Violante: seduta 05
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                         Pag. 99
        AUDIZIONE DEI COMANDANTI ED UFFICIALI DEL
      GRUPPO INVESTIGATIVO CRIMINALITA' ORGANIZZATA
          (GICO) DELLA GUARDIA DI FINANZA E DEL
    RAGGRUPPAMENTO OPERATIVO SPECIALE (ROS) DELL'ARMA
                     DEI CARABINIERI
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione dei comandanti ed ufficiali del
Gruppo investigativo criminalità organizzata
(GICO) della Guardia di finanza:
Violante Luciano, Presidente ............ 101, 104, 105, 106
                      107, 108, 109, 110, 111, 112, 114, 115
                           116, 118, 119, 120, 121, 122, 123
Ayala Giuseppe Maria .............................. 113, 114
Bargone Antonio ........................................ 115
Biondi Alfredo ......................................... 115
Biscardi Luigi ......................................... 116
Borghezio Mario ........................................ 118
Boso Erminio Enzo ...................................... 119
Buttitta Antonino ................................. 118, 122
Cabras Paolo ...................................... 103, 114
D'Amato Carlo .......................................... 117
D'Amelio Saverio .................................. 116, 117
D'Arcadia Gabriele, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata ........................ 106, 107, 109, 110, 111
Ferrara Salute Giovanni ................................ 117
Ferrauto Romano ........................................ 119
                         Pag. 100
Florino Michele ........................................ 110
Frasca Salvatore ....................................... 110
Galasso Alfredo ................................... 115, 116
Marchetti Ugo, Capo del II reparto operazioni
del Comando generale della Guardia di
finanza ............................ 101, 103, 104, 105, 106
                      111, 112, 116, 118, 119, 120, 122, 123
Matteoli Altero .............................. 117, 118, 122
Polo Stefano, Comandante del GICO presso il
gruppo regionale di polizia tributaria di
Milano ....................................... 110, 111, 112
Riggio Vito ............................................ 116
Rossi Luigi ....................................... 115, 123
Saulle Arcangelo, Comandante del GICO presso
il Nucleo regionale  di polizia tributaria di
Palermo ............................ 107, 108, 109, 110, 114
Taradash Marco .................................... 113, 123
Tripodi Girolamo ....................................... 112
Audizione dei comandanti ed ufficiali del
Raggruppamento operativo speciale (ROS) dell'Arma
dei carabinieri:
Violante Luciano, Presidente ............ 124, 126, 127, 128
                                     131, 132, 133, 135, 136
                                139, 140, 141, 142, 144, 145
Bargone Antonio ........................................ 131
Biscardi Luigi ......................................... 144
Borghezio Mario ................................... 129, 140
Boso Erminio Enzo .................. 125, 130, 137, 138, 144
Buttitta Antonio .................................. 128, 131
Cabras Paolo ................................. 129, 132, 140
Cappuzzo Umberto .................................. 127, 132
D'Amato Carlo ................................ 132, 141, 143
Ferrara Salute Giovanni ................................ 129
Florino Michele ........................................ 131
Frasca Salvatore ....................................... 126
Galasso Alfredo .............................. 139, 140, 145
Matteoli Altero ......................... 125, 126, 130, 132
                                     135, 136, 138, 141, 142
Mori Mario, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei
carabinieri ................... 137, 138, 139, 140, 141, 143
Riggio Vito .................................. 128, 136, 139
Rossi Luigi ............................................ 125
Subranni Antonio, Comandante del
Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei
carabinieri ............................. 124, 125, 133, 134
                                     135, 136, 141, 142, 144
Taradash Marco ................ 126, 127, 134, 139, 140, 143
Tripodi Girolamo ....................................... 129
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente ........................... 145
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente ................. 101, 124, 145
Cabras Paolo ........................................... 124
Matteoli Altero ........................................ 124
                         Pag. 101
La seduta comincia alle 16,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Prima di iniziare le audizioni previste
all'ordine del giorno, comunico che hanno manifestato la loro
disponibilità ad incontrare la Commissione anche i
responsabili del Servizio centrale operativo della polizia e
quelli della DIA. Dovremmo, quindi, fissare la data della loro
audizione, possibilmente entro la settimana in corso, al fine
di non disperdere gli elementi di cui disponiamo.
Audizione dei comandanti ed ufficiali del Gruppo
investigativo criminalità organizzata (GICO) della Guardia di
finanza.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei
comandanti ed ufficiali del Gruppo investigativo criminalità
organizzata (GICO) della Guardia di finanza.
   Sono presenti il colonnello Ugo Marchetti, capo del
secondo reparto operazioni del comando generale della Guardia
di finanza; il colonnello Gabriele D'Arcadia, comandante del
Centro di coordinamento dell'attività investigativa sulla
criminalità organizzata; il tenente colonnello Arcangelo
Saulle, comandante del Gruppo di investigazione sulla
criminalità organizzata presso il nucleo regionale di polizia
tributaria di Palermo; il tenente colonnello Stefano Polo,
comandante del Gruppo di investigazione sulla criminalità
organizzata presso il gruppo regionale di polizia tributaria
di Milano; il capitano Vecchione, ufficiale addetto
all'ufficio operazioni del comando generale.
   Do la parola al colonnello Marchetti, che illustrerà il
lavoro svolto e gli indirizzi investigativi adottati nel
settore del crimine organizzato.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Desidero
innanzitutto ringraziare la Commissione, a nome
dell'amministrazione che rappresento, per la convocazione
odierna, che ci darà modo di illustrare e di rendere più
evidente il nostro lavoro.
   Nella Guardia di finanza, questa struttura si è costituita
già nel novembre 1990, anche di fronte a sollecitazioni della
precedente Commissione antimafia la quale, operando sul
territorio, aveva constatato la necessità di un maggiore
impegno o comunque di una maggiore presenza, anche ordinativa,
del Corpo nel settore del crimine organizzato. Per la verità,
già allora non mancavano attenzione e interesse, ma erano
assenti strutture specifiche. Quindi, secondo una scelta
ordinativa propria, si pensò di istituire i Gruppi di
investigazione sul crimine organizzato (GICO), caratterizzati
da una presenza inizialmente provinciale, che poi diventò
regionale per motivi di migliore coordinamento delle indagini.
   La prima scelta fu quella di collocare tali strutture di
investigazione all'interno dei nuclei regionali di polizia
tributaria, nel convincimento che lo strumento di
investigazione migliore per fenomeni di carattere economico,
quali noi intendiamo il crimine organizzato, fosse
rappresentato dalla polizia tributaria, in quanto
                         Pag. 102
dotata di potestà di intervento superiori rispetto ad altre
strutture ordinative del Corpo e ad altre strutture operative.
Le facoltà della polizia tributaria nascono con una legge del
1929, ancora molto efficiente e significativa, che consente
potestà di intervento veramente penetranti che, esercitate
prevalentemente dai nuclei regionali di polizia tributaria,
consentono una più accentuata facoltà di interpretazione del
fenomeno mafioso in senso lato sul versante economico.
   Del resto, all'interno dei nuclei troviamo - o riteniamo
di trovare - le professionalità più attente, perché dispongono
di personale selezionato. Negli ultimi tempi, purtroppo, può
accadere anche che questa selezione venga meno poiché anche da
noi la situazione è, se non confusa, certamente difficile di
fronte all'emergenza ed alle più diverse pressioni operative.
Vi è quindi, non dico un disorientamento ma una necessità di
assestamento di fronte a nuove emergenze operative che fino a
qualche anno fa non esistevano. Anche presso le nostre
strutture è in corso, in questo momento, una generale ricerca
di approfondimento e di professionalità, che è più intensa nei
nuclei perché da loro pretendiamo di più. Questa fu l'esigenza
posta: il ministro delle finanze ed il comandante generale di
allora vollero inserire nel contesto del nucleo regionale di
polizia tributaria il GICO, in quanto si riteneva di disporre
di professionalità migliori, più attente e capaci di
interpretare un fenomeno molto complesso dal punto di vista
della polizia economica e di difficile aggressione. E'
necessario, infatti, innanzitutto capire i movimenti per poi
ricercare successivamente dove essi si sviluppino.
   In precedenza incontravamo grandi difficoltà di accesso
nei luoghi in cui normalmente risiedono queste attività e
questi flussi finanziari. Il problema consiste quindi
innanzitutto nel capire il fenomeno, che indubbiamente esiste,
dal momento che le ingenti masse di denaro mosse da
determinate forme criminali (il traffico di stupefacenti è la
più semplice, ma vi è anche il contrabbando dei tabacchi
lavorati esteri) devono evidentemente trovare uno sbocco ed
una possibilità di impiego. Normalmente ciò avviene dove
l'impiego è possibile: ogni investimento viene effettuato dove
è possibile, così come lo stazionamento del denaro, poiché non
è pensabile che quest'ultimo avvenga in luoghi che non siano
quelli ordinari in cui il denaro viene trattato (nelle banche,
presso gli intermediari finanziari ed in tutti gli ambienti in
cui il denaro, essendo merce, può essere ottimamente o
intelligentemente investito).
   Per tali ragioni, collocammo il GICO all'interno del
nucleo di polizia tributaria, attribuendogli in primo luogo il
compito di censire tutti gli intermediari finanziari d'Italia.
I nostri GICO avevano allora il monopolio o la primogenitura
in questo censimento, dal momento che nessun altro organismo
in Italia si trovava in una situazione del genere.
Successivamente le cose sono cambiate in virtù della
rivoluzione subita dal diritto pubblico e privato
dell'economia con l'approvazione della legge con la quale si è
previsto, per esempio, un censimento delle società
finanziarie, che in precedenza rappresentavano un arcipelago
ingestibile ed incontrollabile. Peraltro fino agli anni
compresi tra il 1988 e il 1990, la situazione (la Banca
d'Italia lo ha sottolineato più volte) è stata veramente
paradossale: accanto ad un mondo di imprese che trattavano
denaro ed erano ipercontrollate, come le banche, gli istituti
di credito e le fiduciarie, vi era una realtà ipocontrollata
rappresentata dall'immenso numero di imprese finanziarie che,
secondo il censimento che portammo a termine, erano circa 90
mila e potevano trattare denaro con la stessa facilità, anche
se evidentemente non con le stesse garanzie, delle banche, pur
non essendo sottoposte ad alcun controllo specifico circa la
gestione del denaro.
   Chiedemmo, pertanto, ai nostri GICO in primo luogo di
censire tutte le imprese finanziarie. Il risultato è un
patrimonio ricchissimo tuttora a disposizione dei
                         Pag. 103
gruppi di investigazione, che ci consente di orientarci in un
mondo veramente complesso.
   Successivamente, chiedemmo ai GICO (alcuni lo stanno
ancora facendo poiché l'operazione non è semplice) di censire
tutti i percettori di contributi, nazionali e non, oltre un
certo limite. Il presupposto è sempre che il denaro
rappresenta il veicolo fondamentale di cui deve avvalersi il
crimine organizzato: l'illecito va ricercato dove vi è denaro.
Pertanto, la contribuzione in senso lato (nazionale e non) e
comunque i collettori di disponibilità finanziarie vanno da
questo punto di vista controllati. Abbiamo quindi operato, e
stiamo ancora attuando, un censimento generale delle
contribuzioni finanziarie nazionali e non (quindi anche
comunitarie). Si tratta di un'attività molto complessa, perché
i soggetti da controllare sono numerosissimi, nell'ordine di
centinaia di migliaia. Naturalmente, i più grandi sono pochi,
però può essere interessante prendere in considerazione anche
i più piccoli, ossia quelli che si aggirano sui 100 milioni di
percezione: 100 milioni di lire moltiplicati per 100 milioni
di volte producono decine di miliardi.
   I GICO si stanno muovendo su queste basi operative ed
hanno conseguito risultati sufficientemente soddisfacenti.
Dico sufficientemente soddisfacenti perché anche noi, seppure
operiamo nel campo della polizia fiscale da qualche centinaio
di anni, siamo da questo punto di vista alle prime armi. Non
credo, infatti, che si possa improvvisare, per esempio, un
analista di flussi finanziari, nonostante egli nasca dalla
polizia tributaria. Certamente, qualcuno dei nostri uomini è
già in grado di condurre questa attività e la svolge, tuttavia
non si tratta ancora di un patrimonio generalizzato. Comunque,
poiché stiamo lavorando soltanto da circa due anni, ritengo
che molti dei nostri uomini siano in condizione di
migliorarsi.
   Vi è poi un'attività che si sviluppa su richiesta delle
autorità competenti, prima fra tutte la magistratura, che fa
ricorso alla professionalità del Corpo in maniera sempre più
frequente. Ciò rappresenta sotto molti aspetti un problema,
nel senso che "taglia" spesso i ritmi delle nostre indagini,
anche se si tratta di un problema accettato in quanto non si
potrebbe fare diversamente.
   Vi sono poi altre autorità che intervengono sui GICO in
piena legittimità; le più interessanti da questo punto di
vista sono, in sede provinciale, il prefetto ed il questore,
che sono autorità legittimamente competenti a chiedere gli
interventi. I prefetti hanno altresì ulteriori possibilità di
richiesta di intervento nei confronti dei GICO in virtù
dell'"eredità" ricevuta dall'alto commissario: dato che questo
organismo scomparirà entro breve tempo, certe sue potestà
indubbiamente significative verranno devolute ai prefetti
provinciali. Il che moltiplicherà inevitabilmente le
possibilità di richiesta di intervento dei prefetti nei
confronti della Guardia di finanza. Da questo punto di vista,
vorrei dire che, probabilmente, si produrranno non dico dei
problemi ma quanto meno delle difficoltà, perché evidentemente
il moltiplicarsi delle richieste potrebbe frammentare
ulteriormente le indagini. Ma questo fa parte, evidentemente,
del nostro lavoro.
   Sui GICO poi possono agire ed agiscono di fatto i
questori. Si tratta di un'altra autorità di pubblica
sicurezza, in sede locale, alla quale dobbiamo far fronte. Ci
sono poi tutte le richieste locali, interne, provenienti dagli
altri comandi del corpo. Per cui tali organismi, pur essendo
di istituzione assai recente, sono già adesso fortemente
gravati da impegni. Per altro, parte dei GICO, dal 1^ gennaio
1993, sarà devoluta alla DIA. Fino a questo momento è stato
stabilito che soltanto una parte dei GICO vada alla DIA.
  PAOLO CABRAS. Ci può dare delle cifre?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Si tratta di 4
ufficiali, 58 sottufficiali e 18 tra appuntati e
                         Pag. 104
finanzieri. Essi costituiscono il 15 per cento della forza
attuale dei GICO. Questi ultimi, tuttavia, risultano già
impoveriti (sto parlando dal punto di visto della Guardia di
finanza): non mi riferisco ad un impoverimento numerico ma ad
uno qualitativo. I GICO, infatti, hanno già costituito il
serbatoio della DIA, nel senso che quest'ultima, dovendo e
potendo evidentemente scegliere i suoi collaboratori, ha
scelto molto bene, all'interno dei GICO (relativamente ai suoi
interessi), prelevando ottimi elementi. Il mio reparto,
considerato di punta all'interno della Guardia di finanza, ha
perso due ottimi ufficiali, che continueranno a fare il loro
lavoro all'interno della DIA. Sarà senz'altro positivo che la
Direzione investigativa antimafia abbia acquisito degli
specialisti, ma rimane il fatto che i GICO e la Guardia di
finanza li hanno persi.
   Comunque, quando la DIA sarà pienamente operativa, penso
che queste scelte dimostreranno la loro validità, anche perché
la DIA, grazie all'eredità dell'alto commissario, acquisirà
altre potestà, altre possibilità di intervento, altre capacità
di penetrazione del fenomeno. Avendo "l'esclusiva" o comunque
una competenza privilegiata in materia di lotta alla mafia,
utilizzando al meglio tali risorse potrà effettivamente
comprimere - del resto così deve essere, altrimenti verrebbe
meno al suo compito - il fenomeno.
   Dispongo di alcuni dati sui risultati che abbiamo
conseguito. Per esempio, in materia di riciclaggio siamo
riusciti ad individuare 38 casi, che non sono a mio avviso
assolutamente pochi, anche perché il riciclaggio è un reato
molto difficile da individuare.
  PRESIDENTE. Quali sono le tecniche di riciclaggio?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Le tecniche di
riciclaggio sono diverse, alcune molto banali. La sostituzione
fisica non la consideriamo riciclaggio. Proprio stamane
abbiamo predisposto un documento sul riciclaggio nel quale
abbiamo indicato quattro o cinque casi: la forma più classica
è quella del reinvestimento del denaro attraverso "scatole
cinesi", con società, finché ciò sarà consentito. E questo, di
fatto, non può che essere consentito, perché altrimenti
bisognerebbe incidere sul diritto commerciale: il che potrebbe
anche essere comprensibile, ma probabilmente verrebbe a
confliggere con altri interessi tutelati dall'ordinamento
giuridico. Fintanto che sarà possibile far passare i flussi di
denaro tramite due o tre società per azioni, a responsabilità
limitata o società di capitali in genere, sarà sempre
possibile nascondere l'origine illecita del denaro. Ciò
avviene normalmente e senza arrivare a forme di complicità con
il mondo finanziario, che pure in qualche caso sono state
sospettate o fortemente indiziate. Si tratta invece di
complicità soprattutto a livello non istituzionale. Per la
verità i pochi casi che abbiamo riscontrato finora evidenziano
problemi non istituzionali ma soggettivi, ossia
strumentalizzazioni, attraverso soggetti, dell'istituto
finanziario, normalmente assai di rado dell'istituto di
credito. Per quanto riguarda l'istituto di credito, in qualche
caso si sono individuate complicità nelle forme di riciclaggio
attuato. Si è trattato comunque di un istituto di credito
privato: il grande istituto di credito è soprattutto
strumentalizzato.
   Ci troviamo in grosse difficoltà nell'individuare flussi
finanziari e monetari illeciti degli intermediari finanziari.
L'articolo 3 della legge n. 197 del 1991 stabilisce l'obbligo
per il funzionario dell'istituto, o comunque della
finanziaria, di segnalare il caso sospetto al questore,
all'alto commissario, al nucleo speciale di polizia valutaria.
Però la norma è scritta in maniera tale (e forse non poteva
essere scritta altrimenti), per cui il sospetto deve essere
innanzitutto evidente agli occhi di un tecnico e poi deve
essere riferibile ai reati presupposti del reato di
riciclaggio, ossia il funzionario deve ritenere che quel
flusso finanziario sia proveniente dal commercio della droga.
Il che, evidentemente, significa richiedere un salto mor-
                         Pag. 105
tale quanto meno triplo, perché si può avere il sospetto
della illeceità della provenienza del denaro, ma che questa
sia necessariamente ricollegata al fenomeno degli stupefacenti
diventa obiettivamente molto difficile dimostrarlo.
   Quindi, con molta probabilità, quella norma dovrà essere
rivista affinché possa essere efficiente: la sua inefficienza
si deduce dalla scarsità del numero dei casi di sospetto
segnalati. Al momento, secondo le notizie che mi sono state
segnalate dal nucleo speciale di polizia valutaria (le cifre
subiscono però ogni giorno degli aggiornamenti), i casi sono
62. Tuttavia, anche se i casi fossero 600 e non 62, sarebbero
molto pochi. Personalmente ho avuto il privilegio di
partecipare ai lavori preparatori di quella norma, la quale fu
scritta evidentemente con altre finalità. Non si può cioè
pensare che in Italia vi siano 600 casi si riciclaggio, poiché
saranno infatti senz'altro di più. Se la norma ne "esprime"
62, e a titolo di sospetto, evidentemente non funziona. E'
comunque difficile concepire un'altra norma, anche se in altri
ordinamenti si è cercato di farlo. Per il momento però non
pare che vi siano situazioni confortanti. In Inghilterra, per
esempio, c'è una norma simile, che si affida non tanto
all'obbligo di legge, quanto piuttosto all'atteggiamento
diciamo civile dell'operatore del diritto ...
  PRESIDENTE. Se non ricordo male, il ministro del tesoro
ha inviato una casistica molto sofisticata.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Il nostro
ministro del tesoro?
  PRESIDENTE. No, quello inglese.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. In Inghilterra
la situazione è alquanto diversa perché un grosso istituto
bancario è stato implicato in fatti di riciclaggio.
Probabilmente anche noi dovremo intraprendere una strada
diversa.
   C'è poi il sistema americano che, al pari di quello
australiano, è talmente "onnipotente" da non essere
impiegabile, nel senso che procede alla registrazione di tanti
dati da non consentirne una selezione.
