Violante: seduta 74
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                       Pagina  3139
      PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
  Audizione dell'avvocato Nicola Mancino, ministro
dell'interno, sul fenomeno dei sequestri di persona:
Violante Luciano, Presidente          3141, 3143, 3144, 3150
                                                  3153, 3155
Acciaro Giancarlo                                       3149
Bargone Antonio                                         3146
Frasca Salvatore                3143, 3147, 3152, 3153, 3154
Imposimato Ferdinando                                   3144
Mancino Nicola, Ministro dell'interno             3141, 3143
                                      3144, 3151, 3153, 3154
Matteoli Altero                             3141, 3144, 3147
Olivo Rosario                                           3149
Rossi Luigi                                             3145
Tripodi Girolamo                            3143, 3145, 3153
                       Pagina  3140
Audizione dell'onorevole Vincenzo Scotti, ministro
dell'interno pro tempore, sul fenomeno dei sequestri di
persona:
Violante Luciano, Presidente          3157, 3159, 3162, 3164
                                                        3166
Brutti Massimo                                          3160
Folena Pietro                                     3159, 3163
Galasso Alfredo                                   3161, 3162
Imposimato Ferdinando                                   3162
Leccese Vito                                      3163, 3164
Scotti Vincenzo, Ministro dell'interno pro tempore
                                      3158, 3159, 3163, 3164
Tripodi Girolamo                                        3159
Audizione del prefetto Vincenzo Parisi, capo della
polizia, sul fenomeno dei sequestri di persona:
Violante Luciano, Presidente          3166, 3168, 3169, 3170
                                                  3173, 3176
Acciaro Giancarlo                                       3170
Brutti Massimo                                          3174
Parisi Vincenzo, Capo della polizia               3166, 3168
                                                  3169, 3170
                                3171, 3172, 3173, 3174, 3175
Tripodi Girolamo                      3171, 3172, 3173, 3174
Audizione del generale Luigi Federici, comandante generale
dell'Arma dei carabinieri, sul fenomeno dei sequestri di
persona:
Violante Luciano, Presidente          3176, 3177, 3178, 3179
                                                        3180
Acciaro Giancarlo                                 3177, 3179
Bargone Antonio                                   3178, 3179
Federici Luigi, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri                                             3176
                                            3177, 3178, 3179
Determinazione in ordine alla pubblicità di alcune parti
dell'audizione svoltasi nella seduta del 12 novembre:
Violante Luciano, Presidente                            3155
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente                3155, 3156, 3157
Bargone Antonio                                   3156, 3157
Cabras Paolo                                            3156
Frasca Salvatore                                  3156, 3157
Matteoli Altero                                   3156, 3157
Rossi Luigi                                             3157
Tripodi Girolamo                                        3157
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La seduta comincia alle 16,10.
    (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione dell'avvocato Nicola Mancino, ministro
dell'interno, sul fenomeno dei sequestri di persona.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione
dell'avvocato Nicola Mancino, ministro dell'interno, sul
fenomeno dei sequestri di persona.
   Dopo l'audizione, il gruppo di lavoro coordinato dal
senatore Butini svolgerà autonomamente la sua attività su
questa materia.
   Do senz'altro la parola al ministro Mancino.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Signor
presidente, non ho molto da dire, anche se ho il dovere di
inquadrare il complesso fenomeno dei sequestri di persona
all'interno di una strategia che è stata portata avanti da
parte del Ministero dell'interno.
   Vorrei subito rilevare che le punte di maggiore incidenza
del fenomeno sono state registrate negli anni 1975, 1977, 1979
e 1982, rispettivamente con 62, 75, 59 e 50 sequestri. A
titolo indicativo, va precisato che dal 1972 al 1984 sono
stati consumati 495 delitti. La specifica fattispecie
criminosa perde le sue connotazioni di fenomeno negli anni
successivi al 1984; infatti si annoverano soltanto nove casi
nel 1985. I motivi di tale flessione vanno ricercati
nell'intensa attività svolta dalle forze di polizia, che
neutralizzarono, agli inizi degli anni ottanta, le centrali
della 'ndrangheta reggina operanti in Lombardia, le cosche dei
comuni aspromontani di San Luca e Platì, protagoniste di
imprese criminose in provincia di Reggio Calabria, nonché le
componenti della cosiddetta anonima sarda e della malavita
emergente nel Veneto, i nomadi giostrai.
   Il profilarsi di nuove mete e la prospettiva di lauti
guadagni in altri ambiti determinarono più robuste centrali
criminose e quindi consigliarono l'abbandono della pratica dei
sequestri di persona. Il dato concernente il quantum dei
profitti conseguiti dalla malavita nel periodo 1972-1984
verosimilmente ammonta a circa 250 miliardi di lire, una cifra
di gran lunga inferiore rispetto a quelle riflettenti -
naturalmente, tenendo in considerazione lo stesso periodo - le
entrate del sistema delinquenziale nel solo circuito dei
traffici di droga.
   Operando una verifica complessiva riferita ai delitti
consumati dal 1987 al 1993 si ha modo di riscontrare che nel
citato periodo sono stati perpetrati 72 rapimenti, di cui 25
in Calabria e 12 in Sardegna.
  ALTERO MATTEOLI. Scusi, signor ministro, ha parlato del
1987?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ho fatto
riferimento al periodo dal 1987 al 1993.
   I dati indicati confermano i risultati dell'analisi
effettuata, che riceve ulteriori note di sostegno se si
considera che buona parte dei restanti sequestri sono stati
gestiti da persone occasionalmente votatesi alla realizzazione
di singoli delitti.
   L'azione di contrasto delle forze di polizia negli anni
1987-1993 è stata particolarmente
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 intensa e testimoniata dal conseguimento di lusinghieri
risultati: infatti, sono stati scoperti 44 dei 72 sequestri
verificatisi e sono state deferite all'autorità giudiziaria
235 persone, di cui 220 in stato di detenzione. Dall'impegno
degli investigatori e dei contingenti di polizia operanti sul
territorio è scaturita la liberazione di 17 ostaggi, mentre
altre 11 vittime, lasciate incustodite dai rapitori, a seguito
di incalzanti attività di ricerca sono riuscite a liberarsi
dai vincoli ed a fare rientro a casa.
   Sempre nel citato periodo, non hanno riacquistato la
libertà sette persone: Trezzi, di Vimodrone (Milano), 19
settembre 1988; Cortellezzi, di Tradate (Varese); Mirella
Silocchi, di Collecchio (Parma); Vincenzo Medici, di Bianco
(Reggio Calabria); Giancarlo Conocchiella, di Briatico
(Catanzaro); Pasquale Malgeri, di Grotteria (Reggio Calabria);
Luciano Carugo, di Rho (Milano). Di Trezzi, Silocchi e Carugo
è stato accertato il decesso. Solo in 23 casi si è registrato
il pagamento del riscatto, per un ammontare complessivo di
circa 32 miliardi di lire (questo, verosimilmente). Alla data
del 19 novembre scorso risultano in mano ai rapitori
Cartisano, di Bovalino (Reggio Calabria); Paolo Ruiu, di Orune
(Nuoro); Paolo Giovanni Glorio, Roma, 16 novembre 1993.
   La legge n. 82 del 1991 ha previsto misure atte a
vanificare il conseguimento da parte dei rapitori del profitto
proveniente dal pagamento del riscatto, mediante
l'obbligatorietà del sequestro dei beni e, sul piano
strettamente investigativo, con la costituzione di gruppi
ad hoc interforze incaricati di svolgere le specifiche
indagini.
   Con la legge n. 203 del 1991 sono state individuate linee
di maggiore rigore per la concessione dei permessi-premio a
favore dei soggetti detenuti per sequestro di persona.
   Da ultimo, allo scopo di neutralizzare gli illeciti
arricchimenti, è stata prevista, con l'articolo
12-quinquies della legge n. 356 del 1992, che ha
integrato la legge n. 646 del 1982, la possibilità di
sequestrare e quindi confiscare i beni provento di attività
illegali. A riprova dell'efficacia dell'azione legislativa, si
sottolinea che dal 15 marzo 1991 - data di entrata in vigore
della legge n. 82 del 1991 - soltanto per 4 dei 23 sequestri
registrati - non sono contemplati nell'analisi i 3 ancora in
atto - sono stati pagati riscatti, per un ammontare
complessivo di circa 2 miliardi e 600 milioni di lire,
verosimilmente. In merito ai 4 episodi ricordati (sequestro di
Scanu, di Furlanetto, di Bartolucci e di Zheng Shi Zen) è da
precisare che gli ultimi due non rientrano nella classica
fenomenologia, trattandosi di sequestri gestiti,
rispettivamente, dal coniuge o da conoscenti delle vittime.
   Per quanto attiene all'applicazione delle misure
preventive di carattere patrimoniale, si evidenzia che negli
anni 1992 e 1993 sono stati sottoposti a sequestro i beni
appartenenti a 23 soggetti implicati nella specifica attività
illecita, per un valore complessivo di circa 480 miliardi di
lire.
   In Calabria, vorrei ricordare, le misure antisequestro si
sono concretizzate, per la polizia di Stato, nell'istituzione,
con decreto del ministro dell'interno del 25 giugno 1989, di
un apposito nucleo antisequestri, con compiti di esclusiva
penetrazione nelle zone più impervie dell'Aspromonte, a
completamento di un piano di servizi che vedeva già coinvolti
il nucleo prevenzione crimine ed il reparto mobile di Reggio
Calabria. Il citato nucleo, composto da personale qualificato
ed esperto nella lotta alla criminalità organizzata, con sedi
iniziali in Bovalino e Siderno, è stato incaricato di
svolgere, in perfetto collegamento con le specialità e gli
organi investigativi provinciali della polizia di Stato,
mirate indagini sui singoli specifici episodi. Alle iniziative
sviluppate è corrisposta l'istituzione di distaccamenti del
nucleo in Canolo Nuovo, Gambaria di Aspromonte, Terranova
Sappo Minulio, per la provincia reggina, ed in Mongiana per
quella catanzarese. Vi è stata la costituzione nella Locride
del commissariato di pubblica
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sicurezza di Bovalino e della sezione della squadra mobile di
Locri.
   I piani di intervento venivano definiti e coordinati con
quelli di altri organismi di polizia, carabinieri e guardia di
finanza tramite il comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica del capoluogo reggino.
   Nel 1991, tenendo conto delle linee evolutive dei
sequestri di persona e nell'intento di meglio razionalizzare
l'attività di contrasto svolta dai presidi della polizia di
Stato, si operava con decreto ministeriale del 25 maggio 1991
la conversione del nucleo antisequestri della polizia di Stato
- NAPS - per la provincia in esame. Il nuovo reparto ha sedi
in Bovalino, in Canolo Nuovo, in località Piano dello
Stoccato, di Oppido Mamertina ed è stato posto alle dipendenze
del questore di Reggio Calabria.
   L'azione investigativa svolta dalle forze di polizia ha
permesso il deferimento all'autorità giudiziaria di aggregati
malavitosi ritenuti responsabili di associazione di stampo
mafioso finalizzata alla pratica dei citati delitti. In tale
contesto vanno inquadrate le indagini concluse a carico di
appartenenti alle cosche della Locride responsabili, tra
l'altro, dei sequestri di Casella, Celadon, Domenico Paoli e
Agostino De Pasquale; di malavitosi di San Luca e Platì
inquisiti nel 1993 con riferimento all'operazione Aspromonte,
implicati anche nei rapimenti di Paolo Canale e di Tommaso
Mittiga; di componenti della malavita della costa ionica
reggina arrestati nel corso della recente operazione nord-sud.
   Grande rilevanza è stata attribuita alla cattura dei
latitanti. Si è provveduto ad inserire fin dal 1990 i
latitanti più pericolosi, compresi quelli da ricercare per
sequestri di persona - circa 70 -, in uno speciale programma,
curato in seno al dipartimento di pubblica sicurezza. Di
questo, però, ho già parlato in altre occasioni, quando ho
riferito sull'azione di contrasto al crimine organizzato.
   L'azione svolta ha permesso di assicurare alla giustizia
nel 1992 e nel corrente anno 27 soggetti sottrattisi alla
cattura, responsabili di sequestri di persona a scopo
estorsivo.
   Signor presidente, per quanto riguarda la questione
specifica di cui si discute e di cui, peraltro, si interessano
anche la stampa ed altri organi di informazione, personalmente
posso dire di avere un rapporto di completa fiducia con il
capo della polizia. Questi ha sempre escluso, nei colloqui
avuti con me (e quando si è recato, la scorsa estate, a
Bovalino, lo ha anche confermato), che vi sia mai stata la
tentazione di arrivare fino ai sequestratori. Vi è stato
l'obiettivo di assicurare alla giustizia i sequestratori, ma
c'è stata anche pratica di pagamento degli informatori, ma
degli informatori in quanto tali. Poiché questa è un'attività
che deve essere svolta direttamente dal capo della polizia, ho
ragione di ritenere valide le spiegazioni che mi sono state
date.
  PRESIDENTE. Mi scusi, signor ministro, nel periodo della
sua responsabilità non è stato commesso nessuno di questi
sequestri di persona?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Dopo 5 o 6
giorni dalla mia nomina a ministro vi è stata la liberazione
di Farouk.
  PRESIDENTE. Sì, ma commissioni di sequestri, nessuna?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. C'è
Cartisano ...
  SALVATORE FRASCA. Ne ricordo per lo meno due o tre.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. C'è
Cartisano e ce ne sono due in Sardegna.
  GIROLAMO TRIPODI. Ce ne è un altro di Caulonia.
  PRESIDENTE. Quello liberato.
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  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Quello che si
è liberato.
   Comunque posso escludere di aver mai dato indirizzi al
capo della polizia perché si arrivasse fino ai sequestratori:
mi guarderei bene dall'avere tentazioni di questo tipo.
Escludo anche che il capo della polizia possa aver operato in
questa direzione. Naturalmente, per i periodi precedenti posso
soltanto dire ciò che mi è stato riferito, relata
refero, ma escludo nella maniera più assoluta di aver mai
sentito che vi siano state trattative con i sequestratori o
pagamenti in loro favore per la liberazione dei sequestrati.
Se, come anch'io leggo di tanto in tanto sui giornali, vi sono
state dichiarazioni di magistrati in proposito, io, che ho
avuto sempre fiducia nell'attività dei magistrati, dichiaro
che verremo a capo di queste cose quando attività simili
saranno scoperte: non basta dire che è stato pagato un
riscatto ai sequestratori, bisogna dire chi lo ha pagato,
quando ed in che misura ciò è avvenuto. Alla domanda rivolta
al capo della polizia se a lui risultassero episodi del
genere, ho ricevuto la risposta che mai e poi mai vi è stata
da parte del dipartimento un'attività rivolta in maniera così
palesemente illecita verso questi risultati.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Dopo aver ascoltato la relazione
del ministro vorremmo approfondirne alcuni punti, tenendo
conto che nel corso di questi anni, a partire dal 1974 fino ad
oggi (se sono veri i dati forniti dal ministro), vi sono stati
alcuni sequestri di persona che non si sono potuti risolvere
perché i familiari delle vittime non sono riusciti a pagare il
riscatto richiesto dai rapitori. Vorrei citarne soltanto
alcuni tra i più importanti che io ricordi, anche per aver
avuto la possibilità di occuparmene direttamente; mi riferisco
al sequestro di Maleno Malenotti, avvenuto nel 1976, a quello
del duca Massimiliano Grazioli, avvenuto nel 1977, a quello di
Nazzareno Fedeli, avvenuto anch'esso nel 1977, a Ladispoli.
  PRESIDENTE. Questi sono tutti sequestri romani?
  ALTERO MATTEOLI. No.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Ci sono anche sequestri relativi
ad altre città. Penso al sequestro Cirillo o a quello
Palombini. Ho riportato questi esempi per ricordare la linea
seguita nel corso di questi anni dal Ministero dell'interno.
Oltre al sequestro Cirillo nel 1981, ve ne sono stati altri,
richiamati dallo stesso ministro, quali il sequestro
Cortellezzi, Carugo, Trezzi, eccetera.
   Ricordo che per alcuni di questi fu pagata anche una rata
del riscatto, come nel caso Malenotti; non avendo avuto i
familiari la possibilità di raccogliere la parte mancante del
riscatto, i sequestri si risolsero drammaticamente con
l'eliminazione dell'ostaggio. Rammento ancora il sequestro
drammatico di un bambino di 11 anni di Varese, del quale in
questo momento non ricordo il nome, per il quale il padre
aveva pagato soltanto la somma di 200 milioni. Non avendo egli
potuto pagare la restante somma del riscatto, il sequestro si
concluse con l'uccisione del bambino.
   Vi sono altri sequestri a proposito dei quali, a suo
tempo, gli organi di informazione parlarono di pagamento
almeno di una parte del riscatto da parte del Ministero
dell'interno o di alcuni emissari dei servizi segreti. Mi
riferisco ai sequestri Casella, Celadon, Roberta Ghidini e
Farouk Gourbagi. La stessa cosa sarebbe avvenuta anche dopo
l'approvazione della legge del 1991 che imponeva al Ministero
dell'interno, e quindi al magistrato inquirente, di impedire
ad ogni costo il pagamento del riscatto.
   Tutto ciò ha formato oggetto di indagini giudiziarie, per
cui sarebbe opportuno acquisire anche gli atti dei
procedimenti penali per conoscere, attraverso le indagini
svolte dalla magistratura, sempre che non siano coperte dal
segreto istruttorio, come sia avvenuto il pagamento dei
riscatti.
   Ritengo che per quanto riguarda i sequestri Casella,
Celadon, Ghidini e
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Gourbagi il ministro dell'interno, anche se non è stato
direttamente interessato a questi episodi, possa fornire
qualche ulteriore elemento circa le affermazioni fatte da
alcuni personaggi coinvolti. In particolare, a proposito del
sequestro di Roberta Ghidini, Vittorio Ierinò, sequestratore
della figlia dell'industriale bresciano, avrebbe affermato che
il riscatto di 500 milioni sarebbe stato pagato dalla polizia.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda il riscatto di Cesare
Casella, la cui liberazione sarebbe avvenuta perché un
fotoreporter, James Savoia, avrebbe affermato di essere stato
incaricato della missione da un funzionario del Ministero
dell'interno, assieme al giornalista Guido Cappato.
   In conclusione, vorrei sapere innanzitutto se tali fatti
siano veri, se cioè alcuni sequestri si siano risolti non per
il pagamento di fonti confidenziali ma per il pagamento di
tutto o di parte del riscatto; quali siano stati i criteri che
hanno indotto il Ministero dell'interno a scegliere
determinati sequestri per risolverli con il pagamento del
riscatto trascurandone altri che, come ha ricordato il
ministro Mancino, non si sono conclusi con il pagamento del
riscatto.
  LUIGI ROSSI. Signor ministro, desidererei chiederle, a
proposito dell'ultimo sequestro verificatosi a Casal Palocco,
se - come hanno scritto alcuni giornali - esso sia opera di
una delle solite bande specializzate in rapimenti ovvero di
balordi, cioè di gente che, dopo aver compiuto questo
rapimento, si sarebbe rifugiata in Aspromonte. Chiedo come mai
dopo tanti sequestri effettuati in Italia, la polizia non sia
riuscita a delinearne la strategia. Mi domando altresì se si
tratti di un'attività intimamente collegata in maniera
collaterale a quella della grande criminalità organizzata
(traffico di droga, eccetera). Dato che il punto dolente
(chiamiamolo così) di questi rapimenti è l'Aspromonte, mi
chiedo come mai non sia stato possibile, nonostante sia stato
utilizzato l'esercito, disegnare una carta dei luoghi dove i
rapiti verrebbero tenuti lungamente dai loro sequestratori.
