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Cletto Arrighi, pseudonimo anagrammato dal vero nome di Carlo Righetti, nacque a Milano nel 1828 (nel 1830 secondo altre fonti).
Fu ufficiale dei dragoni lombardi durante la prima guerra di indipendenza. Si dimise dopo la sconfitta di Novara e partecipò alla seconda guerra di indipendenza come soldato semplice dell'esercito piemontese. Di questa esperienza abbiamo notizia dal suo Memorie di un soldato lombardo pubblicato a Milano nel 1863, insieme ad un’altra opera di genere autobiografico: Memorie di un ex-repubblicano del 1864.
Laureato in legge, si dedicò però principalmente al giornalismo e alla letteratura. Nel 1860 fondò la «Cronaca Grigia» uno dei periodici più significativi della Scapigliatura, interamente compilato da lui stesso. Eletto deputato nel 1867 per il collegio di Guastalla, rinunciò alla carica prima dello scadere del mandato per protesta contro il malcostume parlamentare, da lui satireggiato nel suddetto periodico. In seguito, nel periodo di avvento al potere della Sinistra, fu direttore del giornale «L’Unione» (1876). Collaborazioni saltuarie ebbe anche con altri periodici satirici come «L'uomo di pietra» e «La farfalla».
Il matrimonio contratto nel 1872 fu di breve durata a causa della prematura morte della moglie nel 1876.
Fu un tipico rappresentante della Scapigliatura milanese, la quale deve a lui il suo nome; pubblicò infatti il romanzo La scapigliatura e il 6 febbraio: un dramma in famiglia (1862) ispirato a una rivolta dei giovani mazziniani a Milano nel 1853. Nell'introduzione, pubblicata nell'«Almanacco de il Pungolo» del 1857 (prima quindi della pubblicazione del romanzo) scrive: «In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità di individui [...], fra i venti e i trentacinque anni non più; pieni di ingegno quasi sempre; più avanzati del loro secolo; indipendenti come l'aquila delle Alpi; pronti al bene quanto al male; inquieti, travagliati, turbolenti, i quali, e per certe contraddizioni fra la loro condizione e il loro stato, vale a dire tra ciò che hanno in testa e ciò che hanno in tasca, e per una loro particolare maniera eccentrica e disordinata di vivere [...] meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione della grande famiglia civile, come coloro che vi formano una casta sui generis distinta da tutte quante le altre. Questa casta o classe [...], che a Milano ha più che altrove una ragione e una scusa di esistere, io con bella e pretta parola italiana, l'ho battezzata appunto: la Scapigliatura milanese».
Anche se artisticamente inferiore rispetto ai maggiori scapigliati, dimostrò sensibilità e acume critico nello scoprire e incoraggiare giovani scrittori, tra i quali prima di tutto C. Dossi.
Il suo primo romanzo, Gli ultimi coriandoli, riecheggia le tematiche patriottico-sociali di Rovani, di cui era amico e ammiratore; uscì censurato nel 1857 e in edizione integrale dieci anni dopo.
La giornata di Tagliacozzo (1858) è un romanzo storico (il seguito, in pratica, de La battaglia di Benevento del Guerrazzi), ripubblicato col titolo Il diavolo rosso nel 1863; sempre del 1863 è la parodia del capolavoro di Manzoni Gli sposi non promessi.
Scrisse romanzi scandalistici in seguito alla diffusione in Italia del "naturalismo" francese, come I quattro amori di Claudia, (1877), Nanà a Milano (1880), La mano nera (1883), La canaglia felice (1885). Questa produzione fu da lui sconfessata due anni prima della morte di fronte al vescovo di Milano, insieme alle concezioni materialistiche e anticlericali prima professate.
Come commediografo diede forte impulso al teatro dialettale, organizzando una compagnia che ebbe una sede stabile, "Il Teatro milanese", e della quale fecero parte attori celebri come G. Sbodio e E. Ferravilla. Scrisse circa quaranta commedie in dialetto milanese; tra le più importanti El barchett de Buffalora; On milanes in mar; il Dì de Natal e Un pret che sent de vess omm. I suoi tentativi teatrali in italiano furono invece totalmente fallimentari. Il suo Dizionario milanese-italiano fu premiato nel concorso 1890-93 indetto dal ministero della pubblica istruzione. La cessazione dell'impresa teatrale, alla quale aveva contribuito anche finanziariamente, e la mania del gioco lo ridussero in gravi ristrettezze economiche. Grazie anche all'intervento di Francesco Crispi trovò impiego all'archivio di Stato, ma questo non gli impedì di finire i suoi giorni dedito all'alcol e in grande miseria.
Morì a Milano il 3 novembre 1906.
Fonti:
- Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Roma; 1936. vol. XXIX, p. 328.
- E. Camerini: Nuovi profili letterari, Battezzati, Milano 1875.
- S. Farina: Care ombre, STEN, Torino, 1913.
- P: Madini: La scapigliatura milanese, notizie e aneddoti; La famiglia meneghina, Milano 1929.
- Racconti della Scapigliatura, a cura di Ezio Colombo e Carlo Linati; Bompiani, Milano 1942.
Note biografiche a cura di Roberto Marzocchi e Paolo Alberti.
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