  PRESIDENTE. Come funzionano i sistemi americani e
australiano?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. C'è una
segnalazione totale dei dati, all'interno dei quali è
possibile selezionare i casi sospetti o ritenuti tali sulla
base di un programma informatico. Ho tuttavia l'impressione
che si tratti di un sistema ingolfato. Inoltre l'ordinamento
giuridico americano è molto differente dal nostro. Il sistema
poi è talmente localizzato da risultare di difficile
applicazione in Italia. In ogni caso i risultati non sono
confortanti. Il sistema australiano funziona invece un po'
meglio.
  PRESIDENTE. Forse perché è basato sul monitoraggio di
tutte le operazioni?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. C'è un
monitoraggio di quasi tutte le operazioni, ma si tratta di un
paese con 16 milioni di abitanti. Inoltre, le operazioni di
banca, anzi le operazioni finanziarie nel loro complesso, sono
molte di meno e quindi il sistema risulta più gestibile.
Evidentemente, in Italia, il problema si riproporrebbe in
termini geometricamente molto diversi.
  PRESIDENTE. Colonnello Marchetti, quali sono gli
indirizzi strategici che avete impartito?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Dall'entrata in
vigore della Costituzione ad oggi si è verificato
                         Pag. 106
innanzitutto un mutamento del sistema giuridico veramente
incredibile. E noi abbiamo registrato le diverse modifiche. In
primo luogo è cambiato il regime delle finanziarie, perciò le
preoccupazioni che prima erano più evidenti e probabilmente
anche più motivate, adesso vengono un po' meno. Conosciamo le
finanziarie e sono tutte censite: fino al 22 settembre erano
25 mila e trecento.
  PRESIDENTE. Ha anche un elenco dei dati riferito alle
regioni?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Non ancora. Il
censimento delle finanziarie lo stanno facendo l'UIC e la
CONSOB ed è a questi organismi che abbiamo chiesto i dati.
   Rimane un mondo esterno a quello delle finanziarie
ufficiali, un mondo che comunque può destare delle
preoccupazioni. In ogni caso adesso è stata potenziata la
possibilità di filtrare le operazioni. Da questo punto di
vista siamo dunque più tranquilli.
   Recentemente è stata cambiata - anche se per motivazioni
fiscali, ma penso che questo aspetto abbia comunque la sua
importanza - la possibilità di accedere in banca. Ciò ci
consente evidentemente di avere uno strumento in più di fronte
a certi sospetti che possono nascere sul piano fiscale e
svilupparsi sul piano processuale penale. L'indicazione che
abbiamo dato ai nostri GICO è quella di applicare al massimo
quanto previsto dall'articolo 18 della legge n. 413, che
disciplina gli accessi in banca. In questo senso siamo stati
peraltro sollecitati dal nostro ministro. Il tutto in un
contesto di interventi di natura e con potestà fiscali rivolti
particolarmente nei confronti del mondo della intermediazione
finanziaria (banche, intermediari finanziari propriamente
detti, insomma tutto il mondo che ruota intorno a questa
realtà).
   Sul piano concreto, sul piano cioè processuale penale,
stiamo applicando al massimo l'articolo 12-quinquies del
decreto n. 356: una normativa, questa, di una potenzialità
incredibile per noi ed evidentemente per tutte le forze di
polizia. Tale normativa, infatti, consente il sequestro dei
beni sproporzionati rispetto alla dichiarazione dei redditi o
all'attività esercitata, nei confronti dei soggetti indagati
per uno dei reati presupposti del reato di riciclaggio. Si
tratta, indubbiamente, di una norma di una grandissima
potenzialità che la Guardia di finanza, per quanto riguarda la
sua competenza, ha richiesto e sostenuto con motivazioni da
anni. Ora tale norma esiste nel nostro ordinamento: essa ci
sembra molto funzionale rispetto all'obiettivo del
contenimento del fenomeno dell'arricchimento illecito e quindi
del fenomeno mafioso.
   Fino a questo momento essa ha consentito numerosissimi
sequestri. L'80 per cento dei motoscafi di altura è stato
sottratto al contrabbando. Ciò ci ha permesso di infliggere un
colpo non dico determinante ma quasi, nel contrastare queste
organizzazioni. Probabilmente verranno adottati altri sistemi:
si passerà cioè ad un contrabbando via terra e non per mare,
ma intanto viene ristretta la possibilità dell'azione.
  PRESIDENTE. Colonnello D'Arcadia, intende precisare
qualcosa in relazione alla sue specifiche funzioni?
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata. Vorrei illustrare brevemente l'organizzazione
del centro e la sua collocazione organica nell'ambito della
Guardia di finanza.
  PRESIDENTE. Ci interessa anche il problema del
coordinamento con i carabinieri e la polizia di Stato, nonché
il problema del raccordo con la DIA.
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata. La Guardia di finanza ha istituito, in seno
alla XII zona (la zona centrale di cui fanno parte anche il
nucleo centrale ed il nucleo speciale di polizia valutaria) il
centro di
                         Pag. 107
collegamento dell'attività investigativa previsto dalla
legge. Tale centro ha compiti specifici di collegamento delle
attività dei GICO e dei vari nuclei regionali i quali, di
volta in volta, inviano le segnalazioni sulle principali
attività investigative che stanno svolgendo e sui risultati
acquisiti. Attraverso contatti personali io vengo a sapere che
cosa loro stiano facendo.
   Il centro che dirigo cura anche i collegamenti con i
servizi centrali della polizia di Stato, coi carabinieri e con
la DIA attraverso contatti personali fra me e gli alti
ufficiali dei carabinieri. Stiamo creando uno schedario
formulato sia sulla scorta di quanto è a nostra disposizione -
per vedere cosa noi possiamo dare alle altre forze di polizia
e alla DIA nonché loro a noi - sia sulla base dei servizi che
stiamo sviluppando. Si tratta di una fase che si sta
dispiegando in questo momento e che stiamo curando in modo
particolare.
  PRESIDENTE. La norma della comunicazione alla DIA di
tutte le notizie e le informazioni relative a questioni di
polizia giudiziaria è osservata?
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata. Sì, e non solo: quando ci sono servizi che
possono interessare la DIA, tutti i reparti inviano
immediatamente la segnalazione alla DIA oltre che al mio
centro. Il collegamento DIA gode, pertanto, di una duplice
via: tramite il centro e direttamente dai reparti.
   Io posso poi integrare le informazioni e le notizie
fornite dal reparto operante con il patrimonio in possesso
della Guardia di finanza.
  PRESIDENTE. Do ora la parola al tenente colonnello
Saulle, comandante del GICO di Palermo. Credo che ai colleghi
interessi avere notizie sulla vostra specifica attività e
perciò, in premessa, le chiedo se a Palermo esista un nucleo
interforze.
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. No, un
nucleo interforze a Palermo non c'è. E' stata istituita la DIA
e poi c'è lo SCO a livello centrale di polizia di Stato ed il
ROS dei carabinieri, sempre a livello centrale. A livello
regionale opera il GICO.
  PRESIDENTE. Lei da quanto tempo è a Palermo?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. A
Palermo da circa un anno ed al GICO da agosto.
  PRESIDENTE. Qual è l'attività specifica che il GICO sta
compiendo a Palermo?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Quella
di Palermo è una realtà un po' particolare rispetto alle altre
regioni in quanto la criminalità mafiosa è nata, si è
sviluppata ed opera nel territorio siciliano. Tutto ciò la
caratterizza rispetto alle altre forme di criminalità appunto
per il modo in cui si manifesta. A Palermo - ed è ormai noto -
troviamo una diffusa omertà ed una estesa connivenza anche con
ambienti insospettabili. Inoltre, i vincoli familiari mafiosi,
sia interni sia esterni, sono molto stretti.
   La natura particolare di tale crimine organizzato in
Sicilia e lo stretto collegamento esistente fra il territorio
ed il mafioso hanno comportato una serie di risvolti che
influenzano l'attività propria del GICO di Palermo. Abbiamo,
infatti, un elevatissimo numero di soggetti imputati e
potenzialmente destinatari di misure di prevenzione; sono
quindi noti i soggetti contro o verso cui operare. Da ciò
deriva una elevata richiesta di applicazione degli articoli
2-bis e 2-ter della legge n. 356 da parte del
questore e dell'autorità giudiziaria. Questo ci induce a
privilegiare l'attività su richiesta rispetto a quella di
iniziativa. Ad esempio, come GICO, abbiamo
                         Pag. 108
 attualmente in giacenza 340 accertamenti ancora da
sviluppare.
  PRESIDENTE. Di quanti uomini dispone il GICO di Palermo?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Di
cinquanta uomini, di cui 4 ufficiali.
  PRESIDENTE. Quante automobili avete?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sette
autovetture, più apparati e mezzi che l'amministrazione ci
fornisce.
  PRESIDENTE. Di quali apparati in particolare è dotato il
gruppo di Palermo?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo.
Disponiamo di apparati per le intercettazioni telefoniche, per
indagini ambientali nonché apparati più complessi - di recente
acquisizione - per le intercettazioni dei telefoni cellulari
che stanno dando qualche esito molto positivo.
   Come dicevo, l'attività su richiesta viene privilegiata
rispetto a quella di iniziativa. Abbiamo difficoltà di
indagine in quanto esiste una elevata "copertura sociale" -
così noi la definiamo - assicurata al soggetto inquisito il
quale, nell'ambiente in cui opera, in cui è nato ed in cui
vive, può servirsi di prestanome. L'utilizzo di questa figura
rende particolarmente difficoltoso il nostro lavoro perché il
prestanome serve a mascherare le ricchezze derivanti dai reati
perpetrati.
   La potenziale costante possibilità dei soggetti mafiosi di
essere inquisiti dagli organi di polizia li ha resi
particolarmente scaltri sicché, non soltanto riescono ad
evitare le indagini tecniche, ma riescono anche a mascherare
benissimo i patrimoni illecitamente accumulati servendosi di
professionisti di tutto rilievo per porre in essere gli
artifici contabili utili a deviare le nostre indagini. Tant'é
che, di recente, abbiamo dovuto modificare i metodi di
indagine per gli accertamenti ex articolo 14 che prima erano
molto più semplici visto che bastava considerare le risultanze
presso i registri per verificare il patrimonio del soggetto,
mentre ora è necessario ricorrere sempre ad analisi di
bilancio per risalire ad eventuali investimenti illeciti che
vengono nascosti soprattutto attraverso i conti finanziari.
  PRESIDENTE. Ci sono state applicazioni della norma cui
faceva riferimento poc'anzi il colonnello Marchetti?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Lei si
riferisce all'articolo 12-quinquies. Noi abbiamo fatto
dieci proposte per l'applicazione di tale articolo, di cui
alcune sono state trasmesse alla procura (perché i reati sono
stati commessi) ed altre direttamente alla pretura perché i
reati previsti dal secondo comma dell'articolo sono per
l'appunto di competenza pretorile.
   Finora l'articolo è stato applicato in un solo caso ed è
stato preso un provvedimento per il sequestro di una villa
facente capo ad un soggetto che praticava l'usura. Gli altri
casi sono ancora all'esame dell'autorità giudiziaria perché si
sono incontrate difficoltà nella materiale applicazione dei
due commi dell'articolo.
  PRESIDENTE. Quali difficoltà?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo.
Difficoltà relative all'intestazione dei beni. Avendo la legge
vigore ex nunc, ed essendo l'intestazione magari
avvenuta in tempi precedenti all'approvazione della nuova
legge, quest'ultima non è applicabile.
  PRESIDENTE. La norma non parla anche di disponibilità
oltre che di titolarità?
                         Pag. 109
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo
regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì, ma il
secondo comma precisa: salvo che non sia applicabile il primo
comma. Verificata l'inapplicabilità del primo comma, diventa
conseguentemente impossibile l'applicazione del secondo.
  PRESIDENTE. Mi scusi, ma non ho capito.
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Il primo
comma recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
chiunque attribuisce fittiziamente..." e così si riferisce ad
ipotesi verificatesi dopo l'entrata in vigore della norma. Il
secondo comma recita: "Fuori dei casi previsti dal comma
primo".
  PRESIDENTE. L'articolo parla pure di "coloro nei cui
confronti sono svolte indagini ... risultano essere titolari o
avere la disponibilità a qualunque titolo di denaro ...", e
continua prescrivendo che i beni sono confiscati. Possono
perciò essere confiscati anche i beni di cui si ha la
disponibilità a qualunque titolo.
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo.
Certamente, ed in effetti è stato operato il sequestro della
villa. Comunque noi, pur in attesa che la magistratura assuma
le proprie decisioni o quanto meno si orienti definitivamente,
stiamo applicando un altro articolo della legge n. 356. Mi
riferisco all'articolo 24 che prevede che può essere richiesto
al soggetto che gode di particolari situazioni patrimoniali -
sempre nell'ambito delle indagini previste per particolari
reati - di giustificare per l'appunto il proprio patrimonio.
  PRESIDENTE. Sempre nell'ambito delle misure di
prevenzione?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì,
quindi si allarga il campo coperto dagli articoli 2-ter
e 10.
   Stiamo utilizzando l'articolo 24 in particolare nei
confronti di coloro, mafiosi o sospetti mafiosi, che
partecipavano a società. In precedenza, si arrivava soltanto a
sequestrare la quota del soggetto facente parte della società,
anche se di fatto si poteva supporre che avesse influenza ...
  PRESIDENTE. Mi scusi, sono state fatte indagini sui beni
di cui dispone la famiglia Riina?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo.
Attualmente non ne abbiamo fatto sulla disponibilità.
  PRESIDENTE. Non è il caso di farle visto che Riina è un
latitante di particolare peso?
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata. Credo che ci stia lavorando anche Firenze.
  PRESIDENTE. Sta lavorando sullo zio, mentre io mi
riferisco a Totò Riina. Essendo, credo, uno dei capi di Cosa
nostra ed avendo una famiglia, chiedo se i beni di cui dispone
tale famiglia siano stati "passati al setaccio".
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Le
rispondo che da agosto non ne abbiamo fatti. Può darsi che in
precedenza - questo non posso dirlo - sia stato fatto un
accertamento che riguardi i beni del Riina.
  PRESIDENTE. Credo che alla Commissione interesserebbe
sapere se questo accertamente sia stato fatto. Penso possa
anche rispondere successivamente per iscritto.
                         Pag. 110
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo
regionale di polizia tributaria di Palermo. Non ci sono
problemi: le risponderemo sicuramente.
  SALVATORE FRASCA. Come sono stati utilizzati i beni
confiscati?
  MICHELE FLORINO. Sono stati sequestrati, non confiscati.
  PRESIDENTE. Credo che questo aspetto non dipenda dalla
Guardia di finanza. Il senatore Frasca pone un problema molto
serio, vale a dire quello della destinazione dei beni
confiscati. In materia, vigono norme qualche volta in
collisione fra di loro. Ne abbiamo approvata, infatti, una
generale; successivamente ne abbiamo approvata un'altra
all'interno delle legge sulla droga che precisa alcune
destinazioni; un'altra ancora inserita nella legge antiracket
che stabilisce che una quota di tali beni va a costituire un
fondo. Francamente ho l'impressione che, se sommassimo le
varie quote previste dalle diverse norme, arriveremmo a più di
un'unità.
   La domanda, come dicevo, è molto seria, ma non penso che
vi sia qualcuno degli ufficiali presenti che possa rispondere
sui problemi che pone la destinazione dei beni confiscati.
   Si tratta di una materia di grande interesse che dovremo
valutare ed approfondire.
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigative criminalità
organizzata. Signor presidente, desidero soltanto accennare
alle difficoltà che molte volte abbiamo incontrato ad
assicurare la tutela degli amministratori dei beni sequestrati
designati dai giudici. Per la confisca e la successiva
destinazione la Guardia di finanza non è stata mai attivata
direttamente.
  PRESIDENTE. Do ora la parola al tenente colonnello Polo.
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Desidero
precisare che comando anche il gruppo operativo antidroga
dello stesso nucleo regionale in virtù di una scelta precisa
che le superiori gerarchie hanno inteso operare a Milano.
   La situazione lombarda in tema di lotta alla criminalità
organizzata è ovviamente differente da quella rappresentata
dal collega di Palermo. E non a caso siamo qui insieme per
descrivere le due differenti situazioni locali. E' evidente
che la Lombardia è un centro di interesse economico e
finanziario rilevantissimo. E' risaputo pure che Milano è il
punto terminale di un ingentissimo traffico di stupefacenti
nonché il centro di raccolta e di smistamento di grossissime
partite di droga dirottate nel resto d'Europa. In questo
contesto, soprattutto con riferimento alla situazione
economico-finanziaria delle Lombardia, le stesse
organizzazioni di stampo mafioso hanno costituito il loro
settore di attività in modo differente da quello siciliano.
   Dobbiamo dire che non è stata riscontrata la presenza di
famiglie mafiose intese nell'accezione comune. In ogni caso,
l'interesse delle famiglie mafiose non è tanto quello di
ottenere un capillare controllo del territorio, quanto quello
di inserirsi in traffici economici e di gestirli nel loro
interesse. Il riciclaggio di danaro va riferito in particolare
al traffico di stupefacenti. In questo contesto, non essendoci
una situazione consolidata, vale a dire una mappa consolidata
di famiglie in Lombardia, più che un'azione quale quella posta
in essere dal GICO di Palermo - cioé di controllo patrimoniale
con misure di prevenzione - il GICO di Milano svolge
un'attività investigativa "pura" nei confronti di questi
soggetti.
   Nell'ambito della sua attività d'iniziativa, il GICO di
Milano tende ad approfondire gli aspetti finanziari collegati
al fenomeno droga, cioè a individuare le fonti di
approvvigionamento delle organizzazioni di trafficanti ed il
modo in cui esse reinvestono in danaro frutto della
                         Pag. 111
loro attività. Inoltre, abbiamo fatto in modo di valorizzare
soprattutto l'attività informativa creando una rete di
informatori sia a livello di persone che normalmente svolgono
attività commerciali e industriali, sia nell'ambito della
criminalità che ruota attorno al traffico degli stupefacenti,
proprio nel tentativo di individuare questi personaggi. Non a
caso i maggiori risultati conseguiti dal GICO, nell'ambito
della sua attività operativa, derivano proprio dalle
operazioni antidroga svolte dal GOA.
  PRESIDENTE. Cos'è il GOA?
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Il Gruppo
Operativo Antidroga presso il nucleo regionale di polizia
tributaria. La scelta di tenere vicini GICO e GOA risponde ad
un preciso indirizzo operativo.
  PRESIDENTE. Quanti uomini ha a sua disposizione?
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il Gruppo
regionale di Polizia Tributaria di Milano. Al GICO 42
uomini e 40 ufficiali. Al GOA 71 uomini e 6 ufficiali.
  PRESIDENTE. E i mezzi?
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. I mezzi sono
rilevanti, perché comprendono automobili, furgoni, vetture per
l'inseguimento, mezzi speciali, eccetera. Disponiamo inoltre
di apparecchi per intercettazione telefonica e per
intercettazione ambientale, cioè di tutti gli strumenti
tecnici indispensabili per un'azione capillare, mirata ed
approfondita in questi due settori di servizio.
  PRESIDENTE. In ordine a questo settore, a me sembra che,
giustamente, a Milano sia data una priorità. Abbiamo però
l'impressione che vi sia uno scarto eccessivamente rilevante
tra la quantità di uomini e mezzi di cui dispone Milano e
quella di cui dispone Palermo.
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Le cifre che le
ho riportato si riferiscono a due gruppi separati e distinti
che agiscono insieme.
  PRESIDENTE. Non mi riferisco ad una questione
burocratica ma di indirizzo. In sostanza, in un'area come
Palermo, a me sembra che vi sia una presenza piuttosto ridotta
sia di uomini sia di mezzi.
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Vi è anche il
GOA a Palermo ...
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro
coordinamento attività investigativa criminalità
organizzata. Considerando sia il GICO sia il GOA a Palermo
vi sono circa 80 uomini.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. A Milano il GOA
è consistente perché in questa città il problema della droga è
rilevantissimo, non tanto per il consumo quanto per lo
smistamento ed il traffico.
  PRESIDENTE. Soltanto il GICO di Milano di quanti uomini
dispone?
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Dispone di 42
sottufficiali e finanzieri e di 4 ufficiali.
  PRESIDENTE. E di quanti uomini dispone Palermo?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della
                         Pag. 112
Guardia di finanza. Chiedo scusa, signor presidente, ma i
dati li abbiamo allegati ...
   Dal punto di vista dell'organico, il GICO più consistente
è quello di Napoli, che dispone di 70 unità, mentre quello di
Palermo ne ha cinque di meno, cioè 65.
  PRESIDENTE. Quindi, ciò che fa differenza è la quantità
del GOA ...
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Sì, il GOA è
evidentemente ispirato ad altre esigenze, cioè non alla lotta
alla criminalità organizzata ma alla lotta agli stupefacenti,
che a Verona, per esempio, è rilevantissima.