   Per l'ultima domanda mi rifaccio ai miei studi
criminologici. Lei ha detto che finora si è arrivati solo a
livello degli informatori e non a quello dei sequestratori; mi
chiedo perché, attraverso gli informatori, non sia stato
possibile arrivare fino alle gang che procedono ai
sequestri.
  GIROLAMO TRIPODI. Sono stato tra coloro che hanno
chiesto con maggiore insistenza l'audizione odierna per
affrontare un tema che non è quello generale di sapere quanti
siano stati i sequestri di persona, perché questo dato lo
desumiamo dai documenti che ci sono stati forniti, o quale sia
il numero dei rapitori arrestati o di coloro che si trovano
ancora nelle mani delle cosche mafiose o dell'anonima
sequestri. Subito dopo l'esplosione di quello che possiamo
definire lo scandalo dell'utilizzazione da parte dei servizi
segreti dei fondi riservati, le notizie riportate dai giornali
hanno confermato che da tali fondi sono state prelevate somme
notevoli per riscattare alcuni sequestrati, che possiamo
definire di serie A. Penso a Farouk Kassam, a Ghidini, a
Casella, a Celadon. Quest'ultimo ha dichiarato che, se avesse
parlato, avrebbe fatto tremare molti palazzi. Non sappiamo
cosa volesse dire ma la realtà è che da molto tempo
circolavano voci nella zona ionica della provincia di Reggio
Calabria secondo le quali erano stati operati interventi di
questo tipo. Nello stesso tempo un pentito, Ierinò,
attualmente collaboratore della giustizia, avrebbe dichiarato
di aver appreso da un noto mafioso, un certo Mazzaferro, che
erano stati dati 500 milioni come prima tranche per la
liberazione di Roberta Ghidini.
   E' questa una vicenda che sta creando molta inquietudine
fra la popolazione calabrese, soprattutto perché, a parte il
sequestro Cortellezzi effettuato in un'altra regione,
attualmente risultano sequestrati ancora Medici, Malgeri,
Conocchiella e Cartisano, a meno che non siano già
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morti, come il capo della polizia in una precedente audizione
ha adombrato. Lei però questa sera non ha confermato questa
ipotesi.
   Rimane il problema dell'utilizzazione per il pagamento dei
riscatti di alcuni sequestrati dei fondi riservati dei servizi
segreti, problema che ha destato non solo grande
preoccupazione ma anche allarme, poiché non si comprende il
motivo per cui i servizi segreti si siano mossi in questa
direzione e soprattutto a favore di alcuni e non di altri.
Esso assume maggiore rilevanza quando si pensi che lo Stato si
è mosso anche attraverso il pagamento dei confidenti. A tale
proposito vorrei sapere quanto si sia speso per pagare i
confidenti o se invece siano stati pagati direttamente i
sequestratori. Teniamo molto a questa risposta soprattutto
dopo aver sentito alcune sue dichiarazioni in occasione di una
sua visita a Catania, dove parlava non so se in qualità di
ministro o di rappresentante di un partito politico. Lei ha
dichiarato, non ricordo se nel corso di un intervento o in
risposta ad una domanda, di non essere a conoscenza se vi
siano stati interventi di quel tipo.
   Riteniamo che su queste questioni si debba far chiarezza.
Da questo punto di vista, ci dica intanto, signor ministro,
cosa significa il fatto dei pagamenti avvenuti e, se
possibile, anche chi sono stati coloro che hanno ricevuto
queste erogazioni finanziarie.
   Lei ci ha detto di essersi informato dal capo della
polizia, ma a me sembra che questo non basti, perché di fronte
ad un problema così vasto e così preoccupante, credo sia
necessario un altro tipo di indagine. Pertanto, vorrei sapere
se lei l'abbia promossa o se sia rimasto soltanto a queste
informazioni del capo della polizia, che a me sembrano non
sufficienti per poter assicurare che i fatti sono andati in
questo modo.
   Anche nel passato, si diceva che gli uomini dei servizi
segreti fossero fedeli servitori dello Stato, invece questo
non sempre è avvenuto: anzi, si è trattato di persone che non
solo hanno tramato contro le istituzioni democratiche, ma
hanno anche utilizzato i mezzi finanziari per altro tipo di
obiettivi e per finalità diverse da quelle dei servizi
segreti. E' per tale questione che abbiamo insistito per
questo incontro, per cui riteniamo che su di essa, questa
sera, lei non ci abbia fornito alcuna risposta che potesse
dare certezza delle cose che vengono dette, anche perché,
nonostante in questo momento siano in corso alcune indagini
coperte dal segreto istruttorio, ci sono i magistrati di Locri
che si stanno occupando di questo problema. E, stando almeno a
certe notizie, questi ultimi sono a conoscenza di certi fatti,
perché mi sembra si dicesse che sono stati trasferiti dei
fondi presso il tribunale di Locri. Ma non sappiamo che fine
abbiano fatto e chi abbia inviato questi finanziamenti al
tribunale di Locri proprio per intervenire sulla questione dei
sequestrati, cioè per agevolare la loro liberazione,
nonostante non fossero del posto, tranne Malgeri. A proposito
di quest'ultimo, qualcosa di diverso c'è, ma non potendone
parlare con lei lo faremo con chi l'ha preceduto al Ministero
dell'interno, il quale aveva già proclamato che il soggetto in
questione era stato liberato, invece così non è stato.
   Se è possibile, signor ministro, gradiremmo che chiarisse
meglio le questioni particolari che ho cercato di indicare.
  ANTONIO BARGONE. Al fine di dare un contributo operativo
a questo incontro, le rivolgerò domande dirette, ministro
Mancino.
   Le risulta che fondi del SISDE, o comunque a disposizione
del Ministero dell'interno o di altri servizi dello Stato,
siano stati in qualche modo utilizzati per pagare i sequestri,
soprattutto con riferimento agli anni tra il 1980 e il 1990 ed
in particolare con riferimento alla Locride (Ghidini, Casella,
Celadon, Sculli, Longo, Gallo ed altri)? Vi sono stati
funzionari del SISDE o di altri servizi dello Stato che in
qualche modo hanno allacciato le trattative o che hanno
utilizzato persone estranee per arrivare alla liberazione dei
sequestrati? In Calabria e in Sicilia, in particolare a Reggio
Calabria e a Messina, il SISDE ha utilizzato
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o sta utilizzando uffici e istituti di credito per depositare
fondi in qualche modo assegnati a questi servizi? I mezzi
aerei utilizzati dai servizi sono quelli della società CAI o
di altra società? Comunque, quali sono i mezzi aerei
utilizzati dai funzionari del SISDE e dei servizi? In
particolare a Reggio Calabria e a Messina, infine, i servizi
hanno uffici di copertura? Hanno cioè un'articolazione anche
in quelle sedi in cui operano funzionari degli stessi servizi?
  ALTERO MATTEOLI. Ringraziando anch'io il ministro
Mancino per i dati che ci ha fornito, vorrei rivolgergli
alcune domande.
   Questa audizione è stata richiesta, soprattutto, per
quello che abbiamo letto sui giornali a proposito del prelievo
di fondi riservati da parte dei servizi segreti per pagare i
riscatti. Vorrei quindi rivolgerle subito tre domande su
questo argomento, signor ministro: per chi è stato pagato? Per
chi non si è pagato, nonostante fosse stata fatta richiesta? A
quanto ammonta la cifra pagata? Questo per quanto concerne
eventuali pagamenti con fondi riservati ai servizi.
   Per molti anni, i sequestri sono avvenuti soltanto in
alcune parti d'Italia; poi, purtroppo, non ci sono state più
barriere: abbiamo avuto sequestri in Toscana, in Lombardia e
in altre parti d'Italia. Però, si è potuto verificare se le
matrici fossero comuni? E' aumentato anche il numero di coloro
che si dedicavano a questo tipo di delitto, oppure
appartenevano sempre agli stessi nuclei di delinquenti?
   Che rapporto c'è, signor ministro, tra i sequestrati
tornati liberi e il pagamento del riscatto? Questa domanda me
l'ha fatta venire in mente il collega Imposimato - credo fosse
lui - quando ha citato la vicenda del sequestro di Maleno
Malenotti, avvenuto in un paesino della provincia di Pisa:
tutti i giornali hanno scritto che il riscatto è stato pagato,
ma, purtroppo, Malenotti non è mai tornato in libertà.
   E' vero che Chillè, il sequestratore di quella bambina di
Bagni di Lucca, che aveva appena due anni, ha ottenuto la
semilibertà o addirittura qualcosa di più?
   Infine, signor ministro, abbiamo appreso che recentemente
in Calabria un sequestrato si è liberato da solo. E' così o
c'è qualcos'altro?
   Le rivolgo infine un'ultima domanda, non per polemica, ma
per capire: nella relazione che adesso ci ha letto, per cui
non mi riferisco all'esposizione che ha fatto a braccio, lei
ha detto che nel 1985 c'è stato un calo dell'attività
delittuosa "grazie all'intensa attività svolta dalle forze di
polizia". Una dichiarazione del genere è sempre un'arma a
doppio taglio: vuol dire che nel 1985 questa intensa attività
c'è stata, o lei intendeva, con questa affermazione,
denunciare il fatto che nei tre anni non c'è stata una
sufficiente, intensa attività delle forze di polizia? Credo
che questo sia importante e anche molto grave perché, nel
momento in cui esiste questo impegno della polizia si
ottengono risultati, mentre quando non c'è avvengono i delitti
più impensati.
  SALVATORE FRASCA. Signor ministro, il suo senso di
attaccamento allo Stato è fuori discussione, così come lo è
quello ai principi di democrazia e di libertà cui si ispira il
nostro paese. Ma noi dovremmo cercare di fare emergere alcune
verità, perché dobbiamo amaramente riconoscere che, nel corso
di questi venti anni vi sono state verità che, anche se si
potevano conoscere, non sono state conosciute. Tuttora non
riusciamo a sciogliere alcuni nodi che si sono formati a
seguito di vicende che hanno caratterizzato la vita del nostro
paese.
   Quindi, dovremmo cercare di far avanzare la nostra
discussione, diversamente anche il nostro lavoro non serve a
niente; può servire per la propaganda, ma certamente non per
ottenere risultati immediati.
   Voglio leggerle alcuni appunti che ho riscontrato in un
documento approvato dal Comitato proBovalino libera.
Come lei sa, Bovalino è il centro dei sequestri nella Locride.
In una parte rilevante di questo
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documento è detto: "Il fenomeno dei sequestri di persona si
ha per le seguenti ragioni: un non adeguato utilizzo delle
forze di polizia; un'applicazione aleatoria della legge
Rognoni-La Torre; disfunzioni gravi nell'operato della
magistratura; la palese inefficacia della cosiddetta linea
dura, con il conseguente blocco dei beni; carenze
legislative". Questo dicono in un loro documento alcuni
signori - e sono tanti - che credo siano l'espressione della
volontà dei cittadini di Bovalino.
   Vorrei quindi che non a me, ma alla cittadinanza di
Bovalino, lei desse una risposta, signor ministro, una
risposta che, nel corso della nostra missione, ci siamo
impegnati a far avere loro da parte dello Stato e che ancora
non si è avuta.
   Ad un certo momento, le forze di polizia hanno sostenuto
la tesi secondo la quale il sequestro di persona non paga più,
perché ormai c'è lo smercio della droga e della cocaina, e la
mafia si sente più impegnata in questa direzione che in quella
dei sequestri di persona. Si sono quindi allentati i cordoni
di controllo da parte della polizia, e anche al loro vertice
non è mancato chi sostenesse questa tesi, la quale non ha
trovato riscontro nella realtà dei fatti, in quanto i
sequestri di persona si sono verificati ugualmente.
   Signor ministro, a lei non sembra che gli organi di
polizia del nostro paese spesso diventino molto semplicisti
nella elaborazione di certe tesi e di certe teorie?
   A proposito dei sequestri di persona, vorrei aggiungere
che la sensazione che si ha in Calabria è che, mentre per
alcuni lo Stato si impegna, per altri non fa altrettanto. Se,
per esempio, si recasse nella Locride ed ascoltasse un comune
cittadino, probabilmente le direbbe che ci sono sequestri di
serie A ed altri di serie B, nel senso che lo Stato si
mobilita se i sequestrati sono persone del nord, mentre non fa
la stessa cosa se sono persone del sud. Può darsi che vi sia
una esagerazione in tutto questo e che in simili affermazioni
prevalga la teoria del vittimismo, che personalmente non
condivido, comunque si tratta di una verità che va sempre di
più emergendo, e posso dirlo perché anch'io ho potuto
constatare lo spiegamento di ingenti forze di polizia in
talune circostanze e un non analogo impegno in certe altre.
Vorremmo che anche da questo punto di vista lo Stato
camminasse in maniera orizzontale, anziché muoversi a zig-zag,
a seconda della zona di appartenenza del sequestrato o, peggio
ancora, della sua categoria sociale. Ma, a proposito dei
sequestri di persona, vorrei dire ancora che, per esempio, per
Cartisano, se le mie notizie sono esatte, pare che la
richiesta di riscatto sia stata di 800 milioni. E' convinzione
dei familiari, come di altra gente del posto, che se fossero
pagati anche solo 200 o 300 milioni, invece degli 800
richiesti, il prigioniero potrebbe essere liberato. Allora, se
così stanno le cose, poiché sappiamo che la mafia non fa un
sequestro se non per ottenere cifre dell'ordine di qualche
miliardo, come mai avviene che si faccia un sequestro per 200
o 300 milioni? La risposta che si dà a questo interrogativo è
che si sono costituite nella Locride delle bande di balordi,
di giovinastri che effettuano sequestri anche per ottenere la
modica cifra di 200 o 300 milioni; modica rispetto a quelle
che solitamente sono le aspettative per i sequestratori.
Allora, in questa direzione bisognerebbe fare qualche cosa di
più.
   Abbiamo appreso dai cittadini di Bovalino che sarebbe
assai più utile se lo Stato, anziché mobilitarsi lungo la
provinciale 106 con controlli che non fanno altro che
impegnare centinaia e centinaia di agenti delle forze
dell'ordine, riuscisse a controllare le due strade di accesso
all'Aspromonte, perché la storia ci dice che i sequestrati
finiscono anche sull'Aspromonte, da dove possono anche
arrivare nella zona delle Serre, altra zona di riparo dei
sequestrati. Cosa si può fare in questa direzione? Non si
potrebbe da parte delle forze di polizia porre in essere
maggiori accorgimenti?
   Signor ministro, non passa giorno senza che uno dei
sostituti procuratori della Repubblica di Locri, se non lo
stesso procuratore, non dicono di avere le
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carte in mano per dimostrare che il SISDE è intervenuto per
pagare alcuni riscatti. Lei ha detto: "il mio rapporto con il
capo della polizia è un rapporto fiduciario" e questo mi fa
piacere, perché significa che al vertice dello Stato c'è una
sintonia tale che consente una piena mobilitazione dello Stato
stesso contro la delinquenza organizzata. Ma qui non si tratta
di avere un rapporto di fiducia soltanto; lei deve dire al
Parlamento se è certo che la polizia non abbia pagato. Siccome
lei è ministro dell'interno e non dirige solo la polizia ma
anche altri uffici dello Stato, ci deve dire se le risulta che
il SISDE sia intervenuto per pagare alcuni sequestri. Ora, se
questo non le risulta, lo deve dire chiaramente, ma se le
risulta non ci possono essere mezze verità nei confronti dello
Stato, perché il tempo delle mezze verità, dei dubbi
permanenti deve finire. Stiamo per entrare nella campagna
elettorale e vorremmo che almeno quella del 1994 si svolgesse
sulla base di dati di fatto, di conoscenze acquisite.
  ROSARIO OLIVO. Più che un intervento mi limiterò a porre
alcune domande in modo molto essenziale.
   La prima si riferisce allo smantellamento del pool
antisequestri in provincia di Reggio Calabria. La vicenda dei
sequestri - il ministro lo sa molto meglio di me - in Calabria
è antica: il primo sequestro risale al 1968. Una vicenda
affrontata in modo scoordinato, in un modo che più volte è
stato criticato in Calabria dalle istituzioni, dalle forze
politiche e sociali. Clamorosi sono stati alcuni episodi, come
la vendita di reperti acquisiti nel corso delle operazioni
antisequestri. Quello fu il culmine di una situazione di
mancanza di strategia nella battaglia antisequestri, di
mancanza di un progetto per affrontare decisamente questo
flagello.
   Negli anni scorsi fu istituito un momento di raccordo, di
coordinamento, costituito da uno specifico pool. Negli ultimi
tempi questo strumento è stato smantellato e nel corso delle
audizioni che abbiamo avuto con le forze dell'ordine e con la
magistratura della provincia di Reggio Calabria abbiamo
rilevato una situazione di disagio o addirittura di
conflittualità nell'ambito della stessa magistratura. Vorrei
ricordare al presidente Violante cosa ci hanno detto, per
esempio, i magistrati di Locri nel corso della loro audizione
a Bovalino in occasione della nostra recente visita, a
conferma di quel che sto dicendo.
   E' possibile porre in atto qualche meccanismo,
un'iniziativa - che io giudico necessaria - nei tempi più
ravvicinati per rimettere in piedi questo pool, comunque
un progetto, una strategia nella battaglia antisequestri?
   Vorrei chiedere al signor ministro quali misure siano
state adottate, dopo il pagamento delle fonti, per individuare
i tragitti seguiti da queste somme, per capire dove portano,
cioè quali siano i terminali. Sono stati seguiti questi
percorsi?
   Come hanno già chiesto altri colleghi, vorrei sapere
quanti siano i sequestri per i quali si è intervenuti, in
quanti casi il pagamento della fonte sia stato decisivo per la
liberazione del sequestrato e in quanti no e quale sia
l'ammontare di tali somme, suddivise regione per regione. Non
so se il ministro possa fornire questi chiarimenti.
   Infine, gradirei avere qualche chiarimento sulle direttive
date agli uffici periferici negli ultimi anni con riferimento
al pagamento delle fonti, sempre nel caso di sequestri di
persona.
  GIANCARLO ACCIARO. Scusandomi per il ritardo, che non mi
ha consentito di ascoltare la relazione del signor ministro,
vorrei comunque porre due interrogativi.
   Il primo deriva dalla nostra visita in Sardegna e da
alcune dichiarazioni del procuratore della Repubblica di
Sassari, dottor Mossa. Quando da più parti si affermava che i
sequestri di persona in Sardegna ormai erano stati sconfitti,
egli ci dichiarò che non bisognava abbassare la guardia, in
quanto questo tipo di reato
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è latente nella società sarda, anche se sono convinto che vi
sia una differenziazione tra quel che avviene in altre
regioni, di cui hanno parlato altri colleghi, e quel che
avviene in Sardegna.
   Quindi, legherei a queste dichiarazioni del procuratore
della Repubblica alcuni aspetti che sono di ordine operativo,
che riguardano, per esempio, la zona del nuorese, dove grandi
proteste si levano dai sindacati di polizia per quanto
riguarda sostituzioni o mancate sostituzioni di questori per i
quali c'è molta discussione. Non si riesce a capire come mai
queste sostituzioni siano così lente in zone ad alto rischio.
