Violante: seduta 04
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        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
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Esame del programma dei lavori:
Violante Luciano, Presidente ............ 79, 81, 82, 84, 86
                                              89, 95, 97, 98
Ayala Giuseppe Maria .................................... 84
Buttitta Antonino ................................... 93, 98
Cabras Paolo ............................................ 89
Cappuzzo Umberto ........................................ 84
D'Amelio Saverio ........................................ 86
Florino Michele ......................................... 86
Frasca Salvatore .................................... 83, 84
Galasso Alfredo ..................................... 87, 98
Matteoli Altero ......................................... 94
Olivo Rosario ........................................... 94
Ricciuti Romeo .................................. 81, 82, 98
Rossi Luigi ............................................. 95
Scotti Vincenzo ......................................... 96
Smuraglia Carlo ..................................... 88, 89
Sorice Vincenzo ......................................... 90
Taradash Marco .......................................... 91
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente .................... 77, 78, 79
D'Amato Carlo ........................................... 78
Frasca Salvatore ........................................ 77
Fumagalli Carulli Ombretta .............................. 78
Matteoli Altero ......................................... 77
Rapisarda Santi ......................................... 77
Rossi Luigi ............................................. 79
Taradash Marco .......................................... 78
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La seduta comincia alle 11.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rapisarda.
  SANTI RAPISARDA. Poiché è stata presentata alla Camera
un'interrogazione parlamentare concernente la mia persona,
chiedo che venga fatta luce su quanto è stato scritto, che è
inesatto e falso.
   Prego pertanto il presidente e tutta la Commissione di
aprire immediatamente un procedimento di indagine sulla mia
persona in ordine alle affermazioni contenute nella suddetta
interrogazione.
  ALTERO MATTEOLI. Il collega Rapisarda pone un quesito
che lo riguarda personalmente, ma mi domando se ritenga che
l'indagine sollecitata debba avvenire alla sua presenza,
continuando egli a rimanere membro della Commissione, oppure
se intenda autosospendersi, perlomeno fino alla conclusione
dell'indagine stessa. Sarebbe infatti la prima volta che un
membro indagato - perché egli stesso chiede alla Commissione
di fare luce in merito all'interrogazione presentata, che io
non ho nemmeno visto e che pertanto non commenterò nel merito
- resta in carica in qualità di componente la Commissione.
  PRESIDENTE. Vorrei innanzitutto precisare che non so se
l'interrogazione sia stata ammessa nonché ricordare ai
colleghi che, in occasione dell'approvazione del regolamento
della Commissione, abbiamo discusso delle eventuali situazioni
di incompatibilità. Come tutti ricorderanno, abbiamo approvato
un indirizzo in base al quale il presidente della Commissione
si riserva, qualora emergano elementi di incompatibilità tra
la presenza di un componente e la Commissione stessa, di
segnalare tale elemento di incompatibilità al Presidente della
Camera o a quello del Senato, a seconda dei casi.
   Apprezzo il senso delle istituzioni che l'onorevole
Rapisarda ha manifestato ponendo per primo tale questione ma,
se i colleghi sono d'accordo, non aprirei un dibattito. Sulla
base del deliberato della Commissione che ho ricordato,
compirò gli opportuni passi, informandone naturalmente la
Commissione, e se - come immagino - quella interrogazione
risulterà sprovvista di fondamento, ne informerò il Presidente
della Camera affinché ne dia comunicazione all'Assemblea.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei ha già detto
quello che intendevo precisare: la Commissione si è data delle
norme che, sebbene non siano scritte nel regolamento, credo
debbano ugualmente valere come consuetudine. Ci troviamo di
fronte ad una semplice interrogazione parlamentare, che
potrebbe essere smentita con la presentazione di dozzine di
altre interrogazioni; facciamo dunque affidamento sulla sua
sensibilità perché faccia luce sul caso. Inoltre, ove si
dovessero ravvisare motivi di incompatibilità, il collega
Rapisarda saprà come comportarsi.
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  MARCO TARADASH. Intervengo perché, trattandosi di
questioni molto delicate, ritengo che dobbiamo riflettere
sulle decisioni da prendere. Signor presidente, lei ha fatto
una previsione, cioè che questa interrogazione risulti
destituita di fondamento...
  PRESIDENTE. Lo spero!
  MARCO TARADASH. L'ha anche previsto, perché ha detto
"come immagino". Ritengo che non spetti a noi come Commissione
entrare nel merito né delle interrogazioni né delle richieste
di autorizzazione a procedere, che sono atti di parte che
vanno valutati in quanto tali. Penso che di volta in volta,
quando si delinei una situazione di particolare delicatezza
per la nostra Commissione, sia nostro dovere intervenire;
tuttavia sono convinto che non spetta a noi intervenire su
ogni caso. In particolare, penso che la Commissione non
dovrebbe in alcun modo occuparsi di questa interrogazione, ma
dovrebbe invece proseguire i suoi lavori; diversamente vi è il
rischio che si verifichino decine di episodi di questo tipo e
che noi rimaniamo bloccati in un continuo "lavaggio" dei
nostri panni.
  PRESIDENTE. Credo comunque che le iniziative non possano
essere più di 51, visto il numero dei componenti la
Commissione. In questo caso, comunque, è stato il senatore
Rapisarda a richiedere, con grande rispetto per le
istituzioni, che la Commissione si occupi della questione;
pertanto, sulla base di quanto la Commissione ha deliberato,
mi assumo la responsabilità di effettuare alcune verifiche e
di informarne il Presidente della Camera. Auspico che quella
interrogazione risulti infondata ma, se non lo fosse, sarà il
senatore Rapisarda a prendere le decisioni del caso.
  MARCO TARADASH. Non credo che vi sia una delibera della
Commissione; vi è un orientamento di massima, che non
costituisce una vera e propria deliberazione.
  CARLO D'AMATO. Ritengo che le norme non scritte possano
rientrare tra le regole che la Commissione si può dare
partendo da un caso determinato. Al di là delle specifiche
competenze della Commissione, vi è una precisa richiesta di un
suo componente, il quale chiede in maniera puntuale che sia
fatta luce sulla sua posizione, indipendentemente
dall'ammissibilità dell'interrogazione da parte della Camera.
La notizia contenuta in quel documento, infatti, è stata
riportata dall'agenzia di stampa ANSA ed è stata pubblicata da
alcuni giornali; non credo che un membro di questa Commissione
possa continuare a lavorare serenamente in presenza di
un'interrogazione che mette in dubbio la sua onestà, i suoi
comportamenti e la sua moralità, privata e pubblica. Ritengo
giusto che il collega Rapisarda, ritenendo di avere tutti i
requisiti per far parte a pieno titolo di questa Commissione,
abbia con grande senso di responsabilità affidato al
presidente il compito di svolgere le opportune indagini
affinchè si possa pervenire rapidamente ad un chiarimento
della situazione. Mi pare che debba valere anche la posizione
del singolo che avanza una richiesta, indipendentemente dalle
regole di carattere generale che la Commissione si può dare.
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Signor presidente, ignoro
completamente l'oggetto dell'interrogazione e pertanto mi
soffermerò soltanto sugli aspetti formali, qualunque sia il
contenuto dell'interrogazione. Vorrei sottolineare che siamo
di fronte ad una caso che potrebbe costituire un precedente
molto delicato: l'interrogazione è un atto politico di parte,
che il singolo parlamentare in quanto tale ha il potere - ed
addirittura il dovere - di compiere qualora ritenga che
debbano essere chiariti determinati elementi dal Parlamento o
dal Governo. Non si può trascurare l'esistenza di un intreccio
fra l'atto politico, privato e personale del singolo, e la
nostra Commissione parlamentare, in particolare la presidenza,
che ha l'ultima parola sulla vicenda. Il mio
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timore è che nel futuro questo episodio possa costituire un
precedente per molti altri casi e che questa Commissione
parlamentare si trovi costretta a promuovere inchieste
relativamente ai singoli parlamentari. Poiché nel caso
specifico è stato l'interessato a sollevare il problema, bene
ha fatto il presidente a decidere quanto ha detto; stiamo però
attenti a non creare precedenti che possano innescare
meccanismi pericolosi.