  PRESIDENTE. Dunque, dal punto di vista della presenza di
stupefacenti ritenete che, rispetto a Milano, Palermo non sia
una piazza di particolare rilievo.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Sì, da un punto
di vista comparativo, Palermo deve ritenersi meno importante
di Milano.
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. Per quanto
riguarda il Gruppo operativo antidroga di Milano, a proposito
del quale bisogna anche considerare la presenza degli
aeroporti di Malpensa e di Linate, va detto che trattasi del
gruppo più consistente come forza numerica, perché deve
coprire una circoscrizione territoriale che è limitata alla
Lombardia soltanto istituzionalmente: le organizzazioni
lombarde si appoggiano alle zone limitrofe, per cui ci
espandiamo costantemente anche in zone che non sono più quelle
di stretta competenza del GOA di Milano. Ciò non toglie che,
oltre alle attività di riciclaggio connesse alle operazioni
antidroga, il GICO di Milano effettui anche autonome attività
investigative tendenti a dimostrare i reati derivanti
dall'estorsione aggravata ...
  PRESIDENTE. Se non ho compreso male, mentre a Palermo il
carico della domanda è talmente elevato che non si riesce a
compiere indagini autonome, a Milano sareste in grado ...
  STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo
regionale di polizia tributaria di Milano. A Milano, la
nostra attività concerne soprattutto l'indagine autonoma; ai
fini dell'applicazione delle misure di prevenzione, stiamo
eseguendo accertamenti patrimoniali, richiesti dal questore di
Lecco, nei confronti di un gruppo calabrese insediatosi da
qualche tempo nella zona. La nostra attività principale è
puramente investigativa.
  PRESIDENTE. Prego i colleghi che stanno per intervenire
di limitarsi a rivolgere domande.
  GIROLAMO TRIPODI. Anzitutto, vorrei sapere se il GICO
operi in tutte le regioni del paese e quale attenzione venga
rivolta alle zone in cui opera la mafia (mi riferisco, alla
Campania, alla Calabria, alla Sicilia ed alla Puglia).
   Le vostre strutture sono soltanto a livello regionale
oppure sono articolate anche a livello provinciale?
   Un'altra domanda che desidero porvi è relativa ai
risultati conseguiti, a proposito dei quali, pur non
intendendo addebitare responsabilità ad alcuno, devo dire che
registriamo una lacuna enorme ...
  PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, qual è la domanda?
  GIROLAMO TRIPODI. La domanda è relativa agli
accertamenti patrimoniali: poiché essi hanno registrato un
calo, vorremmo sapere a quale motivo ciò sia dovuto.
   Indipendentemente dalle attività inerenti alle indagini
patrimoniali, vorrei sapere se si stiano compiendo
accertamenti relativi ai ricavi illeciti conseguenti alle
evasioni fiscali.
                         Pag. 113
  MARCO TARADASH. Prima di rivolgere alcune domande agli
ufficiali della Guardia di finanza, alle quali potranno anche
rispondermi per iscritto, se lo riterranno opportuno, voglio
rivolgere una richiesta al Presidente: quella di svolgere una
singola audizione per seduta, poiché credo che questo modo di
procedere sarebbe più proficuo per i nostri lavori.
   Poiché si è parlato di riciclaggio del danaro legato al
traffico del tabacco (ho letto che si tratta di 400 miliardi
all'anno), vorrei sapere quale sia la dimensione generale del
problema: per esempio, in che misura stimate il riciclaggio
del denaro relativo al traffico di droga, al racket, alla
prostituzione, agli appalti eccetera?
   In quali misure ritenete che venga intercettato il denaro
in circolazione? Al riguardo vorrei conoscere i risultati
concreti, perché la documentazione che inviò alla Commissione
l'apposito organismo degli Stati Uniti indicava l'1 per cento
rispetto al denaro in valuta (di cui voi non vi occupate) ed
il 10 per cento rispetto all'ammontare complessivo. Confermate
queste cifre o ritenete che siano inferiori?
   Riguardo alla normativa antiriciclaggio, di cui ho
discusso anche nell'ambito del Parlamento europeo, ricordo che
la proposta della Commissione e della maggioranza fu che le
segnalazioni dovessero riguardare soltanto il denaro
proveniente dal traffico della droga, in quanto si sosteneva
che sarebbe stato impossibile fare altrimenti. A me sembra che
tale normativa non abbia funzionato, ma vorrei sapere se ciò
sia accaduto per la motivazione di cui sopra e se a vostro
giudizio potrebbe funzionare meglio.
   Qualche giorno fa, in Commissione è giunto un documento
del CNEL in cui si evidenziano 82 o 86 segnalazioni
complessive. A parte il fatto che il numero da voi citato è
inferiore, voglio comunque sottolineare che tali segnalazioni
risultano compiute soltanto da tre soggetti, cioè gli uffici
postali, le banche e gli intermediari ufficiali, per cui se ne
deduce che tutte le società che dovevano essere interessate
alle segnalazioni non ne abbiano compiuta alcuna. E' possibile
sperare che lo facciano in futuro?
   Il giudice Caponnetto proponeva una banca centrale delle
informazioni sui flussi finanziari presso la Banca d'Italia.
Poiché a me sembra che l'utilità di un simile strumento sia
stata da voi esclusa, vorrei che chiariste meglio il vostro
punto di vista.
   In merito al segreto bancario, vorrei sapere se esista
realmente un problema per ciò che attiene al medesimo e se sia
possibile abolirlo completamente, come da più parti viene
ipotizzato.
   Per quanto riguardo Green ice, vorrei sapere in che
misura una simile operazione - che è stata molto reclamizzata
- abbia avuto realmente impatto sul fenomeno generale.
   Ritenete che la militarizzazione della Guardia di finanza
sia un fattore positivo rispetto alle possibilità di
coordinamento e di lavoro, oppure siete dell'avviso che
costituisca un handicap?
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Premesso che, se pure ad altro
titolo, ho partecipato ad altre riunioni della Commissione
antimafia, vorrei valorizzare l'aspetto propositivo degli
ufficiali della Guardia di finanza, nel senso che coloro che
ogni giorno si misurano utilizzando concretamente i mezzi
operativi a loro disposizione sono senz'altro i migliori
giudici di tali mezzi, sotto il profilo sia normativo sia
organizzativo.
   Ciò detto, chiedo - senza voler cadere nell'umorismo,
perché non mi sembra che in questa sede abbia titolo di
ingresso - se troviate normale che a Palermo sia stata
sequestrata soltanto la villa di un usuraio. Se questo è il
dato concreto - a prescindere dalle circa 60 segnalazioni
pendenti presso gli uffici giudiziari, e che comunque
meriterebbero un discorso più approfondito, perché restano
sempre "pendenti" -, vorrei sapere quali suggerimenti possano
venire dalla vostra personale esperienza per giungere ad una
stima degli enormi patrimoni illeciti accumulati
                         Pag. 114
 a Palermo. Come è possibile scoprire che su Riina e sul suo
entourage non è ancora stato fatto nulla?
   La Guardia di finanza, che gode di una notoria e meritata
fama di specificità e capacità sul terreno economico, che
rappresenta indubbiamente uno dei fronti decisivi, non
potrebbe offrirci un contributo per aiutarci a capire e per
dare un senso concreto al nostro lavoro? Cosa è possibile fare
in termini di coordinamento e di correzione normativa? Per
esempio, penso che legare l'illiceità solo al traffico degli
stupefacenti per far scattare determinati meccanismi sia
riduttivo. D'altronde, però, se non ricordo male, la vecchia
norma sul riciclaggio si occupava solo di rapina o estorsione
aggravata.
   Dando per scontato ciò che è scontato, ossia la genuinità
del vostro impegno (considerato che oltretutto siete i
destinatari dell'applicazione concreta della normativa),
sarebbe interessante far giungere a noi, cosiddetti
legislatori, un contributo propositivo. In altri termini, che
cosa si può fare? Speriamo non si venga a sapere che a Palermo
si è sequestrata soltanto la villa di un usuraio! E' una cosa
che fa rabbrividire, anche perché a Palermo succede ben altro.
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Vorrei
precisare che la villa di un usuraio è stata sequestrata in
relazione all'articolo 14-quinquies. Se alla Commissione
interessa, per quanto riguarda l'articolo 2-ter, per
ogni anno posso specificare i sequestri di immobili eseguiti.
  PRESIDENTE. Ha l'elenco?
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì.
  PRESIDENTE. Può essere interessante. Ha colpito - forse
perché siamo male informati - quanto è stato fatto nei
confronti della famiglia Riina. Se la Commissione può
rivolgere un invito alla Guardia di finanza, è quello di
"mettere le mani" in quel genere di situazioni.
  ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il
nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Mi
riservo di fornire una risposta scritta.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Fermo restando che nelle mie
parole non vi era alcuna riserva.
  PAOLO CABRAS. Nella relazione del colonnello Marchetti
mi ha colpito la denuncia relativa alla modestia dei risultati
delle indagini sul riciclaggio. Oltre al riferimento
concernente alcune modifiche di carattere normativo, sempre
possibili alla luce dell'esperienza e comunque utili, vorrei
sapere se la strumentazione prevista dalla legge
antiriciclaggio non risulti carente.
   Ricollegandomi ad una domanda posta dal collega Taradash
circa la banca dati (che pur essendo stata avversata era già
contenuta in una proposta della precedente Commissione
antimafia), vorrei sapere se questa, unitamente all'abolizione
del residuo di segreto bancario, possa contribuire ad ottenere
risultati più efficaci.
   Un altro aspetto su cui intendo soffermarmi concerne una
questione qualitativa. Posto che non è possibile improvvisare
un analista finanziario per operazioni complesse quali sono
quelle che presiedono ai fenomeni di riciclaggio, credo che
forse qualche suggerimento potrebbe essere fornito.
   Conosco le notevoli ed elevate competenze professionali
dei comandanti dei reparti dei nuclei della Guardia di
finanza; tuttavia, in periferia - specie quando si tratta di
indagare sul riciclaggio, sulle attività di investimento e
reinvestimento di denaro sporco - si registra un notevole
salto di qualità tra queste competenze (limitate anche nel
numero) ed il complesso delle unità operative della Guardia di
finanza. Domando: com'è possibile superare questa situazione?
A prescindere dalla possibilità di aumentare
                         Pag. 115
l'organico, possono essere dati suggerimenti rispetto a
problemi di preparazione o di nuova professionalità?
   Un altro argomento che intendo sottolineare concerne un
effetto che potrà scaturire dalla vostra attività
investigativa. Della mafia conosciamo la mappa delle famiglie,
delle cosche, dei clan e la presenza nelle singole
realtà del Mezzogiorno di intrecci tra mafia e politica, tra
mafia ed attività istituzionale. Ciò che non si riesce a
conoscere invece è la mappa dei colletti bianchi, delle
consulenze, degli specialisti, degli intermediari: in sostanza
di quelli che permettono le operazioni di riciclaggio, i quali
non sono ovviamente al livello della cultura di Pippo Calò. E'
possibile ottenere la mappa di queste competenze per conoscere
un mondo che finora è stato poco investigato, non dico dalla
Guardia di finanza, un mondo che comunque è stato oggetto di
scarsa attenzione non solo nelle indagini di polizia
giudiziaria, ma anche in quelle giudiziarie?
  LUIGI ROSSI. Sarò sintetico nel formulare le domande.
Vorrei sapere quali risultati abbia dato il monitoraggio circa
i prestanome, in quanto di questi si è parlato.
   Vorrei sapere se sia stata svolta un'indagine sulla
proliferazione degli sportelli bancari, soprattutto nel sud, e
se effettivamente funzioni il coordinamento interforze.
   Ancora: sono considerati i rapporti tra mafia e politica?
Infine, anche se forse si tratta di una domanda ingenua,
vorrei sapere dove finiscono le droghe sequestrate, ossia se
sono conservate come corpus delicti oppure se vengono
immediatamente distrutte.
  ANTONIO BARGONE. E' stato affermato che si è svolto un
censimento completo delle finanziarie, tanto che se ne conosce
il numero. Vorrei sapere però se ci si è fermati al censimento
oppure se sono state applicate le leggi - parziali e
insufficienti - sul controllo degli assetti proprietari e
societari delle finanziarie medesime e si è controllato il
tipo di attività svolta.
   In che misura, soprattutto nel Mezzogiorno, le banche,
anche quelle a capitale pubblico, sono soggetti attivi di
attività di riciclaggio? Esiste un controllo, un'attività
investigativa rispetto alle licenze, alle autorizzazioni ed
alle connessioni varie, su tutto il territorio nazionale,
relativamente a soggetti che hanno svolto attività illecite?
Queste attività sono collegate a risorse finanziarie di
provenienza illecita ed in che misura?
  ALFREDO BIONDI. La mia domanda rappresenta, in un certo
senso, la prosecuzione di quanto hanno chiesto i colleghi
Cabras e Rossi.
   Vorrei sapere se sia stata compiuta un'analisi comparativa
tra gli sportelli bancari aperti nelle zone di più intensa
mafiosità - non solo reale, ma anche potenziale - come
possibilità di esportazione dei proventi. In caso affermativo,
gradirei conoscere se siano state compiute indagini sulle
modalità delle procedure, su chi ha assunto l'iniziativa e su
quali funzionari abbiano rilasciato le relative licenze per
l'apertura degli sportelli. Infine, vorrei sapere se questa
analisi porti - come temo - a riscontrare una differenza tra
la potenzialità socioeconomica dei luoghi e dei soggetti nei
luoghi stessi, ed il proliferare degli sportelli. Ciò ha
formato oggetto di valutazione e di riferimento per l'autorità
bancaria, che ha l'obbligo di vigilanza, ed anche per quella
di Governo, ossia alle "superiori gerarchie" come ho sentito
dire poc'anzi?
  ALFREDO GALASSO. Prima di formulare le domande, vorrei
avere dal presidente una rassicurazione. Poiché siamo al cuore
della questione mafia, credo che incontri come quello odierno
dovrebbero essere periodizzati, se mi consente l'uso di tale
termine.
  PRESIDENTE. Credo che si ripeteranno.
                         Pag. 116
  ALFREDO GALASSO. Questo lo dico perché so già di essere
insoddisfatto rispetto all'ampiezza delle argomentazioni da
trattare, non all'incontro.
   Desidererei sapere innanzitutto da che parte cominciate;
mi spiego meglio: quando non agite in esecuzione di compiti di
polizia giudiziaria, l'impulso da chi o da cosa proviene?
   Qual è, secondo la vostra esperienza, l'ambito
territoriale che dal punto di vista operativo risulta più
congruo (provinciale, regionale o nazionale), cioè nel quale
la vostra attività operativa si svolge in modo più adeguato al
fenomeno?
   Dove e come ha luogo il coordinamento sia interno (si è
parlato di GICO regionali) sia esterno, cioè quello con gli
altri poteri pubblici incaricati di svolgere attività
analoghe?
   La domanda concernente la banca dati non la ripeterò, in
quanto è già stata posta. Tuttavia, vorrei sapere se il
terminale della vostra attività sia giudiziario,
paragiudiziario oppure se esistano altre autorità pubbliche
interessate, una volta che il vostro lavoro si è in qualche
modo compiuto.
  VITO RIGGIO. Vorrei porre alcune domande in ordine ad
analisi compiute sia dalla Commissione antimafia nella passata
legislatura sia dalla Commissione affari costituzionali nel
corso di una lunga indagine conoscitiva sul riciclaggio.
All'epoca si ipotizzò un'organizzazione di monitoraggio
costante del sistema economico; ricordo che un generale della
Guardia di finanza parlò di "luogo dei punti": ebbene, esiste
questo "luogo dei punti"? E quali difficoltà si incontrano?
   Allora ci si riferì anche ad una griglia delle modalità di
reinvestimento, sia per settori sia per procedure. Si sostenne
che, se vi erano imprese in grado di riciclare denaro e di
lucrare appalti pubblici, sarebbe stato importante segnalarlo
agli enti interessati. Non so se la domanda formulata
dall'onorevole Galasso volesse intendere la stessa cosa, ma
vorrei sapere se la segnalazione viene utilizzata.
   Infine, sempre all'epoca, con riferimento ai tipi di
ostacoli, si parlò delle difficoltà incontrate dalle banche.
Vorrei porre la domanda in termini espliciti, visto che i
precedenti quesiti sono stati formulati con circonlocuzioni.
Ci sono interferenze di tipo politico nelle indagini e di
messa a punto di elementi non solo conoscitivi, ma anche
operativi per la pubblica amministrazione?
  LUIGI BISCARDI. La Guardia di finanza conosce o ha in
corso indagini sugli intermediari tra la criminalità mafiosa e
gli uffici della pubblica amministrazione? Ho posto questa
domanda in quanto secondo talune notizie apparse oggi sugli
organi di stampa pare siano stati scoperti carteggi relativi a
questo genere di rapporto.
   Il colonnello Marchetti ha parlato di censimento di
contributi nazionali. Chiedo se tra questi siano inclusi anche
quelli regionali, in quanto nella mia regione è in corso
un'indagine da parte della Guardia di finanza.
  SAVERIO D'AMELIO. Credo innanzitutto che, tra tante cose
che non vanno, il lavoro compiuto dalla Guardia di finanza (di
cui siamo stati informati questa sera) che ha riguardato il
censimento degli intermediari finanziari e delle società
finanziarie sia stato notevole, perfettamente in linea con la
professionalità del Corpo.
   Se torno con la memoria agli anni 1985-1986 (presiedevo un
comitato dell'allora Commissione antimafia), quando a
proposito dei flussi finanziari vi era la certezza di navigare
nel nulla, debbo riconoscere che il tempo non è passato
invano.
   Detto questo, mi preoccupa l'apprendere che a Palermo il
GICO non esista e non funzioni, se ho ben compreso, un nucleo
interforze.
  PRESIDENTE. Non so se in qualche città italiana vi sia
un nucleo interforze.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operativo del
Comando generale della Guardia di finanza. Vengono creati
ad hoc.
                         Pag. 117
  SAVERIO D'AMELIO. Tale circostanza porta immediatamente a
considerare la nota questione (per me essenziale) del
coordinamento con gli altri corpi di polizia, senza il quale
credo non si possa raggiungere alcun risultato. La mia prima
domanda tende quindi a sapere il motivo per il quale a Palermo
non funzioni il nucleo interforze.
   In secondo luogo, vorrei che mi fossero chiariti i
collegamenti dei GICO con la DIA. Se devo interpretare come un
fatto freudiano l'affermazione del colonnello Marchetti
secondo il quale il 15 per cento delle forze dei GICO andrà
alla DIA (e, a mo' di esempio, ci ha informati che perderà due
ufficiali di alto livello) non vorrei che quest'affermazione,
in sé comprensibile, nascondesse una realtà di cui si sente
parlare: vi sarebbe, in sostanza, una sorta di resistenza da
parte dei diversi corpi di polizia nei confronti della DIA al
punto che si sceglierebbe il personale meno qualificato
all'interno dei nuclei (qualificatissimi per quanto riguarda
la Guardia di finanza) proprio per cercare di vanificare lo
sforzo di unificazione in nome del quale la DIA è stata
istituita. Se così fosse (mi auguro che non lo sia), si
tratterebbe di un fatto davvero grave.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Il colonnello Marchetti ha
alluso al fatto che il personale preparato tecnicamente per
l'analisi dei flussi finanziari è difficile da formare, il che
significa che evidentemente si pone un problema anche in
termini quantitativi. Ricordo che un discorso analogo, sia
pure in termini diversi, veniva sviluppato in occasione di
audizioni simili a quella odierna nella IX legislatura, quindi
otto anni fa circa; vorrei sapere se da allora il problema
dell'adeguata quantità di personale qualificato abbia fatto
registrare un serio progresso (anche se l'organico rimane
comunque insufficiente), oppure se esso sia ancora ad un
livello giudicato dalla Guardia di finanza insoddisfacente.
Inoltre vorrei sapere cosa si possa fare perché il problema
della formazione del personale sia risolto nel modo migliore
sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo.
  CARLO D'AMATO. Si è già parlato del ruolo degli istituti
bancari piccoli e grandi e delle finanziarie; vorrei ora
qualche ulteriore dettaglio relativo ai problemi determinati
dalla presenza del capitale da narcotraffico nelle operazioni
di borsa ed al peso che tali capitali hanno avuto negli
acquisti più recenti di titoli di Stato e chiedo se la Guardia
di finanza sia in grado di compiere una valutazione almeno
approssimativa sull'influenza che questo capitale ha avuto
nelle recenti manovre speculative che si sono abbattute sul
mercato finanziario e sulla lira.