Si tratta, credo, di incarichi che possono costituire un punto
di riferimento strutturale dello Stato per poter limitare
questi fenomeni con maggiore tempismo.
   Un altro quesito riguarda l'annoso problema che notizie di
stampa fanno tornare alla ribalta; mi riferisco ad un nostro
ormai famoso personaggio, il Mesina, delle cui "grandiose"
operazioni abbiamo letto i pro e i contra. Non si
riesce a capire, al di fuori delle segrete stanze, se
effettivamente è possibile che personaggi del genere possano
ancora attribuirsi il merito - secondo me non dovuto - di
operazioni alle quali, almeno stando alle dichiarazioni del
sostituto procuratore di Cagliari che seguì le indagini, non
avrebbero preso parte. Ma si continua a dare risalto a queste
dichiarazioni, a queste illazioni, che poi si estendono a
rapporti strani con trafficanti di armi e con altre situazioni
delle quali abbiamo letto. Su questo credo non sia più
accettabile mantenere il dubbio: bisogna capire effettivamente
chi sono questi personaggi, come operano, perché hanno la
possibilità di muoversi senza che ci sia un preventivo blocco
anche della sola ipotesi della operatività che mostrano.
Sappiamo che la società sarda vive ancora, per certi versi con
contatti storici, che sono della gente della montagna, per cui
ancora lo Stato non è credibile, mentre lo sono altri
personaggi che continuano a esercitare un certo potere. Su
questo aspetto avrei bisogno di alcuni chiarimenti.
   Così come, secondo me, sono necessari chiarimenti sulle
dichiarazioni rese, per esempio, al momento del rilascio della
signora Giuliani ad Olbia. Si danno a caldo notizie che
persone investite di responsabilità non dovrebbero dare,
perché pongono in essere interrogativi inquietanti. Mi
riferisco ai maltrattamenti che quella persona avrebbe subito
e che poi invece sono stati smentiti. La notizia che parte da
determinati livelli di responsabilità, secondo me, porta a non
capire poi cosa è accaduto, ad amplificare situazioni per cui
diventa difficile capire a chi cerca di farlo e soprattutto
crea disagio nella gente e quindi mina la credibilità delle
istituzioni.
  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al ministro volevo
fare una precisazione. Mi pare che dagli interventi dei
colleghi emerga un punto. E' chiaro dall'esposizione del
ministro che non ci sono stati, per quanto a lui risulta,
pagamenti di riscatti su fondi riservati, o del ministro
dell'interno o di altra natura, ma che ci sono stati pagamenti
di confidenti. Allora, mi pare che molti colleghi abbiano
posto la seguente questione: in quali sequestri di persona
sono stati pagati i confidenti e per quali cifre. Una delle
questioni che credo sia utile conoscere è capire bene - per
noi stessi - la differenza che passa tra il pagamento di un
confidente e il pagamento di un riscatto, perché a volte il
pagamento di un confidente potrebbe essere talmente elevato da
farlo configurare agli occhi di chi riceve denaro come il
pagamento di un riscatto. Può darsi che questo possa aver
ingenerato nell'ambiente quella percezione che abbiamo colto
quando siamo stati a Bovalino. Non so se il ministro sia
adesso in grado di darci questi chiarimenti. Naturalmente, in
termini di indirizzo si capisce la differenza che passa tra il
pagamento di un confidente e quello di un riscatto. Nel
pagamento di un confidente la contropartita è anche l'arresto
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dei sequestratori, perché se non c'è l'arresto dei
sequestratori evidentemente è difficile pensare che sia
pagamento soltanto della confidenza. Se invece c'è arresto dei
sequestratori, è evidente che non c'è stato pagamento del
riscatto. Credo che questo sia uno degli elementi
discriminanti.
   Dobbiamo sapere se ciò corrisponda davvero agli indirizzi
del Ministero e se la Commissione possa acquisire le
informazioni di cui abbiamo parlato.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Vorrei dare
una prima risposta all'onorevole Acciaro, partendo da
un'esperienza che mi riguarda personalmente. Sono stato
nominato ministro dell'interno il 28 giugno 1992. Credo che la
liberazione di Farouk sia avvenuta intorno al 5 luglio, cioè a
distanza di pochi giorni dalla mia nomina. Come spesso capita
nelle attività umane, ciascuno quando comincia si fa
un'esperienza e la prima esperienza che ho fatto è stata la
seguente. Ho chiamato la madre di Farouk per esprimerle il
compiacimento perché era stato liberto un bambino, di tenera
età oltretutto, ed ho sentito piangere al telefono la signora,
la quale mi ha detto di ringraziare la polizia di Stato, i
carabinieri e i magistrati perché avevano compiuto un'opera
meravigliosa restituendo integro nel fisico - nel morale
certamente c'erano ripercussioni - questo bambino. Ho chiamato
il commissario di pubblica sicurezza del posto ed il
comandante del gruppo. Tutti mi hanno detto che si era
trattato di un'opera portata avanti con perspicacia, con molta
prudenza ed attenzione. In realtà, già tre ore prima io sapevo
che era probabile che vi potesse essere il riscatto.
Successivamente ho parlato anche con il magistrato, il quale
mi ha chiesto di congratularmi con le forze di polizia e con i
carabinieri, essendo - quello posto in essere - un intervento
da ascrivere a totale merito dello Stato.
   Quanto a Mesina, ritengo di poter rispondere richiamando i
contenuti di un'indagine sociologica ed antropologica. Quello
attuale è un periodo nel quale anche quando parla il più
incallito fra i criminali, questi viene considerato
attendibile, almeno prima facie, salvo poi a diventare
inattendibile sulla base dei riscontri posti in essere dal
magistrato. Se non vivessimo una fase di crisi del sistema
politico, probabilmente tutto questo non accadrebbe e
constateremmo invece una credibilità ferma e forte nei
confronti dello Stato e dei suoi apparati.
   Quando è venuto fuori il signor Mesina, io mi sono
affidato al magistrato, come sempre faccio quando è in corso
un'indagine della magistratura. Mi sono sentito dire da una
giornalista di rilievo nazionale che io non avrei difeso la
polizia. Fu pubblicato un articolo molto duro su la
Repubblica. Si disse che l'onorevole Scelba, quando era
ministro dell'interno, avrebbe anche potuto essere consapevole
di dire una bugia ma l'avrebbe comunque difesa con forza.
   Da questi fatti viene fuori che se vi è una assoluta
verità non dimostrata, si può essere creduti oppure non
esserlo. Io sono stato oggetto di rampogne per aver detto
esplicitamente che non vi era stato pagamento di riscatto. Il
capo della polizia, del resto, mi ha confermato che non vi
erano state trattative né pagamento di riscatto. D'un tratto,
arriva Mesina e dichiara che vi è stato un pagamento di
riscatto da parte dello Stato. Poiché io debbo sapere dai
responsabili dei servizi o dal capo della polizia se siano
stati posti in essere interventi, quando questi ultimi mi
vengono esclusi, cosa dovrei fare? Aprire un'indagine? Avviare
un'inchiesta amministrativa? Andare fino in fondo e contestare
la credibilità del capo della polizia o del direttore dei
servizi? Io non ho né questo diritto né questo dovere! Fino a
quando non è accertata la fallacità dell'azione del capo della
polizia o del direttore dei servizi, ho il dovere di coprirli
fino in fondo, anche a rischio di non essere considerato
credibile (a volte, capita anche questo!).
   Mesina è oggetto di un'attenta indagine istruttoria
condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Asti,
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dottor Saluzzo: vi sono contestazioni e, peraltro, si assume
che Mesina abbia posto in essere ben altre cose, anche in
occasione della liberazione di questo ragazzo.
   Mi è difficile fornire una risposta caso per caso. Poiché
io sono documentato (vi dirò in seguito quali aspetti potranno
essere approfonditi da questa Commissione e dal magistrato), a
me appartiene soltanto la responsabilità del periodo nel quale
ho assunto l'incarico di ministro dell'interno. Non mi si può
chiedere cosa sia accaduto nel 1981, perché darei una risposta
basata esclusivamente sui documenti in mio possesso. Va
peraltro considerato che qui non stiamo facendo o scrivendo né
la cronaca né la storia. Leggo testualmente: "Per quanto
concerne le gratuite affermazioni che avrebbero visto organi
istituzionali interessati al versamento di somme di denaro ai
rapitori per il conseguimento della liberazione di alcuni
sequestrati (...), si precisa che nessuna operazione risulta
essere stata condotta secondo le irrituali procedure
denunciate. Nel far riferimento ai risvolti delle trattative
dei sequestri Sculli (1979), Fiora (1987), Casella (1988),
Celadon (1988), Ghidini (1991) e Kassam (1992), per i quali
sono state adombrate soluzioni anomale, si rassegnano
nell'allegato 3 le note riepilogative delle singole vicende
dalle quali emerge che nessun riscatto è stato corrisposto ai
rapitori da parte di organismi dello Stato". Ho appena letto
un passo contenuto nel rapporto che mi proviene dal direttore
del dipartimento, che è anche capo della polizia: l'ho citato
testualmente e confermo davanti a questo Commissione il
contenuto del rapporto stesso.
   Rispetto al diniego di queste affermazioni, non si può che
concludere che il tutto è rimesso alle valutazioni che di esse
si fanno: chi crede che le notizie riportate dai giornali
siano più attendibili rispetto al rapporto disposto dal
dipartimento di pubblica sicurezza, continui a crederlo! Io
non posso che confermare quanto ho già detto in precedenza.
   Se poi vogliamo discutere con riferimento specifico alla
mia gestione, ricorderò che io mi sono trovato di fronte al
sequestro Farouk e ad un sequestro ancora in atto in Calabria,
per il quale non è stato effettuato alcun pagamento. Vorrei
dire al senatore Frasca che, da notizie raccolte, sembra che
non sia mai stata chiesta una somma di 800 milioni;
sembrerebbe, al contrario, che sia stata chiesta una somma di
gran lunga inferiore. Da parte degli esperti della polizia di
Stato si assume che si tratti di un sequestro molto anomalo,
ove si consideri che sia sotto il profilo dei rapporti di
parentela sia sotto l'aspetto delle dotazioni famigliari
potevano essere tirati fuori, con molta difficoltà, non più di
100 milioni. Il sequestro è quindi considerato anomalo
all'interno di un confine intercorrente fra il rapimento e la
libertà.
   Il capo della polizia, quando si è recato a Bovalino, dove
vi è stata una sollecitazione al pagamento... Si è parlato di
serie A e di serie B. Vedete: io conosco molto bene i
campionati di calcio, sono un tifoso e conosco la differenza
che intercorre tra la serie A e la serie B. Questo linguaggio,
quando venga riferito ai cittadini, mi è completamente ignoto.
Ritengo infatti che il più povero dei cittadini, risieda egli
nel Mezzogiorno oppure nel nord, ed il più ricco di essi,
risieda soltanto nel nord e non anche nel sud, sono uguali, di
fronte a me ed alla mia coscienza: non vi sono cittadini di
serie A e cittadini di serie B! Peraltro, la classificazione
in serie A ed in serie B, tipica di un campionato di calcio,
non mi può appartenere. Vi dico che, durante la mia gestione,
non vi è stata né una richiesta di pagamento per
un'informazione né alcun pagamento è stato effettuato a questo
titolo.
   Potrei limitarmi a queste considerazioni, anche perché il
discorso riguarda non soltanto il dipartimento di pubblica
sicurezza ma anche i servizi, visto che ho interrogato il
direttore dei servizi...
  SALVATORE FRASCA. Chiedo scusa se la interrompo. Nel
momento in cui vi
                       Pagina  3153
sono magistrati i quali sostengono di aver avviato
un'indagine giudiziaria perché sarebbero stati pagati alcuni
riscatti e questi ultimi si riferiscono a sequestrati del
nord, non vi è dubbio che quella che possiamo definire una
credenza popolare finisce per rafforzarsi. In definitiva, è
sempre all'interno dello Stato che bisognerebbe cercare di
operare perché queste cose non avvengano.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Senatore
Frasca, la differenza non è tra la serie A e la serie B dello
Stato, ma tra la serie A e la serie B della condizione
economica dei cittadini sequestrati. E' chiaro che se vengono
sequestrati cittadini benestanti del nord e cittadini meno
benestanti del sud, c'è una serie A e una serie B anche nel
riscatto.
  SALVATORE FRASCA. Io mi riferivo ai paventati pagamenti
da parte dello Stato.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Senatore
Frasca, lei era assente quando ho chiarito questo punto. Ho
escluso, sulla base delle mie conoscenze, che siano stati
effettuati pagamenti da parte del dipartimento o dei servizi.
   Seconda questione. Se vi è stato il pagamento
dell'informatore, il ministro dell'interno non ha conoscenza
della misura né conosce l'an ed il quantum di
essa. Ciò per una ragione di ordine deontologico: io non posso
stare al centro di una conoscenza che può essere affidata
soltanto alla responsabilità del singolo (il direttore del
servizio, se lo ha fatto, o il direttore del dipartimento,
sempre che lo abbia fatto anche lui). E poi, scusatemi:
ritenete che quando sia stato pagato un informatore si possa
conoscere il nome di quest'ultimo? Non vi è un obbligo di
segreto di Stato anche sulla persona dell'informatore? Io non
lo so...
  GIROLAMO TRIPODI. La cifra si può sapere?
  PRESIDENTE. Sì, la cifra sì.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non lo so.
Non ho chiesto di conoscere la cifra perché, vi confesso,
questo non è avvenuto durante la mia gestione. Non vi posso
neppure dire: "Vi chiedo scusa se non ho approfondito".
Personalmente, ignoro che vi siano state richieste e ignoro
che vi siano stati pagamenti a favore di informatori.
  GIROLAMO TRIPODI. Oltre ai fondi segreti del SISDE, ci
sono altri fondi segreti dai quali si può attingere per pagare
i confidenti?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ci sono, ma
si tratta di fondi non segreti ma riservati per scopi
istituzionali. Ci sono, come no!
  GIROLAMO TRIPODI. Sono fondi incontrollabili?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Credo
proprio di sì.
  PRESIDENTE. Se ho ben capito, vi sono due tipi di fondi
riservati, il primo del Ministero dell'interno, l'altro del
SISDE. Poi vi dovrebbe essere quello del SISMI, che è altra
cosa.
  SALVATORE FRASCA. Presidente, posso interrompere il
ministro?
  PRESIDENTE. Consentiamo al ministro di concludere!
  SALVATORE FRASCA. Le chiedo scusa...
  PRESIDENTE. Lei è molto cortese, chiede sempre scusa, ma
sarebbe opportuno far concludere il ministro.
  SALVATORE FRASCA. Siccome sono uno di quelli che vanno
nella Locride...
  PRESIDENTE. Ma non va subito nella Locride!
                       Pagina  3154
  SALVATORE FRASCA. Andrò domani. Io mi reco spesso nella
zona delle operazioni. Vorrei sapere se ho ben compreso le
dichiarazioni del ministro, il quale - ripeto: se ho ben
capito - esclude che nel corso della sua gestione siano
avvenuti pagamenti di riscatti, anche se dice che alle sue
spalle può anche essere accaduto...
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non ho
detto questo! Non posso dire questo! Io sostengo soltanto che
non ho il diritto di conoscere la persona dell'informatore
eventualmente remunerata per l'informazione data. Quanto alla
qualità ed alla utilità dell'informazione - in questo senso
rispondo anche alla domanda posta dal presidente - la mia
opinione è che si possa pagare un informatore quando questi
sia utile. Non si paga una persona per il semplice fatto di
aver saputo da questa che, forse, in una certa area ci
potrebbe essere il sequestrato. In sostanza, l'informatore
deve poter produrre un risultato a favore dello Stato.
  SALVATORE FRASCA. Su questo punto non vi è polemica, la
polemica riguarda invece il pagamento del riscatto!
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Su questo
aspetto già mi sono pronunciato.
   Quanto allo smantellamento del pool antisequestro -
al quale ha fatto riferimento l'onorevole Olivo - vorrei
ricordare il decreto ministeriale del 25 maggio 1961, che ha
previsto una conversione del nucleo antisequestro in nucleo
anticrimine. Probabilmente, a fronte di esperienze vissute in
Calabria, sia pure limitate sotto il profilo numerico, di
sequestri che puntualmente si verificano peraltro in
determinate stagioni dell'anno, una sezione particolare del
nucleo anticrimine potrebbe essere preposta ad un
approfondimento e ad una specializzazione specifici.
   Mi dispiace dover riassumere le numerose domande poste
dall'onorevole Imposimato. Non ho alcun dato riferito al 1976.
Vi ho fornito elementi relativi ad un'epoca successiva, ma
penso che il capo della polizia disponga, anche in virtù di
una più duratura presenza presso la direzione del
dipartimento, di dati più precisi.
   All'onorevole Rossi vorrei far presente che quello di
Casal Palocco sembra essere un sequestro anomalo eseguito da
persone non specialiste, anche perché è difficile che si abbia
contemporaneamente il sequestro e la rapina. Sulla base
dell'indagine di polizia, allo stato si ritiene trattarsi di
un sequestro anomalo effettuato dalla malavita romana, senza
alcuna specializzazione.
   Per quanto riguarda l'Aspromonte, mi chiedo spesso se non
sia opportuno disporre un più penetrante controllo del
territorio. Mi vorrei augurare che il problema fosse solo
quello di garantire una vigilanza maggiore agli accessi
stradali. Ho l'impressione che abbiamo bisogno di un'opera più
penetrante, anche tenendo conto della qualità delle presenze
in quell'area. Non voglio accusare nessuno, ma ci sono troppe
persone remunerate dalla mano pubblica, non sempre
corrispondenti a bisogni informativi che lo Stato deve
soddisfare per la sua attività investigativa.
   E' sorta una questione sull'utilizzazione dell'esercito.
Ribadisco quello che ho sempre detto: ritengo che una presenza
più penetrante sul territorio in Calabria - corrispondente a
sollecitazioni reiterate della magistratura, del comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica e del prefetto - da parte
dell'esercito sia giusta. Si può discutere rispetto agli
uffici della capitale.
   Ho ricevuto sollecitazioni dall'intera procura della
Repubblica di Napoli perché non si corrano rischi: nel momento
in cui la polizia giudiziaria e la procura della Repubblica
spostano le loro sedi in prossimità del nuovo tribunale, ci
troviamo di fronte ad un altro atto da parte della malavita
partenopea (é già stato
                       Pagina  3155
incendiato il tribunale). Le forze dell'ordine sono tante e
non sono sufficienti; mi dispiace che alcuni sindacalisti
della polizia di Stato rispondano in un certo modo, perché per
me il fatto di aver recuperato mille uomini sottraendoli alle
scorte significa tanto.
   Ho compiuto un'opera di ridimensionamento che continuo e
che naturalmente è affidata alla valutazione di un organo
collegiale; perché se una persona è a rischio, è a rischio;
certo non posso stabilire io se lo sia o meno. Spesso
corrispondo a sollecitazioni provenienti dall'onorevole
Orlando per il semplice fatto che è a rischio un deputato
della sua parte politica! L'ho fatto in più di un'occasione,
per l'elezione a Palermo, Sciacca, Caltanissetta.
