie Ranavalona I, succedutagli, perseguita i cristiani ed espelle i missionari. Alla morte della regina, nel 1861, il figlio Radama II (1861-1863) riapre le porte agli Europei. La sua politica innovatrice (che introduce tra l'altro l'abolizione dei privilegi sociali e la libertà di culto) non è, però, accettata dall'aristocrazia malgascia, che provvede ad eliminarlo.

Dal 1863 in poi la storia dell'isola è dominata dalla classe hova e, in particolare, dalle figure di due primi ministri (Rainivonihitriony in carica fino al 1864 e Rainilaiarivony fino al 1895), che governano di fatto il paese, mentre le loro mogli, le regine Rahoserina, Ranavalona II e Ranavalona III, conservano soltanto un potere simbolico.

Durante il regno della regina Ranavalona II (1868-1883), il protestantesimo diviene religione di stato (1869), il cattolicesimo è tollerato e gli idoli della religione tradizionale (i sampy) sono bruciati. Sull'onda dell'esempio della regina e del primo ministro, si hanno numerose conversioni al protestantesimo.

Nel 1881 è emanato da Rainilaiarivony un "Codice di 305 articoli", in cui i costumi malgasci vengono modificati in senso modernista: soppressione della poligamia, emancipazione degli schiavi, creazione dei comuni (fokonolona).

In questo periodo inizia la conquista del paese da parte della Francia, terminata nel 1896 con il crollo della monarchia merina (il primo ministro viene giustiziato e la regina Ranavalona III deposta ed esiliata ad Algeri, dove morirà nel 1917) e con la dichiarazione del Madagascar come colonia francese.

Col favore della nuova situazione politica i missionari cattolici francesi, precedentemente espulsi durante le due guerre franco-malgasce (1883; 1894), egemonizzano l'opera di evangelizzazione dell'isola.

Il generale Gallieni prende il comando civile e militare dell'isola fino al 1905. Come Governatore Generale organizza l'insegnamento, l'assistenza medica, lo sviluppo economico ed il commercio. Egli domina la gerarchia amministrativa; i funzionari a capo dei cantoni (generalmente scelti tra i Merina) rimpiazzano i vecchi monarchi (ampanjaka). L'amministrazione infligge pesanti pene in caso di non pagamento delle imposte o di non adempimento dei dieci giorni di lavoro sostitutivi.

Gli aristocratici merina, che hanno perduto il potere, il commercio, gli schiavi, appoggiano il malcontento popolare. Lo spirito di indipendenza degli indigeni dà origine, infatti, a frequenti e sanguinose ribellioni, che sfociano nel primo dopoguerra nell'organizzazione di un movimento nazionalista di breve durata.

Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo un periodo di occupazione inglese, l'isola ritorna alla Francia. Gli antichi conflitti tra la tribù dominante dei Merina (più ricca ed evoluta) e le popolazioni della costa (la maggior parte delle quali erano state sottomesse al regno merina agli inizi del XIX secolo) influenzano il processo di indipendenza. Nell'immediato dopoguerra, il partito nazionalista malgascio (MDRM) organizza una rivolta (1947) che viene violentemente soffocata (si conteranno più di 80.000 vittime). Le forze politiche espressione delle popolazioni costiere (PADESM prima, PSD poi), temendo l'egemonia dei nazionalisti Merina, già espressa nella gestione della rivolta, promuovono una politica di lento e graduale distacco dalla Francia.

Il Madagascar consegue la piena indipendenza il 26 Giugno 1960 ed assume la forma di repubblica presidenziale col nome di Repubblica Malgascia; la presidenza è conferita a Tsiranana, leader del partito socialdemocratico (PSD), maggioritario nell'isola.

Il Presidente Tsiranana, riconfermato in carica nel 1965, persegue costantemente una politica di allineamento con le potenze occidentali e di stretta collaborazione (economica, culturale, militare) con la Francia. L'opposizione è data da sole forze di estrema sinistra. La più rappresentativa di esse, il MONIMA (Mouvement national pour l'indépendance de Madagascar), nel 1972, organizzando una lunga e violenta contestazione di studenti e lavoratori, interrompe bruscamente il potere di Tsiranana e dà l'avvio ad una serie di governi militari.

Questi governi (1972-1975), tutti guidati da generali merina, ad un deciso mutamento nella politica estera (avvicinamento ai paesi socialisti ed arabi e soprattutto rottura con la Francia) associano una politica interna nazionalista (istituzione del Malgascio come lingua ufficiale e "malgascizzazione" dell'educazione), fortemente avversata dai costieri. Il conseguente disordine politico ed istituzionale si arresta con la nomina a capo dello Stato di un côtier, Didier Ratsiraka. Suoi principali provvedimenti sono: istituzione di un Consiglio Supremo della Rivoluzione (CSR), composto inizialmente da militari, che soprintende le attività di governo; nazionalizzazione delle maggiori risorse ed iniziative economiche dell'isola (banche, compagnie di navigazione, raffinerie di petrolio e miniere); promozione di una nuova costituzione. I temi propulsivi di quest'ultima sono una riforma amministrativa ed agraria basata sui fokonolona (comunità tradizionali), la riorganizzazione delle forze armate ed il perseguimento di una politica estera di non allineamento. A seguito della promulgazione della Carta, Ratsiraka ottiene un mandato settennale, il paese è rinominato Repubblica Democratica del Madagascar ed è proclamata la "Seconda Repubblica".