  PRESIDENTE. Sono perfettamente d'accordo con la sua
preoccupazione, che rispecchia anche quella rappresentata
dall'onorevole Taradash.
  LUIGI ROSSI. Intervengo soprattutto in qualità di
giornalista. Le notizie che appaiono sui giornali, e che molto
spesso risultano infondate, dovrebbero avere una conclusione.
Se - come mi auguro - quanto è stato detto nei confronti
dell'onorevole Rapisarda non risponde assolutamente a verità,
vista la posizione che la stampa ha assunto, specialmente nei
confronti degli organi istituzionali ed in particolare del
Parlamento, chiedo che il presidente, dopo aver esperito tutte
le indagini del caso, ne dia notizia ai mass media.
Ritengo infatti che si debba diffondere esplicitamente l'idea
che non si possono attaccare i parlamentari solo ed
esclusivamente per farsi réclame.
             Esame del programma dei lavori.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame del
programma dei lavori. L'ufficio di presidenza allargato ai
rappresentanti dei gruppi ha concordato su alcune linee di
programma che mi accingo ad illustrare e di cui è in
distribuzione una sintesi.
   Il primo punto di riflessione riguarda l'attività della
Commissione Chiaromonte, che aveva caratterizzato il suo
lavoro sotto due profili: l'analisi delle situazioni concrete
(ricordo le indagini su Gela, Catania, Reggio Calabria ed
altre città della Calabria e della Puglia, nonché quella su
Milano, particolarmente utile); la capacità di iniziativa
legislativa, attraverso la definizione di proposte che poi
sono diventate quasi tutte leggi dello Stato, essendo state
fatte proprie dal Governo (di particolare rilevanza le misure
coraggiose sostenute dai ministri Scotti e Martelli,
dirompenti rispetto al passato). Una scelta da compiere può
essere quella di proseguire il lavoro non concluso dalla
precedente Commissione.
   In questo quadro, emergono alcune questioni particolari.
La prima è quella relativa alla funzionalità degli uffici
giudiziari in aree particolarmente esposte. Mi viene in mente
la situazione di Gela, città nella quale, su istanza della
Commissione, fu istituito un tribunale che però non è ancora
in grado di funzionare.
   La seconda questione riguarda il procedimento per
l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale nei
confronti di Ciancimino. Il giudizio di primo grado è durato
sei mesi e quello di secondo dura da quattro anni e mezzo, con
cambi continui di giudici, senza che si riesca ad accertare la
verità. Non siamo legittimati a dire quale decisione debba
assumere il tribunale, ma quattro anni sono troppi. La
Commissione Chiaromonte affrontò la materia ma non riuscì a
concluderne l'esame.
   La terza questione riguarda il problema delle aree
particolarmente esposte. Nel corso della precedente
legislatura, è stata prestata attenzione ad alcune zone,
relativamente alle quali bisogna ora verificare cosa sia
cambiato e se occorra ulteriormente insistere. Quanto alle
aree non esposte ma nelle quali è in corso un processo di
infiltrazione, è necessario attivare argini preventivi prima
che il fenomeno dilaghi; ricordo che sotto questo profilo si
lavorò per la Basilicata, perché si assisteva a fenomeni di
infiltrazioni cospicui. Forse è utile continuare in questa
direzione.
   Quanto a nuove frontiere di attività, l'ufficio di
presidenza propone di individuare nella pubblica
amministrazione il campo di indagine. Come ho già ricordato,
la Commissione Chiaromonte caratterizzò
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 la propria attività per la sua capacità di iniziativa
legislativa. La nostra proposta è di caratterizzare il lavoro
di questa Commissione su questo nuovo versante, per
individuare come siano applicate le leggi. Noi tutti abbiamo
un po' l'abitudine, quando una legge non funziona, di proporne
un'altra piuttosto che di individuare gli ostacoli di
carattere amministrativo che la prima ha incontrato. Qualcuno
ha calcolato che sono circa 113 le leggi in materia di
criminalità organizzata emanate negli ultimi undici anni; sono
tante e probabilmente qualcuna poteva essere fatta meglio o
non essere affatto approvata se si fosse capito perché la
precedente non aveva funzionato.
   D'altra parte, l'attenzione alla pubblica amministrazione
è importante perché è attraverso questa (non attraverso la
legislazione) che si crea il rapporto Stato-cittadino, e
perché la sfiducia nei confronti dello Stato è certamente uno
dei fattori che provoca maggiori difficoltà nella lotta contro
la mafia. Da questo punto di vista, le proposte sono di
verificare l'applicazione delle leggi (sui pentiti, sul
riciclaggio, anti-racket, istitutiva della DIA); di
studiare la validità dei controlli, se cioè funzionino le
sezioni regionali della Corte dei Conti; di verificare
l'attività dei comitati regionali di controllo, che in alcune
regioni sono oggetto di attenzione giudiziaria; di affrontare
il problema dei TAR e dei comitati della pubblica
amministrazione presso le prefetture.
   Dal mancato funzionamento del sistema dei controlli
dipende, come i colleghi sanno, la iperpenalizzazione perché
il controllo viene spostato sulla giurisdizione penale. In
questo modo si rischia, per un verso, di confondere fatti
amministrativi con fatti penali e, per un altro, di produrre
l'intasamento degli uffici giudiziari penali, che non riescono
ad accertare quello che davvero è importante dal punto di
vista penalistico.
   Il terzo aspetto dell'indagine sulla pubblica
amministrazione riguarderebbe il monitoraggio di particolari
zone. Dovrebbero essere individuate e seguite con particolare
attenzione quattro o cinque aree in cui il rischio sia
particolarmente rilevante e la situazione di disastro dei
meccanismi amministrativi e giudiziali, nonché la presenza di
fenomeni criminali, rendano la situazione particolarmente
allarmante. Naturalmente, la selezione andrebbe fatta per
priorità ed è chiaro che già le priorità sono discriminatorie;
certo è che non possiamo verificare tutto il territorio
nazionale. In sede di elaborazione di queste linee, un collega
della lega nord ha proposto di inserire tra le aree da
esaminare anche una zona del nord; sarà la Commissione a
decidere se accogliere questa proposta.
   Colgo l'occasione per fare presente che esistono alcuni
fenomeni specifici. Ad esempio, il prefetto di Palermo mi ha
segnalato tempo fa il delicato problema di alcuni edifici
scolastici, la cui costruzione è terminata ma che non sono
ancora utilizzabili, mentre vengono pagati canoni di locazione
molto elevati a ditte che speculano sulla situazione. Sono
stati segnalati anche lavori pubblici avviati da tempo e mai
esauriti, con conseguente enorme spreco di risorse pubbliche.
Ricordo poi il problema di Gela, del quale si occupò il
comitato guidato dal vicepresidente Cabras: il Governo stanziò
700 milioni finalizzati ad un programma per i bambini ma quel
denaro non è stato mai speso, neppure per altri fini. Quanto
ai 44 comuni i cui consigli sono stati sciolti per fenomeni di
mafia, si segnala da più parti il pericolo che in queste
amministrazioni le vecchie leadership, intrecciate a
gruppi mafiosi, si ricostituiscano al momento delle elezioni.
Vi è poi la questione relativa al modo in cui i commissari
hanno amministrato quei comuni; sono giunte denunce sulla loro
attività, nel senso che costoro avrebbero amministrato male e
farebbero rimpiangere i consigli comunali sciolti.
   Un'altra importante questione da affrontare riguarda
l'impunità. Il nodo cruciale è costituito dall'arresto dei
latitanti - dobbiamo registrare con soddisfazione che molti
sono stati catturati - ma anche
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da una maggiore cooperazione, come rilevato dal Presidente
del Consiglio e dal ministro dell'interno, tra le forze di
polizia. Registriamo, infatti, non solo una mancanza di
coordinamento permanente tra le varie forze, ma anche fenomeni
di scollamento tra settori diversi delle stesse forze di
polizia. Questo è un lusso che non ci possiamo permettere: 250
mila uomini nelle forze dell'ordine sarebbero in numero
sufficiente.