   Desidererei anche conoscere la distribuzione del capitale
illecito tra nord e sud: siamo portati a ritenere che esso si
concentri principalmente nel sud ma, dal momento che le
attività imprenditoriali più corpose si sviluppano nel
centro-nord, vorrei sapere se la Guardia di finanza abbia
raccolto segnali della presenza di capitale illecito nelle
grandi imprese (mi riferisco non solo alle imprese edilizie
che si assicurano gli appalti delle opere pubbliche ma anche
ad aziende che operano in altri settori produttivi, in
particolare le grandi imprese industriali).
   Vorrei poi che i rappresentanti della Guardia di finanza
esprimessero un proprio parere sulla legislazione vigente,
ammesso che non lo abbia già fatto il colonnello Marchetti
nella sua relazione introduttiva che non ho potuto ascoltare.
Sarebbe poi interessante conoscere se alla Guardia di finanza
siano pervenute indicazioni anche in ordine ad altre regioni a
rischio oltre a quelle sulle quali si svolge già un'azione di
monitoraggio costante. Infine, vorrei sapere se da parte del
GICO possano venire suggerimenti in vista di azioni preventive
mirate ad evitare il propagarsi in altre regioni delle
attività mafiose.
  ALTERO MATTEOLI. Gli ufficiali della Guardia di finanza
qui presenti (che ringrazio) sanno perfettamente che, se
l'audizione odierna fosse stata indirizzata
                         Pag. 118
soltanto ad acquisire alcuni dati, sarebbe stato sufficiente
chiederli per iscritto. Pertanto, nel formulare le mie
domande, chiederò loro anche alcuni giudizi sulle strutture,
gli uffici e la normativa vigente. Quanto a quest'ultimo
punto, il colonnello Marchetti ha già svolto alcune
considerazioni nel suo intervento iniziale.
   Lo stesso colonnello Marchetti ha fornito un dato molto
interessante: 25 mila società finanziarie censite dalla
CONSOB. Chiedo se sia stato fatto uno studio comparato con gli
altri paesi per verificare se questo numero sia simile
(tenendo ovviamente conto del numero degli abitanti) a quello
di altre nazioni.
   In secondo luogo, vorrei sapere chi abbia stabilito di
affidare tale censimento alla CONSOB e se la Guardia di
finanza trovi in tale organo il giusto referente.
  PRESIDENTE. Credo che il compito sia stato affidato alla
CONSOB dall'Ufficio italiano cambi.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operativo del
Comando generale della Guardia di finanza. L'elenco ce lo
ha fornito l'Ufficio italiano cambi.
  ALTERO MATTEOLI. La Guardia di finanza ha raccolto
questi dati senza compiere alcun accertamento, per cui non può
aver appurato se le siano stati forniti dati inesatti.
   In terzo luogo, vorrei conoscere la percentuale delle
richieste, presentate a norma dell'articolo 18 della legge 413
sulle autorizzazioni ai controlli bancari, che sono state
accolte tra quelle rivolte al magistrato.
   Riprendendo una domanda formulata dal collega Biondi,
vorrei sapere se sia possibile compiere uno studio comparato
con gli altri paesi relativamente al numero degli sportelli
bancari; leggiamo spesso che in Italia, soprattutto in alcune
regioni, vi è un numero di sportelli bancari sproporzionato
rispetto a quello di altri paesi: si tratta di una fantasia
dei giornalisti o c'è qualcosa di vero?
   Quanto ai rapporti tra mafia e politica, vorrei sapere se
siano state condotte indagini sulle spese sostenute da taluni
candidati in alcune zone d'Italia per la campagna elettorale.
Poiché in teoria tutte queste spese dovrebbero essere
fatturate, mi è sempre sembrato strano il fatto di non poter
risalire alla cifra precisa che un candidato spende per una
competizione elettorale.
  ANTONINO BUTTITTA. Nell'associarmi ai colleghi che hanno
manifestato apprezzamento al colonnello Marchetti e a tutto il
Corpo della Guardia di finanza per il lavoro compiuto contro
il fenomeno mafioso, non posso non rilevare il fatto che a
proposito della necessaria, indispensabile collaborazione che
deve esistere tra le diverse strutture impegnate in questo
compito, interne ed esterne alla Guardia di finanza, si sia
parlato di rapporti personali. Non ho niente contro questi
ultimi ed anzi li considero uno degli aspetti positivi della
vita ma ritengo che risultati più organici nella lotta alla
mafia si possano raggiungere se i rapporti tra le strutture
interne ed esterne - lo ribadisco - alla Guardia di finanza,
sono formalizzati, istituzionalizzati, permanenti, e credo che
un impegno in tal senso vada chiesto alla Guardia di finanza
così come a tutti gli altri organi che conducono la lotta alla
mafia.
   Riprendendo una considerazione che ho già sviluppato in
una precedente seduta e che è tornata negli interventi di
alcuni colleghi, vorrei osservare come salti agli occhi di
tutti, anche dei non addetti ai lavori, la rapida e
straordinaria fortuna di alcuni istituti bancari e finanziari,
privati e non solo. Vorrei sapere se su taluni di questi
istituti siano state condotte indagini.
  MARIO BORGHEZIO. Vorrei sapere quale sia lo stato
attuale dell'impalcatura delle indagini relative alla
penetrazione della "mafia Spa" nel settore societario. In
particolare, mi interesserebbe sapere se sia stata compiuta
una radiografia del tipo di investimenti e di collegamenti dei
                         Pag. 119
pacchetti azionari, nonché dei dati che si possono ricavare
dalla pubblicazione dei bilanci e dalle assemblee societarie,
con particolare riguardo alle società ed ai gruppi che (e su
questo vorrei avere conferma dai responsabili della Guardia di
finanza) secondo l'opinione pubblica costituiscono il settore
privilegiato di penetrazione degli investimenti: le piccole
banche, le banche popolari, le imprese di costruzione che si
assicurano gli appalti pubblici, nonché il settore delle
società finanziarie e parabancarie legate in particolare ai
movimenti d'usura.
   Vorrei anche sapere se siano emersi coinvolgimenti con
organizzazioni mafiose in relazione all'affaire Dominion
oggi attualissimo e che concerne un istituto bancario di
rilevanza nazionale.
  ROMANO FERRAUTO. Vorrei conoscere un dato che ritengo
estremamente utile, cioè quante società finanziarie siano nate
nell'immediata vigilia del riallineamento della lira. Vorrei
cioè sapere se nei venti giorni che hanno preceduto il
riallineamento della lira si sia verificato un picco nel
normale andamento delle nascite delle finanziarie.
   Ritengo inoltre - offro questo dato reputandolo molto
attendibile - che la pulizia del cosiddetto denaro sporco
venga effettuata (l'ha detto anche lei, colonnello Marchetti)
anche da istituti bancari complici e compiacenti, a volte
insospettabili.
   Sembra che una piazza tra quelle che più si prestano per
questo tipo di attività sia quella di Trieste. E' vero che vi
è la piazza di Milano ma sembra che Trieste guidi la
graduatoria. Può confermare queste notizie?
  ERMINIO ENZO BOSO. Desidero chiedere al comandante
Marchetti, anche alla luce della mia esperienza, maturata
nell'Arma dei carabinieri, se non ritenga impossibile il
collegamento interforze, al quale non credo, signor
presidente, proprio per...
  PRESIDENTE. Per vita vissuta!
  ERMINIO ENZO BOSO. Esatto. Non ci sarà mai una Guardia
di finanza che scarica i suoi uomini migliori. Non lo faranno
mai, inoltre, né l'Arma dei carabinieri né la Polizia di
Stato.
   Fino a quando queste forze rimarranno dipendenti da
ministeri, vi saranno sempre politici che a fine anno dovranno
fare la relazione sull'attività del loro settore di competenza
per chiedere contributi e quindi investimenti.
   Mi domando se non sarebbe stato più utile accrescere il
numero dei tecnici a disposizione che, come ha rilevato il
comandante Marchetti, svolgono bene il loro lavoro, in
considerazione del fatto che si va verso l'utilizzazione di
tecnologie sempre più avanzate e sofisticate. Perché non si è
provveduto prima ad integrare ed accrescere il numero di
questi tecnici? Perché non si è giunti al punto di affidare la
gestione delle compatibilità direttamente a qualche magistrato
al di sopra delle parti, in modo che il potenziale delle forze
non sia più sottoposto ad un controllo politico ed al potere
di un ministero, bensì affidato ad un coordinamento
tecnicamente avanzato per garantire che la delinquenza finisca
in manette?
   Visto che si parla del problema dell'apertura di sportelli
bancari nelle diverse regioni italiane, chiedo di conoscere i
dati relativi a questo fenomeno in relazione alla densità di
abitanti per regione e possibilmente per provincia.
  PRESIDENTE. Chiedo al colonnello Marchetti se intenda
rispondere immediatamente, anche a nome dei suoi colleghi, ad
alcune delle domande poste.
   Per una più analitica risposta ai quesiti formulati dai
colleghi, che potrebbe esserci fornita per iscritto, potremmo
far pervenire al colonnello Marchetti il resoconto
stenografico dell'odierna seduta.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Desidero
rispondere immediatamente ad alcune delle domande postemi.
                         Pag. 120
  PRESIDENTE. Naturalmente, può affrontare subito le domande
cui intende dare risposta.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Alcune delle
domande avanzate sollecitano una risposta spontanea.
   La prima domanda cui intendo riferirmi (si tratterà
appunto di un fatto inconscio e freudiano) riguarda il
problema dei due ufficiali appartenenti al reparto operazioni
della Guardia di finanza trasferiti alla DIA. L'espressione da
me usata, "ho perso", non significa che io non condivida il
loro passaggio alla DIA. Siamo tutti perfettamente convinti
del fatto che la DIA debba funzionare.
   Essa funziona - non è problema di campanilismo o di
parrocchia - soprattutto in relazione all'impegno della
Guardia di finanza, che, pur rappresentando un quinto della
consistenza delle forze di polizia (ammesso altresì che essa
svolga la medesima attività dei carabinieri e della polizia di
Stato nel settore della pubblica sicurezza, quando invece ad
essa si riferiscono tutt'altri compiti), partecipa nella
misura di un terzo all'attività della DIA, cioè in misura
totalmente paritetica alle altre forze.
   La nostra organizzazione ha voluto dare in questa
occasione il massimo della disponibilità. Questo però non
significa che, quando si perde un patrimonio, egoisticamente
inteso, se ne debba essere contenti.
   Sono contento del fatto che i miei ufficiali siano andati
alla DIA e penso che essi siano stati collocati al posto
giusto: ovviamente, però, devo ora rimpiazzarli con elementi
dello stesso livello professionale e questo è un risultato non
facile da conseguire.
   Per quanto riguarda gli analisti finanziari, desidero
rilevare che, riferendomi ad essi, parlo dei miei migliori
collaboratori. Così come non è possibile rimpiazzare il grande
chirurgo o il grande avvocato, non vedo come si possano
rimpiazzare facilmente persone che da venti anni si occupano
esclusivamente, ed al massimo livello, di operazioni assai
difficili, quali sono quelle effettuate da tanti dei nostri
nuclei regionali di polizia tributaria. Non si tratta quindi
di un problema, ma di un fatto che va considerato, altrimenti
non si comprenderebbe la ragione per la quale non si riesce a
vincere la mafia, così come tutti desideriamo. La lotta alla
mafia richiede infatti una disponibilità così elevata ed
intensa di professionalità che ancora non è stata raggiunta.
   La Guardia di finanza si sta attrezzando e dispone di
ottime scuole. Faccio sempre un esempio, quando vengo chiamato
a rispondere su questi argomenti: la Guardia di finanza
ottiene un incremento costante di risultati perché le sue
scuole funzionano e si adeguano sia per quanto riguarda la
formazione professionale dei finanzieri e dei sottufficiali
sia, soprattutto, per quanto riguarda la formazione
professionale degli ufficiali. Dico soprattutto non per
ragioni di casta, ma perché l'ufficiale, per rispondere ai
requisiti che noi intendiamo, deve essere in grado di
partecipare personalmente all'attività operativa. E ciò impone
una preparazione molto particolare.
   Il problema degli analisti finanziari, cioè di quei
funzionari con le stellette che devono svolgere tale lavoro,
non può essere sottovalutato. Ci stiamo pertanto attrezzando:
i nostri corsi funzionano e disponiamo di personale assai
qualificato, che ci consente l'effettuazione di ottime
attività operative. Tuttavia, proprio perché di qualità
eccellente, questo personale non è poi così diffuso.
   Desidero rispondere ai temi più generali, riservandomi di
affrontare per iscritto gli argomenti di dettaglio. Per quanto
riguarda il coordinamento, è stato più volte e da più parti
sostenuto che esso sarebbe una chimera e che viene ricercato
ma mai conseguito. Ebbene, secondo la mia esperienza di capo
del II reparto operazioni e di esponente del Comando generale
della Guardia di finanza, le risultanze a disposizione non
corrispondono a quanto si afferma.
                         Pag. 121
   Non ho mai avuto la sensazione di uno scoordinamento a
livello di vertice. Il che non vuol dire che non possano
esserci scoordinamenti a livelli operativi; ma si tratta dello
stesso scoordinamento che può determinarsi tra due
professionisti chiamati ad affrontare uno stesso aspetto o
lato di un problema.
   Di scoordinamento, inoltre, si può parlare soltanto fino a
quando l'indagine mantiene una dimensione amministrativa,
essendo essa ancora nelle mani della polizia giudiziaria o di
sicurezza, perché, quando il fatto riveste ormai una
dimensione penale-processuale, non può esservi scoordinamento,
essendo il coordinamento naturalmente effettuato dal
magistrato. Si tratta infatti di un ruolo fondamentale del
giudice e soprattutto oggi il nuovo pubblico ministero svolge
una funzione naturale e fondamentale di coordinamento.
   Noi non ci poniamo questo problema del coordinamento tra
organismi diversi. E' chiaro, invece, che l'eventuale mancanza
di coordinamento nei rapporti interni rappresenterebbe una
gravissima mancanza del responsabile dell'attività. Non è
pensabile quindi che si possa creare uno scoordinamento sul
piano delle regole e, qualora si verifichi un' eccezione alla
regola, è chiaro che si è fuori di essa.
   Può succedere anche in seno alla Guardia di finanza che il
GICO di Milano non si coordini, dolosamente, colposamente o
per errore, con un altro GICO, ma questa situazione configura
uno sbaglio che viene perseguito. Può succedere! Non è
successo, ma può succedere: lo ammetto sul piano
intellettuale. Se dovesse accadere, si tratterebbe di una
gravissima mancanza, di cui risponderebbero personalmente i
comandanti.
   Sul piano dei rapporti interorganici tra i diversi GICO o
altri strumenti di intervento del settore, tutte le opportune
misure sono state assunte. Il precedente ministro dell'interno
e l'attuale titolare del dicastero hanno emanato decreti
ministeriali in materia di coordinamento e noi dobbiamo
rispettare sul piano professionale le regole di coordinamento.
Quando questo non accade, è come se il medico, dovendo operare
al ginocchio, intervenga invece su un occhio: si verifica in
tal caso un errore e viene perseguito.
   Evidentemente, al di là dei disegni, delle architetture o
delle impalcature giuridiche o di fatto, si possono verificare
delle eccezioni, ma esse sono riconducibili a fatti di natura
umana.
   Per quanto riguarda i risultati, chiedo venia se ho dato
l'impressione di considerarli ridotti o riduttivamente. I
risultati conseguiti dalla Guardia di finanza, tenuto conto
che il reato di riciclaggio ha qualche mese di vita e che
rispetto al suo perseguimento occorre apprestare
professionalità non facilmente reperibili, non sono
trascurabili, stante il sequestro di qualche centinaio di
miliardi di valuta ritenuta inquinata e la denuncia di qualche
decina di persone. Bisognerà vedere quale risultato si potrà
conseguire in fase procedimentale, essendo difficile la prova
del riciclaggio. E' difficile provare il reato di riciclaggio,
quando esso deve essere collegato a presupposti specifici; non
è facile arrivare a dimostrare che una certa quantità di
denaro, che ha assunto la forma di pacchetto azionario o che è
stata trasformata in un immobile o in una villa, provenga da
un fatto di droga di quindici mesi prima. La prova del fatto è
giuridicamente complessa e quindi non è questione di distacco
professionale dal problema, ma dell'intrinseca difficoltà
della sua soluzione, che richiede qualità culturali ed
investigative del tutto particolari.
   Non credo che le altre forze di polizia, italiane o
estere, stante la configurazione che la questione del
riciclaggio assume nel nostro ordinamento giuridico, abbiano
capacità o potenzialità...
  PRESIDENTE. Esaminando bene le tre norme di cui agli
articoli 648, 648-bis e 648-ter (ricettazione,
riciclaggio semplice e l'impiego di denaro proveniente da quel
tipo di reati), mi pare che l'ipotesi di cui all'articolo 648,
quella della ricettazione, sussista comunque. Il problema
                         Pag. 122
consiste quindi nello stabilire quale sia la figura di reato
e non l'illiceità del comportamento, che sussiste comunque.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Il comportamento
è illecito, ma noi vogliamo arrivare, considerati anche gli
effetti e la dimensione del fenomeno, a colpire la forma
particolare della sostituzione economica del denaro e non
quella fisica, che atecnicamente era anche prima riciclaggio.
Vogliamo arrivare alla dimensione nuova del denaro proveniente
da un certo arricchimento. E' questo che ci crea dei problemi
operativi, che credo sussistano per tutti coloro che
responsabilmente affrontino il problema.
   E' chiaro che dovremo attrezzarci diversamente.
Evidentemente, abbiamo bisogno di crescere e penso che sia
necessario dirlo.
   Per quanto riguarda la crescita del numero degli sportelli
bancari o delle finanziarie o la ricostruzione societaria di
queste imprese, devo innanzi tutto dire che esiste un vincolo
giuridico potestativo che ci impedisce o comunque ci
condiziona nell'esercizio pieno dei nostri poteri. Vi è
anzitutto l'ispettorato di vigilanza della Banca d'Italia che
svolge un compito istituzionale essenziale e qualificante
l'attività dell'istituto di emissione in sede di controllo:
rispetto a tale compito, noi ci poniamo doverosamente
distaccati.
   E' chiaro che svolgiamo i nostri accertamenti, le nostre
indagini, le nostre attività, cercando di ricostruire la
situazione. Lo scorso anno abbiamo stilato, consegnandolo alla
Commissione finanze della Camera, un documento che confrontava
gli sportelli e le provviste bancarie (e quindi la
movimentazione del denaro) in sede provinciale. Dai dati a
disposizione si poteva intuire qualche diversità nella
comparazione tra provincia e provincia. Sono emerse delle
stranezze anzitutto sul piano giuridico: come tutti sappiamo,
ad esempio, in Sicilia gli sportelli bancari sono di
competenza della regione.
  ANTONINO BUTTITTA. Potremmo avere anche noi questo
documento?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Certamente.
   Giungere dall'intuizione del fatto, della irregolarità o
della situazione abnorme, alla consapevolezza della illiceità
del fatto o delle componenti interne del fatto illecito pone
certamente una necessità di investigazione che molte volte è
condizionata, ridotta o comunque, alcune volte, anche
impedita.
  ALTERO MATTEOLI. Se in Sicilia si tratta di competenze
della regione non cambia nulla.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. No, senz'altro.
Era per dire che in Sicilia è successo questo e che
bisognerebbe individuarne le cause.
   Noi ci interessiamo soprattutto del fatto che in Sicilia
c'è un'intensità di sportelli bancari superiore a quella del
Veneto. E' un fatto.
  PRESIDENTE. Ancora adesso, nonostante l'intervento di
banche del nord?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Adesso non
credo. Questa situazione fu verificata dalla precedente
Commissione antimafia.
  PRESIDENTE. Vi è stata la sostituzione con banche di
dimensioni maggiori.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Un'ultima
considerazione riguarda la banca dati unica, centralizzata,
questione rappresentata dall'onorevole Ayala, al quale la
Guardia di finanza è riconoscente per le parole di
apprezzamento. Siamo sempre stati un corpo che avanza
proposte. Se l'assetto attuale dell'ordinamento giuridico in
ordine a questi problemi ha subìto qualche
                         Pag. 123
mutamento è anche perché la Guardia di finanza, nel tempo, ha
fatto proposte.
