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Pindemonte, Ippolito

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Ippolito PindemonteIppolito Pindemonte nacque a Verona, allora nella Repubblica di Venezia, il 13 novembre 1753, da famiglia aristocratica e colta, ricevendo la sua educazione dapprima nel Collegio di san Carlo, a Modena, sotto la guida di Giuliano Cassiani insieme al fratello maggiore Giovanni (1751-1812) e successivamente a Verona sotto la guida di Girolamo Pompei.

Negli anni giovanili Ippolito Pindemonte produsse alcuni poemetti tra cui la traduzione della Berenice di Racine (1774), la traduzione di autori classici come Orazio, Saffo e Luciano e la sua prima tragedia, l’Ulisse (1777), influenzata dalla Merope del Maffei.

Per motivi di salute iniziò un lungo viaggio in Italia che lo portò da Roma, a Napoli, in Sicilia e a Malta e, sulla via del ritorno, a passare per Firenze. Ammesso al circolo letterario dell’Arcadia, mentre era a Roma, nel 1779 compose Le Stanze che furono pubblicate sotto lo pseudonimo di Polidete Melpomenio. Frutto del viaggio fu il poemetto La fata Morgana (1782) nel quale con scrittura elegante è espresso il racconto dei prodigi della fata Morgana a Reggio Calabria e di altre favole miracolose.

Tra il 1784 e il 1788 si trasferì nella villa di Avesa, presso Verona, soggiorno che gli ispirò le Poesie campestri, descrizioni e fantasie malinconiche, e le Prose, queste ultime pubblicate molto più tardi. Queste tematiche, espresse in anticipo rispetto al poeta inglese Wordsworth, gli valsero, dalla critica moderna, l’appellativo di pre-romantico. Durante questo soggiorno iniziò una relazione con Isabella Teotochi Albrizzi, che, con alti e bassi, durò tutta la vita. Pindemonte viaggiò ancora in Europa, tra il 1788 e il 1791 toccando le principali capitali: Parigi, Londra, Berlino e Vienna. Celebrò la Rivoluzione Francese con un sonetto, La Francia (1789), ma presto la piega degli eventi culminata nel periodo del “Terrore” deluse le sue aspirazioni di tiepido liberale, e lo indusse a rifugiarsi in un tono di indifferenza e scetticismo

In Francia, nel 1790, pubblicò un romanzo tra l’autobiografico e il satirico, l’Abaritte (1790), su imitazione del Rasselas del Johnson in cui si sentono le influenze del Montesquieu, del Rosseau e di Voltaire. Sempre in Francia, nello stesso periodo, frequentò Vittorio Alfieri che lo incaricò di rivedere i propri versi definendolo scherzosamente «la mia lavandaia». Tornato in Italia scrisse in una prosa misurata e composta la Dissertazione su i giardini inglesi e sul merito in ciò dell'Italia (1792). Non si conformò alle tendenze cortigianesche dei letterati del periodo napoleonico, criticando bonariamente le tendenze nepotistiche dell’imperatore. In questo periodo si ritirò nella villa di Novare ospite dell'amica E. Mosconi Contarini, cui fu legato da amore ricambiato. Scrisse la novella in ottave Antonio Foscarini e Teresa Contarini (1792)

Nel 1804, incerto tra l’indirizzo shakespeariano e quello alfierano, compose la tragedia Arminio che risente della poesia di Ossian. Nelle altre tragedie (Eteocle e Polinice, Ifigenia in Tauride, Annibale in Capua) si attenne invece maggiormente alle regole e ai modelli classicisti. Nel 1805 raccolse in volume le Epistole, frutto poetico degli anni passati a Novare e dove si ritrova il rimpianto nostalgico di una vita pacata e lontana dai turbamenti della guerra.

Dopo le disillusioni della repubblica francese e dell’instaurazione dell’impero napoleonico, il Pindemonte iniziò, nel 1805, il lungo processo di traduzione dell’Odissea di Omero. L’opera omerica era già stata tradotta varie volte nel XVIII secolo sotto la spinta della “questione omerica” e della ricerca primitivistica (per esempio dal Cesarotti). L’iniziativa pindemontiana è legata ai consigli ricevuti dal grecista Girolamo Pompei, traduttore delle Vite Parallele di Plutarco, e si inserisce nel fervido movimento classicista che in quel periodo trionfava in Italia. I primi due canti, dedicati a Giuseppino Albrizzi e pubblicati nel 1809, ottennero il plauso di Ugo Foscolo. L’Odissea, tradotta in endecasillibi, era meno celebre dell’Iliade ma, per i temi trattati, adatta all’autore delle Poesie campestri.

