CAPITOLO II - IL SOFTWARE NELLA EVOLUZIONE DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA

LA CONVENZIONE DI MONACO SUL BREVETTO EUROPEO. ARMONIZZAZIONE DEI SISTEMI GIURIDICI EUROPEI CON SPECIFICO RIFERIMENTO ALL'ITALIA

Il quadro, non solo nazionale ma anche internazionale, sulla protezione del software si arricchisce ulteriormente quando, sotto l'influenza della legge francese del 1968 sulla riforma del sistema brevettuale, la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo (CBE) del 5 ottobre 1973 espressamente esclude la brevettabilità dei "programmi di ordinatori". In particolare l'art. 52 così dispone:

  1. I brevetti europei sono concessi per le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale.
  2. Non sono considerate come invenzioni ai sensi del paragrafo 1 in particolare:
    1. le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici;
    2. le creazioni estetiche;
    3. i piani, principi e metodi per attività intellettuali, per giochi o per attività commerciali e i programmi per ordinatori;
    4. le presentazioni di informazioni.
  3. Le disposizioni del paragrafo 2 escludono la brevettabilità degli oggetti o delle attività in esse nominati soltanto nella misura in cui la domanda di brevetto europeo o il brevetto europeo concerne detti oggetti o attività, considerati come tali.
  4. Non sono considerate come invenzioni atte ad avere applicazione industriale, ai sensi del paragrafo 1, i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale. Questa disposizione non si applica in particolare alle sostanze o alle miscele di sostanze, per l'attuazione di uno dei metodi nominati.

Questo articolo è stato recepito nel nostro ordinamento con D.P.R. 22 giugno 1979 n.338 che, modificando l'art. 12 del R.D. 29 giugno 1939 n.1127 relativo ai brevetti per invenzioni industriali, ha stabilito che non sono invenzioni brevettabili i programmi per elaboratore se il brevetto concerne "i programmi in quanto tali". Il nuovo articolo 12, inoltre, riprende quelli che sono i requisiti essenziali dell'invenzione industriale: la novità (di cui meglio agli artt. 14 e 15), l'originalità (attività inventiva), l'industrialità.

La Convenzione sul brevetto europeo determinò sia direttamente che indirettamente un profondo mutamento nelle legislazioni sui brevetti in Europa tanto che la brevettabilità fu bandita da molti sistemi giuridici: venne esclusa, per fare degli esempi, nella legislazione britannica (art. 1 del Patents Act del 1977), nella legislazione francese (art. 5 della legge 13 luglio 1978, n. 742), nella legislazione tedesca (art. 2 della legge 3 gennaio 1981, n. 1).

Questo portò la giurisprudenza italiana in assenza di normative specifiche che regolassero la fattispecie software, a spostare l'indagine più verso il diritto d'autore che verso il brevetto, sebbene, la prima inequivoca pronuncia in tal senso, come vedremo, sarà l'ordinanza del Pretore di Pisa che ha riconosciuto al programma la qualifica di opera dell'ingegno appartenente alle opere scientifico-didattiche estendendo la tutela anche ai manuali descrittivi.

L'art. 12 è parso subito di problematica interpretazione: in particolare si è discusso se l'articolo riaprisse la discussione sulla brevettabilità dei programmi imponendo un'interpretazione logica oltre che letterale o se ponesse solo una "presunzione negativa assoluta".

L'esame dei Procès verbaux della conferenza di Monaco consente di affermare che l'espressione "programmi in quanto tali" è stata utilizzata con la manifesta intenzione di lasciare spazio ad una interpretazione flessibile del divieto di brevettazione del software. Infatti alcuni interpreti ne hanno proposto una lettura assai liberale secondo cui la norma non mira solo a consentire la brevettazione di quei procedimenti industriali realizzati a mezzo di computer, i quali, sarebbero comunque brevettabili se realizzati con altri strumenti, ma anche la brevettazione di quei programmi che, uniti all'hardware, consentono la produzione o il controllo di informazioni e di dati. Altri hanno affermato la brevettazione di macchine che utilizzano il software in una produzione industriale escludendola, d'altro canto, per quei programmi considerati nella loro astrattezza, cioè avulsi da quella che può essere una determinata applicazione di tipo industriale.