   Mi trovo di fronte anche a questa situazione: la procura
della Repubblica, il prefetto, il comitato anticrimine di
Lecce mi chiedono se non sia il caso di assicurare una
presenza a presidio di alcuni uffici pubblici, proprio per
utilizzare meglio la polizia di Stato. Queste richieste mi
vengono rivolte. Avrei preferito che il Parlamento, sia pure
con il conforto di un parere favorevole delle Commissioni di
merito, avesse dato una delega al prefetto, perché è assurdo
pensare ad una norma di legge tutte le volte in cui occorre
intensificare il controllo del territorio. C'è però questo
pregiudizio, di fronte al quale evidentemente, onorevole
Rossi, non possiamo procedere ad un controllo più penetrante
dell'Aspromonte anche per liberare eventuali ostaggi (ci
potrebbe essere questa possibilità).
   Poiché credo di aver dato, almeno sul piano generale,
un'informativa - è tutta negativa perché queste sono le mie
conoscenze - vorrei rassicurare l'onorevole Matteoli
dicendogli che quando ho parlato di una più efficace azione
delle forze di polizia mi sono riferito anche a provvedimenti
legislativi che hanno consentito - è accaduto nella lotta
contro il crimine organizzato - di utilizzare strumenti
giudiziari più efficaci per ottenere determinati risultati.
   Si chiede se il sequestro di persona sia o meno
appetibile. Certo, di fronte ai lauti guadagni derivanti dal
traffico di stupefacenti non è appetibile, ma lo è per una
criminalità che vive all'ombra di quella più grande e che si
forma anche attraverso i sequestri di persona.
   Vorrei concludere affermando che se dai successivi
colloqui - so che avrete un incontro anche con il capo della
polizia - emergesse la necessità di ulteriori approfondimenti
sarei a disposizione della Commissione; pregherei dunque il
presidente di comunicarmelo attraverso quegli scambi
epistolari cui siamo abituati.
  PRESIDENTE. Grazie, onorevole ministro.
Determinazione in ordine alla pubblicità di alcune parti
dell'audizione svoltasi nella seduta del 12 novembre.
  PRESIDENTE. Ritengo opportuno proseguire i nostri lavori
in seduta segreta. Se non vi sono obiezioni, dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Vorrei proporre un calendario rispetto alla
relazione sulla camorra: potrebbe essere consegnata ai
colleghi entro le 18 di lunedì; la presentazione del documento
e la discussione potrebbe essere avviata martedì alle 17,30-18
per proseguire e concludersi venerdì alle 9,30.
                       Pagina  3156
  ALTERO MATTEOLI. Presidente, molti di noi che non vivono a
Roma non riceveranno la relazione lunedì alle 18, ma
l'acquisiranno martedì nella tarda mattinata quando
arriveranno. Chiederei quindi di poterla leggere martedì e di
iniziare la discussione mercoledì; vorrei avere a disposizione
qualche ora per poterla leggere.
  PRESIDENTE. Ho l'impressione che mercoledì ci sia la
seduta della Camera e del Senato.
  PAOLO CABRAS. Mercoledì lavorano le Commissioni.
  ALTERO MATTEOLI. Voi che siete a Roma, mandate la vostra
segretaria a prendere la relazione e ve la leggete; chi vive
in Calabria, in Piemonte o in Toscana deve mandare qualcuno
alle 18 di lunedì per poterla leggere! Per carità, c'è
l'obbligo di stare a Roma, veniamo anche lunedì, non è questo
il problema! Chiedo una cortesia nei confronti dei colleghi
che non vivono a Roma e che vogliono svolgere il proprio
mandato presso questa Commissione.
  PRESIDENTE. Sono forse possibili due varianti. Poiché
naturalmente la discussione poi prosegue, eventualmente i
colleghi che sono in grado di intervenire già martedì sera
possono farlo...
  ALTERO MATTEOLI. Ma non é questo il problema! E' quello
di dovere o volere - in questo caso è volere - trovare nella
giornata di martedì (la sera tardi o la mattina presto o nello
spazio del pranzo) momenti diversi. Lo chiedo per la stessa
dignità della relazione; tra l'altro è sulla camorra, non è di
secondaria importanza, presenta mille implicazioni e merita un
approfondimento!
  ANTONIO BARGONE. Proprio in considerazione di quanto
sosteneva l'onorevole Matteoli, credo che si dovrebbe
prevedere una seduta in più: contemperando anche le esigenze
dell'Assemblea, che sicuramente terrà seduta mercoledì sera ma
non giovedì sera, si potrebbe fissare una seduta della
Commissione giovedì pomeriggio.
  PAOLO CABRAS. Giovedì pomeriggio lavora l'aula del
Senato.
  ANTONIO BARGONE. Il giovedì pomeriggio non si tiene mai
seduta al Senato. Comunque, credo che per le 18 sia finita
l'attività anche delle Commissioni, in quanto si consente ai
parlamentari di tornare a casa. Credo che questa sia
un'abitudine bicamerale, per cui sarebbe possibile prevedere
una seduta giovedì sera e venerdì, svolgendo la relazione il
martedì precedente.
  PRESIDENTE. Si pongono due problemi distinti: uno é
quello sollevato dall'onorevole Matteoli, il quale chiede di
non iniziare martedì... è così?
  ALTERO MATTEOLI. Sì.
  PRESIDENTE. E' possibile svolgere martedì soltanto
l'esposizione?
  ALTERO MATTEOLI. Sì.
  PRESIDENTE. In questo modo risparmiamo tempo...
  ANTONIO BARGONE. Poi continuiamo giovedì sera e venerdì
mattina.
  ALTERO MATTEOLI. Credo che il collega Bargone abbia
ragione quando prevede le due sedute di giovedì e venerdì;
altrimenti, non ce la facciamo.
  SALVATORE FRASCA. Ci vogliono quattro-cinque sedute!
  PRESIDENTE. Il collega Cabras ha alcuni impegni giovedì
sera, mentre è utile che l'ufficio di presidenza sia presente
al completo. Si potrebbe prevedere l'esposizione martedì, il
seguito mercoledì alle 18 e quindi venerdì mattina; se non
finiremo entro le 13, verrà fissata un'altra
                       Pagina  3157
data per continuare. L'Assemblea della Camera terrà seduta
mercoledì pomeriggio?
  ANTONIO BARGONE. Comincia più o meno intorno alle
17-17,30; il problema è l'aula.
  SALVATORE FRASCA. Si potrebbe lavorare mercoledì dalle
15 alle 17.
  ANTONIO BARGONE. E' preferibile, perché in questo modo
la nostra attività non coincide con quella dell'Assemblea.
  PRESIDENTE. Allora, martedì si svolgerà l'esposizione,
mercoledì alle 15 inizierà la discussione che proseguirà nella
seduta di venerdì convocata per le 9,30.
   Possiamo stabilire una durata di massima degli interventi?
Credo che si potrebbe fissare il termine di un quarto d'ora.
   Possiamo prevedere un intervento per gruppo e quindi
aprire la discussione a tutti gli altri o possiamo procedere
secondo le iscrizioni... La questione interessa anche l'ordine
dei lavori, perché può capitare che cinque deputati dello
stesso gruppo si iscrivano, per cui si rischia di
marginalizzare gli interventi degli altri.
  SALVATORE FRASCA. Si può stabilire il criterio
dell'alternanza.
  PRESIDENTE. Proprio questo sto chiedendo.
  LUIGI ROSSI. Che cosa si intende?
  PRESIDENTE. Si fa in modo che gli interventi siano
alternati per cui non si dà la parola di seguito a tre
deputati appartenenti alla stessa parte politica. Il primo di
ciascun gruppo che chiederà di intervenire prenderà la parola.
   Sono arrivate richieste da parte delle zone della Calabria
che hanno il "piacere" di avere le cosiddette "vacche sacre"
di prendere in esame la questione. Nel momento in cui si
arrestano - speriamo che siano loro - gli attentatori di
Capaci, sembra assurdo che non si riesca a bloccare questo
fenomeno. Poiché la questione per le popolazioni di quelle
zone è grave e dal punto di vista simbolico è francamente...
  GIROLAMO TRIPODI. Mi sono annoiato di dirlo!
  ALTERO MATTEOLI. Quando sollevai questo problema, mi fu
detto che esso non esisteva.
  PRESIDENTE. L'altro giorno si è verificato il
deragliamento di un treno per questa ragione.
   Ciò che si potrebbe fare, se i colleghi sono d'accordo, è
di chiedere al prefetto, al questore di Reggio Calabria e al
comandante dei carabinieri di quella zona di venire qui,
discutere insieme del problema per cercare di trovare la
soluzione. Della questione possiamo discuterne in Commissione
oppure all'interno del gruppo di lavoro. Vorrei sapere quale
sia l'opinione dei colleghi in proposito.
  ALTERO MATTEOLI. Data l'importanza ritengo che sia
opportuno discuterne in Commissione.
  PRESIDENTE. Sta bene. La data della discussione verrà
stabilita compatibilmente con gli impegni dei vari colleghi
(Commenti del senatore Frasca). Hai ragione, dobbiamo
fare una calendarizzazione. Non appena sarà conclusa la
discussione sulla camorra, riunirò l'ufficio di presidenza per
decidere quanto sarà possibile fare prima della chiusura delle
Camere.
   Adesso procediamo all'audizione dell'onorevole Scotti.
Onorevoli colleghi, proporrei che sia al ministro Scotti sia
agli altri auditi venga chiarito ciò che vogliamo sapere.
Subito dopo potremo passare alla fase delle domande.
Audizione dell'onorevole Vincenzo Scotti, ministro
dell'interno pro tempore, sul fenomeno dei sequestri di
persona.
  PRESIDENTE. Onorevole Scotti, la Commissione ha
istituito un gruppo di
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lavoro, coordinato dal senatore Butini, per affrontare la
questione dei sequestri di persona anche sotto un versante
specifico, e cioè se vi sia stato o meno pagamento di riscatto
da parte di autorità o organismi dello Stato.
   Il seguito del lavoro sarà condotto dal gruppo coordinato
dal senatore Butini. La questione sta in questi termini:
abbiamo ascoltato il ministro Mancino e il problema centrale
che si è posto attiene al fatto se siano stati pagati riscatti
o vi sia stato un contributo al pagamento degli stessi; se
siano stati pagati i confidenti; quale sia la differenza tra
pagare il confidente e pagare il riscatto, dal punto di vista
del risultato della vicenda.
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. Presidente, mi limiterò a riferire sul periodo che
va dal 16 ottobre 1990 al 30 giugno 1992. In tale periodo sono
stati consumati 20 sequestri di persona a scopo di estorsione
nelle seguenti aree geografiche: 4 in Sardegna (Murgia, Scanu,
Kassam, Di Fulco); uno in Umbria (Bartolucci, al quale si è
aggiunto De Megni rapito agli inizi del mese di ottobre); tre
nel Lazio (Del Prete, Rea, Giovannetti); due in Lombardia
(Ghidini e Carugo); nove in Calabria (De Pasquale, Longo,
Conocchiella, Errante, Gallo, Malgeri, Sestito, Zappia e
Falcone); uno in Sicilia (Cocco).
   Nel tempo, l'andamento di questo reato è stato
caratterizzato da una decisa tendenza al contenimento del
fenomeno, iniziato prima degli anni novanta, con un calo
progressivo dei casi. Tale flessione è scaturita sia per
l'azione delle forze dell'ordine, ma anche per uno spostamento
di interessi della malavita organizzata, della mafia, della
'ndrangheta verso attività più remunerative, meno costose e
rischiose (la droga in primo piano).
   L'analisi dei dati e dei casi riferiti alle due menzionate
componenti criminali: quella sarda e quella calabrese, portano
ad evidenziare che in Sardegna il fenomeno presenta
caratteristiche cicliche. Dalla ricognizione dei sequestri di
persona, consumati nei venti mesi della mia responsabilità,
nelle isole, in Sardegna e nell'Italia centrale si evince la
costante implicazione di elementi sardi in questi reati. E'
importante, però, sottolineare che ricorrente è stato il
riproporsi di soggetti già inquisiti per analoghe imprese
criminose. E' stata altresì accertata l'esistenza di una
costante presenza tra i sequestratori di latitanti impegnati
precipuamente nella custodia degli ostaggi. Anche per i
sequestri operati da organizzazioni calabresi si è delineato
un nuovo corso, con un distacco della malavita dalla pratica
sistematica del sequestro e con minori proiezioni in altre
zone geografiche fuori della stessa Calabria.
   L'azione di contrasto delle forze di polizia negli anni
1990-1992 è testimoniata dal conseguimento di positivi
risultati. Dei 21 sequestri consumati, compreso quello De
Megni, sono stati scoperti gli autori di 15, con l'arresto di
66 persone. Risultano corrisposti ai rapitori soltanto 3
riscatti, per un ammontare di 1 miliardo e 900 milioni di
lire, relativamente ai sequestri Murgia (verificatosi il 20
ottobre 1990 in Dolianova), Scanu (consumato il 24 dicembre
1990 in Sassari), Bartolucci (perpetrato il 10 dicembre 1991
in Narni, in provincia di Terni).
   L'azione di polizia ha permesso la liberazione di tre
ostaggi nonché l'autoliberazione di altri cinque. Per cinque
persone si è avuto un rilascio affrettato da parte dei
malviventi in costanza di pressanti servizi espletati dalle
forze dell'ordine per la loro ricerca.
   Tra i casi citati va annoverato il sequestro Carugo (Rho,
Milano) conclusosi con l'uccisione della vittima ad opera di
soci in affari. Non hanno riacquistato la libertà Giancarlo
Conocchiella (Briatico, 18 aprile 1991) e Pasquale Malgeri
(Grotteria, Reggio Calabria, 7 ottobre 1991), di cui era stata
data notizia dagli investigatori di un imminente rilascio: il
che ha fatto ritenere anche un'ipotesi di morte del Malgeri
nel trasferimento da una posizione all'altra.
   Un'ultima precisazione va fatta in ordine al
coinvolgimento, in sette dei
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menzionati 21 delitti, di elementi votatisi occasionalmente
alla specifica attività criminosa: ciò riguardava soprattutto
alcuni sequestri impropri, che si erano verificati nell'area
romana.
   Nell'ottobre del 1990 ci trovammo dinanzi alla presenza di
un innalzamento rispetto alla media raggiunta dei 7 sequestri
l'anno; si constatò che da una parte il ritorno nel circuito
delinquenziale di componenti delle due citate aree criminali
sarda e calabrese, già inquisiti per analoghi delitti, era
piuttosto consistente; dall'altra, l'accettazione della linea
morbida, realizzatasi per alcuni sequestri verificatesi nel
1990; infine, l'iniziativa del comitato di Stallavena
(Grezzana), che prevedeva azioni di intermediazione privata,
le quali, pur se suggerite da intenti umanitari, restavano
tuttavia controproducenti e non razionali.
   Dinanzi a questo complesso di situazioni convocai, il 27
dicembre del 1990, una riunione del comitato dell'ordine e
della sicurezza. Fu deciso di adottare una linea che si
imperniava su un'azione preventiva di polizia nel controllo
del territorio, una condotta giudiziaria con il blocco dei
beni dei familiari dei sequestrati e il divieto di
intermediazione, nonché una più rigorosa applicazione dei
benefici della cosiddetta legge Gozzini, nel caso di
condannati per il reato di sequestro di persona a scopo di
estorsione. Molti, infatti, erano già stati arrestati per
analogo motivo.
   Siffatto orientamento emerso al termine della riunione,
suffragato dalle indagini del dipartimento di polizia, venne
recepito dal legislatore, il quale convertì nella legge n. 82
del 15 marzo 1991 il decreto-legge del 15 gennaio, recante
nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di
estorsione, cui si aggiunsero alcune misure per la protezione
di coloro che collaboravano con la giustizia.
   Per quanto attiene all'impiego di fondi riservati per
favorire esiti positivi alle indagini di polizia, io approvai
pienamente la linea tradizionale di interventi per incentivare
fonti sicure di informazione, certe ed utili alla conclusione
delle operazioni, rivolte ad assicurare ai giudici i
colpevoli.
   I modi e le forme degli interventi appartengono alla
responsabilità ed alla riservatezza propria dei capi delle
forze di polizia. Si tratta non solo del Dipartimento ma anche
del capo della polizia, del comandante generale dell'Arma dei
carabinieri, avendo la Guardia di finanza una presenza molto
marginale.
   Credo che voi potrete avere quegli elementi che nella
valutazione concreta del caso e del modo di gestione della
vicenda possano darvi una risposta all'interrogativo formulato
dal presidente, ossia fin dove la sovvenzione, l'intervento
per le fonti diventi implicitamente una qualche forma di
riscatto improprio. Credo che ciò debba essere analizzato
sulla base delle singole operazioni e dei singoli risultati.
D'altra parte, per quanto riguarda il periodo cui faccio
riferimento, ossia quello relativo ai 21 sequestri consumati,
ho già detto che per 15 di essi sono stati scoperti gli
autori, arrivando all'arresto di 66 persone. Questo dato
conforta l'esclusione dell'utilizzo di fondi riservati per
pagamenti di un qualsiasi riscatto.
  PIETRO FOLENA. Quindi non si può escludere per gli
altri?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. Sul problema di carattere generale rispondo
negativamente; mentre rispondo positivamente su quello
relativo al finanziamento di fonti ed interventi agevolativi
per la conoscenza. Su ciò la materiale operatività appartiene
alla responsabilità dei due capi, che saranno ascoltati...
   Ho preparato per questi 21 sequestri il quadro dal quale
emergono tutti gli elementi che potranno esservi utili per una
valutazione ed un giudizio.
  PRESIDENTE. Passiamo alle domande.
  GIROLAMO TRIPODI. Onorevole Scotti, qui ci troviamo
dinanzi alla difficoltà
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 di conoscere bene le cose. C'è, infatti, chi ha detto che
avendo avuto una responsabilità per venti mesi non sa niente
del passato; e chi avendo responsabilità per il presente non
sa nulla lo stesso per il passato. In altre parole, si nega di
essere stati informati dal capo della polizia o dal direttore
dei servizi circa il pagamento di riscatti da parte dello
Stato per persone sequestrate di cui sono stati indicati i
nomi (Farouk, Ghidini, Casella, Celadon e forse qualche
altro). Tra l'altro, si tratta di persone i cui nomi circolano
da molto tempo, e che hanno avuto questo ruolo e che sono
state liberate a seguito dell'intervento degli organi dello
Stato. In modo particolare è stato detto che sono stati
liberati con i fondi riservati ai servizi segreti. Onorevole
Scotti, dobbiamo darle atto di aver dato almeno qualche
notizia quando ha affermato che vi sono stati interventi
diretti nei confronti dei confidenti; certamente lei è stato
abbastanza esplicito su queste cose, ma non è stato esauriente
perché si è limitato a parlare di una gestione di questi
interventi che è stata svolta al di fuori del controllo del
ministro. L'onorevole Scotti, in qualità di ministro pro
tempore, sa che vi sono stati degli interventi, ma non sa
in quali forme né quali mezzi siano stati utilizzati, se cioè
si sia trattato di mezzi riservati al SISDE, come è stato
detto nel corso delle inchieste sull'utilizzazione da parte
dei servizi segreti di fondi riservati ad altri fini.
   Onorevole Scotti, ricordo che alla vigilia del Natale 1991
aveva dichiarato che in breve tempo il dottor Malgeri di
Grotteria sarebbe stato liberato; successivamente l'operazione
sarebbe saltata e si è avuta notizia che Ierinò avrebbe
ricevuto finanziamenti per 500 milioni in relazione al caso
Ghidini. Per quanto riguarda i servizi segreti non si sa se si
siano mossi, se abbiano utilizzato i confidenti, se li abbiano
pagati e quanto: ci può dire qualcosa in merito, cioè quanto
si spende per i confidenti che vengono utilizzati a proposito
dei sequestri di persona?