Ratsiraka sarà a lungo alla guida del paese (1975-1993) e la sua esperienza di governo si confronterà costantemente con un'estrema fragilità degli equilibri politici ed istituzionali, con una drammatica stagnazione dell'economia e con forti tensioni e disordini sociali.

Nel tentativo di rendere le istituzioni più solide ed equilibrate, il CSR viene trasformato in organo a composizione prevalentemente civile, prendono vita una Corte Costituzionale ed un'Assemblea Nazionale, è fondato un Fronte Nazionale di Difesa della Rivoluzione Socialista Malgascia (FNDR). Il Fronte, unica organizzazione politica ammessa dalla Costituzione, attrae (in modo spesso contraddittorio e discontinuo) le forze politiche fondamentali del paese (MONIMA, AKFM, MFM e Vonjy) intorno all'AREMA, partito del Presidente.

Solo nel 1989 si assiste ad una aperta competizione tra queste forze per le elezioni presidenziali: il MONIMA, il MFM ed il Vonjy presentano i loro candidati alternativi a Ratsiraka.

L'opposizione, uscita sconfitta da tale confronto, rimane divisa e fragile, ma trova nel Concilio delle Chiese Cristiane (FFKM) un elemento di coesione e di guida (97). Loro comune rivendicazione è una riforma costituzionale che introduca un sistema multipartitico (attraverso l'abolizione del monopolio del FNDR sull'attività politica) e che abbandoni ogni riferimento formale al socialismo.

Alcune concessioni (superamento del FNDR, eliminazione della censura sulla stampa, fine del monopolio di Stato sulla radio e la televisione, promessa della sostituzione del CSR con un senato elettivo) non frenano la coalizione antigovernativa (i cui leader sono Manandafy per il MFM, Zafy per l'UNDD e Andriamanjato per l'AKFM/Fanavaozana), che chiede le dimissioni del presidente ed un governo provvisorio, in attesa di una nuova costituzione.

A supporto di tali richieste sono promossi una serie di lunghi scioperi generali (1991) che bloccano l'economia, paralizzano le maggiori città, creano disordini e repressioni tanto gravi che anche le Chiese e la Francia (con cui Ratsiraka ha stretto forti legami in seguito al collasso del sistema sovietico) chiederanno le dimissioni del presidente. Si giunge ad un provvisorio compromesso (31 ottobre 1991): in attesa della formulazione di una nuova costituzione e di nuove elezioni, Ratsiraka rimane in carica privato dei suoi poteri esecutivi e sono costituiti organi provvisori (l'Alta Autorità dello Stato, HAE, e il Consiglio di Risanamento Economico e Sociale, CRES), guidati dai leader dell'opposizione, in sostituzione del CSR e dell'Assemblea popolare.

Con l'approvazione della nuova costituzione (19 Agosto 1992), l'elezione di Zafy a Presidente (10 Febbraio 1993) e la formazione di una nuova Assemblea Nazionale (16 Giugno 1993), si delineano le istituzioni della nascente "Terza Repubblica".

La mancanza di responsabilità e di coerenza politica, un trasformismo radicato nella vita politica del paese, una diffusa corruzione impediscono alla classe dirigente malgascia di affrontare efficacemente il grave stato dell'economia nazionale e di elaborare un piano di ripresa economica: sino al 1996 non si riusciranno ad approvare quei provvedimenti, di risanamento del bilancio e di razionalizzazione dell'amministrazione, richiesti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale come presupposti indispensabili per l'erogazione dei crediti (98). Il persistere della drammatica situazione economica sarà causa di un'instabilità politico-istituzionale che si protrae sino ai giorni nostri.

La costituzione della "Terza Repubblica"

La costituzione, approvata da un referendum nazionale il 19 Agosto 1992, prescrive uno stato unitario, dotato di un Senato (i cui componenti sono nominati per 1/3 dal Presidente) e di un'Assemblea Nazionale (eletta a suffragio universale con sistema proporzionale). Il Capo dello Stato è un Presidente eletto direttamente dai cittadini, per un periodo di cinque anni.

Il testo originario della Carta Costituzionale prevedeva una democrazia parlamentare e quindi l'elezione del primo ministro da parte dell'Assemblea Nazionale; un emendamento, proposto da Zafy ed approvato nel settembre 1995, attribuisce di fatto al Presidente la nomina del capo del governo.

Il 5 Settembre 1996 l'Alta Corte Costituzionale dispone l'impeachment del Capo dello Stato ed affida, in attesa di nuove elezioni, le funzioni presidenziali al primo ministro.


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