  ROMEO RICCIUTI. Sono 330 mila.
  PRESIDENTE. L'Italia è al primo posto nel rapporto tra
forze dell'ordine e cittadini, ma al sesto se consideriamo il
numero di unità effettivamente impiegate nei compiti di
istituto.
   Al capitolo dell'impunità appartiene il punto relativo al
funzionamento del processo penale. Per fortuna è membro di
questa Commissione l'onorevole Ombretta Fumagalli, che
presiede la Commissione parlamentare per il parere al Governo
sulle norme delegate relative al nuovo codice di procedura
penale; il suo contributo sarà sicuramente utile a creare una
interazione.
   Nell'ambito del nuovo lavoro che la Commissione deve
svolgere, un altro capitolo riguarda le ricchezze, perché il
punto di forza della mafia è ormai il possesso e la capacità
di movimento di grandi quantità di denaro. Occorre allora dare
piena attuazione alle leggi antiriciclaggio. La vicenda della
signora pensionata di Mantova che depositava in banca 50-60
milioni alla settimana è emblematica: nessuno si sorprendeva
che un'insegnante in pensione disponesse di cifre così
ingenti. Ciò significa che la cultura del denaro pulito non è
ancora entrata in tutti i gangli del sistema bancario. Esiste
poi il problema relativo alle società finanziarie ed alla
destinazione dei beni confiscati; a quest'ultimo proposito
sono state emanate una serie di leggi su materie che vanno dal
fondo anti-racket all'attività degli enti che si
occupano del recupero dei tossicodipendenti, leggi che
dovrebbero essere valutate nel loro insieme per comprendere
meglio la situazione.
   Quanto al versante internazionale, emergono tre questioni.
La prima riguarda il fatto che la mafia è anche una grande
struttura internazionale, la cui forza sta nella capacità di
movimento sullo scacchiere internazionale, un livello rispetto
al quale le forze della legalità trovano ostacolo nelle
barriere nazionali. Queste barriere, mentre funzionano per gli
istituti della legalità, non impediscono l'attività delle
organizzazioni criminali. E' allora necessario che le forze
dello Stato raggiungano la stessa velocità di movimento e
sarebbe opportuno - ho chiesto all'Ufficio studi una ricerca
in tal senso - prendere contatto con gli organismi di altri
paesi occidentali (quali gli Stati Uniti, il Canada,
l'Australia ed alcuni paesi dell'Europa occidentale) preposti
alla lotta alla criminalità organizzata. L'obiettivo dovrebbe
essere quello di avviare un lavoro di cooperazione tra
Parlamenti per la riduzione e l'abbattimento delle barriere
nazionali quando si tratti di lavorare su alcuni fronti. In
tal modo il magistrato, l'ufficiale di polizia ovvero
l'ispettore bancario di un paese potrebbero stabilire un
contatto con i corrispettivi personaggi di un altro paese
senza passare attraverso le mediazioni che oggi frenano questo
tipo di attività.
   Sempre sul versante internazionale, una seconda questione
riguarda il riciclaggio nei paesi dell'est, che risultano
essere un grande serbatoio di investimento. Ad esempio, negli
ultimi sei mesi del 1992 ben 1.200 colombiani hanno chiesto il
visto di ingresso turistico in Polonia; questa improvvisa
passione può essere dettata da interessi culturali ma anche da
interessi di altro tipo. Un primo passo da compiere sarebbe
quello di accertare quanti italiani siamo stati fermati o
arrestati nei paesi dell'est, e per quali reati.
   In questo quadro, sarà utile che la Commissione,
eventualmente attraverso un gruppo di lavoro, prenda contatto
con organismi quali il GAFI, il Gruppo Pompidou,
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 la Commissione anticrimine dell'ONU e gli organismi del
Consiglio della Comunità europea che lavorano su questo
versante.
   Infine, vorrei svolgere una considerazione. Potremmo anche
riuscire ad abbattere la mafia, ma poi dovremo ricostruire la
democrazia; non basta arrestare tutti i mafiosi perché
automaticamente questa rinasca. Senza addentrarmi nella
vetusta questione se si debba combattere prima sul terreno
sociale o su quello giudiziario, poiché ritengo che debbano
essere affrontati entrambi, proporrei che la Commissione si
occupasse anche dei problemi di carattere sociale; mi
riferisco alla scuola, al lavoro, alla non dispersione degli
investimenti. In aree in cui la disoccupazione raggiunge il 30
per cento e dove l'evasione dall'obbligo scolastico è talmente
elevata da non essere più conteggiata, inevitabilmente si crea
quella cultura che favorisce il fenomeno mafioso.
   Si è anche posto, nella discussione che abbiamo affrontato
nell'ufficio di presidenza, il problema relativo al
funzionamento del mercato nel Mezzogiorno, dove vi sono forme
di monopoli o di oligopoli in mano a gruppi di criminali. Mi
riferisco, ad esempio, al mercato del calcestruzzo in alcune
aree della Campania, ma vi sono altri settori di questo
genere. Credo che una delle funzioni della Commissione, una
volta stabilite le priorità, sia quella di individuare, magari
con la collaborazione del garante anti-trust, quelle
aree del Mezzogiorno dove le regole di mercato siano
particolarmente soffocate ed occorra rinvigorire le regole
della concorrenza e della competizione.
  ROMEO RICCIUTI. Per il calcestruzzo bisognerà
considerare con attenzione le importazioni illegali di
cemento, che vengono effettuate da paesi del nord Africa,
dalla Jugoslavia e addirittura anche dalla Grecia. Su questo
fenomeno è stata già effettuata un'indagine da parte del
Ministero dell'industria.
  PRESIDENTE. La ringrazio molto: potremmo innanzitutto
acquisire questa indagine per capire il fenomeno.
   Dal punto di vista del metodo l'ufficio di presidenza
propone di procedere per priorità, nel senso di non affrontare
contemporaneamente tanti argomenti, ma cominciare a sceglierne
alcuni e lavorare su di essi. Il quadro è vasto, ma bisogna
scegliere le questioni a cui dare la precedenza: quando si
esaurirà un fronte, se ne affronterà un altro.
   L'ufficio di presidenza propone anche di procedere per
obiettivi, cioè non tanto con meccanismi procedimentali,
quanto cercando di conseguire risultati in relazione alle
singole questioni, considerando risultato anche e soprattutto
la rimozione dell'ostacolo, se ostacolo si è individuato, o il
raggiungimento di un obiettivo, se questo è da raggiungere.
   Nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza, un
collega ha individuato un punto che mi pare essenziale dal
punto di vista del metodo: affrontare questioni specifiche
facendole diventare banco di prova di una volontà politica. In
altri termini, se una questione è considerata emblematica,
allora su di essa occorre cercare di misurare la capacità
della Commissione al fine di ottenere uno specifico risultato.
   Un altro criterio emerso è quello della massima
corresponsabilizzazione di tutti i membri della Commissione:
occorre fare in modo che tutti quanti i componenti, in
relazione al tempo che hanno a disposizione e alla specifica
vocazione di interesse, possano impegnarsi utilmente e
consentire alla Commissione di utilizzare il massimo di
competenze e di disponibilità possibili.
   Occorre distinguere nel lavoro della Commissione i momenti
di conoscenza e di analisi, che possono partire da audizioni
ed altre iniziative tendenti ad avere il quadro della
situazione, dai momenti operativi, tendenti a risolvere i
problemi segnalati nell'ambito delle nostre competenze.
   Infine, può essere utile che la Commissione, espressione
della rappresentanza parlamentare, non si chiuda solo nel
circuito istituzionale ma, come è possibile e fattibile,
cerchi di collocarsi
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come cerniera fra società civile ed istituzioni, in quanto
anche un rinvigorimento della società civile è un aiuto
formidabile per la lotta contro la mafia.