   E' vero inoltre che non ha mai saputo niente in relazione
alle cifre che sono state pagate? Non voglio sapere i nomi,
possono anche essere riservati, ma soltanto quanto sono stati
pagati gli interventi. Ci troviamo di fronte ad un muro che,
se parlassimo di mafia, dovremmo definire di omertà; per molti
aspetti vi è una sorta di resistenza da parte di coloro che
hanno avuto responsabilità ai livelli più alti del Ministero
dell'interno o degli organi di polizia e dei servizi. Da dove
ha appreso la notizia che Malgeri doveva essere liberato? Chi
è intervenuto? Lei ha ammesso di aver accettato la linea di
autorizzare l'impiego di fondi riservati per incentivare fonti
sicure di informazioni: ci può chiarire meglio questa
circostanza?
   Lei ha ammesso che i fondi riservati sono stati utilizzati
per giungere in qualche modo alla liberazione dei sequestrati;
ha detto una parte della verità, ma non si può fermare qui,
perché deve essere chiarito ogni aspetto. Presso la procura di
Locri è in corso un'inchiesta giudiziaria, ma la cosa più
importante è fornire una risposta alla gente che attende di
sapere come si siano svolti questi fatti, che non sono
invenzioni giornalistiche ma, come lei stesso ha confermato,
sono fatti veri.
  MASSIMO BRUTTI. Abbiamo sentito il ministro dell'interno
dichiarare responsabilmente qualcosa di simile a quanto
l'onorevole Scotti ha testé affermato. Si esclude che fondi in
dotazione al Ministero dell'interno o al SISDE siano stati
impiegati per il riscatto relativo ai sequestri di persona; si
segnala una pratica che consiste nel pagamento di confidenti
in relazione ai sequestri; si dice che questo pagamento può
avvenire su fondi riservati, che questi ultimi vengono
impiegati per finalità istituzionali e che rispetto
all'impiego di tali fondi vi è una amplissima libertà dei
funzionari preposti al loro utilizzo. Ascoltando le
dichiarazioni del senatore Mancino e dell'onorevole Scotti mi
è venuta in mente una questione che desidero sottoporre a
quest'ultimo: l'onorevole Scotti, nel corso di
                       Pagina  3161
un'audizione presso questa Commissione, parlando con molta
nettezza della vicenda del sequestro Cirillo del 1981, ebbe
occasione di dire "vi fu trattativa e trattativa dei servizi".
La trattativa si svolse in relazione a quel sequestro di
persona, finito col pagamento di un riscatto. Sappiamo anche
che in ordine a quella vicenda il ministro dell'interno allora
in carica ha più volte dichiarato di non saperne nulla e
sappiamo anche che la linea sulla quale si sono attestati i
dirigenti dei servizi di informazione e sicurezza di allora è
consistita nel sostenere che vi fu una attivazione in
molteplici direzioni, anche in direzione della camorra, allo
scopo di ottenere informazioni.
   Non posso non rilevare un'analogia di argomentazioni
perché anche adesso, escludendo nettamente che si sia potuto
pagare un riscatto con fondi dei servizi o del ministro
dell'interno, si dice che le attività di prelievo e di
utilizzazione di fondi riservati erano volte esclusivamente
all'acquisizione di elementi informativi, al pagamento di
confidenti e così via. Mi domando di quali meccanismi di
controllo disponga il ministro dell'interno sull'uso di questi
fondi riservati, sull'ammontare delle spese per il pagamento
di confidenti e quale fondamento certo possa avere
l'affermazione del ministro dell'interno il quale esclude che
a sua conoscenza siano stati pagati riscatti con fondi del suo
ministero o del servizio. Quali sono i meccanismi di
controllo, qual è il grado di conoscenza da parte del ministro
di questo tipo di operazioni? E' infatti evidente che
l'attendibilità delle dichiarazioni che abbiamo ascoltato è
legata al dato oggettivo dei meccanismi di controllo, del
potere di conoscenza che il ministro ha; diversamente è
soltanto l'espressione di una buona volontà, di un auspicio
che viene da parte di chi è stato o di chi è tuttora ministro
dell'interno.
   Il punto è accertare quali siano le regole, i meccanismi
di funzionamento di questo rapporto ed eventualmente studiarne
e proporne di più efficaci.
  ALFREDO GALASSO. Voglio soltanto aggiungere qualche
rilievo e qualche richiesta di chiarimento a quanto ha detto
il collega Brutti. Il punto di partenza mi pare che sia quello
che ha segnalato un momento fa il ministro Mancino, che
sintetizzerei, in maniera non provocatoria, nel diritto-dovere
di ignorare. Poiché sono convinto che la responsabilità
politica nasca dal fatto che è esattamente vero il contrario,
cioè che un ministro non ha il diritto né il dovere di
ignorare, ma che deve essere estremamente curioso e - se mi è
consentita la parola - in questa materia diffidente, credo che
occorra capire come sia potuto accadere che non ci si sia
posta una curiosità, un'esplorazione rispetto a queste
vicende, non solo perché l'opinione pubblica, la stampa o
perfino il sussurro del Palazzo portavano notizie allarmanti,
ma perché da tempo il SISDE era diventato un organismo
inaffidabile. Sapendo che il pagamento di un riscatto da parte
dello Stato è un atto illecito, che dunque non poteva essere
formalizzato o avvenire alla luce del sole, ci si può fermare
al rilievo del fatto che formalmente è stato detto che non è
successo nulla e tranquillizzarsi in questa direzione? Bisogna
cercare di capire se tra le pieghe di un flusso di denaro
possa essere accaduto questo: è questa la domanda di
chiarimento che io formulo all'onorevole Scotti perché questo
diritto-dovere di ignorare, che io trovo politicamente
colpevole, ha attraversato molti dicasteri, per non dire
tutti, e molti ministri. Come ha affermato il collega Tripodi,
l'onorevole Scotti ha detto qualcosa in più, però non ha
espresso un giudizio sulla discrezionalità nell'uso dei fondi
riservati, ed in particolare sulla possibilità che essi
venissero utilizzati diversamente rispetto ai fini
istituzionali. Discrezionalità non può significare
incontrollabilità. La discrezionalità è funzionale al fatto
che, se si deve pagare un confidente o si deve provare a
mandare un agente all'estero per scoprire un complotto ai
danni dello Stato, non lo si può far sapere in giro; ma ciò
non vuol dire che non vi sia un soggetto il quale ha il
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dovere di controllare la destinazione e, dunque, la liceità
dell'uso di questi fondi. La riservatezza è un elemento
strumentale al raggiungimento di un fine, non può
rappresentare la copertura dell'illecito.
   Allora, se vi sono elementi di dubbio così forti, di volta
in volta perché non si è andati a fondo? Vorrei allora capire
su cosa si sia basato questo permanente rapporto di fiducia da
parte di numerosi ministri nei confronti dei capi del SISDE
(che poi sono stati definiti una "banda di malfattori" dal
Presidente del Consiglio, l'altro giorno, in Assemblea) e di
un capo della polizia che ha attraversato tutti questi
ministeri e che non assume mai una responsabilità diretta
rispetto alle vicende in questione.
   Onorevole Scotti, sono domande di fondo quelle che ci
poniamo a proposito dei sequestri. Quello dell'interno è un
ministero delicatissimo e l'ordine pubblico è una questione
altrettanto delicata, non capisco come si possa dire: "beh, io
posso arrivare fin qui, una volta che il capo della polizia e
il capo del SISDE mi assicurano che tutto va bene, mi
tranquillizzo".
   Il punto è che sappiamo che, in realtà, strutture preposte
alla tutela dell'ordine pubblico sono state deviate, tra
virgolette, tant'è che periodicamente dobbiamo procedere a
riformarle; sappiamo anche che capi di tali strutture,
nominati dai ministri dell'interno, sono stati definiti dal
Presidente del Consiglio - lasciamo stare la magistratura -
dei malfattori. Come è possibile, allora, che in questi lunghi
anni non ci si sia mai posti, e non lo si faccia neppure
adesso, il problema di andare a fondo? Capisco che questo non
riguarda lei, ma c'è stata una qualche continuità su questa
linea. C'è stato un elemento di rottura, si è provato a fare
qualcosa? Ricordo alcune sue affermazioni, anche molto gravi,
che hanno fatto, per così dire, rizzare i capelli in testa, a
proposito dei rischi che correva lo Stato. Alcune
dichiarazioni si sono rivelate perfino tristemente profetiche,
ma sono rimaste lì, non hanno avuto un seguito. Ci vuole
spiegare, onorevole Scotti, cosa è successo in questi anni al
Ministero dell'interno? Che cosa è successo davvero? Tanto ci
stiamo avviando verso la fine della legislatura ed un
rifacimento ed io spero una riscrittura positiva di tutta la
carta istituzionale: allora ce lo dice, finalmente, che cosa è
successo? Lo chiedo a lei perché è stato uno dei ministri che
in più di un'occasione ha aperto qualche spiraglio, ci ha
fatto intendere qualcosa, poi però tutto si è richiuso. Adesso
ce lo vuole dire, che cosa è successo?
  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole
Imposimato vorrei ricordare a tutti i colleghi l'oggetto
specifico dell'audizione odierna.
  ALFREDO GALASSO. Presidente, per favore, anche lei! Ci
ricorda qual è l'oggetto: è questo l'oggetto!
  PRESIDENTE. No, avevamo determinato insieme un'altra
questione.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Desidero rivolgere alcune domande
al ministro dell'interno pro tempore Scotti, partendo da
alcune interviste da lui rilasciate lo scorso 5 novembre in
relazione all'utilizzo dei fondi riservati. In un punto
dell'intervista pubblicata su la Repubblica il ministro
afferma che i fondi riservati furono destinati in parte alla
risoluzione del problema mafia e in parte anche ad affrontare
l'emergenza sequestri; poi, a proposito di quest'ultima
destinazione dei fondi, il ministro dice: "Per favore, non mi
chieda di spiegare ciò che può essere spiegato dai capi di
gabinetto, che hanno chiesto di essere ascoltati; non mi si
chieda di mettere i piedi nel piatto". Queste interessanti
dichiarazioni si collegano con alcuni sequestri di persona e
con i risultati delle indagini relative a quattro sequestri.
In particolare, vorrei ricordare ciò che riguarda il sequestro
di Carlo Celadon, il quale venne rapito nel gennaio del 1988 e
liberato il 5 maggio 1990. Per questa liberazione sarebbe
stata pagata la somma di 7 miliardi, in due
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rate: la prima sarebbe stata pagata regolarmente dal
genitore; per quanto riguarda la seconda rata, di due
miliardi, il genitore di Celadon avrebbe negato fermamente di
averla consegnata ai sequestratori, per cui si ventilò, da
parte degli stessi familiari, l'ipotesi che a saldare il conto
fossero stati i servizi segreti.
   La stessa ipotesi riguarda il sequestro di Casella, per
cui Giuseppe Strangio, capo della banda dei rapitori,
arrestato dai carabinieri, affermò che i servizi segreti
cercarono di comprare Casella dalla cosca di San Luca. Ho
voluto fare questi esempi perché, in realtà, tali notizie
concordano perfettamente con quanto ha affermato il ministro
dell'interno pro tempore, di cui abbiamo sempre
apprezzato l'impegno nella lotta alla mafia ed al terrorismo.
Proprio perché riteniamo che egli sia in grado di chiarire
questi punti, che sono stati oggetto di indagine da parte
della magistratura, vorremmo chiedere se le notizie che
riguardano tali sequestri, consumati durante il periodo in cui
l'onorevole Scotti era ministro dell'interno, abbiano qualche
fondamento di verità; vorremmo inoltre sapere se egli non
ritenga che, purtroppo, il pagamento del riscatto da parte dei
servizi segreti - come, in generale, il pagamento del riscatto
nei sequestri di persona - possa essere considerato una specie
di stimolo a proseguire in quell'attività criminosa.
L'esperienza di vent'anni di sequestri di persona dimostra che
il pagamento del riscatto, che porta alla liberazione, non può
essere considerato un successo dello Stato; quindi, questa
destinazione dei fondi riservati, se vi è stata, costituisce
una spinta per i sequestratori verso la consumazione di
ulteriori sequestri.
  PIETRO FOLENA. L'onorevole Scotti, come del resto il
ministro Mancino che lo ha preceduto, è stato categorico sulla
questione dell'uso dei fondi del SISDE, di altri servizi o del
Ministero, per il pagamento dei riscatti. Nello stesso tempo
l'onorevole Scotti è stato molto chiaro sul fatto che, invece,
esistono fondi riservati per il pagamento dei confidenti -
chiamiamoli così -, che però non sono sotto il diretto
controllo del ministro, essendo sottoposti alla responsabilità
del capo della polizia e dei capi dei servizi. Voglio dire: di
questa questione lei non si occupava ...
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. La responsabilità politica è del ministro...
  PIETRO FOLENA. No, io mi riferisco alla conoscenza
diretta. Vorrei allora chiederle se, in coscienza, lei si
senta di escludere che una parte dei fondi riservati
utilizzati per il pagamento dei confidenti, a sua insaputa -
seppure sotto la sua responsabilità politica -, sia stata
utilizzata per il pagamento totale o parziale di riscatti.
   In secondo luogo, per quanto riguarda in particolare il
SISDE, vorrei sapere se fossero sempre gli stessi funzionari
di tale servizio ad occuparsi della questione dei sequestri di
persona e eventualmente, se lei lo ricorda, vorrei sapere chi
fossero.
   Inoltre, risulta che il SISDE, o altri servizi, avessero
in Calabria ed in Sicilia - in particolare nelle province di
Reggio Calabria e Messina - banche ed istituti di credito
utilizzati, o da utilizzare, per il deposito di fondi loro
assegnati, quindi da spendere direttamente in loco.
   Il SISDE e gli altri servizi utilizzavano per le loro
attività, quando lei era ministro, aerei della società CAI o
di altre compagnie? Infine, vorrei sapere se, in particolare
nelle città di Reggio Calabria e di Messina, il SISDE o altri
servizi abbiano o meno, per quanto è di sua conoscenza, uffici
di copertura.
  VITO LECCESE. Onorevole Scotti, indubbiamente lei ci ha
fornito qualche elemento in più rispetto al ministro Mancino,
in quanto ha dichiarato che comunque delle somme sono state
utilizzate, nell'ambito dei casi di sequestro di persona, per
pagare i confidenti. Nel periodo intercorrente tra l'ottobre
1990 e il giugno 1992, in cui lei ha retto il Ministero
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dell'interno, si sono verificati 21 sequestri a scopo di
estorsione. In 15 di questi casi, come lei ci ha riferito,
sono stati scoperti gli esecutori, con l'arresto di 66
persone. Vorrei sapere in quanti di questi 21 casi di
sequestro siano stati pagati informatori e quale relazione vi
sia tra questo numero ed i 15 casi in cui sono stati scoperti
gli esecutori.
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. Signor presidente, innanzitutto desidero chiarire che
rispondo in base alle mie conoscenze dirette, non alle
informazioni che posso aver ricevuto, per altre vie, su fatti
avvenuti prima o dopo il periodo in cui ho ricoperto la carica
di ministro. Vorrei che ciò fosse molto chiaro: se fossimo in
sede di dibattito politico, esprimerei le mie opinioni, ma in
questa sede riferisco i fatti che conosco per assunzione
diretta di responsabilità.
   Per quanto riguarda i quattro sequestri cui ha fatto
riferimento l'onorevole Tripodi - Farouk, Ghidini, Casella e
Celadon - ho diretta conoscenza e responsabilità solo in
riferimento al caso Ghidini. In relazione a questa vicenda
escludo, per aver posto in proposito una domanda diretta alle
persone responsabili, che vi sia stato un pagamento di
riscatto da parte dello Stato, ma non escludo che vi sia stato
il pagamento di informazioni di confidenti.
  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Scotti, vorrei un
chiarimento su questo punto. Qual è la differenza che passa
tra pagare un confidente e pagare un riscatto?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. Il confidente non è il soggetto implicato nella
vicenda.
  PRESIDENTE. E se per caso fosse stato pagato un
confidente che, invece, è implicato nella vicenda?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. Io credo che ciò non sia avvenuto, signor presidente.
  PRESIDENTE. Ma questa sarebbe stata una deviazione?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. No, io non la ritengo una deviazione, se porta ad un
risultato, perché per esempio la legge sui pentiti ...
  PRESIDENTE. Il risultato è solo la liberazione del
sequestrato o anche l'arresto dei colpevoli?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. No, il risultato è legato all'arresto, non basta la
pura e semplice liberazione, lasciando andare i colpevoli per
i fatti propri.
   Per quanto riguarda il caso Malgeri, ho avuto dal capo
della polizia informazioni, considerate molto consistenti, su
di un possibile imminente rilascio. L'ho dichiarato in base ad
una notizia che mi era stata fornita responsabilmente.
   Riassumendo, il ministro dell'interno ha il potere di dare
direttive, in sede di consiglio generale per la lotta alla
criminalità, direttive anche personali, verbali, oltre che
scritte, sui comportamenti e sulle azioni. Per quanto mi
riguarda, ho dato direttive molto chiare volte a non pagare
mai i riscatti.
   In secondo luogo, il ministro ha possibilità di controllo
...
  VITO LECCESE. Scusi, onorevole Scotti, le era stato
richiesto di intervenire in questo senso?
  VINCENZO SCOTTI, Ministro dell'interno pro
tempore. No, solo direttive di carattere generale; quando
abbiamo fatto la riunione del 27 dicembre (io ero insediato
dal 16 settembre) ho posto la questione dicendo che
personalmente mi assumevo tutta la responsabilità politica per
l'utilizzo dei fondi allo scopo di ottenere informazioni o
altro che potesse consentire di giungere al risultato finale.
Questo è quanto riguarda la mia responsabilità.
   C'è un ulteriore momento in cui io posso chiedere (mi
dispiace che in questo
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momento si sia assentato l'onorevole Galasso) i rendiconti
trimestrali o periodici redatti dal capo del servizio e dal
capo della polizia (preciso che il ministro dell'interno non
dispone del rendiconto dell'Arma dei carabinieri) di cui viene
fatto un verbale che successivamente viene distrutto. I dati
mi sono stati forniti sotto forma di grandi aggregati e non di
articolazione specifica. Quando mi sono stati sottoposti i
consuntivi ho rivolto questa stessa domanda alla quale mi è
stato risposto negativamente.
   Apro a questo punto una parentesi che esula dai miei
compiti: ritengo quanto mai importante che il Parlamento
legiferi sui servizi istituendo un maggiore controllo da parte
del ministro dell'interno attraverso una struttura di
monitoraggio e di conservazione dei rendiconti che non è in
contrasto con la segretezza, anzi è necessaria perché rimanga
traccia del controllo effettuato dalle autorità politiche
amministrative. Non è infatti pensabile che il solo controllo
dei grandi aggregati di spesa dia informazioni relativamente
alla spesa effettivamente erogata e alla sua destinazione.
