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Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 3 maggio 1469.
Nel 1498, a 29 anni, fu eletto Segretario della Repubblica, un incarico che gli fornì l'occasione di viaggiare spesso. Nel 1500, infatti, fu inviato presso Luigi XII di Francia e, nel 1502, andò in legazione presso Cesare Borgia.
In questo periodo si batté per dotare la Repubblica Fiorentina di armi proprie. Dopo aver preso parte ad alcune ambascerie in Tirolo, a Monaco, in Francia e presso il conclave succeduto alla morte di papa Pio III, venne condannato ad un anno di confino: un effetto degli eventi che seguirono la decisione della Lega Santa di ripristinare la dinastia medicea a Firenze (Dieta di Modena, 1512). Fu questo uno dei suoi periodi più difficili, anche a causa del carcere e delle torture che un'accusa di tentata congiura antimedicea lo portò a subire.
Nella seconda metà dell'anno compose "Il Principe", opera che Machiavelli offrì a Lorenzo de' Medici (nipote del Magnifico) tra il settembre del 1515 e lo stesso mese del 1516. Nel 1520, il cardinale Giulio de' Medici gli diede l'incarico di scrivere le "Istorie Fiorentine" per conto dello Studio pisano. Gli otto libri delle Istorie furono consegnati un anno dopo al nuovo committente, Clemente VII.
Nel 1526, Francesco Guicciardini, suo intimo amico, tentò di mettere in scena una replica della sua commedia "La Mandragola", che però si risolse in un nulla di fatto. In seguito all'indebolimento di papa Clemente VII dopo il sacco di Roma (1527), a Firenze venne restaurata la Repubblica, ma Machiavelli non fu chiamato a ricoprirvi incarichi.
Morì il 21 giugno dello stesso anno.
Note biografiche a cura di Maria Agostinelli.
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Gli e-book (istruzioni e licenze)
titolo: |
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Lettera a Francesco Vettori |
e-text del: |
31 agosto 2003 |
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note: |
Niccolò Machiavelli inviò questa lettera all'amico Francesco Vettori il 10 dicembre 1513, mentre si trovava nella propria villa di San Casciano, dove si era rifugiato dopo essere caduto in disgrazia negli ambienti politici fiorentini ed aver conosciuto il carcere e la tortura.
Essa ha assunto grande rilievo nella storia della letteratura poiché qui Machiavelli annuncia di avere scritto un'opera intitolata "De Principatibus", cioè il trattato che è comunemente noto come "Il Principe". Ma ciò che più conta, essa descrive le circostanze e lo stato d’animo in cui Machiavelli redasse quest’opera, e ci consegna un vivido ritratto della sua complessa personalità.
Il testo può essere sostanzialmente suddiviso in sei parti.
- Anzitutto un prologo, in cui Machiavelli si rallegra di avere finalmente ricevuto una lettera da Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino a Roma, dopo un lungo silenzio.
- Nella seconda parte egli descrive, con molta autoironia, le sue giornate "in villa", forzatamente dedicate ad occupazioni banali - il taglio della legna del suo bosco, la caccia, il gioco a carte nell'osteria del paese.
- Nella terza parte il tono si eleva poiché egli descrive, con accenti ora appassionati ora solenni, il modo in cui trascorre le sue serate: quando, tornato a casa, spogliatosi "della veste cotidiana" e indossati "panni reali e curiali", egli entra nel suo studio e si dedica alla lettura degli storici dell'antichità, cibandosi di "quel cibo che solum è mio", cioè il sapere, la conoscenza.
- Nella quarta parte egli informa che da queste letture ha tratto le nozioni utili per redigere "uno opuscolo De Principatibus", che "a un principe, e massime a un principe nuovo", dovrebbe essere gradito.
- Nella quinta parte egli esprime i suoi dubbi quanto all'opportunità per lui di rientrare a Firenze, dove teme la situazione non gli sia ancora del tutto favorevole.
- Nella sesta parte egli spiega cosa lo spinge a desiderare di rendere pubblico questo suo scritto: in parte la necessità economica, ma soprattutto l'ardente desiderio di rientrare nella vita politica, fosse anche solo per "voltolare un sasso", e di mettere a disposizione del mondo le conoscenze acquisite attraverso l'esperienza e gli studi.
Note a cura di Laura Cusimano.
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