   In questo quadro un maggiore coinvolgimento nella vita
amministrativa e culturale del lavoro antimafia forse potrebbe
essere utile. Senza pensare a "passerelle", che sono
fastidiose e non utili, mi permetto di proporre ai colleghi,
una volta che il programma, con tutte le correzioni e
modifiche proposte, verrà approvato dalla Commissione, di
valutare l'opportunità di presentarlo in singole aree del
paese anche diverse da quelle che sono più tradizionalmente
aggredite dal fenomeno mafioso. Propongo, in sostanza, di
presentare il programma in incontri con rappresentanti della
società civile e della cultura, per poter discutere le
iniziative da assumere, in generale e in relazione alle
singole ragioni e alle singole aspettative.
   Ringrazio i membri della Commissione per l'attenzione
prestata; ora attendo suggerimenti e proposte di modifica.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, in linea di massima
sono d'accordo con il programma così come è stato da lei
formulato ed illustrato. Memore di un'esperienza vissuta nel
passato, vorrei che i compiti della Commissione non si
dilatassero al punto tale da non farci cogliere gli obiettivi
che dobbiamo raggiungere. Dovremmo evitare di divenire una
sorta di centro di studi (ce ne sono tanti nel nostro paese!)
e di pubblicazione delle risultanze del nostro lavoro. Anche
questa Commissione di studi ne ha già fatti tanti e credo che
il paese abbia bisogno, semmai, di conoscenze specifiche e
della individuazione dei mezzi da utilizzare per raggiungere
gli obiettivi della lotta contro la mafia, che sono quelli che
ci prefiggiamo.
   Nell'ambito di questo programma, occorrerebbe operare una
certa selezione. I primi aspetti da verificare riguardano, a
mio avviso, la collocazione delle forze di polizia sul
territorio e, di conseguenza, il modo in cui sta operando la
DIA ed i primi risultati da questa ottenuti.
   Altra questione prioritaria riguarda l'accertamento di
come si sta muovendo la magistratura, delle carenze che
emergono, degli obiettivi che questa intende cogliere, delle
storture che si riscontrano nell'azione giudiziaria nel nostro
paese; per poi passare ad affrontare i problemi riguardanti la
droga, l'usura ed anche il mondo della politica: tutti
intimamente collegati con l'attività antimafia che dobbiamo
svolgere.
   Occorre dunque fare attenzione a non dilatare il nostro
lavoro, perché diversamente impiegheremmo tanta energia senza
sortire i risultati sperati.
   Infine, voglio cogliere l'occasione per auspicare che i
gruppi di lavoro si costituiscano in maniera tale da
utilizzare tutti i membri della Commissione, come giustamente
il presidente ha anticipato.
   Propongo che l'indagine che si svolgerà su uffici
giudiziari e forze di polizia, prefettura e questura,
nell'ambito delle singole regioni, non sia condotta da
deputati e senatori del luogo, per garantire l'obiettività del
lavoro.
   Vedo che, fra gli uffici giudiziari dei quali bisogna
immediatamente interessarci, non sono compresi la procura ed
il tribunale di Paola. Lei sa, presidente, che il procuratore
si è dimesso, due sostituti procuratore sono sotto
procedimento penale, un altro ancora è indagato, e tutti sono
in polemica tra di loro. Bisognerebbe risolvere questi
problemi, che finiscono per coinvolgere il tribunale, che già
ha una serie di carenze, come si evince dai rapporti di
polizia e dai processi celebrati a carico d noti mafiosi della
zona.
   Concludo affermando che abbiamo bisogno di sentire, dopo
il Presidente del Consiglio e il ministro dell'interno, anche
quello di grazia e giustizia. Già nel corso dell'audizione del
Presidente Amato e del ministro Mancino, si rilevò che avremmo
dovuto confrontarci con il ministro di grazia e giustizia.
Insisto perché ciò avvenga al più presto, prima ancora di
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iniziare a lavorare sulla base del programma predisposto.
   Infine, siccome è pervenuto un esposto, anzi una
relazione, sulla situazione nella quale opera il procuratore
della repubblica di Palmi, che come è noto è anche candidato
alla superprocura, penso che egli debba essere al più presto
ascoltato. Su di lui vi sono anche diverse interrogazioni
parlamentari, quindi è bene che la "matassa" di Palmi sia al
più presto dipanata. Se il procuratore Cordova fosse soggetto
a speculazioni e aggressioni politiche, dovremmo dirlo subito
e spianargli la tessera ...
  UMBERTO CAPPUZZO. La tessera?
  SALVATORE FRASCA ... la strada - scusate - per diventare
super procuratore. Parlavo di tessera forse per un problema
inconscio che potrebbe spiegare Freud: ritengo infatti che
molti magistrati facciano la loro carriere nelle sedi
politiche, anziché in quelle giudiziarie!
   Chiedo formalmente l'audizione del ministro di grazia e
giustizia e quella del procuratore Cordova, preannunciando che
rimetterò al presidente le interrogazioni da me presentate in
merito al Senato. Non so cosa sia accaduto nella precedente
legislatura, ma nella IX questa Commissione curava anche una
rassegna stampa, che credo debba essere ripristinata perché
può essere molto utile al nostro lavoro.
  PRESIDENTE. Per quanto riguarda il ministro di grazia e
giustizia, devo osservare che è molto facile parlare con il
Presidente della Repubblica, facilissimo parlare con il
Presidente del Consiglio e con il ministro dell'interno, ma
che sto inseguendo il ministro della giustizia da tempo.
Avevamo un appuntamento per la giornata di ieri, poi è saltato
ed è stato rinviato a non so quando. Vi è una oggettiva
difficoltà di comunicare con l'onorevole Martelli,
naturalmente per i suoi molteplici impegni.
  SALVATORE FRASCA. Le divinità non le dobbiamo ammettere,
quanto meno io e lei che siamo laici!
  PRESIDENTE. Quando però uno si autocostituisce in
divinità, lei capisce che tutto diventa difficile!
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Debbo innanzitutto e
brevissimamente dire, non per piaggeria, ma perché mi ha molto
positivamente colpito, che trovo questo programma eccellente:
per quella che è la mia esperienza sul fenomeno, mi sembra che
non sia stato trascurato nulla. Ho comunque una richiesta da
formulare, che non nasce certo dalla voglia di riuscire a
trovare una cosa che non c'è, perché l'ufficio di presidenza
ha previsto veramente tutto.
   E' considerato, e non poteva non esserlo, il problema dei
rapporti tra mafia e politica. Il tema, come è notorio, è a
mio giudizio decisivo. L'indicazione contenuta nel programma è
generica, ma dentro questo tipo di indagine si possono mettere
molte cose. Per cominciare a lavorare avanzo uno richiesta
formale: iniziare queste indagini partendo dal problema
elettorale. Esistono delle mappe ben aggiornate, che penso
siano redatte da tutte le forze di polizia (mi risulta dai
carabinieri, ma sicuramente anche dalla Polizia di Stato),
sulla distribuzione territoriale delle sovranità delle
famiglie mafiose e, penso, anche di quelle camorristiche.
Chiedo che la Commissione antimafia svolga un'indagine,
naturalmente non su tutto il territorio del Mezzogiorno ma
scegliendo delle priorità in relazione alle aree più a
rischio: penso a Palermo e a Napoli, ma possiamo trovarne
anche altre. Questa indagine deve avere ad oggetto un'analisi
dei flussi elettorali nelle zone in cui si verifica la
distribuzione del potere fra le varie famiglie mafiose. In
altri termini ed in parole povere, dobbiamo cercare di capire
per chi si voti in quelle zone.
  UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, chiedo che in
premessa venga precisata quale sia la filosofia di fondo di
questa Commissione e quali i filoni da privilegiare. Io ho
l'esperienza dell'attività svolta dalla Commissione nella
passata
                         Pag. 85
 legislatura; mi chiedo, dal momento che alcuni parlamentari
non erano all'epoca membri della Commissione, se non sia
opportuno fare il punto della situazione con riferimento agli
obiettivi che abbiamo tentato di raggiungere nella X
legislatura, quando si è privilegiato un discorso che
definirei per versanti. Si trattava, in particolare, dei
versanti relativi rispettivamente alle forze dell'ordine, agli
aspetti amministrativi e a quelli giudiziari, nei quali
abbiamo conseguito risultati di notevole rilievo, come lei
stesso ha ricordato.