   Sapete tutti che per legge è stata estesa al SISDE
l'iniziativa contro la criminalità organizzata; tuttavia, il
dipartimento di polizia rimane il principale responsabile, in
particolare il nucleo speciale che viene creato in occasione
di ogni sequestro e che è interforze e che risponde della
propria attività. Il SISDE può e deve fornire, perché è
obbligato per legge, tutte le informazioni in suo possesso
alle varie autorità (ieri all'Alto commissario antimafia, oggi
al capo del dipartimento di polizia) perché la gestione delle
informazioni non attiene al servizio. Quando si procederà alla
riforma dei servizi occorrerà riflettere sul problema del
rispetto rigoroso dei ruoli e dei compiti perché essi si
bilanciano reciprocamente e non trovano mai un compartimento
stagno nell'ambito del quale nessuno sa nulla o rende conto
all'altro.
   Al senatore Brutti rispondo che per quanto riguarda il
sequestro Cirillo, oggi c'è una sentenza di secondo grado
molto chiara sulla trattativa, tant'è vero che nel dispositivo
Cutolo è assolto dall'accusa di estorsione così come
Petruccioli da quella di diffamazione nei confronti della
democrazia cristiana; rimane una diffamazione mia personale,
ma era un aspetto particolare non riguardante la trattativa e
l'intervento dei servizi. Quanto ho detto al riguardo in
passato è stato confermato ampiamente dalla sentenza.
   Quanto ai controlli sui fondi riservati, credo di avere
già risposto; giudico comunque interessante ed importante la
riflessione che la Commissione sta facendo anche ai fini della
riforma dei servizi. Sarebbe follia cancellare i fondi
riservati ma sarebbe altrettanto folle mantenere un controllo
soltanto su aggregati matematici e non su un comportamento
analitico di spesa, sia pure per soggetti. Si può studiare un
modo diverso per conservare traccia dei fondi. Sul mio onore
in questo momento dichiaro che di fronte ai rendiconti che mi
sono stati presentati, ho rivolto la vostra stessa domanda ma
mi è stato risposto negativamente. Io però ho solo la
possibilità di dire questo ma non quella di fare riferimento
ad alcuna documentazione.
   Tutto questo riguarda (lo dico in modo assai chiaro) più
in generale il Ministero dell'interno. Quando fui ascoltato
dalla Commissione stragi sulla vicenda Moro, dichiarai che
negli archivi del Ministero dell'interno non c'era nulla. Fin
dal primo giorno della mia presenza presso tale ministero ho
posto al gabinetto e alla segreteria che si occupa degli
affari riservati l'obbligo di mantenere traccia scritta di
tutti gli incontri, le riunioni e le direttive in modo da
consentire la ricostruzione delle diverse vicende e non il
loro ingigantimento.
   Onorevole Imposimato, le ricordo che i casi Celadon e
Casella sono fuori dalla mia conoscenza diretta perché si sono
conclusi prima della mia nomina a ministro; ho invece
conoscenza diretta del sequestro di Ghidini, ma di questo ho
già parlato.
   Quanto alla questione generale, onorevole Galasso, c'è un
dovere di ignorare
                       Pagina  3166
e c'è un dovere di documentare in modo trasparente, il che
non è in contrasto con il segreto; è necessario però che
intervenga il Parlamento per cancellare una condizione di
identificazione del sistema di sicurezza con l'ignoranza
totale ed assoluta dei fatti e delle vicende.
   Per quanto riguarda l'ultima domanda, quella relativa
all'eventuale pagamento degli informatori, credo che il
prefetto Parisi potrà rispondere meglio di me relativamente ai
21 sequestri, indicando la metodologia seguita e gli
interventi effettuati, tenendo conto che la direzione delle
indagini con il nuovo codice appartiene al giudice alle cui
dipendenze opera il nucleo interforze di cui ho parlato prima.
Questo tipo di interventi sono di sostegno al nucleo, d'intesa
con il magistrato interessato; di questo bisogna darne
comunicazione al magistrato ed ottenerne l'autorizzazione.
  PRESIDENTE. Onorevole Scotti, la ringrazio ancora una
volta a nome della Commissione.
Audizione del prefetto Vincenzo Parisi, capo della
polizia, sul fenomeno dei sequestri di persona.
  PRESIDENTE. La Commissione ha costituito un gruppo di
lavoro sulla questione dei sequestri di persona con
particolare riferimento alle notizie diffuse in ordine al
pagamento di riscatti con fondi riservati di autorità di
polizia o di sicurezza. Vorremmo avere da lei un quadro di
questa situazione. In particolare, dopo aver ascoltato l'ex
ministro dell'interno Scotti, ci interessa conoscere la
differenza che passa tra il pagamento di un confidente e
quello di un riscatto, cioè quali siano le condizioni in
presenza delle quali si ritiene utile pagare un confidente.
   Vorremmo altresì sapere per quali sequestri siano stati
pagati i confidenti. Alla Commissione non interessano i nomi
ma solo le somme impiegate per ciascun sequestro.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Vorrei
sgomberare l'orizzonte da qualsiasi dubbio che siano stati in
qualunque tempo ed in qualunque modo pagati riscatti per la
liberazione di ostaggi in occasione di reati di sequestro di
persona.
   Risponderò prima sinteticamente alla domanda che mi è
stata rivolta per poi chiarire alcuni aspetti che ritengo
essenziali. Ogni volta che si verifica un sequestro viene
sviluppata un'intensa attività di ricerca sul territorio ed
informativa insieme, oltre che investigativa e mirata negli
ambienti specificatamente indiziati di poter avere
correlazioni con i singoli sequestri. Non mancano casi di
investimento per fonti, il che avviene frequentemente; non è
che vi siano attività operative nella materia rispetto alle
quali operi l'esclusione di interventi per sovvenzionare le
fonti. Il pagamento del riscatto è escluso in maniera
perentoria non solo dalla legge ma da un indirizzo di lavoro
costante. Non avremo subìto il patimento di sequestri che
hanno creato lacerazioni, tensioni politiche, vivacità di
dibattiti, mobilitazione di stampa e di cittadini se avessimo
inteso risolvere il problema attraverso la scorciatoia dei
pagamenti.
   Per la parte che mi riguarda, non avrei nemmeno dato
impulso, come ho fatto, nel periodo che va dal 1987 ad oggi,
al graduale, rilevantissimo potenziamento dei contingenti
delle forze di polizia presenti in Calabria. Al riguardo,
signor presidente, ho una documentazione che le lascerò come
testimonianza tangibile di questo impegno.
   Nel 1987, in tutta la Calabria operavano 2.115 elementi
della polizia di Stato; il 1^ gennaio 1993 essi assommavano a
4.032, per cui il personale di polizia è stato raddoppiato. La
finalizzazione di questo potenziamento era rivolta, in via
prioritaria ed essenziale, alla risoluzione del problema dei
sequestri sul territorio.
   Al 1^ gennaio 1987 - parlo del periodo che è coinciso con
il mio mandato - Reggio Calabria aveva 867 addetti, mentre
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 ora ne ha 2.173; Catanzaro ne aveva 703, ora ne ha 1.103;
Cosenza ne aveva 545, ora ne ha 756.
   Vorrei ancora aggiungere che, sempre nello stesso periodo
1987-1993, sono stati istituiti importanti presidi di polizia,
quali: il reparto mobile, con sede a Reggio Calabria (è stato
uno dei primi atti del mio mandato), composto da 300 unità; il
nucleo prevenzione e crimine, con sede a Reggio Calabria,
istituito il 25 maggio 1991; il nucleo anticrimine della
polizia di Stato, con tre sezioni a Bovalino, Canolo Nuovo e
Piano dello Stoccato e due sezioni distaccate, a Gioia Tauro e
Locri, delle squadre mobili di Reggio Calabria.
   Sono stati altresì istituiti, nello stesso periodo, i
commissariati di Cittanova (1^ dicembre 1987), Bovalino (15
settembre 1989), Polistena (1^ dicembre 1990), Taurianova (25
maggio 1991).
   Nel 1990 sono state istituite le sezioni di polizia
giudiziaria presso la procura della Repubblica di Reggio
Calabria (Palmi e Locri). Inoltre, il 1^ aprile 1990 è stato
istituito il distaccamento di polizia stradale di Brancaleone.
   Gli incrementi che vi ho citato in apertura possono essere
riguardati anche nelle tabelle allegate, le quali evidenziano
gli incrementi per le specialità di polizia stradale,
ferroviaria, postale, oltre che per la questura e per i
commissariati distaccati.
   Mi risulta, in maniera certa, che analogo potenziamento è
stato operato, da parte del comando generale dell'Arma dei
carabinieri, nel quadro di una articolazione molto densa e
molto fitta dei presidi nei singoli comuni calabresi.
   A questo va aggiunto l'impiego frequente di contingenti
che venivano da altre sedi e che sono stati massicciamente
impiegati nell'area calabrese, sempre per contrastare il
fenomeno dei sequestri di persona.
   E' chiaro che l'esperienza ha insegnato come, al di là del
presidio del territorio, che ha valore in sede preventiva e
anche in sede di contrasto, più di tutto premiano
l'investigazione e la capacità di costituire dei raccordi
informativi, i quali consentono di acquisire indicazioni utili
sia per individuare l'area criminale nella quale si è inserito
il sequestro, sia per identificarne i componenti, sia per
pervenire al risultato della liberazione e della cattura dei
responsabili del fatto.
   Il numero stesso di liberazioni che sono state conseguite
è indicativo, se consideriamo quello che è avvenuto dal 1987
ad oggi, tralasciando il periodo precedente, senza esporre ed
indicare le tappe cruciali del fenomeno dei sequestri di
persona degli anni tragici, come il 1975, con 77 sequestri.
Dal 1987 ad oggi abbiamo avuto 72 rapimenti, di cui 25 in
Calabria, 12 in Sardegna. Sono stati scoperti 44 dei 72
sequestri. Sono stati denunciati 223 criminali alla
magistratura (220 in stato di detenzione). Si è pervenuti alla
liberazione di 17 ostaggi per effetto di questo dispositivo ed
a 11 casi di autoliberazione, sempre per la pressione delle
forze dell'ordine sul territorio. In totale, 28 persone hanno
ritrovato la libertà senza pagamento di riscatto.
   Vorrei anche aggiungere che mentre nella fase precedente i
pagamenti erano consistenti, purtroppo, rispetto ai 72
sequestrati, 7 persone - purtroppo - non hanno riacquistato la
libertà. I casi di riscatto sono stati pochi e nei sette anni
il loro ammontare è stato di 32 miliardi. Si è trattato di
riscatti pagati anche aggirando la legge, da parte di persone
che si sono mobilitate per conto dei familiari e che sono
riuscite a reperire i mezzi per riportare l'ostaggio in
libertà.
   Attualmente, i sequestri attivi sono tre: quello di Adolfo
Cartisano (sequestrato a Bovalino il 22 luglio 1993), di Paolo
Ruiu (sequestrato ad Orune il 22 ottobre 1993), di Paolo
Giovanni Glorio (il quattordicenne sequestrato a Roma, a Casal
Palocco, il 16 novembre 1993).
   Gli strumenti legislativi a disposizione si sono rivelati
molto utili, sia per quanto riguarda l'abilitazione al
sequestro dei beni, sia per quanto concerne la costituzione
dei gruppi interforze, sia per il maggior rigore
nell'amministrazione delle
                       Pagina  3168
licenze premio rispetto a coloro che hanno operato in questa
materia.
   La possibilità di confiscare i beni acquisiti in questo
campo ha anch'essa operato in senso positivo, tant'è che
dall'entrata in vigore della legge n. 82 del 1992 sono stati
pagati riscatti soltanto per quattro dei ventitré sequestri,
per un totale di 2 miliardi e 600 milioni. L'applicazione
della legge relativa alle acquisizioni patrimoniali illecite
ha consentito, tra il 1992 ed il 1993, di sequestrare beni per
480 miliardi a 23 persone implicate nelle attività specifiche
di sequestro di persona.
   Vorrei dire che il quadro generale offre, indubbiamente,
un segnale positivo: ho parlato della Calabria, ma in Sardegna
c'è stato un impegno corrispondente e considerevole, cioè con
la costituzione di squadriglie di polizia, di reparti dei
carabinieri paralleli, con risultati investigativi di rilievo.
   Nello specifico settore dei sequestri di persona, è stato
definito un quaderno di ricerche di persone implicate in
questi reati che ha consentito, con la distribuzione dei
compiti tra le forze dell'ordine, di conseguire l'arresto di
27 latitanti su 30.
   Si è parlato di sequestri privilegiati all'attenzione
degli inquirenti e di sequestri, invece, trascurati. C'è stato
addirittura chi ha ritenuto di rilevare che fosse accordato un
privilegio ai sequestrati del nord e che fossero trascurati i
sequestrati dell'Italia meridionale. Vorrei dire che non c'è
niente di meno vero, se si considera l'impegno che certamente
è stato speso e rivolto in questo campo, indistintamente a
tutti i sequestri e all'evoluzione, tutt'altro che agevole,
dei casi che hanno riguardato i sequestri di ragazzi
provenienti dall'area del nord (Casella, Celadon).
Quest'ultimo può essere considerato martirizzato dall'anonima
sequestri: ho rivisto a Vicenza questo ragazzo dopo la
liberazione - ho sentito il bisogno di farlo - ed era un
fantasma. Certamente, ce l'avevamo messa tutta, e il
dispositivo di cui ho parlato nasceva proprio da questo
intendimento. Quindi, se vi fosse stata la volontà, che ogni
tanto viene insinuata, di conciliare e pagare l'anonima
sequestri, non vi sarebbe stato bisogno di arrivare a quegli
estremi, a quei rischi anche di sopravvivenza.
   Devo anche aggiungere che a parte ciò che io ho indicato,
abbiamo operato con fonti fiduciarie, di cui nemmeno io
conosco l'identità, perché non ho mai voluto farlo. Cerco di
stabilire due condizioni relativamente alla spendita di
pubblico denaro per compensare fondi fiduciari, sostenendo
spese che a volte sono anche di una certa consistenza: il
valore dell'informazione, il valore in funzione del risultato.
Mentre ero qui in attesa di entrare, mi si è parlato di una
ipotesi operativa per la quale investire 50 milioni. Ho
chiesto se questo investimento meritava il tipo di impegno. Mi
è stato detto di sì. Non ho chiesto altro. Si paga a risultato
conseguito, mai prima del medesimo.
   Sono avvenuti i pagamenti nei sequestri, rispetto ai quali
si insinua che vi sarebbe stato pagamento di riscatto? Di
fonti certamente, ma la quantificazione è difficile, signor
presidente. Nell'uno e nell'altro caso, che normalmente
vengono citati...
  PRESIDENTE. Ghidini e Casella?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Per Casella
non abbiamo investito nulla.
  PRESIDENTE. Neanche per fonti informative?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. No, purtroppo
no. Non abbiamo avuto successo nel reperimento di fonti
informative, quindi mentirei se dicessi che vi sono stati
degli investimenti.
  PRESIDENTE. Ma non fu liberato dai carabinieri?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Fu trovato
dai carabinieri. Però, escludo in maniera assoluta che anche i
carabinieri abbiano mai pagato riscatti.
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  PRESIDENTE. Ma io parlavo di fonti.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Se parliamo
di fonti non lo so. Penso di sì, facilmente.
  PRESIDENTE. Voi no?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Per Casella
no. Certamente, per Ghidini c'è stato un po' di impegno di
spesa durante l'intero sequestro. Bisogna pensare che la banda
è stata interamente individuata e smascherata e che sono stati
tutti assicurati alla giustizia. Lì si è trattato sicuramente
di un'indagine di cui potrei dare una memoria per documento
della Commissione, una memoria la quale dimostra come sono
stati scoperti i responsabili. La pattuizione, la scelta della
scorciatoia non consente di arrivare all'arresto, cioè sarebbe
veramente da sciocchi arrivare ai sequestratori e arrestarli
una volta che si fosse raggiunta la compromissione con loro.
Questo aspetto tecnico, rilevante, penso debba essere
considerato. E questo vale anche per Farouk: non saremmo
andati finanche in Corsica a catturare Matteo Boe se avessimo
avuto una compromissione nel pagamento. E' chiaro che qualcosa
è stato pagato. Quanto? Qualche centinaio di milioni,
certamente. E nel caso della Calabria, come nel caso della
Sardegna, ci si trovava in un contesto operativo che implicava
arresti, identificazioni, nonché informazioni utili sul
sequestro.
   Nel caso della Ghidini eravamo in una posizione di forza
considerevole perché fra l'altro, attraverso un sistema di
rilevazione tecnica, era stata individuata in maniera certa
l'area nella quale la ragazza si trovava; aspetto questo che è
sfuggito.
   Vorrei anche dire una cosa molto importante. Se è vero che
io non chiedo se non di indicarmi l'esigenza per stabilire se
essa è plausibile e soprattutto se esista un rapporto
plausibile fra la somma richiesta e l'impiego, perché non
possa esservi confusione fra il tipo di investimento che viene
richiesto e la destinazione a cui è finalizzato, senza mai
chiedere quali sono i tramite, è anche vero che il personale
della polizia giudiziaria riceve da me sempre l'invito a
segnalare al magistrato che segue la procedura ogni fase di
sviluppo della ricerca investigativa, tenendolo aggiornato su
tutto, possibilmente anche del pagamento delle fonti
riservate. Per cui chi specula volendo insinuare che siano
stati fatti dei pagamenti, certamente dice cose non vere. Vi
sono speculazioni che si ripetono. Forse uno dei casi in cui
sono rimasto sbalordito fu il moto d'opinione che si produsse
dopo la liberazione di Farouk. Devo dire che è una cosa che
ancora adesso mi trova incredulo, non riuscendo a immaginare
come le garanzie date dall'autorità costituita - che
certamente non è stata mai smentita per mendacio - dovessero
essere considerate meno attendibili delle dichiarazioni di un
bandito. E' rimasto un mistero.
   Adesso non scendo nel dettaglio. Se le famiglie non hanno
pagato e dichiarano di non aver pagato, se altri non risulta
che abbiano pagato e a me non risulta nemmeno vi siano state
intrusioni di soggetti terzi nel pagamento altrimenti lo
rivelerei, se la polizia giudiziaria ha agito in maniera
ortodossa, per quale motivo si deve dubitare che le cose
stiano così? Lascerò le schede relative a questi sequestri
(Casella, Ghidini, Farouk, eccetera) - ne ho portato un certo
numero - perché possano essere vagliate con attenzione
estrema.
   Poi, ci sono stati sequestri certamente sfortunati, perché
non hanno permesso di conseguire la liberazione degli ostaggi,
di cui si sono perdute le tracce, di cui non si è saputo più
niente. E' cosa questa che a noi certamente ha dato
grandissimo dispiacere. Il fatto che di sette persone non si
sia saputo più niente e che il silenzio duri da anni è un
fatto allarmante che lascia poche speranze in ordine alla
sopravvivenza di queste persone. Non di meno siamo pronti
sempre a mobilitarci e a proseguire le ricerche
                       Pagina  3170
nella eventualità che dovessero in qualche modo manifestarsi
segni utili per riprendere le indagini.
   Ho qui le schede dei sequestri Medici, Conocchiella,
Cortellezzi, Malgeri, Kassam, Fiora, Casella, Celadon,
Ghidini, Dell'Orto; poiché è ricorrente un discorso sul
Nicitra scomparso e su un possibile sequestro, ho anche la
scheda sul sequestro Nicitra, su quello Cervia, su tutti i
temi su cui è ricorrente il ritorno della cronaca. A questi
documenti aggiungo il riepilogo aggiornato dei sequestri di
persona, appena prodotto dalla Criminalpol.