   Una prima riguardò la criminalizzazione del riciclaggio,
recepita nella legge n. 55 del 1990; una seconda proposta
riguardò il divieto nell'uso dei contanti, recepito nella
legge n. 197 del 1991, secondo un assetto normativo che è
assolutamente eccezionale rispetto a tutti gli ordinamenti
giuridici; si affianca a quello francese ma non ha altri
riscontri. Quindi, la nostra legislazione è di avanguardia e
la possibilità per la Guardia di finanza di verificare cosa
accada fuori evidenzia come il nostro ordinamento giuridico
determini una situazione privilegiata rispetto a quella
austriaca o a quella europea in genere, nonché a quella
statunitense o sudamericana. Siamo molto avanti sul piano
propositivo e attuativo, il che non significa che lo siamo su
quello repressivo, probabilmente perché le norme devono andare
a regime. Queste esistono già: occorrono adesso le persone.
   L'articolo 12-quinquies è di straordinaria
importanza. Non appena la sua attuazione avrà raggiunto la
piena potenzialità coercitiva e di captazione dei proventi e
delle ricchezze illecite avrà raggiunto molti degli obiettivi
che ci proponiamo. Si tratta quindi di creare le
professionalità piuttosto che nuove norme. Certamente sono
sempre possibili perfezionamenti, ma da cinque anni a questa
parte i passi in avanti che il nostro paese ha compiuto nella
lotta alla criminalità mafiosa, sotto il profilo economico e
giuridico, sono veramente soddisfacenti.
  LUIGI ROSSI. Il colonnello mi scuserà per questa ingenua
domanda, ma vorrei sapere che fine faccia la droga
sequestrata.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Viene bruciata.
  LUIGI ROSSI. Subito?
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. La droga
costituisce reperto nel procedimento penale, dopodiché viene
bruciata.
  PRESIDENTE. Vorrei informare il collega Rossi che in
genere vengono estratti campioni che servono per le analisi
chimiche; il resto viene bruciato.
  UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del
Comando generale della Guardia di finanza. Una piccolissima
parte di questi stupefacenti viene utilizzata per
l'addestramento dei cani.
  PRESIDENTE. Ringrazio gli ufficiali della Guardia di
finanza che hanno partecipato all'audizione odierna. La
Commissione ha affrontato il tema specifico delle indagini sui
beni posseduti, direttamente e indirettamente, dalla famiglia
Riina; l'indirizzo potrebbe essere quello di indagare sulle
grandi famiglie mafiose quali i Riina, i Provenzano, i
Santapaola e così via.
   Se tali indagini non sono state compiute di recente
sarebbe opportuno farlo anche per tenere sotto pressione, dal
punto di vista patrimoniale, questi gruppi di potere. La
Commissione gradirebbe conoscere il momento in cui inizierà
tale attività investigativa.
  MARCO TARADASH. Purtroppo il tempo a disposizione è
limitato e non ho potuto avere risposta alle cinque o sei
domande da me poste ai rappresentanti della Guardia di
finanza.
  PRESIDENTE. Avrà le risposte per iscritto.
  MARCO TARADASH. Propongo perciò di svolgere un nuovo
incontro con il colonnello Marchetti, nel corso del quale egli
potrà riferire oralmente; questa ipotesi mi sembra più utile
rispetto alla lettura di dati burocratici.
  PRESIDENTE. L'incontro di oggi è stato necessariamente
sintetico. Dopo un attento esame che ci verrà fornito potremo
                         Pag. 124
 affrontare i temi principali, contando sulla disponibilità
dei nostri ospiti, ai quali rinnovo il ringraziamento per il
contributo portato alla Commissione.
   (I rappresentanti della Guardia di finanza sono
accompagnati fuori dall'aula).
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di procedere alla
seconda audizione dobbiamo decidere quando svolgere le
audizioni dei rappresentanti dello SCO e della DIA, impegni
che non devono essere rimandati eccessivamente, per non
perdere il filo della continuità. Possiamo svolgere entrambe
le audizioni giovedì prossimo, ovvero rinviare a venerdì
mattina quella dei rappresentanti della DIA, anche se questa
seconda ipotesi comporta un po' di sacrificio per i membri
della Commissione.
  PAOLO CABRAS. Se concentriamo le due audizioni in un
solo giorno, la discussione rischia di essere compressa.
Certamente non verremmo meno ai nostri compiti istituzionali
anche se non fissassimo per questa settimana l'audizione dei
rappresentanti della DIA. Si può rinviare a martedì.
  PRESIDENTE. Mi sembra che si possa raggiungere un
accordo nel senso di stabilire che giovedì mattina si svolgerà
l'audizione dei rappresentanti dello SCO e venerdì mattina
quella dei rappresentanti della DIA.
  ALTERO MATTEOLI. No, presidente, siamo in molti a
preferire che l'audizione dei rappresentanti della DIA si
svolga martedì della prossima settimana.
  PRESIDENTE. Riprenderemo il tema dei lavori della
Commissione al termine della seduta.
Audizione dei comandanti ed ufficiali del Raggruppamento
operativo speciale (ROS).
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
generale Antonio Subranni, comandante del Raggruppamento
operativo speciale, che è accompagnato dal tenente colonnello
Mario Mori, vice comandante, e dal maggiore Mario Obinu,
comandante del reparto criminalità organizzata.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Signor
presidente, consegno alla Commissione una relazione sulle
operazioni compiute dal ROS in un anno e mezzo di vita. Questo
documento non contiene una parola in più di quanto necessario
per illustrare l'attività svolta e soprattutto per dimostrare
l'impegno degli uomini di questo organismo, che sono pochi,
determinati e professionalmente molto capaci.
   Sono a vostra disposizione per eventuali domande.
  PRESIDENTE. Comandante Subranni, la Commissione sarebbe
interessata a conoscere le strategie operative del ROS ed i
suoi rapporti con la DIA. Vorrebbe inoltre sapere quali siano
le attività principali svolte (rapporti investigativi, ricerca
latitanti, accertamenti di carattere patrimoniale) e quale sia
il giudizio del ROS, un corpo altamente specializzato,
sull'attuale fase in cui versa la criminalità organizzata e
sulle possibili opere di contrasto.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Il rapporto
con la DIA è di massima collaborazione: questo organismo ha
compiuto i primi passi insieme a noi. L'importante è che i
servizi centrali di polizia giudiziaria - il ROS è uno di
questi - possano permanere e che ognuno lavori nell'ambito
delle proprie competenze e, io aggiungerei, delle proprie
responsabilità. E' il lavoro d'assieme, infatti, che può
consentire ulteriori successi.
   I servizi centrali sono il ROS dei Carabinieri, lo SCO
della Polizia di Stato e il GICO della Guardia di finanza.
                         Pag. 125
  ERMINIO ENZO BOSO. Dove sono dislocati?
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Questi
organismi sono stati istituiti perché la criminalità
organizzata evade l'ambito provinciale e regionale; ci sono
collegamenti anche con la criminalità organizzata
d'oltreoceano.
   La struttura del ROS è molto snella, composta da tre
reparti operativi centrali ed altri 26 sparsi in tutto il
territorio in corrispondenza delle direzioni distrettuali. In
ogni sede DDA opera cioè un reparto del ROS.
   Dalla relazione sui risultati conseguiti, che ho
consegnato al presidente, emerge la specialità del ROS, che
compie investigazioni in più regioni. Ad esempio, per
l'associazione per delinquere che fa capo al gruppo dei
Fidanzati le indagini hanno riguardato 300 chili di cocaina ed
alcune raffinerie, ed hanno portato alla confisca di negozi,
stabili e ville. Questa è l'entità delle operazioni che
competono al ROS.
   Con reciproca soddisfazione abbiamo risolto anche i
rapporti con la DIA. Già esisteva un'ottima intesa con gli
altri servizi di polizia giudiziaria di livello nazionale;
adesso abbiamo disciplinato il rapporto con la DIA, alla quale
abbiamo dato buona parte del personale specializzato: in
particolare, il ROS ha fornito il 50 per cento dei propri
comandanti di reparto e distaccheremo presso questo organismo
altri 80 funzionari (ufficiali e sottufficiali di polizia
giudiziaria). Abbiamo sempre collaborato lealmente con i
dirigenti della DIA, con i quali siamo in ottimi rapporti.
   La DIA non ha compiti in via esclusiva in materia di
criminalità organizzata. Il secondo reparto di questo
organismo si interessa istituzionalmente dell'attività di
investigazione nel campo della criminalità organizzata.
Esclusivamente e non in via esclusiva, perché la legge
istitutiva fa carico alla DIA di avere contatti con il ROS e
lo SCO. Ciò vuol dire che anche noi dovremmo avere le stesse
strutture per raccordarci tra noi.
   Dunque, ci sono le premesse perché la DIA abbia un buon
decollo e ne siamo felicissimi, perché il lavoro non manca e
quindi non abbiamo alcuna preoccupazione.
   Quanto alle linee operative, il ROS si avvale di personale
specializzato che per lunghi anni, densi di avvenimenti, ha
svolto solo questo tipo di lavoro, esonerato da attività
amministrative, disciplinari o altro. Grazie alla rete di
sezioni dislocate su tutto il territorio nazionale il ROS ha
potuto attuare il principio fondamentale della mobilità
assoluta.
   Sono state compiute notevoli operazioni in Versilia, a
Bolzano, a Trento, in Sicilia, in Calabria, che hanno portato
a numerosissimi arresti. Ciò è stato possibile perché la
struttura svolge attività unicamente nel campo della
criminalità organizzata e perché è una struttura agile,
composta da militari che vi permarranno a lungo, in modo che
possano crescere anche dal punto di vista professionale.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  LUIGI ROSSI. Desidero domandare al generale se sia vero
che è stato siglato un patto fra camorra, mafia, sacra corona
unita e n'drangheta, come risulterebbe da recenti notizie, e
quali siano state le conseguenze di tale nuova formazione.
   Inoltre, vorrei sapere se siano state accertate nel nord
infiltrazioni di criminalità organizzata, collegate alle
quattro grandi organizzazioni criminali, specialmente per
quanto riguarda i giostrai ed il clan del Brenta: si sono
effettivamente verificate tali infiltrazioni, che sembrano
aumentare quotidianamente?
  ALTERO MATTEOLI. Generale Subranni, lei considera la
struttura del ROS, in base ai mezzi e agli uomini a
                         Pag. 126
disposizione, sufficiente per affrontare il fenomeno della
criminalità organizzata?
   Nel suo breve intervento, lei si è riferito testualmente a
"grossi lavori" in Versilia: personalmente, so bene che la
criminalità organizzata, più specificamente la mafia, è ormai
uscita dalle regioni tradizionali ed ha cominciato ad operare
anche nelle regioni del centro e del nord. Soprattutto in
Toscana, vi sono stati "grossi lavori" - mi è piaciuto il
termine che ha usato -, in particolare in Versilia e a
Montecatini. Lo stesso Madonia è stato arrestato nel Veneto
dopo un soggiorno di due mesi e mezzo in alberghi della
Versilia. Le chiedo quale giudizio dia sugli uomini a
disposizione in queste regioni a rischio. Sono, a suo avviso,
sufficientemente attrezzati e soprattutto preparati ad
affrontare il fenomeno?
   Desidero inoltre domandarle generale, se nelle indagini
compiute dalla vostra struttura nelle regioni del centro nord
sia emersa la stessa collusione mafia-politica che è stata
ormai acclarata ripetutamente nelle regioni del sud.
  SALVATORE FRASCA. Desidero porre due domande. In primo
luogo, il ROS si è interessato o si sta interessando in
Calabria dell'assassinio dell'onorevole Ligato?
   In secondo luogo, nel momento in cui si compiono indagini
sulla criminalità organizzata e sui suoi collegamenti con il
mondo politico ed istituzionale, le risulta che si possano
evidenziare anche rapporti della criminalità organizzata con
settori della magistratura? Ho letto, per esempio, un
brillante rapporto dei carabinieri della legione di Catanzaro
sul clan Muto e su certi collegamenti con alcuni magistrati
della costa tirrenica cosentina: come finiscono queste
indagini? Il lavoro dei Carabinieri è tutta polvere che si
disperde perché vi sono muri invalicabili nel nostro sistema
politico e istituzionale? Non mi riferisco al mondo della
politica o all'apparato amministrativo ma all'ordine
giudiziario.
  ALTERO MATTEOLI. Il rapporto a cui si riferisce
l'onorevole Frasca è a disposizione della nostra Commissione?
  SALVATORE FRASCA. No, lo ho personalmente; fa parte di
un processo che è stato celebrato.
  ALTERO MATTEOLI. Sarebbe opportuno acquisirlo agli atti
della Commissione.
  SALVATORE FRASCA. Comunque, può darsi che sia già agli
atti della Commissione: riguarda il processo Muto, che il
presidente conosce bene.
  PRESIDENTE. Sì, possiamo verificare se il rapporto si
trovi agli atti della Commissione; altrimenti, possiamo
acquisirlo.
  SALVATORE FRASCA. In ogni modo, con l'autorizzazione del
presidente, posso far fotocopiare una lettera che mi è giunta,
relativa all'interrogativo che ho sollevato.
  PRESIDENTE. Non ritengo, senatore Frasca, che lei abbia
bisogno della mia autorizzazione per far fotocopiare una
lettera.
  SALVATORE FRASCA. Desidero far comprendere ai colleghi
la ragione della mia domanda, nella speranza che i Carabinieri
parlino, come solitamente avviene, poiché va dato atto della
loro lealtà nei confronti dello Stato.
  PRESIDENTE. Il senatore Cappuzzo esulta per questa sua
affermazione!
  MARCO TARADASH. Vorrei effettuare una prima valutazione
sulla organizzazione del nostro lavoro senza alcuna intenzione
polemica, ma per il futuro, visto che siamo agli inizi. Il
generale Subranni ha svolto una relazione di pochi minuti, con
la quale ci ha praticamente salutato e niente più, rinviando
al documento scritto che ha portato. Noi, però,
                         Pag. 127
non abbiamo letto tale documento, per cui siamo assolutamente
disarmati rispetto ad ogni possibilità reale di confronto
nell'ambito della presente audizione. E' come se stessimo
svolgendo un quiz televisivo, nel quale poniamo alcune
domande, alle quali ci vengono fornite alcune risposte. A mio
avviso, se le audizioni andranno avanti in tal modo, avremo
una buona rappresentazione dell'efficienza burocratica dei
vari apparati dello Stato, ma non compiremo un passo in avanti
nella comprensione dei problemi...
  PRESIDENTE. Mi scuso con l'onorevole Taradash per
l'interruzione, ma desidero precisare che coloro che abbiamo
convocato per la presente audizione hanno tutti ricevuto la
medesima domanda da parte nostra, nel caso del generale
Subranni attraverso il comandante generale dell'Arma dei
carabinieri Viesti. Il tipo di risposta, particolarmente
sintetica, del generale Subranni sarà valutato dai membri
della Commissione.
  MARCO TARADASH. D'accordo, ma personalmente ritengo che
dobbiamo premunirci rispetto ad una eventualità che in futuro
non si dovrebbe verificare. Dovremmo organizzare meglio ...
  PRESIDENTE. Ritengo che il generale Subranni possa
prendere atto dell'obiezione e compiere un'esposizione più
analitica nella prossima occasione.
  MARCO TARADASH. Ripeto: non si tratta affatto di una
polemica, ma dato che dovremo lavorare per cinque anni,
dovremmo evitare di farlo in questo modo.
   Passo ad una serie di domande, alle quali è probabile che
non riceveremo risposta, come è avvenuto nell'audizione dei
rappresentanti del GICO appena conclusasi, ma che bisogna
comunque porre. Vorrei innanzitutto capire quali siano oggi le
aree nazionali più colpite dalla mafia o da organizzazioni
simili, che agiscono in connivenza o sulla base di un metodo
mafioso, anche se non sono strettamente di origine mafiosa.
Vorrei inoltre sapere se si abbia una visione evolutiva del
fenomeno, che consenta di comprendere in quale modo sia stato
possibile che le famiglie mafiose uscissero da certe zone
della Sicilia, investendo tutto il meridione e successivamente
tutta l'Italia...
  UMBERTO CAPPUZZO. Non solo dalla Sicilia! Le famiglie
operano in tutte le parti d'Italia.
  MARCO TARADASH. All'inizio sono partite dalla Sicilia;
dato che negli ultimi quindici anni si è verificata una grande
espansione, bisognerebbe cercare di comprendere come sia
avvenuta, attraverso quali metodi e come sia possibile
frenarla. In particolare, occorre chiedersi se si possa
frenare con le armi della repressione, oppure se queste non
siano utili. Rispetto a determinati fenomeni, per esempio,
bisogna cambiare politica in termini più generali.
   Con riferimento al fenomeno della droga, vorrei avere una
valutazione sulla sua importanza rispetto alla crescita della
criminalità organizzata in Italia. Il generale Subranni ha
ricordato in particolare un sequestro di 300 chilogrammi di
eroina e la recente scoperta vicino a Bergamo, quindi non in
Sicilia, di raffinerie di cocaina della famiglia Fidanzati. I
sequestri complessivi di eroina nel nostro paese quest'anno
dovrebbero ammontare a circa 2 mila chili: desidero pertanto
domandare al generale Subranni quale dimensione del traffico
di droga (eroina e cocaina) il ROS valuti per l'Italia; quanti
chili di droga circolino ogni anno nel nostro paese; di
conseguenza, quale percentuale rappresentino i 2 mila chili di
droga sequestrati, se il 50, il 5, o lo 0,5 per cento della
droga in circolazione.
   Non metto in dubbio l'efficienza della Gurdia di finanza
rispetto al problema del riciclaggio, o dei Carabinieri
rispetto ai sequestri di droga; piuttosto, metto in dubbio
l'efficacia di una politica, domandandomi
                         Pag. 128
cosa essa produca, pur espressa ai massimi livelli di
efficienza - poi, ci direte se quei livelli sono
effettivamente tali -.
   Vorrei inoltre capire quali siano le reti di traffico e
delle organizzazioni criminali in Italia: intendo riferirmi
non soltanto a quelle mafiose, ma anche alle altre reti,
nazionali o internazionali, che operano nel nostro paese. In
relazione a ciò, vorrei sapere se rientri tra i vostri compiti
istitutivi quello di lavorare anche sulle reti italiane che
operano all'estero e se, di conseguenza, abbiate una visione
dell'espansione della criminalità organizzata in Europa, in
particolare in quella dell'est. I vostri collegamenti
internazionali all'interno ed all'esterno della Comunità
europea, in particolare con i paesi dell'est, sono operativi e
funzionali, oppure no?
   Passo ad un'altra domanda. Dato che, com'è noto,
all'interno del mondo politico vi sono fenomeni di corruzione,
denunciati ed ampiamente pubblicizzati, vorrei sapere se tali
fenomeni si riscontrino anche all'interno dell'Arma dei
carabinieri - oltre che di altre forze dell'ordine, di cui,
però ci occuperemo in altre occasioni -. Esiste all'interno
dell'Arma un osservatorio relativo ai casi di corruzione?
Ancora: si sono verificati, soprattutto nel nord, episodi che
hanno fatto sospettare infiltrazioni all'interno dell'Arma; si
possono temere infiltrazioni anche nel resto d'Italia ed
esiste un monitoraggio rispetto ad esse?
   Passo all'ultima questione. Il vicecomandante dell'Arma
dei carabinieri, Grilli, ha recentemente proposto la
legalizzazione del commercio della droga come soluzione
politica ad un problema che ritiene non possa essere
affrontato in termini di repressione: vorrei quindi sapere se
l'Arma abbia una propria posizione e se l'abbia comunicata al
Governo, o se il generale Subranni abbia qualche opinione
personale in merito.
  ANTONINO BUTTITTA. Ritengo di interpretare anche le
valutazioni di altri colleghi nel manifestare al generale
Subranni un apprezzamento positivo in ordine al lavoro che
egli svolge, insieme con collaboratori validissimi. Si tratta
di un lavoro di cui molti di noi conoscono i risultati
positivi.
   La domanda che desidero rivolgere al generale riguarda la
dimensione che l'attività della criminalità mafiosa sta
progressivamente assumendo nel nostro paese: desidero sapere
in particolare, se le famiglie mafiose, oltre ad essere
presenti nel settore degli appalti, della produzione e del
commercio degli stupefacenti, comincino per caso ad essere
presenti anche in quello alberghiero.
  PRESIDENTE. Invito tutti i colleghi alla stringatezza
dell'onorevole Buttitta.
  VITO RIGGIO. Mi rifaccio anch'io alla breve introduzione
del generale Subranni, che d'altronde ha consegnato un
testo...
  PRESIDENTE. Si tratta di uno schema relativo alle
operazioni, che non contiene un'analisi.
  VITO RIGGIO. Se non vi sono valutazioni nel documento,
ritengo che rientri nelle tradizioni e nel significato della
nostra Commissione parlamentare l'utilizzazione dell'altissima
professionalità ora a disposizione in questa sede, anche se
non so bene in quali termini il generale possa rispondere alla
mia domanda.