   Mi domando, quindi, se non sia opportuno dedicare alcune
sedute alla valutazione di ciò che abbiamo acquisito e di
quanto resta ancora da acquisire, soprattutto per verificare
che cosa si debba sollecitare sul piano legislativo,
amministrativo e operativo, anche al fine di effettuare quel
controllo di cui lei stesso parlò qualche tempo fa.
   D'altra parte, dobbiamo procedere attraverso una sorta di
calcolo combinatorio, tenendo conto della provenienza dei
membri della Commissione da due distinte Assemblee, con i
relativi problemi di presenza alle sedute. Ho sollevato tale
questione perché, in occasione dell'audizione del Presidente
del Consiglio e del ministro dell'interno, noi senatori non
abbiamo avuto la possibilità di intervenire nel dibattito,
come sarebbe stato nostro dovere. Mi chiedo, pertanto, se non
sia opportuno, pur senza prevedere la presenza dei due
suddetti responsabili di Governo, continuare il dibattito
iniziato nel corso della loro audizione. Il Presidente del
Consiglio, infatti, rese dichiarazioni estremamente
interessanti anche con riferimento ad un nostro intervento in
sede di riforma delle istituzioni al fine di valutare la
conciliabilità di determinate scelte.
   Chiedo quindi al presidente di consentire a coloro che non
hanno avuto la possibilità di intervenire in quella sede di
prendere la parola sulle dichiarazioni rese nel corso
dell'audizione, anche al fine di formulare proposte.
   Per quanto riguarda il programma dei lavori, ritengo che
esso sia completo, ma ho il timore che si presenti piuttosto
frammentato. Mi chiedo, pertanto, se non sia possibile
"raccogliere" tutto questo, come abbiamo tentato di fare nella
scorsa legislatura. Altrimenti, facendo riferimento a casi
concreti che possono riguardare, di volta in volta, Vibo
Valentia, Palmi, Palermo o Gela, si rischierebbe di perdere la
visione di insieme. Si potrebbe distribuire una specie di
questionario in cui ognuno di noi inserisca gli argomenti che
vorrebbe vedere sviluppati, anche alla luce delle ottime
indicazioni contenute nel programma, oppure prevedere un altro
sistema per effettuare una sorta di censimento delle nostre
aspettative.
   Ho letto, tra l'altro, la lettera del senatore Calvi, in
cui vengono avanzate proposte meritevoli di attenzione in
particolare circa la suddivisione futura del lavoro per
categorie. Alla luce di ciò, mi domando se non sia utile
ipotizzare un'articolazione dell'attività attraverso gruppi di
lavoro.
   Condivido, inoltre, le indicazioni del senatore Frasca e
dell'onorevole Ayala con riferimento al problema elettorale.
Desidero soltanto osservare che al termine della scorsa
legislatura, in fase di compilazione della relazione finale,
io stesso sottolineai come valesse la pena portare avanti
un'indagine sulle spese elettorali. Insistetti anche affinché
la Commissione, nell'occuparsi della lotta contro la mafia,
tenesse conto anche dell'aspetto sociale. Al riguardo, vi è
nel programma qualche indicazione relativa alle scuole, al
degrado cittadino ed alle opere incompiute. Questi temi,
comunque, vanno inseriti in un contesto unitario affinché le
questioni relative all'impiego delle forze dell'ordine, alla
validità dell'aspetto legislativo, agli interventi in sede
amministrativa da parte dei titolari dei ministeri, unitamente
all'aspetto sociale, consentano alla nostra Commissione di
svolgere un ruolo propositivo anche in settori che finora sono
stati esclusi.
                         Pag. 86
  SAVERIO D'AMELIO. Pur volendo evitare nocive ripetizioni,
desidero anch'io sottolineare che lo spettro degli argomenti
da trattare sottoposto alla nostra attenzione è ampio e va
accettato, anche se - lo dico con franchezza - esiste il
rischio di una polverizzazione della nostra azione che
dovrebbe essere, a mio avviso, più mirata.
   Ritengo che negli ultimi decenni il Parlamento abbia
acquisito il merito di assicurare, anche attraverso la
costituzione della Commissione antimafia, la continuità di
un'azione di indagine e di conoscenza che la nostra
Commissione ha svolto molto bene nel passato. Sono certo che,
sotto la regia del presidente, essa opererà altrettanto bene
in futuro. Occorre tuttavia che, nel momento in cui si
assicura la continuità, venga garantita anche l'efficienza. Di
qui nasce la necessità di procedere ad indagini più mirate,
per evitare che la Commissione si trasformi in una sorta di
accademia o di centro studi in cui si parli di tutto, con
obiettivi più o meno mirati, ma nello stesso tempo si
polverizzi l'interesse.
   Nel corso della IX legislatura, cui ha fatto riferimento
anche il senatore Frasca, durante la quale ho ricoperto la
carica di vicepresidente della Commissione, si adottò un
sistema che vorrei fosse ripreso, naturalmente se si riterrà
opportuno farlo: mi riferisco all'ipotesi di costituire
sottocommissioni o gruppi di lavoro, presieduti ovviamente da
colleghi dotati di un'esperienza specifica, al fine di evitare
la polverizzazione e di predisporre uno spettro di azione più
limitato e quindi più mirato. Naturalmente, la Commissione in
sede plenaria dovrebbe approfondire il lavoro compiuto dalle
sottocommissioni.
   In conclusione, desidero anch'io sottolineare la priorità
assoluta, prima di avviare nel concreto i nostri lavori, della
necessità di ascoltare il ministro di grazia e giustizia.
  PRESIDENTE. Spero che il ministro di grazia e giustizia
risponda ai nostri appelli.
  MICHELE FLORINO. Pur concordando con il programma dei
lavori prospettato, desidero aggiungere qualcosa con specifico
riferimento ai lavori della nostra Commissione, senza quindi
voler fare - come hanno detto alcuni colleghi -
dell'accademia.
   Entrando nel merito dei problemi, considerata anche la
presenza di autorevoli ex rappresentanti della giustizia che
sono stati in prima linea nella lotta alla mafia, ritengo che
si debba portare avanti un'analisi delle questioni al fine di
colpire la mafia, se veramente la si vuole colpire.
   Vi sono regioni ormai letteralmente in preda alla
delinquenza comune, come risulta anche dai rapporti dell'Alto
commissario per la lotta alla mafia, nelle quali "lo Stato è
un infiltrato" (così affermò Sica). Esiste, per così dire, una
metastasi diffusa a tal punto che occorre intervenire per
tentare di guarirla; è noto, tuttavia, che il cancro non si
cura se non attraverso un miracolo. Dovremmo, infatti, puntare
la nostra attenzione sull'impero economico che si è esteso
nelle regioni ad alta densità mafiosa e che non consente più
alcun intervento da parte dello Stato, poiché nel momento in
cui si interviene crolla la stessa economia dello Stato. Lo
abbiamo potuto constatare in questi giorni con il caso dei
sequestri e di varie vicende, che alla fine si risolvono
generalmente con un nulla di fatto, ossia con il dissequestro
dei beni, perché chi si muove in quelle direzioni ha
potenzialmente alle spalle una forza, garantita tra l'altro da
fiscalisti e avvocati, che consente un arricchimento illecito.
   Considerata questa prima definizione che do di area a
rischio, indicandola come una zona incancrenita dalla mafia
dilagante e con poche residue speranze, mi auguro che la
nostra Commissione contribuisca a risolvere i problemi e
rivolga la sua attenzione anche agli orrendi episodi
delittuosi di Capaci e di via D'Amelio, visto che la
magistratura non ha compiuto finora passi in avanti.
   Invito, inoltre, il presidente e la Commissione a guardare
all'altra parte del paese, quella che si ritiene fuori dalla
                         Pag. 87
mischia. Lei, signor presidente, ha fatto riferimento
poc'anzi alla Basilicata: esistono tuttavia altre regioni a
rischio, che sono già state attaccate dalla delinquenza
comune. Desidero citare una delle tante, che sembra
tranquilla, un posto in cui ognuno sogna di andare a riposare:
Siena. Vorrei sapere per quale motivo in quella città e nei
suoi dintorni società finanziarie, anche straniere, acquistino
cascinali e terreni, come lo stesso prefetto ha scritto in un
rapporto. Non mi fermerei, quindi, all'individuazione, ormai
chiara, di una mafia presente, ma terrei conto dell'esigenza
di bloccare l'infiltrazione nel resto del paese.