  PRESIDENTE. Quindi, per Casella è chiaro; per la Ghidini
lei può riferire alla Commissione l'impegno di spesa per le
fonti?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Qualche
centinaio di milioni.
  PRESIDENTE. Alcune centinaia di milioni.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Alcune, no,
non tante. Complessivamente, a quanto ricordo, non più di
2-300 milioni. Bisogna però considerare il complesso di spese
per l'identificazione dei responsabili. Parlo di una
sommatoria di interventi, anche di altro ...
  PRESIDENTE. Non solo per le fonti?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. No. Per le
fonti che avevano rivelato dati relativi all'identificazione
di alcuni autori, che avevano permesso di conseguire l'arresto
di alcuni responsabili, di realizzare l'obiettivo della
liberazione in termini di indicazioni materiali dei possibili
siti. Chi fossero queste persone io non lo so; potrà essere
più esplicito chi indaga, cioè la polizia giudiziaria. Ma una
somma di elementi ha portato certamente al risultato e si era
determinata una nota spese che a un certo punto ha portato a
quella somma.
  PRESIDENTE. Quindi, il pagamento di una fonte avviene
soltanto a risultato ottenuto, non prima?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. La regola è
questa: viene fatta richiesta di uno stanziamento - 1, 2, 5,
10, 20, 50, 100, 200 fino a 300 milioni abbiamo speso per
esigenze specifiche; per essere molto chiari, anche per
catture di singoli latitanti -; viene stimata la congruità
della richiesta; viene dato il placet perché si proceda.
Soltanto a risultato conseguito si corrisponde l'emolumento e
vorrei dire anche con una correttezza e una puntualità
estrema, per cui - fatto l'arresto - un'ora dopo si deve
pagare.
  PRESIDENTE. La contropartita prevede comunque l'arresto?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Prima.
  PRESIDENTE. Perfetto.
  GIANCARLO ACCIARO. Ringrazio il capo della polizia,
perché mi sembra ci abbia dato elementi ben chiari,
soprattutto che nelle precedenti audizioni non abbiamo
sentito. Ci aspettavamo dal capo della polizia che entrasse
nel dettaglio.
  PRESIDENTE. Quelle precedenti?
  GIANCARLO ACCIARO. Sì. Anche con meraviglia, perché devo
riconoscere nella sua esposizione alcune puntualizzazioni che
mi preoccupavano e mi preoccupano, soprattutto per il caso
Farouk e per il bandito che lei non ha nominato e che nomino
io, cioè Mesina. E' sconcertante che quando si arriva a
risultati così importanti come la liberazione del rapito, che
ha fatto scalpore in tutto il mondo, poi ci si possa mettere
in un confronto con fonti che sono così poco chiare, per le
quali nasce il dubbio se effettivamente si dica alla gente la
verità e vengano messe in dubbio le istituzioni sotto questo
aspetto.
                       Pagina  3171
   Per quanto riguarda le cifre che lei ha confermato, mi
pare di aver capito che esse siano destinate solo a specifiche
operazioni, che devono dare un risultato; quindi, non possono
essere gestite in forma deviante, assolutamente. Lei ha detto
in un passaggio del suo intervento che normalmente i
magistrati sono informati di questo. Quindi, capisco oggi
anche come le dichiarazioni del procuratore Mura nel momento
contingente delle dichiarazioni di Mesina fossero in linea con
l'operazione più vasta che è stata realizzata.
   Mi chiedo come si possa consentire a banditi di continuare
a fare certe affermazioni - secondo le quali avrebbero
ottenuto dai servizi informazioni o sarebbero stati loro il
tramite per la liberazione e per il pagamento - quando subito
dopo questi stessi banditi vengono coinvolti in traffici di
armi, sempre con il parallelo intervento di apparati deviati
dello Stato. Non le pare che ci siano troppe coincidenze che
ruotano attorno al sistema dei servizi e che ci portano ad
attribuire credibilità a fonti non ufficiali? Quale progetto,
per usare un termine in voga, quale teorema si nasconde dietro
questa cosa, perché non può essere una fantasia non costruita
da una qualche organizzazione? Mi limito a formulare questo
interrogativo e a sollevare questo dubbio.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. La mia
risposta su questo tema deve essere consapevole e
responsabile, soprattutto aderente alle mie conoscenze. A me
non risulta che i servizi di informazione abbiano mai avuto un
ruolo di qualche rilievo nei sequestri di persona. Se è
avvenuto ad insaputa di tutti è un fatto che certamente
rappresenterebbe una scoperta per me, ma non ricordo che sia
pervenuta nel tempo una sola indicazione utile per sbloccare
sequestri di persona, almeno da quando ricopro l'attuale
incarico.
   Per quanto riguarda il ruolo di Mesina, se ispirato o
fantasioso, tenderei a immaginare che egli abbia agito
cercando di strumentalizzare il suo ruolo in vista del
beneficio della grazia, che sperava di conseguire attraverso i
meriti che voleva in qualche modo acquisire valorizzandosi
avanti all'opinione pubblica. Che possa avere avuto delle
contiguità con i sequestratori è certamente indicato e
provato, direi, dal fatto che anticipò la comunicazione
relativa alla liberazione, tant'è che avevamo le emittenti
tutte aperte in quella direzione ed io trascorsi una
quarantina di minuti in un imbarazzo infernale tra chi voleva
complimentarsi e la totale certezza che il risultato non fosse
ancora conseguito. C'era il questore di Nuoro sul posto che
avrebbe dato l'informazione di prima mano non appena si fosse
arrivati al ragazzo, avendo in qualche modo delimitato l'area
in cui poteva trovarsi e dove cercavano di raggiungerlo
durante la notte. Quel fatto è indicativo: giocando d'anticipo
nel dare la notizia (perché evidentemente egli aveva referenti
che si erano ritirati e che gli avevano fornito
quell'informazione), ha potuto sostenere il bluff di
aver procurato la liberazione, inventandosi cose che
certamente non sono vere.
  GIROLAMO TRIPODI. Dalle audizioni svolte questa sera è
emersa la necessità di affrontare il fenomeno dei sequestri di
persona alla luce degli elementi posti in evidenza nei giorni
in cui è esplosa la vicenda del SISDE, con particolare
riferimento all'utilizzazione dei fondi riservati. In quei
giorni, anche lei, signor prefetto, ha rilasciato
dichiarazioni che in un primo momento sono state interpretate
in un certo modo, riguardo al fatto che i fondi sono stati
utilizzati anche in funzione della liberazione delle persone
sequestrate.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Io non ho mai
detto questo!
  GIROLAMO TRIPODI. I giornali hanno dato questa
interpretazione. Successivamente, lei ha chiarito che non si
trattava di questo ma che, semmai, lo
                       Pagina  3172
Stato è intervenuto con erogazioni e compensi a favore dei
confidenti.
   Dalle audizioni di questa sera - ripeto - sono emersi
elementi interessanti. Quando si parla di confidenti e di
alcune persone sequestrate e successivamente liberate, si è
portati a ritenere che abbiano avuto un fondamento le voci che
da tempo circolavano nella zona ionica, in particolare nella
provincia di Reggio Calabria e, in generale, in tutta la
regione, relativamente al fatto che vi sarebbero stati
interventi da parte dello Stato per riuscire a liberare alcuni
sequestrati (parlo specificamente della Ghidini e di Casella,
oltre che di Celadon). Del resto, lo stesso collaboratore di
giustizia Ierinò aveva dichiarato di aver appreso dal
capomafia della zona, Mazzaferro (che mi pare sia stato poi
ucciso), che sarebbe stata versata una tranche di 500
milioni da parte dello Stato, in particolare dei servizi
segreti. Se pensiamo alla vicenda Cirillo, nella quale sono
intervenuti i servizi segreti, non è escluso che un analogo
intervento possa essere avvenuto anche rispetto ad altri
episodi.
   Lei ha detto che un paio di centinaia di milioni è stato
speso per quanto riguarda i confidenti, la collaborazione...
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. In verità, ho
parlato di una serie di interventi concernenti
identificazioni, arresti ed informazioni utili. E nemmeno per
singoli!
  GIROLAMO TRIPODI. Nel momento in cui ci troviamo di
fronte ad un impegno che è stato posto in essere in questa
direzione, mi chiedo se vi sia stato un corrispondente impegno
in funzione degli altri sequestrati, in modo particolare delle
quattro persone che lei, in altra occasione, ha affermato
sarebbero morte (Malgeri, Conocchiella, Medici e,
probabilmente, Cortellezza). A tale riguardo risulterebbe una
evidente disparità.
   Stasera è emerso che vengono utilizzate somme - definite
fondi fiduciari - con riferimento alle quali lei ha escluso
che vi sia un suo ruolo. Penso, al contrario, che si tratti di
un suo compito, considerato che i ministri responsabili ci
hanno dichiarato che non controllano questi fondi e che a tale
funzione attendono i responsabili dei settori, cioè il
direttore del SISDE ed il capo della polizia. Chi gestisce
questi fondi?
   Vorrei inoltre sapere quale sia l'ammontare complessivo
delle somme spese in questa direzione. Si può conoscere questo
dato, nonostante si tratti di fondi riservati? Si può sapere
inoltre verso quali sequestrati è stato effettuato un tipo di
intervento come quello da lei indicato? Come è possibile
evitare che si arrivi ad una situazione di incertezza a
livello di opinione pubblica e che vengano diffuse determinate
notizie? Del resto, una diffusione di notizie volta ad
informare che erano stati spesi dei soldi era già avvenuta.
Penso che di questo lei sia venuto a conoscenza quando si è
recato a Bovalino all'epoca del sequestro Cartisano. Lo
dicevano tutti e lo dice anche il procuratore di Locri,
Lombardo, il quale ha avviato un'inchiesta su tutte queste
vicende, inchiesta della quale non conosco l'attuale stato di
evoluzione.
   Lei ha cercato di negare che vi siano state utilizzazioni
di fondi del SISDE - o, almeno, questo non le risulta - per
quanto riguarda il riscatto. Sta di fatto che fino a poco
tempo fa nessuno era a conoscenza di grossi finanziamenti
alimentati con i fondi riservati del SISDE, mentre oggi
abbiamo scoperto che la situazione era completamente diversa e
che sono state utilizzate decine di miliardi che avrebbero
dovute essere destinati ad altre finalità. Non vorremmo che ad
un certo punto lei affermasse certe cose perché non è a
conoscenza o non è informato della questione. In particolare,
vorremo sapere da lei se vi sono persone che hanno il potere
di gestire in modo incontrollato finanziamenti dello Stato
destinati a specifiche finalità.
   Non intendiamo sollevare una polemica nei confronti di
questo o di quell'altro, ma non possiamo fare a meno di
proporre una serie di interrogativi che prendono le mosse
dall'inquietudine che
                       Pagina  3173
circonda la vicenda, dalla quale potrebbe derivare una
sfiducia nei confronti dello Stato. Sia il ministro in carica
sia l'onorevole Scotti, hanno confermato che nella riunione
del Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico, svoltasi
nel dicembre 1991, è stata approvata una strategia di
utilizzazione dei fondi riservati in funzione
dell'acquisizione di informazioni sulla questione della lotta
alla criminalità, quindi anche con riferimento al fenomeno dei
sequestri di persona.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Le risponderò
piuttosto sinteticamente. Desidero confermare che noi, di
riscatti, non ne abbiamo pagati e che non abbiamo neppure
fatto ricorso a forme surrettizie di pagamento per coprire i
riscatti. Ciascun pagamento è stato finalizzato ad un
risultato. A tale proposito vorrei fornire un chiarimento,
anche se sarebbe più opportuno riservare le considerazioni che
mi accingo a svolgere al Comitato esecutivo dei servizi di
informazione e di sicurezza piuttosto che ad una sede
pubblica, quale è questa.
  PRESIDENTE. Possiamo disporre la segretezza di questo
passaggio.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. No, è bene
che ne parliamo perché, altrimenti, si potrebbe sospettare che
io stia per dire chissà cosa. Esiste una sorta di prontuario,
di calmiere, di prezzario dell'informazione. Si lavora su
tanti strumenti, fra i quali vi è l'informazione. Quest'ultima
ha un prezzo, per cui vi è il latitante da 500 mila lire e
quello da 300 milioni, passando per una scala graduata di
valori. Vi è l'informazione che vale 10 lire o nulla e quella
che vale 10, 20, 30, 50, 100 milioni. L'informazione
risolutiva in casi particolari ha ovviamente un costo più
alto.
   Quindi, il criterio di amministrazione è quello di
stabilire una linea equilibrata tra l'esigenza da perseguire
ed il compenso da attribuire. L'amministrazione non è un
elemento del responsabile titolare delle spese riservate
perché, se quest'ultimo si avvale di collaboratori nella
gestione, il criterio della trasparenza è praticamente
assicurato, essendovi un modulo di verifica quasi quotidiano.
Vorrei dire che, al di là di ogni esigenza di riservatezza che
in questa materia va osservata, io potrei in ogni momento dare
dimostrazione di come si amministra: non vi è spazio nemmeno
per un centesimo di distrazione!
   Ho posto un problema di criteri che vengono seguiti. Se
questi ultimi sono ortodossi, non può sfuggire nulla.
Nell'esercizio dell'attuale funzione, sono stato io stesso ad
introdurre il criterio di rendicontazione all'autorità
politica. L'ho fatto per assicurare un elemento di garanzia,
affinché non vi fossero dubbi sul modo di amministrare. Questo
tipo di amministrazione ha comportato la predisposizione di
una nota spese che viene presentata al ministro dell'interno a
scadenza bimestrale.
  GIROLAMO TRIPODI. Scotti ha detto un'altra cosa, ha
parlato di una sorta di aggregazione.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Certo, però
se la nota spese registra la spendita usuale di un certo
numero di milioni, nell'ipotesi in cui vi sia una
maggiorazione come fa l'autorità politica a ratificare un
aumento che non sia giustificato? Allora, dovrei dire, prima
ancora di sostenere una spesa eccezionale: "Guardi, che io per
fare un'operazione di straordinario impegno devo ricorrere
all'investimento di un miliardo": Ciò perché non potrei
caricare il miliardo nella nota spese, stante il rischio della
mancata ratifica da parte del ministro.
   Lei mi ha chiesto di conoscere l'importo complessivo
investito per i sequestri. Le posso dire che nella mia
precedente responsabilità di direttore del SISDE - mi
riferisco, quindi, al passato - con erogazioni di 20 milioni
cadauna sono riuscito ad ottenere informazioni utili a
sbloccare 5 sequestri. Di questo, la Commissione possiede
certamente una documentazione, giacché al presidente
                       Pagina  3174
Alinovi ed al suo successore ho inviato a suo tempo il
prontuario delle operazioni nel quale erano indicati anche i
sequestri di persona scoperti. Circa 8-9-10 anni fa, avevo
speso 20 milioni. Oggi si può arrivare a 200, per sbloccare
alcune situazioni sulla base di utili informazioni. Nel caso
di specie, noi non abbiamo pagato nemmeno queste cifre: le
abbiamo pagate in rapporto ad una somma di interventi che
hanno consentito di realizzare una serie di risultati. Chi si
inventa che abbiamo pagato riscatti è in malafede!
   Lei ha citato Mazzaferro, sul quale non ho mai avuto
informazioni, trattandosi di problemi nei quali io non entro.
Non so nemmeno se la polizia sia stata in contatto con il
Mazzaferro: questo lo potrà chiarire il funzionario che si
occupa del settore. Sono certo che Vittorio Ierinò non potrà
dire di aver avuto un soldo, perché noi non abbiamo dato
niente. Se ne avesse avuti, certamente non sarebbero nostri.
Questo posso dire.
  GIROLAMO TRIPODI. Si riferisce alle fonti del ministero?
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Posso
rispondere per la parte che riguarda la polizia di Stato, non
posso parlare di tutti. Tuttavia, poiché non abbiamo ricevuto
informazioni utili da altri, devo supporre che nessuno abbia
pagato. Infatti, chi si fosse interposto per ottenere
l'informazione o per pagare il riscatto avrebbe cercato di
avere il giovamento di un risultato con l'informazione che
avrebbe dovuto trasmettere. Non vorrei che qui si demonizzasse
tutto e tutti.
   Questa è una materia delicata, nella quale l'obiettivo è
lavorare. Quando lei, onorevole Tripodi, afferma che qualcosa
è avvenuto, le rispondo che tutti i giorni avviene qualcosa
perché tutti i giorni abbiamo spese, aggiungo grazie a Dio.
   Il problema non è investire il denaro per fare le
operazioni. Sono rammaricato per il fatto di non aver
investito buona parte del fondo dell'anno. Dico questo
soltanto per sottolineare che la nostra aspirazione è la
spendita, oculata, equilibrata, ma la spendita del denaro:
potessimo mettere in carcere tutti i mafiosi, tutti quelli
della 'ndrangheta, spendendo tutto il capitale!
   Non ci sono state disparità di trattamento. Quanto abbiamo
lottato e penato sui sequestri insoluti, lo potrà rilevare
leggendo le schede che ho consegnato alla Commissione. Leggerà
la storia e vedrà come è andata; uno ce la mette tutta, non
esiste polizia al mondo che risolva tutti i casi, al di fuori
della letteratura del giallo. Sono già straordinari i
risultati ottenuti dalle forze dell'ordine guidate
magistralmente dall'autorità giudiziaria.
   Speriamo di attrezzarci per fare di più e se per fare di
più dovremo spendere non esiteremo a farlo.
  MASSIMO BRUTTI. Ho tratto dalla prima parte delle
audizioni di questo pomeriggio l'impressione che si possa
formulare oggi una valutazione sulla memoria e sui meccanismi
di controllo relativi a questi investimenti di danaro tratti
da fondi riservati del Ministero dell'interno o del SISDE.
   Ho sentito formulare una valutazione secondo cui la
memoria relativa a queste operazioni è problematica ed incerta
e il meccanismo di controllo è poco rigoroso, potrebbe essere
migliorato. Tuttavia, con le parole che ho sentito ora -
almeno, per quello che posso capire e valutare non conoscendo
i singoli fatti di cui si è discusso - si entra molto più nel
merito della dinamica interna di queste operazioni, della
spesa di questi denari, della identificazione della natura di
queste spese.
   Rimane un problema. Prendiamo un sequestro di persona per
il quale vengano spese cifre rilevanti; il prefetto Parisi ha
menzionato il sequestro Ghidini affermando che si può valutare
in questo caso una spesa di qualche centinaio di milioni. Ci
chiediamo come si distingua questa spesa, destinata alla
remunerazione di informazioni, da un impiego della stessa
quantità di denaro volto al riscatto. Si
                       Pagina  3175
risponde: la distinzione è possibile perché la spesa
destinata all'acquisizione di informazioni utili ha un
elemento di verifica, ossia la cattura dei sequestratori.
   Possiamo dire che, quando ci si trova per questi sequestri
di persona di fronte a spese piuttosto consistenti per la
remunerazione di confidenti e per l'acquisizione di
informazioni, vi è sempre l'elemento di verifica rappresentato
dal fatto che l'operazione ha avuto successo, che vi è stata
comunque una cattura. Mi riferisco a sequestri nella Locride
nei quali gli ostaggi sono stati liberati, che rappresentano
un gruppo aggregato da alcune caratteristiche comuni, a
proposito dei quali di recente sono circolate anche notizie di
stampa: i sequestri Ghidini, Casella, Celadon, Sculli,
Sestito, Longo, Gallo e De Pasquale.
