CAPITOLO II - IL SOFTWARE NELLA EVOLUZIONE DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA

SEGUE: IL SOFTWARE COME OPERA DELL'INGEGNO DI CARATTERE SCIENTIFICO

Finalmente, nel 1987, il problema della protezione giuridica del software giunge all'esame della Suprema Corte. La sentenza (Cass. - Sez. Pen. - 6 febbraio 1987 n. 1956) (76) nonostante fosse relativa ad un procedimento penale (77), scioglie in positivo l'interrogativo della proteggibilità del software, scegliendo la via del diritto d'autore. Nella motivazione della sentenza si legge che i requisiti perché il risultato di una attività intellettiva possa essere protetta a norma dell'art. 2575 c.c. e della legge n. 633/1941 e successive modificazioni, possono essere così identificati:

  1. che si tratti di un'opera dell'ingegno, quale espressione particolare di lavoro intellettuale applicato;
  2. che l'entità prodotta sopravviva all'attività necessaria a produrla ed abbia individualità, utilità, idoneità ad essere goduta da altri;
  3. che - per dirla con la Relazione alla legge del 1941 - "...l'opera abbia un merito, sia pure modesto, perché altrimenti non avrebbe il valore creativo che giustifica la protezione e che dà all'opera stessa la necessaria originalità...";
  4. che, infine, l'apporto nuovo riguardi i campi dell'arte e della cultura indicati dalla legge.

Ravvisata la presenza di questi requisiti nel software in questione la Cassazione così conclude:

"Il software (applicativo) (78) è un'opera dell'ingegno proteggibile sia civilmente che penalmente sotto il profilo del diritto d'autore, poiché inquadrabile nella categoria delle opere che appartengono alle scienze.

L'autore del software in tanto produce un risultato creativo in quanto dia apporti nuovi nel campo informatico, esprima soluzioni originali ai problemi di elaborazione dei dati, programmi in modo migliore rispetto al passato determinati contenuti di idee, seppure in misura appena apprezzabile.

Il nuovo nell'espressione formale di un contenuto ideativo è il discrimine di proteggibilità anche per il software sicché non sono oggetto di protezione tutte le attività preparatorie non collegate all'elaborazione della sintesi creativa e quelle esclusivamente riproduttive di elementi già noti e sfruttati.

Sussiste reato di cui all'art. 171 della legge n. 633/1941 sul diritto d'autore nel caso di detenzione e commercializzazione di programmi per computer illecitamente riprodotti".

Sempre nell'ambito delle opere di carattere scientifiche, va ricordata l'ordinanza della Pretura di Bari (79) (11 febbraio 1991) relativa alla controversia in cui la società Sisdata lamentava la messa in circolazione, da parte della ditta Abacus, di programmi applicativi per computer rivolti alla gestione amministrativa di istituti scolastici (contabilità finanziaria e stipendi per il personale), di cui essa ricorrente affermava ritenere, soprattutto in Puglia, una effettiva situazione di monopolio. La ditta Abacus contestava la sussistenza di una relazione di "uguaglianza progettuale" tra i programmi, trattandosi di programmi funzionanti in sistema operativo MSDOS (a differenza di quelli Sisdata funzionanti in sistema PCOS, solo sugli ormai obsoleti computer Olivetti M-20) contenenti funzioni proprie ed esclusive, le cui uguaglianze e/o similitudini col software a confronto trovavano spiegazione sia con l'utilizzazione di comuni metodi di programmazione (appartenenti alla cultura media degli operatori), sia con il fatto che entrambi i software si rivolgevano alla stessa potenziale clientela, la quale aveva esigenze ormai standardizzate.

Nella massima in commento si legge:

"Nel giudizio di uguaglianza o simiglianza tra due programmi, ai fini della valutazione del secondo dal punto di vista delle discipline del diritto d'autore e della concorrenza sleale, non possono assumere rilevanza quali elementi di valutazione le migliori prestazioni del secondo programma derivanti dalle più potenti capacità hardware e software (di base) a disposizione del secondo programmatore, ma soltanto il confronto sintattico strutturale dei due programmi, e cioè il confronto fra le istruzioni e informazioni che essi inviano al computer.

L'uguaglianza sintattica e strutturale di due programmi non può essere assolutamente ascrivibile ad un fatto casuale o all'utilizzazione di comuni metodi di programmazione, ma lascia presumere una derivazione del secondo dal primo, giacché è praticamente impossibile o estremamente improbabile che due programmatori, di fronte ad un problema applicativo che debba tener conto di procedure note e consolidate, usino gli stessi algoritmi di risoluzione, aventi cioè il medesimo significato informatico (anche se espressi in due linguaggi diversi).

Secondo un'interpretazione estensiva ed evolutiva, che tenga conto della novità del fenomeno del software rispetto alla legge emanata nel 1941 con riferimento a categorie di opere intellettuali all'epoca delimitate ed intenda come non tassativa l'elencazione dell'art. 2 l.d.a., i programmi di elaboratore rientrano tra le opere dell'ingegno di carattere creativo protette, e più precisamente tra le "opere scientifiche" ex art. 2 l.d.a.

Il software presenta il requisito di protezione dell'opera dell'ingegno costituito dalla sua comunicabilità o intellegibilità, nonostante le istruzioni del programma siano indirizzate ad una macchina e per di più in un linguaggio artificiale, essendo comunque idonee a fungere da mezzo di comunicazione tra esperti che conoscano il linguaggio di programmazione.

Presenta il requisito della creatività necessario per la protezione delle opere dell'ingegno il software che esprime in modo nuovo la soluzione di un problema pratico da risolvere attraverso il computer, sia pure realizzando funzioni applicative o utilità ormai comuni e non originali.

Il programma di elaboratore che derivi da un precedente software altrui può all'occorrenza costituire elaborazione creativa ex art. 4 l.d.a. dell'opera originaria, come tale suscettibile di tutela verso i terzi ma pur sempre senza pregiudizio dei diritti dell'autore del software di base, ed in particolare dei suoi diritti esclusivi ad "utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo originale o derivato" e ad attuare "tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell'opera previste nell'art. 4 l.d.a.".

Compie concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 cc l'impresa che senza il consenso del concorrente titolare dei diritti d'autore relativo ad un programma base immette sul mercato programmi che ne costituiscano riproduzione in qualche misura elaborata."


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