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Scilla, Agostino

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Agostino ScillaAgostino Scilla nasce a Messina il 10 agosto 1629. Si dedica precocemente alla pittura, dopo aver studiato lettere sotto la guida del padre dottore e filosofo. Il suo maestro è di Antonino Alberti detto il Barbalonga. A diciassette anni si trasferisce a Roma, dove rimarrà per quattro anni entrando a far parte della scuola di Andrea Sacchi, con il quale studia l'arte antica e la pittura rinascimentale, diventando pittore piuttosto noto. Torna a Messina nel 1651 e la sua pittura si indirizza verso ritratti e paesaggi. Diviene membro dell'Accademia della Fucina con il nome di "Scolorito". Lavora al servizio del principe collezionista Antonio Ruffo e certamente le opere presenti nella sua ricca raccolta (ritratti di Omero, Aristotele e altri filosofi e studiosi del passato dipinti da Rembrandt, Guercino e Ribera) influenza l'attività dello Scilla. Per il Ruffo dipinge, all'inizio degli anni '70, "Ester e Assuero" e "Rebecca al pozzo", conservati oggi presso il Museo Regionale di Messina. Appartengono allo stesso periodo il "San Benedetto che distrugge gli idoli", considerato uno dei capolavori dell'artista e il "Sant'Ilarione tra le braccia della morte", nel quale si intravede l'influenza del Caravaggio.

Intraprende studi di numismatica e inizia a collezionare i fossili osservati durante i suoi spostamenti nei paesi siciliani e calabresi dove viene chiamato a dipingere. Da questa attività scaturisce il trattato "La vana speculazione disingannata dal senso". La "vana speculazione" sarebbe quella che interpreta i fossili come "cresciuti" all'interno delle rocce e Scilla (un anno dopo Stenone, ma senza aver letto il suo "De solido intra solidum naturaliter contento dissertatione prodromus") contrappone con coraggio e fermezza la tesi di una loro origine organica. Secondo Scilla i fossili sono stati veri animali e non scherzi di natura generati da sostanza "sassea". Ironizza sulla tesi della "vegetabilità" delle pietre. Si riallaccia a Lucrezio e a Descartes insistendo sull'osservazione e accettando quindi la lezione di fondo di Galilei, pur non menzionandolo mai. La sola filosofia che gli pare accettabile è quella "che conosce la gran disparità che vi è tra quel che pensano gli huomini e quel ch'abbia saputo operare la Natura".

Nel 1696 William Wotton presenta alla Royal Society un abstract dell'opera di Scilla e l'anno seguente pubblica A vindication of an abstract of an italian book concerning marine bodies. Leibniz contrappone, nella Protogaea, le precise testimonianze del "dotto pittore" di Messina alle fantasie di Kircher che crede di vedere Cristo e Mosé sulle pareti della grotta di Baumann, che individua Apollo e le Muse nelle venature di un'agata. Anche nel Telliamed di Benoit de Maillet vi è un ampio riassunto del testo di Scilla.

In seguito al fallimento della rivolta antispagnola del 1674 alla quale ha partecipato, è costretto a fuggire da Messina; ripara dapprima in Francia dove resta fino al 1678 (qui dipinge "Gesù nella casa di Marta e Maria") e dopo un breve soggiorno a Torino, presso la corte di Carlo Emanuele III, si stabilisce in via definitiva a Roma. Grazie alla fama ormai acquisita entra a far parte della prestigiosa Accademia di S. Luca; stringe in questo stesso periodo amicizia con Cino Ferri, rinomato pittore romano. Nel 1680 viene ammesso alla Congregazione dei Virtuosi, della quale fu reggente nel 1681 e 1685.

Oltre ai quadri conservati nel museo di Messina (ma il terremoto che colpì la città nel 1908 distrusse una notevole quantità dei suoi dipinti) e ad alcuni ritrovati presso collezioni private, (il celebre "Epicuro", databile 1670 circa è custodito presso una collezione privata francese), di notevole pregio sono i suoi affreschi per la Cappella del Sacramento nel Duomo di Siracusa, la cui costruzione è attribuita al siculo spagnolo Giovanni Vemexio. Gli si attribuisce anche la paternità del restauro della loggia annessa alla Cattedrale di Randazzo.

Trascorse con una certa agiatezza gli ultimi anni di vita. Riuscì a raccogliere un'eccezionale collezione di disegni di Polidoro da Caravaggio, passata dopo la sua morte, avvenuta nel 1700, nelle mani del figlio e in seguito acquistata dal collezionista Pierre Crozat.

Fonti:

  • Lione Pascoli, Vite de' pittori, scultori, ed architetti moderni, Roma, SOMU, 1965 (ristampa anastatica).
  • Francesco Susinno, Le vite de' pittori messinesi, Firenze, Le Monnier, 1960.
  • Paolo Rossi, I segni del tempo: storia della terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico, Milano, Feltrinelli, 1979.
  • Paolo Rossi, La scoperta del tempo, in Storia della Scienza moderna e contemporanea, Volume Primo "Dalla rivoluzione scientifica all'età dei lumi", Torino, UTET, 1988.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti.


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Gli e-book (istruzioni e licenze)

titolo: vana speculazione disingannata dal senso (La)
e-text del: 11 agosto 2007
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