   Abbiamo sentito ancora una volta, da fonti
extraparlamentari, cioè giornalistiche, che stanno avvenendo
all'interno delle organizzazioni mafiose fenomeni di grande
rilievo e mutazioni profonde, che inducono addirittura
qualcuno ad intravedere un principio di dissolvimento
dell'organizzazione tradizionale. Si tratta di un'esagerazione
giornalistica, eccessivamente positiva, così come erano
eccessivamente negative alcune valutazioni di qualche mese fa?
Corrisponde, in qualche modo, ad un possibile processo che si
è aperto? Cosa sta accadendo e da cosa può essere sostituito
quel processo, visto che si fa riferimento ad organizzazioni
che non fanno più formalmente capo a Cosa nostra? A quale
realtà siamo di
                         Pag. 129
fronte, se vi sono già elementi sufficienti per una
valutazione? Quali sono i possibili risvolti in termini di
riattrezzatura dello Stato nell'ambito della lotta alla mafia,
o meglio alla criminalità organizzata complessiva, vista la
distinzione che è stata introdotta?
  MARIO BORGHEZIO. Nel corso dell'audizione svoltasi l'8
ottobre il ministro dell'interno ha affermato, relativamente
alle richieste di scioglimento dei consigli comunali in odore
di mafia, che se si dovesse dar credito ai fatti emersi e
indicati in molte interrogazioni parlamentari, dovrebbero
essere sciolti moltissimi consigli comunali, per motivi legati
o ad attività propriamente mafiose o, in generale, al connubio
fra politica e affari, fra politica e criminalità politica. Il
fenomeno è evidentemente molto vasto e radicato.
   Vorrei sapere se il Raggruppamento operativo speciale
abbia in programma indagini specifiche sui rapporti fra
politica e affari, in relazione agli eventi evidenziati nelle
indagini in atto sulle varie "tangentopoli", che stanno
emergendo in tutto il paese; in particolare, sul quadro poco
confortante che si delinea nella realtà degli enti locali,
soprattutto di quelli comunali.
   A tale proposito segnalo un paio di episodi specifici
della regione da cui provengo, cioè il Piemonte. In un comune
nei dintorni di Moncalieri in piena aula consiliare sono stati
ascoltati discorsi, che mi pare siano stati frettolosamente
censurati in sede di verbalizzazione, non so se immediata o
successiva. "Siamo uomini d'onore!": questo è stato detto e
ripetuto in un acceso dibattito da parte di esponenti
consiliari.
  PAOLO CABRAS. Ricordiamo Shakespeare: anche Bruto era un
uomo d'onore!
  MARIO BORGHEZIO. In un altro comune del Piemonte
profondo, quello di Giaveno, nella provincia di Torino, una
persona, che ha vissuto una lunga vicenda di contenzioso con
l'amministrazione comunale, si è rivolta all'autorità
giudiziaria affermando : "Non mi sento più di vivere in un
clima che non è più quello tradizionale del mio paese. Mi
sembra di vivere in una realtà profondamente mafiosa!".
   Vorrei, relativamente a questi aspetti, quindi ad una
realtà di penetrazione della "piovra" anche al nord, sapere
quali siano le indagini in corso e se vi sia una specifica
attività programmata, partendo comunque dagli elementi già
emersi, sui rapporti fra mafia e immigrazione
extra-comunitaria clandestina.
  GIROLAMO TRIPODI. La prima domanda, che pongo in termini
molto stringati, riguarda l'entità e la dislocazione delle
forze organizzate attorno ai ROS, in tutta l'area nazionale ma
soprattutto nelle zone ad alto rischio, vale a dire nelle
regioni che sono più colpite dalla presenza mafiosa, quelle
del Mezzogiorno per intenderci, anche se addentellati esistono
in altre aree del paese.
   Ritengo che la lotta alla mafia possa avere successo
soltanto se si riuscirà a colpire nel segno. Sappiamo che il
nostro impegno particolare deve essere concentrato sugli
interessi della mafia; mi domando allora perché negli ultimi
anni si sia registrata una caduta delle indagini patrimoniali,
cioè dell'attività di sequestro e poi di confisca degli
arricchimenti illeciti e quali siano i risultati ottenuti,
stando all'esperienza dei nostri interlocutori, per quanto
riguarda l'attività di smascheramento degli intrecci fra mafia
e politica. Nel caso in cui siano stati conseguiti risultati,
vorrei conoscerli in maniera dettagliata, con riferimento al
numero, sia alle località.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Mi è giunta una voce
autorevole, anche se molto generica e riservata, secondo la
quale nella regione Toscana - tale fenomeno evidentemente è
più generale - il terreno di formazione delle condizioni
adatte allo sviluppo e all'intervento della
                         Pag. 130
vera e propria organizzazione mafiosa si starebbe ampiamente
fecondando e sviluppando, soprattutto in relazione alla crisi
economica attualmente esistente.
   Faccio un esempio, che rappresenta il punto dolente della
situazione. La necessità di una grandissima quantità di
imprese piccole o medie di rientrare, a cascata, dei
rispettivi crediti, fa sì che si sviluppi una particolare
attività di piccole organizzazioni, tendenti appunto a
conseguire il rientro di crediti a pagamento. Si tratta di un
vero e proprio racket per ottenere, a pagamento, con la
violenza e la minaccia, il rientro dei crediti. In altri
termini, sta diventando normale un sistema sostitutivo della
usuale procedura di ricorso al tribunale civile. Ciò crea una
manovalanza numerosa e soprattutto un clima diffuso, nel quale
la vera e propria criminalità organizzata trova un terreno di
entrata e di sviluppo.
   Se fenomeni del genere si verificassero su ampia scala, ci
troveremmo di fronte ad un nuovo gradino di diffusione della
mafiosità organizzata, in quanto essa troverebbe davanti a sé
un fenomeno organizzativo della società: dovendo in qualche
misura ricorrere, per espletare normali funzioni economiche,
alla piccola criminalità, creerebbe in realtà un terreno di
coltura per la grande criminalità.
   Vorrei sapere se fenomeni di questo genere, che producono
un ampliamento del terreno della grande mafiosità, siano
effettivamente in corso e conoscere la valutazione che se ne
dà.
  ERMINIO ENZO BOSO. Chiedo che il generale Subranni
esponga alcune considerazioni circa la disposizione dell'Arma
dei carabinieri sul territorio, sul fatto ad esempio che le
squadre informative dei gruppi delle diverse compagnie si
trovino in grande difficoltà ad operare, per i carichi di
lavoro e per la mancanza di sottufficiali e di agenti che
possano svolgere i servizi di polizia giudiziaria.
   Secondo il generale Subranni, sarebbe opportuno sciogliere
i battaglioni e dispiegare un notevole numero di militari sul
territorio, in agganciamento con questi servizi, che, secondo
quanto mi risulta da incontri che ho avuto con ex commilitoni
(ho prestato servizio nell'Arma) si trovano in grandi
difficoltà anche per la presenza di cinque-sei milioni di
extracomunitari senza documenti? (Commenti).
   Informatevi, se veramente i militari dell'Arma, i
sottufficiali della pubblica sicurezza vi vogliono fornire i
dati riguardanti tutto il territorio nazionale! Essi si
trovano in grandi difficoltà, in quanto vi sono persone che,
dietro indicazione di alcuni movimenti politici, distruggono i
documenti e non hanno più la possibilità di rientrare, in
quanto le loro ambasciate li rifiutano. Signori miei, andate
presso l'Arma dei carabinieri e informatevi, perché questa è
la verità! (Commenti).
   Si tratta di cinque o sei milioni di extracomunitari: ho
desunto questi dati da rapporti che ho ricevuto da colleghi di
Palermo, Torino, Milano ed altre zone. E credo più ai
sottufficiali dell'Arma, che a tante indicazioni di ministri e
guardasigilli!
  ALTERO MATTEOLI. Bisognerebbe sentire gli appuntati,
perché anche essi sono ben informati!
  ERMINIO ENZO BOSO. Prenditi pure il pensiero di dove
vado a raccogliere le informazioni!
   Stavo dunque dicendo che nell'addestramento dei
battaglioni rimangono dei piccoli nuclei per la manutenzione
dei mezzi: mi chiedo se possano essere addestrati per
integrare il sistema dei servizi particolari delle squadre
informative.
   Altra domanda è se sia possibile che Gelli sia sottoposto
a scorta, per cui sottrae ancora personale di servizio in un
periodo come l'attuale, nel quale la nazione tutta sta
affrontando notevoli pericoli.
   Infine vorrei sapere se secondo il generale Subranni
sarebbe più utile, per una guida sicura dell'Arma, che il
comandante generale provenisse dai quadri della medesima e non
fosse soggetto ad indicazioni politiche nell'ambito del
comando?
                         Pag. 131
  PRESIDENTE. Vorrei pregare i colleghi di non partecipare
in modo così rumoroso alla seduta (Commenti).
   Bisogna stare attenti, perché l'onorevole Matteoli è un
toscano!
  ANTONINO BUTTITTA. Da buon toscano, l'onorevole Matteoli
vorrebbe imporre la lingua italiana!
  PRESIDENTE. A volte si perseguono obiettivi
irraggiungibili!
  MICHELE FLORINO. Debbo formulare un'eccezione
procedurale, anche per una serie di domande che vanno al di
fuori del tema è oggi all'ordine del giorno. Domande di un
certo tipo, infatti, vanno rivolte in separata sede. Pur
rispettando il ruolo dei commissari e la libertà di rivolgere
domande ad un generale dei carabinieri e ad altri emeriti
componenti dell'Arma, quella riguardante l'inquinamento
dell'Arma stessa mi sembra fuori luogo e, oltretutto, pesante,
soprattutto perché l'audizione che si sta svolgendo è
pubblica. Quanto dico è ancora più valido per quei commissari
che fanno vertere le loro domande su temi politici non
attinenti alle competenze della Commissione. Se vogliamo
confrontarci politicamente sulla legalizzazione o meno della
droga, facciamolo pure, ma riservando a questo tema una seduta
apposita. Non voglio più sentire affermazioni che mi offendono
come cittadino, prima ancora che come parlamentare!
   Il generale Subranni si è soffermato sul fatto che il 50
per cento delle forze di cui dispone dovrà essere destinato
alla DIA. Poc'anzi il colonnello Marchetti ha fatto
riferimento ai valorosi ufficiali della Guardia di finanza,
che dovranno essere anch'essi destinati alla DIA. Poiché
quest'ultima, secondo il mio punto di vista, è una direzione
investigativa antimafia con caratteri maggiormente
amministrativi che operativi, visto che il ROS ha sul
territorio 26 sezioni operative e veloci, quali conseguenze
comporterà per l'operatività dell'Arma questa dislocazione di
forze operative presso la DIA?
  ANTONIO BARGONE. E' difficile rivolgere domande sulla
base di una relazione inesistente, però ci proverò, facendo
soprattutto riferimento alla necessità di individuare
l'adeguatezza dei corpi rispetto alla lotta alla criminalità
organizzata.
   Rivolgendomi in particolare al colonnello Mori, chiedo di
conoscere puntualmente come sia organizzato e dislocato il
Raggruppamento operativo speciale e da quanti uomini sia
composto. Rivolgo questa domanda perché abbiamo appreso che
esiste un'assoluta sproporzione fra il numero di uomini delle
forze dell'ordine che agiscono sul territorio nazionale, e il
deficit di investigazione, l'elemento più preoccupante che si
evidenzia nella lotta alla criminalità organizzata.
   Si tratta di sapere, allora, come agiscano questi uomini e
sulla base di quali input o criteri (dopo aver avvertito
l'assenza dell'attività investigativa dei nuclei in moltissime
circostanze). In altri termini: qual è il rapporto tra
l'attività del nucleo e quella ordinaria dell'Arma dei
carabinieri e delle altre forze dell'ordine?
   E' importante sapere se l'attività investigativa di questi
nuclei venga avviata, si svolga su indicazione e su stimolo
della magistratura o se, invece, essa sia autonoma e
spontanea. In tal caso, poi, occorre capire quando e perché
venga compiuta.
   Sarebbe anche interessante conoscere il rapporto con le
altre forze dell'ordine, sia perché il punto dolente è sempre
quello del coordinamento tra le forze, sia perché occorre
comprendere se i criteri che orientano l'attività
investigativa dei nuclei sul territorio nazionale diano luogo
ad un'attività in qualche modo coordinata con le altre forze
dell'ordine, dal punto di vista non organizzativo, bensì delle
strategie, cioè rispetto ai settori di intervento, al tipo di
indagini da svolgere. Chiedo ai nostri ospiti se un
coordinamento vi sia; in caso negativo,
                         Pag. 132
chiedo di sapere se si svolgano attività parallele, che in
qualche caso si sovrappongano e creino confusione.
   Secondo il dirigente del GICO che abbiamo ascoltato poco
fa l'avvento della DIA comporterà un depauperamento, dal punto
di vista qualitativo, dell'attività investigativa del GICO.
Vorrei chiedere ai nostri ospiti se tale avvento comporterà un
effetto analogo anche per quanto riguarda i ROS, nonché se si
verificherà un'ulteriore conseguenza, a mio avviso più grave,
consistente in una centralizzazione dell'attività
investigativa e quindi in un minore intervento in periferia,
ossia nelle realtà più a rischio in rapporto alle quali, già
con l'attuale articolazione del nucleo, si registra un
gravissimo deficit di investigazione. Mi riferisco non
soltanto all'attività criminale in generale, ma a quella della
criminalità organizzata in particolare.
  UMBERTO CAPPUZZO. E' un vero peccato che non ci si possa
intrattenere più a lungo con Subranni e Mori, nel momento in
cui si ha la fortuna di averli qui; essi potrebbero
intrattenerci su un tema che si potrebbe definire "la mafia
vista nel corso di una carriera". Sarebbe interessante,
infatti, confrontare le esperienze vissute dal Subranni
capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello periferico
ed il Subranni generale che opera in un organo centrale.
   Sarebbe altresì estremamente interessante sentire da
Mori...
  ALTERO MATTEOLI. Con quel cognome!
  UMBERTO CAPPUZZO. Si tratta di un cognome che richiama
un passato.
   Comunque, il colonnello Mori ha avuto la fortuna di
operare direttamente con il grande Falcone; egli quindi
potrebbe dirci molte cose sull'argomento.
   All'ufficiale dell'Arma che ha raggiunto quel livello e
che ricopre quell'incarico vorrei chiedere, in un confronto
fra l'esperienza passata di una lotta alla mafia condotta con
le organizzazioni, i metodi e le leggi di allora e
l'esperienza attuale dell'organizzazione, le leggi e la
situazione di oggi, se egli trovi grandi differenze e, in caso
affermativo, se queste siano in positivo o in negativo. In
particolare, vorrei sapere che cosa prenderebbe del passato e
che cosa si augurerebbe di poter ulteriormente innovare.
Ritengo, infatti, che il magnifico osservatorio in cui si
trova gli consenta di vedere le cose in maniera diversa.
   In sostanza, vorrei sapere che cosa egli vorrebbe
introdurre, per una lotta più incisiva (mi riferisco a tanti
colloqui avuti, in via privata, molti anni fa),
nell'organizzazione e nei metodi di lotta.
   In secondo luogo, desidero sapere che fine abbiano fatto
tutti i bei rapporti presentati a Palermo.
  PRESIDENTE. Si riferisce a quelli sugli appalti?
  UMBERTO CAPPUZZO. A quelli sugli appalti e ad altri
ancora.
  PAOLO CABRAS. Il collega Cappuzzo mi ha in qualche modo
preceduto: vorrei infatti chiedere al colonnello Mori quali
sviluppi abbia avuto negli ultimi tempi (se ne ha avuti)
l'indagine giudiziaria scaturita dal rapporto del ROS sugli
appalti pubblici a Palermo, di cui avemmo occasione di
occuparci nella Commissione antimafia della scorsa
legislatura.
  CARLO D'AMATO. Credo che sia doveroso sottolineare
ulteriormente la capacità e i meriti degli ufficiali presenti
a questa audizione, il generale Subranni, il colonnello Mori e
il maggiore Obinu.
   Desidero, tuttavia, sottolineare un punto, su cui qualcuno
si è già soffermato, che mi è sembrato per certi aspetti
(anche se l'illustrazione del generale Subranni non poteva che
essere così rapida) non affrontato in maniera definitiva. In
particolare, fonti autorevoli hanno sottolineato in questa
sede come la lotta alla malavita organizzata debba recuperare
un dato di fondo, rappresentato dal coordinamento
                         Pag. 133
 vero tra i corpi dello Stato. Si tratta - lo ripeto - di
fonti autorevoli che appartengono alla storia anche
recentissima di questa Commissione: infatti, il Presidente del
Consiglio e il ministro dell'interno sono le massime autorità
in materia.
   Mi rendo conto che l'ossequio alle leggi caratterizza la
loro attività; desidero, tuttavia, formulare una domanda,
sulla base di una sorta di finzione, non riferita alla loro
ufficialità. In particolare, desidero chiedere ai nostri
ospiti se ritengano che l'apparato dei corpi speciali delle
tre armi, come è attualmente definito, raggiunga un livello di
coordinamento vero. Vorrei sapere inoltre se essi ritengano
che la DIA possa rappresentare il punto di riferimento più
alto di un'azione di coordinamento; in particolare, la domanda
formulata dal senatore Florino introduce una valutazione circa
il fatto che la DIA debba ridursi ad un apparato di ordine
amministrativo oppure configurarsi come un organo in cui si
concentrino le migliori intelligenze oltre all'operatività
complessiva e unitaria delle tre forze di polizia.
   Questa mia domanda si riallaccia anche ad un'altra
considerazione svolta, in ordine alla quale si ha conoscenza
di un'iniziativa ufficiale da parte del ministro dell'interno:
mi riferisco alla questione del segretario generale, che
probabilmente dovrebbe rappresentare un punto di riferimento,
per alcuni aspetti superiore alla DIA, che organizzi da un
punto di vista operativo la vostra attività. Al riguardo,
vorrei acquisire il vostro parere.
  PRESIDENTE. Vorrei chiedere al generale Subranni e al
colonnello Mori se il ROS svolga anche indagini di carattere
patrimoniale o se queste siano delegate esclusivamente alla
Guardia di finanza.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. In costanza
di una investigazione che si conclude con l'identificazione di
associazione per delinquere di tipo mafioso, noi prendiamo in
esame anche l'aspetto patrimoniale.
  PRESIDENTE. Sono state svolte indagini sui beni di cui
dispongono le famiglie Riina, Provenzano e Santapaola?
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. No.
   Comunque, mi sembra che non vi siano altre domande, anche
se non ho preso nota con esattezza.
  PRESIDENTE. Le faremo pervenire un elenco.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Il collega
Mori si soffermerà sui compiti istituzionali del ROS e su
qualche operazione che riguarda anche l'Italia settentrionale
(l'asse Bolzano-Trento, la Versilia, Genova e la Lombardia), e
non sempre la Calabria o la Sicilia. Si tratta di lavori che
eccedono i limiti di tali regioni e metteranno in evidenza i
legami strutturali tra mafia ed altri ambienti.
   Circa il fatto che la mia relazione sarebbe inesistente,
desidero precisare che non mi è stata richiesta una relazione.
Anzi, se il presidente lo consentirà, potrò inserire gli
elementi che mi sono stati richiesti nell'ambito di una
relazione, che mi riservo di inviare nel giro di pochissimi
giorni.
   Oggi ho presentato non un documento sul ROS, ma un elenco
cronologico delle operazioni compiute che non possono essere
portate avanti soltanto da un comando di compagnia, di gruppo
o di squadra mobile. Si tratta di 193 operazioni frutto del
sacrificio dei miei uomini, che si espongono.
   Qualcuno mi ha rivolto una domanda in ordine alla legge
sulla droga. Quest'ultima si è rivelata come una legge
provvida, che ci ha consentito di colpire nei gangli vitali la
mafia, la 'ndrangheta e la camorra, che sono collegate tra
loro. Raggiungere queste organizzazioni significa
                         Pag. 134
 porre il mio personale in serio, costante e immanente
pericolo. Lo dico responsabilmente, anche perché ogni
operazione del genere mi costa un sottufficiale o un ufficiale
che parte perché lo devo allontanare per motivi di sicurezza.
   Mi auguro che le mia affermazioni vengano verbalizzate.
Ogni operazione contro associazioni per delinquere come quella
del cartello di Medellin mi costa un sottufficiale o un
ufficiale da trasferire, per consentirgli di sfuggire ad un
pericolo di vita conseguente al fatto che potrebbe incontrare
qualcuno in combutta col quale ha fatto venire due o trecento
chili di cocaina - mi riferisco alla circostanza in cui uno
dei miei uomini agisca da infiltrato (questa è la definizione
tecnica) -; è sufficiente che egli incontri per strada un
delinquente precedentemente arrestato il quale gli dica:
"Buongiorno, maresciallo" per farmi perdere un uomo.