Nel 1807 il Foscolo dedicò all’amico Pindemonte i suoi Sepolcri. Questi gli rispose con un’epistola metrica, I Cimiteri, che sarebbe stata pubblicata postuma, sul tipo delle altre dodici pubblicate pochi anni prima e decise di abbandonare il progetto di un’opera in quattro canti. Perduta la villa di Avesa, distrutta dai francesi e dagli austriaci fin dal 1796, il Pindemonte visse tra Verona e Venezia frequentando i salotti aristocratici. La sua poetica fu all’insegna di un’equilibrata mediazione di tendenze: nei suoi Sermoni, dove si censurano senza mordacità i costumi e il cattivo gusto ma non i vizi, si sente forte l’influenza oraziana. Nella sua ultima opera poetica del 1822, il Colpo di martello del campanile di San Marco, si intrecciano i motivi, accentuati dalla vecchiaia, del ripensamento della vita e di se stesso e l’apologia della fede cattolica.

Morì a settantacinque anni, a Verona, il 18 novembre 1828. Di lui lasciò un ritratto garbato e gustoso l'amica Isabella Teotochi Albrizzi. Benché celebrato ai suoi tempi anche più del Foscolo e del Monti, la fama del Pindemonte appare oggi legata più alla dedica foscoliana dei Sepolcri piuttosto che alle sue opere, quasi del tutto ignorate ad eccezione della traduzione dell’Odissea di Omero, corretta e coscienziosamente eseguita, ma piuttosto fredda rispetto all’originale. Il vigore del testo originale risulta rallentato da ornamenti di tipo arcadico e rigonfiamenti di tipo neoclassico.

Principali opere di Ippolito Pindemonte

  • Stanze del cavalier Ippolito Pindemonte fra gli Arcadi Polidete Melpomenio, Roma 1779.
  • Gibilterra salvata. Poema del marchese Ippolito Pindemonte cavaliere gierosolimitano, Verona 1782.
  • Fata Morgana, Bassano 1784.
  • Elogio del marchese Scipione Maffei scritto da S.E. il sig. march. Ippolito Pindemonte cav. Gerosolimitano, Verona 1784.
  • Epitalamio per le nobili nozze del signor conte Bortolamio Giuliari colla signora contessa Isotta dal Pozzo, Bassano 1784.
  • Volgarizzamento dell’Inno a Cerere con un discorso sul gusto presente delle lettere in Italia, Bassano 1785.
  • Poesie campestri, Parma 1788.
  • La Francia, poemetto del Cavalier Pindemonte, Parigi 1789.
  • Abaritte, storia verissima, Nizza 1790.
  • Per due quadri del signor Gaspare Landi un de' quali rappresenta Ettore, Parma 1795.
  • I viaggi del marchese Ippolito Pindemonte cavaliere gerosolimitano, Venezia 1795.
  • Novelle di Polidete Melpomenio, Napoli 1802.
  • Arminio, Verona 1804.
  • Epistole in versi, Verona 1805.
  • I sepolcri, Verona 1807.
  • Traduzione de' due primi canti dell'Odissea e di alcune parti delle Georgiche: con due epistole una ad Omero l'altra a Virgilio di Ippolito Pindemonte, Verona 1809.
  • Scherzi latini e italiani composti da Ippolito Pindemonte in una villa della Valpulicella, Venezia 1815.
  • Poesie e prose campestri, Verona 1817.
  • I sermoni di Ippolito Pindemonte veronese, Verona 1819.
  • Il colpo di martello del campanile di S. Marco, Verona 1820.
  • Odissea di Omero tradotta da Ippolito Pindemonte, Verona 1822.
  • Canzone sul ritorno dell’ammiraglio Parry, Verona 1824.
  • Elogi di letterati, Verona 1826.
  • Antonio Foscarini e Teresa Contarini. Novella, Livorno 1829.
  • I cimiteri (postumo, Napoli 1885).

Bibliografia

  • Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (1801-1900), vol. IV, Milano 1997;
  • Ippolito Pindemonte, in “Encycloapedia Britannica”, vol. XVII, p. 937;
  • Cesare Angelini, Ippolito Pindemonte in “Enciclopedia Cattolica”, vol. IX, coll. 1482-1483;
  • Mario Marcazzin, Ippolito Pindemonte in “Enciclopedia Italiana”, vol. XXVII, pp. 296-297;
  • Guido Mazzoni, Storia letteraria d’Italia. L’Ottocento, vol. I, Milano 1964;
  • Omero, Odissea. Traduzione di Ippolito Pindemonte, commento di Vittorio Turri, La Spezia 1989.
  • Natalino Sapegno (cur.), Storia della letteratura Italiana. Il Settecento, vol. IV, Milano 1968.
  • Teotochi Albrizzi, Ritratti e vita di Vittoria Colonna a cura di T. Bozza, Roma 1946
  • B. Montanari, Storia della vita e delle opere di Ippolito Pindemonte, Venezia 1839
  • N. F. Cimmino, La fortuna critica di Ippolito Pindemonte in "Cultura e scuola" 1978.
  • M. Fubini, Introduzione a Lirici del Settecento a cura di B. Mayer, Milano-Napoli 1859.

Note biografiche a cura di Enrico Flaiani e Paolo Alberti.


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titolo: Arminio
e-text del: 13 giugno 2008
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titolo: Odissea
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