   Lei sa, poiché era componente di questa Commissione, che
vi è stata una brillantissima relazione sulla questione
milanese. Non dobbiamo però dimenticare tutte le altre regioni
a rischio.
   Analogamente, sono d'accordo con l'onorevole Ayala nel
momento in cui parla del rapporto tra mafia e politica esteso
al problema elettorale. Tale aspetto riguarda non soltanto la
ricerca dei voti, ma anche le complicità con i camorristi ed i
mafiosi che consentono di avvalersi del potere di queste
famiglie per ricevere voti.
   Ho inviato al presidente una nota relativa a tre casi
specifici, per chiarire la mia prima richiesta avanzata il 7
ottobre scorso: mi riferisco al camorrista Stolder, arrestato
a Roma, al capo della camorra napoletana, Ciro Mariano,
anch'egli arrestato, ed al carteggio che aveva con sé, nonché
al dottor Crispino, il medico manager delle cliniche
private napoletane. Se siamo pronti ad agire, se non proprio
di concerto, almeno "aggredendo" gli uffici giudiziari che non
si muovono, potremmo conoscere molte sfaccettature di una
camorra che si presenta identica alla mafia. Infatti, se da
qualche nostro intervento riferito alla solida impalcatura
antisismica della mafia emergeva l'idea che altre diramazioni
collaterali, come la camorra e la 'ndrangheta, non dessero le
stesse preoccupazioni si trattava di un errore, dal momento
che la camorra ha assunto la stessa fisionomia, gli stessi
atteggiamenti, procedure e sistemi della mafia. Inizialmente
essa si è indirizzata nei quartieri napoletani, dove i capi
clan facevano il bello e il cattivo tempo; ma oggi vi è una
regia che parte da una strategia - proveniente da un potere
politico che cerca di inserirsi - che ha assunto i connotati
di una vera forza mafiosa difficile da smantellare.
   Oltre che del quadro preoccupante presente in queste
regioni, si deve tenere conto dell'infiltrazione nelle aree
non esposte. Invito quindi la Commissione a guardare
soprattutto al nord.
  ALFREDO GALASSO. Credo anch'io che quello predisposto
sia un'ottimo programma. Se devo essere sincero, però, penso
che aver unificato i vari punti emersi dalla discussione -
come in qualche misura era doveroso - abbia fatto perdere
quella linea e compattezza del programma, almeno nella
lettura, che il presidente aveva enunciato nel corso dei
lavori dell'ufficio di presidenza allargato. Un suggerimento
semplice e pratico da parte mia è quindi quello di rivedere il
programma dei lavori, riaccorpandolo e risistemandolo al fine
di delineare quello che dovrebbe essere il percorso di questa
Commissione. E' naturale che mettendo insieme tanti temi si
abbia poi la sensazione, come qualche collega ha già rilevato,
di una frammentazione.
   Affrontato questo, che non mi pare comunque l'aspetto più
significativo ed importante da sottolineare, vorrei svolgere
due considerazioni di carattere generale. L'audizione del
Presidente del Consiglio e del ministro dell'interno mi ha
lasciato una sensazione di profonda insoddisfazione, non tanto
su punti specifici, quanto proprio sull'idea, sulla concezione
di quella che debba essere oggi l'azione di contrasto nei
confronti della mafia. Ciò mi induce a porre in questa sede
una questione di fondo, peraltro già emersa nei primi
interventi, vale a dire la necessità di un approfondimento
sulla fase che stiamo attraversando in questo momento
drammatico. Tale approfondimento mi pare richieda una maggiore
conoscenza, anche se non una discussione
                         Pag. 88
di carattere politico o sociologico, degli elementi e dei
dati, a cominciare dalle ultime, tragiche vicende dalle quali
credo si debba necessariamente partire: mi riferisco ai
delitti di Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e
Ignazio Salvo. L'approfondimento delle conoscenze di questi
fatti serve ad avere un orientamento più preciso ed aggiornato
del fenomeno. Credo sia questa l'esigenza prioritaria.
   La seconda osservazione sui punti del programma, che
condivido, concerne la necessità che l'azione di contrasto non
sia più soltanto a ridosso, a rimorchio, comunque a sostegno
dell'azione giudiziaria, quanto ad ampio raggio, dovendo
riguardare, come minimo, l'intero arco del sistema dei
controlli, non soltanto quello giudiziario. Questa è una
necessità che ribadiamo da anni ma che non ha trovato una
piena attuazione. Noi ragioniamo, come è giusto, in termini di
sistema di potere mafioso, piuttosto che di pura e semplice
organizzazione criminale, ma allora dobbiamo anche indicare
alcune priorità nell'intervento, senza perdere di vista il
punto di attacco.
   Credo, per esempio, che dovremo fare uno sforzo, forse già
nella definizione del programma, analogo a quello compiuto per
il recupero dei lavori della precedente Commissione. La
funzionalità degli uffici giudiziari, le aree esposte, la
questione Ciancimino (piuttosto emblematica) rappresentano già
un ordine di priorità, non soltanto un criterio pratico di
recupero del lavoro svolto. Probabilmente, dovremmo prevedere
analoghe priorità. Se l'analisi aggiornata di questo fenomeno,
per esempio, porta, nei limiti in cui possiamo farla, a
ritenere che vi sia - come credo - un versante internazionale
particolarmente importante e pericoloso in questa fase, un
ordine di priorità dovrebbe prevederlo al primo punto.
All'interno di ciascun settore, dalla pubblica amministrazione
alle ricchezze illegali, vi possono essere punti di attacco in
quest'azione di contrasto.
   In sostanza, da un lato farei uno sforzo di
approfondimento delle conoscenze, anche attraverso una
discussione in questa sede, sulla base di ulteriori elementi
circa la natura e l'attuale linea di tendenza del fenomeno;
dall'altro configurerei una scala di priorità delle
iniziative. Mi pare questo il modo di affrontare correttamente
il lavoro sulla base di quello che ritengo - lo ripeto - un
ottimo programma. La preoccupazione che avvertiamo in questa
fase è di essere indietro rispetto alla dinamica dei fatti.
Non vorrei, cioè, che per attuare una serie di iniziative
sulla base di una conoscenza compiuta, quale questo fenomeno
complesso richiede, arrivassimo tardi rispetto ad una dinamica
dei fatti che è rapidissima. La discussione in termini di
analisi e la definizione delle priorità servono dunque per
stare al passo con questa dinamica velocissima, al fine di
svolgere, nei limiti del possibile, una funzione di sostegno
politico nei confronti del Parlamento e del Governo, nonché di
prevenzione rispetto a vicende tragiche che possono ripetersi.
  CARLO SMURAGLIA. Credo che i punti che tratterò siano
già compresi nel programma dei lavori, anche se enunciati in
modo sommario. Mi pare, infatti, che nel programma ci sia
veramente tutto, pertanto farò soltanto delle sottolineature,
anche al fine di verificare se la mia ipotesi (che si tratti
di questioni già inserite nel programma) sia esatta.
   Concordo sul fatto che la Commissione debba agire anche
sul piano sociale ed informativo-culturale; al riguardo mi
chiedo se attraverso la voce "Ministero pubblica istruzione",
al secondo punto della quale è stato inserito il termine
"educazione", ci si proponga di creare un rapporto permanente
per la formazione culturale in materia di mafia. In
particolare, vorrei sapere se questa previsione riguardi un
aspetto che considero fondamentale, cioè quello della
preparazione degli insegnanti. Anche se vi sono nelle scuole
iniziative sporadiche, a volte diffuse, con la presenza di
persone che conoscono a fondo questi problemi, la mia
esperienza personale mi insegna che
                         Pag. 89
queste iniziative riescono in genere sempre bene, ma riescono
benissimo se vi è stato un lavoro preparatorio, preliminare,
nei confronti degli insegnanti. Credo sia molto importante che
quelle iniziative, già rivolte alla formazione degli
insegnanti, siano trasformate in modo organico con l'accordo
del Ministero della pubblica istruzione, prevedendo
facilitazioni e forme di incentivazione per gli insegnanti e
la presenza di un organismo nelle scuole, fondamentale da
questo punto di vista. Credo che la realizzazione di tale
ipotesi sia importante e la mia sottolineatura è proprio volta
a comprendere se essa sia contenuta nel termine "educazione".