   Ribadisco che il documento che ho consegnato contiene un
elenco delle operazioni compiute attraverso il sacrificio di
piccoli uomini, che non si attendono nulla, né ricompense, né
premi, né denaro, né carriera. Un appuntato, infatti, non
diventa ufficiale, ma rischia veramente molto.
   Certamente nell'Arma possono verificarsi episodi negativi
di comportamento e noi abbiamo la coscienza a posto per
poterli denunciare. Tra l'altro, investighiamo anche in
materia di spionaggio, nell'ambito del quale abbiamo in corso
operazioni ad alto livello (non credo di violare il segreto
istruttorio dicendo ciò). Circa due mesi fa si è verificato il
caso di un carabiniere, che noi del ROS abbiamo arrestato
perché era una spia; si è detto anzi che era una spia per
amore, tanto che il magistrato non avrebbe quasi voluto
arrestarlo.
   Recentemente abbiamo arrestato una funzionaria del SISMI,
ed abbiamo in corso altre operazioni di questo genere.
   Intendo dire che, con la ventata di democratizzazione
venuta dall'est, l'Europa è diventata certamente di colpo più
grande, ma è diventata di colpo più grande anche la
criminalità. Ora, infatti, si tolgono i coperchi e viene fuori
la verità. In tale contesto, operiamo con serietà,
determinazione ed impegno.
   E' stato chiesto, inoltre, se il parere del vicecomandante
dell'Arma in ordine alla liberalizzazione della droga sia
patrimonio comune dell'Arma. Quello al quale si è fatto
riferimento è un parere personale; io ne ho un altro, del
tutto opposto. Ma non mi si può rivolgere una domanda del
genere, perché non riguarda l'Arma dei carabinieri.
Analogamente, non mi si può chiedere un parere circa il fatto
che i battaglioni debbano essere disciolti o sulla provenienza
del comandante generale (Commenti del senatore Boso).
   A questa domanda risponderà il colonnello Mori quando
parlerà della struttura del ROS. Egli è un mio validissimo
collaboratore e ci tengo che prenda la parola.
  MARCO TARADASH. Lei deve darci risposte precise; non può
venire qui a farci un "cazziatone", come fossimo bambini
davanti ad un superiore!
   Ho fatto delle domande che appartengono alla logica della
repressione delle organizzazioni criminali, perché la nostra è
una Commissione politica che ha il compito di studiare il modo
in cui affrontare il fenomeno criminale dal punto di vista
politico.
   Il sacrificio è certamente dei carabinieri come è anche di
alcuni politici. Non si può quindi contrapporre sacrificio a
sacrificio, ma occorre parlare in termini di organizzazione,
di risultati e di suggerimenti.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. I risultati
sono 193 operazioni. Non pensavo di dover dare conto del
lavoro svolto. Comunque, per fortuna ho portato un documento
che contiene cenni storici, non è affatto retorico ed
evidenzia quante persone sono state arrestate, come si sono
concluse le indagini e quali imputazioni sono state mosse.
                         Pag. 135
  PRESIDENTE. L'onorevole Taradash ha posto alcune domande
specifiche. Probabilmente non a tutte è possibile rispondere
immediatamente. Ad alcune risponderà il tenente colonnello
Mori; per altro come abbiamo detto anche ai rappresentanti
della Guardia di finanza, attendiamo una risposta per iscritto
dopo che avremo fatto pervenire ai nostri ospiti l'elenco dei
quesiti posti loro nel corso dell'audizione.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Io ho preso
nota delle sue domande. Si è parlato di "episodi negativi" di
comportamento dell'Arma: ebbene, penso di aver risposto. Per
quanto riguarda il parere espresso dal vice comandante, l'ho
definito "suo personale".
   In riferimento al dissolvimento della mafia, penso che si
tratti di un atteggiamento ottimistico, positivo. Da più parti
si parla come se la mafia avesse accusato dei colpi - mi pare
che l'onorevole Riggio mi abbia fatto una specifica domanda al
riguardo - speriamo che sia così. Intanto, non potendo
rivolgere a voi delle domande, le ho poste a me stesso. Mi
sono chiesto: la criminalità organizzata è di estrazione
sottoculturale? E' di estrazione comune? Questa bipartizione
esaurisce il problema? Io non lo so. Per fortuna vedo che sono
presenti dei tecnici, compreso il professor Galasso, i quali
mi possono un po' seguire su di una valutazione che non vuol
giungere ad una conclusione.
   Ho motivo di ritenere che gli omicidi di Falcone e
Borsellino non siano in concreto propositi di vendetta,
rinviati nel tempo e quindi attuati con ritardo: una vendetta
a posteriori, postuma. Non penso sia così, perché a mio
giudizio la mafia non ha bisogno di far passare del tempo,
dopo che si sia verificato un episodio che faccia maturare in
essa un proposito di vendetta, un desiderio di odio, per
assicurarsi l'impunità. La mafia non ha di queste
preoccupazioni! Falcone e Borsellino hanno offerto, con i loro
comportamenti quotidiani, una miriade di occasioni facilissime
per essere eliminati. La mafia non deve dare dimostrazione di
potenza, inoltre agisce sulla base di un principio di stretta
economia, come quella dell'uomo comune (a maggior ragione il
malvivente!). Credo anzi che si possa escludere la vendetta.
Rimane, invece, costante nel tempo il sentimento di odio. Ma
non era necessario aspettare Falcone in Sicilia, per
ucciderlo. Credo che sia stato tutto studiato, perché
l'uccisione di Falcone e l'uccisione di Borsellino sono dei
"missili a testata multipla". Lo stesso Giovanni Falcone
conveniva con me parlando di "missili a testata multipla": a
mio giudizio la mafia ha colpito più obiettivi, non ne ha
mancato nemmeno uno. Spesso si parla di una maggiore
sensibilità, di una maggiore attenzione dell'opinione
pubblica. Io sono d'accordo, certo che questa maggiore
sensibilità esiste, però non la sopravvaluterei. Soprattutto
nella strage di Borsellino, ma anche in quella di Falcone, la
mafia ha messo in preventivo il fatto che anche il cittadino
comune sarebbe rimasto coinvolto. E perché? Perché il
cittadino comune adesso si sente anche lui toccato dalla
strategia criminale ed anche folle della mafia.
   Non so se ho risposto o meno riguardo alla previsione,
eccessivamente ottimistica, di un dissolvimento; in ogni caso
mi colloco tra coloro i quali devono continuare a lavorare con
impegno.
  ALTERO MATTEOLI. Diversamente da quanto ha fatto nella
relazione, nelle risposte lei ha toccato due argomenti di
estrema rilevanza. Ora ci dice che gli attentati ai giudici
Falcone e Borsellino non sono stati episodi di vendetta, ma
altro. Le dispiacerebbe esplicitare bene il suo pensiero?
Probabilmente io non ho ben compreso il suo ragionamento, da
addetto ai lavori. Ha detto che non si sarebbe trattato di
vendetta perché la mafia non ha bisogno di questo, ma allora
di che cosa si sarebbe trattato? In che senso si può parlare
di coinvolgimento del cittadino? E' importantissimo questo
aspetto.
                         Pag. 136
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri. Il
coinvolgimento di comuni cittadini non era certo l'obiettivo
unico perseguito nell'uccisione di Borsellino, ma è stato
messo in conto dalla mafia quando ha fatto quel tipo di
attentato. Poiché essa non fa nulla di gratuito, né si espone
senza avere una precisa resa economica dall'azione che compie,
io credo che abbia preventivato anche questo.
   Intanto si sono determinati malintesi in tutti i settori;
ciò ha disorientato anche qualche parte delle istituzioni...
  ALTERO MATTEOLI. Ha fatto scoppiare le contraddizioni.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Certamente.
Ma perché ho detto questo? Perché sempre più si parla di una
mafia che ha i giorni contati. Io non so ...
  PRESIDENTE. Mi scusi, generale, per quanto riguarda i
due attentati si può parlare di modalità di esecuzione del
tutto diverse da quelle relative all'esecuzione degli omicidi
di Salvo e di Lima?
  VITO RIGGIO. Non ho espresso una mia opinione, però non
si può negare che nel corso degli ultimi mesi si stia
diffondendo, per vie giornalistiche, una interpretazione.
Adesso, il generale Subranni ci ha detto non solo che occorre
cautela - il che è ovvio - ma anche che non è così. Questo è
importante.
  PRESIDENTE. Ci sono stati quattro omicidi: due di tipo
selettivo (l'omicidio Salvo e l'omicidio Lima) e due di tipo
di massa, dal punto di vista dell'impatto. Evidentemente
quando si compie un omicidio selettivo si vuole lanciare il
messaggio che la vittima è soltanto quella e non altre; non ci
sono possibilità di errori né di confusioni.
   Nel momento in cui si compie l'altro tipo di omicidio si
mette in conto, diciamo, un effetto terrorizzante di
disordine, di confusione e così via. In base alle vostre
valutazioni, cosa significano nell'arco di poco tempo questi
omicidi (quelli dei mediatori sono omicidi selettivi, quelli
dei nemici sono omicidi di tipo terroristico) nell'ambito
della dinamica dell'azione mafiosa?
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non credo che
si debba parlare in questa sede delle risultanze
investigative.
   Innanzitutto devo accennare agli appalti di cui tanto si
parla. Abbiamo fatto dei lavori: il ROS ne ha fatti diversi e,
a mio avviso, con una certa specialità...
  PRESIDENTE. Quello che si è fatto è stato fatto
benissimo!
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Talvolta può
darsi che noi ci attendiamo di più da un lavoro, dal punto di
vista di resa numerica e qualitativa, perché lo
sopravvalutiamo, perché ce ne innamoriamo, perché è frutto del
nostro sacrificio! Ma ognuno fa il proprio lavoro.
   Noi presentiamo il rapporto (che si chiama informativa)
con la raccolta di tutti gli elementi relativi alla
responsabilità penale, a chi compete. Non dico che a questo
punto il nostro lavoro è finito, perché continuiamo a
seguirlo, ma non ci stupiamo molto dell'esito che può avere.
Ognuno può fare valutazioni sbagliate, può sopravvalutare un
proprio lavoro; d'altra parte, esiste la separazione dei
compiti, delle attribuzioni, delle responsabilità. Nostro
compito è di presentare un lavoro. Non credo di rivelare un
segreto istruttorio nel dire che indigna sentire un mafioso o
un rappresentante di mafia dire: "io amministro tanti miliardi
e quindi ti impongo...". Se amministra tanti miliardi,
amministra anche la nostra moneta, il nostro piccolo
stipendio: questo certo ci irrita e quindi ci impegnamo ancora
di più. Posso senz'altro
                         Pag. 137
dire che i lavori non sono finiti: è un settore molto
importante! Né sono finiti i risultati.
  ERMINIO ENZO BOSO. Vorrei sapere dal colonnello Mori se il
numero degli extracomunitari corrisponda ai dati che mi sono
stati forniti.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Ho preso nota
delle domande e cercherò di rispondere tecnicamente e
partitamente. In ogni caso prego gli interroganti di farmi
presente se salto qualche risposta. Se non fossi in grado di
rispondere, mi riservo di farlo per iscritto. Il primo quesito
che mi è stato rivolto era riferito all'esistenza di un patto
tra le mafie, tra le quattro organizzazioni. Nel tempo si sono
riscontrati aspetti che dimostrano, per esempio, le
collusioni, i collegamenti tra le famiglie mafiose palermitane
e gruppi napoletani dediti al traffico dei tabacchi lavorati
esteri, con l'affiliazione di alcuni personaggi diventati
uomini d'onore da semplici "sigarettai", così come venivano
definiti. Ci sono indubbiamente alcuni elementi che attestano
l'esistenza di contatti precisi e strumentali tra la mafia
siciliana (in particolare, Totò Riina) e cosche calabresi. Ci
sono - e questa è ormai storia - contatti tra le famiglie
camorristiche e la Sacra corona unita, che della camorra è la
derivazione. Non abbiamo, però, elementi per affermare che vi
sia una struttura unitaria che gestisca il tutto. In base alla
mia esperienza riterrei di no, comunque è un dato soggettivo.
   Che dire delle infiltrazioni della mafia nel nord (si è
parlato del gruppo del Brenta e dei giostrai)? I giostrai e il
gruppo del Brenta sono due strutture che non hanno nulla a che
fare, allo stato, con la mafia. I primi sono degli zingari
italiani, precisamente dei Rom, che hanno qualche contatto con
elementi calabresi, però non specificatamente e sicuramente
individuati come elementi mafiosi. Il gruppo del Brenta, che
fa capo ad un certo Maniero, è una struttura di criminalità
organizzata di tipo non mafioso, che fa soprattutto rapine ai
furgoni portavalori; fa rapine in linea generica; fa un medio
traffico, come quantità e consistenza, di droga (in
particolare eroina). Questo è quanto posso dire.
   L'onorevole Matteoli ha posto uno specifico quesito a
proposito della situazione in Versilia. In questa zona abbiamo
fatto dei lavori. Essi ci hanno permesso di individuare una
struttura criminale, sicuramente di criminalità organizzata,
che faceva capo ad un certo Musumeci (probabilmente lei
ricorderà questo nome), che era catanese. Non si trattava di
una struttura mafiosa, in quanto non aveva collegamenti con le
strutture mafiose operanti e note, però si comportava con i
sistemi, le metodologie e le intimidazioni di tipo mafioso -
questo sì! -. Essa si rese responsabile di una serie di
omicidi che, all'epoca, sono stati tutti scoperti. Rimase
nella zona un solo omicidio ad opera di ignoti, quello di un
ingegnere livornese, di cui adesso non ricordo il nome e che
non aveva nulla a che fare con la faida tra due gruppi
criminali che era la base di partenza delle nostre indagini.
Tali omicidi attestano la particolare "sensibilità" della
zona: la Toscana è una zona di retrovia, per usare un termine
che il generale Cappuzzo ben comprenderà; ciò valeva anche per
il terrorismo, infatti le brigate rosse la usavano per
risistemare e rimettere in sesto le loro strutture.
   La mafia e le organizzazioni criminali in genere non
vogliono che in quella zona vi sia una grande attività. E'
possibilissimo, trattandosi di una regione in cui l'economia è
florida, che abbiano posto l'attenzione su una serie di
attività economiche. Sono in corso una serie di riscontri;
però, allo stato, strutture mafiose in senso specifico,
operanti in zona, con interessi particolari e specifici ben
individuati, non ce ne sono. Ci sono sicuramente latitanti che
si nascondono perché la zona si presta moltissimo a questo
scopo.
                         Pag. 138
   E' stato chiesto se la mafia operi anche nel centro e nel
nord. Certamente sì e in particolare è obbligata ad operare
nel nord ed a Milano, che è la capitale della droga in Italia:
la mafia non può cedere questo terreno. Non ci sono però a
Milano molte famiglie mafiose; la principale è quella dei
Fidanzati che è stata stroncata perché i principali
responsabili, cioé i figli di Gaetano, arrestato in Argentina,
e i "capetti" attorno a loro sono stati tutti arrestati ed ora
sono detenuti. La famiglia in questo momento è stata resa
inoffensiva.
   In Trentino Alto Adige, che è una zona particolarmente
ricettiva in quanto impreparata, si sono verificate
infiltrazioni, specialmente di origine calabrese. Lavorando
con la procura distrettuale di Bolzano, abbiamo individuato
un'associazione per delinquere di tipo mafioso ed abbiamo
operato 41 arresti: 40 calabresi ed un altoatesino, che forse
era capitato lì per caso.
  ERMINIO ENZO BOSO. E' vero che in Alto Adige si registra
una consistente affluenza di droga dalla Val Venosta?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non le so
rispondere.
   L'onorevole Taradash ha posto una serie di quesiti tra cui
quello riguardante le aree più colpite dal fenomeno mafioso.
Le più colpite sono senz'altro quelle di origine dei gruppi
mafiosi, cioé le solite quattro regioni più sensibili a questi
problemi. Ritengo che la sua domanda mirasse a sapere quali
fossero le regioni colpite oltre quelle notoriamente
infestate. Innazitutto bisogna dividere per tipi di
organizzazioni: per quanto riguarda la camorra, gli
insediamenti maggiori e più pericolosi sono in Piemonte ed in
Lombardia; per la mafia siciliana, la zona più colpita è la
Lombardia. La 'ndrangheta ha una struttura molto sfilacciata
per cui non dispone di organizzazioni strutturate vere e
proprie e perciò in grado di operare con disegni di tipo
esclusivamente tattico. Direi che, se in una regione sono
presenti tutte e tre le grandi mafie - quella pugliese è un
qualcosa di ancora non ben definito, almeno in base alle
nostre conoscenze - il "generale" è sempre un mafioso
siciliano, il "colonnello" è sempre un mafioso calabrese e gli
"appuntati" ed i "carabinieri" sono sempre campani. Ma questa
ovviamente è quasi una battuta.
   L'onorevole Taradash ha posto anche una domanda
riguardante la droga ed ha ricordato che ne sono stati
sequestrati quest'anno circa duemila chili. In particolare, ha
chiesto quale sia la proporzione tra la quantità sequestrata e
quella circolante. Io non glielo so dire e penso che nessuno
in Italia onestamente glielo possa dire. Ci possono essere
annate che vanno particolarmente bene, perché si è molto
fortunati e si compiono tre operazioni che portano al
sequestro di 1500 chili di cocaina e di altrettanti di eroina.
L'anno dopo, invece, può andar male, ma può anche darsi che ci
sia un calo del traffico. Bisognerebbe avere strumenti di
valutazione che nessuno offre, che è comunque difficile
cercare ed essere sicuri che siano validi. L'Arma dei
carabinieri, perciò, non è in grado di dare questa risposta
con precisione.
  ALTERO MATTEOLI. Ci vorrebbero delle bolle di consegna!
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. E' stato
chiesto anche chi sia inserito nel traffico oltre alla mafia
ed ai colombiani. Per quanto riguarda l'eroina, sicuramente i
turchi perché la rotta balcanica è ancora quella principale:
la droga esce dai Balcani o attraverso il mare (ed in genere
raggiunge le Puglie) o attraverso le vie di terra (per
ferrovia o via strada) ed allora raggiunge Milano. Da lì si
suddivide nel territorio.
   Le due grandi provenienze delle droghe leggere sono
attualmente quella libanese, classica ed ormai consolidata, e
quella marocchina operata in genere attraverso le flotte
pescherecce.
                         Pag. 139
  MARCO TARADASH. Da libanesi e marocchini?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Sì, il
trasporto viene fatto proprio dalla marineria locale.
  VITO RIGGIO. Da Mazara.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Molti degli
equipaggi mazaresi sono composti da tunisini e marocchini.
  PRESIDENTE. Da molti anni.
  MARCO TARADASH. Per la cocaina?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. La cocaina
spesso oggi è portata direttamente dai colombiani, perché ora
questi fanno gli affari in proprio, senza mediazione.
  PRESIDENTE. Non sono più serventi.
  MARIO MORI, Vicepresidente del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Noi abbiamo
sequestrato a Genova un carico di 300 chili di cocaina la cui
spedizione era avvenuta attraverso contatti diretti fra
elementi locali italiani, infiltrati da un nostro
sottufficiale, ed elementi colombiani. Il carico è arrivato in
containers insieme al pesce.
   I colombiani erano venuti in Italia e non avevano chiesto
di collocare la merce perché avevano già i loro clienti,
venuti dall'Olanda, dalla Campania ed anche da Israele. E sono
stati arrestati.
  PRESIDENTE. Si è mai fatta, o si è in grado di fare, una
valutazione dell'impatto di questi sequestri sul mercato
interno? Aumenta il costo della sostanza, diminuisce la
quantità in circolazione, aumenta il taglio?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. E' una
domanda alla quale può rispondere sicuramente meglio di me il
servizio centrale antidroga, che dispone indubbiamente di un
quadro molto più ampio. Posso dirle che quando si sequestra
solo la droga il danno è davvero relativo. E' meglio arrestare
un organizzatore del traffico.
   Il testo unico ci consente adesso di salire alcuni gradini
che prima ci erano preclusi, perché dovevamo fermarci al
piccolo spacciatore. Oggi, come dicevo, possiamo salire più in
su anche di molto. Consideri che in un'operazione compiuta a
Milano, con irruzione in una raffineria di cocaina in
funzione, il magistrato ha avuto la determinazione di lasciar
passare un carico di 20 chili, che sono tanti perché ci muore
tanta gente; forse si sarebbe potuto fare di più se si fosse
fatto passare anche un altro carico. Francamente, però, mi
sembra un po' troppo e quindi è stato giusto essere
intervenuti per 30 chili.
