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Stampa, Gaspara 

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Gaspara StampaGaspara Stampa nacque a Padova circa nel 1523, da una colta ma modesta famiglia di commercianti gioiellieri d'origine milanese.

Nel 1531, la madre Cecilia, dopo la morte del marito Bartolomeo, decise di trasferirsi a Venezia con i figli (Gaspara, Cassandra, Baldassarre), ai quali diede un'educazione letteraria e artistica; in particolare le due sorelle divennero presto ammirate cantanti e suonatrici di liuto.

La casa Stampa divenne un salotto letterario tra i più frequentati dai maggiori musicisti, pittori e letterati di Venezia. Gaspara, ammirata come cantante oltre che per la sua bellezza, "era circondata da un nuvolo di adoratori".

Nel 1544, l'improvvisa morte del fratello Baldassarre (anch'egli rimatore di buona fama presso i contemporanei, anche se le sue rime furono pubblicate solo nel 1738) turbò il clima sereno della casa, e Gaspara, particolarmente colpita, reagì allontanandosi dalla mondanità, tanto da meditare una vita monacale, stimolata su questa strada da suor Paola De Negri.

Passata la crisi religiosa, e mitigato il dolore del lutto, tornò alla vita mondana del passato e alla spensieratezza amorosa. Se non fu cortigiana, come qualcuno ha supposto, visse certamente un'esistenza libera ed elegante, stringendo relazioni con letterati e gentiluomini. Tra le numerose relazioni, probabilmente la più sentita fu, nel 1548, con il conte Collaltino di Collalto, al quale dedicò gran parte dei 311 componimenti delle sue Rime. L'uomo, tuttavia, ricambiò solo a tratti la passione di Gaspara (Anasilla, come amò chiamarsi dal nome latino del Piave – Anaxus – che bagnava il feudo dei Collalto), allontanandosi spesso da Venezia per lunghi periodi. Quando, nel 1551, la loro relazione si interruppe definitivamente, fu probabilmente un duro colpo per Gaspara, che tuttavia non tardò ad intrecciare nuovi amori, il più durevole dei quali fu con il veneziano Bartolomeo Zen.

Nel 1554, il 23 aprile, a soli 31 anni, Gaspara morì dopo quindici giorni di febbri intestinali (mal cholico); fu avanzato il sospetto, mai comprovato, di avvelenamento, e sulla base di questo sospetto è stata avanzata l'ipotesi della morte per suicidio. Ma le notizie attendibili della vita di Gaspara Stampa restano poche e frammentarie.

Il conte Collaltino di Collalto, che tanto aveva amato, si sposò tre anni dopo con Giulia Torelli. Un discendente di Collaltino, Rambaldo di Collalto, tentò con una biografia addomesticata di introdurre tra le glorie di famiglia la poetessa "plebea" che un patrizio del Cinquecento non avrebbe potuto sposare senza recare offesa alla casata.

Il suo canzoniere, una forma di diario intimo in cui si alternano gioie e angosce, è una delle testimonianze letterarie più delicate della sensibilità femminile dell'epoca. I suoi scritti e la morte prematura fecero della Stampa una delle figure femminili più caratteristiche del suo tempo, nonché ispirazione delle diverse tesi romantiche sull'animo delle donne.

Tutte le opere, le Rime sopra citate, i sonetti, le canzoni e le sestine, furono pubblicate postume dalla sorella Cassandra poco dopo la morte di Gaspara, e dedicate a Giovanni della Casa.

Fonti:

  • Abdelkader Salza, Madama Gaspara Stampa secondo nuove indagini, in «Giornale storico della letteratura italiana», 1913.
  • Eugenio Donadoni, Gaspara Stampa, Principato, Messina 1919.
  • Benedetto Croce, Gaspara Stampa nella immaginazione. Gaspara Stampa nella realtà. Estetismo astratto a proposito di Gaspara Stampa, in Conversazioni Critiche, serie II, Laterza. Bari 1950.
  • Manlio Torquato Dazzi, Gaspara Stampa, in Dizionario Bompiani degli autori 1963.
  • Giulio Dolci, Gaspara Stampa in Letteratura italiana.I Minori, II, Milano, La Prora 1961.
  • Giulio Reichenbach, Gaspara Stampa, Roma, A. F. Formiggini, 1923.

Note biografiche a cura di Michela Pisu e Paolo Alberti.


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titolo: Rime
e-text del: 16 novembre 1999
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note:

Dalle Rime, CLXXXVIII:

     Quasi vago e purpureo giacinto
che 'n verde prato, in piaggia aprica e lieta,
crescendo ai raggi del più bel pianeta, [il sole N.d.R.]
che lo mantien degli onor suoi dipinto,
     subito torna languidetto e vinto,
sì che mai non si vide tanta pièta,
se di veder gli usati rai gli vieta
nube
, che 'l sol abbia coperto e cinto,
     tal la mia speme, ch'ognor s'erge e cresce,
dinanzi a 'rai de la beltà infinita,
onde ogni sua virtute e vigor cresce.
     Ma la ritorna poi fiacca e smarrita
oscura téma, che con lei si mesce,
che la sua luce tosto fia sparita.


titolo: Rime di tre gentildonne del secolo XVI
e-text del: n.d.
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note:

Vedi Rime di tre gentildonne del secolo XVI (di Vittoria Colonna, Gaspara Stampa, Veronica Gàmbara. Con prefazione di Olindo Guerrini)


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