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Suo padre, di origini contadine, era il gestore di una trattoria nella stessa Siena e, dopo che il figlio ebbe terminato le elementari, decise di mandarlo in un collegio vescovile, dal quale il giovane Federigo venne espulso per cattiva condotta.
Lo stesso accadde nella scuola di belle arti che il ragazzo decise in seguito di frequentare, e fu così che si iscrisse a vari istituti tecnici sia a Siena che a Firenze, senza peraltro ottenere alcun titolo di studio.
Nel 1895 morì sua madre e solo diversi anni più tardi, nel 1907, riuscì ad ottenere un lavoro stabile vincendo un concorso presso le Ferrovie dello Stato e trasferendosi come applicato a Pontedera. L'anno successivo gli morì il padre: Federigo Tozzi vendette la trattoria e cercò di amministrare i due poderi che aveva ereditati.
Fu il 30 maggio dello stesso 1908 che si sposò con Emma Palagi, accanto alla quale ebbe realmente inizio la sua attività letteraria, che da principio consistette nella semplice sistemazione della corrispondenza d'amore dei due, pubblicata poi con il titolo di Novale.
A ciò si susseguirono collaborazioni con diverse riviste, quali Pagine libere di Lugano, l'Eroica di La Spezia, il San Giorgio di Bologna. Nel 1911 uscì la sua prima raccolta di versi La zampogna verde, ricca di influenze dannunziane, e due anni dopo scrisse il suo primo romanzo Con gli occhi chiusi, che al momento non venne pubblicato.
Degli anni '13 e '14 è la pubblicazione dell'opera a quattro mani, scritta insieme a Domenico Giuliotti, La Torre, presentata come "l'organo della reazione spirituale italiana". Nello stesso periodo si trasferì a Roma con la moglie e con il figlio Glauco e si dedicò assiduamente allo studio di antichi scrittori religiosi senesi, tra i quali santa Caterina, e di diversi cronisti coevi.
Nel '15 Bestie, una raccolta di brevi prose liriche, fu edito per la Treves e dello stesso anno, in concomitanza con lo scoppio della guerra, è la decisione del Tozzi di lavorare presso la Croce rossa. Fu proprio al termine del conflitto che venne finalmente pubblicato Con gli occhi chiusi e, sull'onda dell'entusiasmo, lo scrittore compose Il podere e Tre croci cui seguì, nel '20, Gli egoisti, un romanzo che si riferisce alla personale esperienza dello scrittore nell'ambiente letterario della capitale. Federigo Tozzi morì di polmonite il 21 marzo del 1920.
Esiste in Tozzi, come osservò Giorgio Luti "il contrasto 'ereditario' di figlio di un piccolo proprietario terriero che si è inurbato con lo sguardo sempre rivolto al suo piccolo tesoro di terra, alla 'roba', secondo la classica definizione verghiana. (...) Sarà dunque innegabile per la poetica tozziana l'interna dialettica tra dannunzianesimo e verismo".
E difatti il mondo, per lo scrittore, prima d'essere oggetto di ripresentazione letteraria fu essenzialmente oggetto di sofferenza personale, di un pessimismo che in ultima analisi non risultò più né verista né decadentista, da cui scaturì una prosa che, oltre a un efficacissimo uso del lessico dialettale, rimase essenzialmente 'scarna e violenta'.
Note biografiche a cura di Maria Agostinelli.
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