  ALFREDO GALASSO. Mi scusi, ma non capisco il rapporto
tra questo ed il livello dell'organizzazione. Per capirci,
qual è il rapporto nella vicenda Fidanzati?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Deve essere
chiaro che noi abbiamo fatto questa operazione non per colpire
il traffico della droga: abbiamo sfruttato la legge sulla
droga per arrivare ad una famiglia mafiosa. In altri termini,
abbiamo pensato: se riusciamo a penetrare nella famiglia
Fidanzati - che fa sicuramente traffico di droga - eliminiamo
una famiglia mafiosa dal contesto italiano, in particolare
dalla piazza di Milano. Abbiamo cioè sfruttato l'operazione
antidroga per fare un'operazione antimafia.
                         Pag. 140
  ALFREDO GALASSO. Questo l'ho capito. Non ho capito,
invece, perché aspettando l'eventuale secondo o terzo carico,
si sarebbe potuto andare oltre.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Perché ciò
avrebbe consentito di vedere tutte le ramificazioni. Con il
primo carico avevamo identificato cinque persone; con il
secondo siamo arrivati a 25-28; con il terzo probabilmente
saremmo potuti arrivare, seguendo i corrieri, anche in
Calabria o in Campania, con il rischio però di perderli.
  MARIO BORGHEZIO. Ci sono connubbi con la mafia cinese?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non ne
conosco.
   Penso di aver risposto a tutte le domande dell'onorevole
Taradash.
  MARCO TARADASH. Le avevo chiesto dell'Est.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
speciale operativo dell'Arma dei carabinieri. Non abbiamo
particolari informazioni sulla situazione dell'Est. Sulla base
di una mia valutazione personale, posso dire che per la mafia
quello dell'Est è un grandissimo mercato di prospettiva.
Infatti, chi può disporre di danaro a costo zero in quantità
ingente e può inserirsi in un mercato che ha bisogno di soldi
e che non è nelle condizioni di verificare se si tratti di
soldi buoni o cattivi perché ha un problema economico.
L'inserimento la mafia lo farà, o lo ha già fatto. Io penso
che la mafia ci si sia già buttata.
   Noi, per adesso, abbiamo difficoltà di riscontri diretti.
In altri termini, non siamo mai arrivati attraverso
un'indagine di mafia a stabilire che il tal mafioso è in
contatto con situazioni particolari dell'Est. Abbiamo avuto
questa sensazione per un gruppo catanese che faceva viaggi in
Romania. Siamo stati in questo paese ed abbiamo anche ricevuto
una discreta collaborazione dagli organi di polizia rumena, ma
ci siamo imbattuti in una difficoltà che attualmente è la
principale: le polizie dell'Est sono assolutamente inadeguate
a far fronte al problema sia come mezzi, sia come
professionalità, sia come normative. Non possono perciò
collaborare con noi. Non è che non vogliano: proprio non
possono, per cui è davvero difficile avere un quadro della
situazione.
  PRESIDENTE. Mi pare che da alcuni procedimenti penali,
tramite intercettazioni telefoniche in Sicilia (disposte se
non erro dalla procura della Repubblica di Catania), sia
emersa la notizia di una grossa partita di cocaina pagata in
rubli.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Su quantità
enormi di rubli che si spostano per l'Europa ci sono una serie
di attivazioni che interessano non solo la magistratura
siciliana (su cui al riguardo so poco) ma anche la
magistratura di Napoli e quella di Palmi. Noi abbiamo dato
parziali informative a queste due magistrature ed attendiamo
ulteriori deleghe.
  PRESIDENTE. Avete un quadro degli italiani fermati o
arrestati nei paesi dell'Est?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non ne ho
contezza. Ci sono segnalazioni giornaliere che vengono dalla
Direzione centrale antidroga e che riguardano i nostri
connazionali arrestati qua e là. Un quadro complessivo è
probabilmente in possesso del Ministero degli esteri.
  PAOLO CABRAS. L'onorevole D'Amato le aveva chiesto
notizie sul coordinamento.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Posso
rispondere
                         Pag. 141
sia sul coordinamento sia sugli appalti. Entrambi mi
interessano molto.
  ALTERO MATTEOLI. Mi ero permesso di farle una domanda
sulle strutture che lo Stato mette a disposizione del ROS.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Quando si
parla di ROS - e lo stesso discorso penso possa valere, anche
se non mi compete farlo, per lo SCO e per gli altri - si parla
di una struttura che non è campata in aria e paracadutata in
zona di guerra, in quanto è inserita in un contesto di 105
mila uomini: tanti sono quelli dell'Arma dei carabinieri.
   Noi siamo pochi e siamo pure frazionati in 26 sezioni,
tante quante sono le direzioni distrettuali antimafia; abbiamo
una struttura centrale suddivisa in 3 reparti: reparto
eversione, reparto sequestri di persona e ricerca latitanti e
reparto criminalità organizzata, che hanno strutture proprie
che possono gestire sia per indagini dirette sia per indagini
in supporto a reparti sparsi sul territorio. La nostra non è
comunque un'entità a se stante perché, se così fosse, potremmo
chiudere subito i battenti, non essendo affatto in grado di
far fronte a tutte le esigenze poste dalla criminalità
organizzata e dall'eversione. Riceviamo e diamo input e
sostegni all'Arma territoriale che - vivaddio! - ha 5 mila
stazioni ed oltre 500 comandi di compagnia.
   L'operazione Fidanzati, ad esempio, è stata condotta
soltanto da noi, ma molte volte l'input proviene dalla
stazione di Busto Arsizio o dalla compagnia di Corleone.
Teniamo a precisare che non siamo né mille né 2 mila né 3
mila, ma 105 mila nel senso che l'Arma è sempre a disposizione
e, se qualcuno nicchia, abbiamo i poteri di far mettere a
disposizione le sue strutture.
  CARLO D'AMATO. Per il coordinamento?.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Credo che
anzitutto dobbiamo intenderci sul significato di
coordinamento. Due soggetti si coordinano in quanto
paritetici, altrimenti non è possibile parlare di
coordinamento; è poi necessario che vi sia un soggetto che
comandi ed altri che eseguano. Dunque, chiarito che nel
coordinamento vi sono forze paritetiche, per quanto attiene
alla criminalità organizzata vi sono il ROS, lo SCO ed i GICO.
Il loro coordinamento può venire da una struttura
sovraordinata. Quindi, ben venga la DIA, e che faccia il
coordinamento...
  PRESIDENTE. Le chiedo scusa ma alla DIA non compete il
coordinamento, in quanto si tratta di un organo di
investigazione e di analisi.
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Però la DIA
può fornirci l'input...
  PRESIDENTE. Ma non ai fini del coordinamento...
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Credo voglia
rispondere il generale Subranni.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Inizierei da
un punto opposto. Il coordinamento può anche intendersi come
un principio tattico militare. Quando si coordina deve esserci
qualcuno al di sopra. Non esiste un coordinamento spontaneo.
   Dobbiamo sempre tenere di vista ciò che è accaduto nella
magistratura quando si sosteneva che le indagini collegate
dovevano essere armonizzate da più procure (per esempio,
quella di Palermo con quella di Trapani). E' poi intervenuto
l'articolo 371-bis del codice di procedura penale, che
fa anche riferimento, un pallido riferimento, ad un
procuratore nazionale, il quale avrebbe dovuto coordinare;
                         Pag. 142
 manca però la sanzione per chi intenda sottrarsi al
coordinamento.
   Il coordinamento presuppone, anzitutto, il rispetto e
l'ossequio della procedura penale. Se un organismo di polizia
giudiziaria prende cognizione di un reato ha l'obbligo
giuridico di riferirlo al magistrato. Se si verificano fatti
di eccezionale gravità, ricorrenti proprio in certe
particolari regioni, il coordinamento presuppone una
coordinazione spontanea.
   Il coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica
è particolarmente opportuno, in quanto significa constatare
anzitutto le forze operative di cui è possibile disporre al
momento e conseguentemente impiegarle in maniera intelligente,
in modo da evitare la rarefazione dei servizi sul territorio,
le duplicazioni, i malintesi, i bisticci.
   Per quanto riguarda la polizia giudiziaria e le
investigazioni, dobbiamo rifarci, ovviamente, alla legge
madre, cioè alla procedura penale. Intendiamo senz'altro
rispettare la legge dello Stato istitutiva della DIA ma
ritenevamo, comunque, che tale organismo potesse porsi al di
fuori delle parti, di modo che fosse veramente un'agenzia con
il compito di dirimere i malintesi con i similari organi
americani, per esempio. Ritenevamo che fosse possibile
centralizzare le informazioni mettendole a disposizione di
tutti gli organi di polizia giudiziaria nazionali. Ciò non è
accaduto. Ci siamo messi a disposizione della DIA fornendo i
nostri uomini migliori; in breve tempo dobbiamo fornire 80
funzionari, quindi ne indicheremo 120, di modo che la DIA
possa attuare una sorta di scrematura per acquisire gli
elementi che ritiene opportuni. Debbo garantire, senza fare
giochi di prestigio, che i 120 funzionari appartengano alla
DIA. Questo è il coordinamento.
  ALTERO MATTEOLI. Non c'è!
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Perché non
c'è? Chi si prende la responsabilità di fare da solo? Chi non
cerca la collaborazione degli altri?
  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, generale Subranni, ma il
fatto è che a tutti noi risultano episodi concreti. Diciamo
che sarebbe importante evitare lo scoordinamento. Quando
constatiamo che per arrestare Madonia non si informano i
carabinieri, ci rendiamo conto che esistono problemi non
superabili con formule giuridiche o legislative, in quanto
essi attengono alle tradizioni, all'esperienza, a strutture
istituzionali, eccetera. Vorremmo capire in che modo sia
possibile evitare forme di scoordinamento talmente eclatanti
da portare alla dispersione di uomini. Sappiamo anche che
molto spesso i verbali dei pentiti non sono trasmessi dal
corpo A al corpo B o che la sintesi dei medesimi è trasmessa
ad un giornalista affinché si sappia che un pentito del gruppo
A è più importante di quello del gruppo B, e così via.
L'immagine che tutto ciò offre all'esterno è estremamente
negativa, anche se va detto che non è imputabile a
responsabilità di questo o quel corpo ma allo stato delle
cose. E' su quest'ultimo, pertanto, che la Commissione, senza
alcun intento punitivo, vorrebbe far chiarezza, per capire in
che modo sia possibile non tanto costruire il coordinamento -
che è cosa complicata - quanto evitare o limitare al massimo i
danni.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Signor
presidente, se qualcuno fornisce notizie ad un giornalista e
attua addirittura una discriminazione, non v'è dubbio che
commette un reato. Può uscirne indenne ma il reato l'ha
commesso.
   Sto cercando di spiegare che il coordinamento in materia
di ordine e sicurezza pubblica, che è previsto dalla legge n.
121 del 1981, ci sta benissimo e che i due organismi che hanno
veramente significato e motivo d'essere sono il comitato
nazionale ed il comitato provinciale.
  PRESIDENTE. Adesso vi è anche il consiglio generale, che
è di recente istituzione.
                         Pag. 143
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo
speciale dell'Arma dei carabinieri. Desidero aggiungere
qualche osservazione a proposito degli appalti.
   La mafia è una struttura che si basa sul profitto, per cui
tende sempre ad interessarsi delle situazioni che le
consentano di realizzarlo al massimo. Tutti gli interessi
della mafia possono mutare nel tempo: nel 1974, per esempio,
dopo anni di interessamento al settore dell'edilizia passò al
contrabbando dei tabacchi, in quanto lo riteneva
economicamente valido e più remunerativo della ricostruzione
edilizia di Palermo o di un'altra città, sino allora uno dei
suoi massimi interessi. E' poi passata al traffico degli
stupefacenti ma è probabile che da qui a non molto tempo,
considerandolo non più remunerativo, si indirizzerà verso
altri settori. Però, fino a quando la mafia resterà una
struttura organica, vi è un settore al quale non rinuncerà
mai, cioè quello degli appalti; essi, infatti, non implicano
solo un guadagno ma il dominio del territorio, e il mafioso
non può consentire che nella sua zona operi una ditta senza
che egli abbia ottenuto in cambio la "mazzetta", perché se
così fosse si prenderebbe la cosiddetta tagliata di faccia e
dimostrerebbe di aver perso il controllo del territorio.
   Quindi, la mafia segue gli appalti con continuità. Me ne
sono interessato quando mi sono trovato a Palermo ed ho
prodotto un rapporto. Il mio comandante sottolineava
giustamente che non sempre la verità investigativa corrisponde
ad una verità giudiziaria, perché molte volte noi, come
investigatori, non siamo in grado di dimostrare ciò che
razionalmente abbiamo in mente, certi che sia vero. Un conto è
la nostra verità, un conto è ciò che riusciamo a dimostrare al
magistrato.
   Certo, i risultati mi hanno deluso, ma poiché sono
caparbio continuerò a produrre altri rapporti, sicuro di
conseguire maggior successo.
  MARCO TARADASH. Nel settore degli appalti la mafia è
presente soltanto in Sicilia e nelle zone tradizionali o anche
in altre regioni?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non posso
darle una risposta assoluta, in quanto non ho elementi che
possano consentirmi un valido riscontro. Ritengo, comunque,
che il problema dell'appalto sia connaturato al territorio,
per cui credo che solo nelle quattro regioni in cui i gruppi
mafiosi hanno una valenza pesante sia presente un
condizionamento quasi totale sugli appalti.
  CARLO D'AMATO. E' vero che la localizzazione dei gruppi
mafiosi è precipua nella quattro regioni meridionali, ma credo
che il collega Taradash intendesse dire un'altra cosa: vi sono
aziende di valenza nazionale con iscrizione illimitata che
hanno alle spalle organizzazioni mafiose e che quindi operano
anche al di fuori delle quattro regioni? Vi è una mappa delle
imprese nel settore delle costruzioni?
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Per quanto
riguarda le collusioni tra grandi imprese e mafia, lo stiamo
facendo e a breve termine i risultati che produrremo saranno
vagliati dalla magistratura.
  CARLO D'AMATO. Ricordo che a Napoli vi è stato un
tentativo di infiltrazione tramite la società Messere ...
  MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non è
fondamentale l'infiltrazione. Una grande società ha bisogno di
lavorare, perché se non aumenta le sue dimensioni, a poco a
poco perde competitività; pertanto se vuole operare anche in
certe regioni deve venire a patti con i gruppi mafiosi.
                         Pag. 144
  ERMINIO ENZO BOSO. Desideravo una risposta a proposito dei
fattori di intervento sul numero di extracomunitari nel nostro
territorio...
  LUIGI BISCARDI. A proposito degli appalti, vorrei sapere
dal colonnello Mori se risulti all'Arma che vi sia inerzia o
connivenza da parte dei tecnici della pubblica
amministrazione. Qual è il ruolo che negli appalti giocano i
tecnici e la pubblica amministrazione?
  PRESIDENTE. A questo proposito vorrei farle anch'io una
domanda. Nel corso della precedente audizione ho chiesto se vi
fossero indagini patrimoniali nei confronti delle grandi
famiglie, quali quella dei Riina, dei Santapaola, dei
Provenzano eccetera. Se non ricordo male, i comandanti della
Guardia di finanza hanno risposto di no e a me sembra che la
vostra risposta sia analoga. Credo quindi di interpretare il
pensiero della Commissione nel ritenere indispensabili queste
indagini.
  ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento
operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Ho già detto
prima che la polizia giudiziaria compie indagini in materia di
appalti di propria iniziativa, su richiesta di un magistrato o
perché attivata da un'Arma territoriale. Posso dirle con
legittima soddisfazione che trattasi di un lavoro che l'Arma
porta avanti, come ha accennato il colonnello Mori.
   Ma un conto è il lavoro investigativo, un conto è quello
svolto dal magistrato. Tenendo conto delle risultanze, delle
intercettazioni, eccetera, è legittimo che io possa aspettarmi
anche qualcosa di più, ed è anche probabile che per non
insistere su posizioni fragili decida di compiere un certo
lavoro in un secondo tempo. Ricordo che quando anni fa il
dottor Grasso si interessò della costruzione di una diga, il
cui importo assommava a centinaia di miliardi, fu individuato
il sito dove doveva essere localizzato l'invaso; poi questo fu
trasferito in un'altra parte, e non certo perché la
realizzazione nel luogo originariamente previsto comportasse
chissà quali opere. Per quanto poi riguarda le cave che
dovevano fornire gli inerti, nonostante il saggio compiuto
avesse dimostrato che non vi era alcuna differenza tra loro,
fu scelta una ditta di livello nazionale, come disse qualcuno,
se non di livello superiore, che si recò in Sicilia ed eseguì
lavori di incantieramento pari a centinaia di milioni. Tutto
ciò prima che si indicesse la gara. Più che un sospetto è un
indizio di malaffare. Lo spostamento dell'invaso da una zona
all'altra è stato attuato perché doveva rientrare nella
competenza territoriale della mafia (a me pareva anche
giusto... naturalmente, sto scherzando!), della mafia che
conta, che allora era emergente, mentre oggi è vincente.
   Mi sembrava strano che qualcuno, dopo avere avuto
assicurazioni circa la fornitura degli inerti, tanto da
aggiornare il parco dei mezzi pesanti ed acquistare le cave,
poi sia fallito. Anzi, è stato anche arrestato in tempi
recenti, si chiama Cascio Rosario.
   Ho constatato come il prezzo dei terreni, a seguito della
scelta della zona, sia aumentato moltissimo nel giro di pochi
mesi. Magari avessi avuto la fortuna di possedere dieci ettari
di quel terreno! Da 600 mila lire l'ettaro, si è giunti a 33
milioni... Quante volte bisogna moltiplicare? Un numero
enorme!
   Non ho citato questo esempio per valorizzare il dottor
Grasso, il quale si valorizza da solo; voglio dire però che
anche allora ci aspettavamo qualcosa, ci siamo mossi, siamo
venuti a Roma, abbiamo intercettato ed arrestato grossi
imprenditori, ma le cose non sono andate come speravamo il
dottor Grasso ed io.
   Bisogna saper stare al "gioco delle parti"; mi attendevo
molto di più. Non posso imputare alcunché al dottor Grasso,
che ha emesso ordine di cattura - perché allora questo
esisteva - per personaggi così rilevanti che oggi metterebbero
un po' di apprensione.
                         Pag. 145
   Ho voluto spiegare come, in effetti, le attese di un
organo dello Stato non sempre coincidono con quelle che sono
le nostre azioni.
  ALFREDO GALASSO. Lei è andato indietro di molti anni,
poteva citare qualche esempio più recente.
  PRESIDENTE. Penso di interpretare i sentimenti di tutta
a9  9mafia e politica, a partire da ciò che abbiamo appreso in  queste ultime ore.6  6   Ci auguriamo che tale s
colonnello Mori ed il maggiore Obinu per il contributo
fornito. Nella sincerità che ci caratterizza, devo dire che
molto più ricco e soddisfacente è stato il contributo dato con
le risposte di quello fornito con l'esposizione. Il generale
Subranni, comunque, si è riservato di fornire per iscritto
ulteriori chiarimenti.
(I rappresentanti del ROS dell'Arma dei carabinieri
sono accompagnati fuori dall'aula).
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Informo la Commissione sull'esito delle
iniziative intraprese su sollecitazione del senatore Rapisarda
ed intese a chiarire una vicenda che lo ha coinvolto ed è
stata oggetto di interrogazioni parlamentari presentate da
deputati dei gruppi della Rete, di rifondazione comunista e
del PDS.
   Comunico, dunque, che il procuratore della Repubblica di
Milano, dottor Borrelli, ha chiarito - tramite un fax
che credo possa essere messo a disposizione dei colleghi - che
l'incontro del senatore Rapisarda con alcuni personaggi legati
alle vicende della cosiddetta "Duomo connection " è
stato del tutto occasionale e che non è emerso alcun elemento
idoneo a suggerire una prosecuzione delle indagini. Inoltre,
sull'episodio del finanziamento da parte della Banca popolare
di Belpasso, sempre allo stesso senatore Rapisarda, si sono
registrate alcune smentite ufficiose della banca stessa ed è
comunque in corso un accertamento da parte della Banca
d'Italia, il cui servizio di vigilanza riferirà alla
Commissione dopo aver svolto la necessaria indagine.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Poiché alcuni colleghi hanno dichiarato la
propria indisponibilità ad essere presenti venerdì mattina,
altri ad esserlo martedì, rimane stabilito che l'audizione del
Servizio centrale operativo (SCO) avrà luogo giovedì 22
ottobre, alle 9,30.
   Giovedì 29 ottobre, sempre alle 9,30, avrà luogo invece
l'audizione dei dirigenti della DIA.
La seduta termina alle 20,40.

 


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