   La seconda osservazione riguarda la funzionalità e i
rapporti con il nord. Sono tra coloro che sono convinti che
l'attenzione vada posta con molta intensità al nord, per tutte
le ragioni già evidenziate ed anche per l'accentuazione che si
vuol dare agli aspetti economici, nonché al fatto che la mafia
si nutre della possibilità di fare investimenti, scambi e così
via. Continuo ad essere del parere che il nord non sia
attrezzato per combattere la mafia da questo punto di vista;
sono convinto che, né sul piano investigativo né su quello
giudiziario, le strutture siano sufficienti. Mi pare se ne sia
accorta anche la precedente Commissione parlamentare antimafia
quando è andata a Milano, anche se non credo si tratti di un
problema solo di quella città. Del resto, il procuratore
generale di Milano, nella sua relazione di quest'anno, espone
ad un certo punto una sua idea personale sulla presenza della
mafia o della criminalità organizzata a Milano.
  PAOLO CABRAS. Idea un po' minimalista!
  CARLO SMURAGLIA. Egli aggiunge poi un'osservazione
interessante, affermando che, in fondo, null'altro è possibile
dire dal momento che si è costretti ad inseguire la
quotidianità e l'emergenza. Il procuratore generale di Milano
spiega in parte la ragione della minimizzazione.
   La precedente Commissione ha anche notato, nel corso dei
suoi due viaggi, impostazioni diverse date ad indagini
investigative e giudiziarie, perché vi è chi ritiene che ci si
debba muovere sul territorio e chi invece ritiene ci si debba
muovere soprattutto inseguendo il movimento dei capitali. Si
era parlato in passato della possibilità di collocare punti di
osservazione in settori particolarmente esposti e di altre
ipotesi. Vi è quindi un ambito in cui ferve la discussione e
nel quale si ha l'impressione che le strutture investigative,
organizzative e giudiziarie non siano adeguate a svolgere
compiti molto specifici e rilevanti.
   Va tenuto presente, inoltre, un dato culturale: in alcune
città vi è una resistenza a considerarsi possibili soggetti
passivi di infiltrazioni mafiose, prova ne è che la relazione
della commissione del comune di Milano - bella o brutta che
sia - non riesce ad essere discussa nemmeno in consiglio
comunale.
  PRESIDENTE. Tale relazione ci è stata peraltro
trasmessa.
  PAOLO CABRAS. E' vero che non c'è più la commissione
antimafia?
  CARLO SMURAGLIA. Non essendoci un termine di scadenza
nella delibera iniziale, ad un certo punto la commissione ha
ritenuto che fosse giusto rimettere al consiglio comunale la
decisione se proseguire o meno in quella forma o in altre,
indicando alcune soluzioni possibili; ad ogni modo, da luglio
la situazione è questa. Secondo me ciò dipende anche delle
resistenze psicologiche cui mi riferivo poc'anzi; vale a dire,
tra i tanti mali non si vuole accettare l'idea che ci sia la
mafia. Da questo punto di vista va posta un'attenzione
particolare non solo a Milano ma anche Torino, che ha avuto
infiltrazioni mafiose con il clan dei catanesi e infiltrazioni
calabresi, per cui - ripeto - meriterebbe la stessa attenzione
anche per approfondire la situazione complessiva e verificare
se le strutture investigative
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 e quelle giudiziarie siano adeguate a questi compiti.
   Sarebbe utilissimo che il nord avesse questi due punti di
osservazione continuativa della Commissione, volti a fornire
un contributo e a verificare l'evolvere del fenomeno rispetto
alle indagini e visite precedenti, con accentuazione
particolare in questa direzione. Personalmente, non mi
interessano tanto i morti per scontri tra bande, che pure a
volte ci sono anche nelle strade delle periferie milanesi,
quanto quella parte che non emerge mai, cioè il denaro, i
movimenti finanziari. Si tratta di un problema delicatissimo
che bisogna approfondire e studiare a fondo.
   Vorrei infine un chiarimento su un aspetto che non ho ben
compreso. Per quanto riguarda le modalità di lavoro, concordo
perfettamente con il presidente circa la necessità di
coinvolgere tutti i componenti la Commissione; vorrei sapere,
però, se si pensa di agire collegialmente, con gruppi di
lavoro o sottocommissioni. Mi pare un problema meritevole di
attenzione sul quale, anche se forse è già stato affrontato,
desidererei un chiarimento perché ritengo importante, anche ai
fini del coinvolgimento dei singoli, il modo in cui si
articola il lavoro della Commissione.
  VINCENZO SORICE. Sono particolarmente spaventato, pur
esprimendo un giudizio positivo, dalla vastità del programma.
Da un'analisi generale dei problemi, sono emerse nel corso del
dibattito indicazioni positive. Vorrei, tuttavia, cercare di
capire come la nostra Commissione dovrà operare perché è
proprio sulla sua operatività che dovremmo riflettere almeno
in questa prima fase. Non vorrei si passasse, infatti, da un
eccesso all'altro; non ho ancora ben capito, prima di tutto,
se disponiamo degli strumenti operativi per svolgere tutto
questo lavoro. Ho l'impressione, sulla base delle indicazioni
contenute nel programma, che saranno necessari strumenti di
cui non sono sicuro che si possa disporre. E' stata anche
avanzata la preoccupazione che questa diventi una Commissione
di studio; se ciò poteva essere valido nel corso delle
precedenti legislature, durante le quali sono emerse proposte
legislative, dovremmo ora operare invece una sorta di
controllo sotto tale profilo. Ho talune perplessità relative
all'operatività di questa Commissione e le sue competenze e
non vorrei, qualora dovessimo recarci in periferia e
collegarci con l'esterno, che ci trovassimo di fronte ad una
sorta di conflitto di posizioni tra organi dello Stato.
   Sulla base dell'esperienza comune, infatti, posso dire che
quando si stabilisce un contatto con organi periferici dello
Stato ci si imbatte sempre nella tendenza a minimizzare il
fenomeno. E' questo un punto essenziale, ma siamo ora in una
seconda fase che prevede l'approfondimento e la possibilità di
controllare documenti di ufficio. Ciò necessita di un lavoro a
monte per definire le nostre competenze. Non vorrei, infatti,
che, come componenti della Commissione, ci dividessimo tra
legittimisti (coloro che vogliono il rispetto delle leggi) e
sostenitore della necessità di travalicare le leggi per andare
al cuore del problema. Si tratta di una conflittualità che
dobbiamo cercare di eliminare a monte, per evitare che si
realizzi anche tra noi quando ci recheremo in periferia.
   La mia preoccupazione, al di là delle sottocommissioni e
delle ommissioni, è che si rende necessaria una metodologia
ben chiara per i singoli argomenti: in tal modo potremo
effettivamente essere di aiuto all'Esecutivo. In questo
momento, infatti, ritengo che la funzione della Commissione
sia quella di fornire un sostegno non solo in termini di
indirizzo, ma anche di segnalazione per interventi immediati
una volta individuate la negatività. Poiché, tuttavia, ci
troviamo in un momento delicato di passaggio credo che la
definizione preventiva delle metodologie di lavoro da portare
all'esterno sia indispensabile per l'inizio dell'attività
della Commissione. Una volta chiariti i termini del problema,
saremo in grado di fornire veramente un contributo per la
lotta alla mafia.