L'interpretazione giurisprudenziale italiana viene sintetizzata in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 3169 del 14 maggio 1981) (48) che, pur non affrontando direttamente il problema della brevettabilità di un programma in quanto tale, afferma il principio della brevettabilità di un procedimento articolato (cosiddetta invenzione di combinazione) (49) in cui si faccia uso di un elaboratore opportunamente programmato. Nella specie si trattava della richiesta di una invenzione la cui domanda di brevetto, presentata l'1 febbraio 1974 dalla s.p.a. SNAM Progetti, fu respinta dall'Ufficio centrale brevetti, e successivamente dalla Commissione Ricorsi, sul rilievo che il trovato non esulava dalla mera utilizzazione di dispositivi noti, in quanto consisteva nell'acquisizione automatica, invece che manuale, dei dati riguardanti un disegno costruttivo, al fine del loro inserimento in un elaboratore elettronico, che conservava inalterate le funzioni sue proprie. In particolare, la Commissione individuava l'oggetto del trovato, descritto nella domanda come "sistema elettronico per produrre disegni e informazioni necessarie alla costruzione di un impianto rilevando i dati da disegni costruttivi", in un procedimento costituito dalla sequenza di tre operazioni collegate, per ciascuna delle quali è previsto l'impiego di apparecchi noti. La prima operazione consiste nel rilevamento degli elementi di un modello di progetto attraverso un lettore; la seconda nella trasformazione delle osservazioni ottiche in magnetiche, mediante un'apparecchiatura elettronica dotata di registratori (su nastri o su schede); la terza nell'immissione di questi dati in un elaboratore elettronico già programmato, che in base ad essi elabora il progetto.

L'impugnazione proposta dalla società viene accolta dalla Cassazione. L'elemento inventivo viene, infatti, individuato proprio nelle eliminazione dell'operatore umano nella fornitura all'elaboratore dei dati rilevati dal lettore.

Si afferma che possono costituire oggetto di brevetto, le cosiddette "invenzioni di combinazione" che consistono nel coordinare tra loro in modo ingegnoso ed originale, eventualmente con gli opportuni accorgimenti, elementi e mezzi diversi già conosciuti in tutto o in parte, in modo da ottenere un risultato tecnico nuovo, economicamente utile e non raggiunto prima con l'impiego di uno o più di quegli elementi e mezzi presi singolarmente.

Nel caso in esame l'invenzione è sicuramente prodotta dal coordinamento di mezzi ed elementi noti, tra i quali un programma per computer, ed è brevettabile in quanto le anzidette condizioni sono tutte rispettate: insomma l'utilizzazione di un programma quale componente di un prodotto non pregiudica la brevettabilità di un'invenzione.

In ordine ai requisiti cui l'art. 2584 ss.c.c.. subordina la concessione del brevetto (industrialità, originalità, materialità) in passato, si era esclusa la brevettabilità del software proprio sulla base della loro assenza. Ma a questa affermazione si è risposto con riferimento all'industrialità che l'applicazione del computer (e di conseguenza del software) alla produzione industriale è ormai un dato acquisito e l'industrialità va proprio individuata nello sfruttamento della macchina che il programma imposta così da renderla idonea a risolvere un problema tecnico o a prestare un determinato servizio; la materialità richiesta è ottenuta attraverso la presenza dell'hardware quale supporto fisico; l'originalità ricorre quando, indipendentemente dalla maggiore o minore novità del risultato, l'attività di chi lo abbia conseguito o determinato riveste carattere creativo e di non semplice esecuzione. La dottrina, in verità, parla di novità estrinseca e intrinseca: la prima sussiste allorché l'invenzione rappresenta un quid novi; la seconda consiste nell'apporto creativo originale dell'inventore che con la propria elaborazione inventiva abbia arrecato un miglioramento nel campo della tecnica industriale.

Anzi, secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 4129 del 1976), il requisito della novità intrinseca non richiede un grado di creatività sorprendente e geniale, o di assoluta originalità rispetto a qualsiasi precedente cognizione, essendo sufficiente che esso si concretizzi in un progresso o miglioramento, sia pure di modesto valore, della tecnica preesistente, in una realizzazione idonea a soddisfare interessi industriali e commerciali prima insoddisfatti, o soddisfatti in maniera diversa.


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