   Vorrei poi porre un altro dubbio: è possibile, sulla base
del controllo che si può esercitare, escludere che in certi
casi vi sia stata un'utilizzazione di denaro, tratto dai fondi
riservati, per il pagamento di una parte del riscatto?
Potrebbe verificarsi anche questo, che denaro tratto da fondi
riservati intervenga soltanto a copertura di una parte del
riscatto.
   Anche in questo caso mi sembra che il problema essenziale
sia quello di come si esercita un controllo, di come si è
sicuri della destinazione di questo denaro per fini
istituzionali, ferma restando l'esigenza di un'ampia
discrezionalità, di un potere di manovra.
   Detto questo, vorrei riproporre alcune questioni che già
avevamo evidenziato all'inizio della seduta di oggi e che non
mi pare abbiano trovato risposta. Può anche darsi che alcune
escano fuori dall'ambito di competenza e dalla possibilità di
risposta in questa sede da parte del prefetto Parisi. In tal
caso, egli potrà dirmelo e naturalmente non insisterò; penserò
eventualmente ad altri destinatari di queste domande.
   Vorrei sapere se risulti che i servizi dello Stato, il
SISDE in modo particolare, abbiano come punto di riferimento
in Calabria e in Sicilia - in particolare nelle città di
Reggio Calabria e di Messina o nelle rispettive province -
uffici, banche, istituti da utilizzare oppure già utilizzati
per il deposito di fondi assegnati ai servizi stessi.
   Vorrei infine chiedere se risulti che il SISDE o altri
servizi utilizzino o abbiano utilizzato per la loro attività
voli aerei della società CAI o di altra società, se a Reggio
Calabria, a Messina o nelle rispettive province abbiano o meno
loro uffici, loro centri, anche di copertura. Nelle settimane
scorse la stampa ha parlato di centri di questo genere
presenti anche in Campania (uno di essi sarebbe ad Avellino).
   Non so se il prefetto Parisi possa rispondere a queste
ultime domande, che già prima avevamo rivolto più propriamente
ad altra autorità senza trovare risposta.
  VINCENZO PARISI, Capo della polizia. Signor
presidente, senatore Brutti vorrei dire che il riferimento
alla memoria problematica delle operazioni è - mi permetto di
dire - inesatto; una certa memoria si conserva, al di là di
quello che è il problema cartolare, perché il rapporto con le
fonti deve essere protetto da esigenze di sicurezza.
   Non chiedo mai chi siano gli informatori, non mi
interessa; desidero sapere quale sia la richiesta, quale la
probabilità di risultato e in alcuni casi delicati se sia
informato il magistrato inquirente. Basta, non mi interessa
altro; queste sono le cose che io chiedo. Queste sono le
condizioni cui è agganciato il pagamento. Naturalmente la
richiesta muove "per li rami": dalla squadra mobile, dalla
Criminalpol regionale, dallo SCO, da qualsiasi ente; essa
viene filtrata dal vice capo della polizia, il prefetto Rossi
e giunge a me. La valutazione è sempre congiunta e - vorrei
dire - ormai sperimentata perché dopo sette anni di
collaborazione vi è perfetta armonia e intesa, anche una
grande sensibilità rispetto alle esigenze del mercato
dell'informazione; si procede ponderatamente, non si eccede,
ma non si scoraggia. Se ne parlava poco fa: se ti chiedono per
un'operazione una certa
                       Pagina  3176
cifra, ti metti a trattare e l'operazione non si fa, gli
stessi collaboratori possono dirti che per trattare il
compenso non hai voluto fare l'informazione.
   Logicamente, la somma di tutte queste operazioni dà un
andamento di spesa pressoché costante, non ci sono grandi
variazioni.
   Quanto ho investito in sette anni nei sequestri di
persona? Poche centinaia di milioni. Tutta l'attività
informativa nella sua vasta consistenza è di poche centinaia
di milioni, quindi non è vero che i meccanismi di controllo
non siano rigorosi.
   Senatore Brutti, c'è un momento a quo e un momento
ad quem: il giorno in cui mi sono insediato ho trovato
iscritto nelle spese riservate dell'ufficio che ricopro una
disponibilità - ed era correttissima, non era minimamente
sospetta per difetto - di 1 miliardo e 240 milioni. Potrei
dare oggi le consegne certamente con titolo di onore come il
mio predecessore; non aggiungo altro.
   Il controllo è rigoroso soprattutto se è rigoroso chi si
trova al vertice dell'istituzione. L'autorità politica deve
controllare e vedere se le spese sono compatibili, per cui si
può rendere conto se si deborda. Se mi presentassi ogni
bimestre con un andamento di spesa che non fosse equilibrato
in rapporto alle disponibilità e non avessi un residuo
rassicurante, non solo per far fronte alle spese dell'anno ma
anche per essere coperto contro eventuali esigenze
straordinarie, certamente il ministro dovrebbe riprendermi per
una gestione almeno poco attenta, indipendentemente dal fatto
che sia corretta.
   Rispetto alla verifica di un'eventuale distrazione per
pagare una parte del riscatto, posso dire che essa è implicita
perché in questo tipo di operatività, dove c'è la merce, c'è
anche il pagamento della stessa, cosa che avviene
giornalmente, dove la somma delle merci acquisite dà il
risultato, non possono sorgere equivoci.
   Se è stata offerta per l'identificazione una certa somma,
per la cattura di A, B e C un'altra somma, come è possibile
equivocare? Bisognerebbe avere all'interno dell'istituzione
una catena di montaggio di cretini!
   Per quanto riguarda l'assetto del SISDE, non sono
informato dell'attuale situazione. L'ho lasciato da sette
anni; correttamente non ho più varcato la porta di
quell'ufficio, non ho chiesto mai informazioni, non conosco la
dislocazione degli uffici. Non lo dico solo per riservatezza -
non avrei nemmeno titolo per parlarne - ma veramente non sono
informato più di niente. Pertanto, in merito all'assetto
dell'organismo si può chiedere soltanto al direttore pro
tempore, naturalmente nei limiti in cui potrà rivelarlo
compatibilmente con le esigenze di un ufficio che già subisce
in questo momento, per motivi plausibilissimi, una rilevante
esposizione.
   La stessa cosa vale per i voli CAI: non ho alcuna
possibilità di interferire, trattandosi anche di un settore
coperto da una forte segretazione e da debito di riservatezza.
  PRESIDENTE. La ringraziamo, signor prefetto.
Audizione del generale Luigi Federici, comandante generale
dell'Arma dei carabinieri, sul fenomeno dei sequestri di
persona.
  PRESIDENTE. Signor generale, la Commissione ha istituito
un gruppo di lavoro, coordinato dal senatore Butini, anche per
approfondire una questione emersa recentemente, ossia quella
di appurare se siano stati pagati in passato riscatti da parte
di organismi dello Stato relativamente a sequestri di persona.
Oltre a questo vorremmo accertare quale sia la differenza che
passa tra il pagamento di un confidente e il pagamento di un
riscatto, al fine di sapere quali siano le condizioni in
presenza delle quali si paga una fonte.
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Innanzi tutto
                       Pagina  3177
mi consenta di salutare i componenti di questa Commissione.
Sono lieto di essere qui, spero che almeno una parte di ciò
che dirò possa essere utile per fornire qualche ulteriore
elemento di conoscenza su questo problema.
   Avevo preparato una relazione che giudico a questo punto
superata, che tuttavia lascio agli atti della Commissione.
Cercherò quindi di rispondere al quesito, molto semplice, che
lei, presidente, mi ha posto.
   I reparti operativi (e per reparti operativi intendo la
"territoriale" o i reparti speciali) nel corso di un'attività
investigativa possono avere la necessità di contattare delle
fonti confidenziali, come avviene normalmente nel caso dei
sequestri. Ciò può verificarsi per i sequestri di persona, per
il traffico di armi, per il narcotraffico.
   Allorquando un terminale operativo dell'Arma dei
carabinieri ha la sensazione che una sua fonte abituale possa
essere a conoscenza di fatti che agevolano l'attività
investigativa, propone al comando generale un intervento a
favore della fonte, sulla base delle richieste di
quest'ultima, affinché l'attività investigativa abbia
successo. Tale istanza viene formulata al comando generale; il
comandante generale la valuta - posso dire che una mi è
arrivata pochi minuti fa - dopo di che, per ciò che mi
riguarda, una volta ritenuto che il gioco valga la candela,
autorizziamo il contatto con la fonte, la raccolta delle
notizie, con il pagamento della fonte a successo conseguito.
Questa è una condizione che poniamo sempre.
   Qual è l'entità del contributo chiesto dalla fonte? Essa è
variabile in funzione della qualità dell'informazione. Posso
dire che da quando sono al vertice dell'Arma dei carabinieri,
i confidenti che abbiamo pagato avevano un valore massimo
intorno a qualche decina di milioni. Tale finanziamento
avviene con fondi attribuiti all'Arma dei carabinieri (fondi
riservati all'Arma dei carabinieri e che sono sul capitolo
della difesa).
  PRESIDENTE. Nella vicenda Casella sono state pagate
fonti?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Lei sa, presidente, che per quanto riguarda il
pagamento di queste fonti, la contabilità viene distrutta alla
fine di ogni esercizio finanziario. Io posso quindi rispondere
esattamente per ciò che si riferisce alla mia gestione, perché
l'ho vissuta. Posso dire ciò che mi ha lasciato il mio
predecessore, nel momento in cui se ne è andato, di fondi
riservati; però non conosco assolutamente, almeno per il
momento, quelli che sono stati i contributi, da parte del mio
predecessore, per il pagamento di fonti.
  GIANCARLO ACCIARO. Alcuni passaggi dell'intervento del
generale hanno fatto sorgere in me dei dubbi. Il generale ci
ha detto che poco fa gli è stata sottoposta una richiesta, per
cui si andrà a verificare un'ipotesi di un possibile pagamento
per una collaborazione. Esiste uno scambio di operazioni con
gli altri organi dello Stato? In concreto, può accadere che la
stessa operazione venga richiesta a vari istituti? Formulo
tale domanda perché, dopo aver ascoltato la sua risposta al
presidente, mi pare proprio che la riservatezza sia tale, nel
momento in cui si verificano certi passaggi, per cui c'è da
chiedersi se effettivamente esista un coordinamento.
   In altre parole, è mai capitato che per un sequestro (qui
ci si è riferiti a quello Casella) si è pagato di più per i
collaboratori, perché tutti andavano alla ricerca e qualcuno
poi è arrivato prima (possono essere stati i carabinieri o le
forze di polizia)? Vorrei capire quale sia il meccanismo e se
non si determini una certa concorrenzialità.
  PRESIDENTE. Ma qui in ogni caso la concorrenzialità
salva!
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Anzitutto, come lei sa, l'attività
investigativa viene
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affidata dalla magistratura ad una forza di polizia. Quindi,
ciò che è capitato stasera è affidato ai carabinieri, che lo
seguiranno.
  PRESIDENTE. La stessa cosa che ci ha detto il capo della
polizia, pochi minuti fa!
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Non lo sapevo. Posso comunque dirle una cosa:
abbiamo disposto che quando si tratta di contributi di una
certa entità (alcune decine di milioni) dell'iniziativa venga
sempre informata l'autorità giudiziaria. Penso che questo sia
un elemento di tutela, sotto il profilo della correttezza e
del coordinamento.
  ANTONIO BARGONE. Stasera abbiamo ascoltato altre
autorità dello Stato a proposito della vicenda dei sequestri.
Ebbene, generale, poiché relativamente ai sequestri di persona
si è verificata un'indagine condotta in maniera concorrente da
parte dell'Arma dei carabinieri, vorrei sapere possibilmente
da lei quale sia il ruolo svolto dai servizi segreti in queste
vicende...
  PRESIDENTE. All'epoca era Viesti il comandante generale
dell'Arma?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Sì, all'epoca del sequestro Casella.
  ANTONIO BARGONE. Mi rivolgo al comandante pro
tempore. Vorrei sapere da lei se è stato svolto un ruolo e
di quale natura e come si coordinava con l'attività delle
forze dell'ordine. Le risulta se con fondi del SISDE o di
altri servizi siano stati riscattati i sequestri o parte degli
stessi? Le risulta poi se siano stati utilizzati persone
estranee o intermediari per liberare le persone sequestrate?
Le rivolgo queste domande poiché c'è stata sicuramente
un'azione concorrente e concorrenziale (anche se non mi pare
abbia provocato dei danni) da parte delle forze dell'ordine ed
un certo ruolo dei servizi segreti. Vorrei sapere cosa, a tale
riguardo, risulta all'Arma e se è possibile avere degli
elementi utili al fine di valutare questo ruolo se è stato
pagato un riscatto ed in che misura.
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Se lei mi consente, ho con me gli elementi che
sono riuscito a raccogliere in quanto non ho vissuto questa
vicenda. Da quanto è in mio possesso, posso dirle che il 14
agosto del 1988 l'emissario della famiglia Casella ha pagato
nei pressi di Samo (Reggio Calabria) un miliardo di lire.
  ANTONIO BARGONE. Chi era l'emissario?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Non l'ho annotato, comunque è possibile
appurarlo. Ha pagato, stavo dicendo, un miliardo di lire per
la liberazione del rapito. Dopo un'ulteriore richiesta di
denaro avanzata dai sequestratori, l'Arma - con la direzione
del magistrato - ha disposto l'intervento di personale del
GIS, che si è sostituito agli emissari incaricati del
pagamento della seconda rata.
   Nella circostanza, il 24 dicembre 1989, sulle montagne di
Natile Vecchio (Reggio Calabria), i militari hanno ingaggiato
un conflitto a fuoco con tre malviventi, ferendo ed
arrestando, come è noto, il latitante Giuseppe Strangio. Nella
serata del 30 dicembre 1989, il sequestrato è stato trovato
dai carabinieri, vicino ad una fiumara, in Agro Natile Nuovo,
poco lontano dal luogo del conflitto.
   Non mi risulta, nel modo più assoluto, che sia stato
pagato il riscatto con fondi dei servizi o meno.
  ANTONIO BARGONE. Quale è stato il ruolo dei servizi?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Non mi risulta; non ne sono a conoscenza.
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  ANTONIO BARGONE. Lei lo esclude?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. No, non mi sento di escluderlo. Dico che non
mi risulta, non ne sono a conoscenza. Gli elementi di cui ero
a conoscenza sono quelli che ho fornito.
  GIANCARLO ACCIARO. Vorrei soffermarmi sull'ultima
vicenda, quella di Olbia, relativa alla liberazione della
signora Giuliani, per la quale i carabinieri hanno svolto un
ruolo primario. Vi sono state, a tale riguardo, alcune
dichiarazioni da parte, mi pare, di un capitano dei
carabinieri, al momento della liberazione dell'ostaggio. In
base a tali dichiarazioni l'ostaggio sarebbe stato maltrattato
durante la prigionia. Il che fu smentito, il giorno dopo,
dallo stesso ostaggio. Anche in questo caso nasce un momento
inquietante dell'informazione, che fa scattare una sorta di
meccanismo di tutela di quelli che sono i rapporti con i
sequestratori. Sappiamo bene, infatti, che anche in termini di
accuse, chiaramente, il trattamento dell'ostaggio è
determinante nella fase processuale.
   Le risulta che le valutazioni possono variare per
l'opportunità del momento e a seconda delle situazioni? Oppure
si tratta di ingenuità che emergono al momento di
dichiarazioni che vengono rese pubblicamente? Come mai possono
accadere simili vicende che finiscono col destare
preoccupazioni in chi non segue le operazioni o in chi
apprende dalla stampa certe notizie? Tra l'altro, ciò finisce
con l'amplificare i sospetti di gestioni diverse da quelle
ufficialmente intraprese.
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Lei ha toccato un problema vero ed importante,
quello dei rapporti con la stampa. Concluso positivamente un
sequestro, scatta subito la curiosità, come è naturale che
sia, perché si tratta di un avvenimento fortemente emotivo,
che porta a ricercare le fonti e le curiosità; si deve
tuttavia difendere il segreto istruttorio e proteggere le
fonti (perché le fonti vanno difese). Può indubbiamente
capitare che l'autorità che ha portato a buon fine il
sequestro rilasci dichiarazioni sincere, conformi a quanto
magari l'ostaggio gli ha detto poco prima e che quest'ultimo,
per motivi di opportunità, di tranquillità o per ragioni di
opinione pubblica, in seguito più ponderatamente affermi: "No,
tutto sommato sono stato trattato bene".
   Credo che questi fenomeni siano da attribuire
esclusivamente all'impatto emotivo che un fatto come il
sequestro determina sull'opinione pubblica e particolarmente
sulla stampa, nella quale si scatena una curiosità direi
morbosa sui particolari; basta leggere i giornali il giorno
dopo la liberazione di un ostaggio.
  GIANCARLO ACCIARO. Esclude quindi che vi sia una
strategia...
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Lo escludo. Ritengo che ciò sia esclusivamente
dovuto all'ansia di raccogliere notizie, per cui qualche volta
si riporta qualcosa che sarebbe opportuno lasciare nel
cassetto.
  PRESIDENTE. Ha documenti da lasciare alla Commissione?
  LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei
carabinieri. Ho predisposto una relazione nella quale mi
sono permesso di fare un'analisi del fenomeno mettendo in
evidenza le misure di prevenzione adottate dall'Arma dei
carabinieri nelle due regioni a rischio (Calabria e Sardegna),
evidenziando quale sia stato lo sforzo dell'Arma - attraverso
i nuovi reparti costituiti e la nuova qualificazione del ROS
con il reparto sequestri e catturandi - proprio per
sottolineare l'impegno in questo settore.
   Un secondo paragrafo tratta dell'azione repressiva, con
particolare riguardo alla filosofia che l'Arma dei carabinieri
segue al momento in cui si verifica un sequestro e al momento
in cui è necessario concentrare le sinergie per ottenere
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un risultato. Ho inoltre illustrato l'attività di
intelligence quale elemento di saldatura fra l'azione
preventiva e quella repressiva, che è quella grazie alla
quale, tutto sommato, è possibile conseguire risultati.
   Nella relazione sono inoltre contenuti i provvedimenti di
legge che hanno favorito una migliore operatività delle forze
dell'ordine con particolare riferimento al dispositivo che
prevede la costituzione di un nucleo interforze al momento del
sequestro. Anche se, come spesso accade, all'inizio la novità
ci ha lasciato perplessi, debbo dire che i risultati ottenuti
sono stati molto efficaci ed hanno consentito di ottenere un
coordinamento esecutivo straordinario tra tutte le forze
dell'ordine.
   Ho poi fatto cenno ai risultati conseguiti dall'Arma dei
carabinieri, non tanto per mettere in evidenza i successi,
quanto per trattare - come mi sembrava doveroso - la
problematica delle fonti e del pagamento del loro utilizzo. Ho
infine dedicato un piccolo spazio agli episodi comparsi
recentemente sulla stampa, dove si ipotizzava il pagamento di
riscatti con fondi riservati dei servizi ed ho predisposto un
allegato in cui è riportato l'elenco dei sequestri tuttora in
corso e l'attività che stiamo compiendo nella speranza di
poterli risolvere al più presto.
  PRESIDENTE. La ringraziamo molto, signor generale.
   Dichiaro concluse le audizioni all'ordine del giorno.
La seduta termina alle 20.

 


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