                         Pag. 91
  MARCO TARADASH. Apprezzo molto il lavoro svolto, in modo
particolare dal presidente, per predisporre un quadro dei
compiti che dovremo svolgere. Anche io, come altri colleghi,
credo che, partendo da questa base, si debba cercare di
focalizzare alcune priorità. Premetto che concordo con la
richiesta formulata dal collega Ayala di svolgere un'analisi
dei flussi elettorali. Nel rapporto tra mafia e politica, che
costituisce una delle componenti principali del nostro lavoro,
credo che questa rappresenti un'analisi fondamentale. Sarebbe
anche necessario stabilire per tale analisi una data di
partenza, che potrebbe essere quella delle elezioni del 1987.
In quell'anno ero candidato nelle liste del partito radicale e
mi capita ancora di leggere, nei documenti e nei libri, che il
pentito Marino Mannoia continua ad affermare che a Palermo il
partito radicale ha ricevuto contributi elettorali ed
economici dalla mafia in occasione di queste elezioni. Come
candidato allora di quel partito, sarei soddisfatto di sapere
se ciò sia vero o se, come sono assolutamente convinto, sia il
caso di ridimensionare quel tipo di accuse. Poiché tale
problema esiste davvero, cominciamo ad analizzarlo a partire
dal 1987, con riferimento a Palermo, a Trapani ed alle zone in
cui gli spostamenti elettorali si sono verificati, cercando di
capire il modo in cui il voto è stato espresso nelle aree a
maggiore densità mafiosa.
   Se una sottovalutazione può essere contenuta nel programma
dei lavori essa è relativa alla metodologia e, soprattutto, al
problema della narcomafia. Sono tutti convinti che la maggiore
fonte di denaro per le organizzazioni criminali sia la droga,
ma nel nostro programma rivolgiamo maggiore attenzione a
fenomeni di tipo tradizionale piuttosto che alla comprensione
di come si stia sviluppando l'organizzazione del traffico di
droga. Credo che il compito della Commissione antimafia non
sia soltanto quello di investigare sulla mafia come
organizzazione tradizionale, ma anche quello di comprendere le
sue trasformazioni, nonché l'assimilazione di altre
organizzazioni criminali. Dobbiamo cioè guardare al fenomeno
mafioso piuttosto che alla mafia con la "M" maiuscola, ed alle
organizzazioni criminali che riprendono e sviluppano i
meccanismi mafiosi sia all'interno sia al di fuori del nostro
paese. La Commissione Chiaromonte si era qualificata
soprattutto nel tentativo, tra l'altro ben operato, di
razionalizzare la strategia esistente cercando di comprendere
quali fossero le carenze della strategia antimafia che
prevaleva nella passata legislatura e fornendo indicazioni che
spesso sono state seguite e tradotte in leggi. Si trattava di
una strategia essenzialmente repressiva che presentava ampie
zone d'ombra o veri e propri buchi cui la Commissione
Chiaromonte ha cercato di porre rimedio.
   Anche noi dovremo operare in questo campo, perché è
evidente che l'azione di contrasto alla mafia non avviene
ancora oggi nel modo in cui dovrebbe. Ma il nostro lavoro non
può limitarsi a ciò. Oltre a razionalizzare le strategie
esistenti, dovremo fornire al Parlamento ed al Governo
indicazioni utili a correggere o superare tali strategie.
Poiché la vera espansione del fenomeno mafioso nel mondo è
legata al problema della narcomafia, credo che un'analisi
della strategia proibizionista sulla droga debba essere al
centro del nostro lavoro. Dovremo anche riflettere sulla
modifica, sul superamento o sull'abolizione di tale strategia
perché sarebbe inutile continuare ad affermare che dobbiamo
svuotare il grande mare costituito dalla criminalità, dal
riciclaggio e dalla droga se dovessimo scoprire che il motore
che alimentiamo serve da un lato a svuotare ma dall'altro a
riempire, o a moltiplicare la potenza dei meccanismi criminali
e mafiosi.
   A mio avviso dovremmo innanzitutto porre come obiettivo
del nostro lavoro la comprensione del fenomeno della
narcomafia e dei suoi intrecci con il preesistente fenomeno
mafioso, tenendo conto degli ulteriori sviluppi; quello della
narcomafia, infatti, costituisce un momento di passaggio
preliminare all'inserimento
                         Pag. 92
nell'economia legale. Nell'economia legale di Siena o della
Versilia possono infatti essere presenti organizzazioni
mafiose che non si sono mai sporcate con il racket, gli
scippi o violenze di altro genere, ma che traggono le loro
forze ed energie da queste fonti di reddito.
   Un secondo aspetto, già sottolineato da altri, è quello
dell'analisi dei nuovi insediamenti mafiosi al di fuori delle
aree tradizionali: il nord Italia, la Basilicata, Genova, la
Versilia e, magari, la Costa azzurra. Ricordo che il sindaco
di Mentone solo un mese fa ha chiesto al suo Governo
l'introduzione anche in Francia della richiesta del
certificato antimafia agli italiani che acquistino abitazioni
sulla Costa azzurra (e sono moltissimi), sospettando
acquisizioni di origine mafiosa.
   Sempre nella prospettiva di comprendere in che modo il
fenomeno si stia evolvendo e si possa contrastare in termini
politici, un terzo punto da approfondire è quello relativo
agli extracomunitari. A Genova il 60 per cento degli arresti
per traffico di droga riguarda extracomunitari. Quali sono le
relazioni tra questi gruppi extracomunitari e le
organizzazioni mafiose tradizionali? Quali sono le relazioni
con Stati esteri che si inseriscono adesso nel traffico della
droga, probabilmente in contatto con organizzazioni mafiose
italiane? La Nigeria è attualmente uno dei punti caldi del
traffico della droga, anche perché ha accumulato conoscenze
tecniche in materia finanziaria, commerciale o di altro genere
nel periodo della ricchezza petrolifera ed oggi, non avendo
più petrolio, utilizza questo patrimonio per il traffico della
droga. Poiché non credo che vi sia possibilità di ingresso nel
nostro paese senza un accordo con le organizzazioni mafiose
tradizionali, dovremmo riuscire a capire in che misura si
siano sviluppati tali collegamenti. A ciò si aggiunge il fatto
che il problema degli extraeuropei, anche sulla base delle
ragioni espresse poco fa dal presidente Violante, deve
costituire una delle principali chiavi di lettura del fenomeno
mafioso in Italia e nel mondo.
   Ritengo che se cominciassimo ad analizzare il fenomeno
nelle sue reali dimensioni di crescita troveremmo a quel punto
anche la capacità di chiarire meglio le disfunzioni della
pubblica amministrazione ed i fenomeni di corruzione collegati
all'enorme ricchezza che il traffico di droga consente. Se non
faremo ciò, rischieremo di scattare l'ennesima fotografia,
naturalmente aggiornata perché il fenomeno mafioso è in
continua evoluzione, lasciando però immutata la sostanza delle
cose. Il presidente Violante ha auspicato che la Commissione
riesca a camminare più rapidamente delle organizzazioni
criminali, ma francamente si tratta di un auspicio che non ha
mai trovato riscontro nella storia dei rapporti tra "guardie e
ladri", perché i ladri corrono sempre più velocemente,
soprattutto quando il loro motore è alimentato dal denaro
proveniente in parte dal sistema partitocratico, ma in gran
parte dal narcotraffico.
   Invito dunque la Commissione a focalizzare meglio la sua
attenzione su questi aspetti. Non possiamo sapere, essere
convinti e sentirci dire da tutti i massimi esperti che il
traffico della droga rappresenta la principale fonte di
arricchimento delle organizzazioni criminali, per poi quasi
autocensurarci (come affermava il senatore Smuraglia
riferendosi alla resistenza psicologica di alcune città a
considerarsi soggetto passivo di possibili infiltrazioni
mafiose) in merito all'analisi di questo problema. E' vero che
per noi la lotta alla mafia - o, per alcuni, la mafia - è più
vicina nei suoi termini politici, di cui vediamo le
connessioni nell'operare quotidiano, piuttosto che nella
dimensione reale del fenomeno. Dovrebbe dunque essere meglio
precisato il nostro compito come Commissione politica che non
deve occuparsi soltanto, anche quando è necessario, di fare le
"bucce" al Governo, alla magistratura o alla polizia, ma
fornire anche una prospettiva per la correzione delle
tendenze.
                         Pag. 93
  ANTONINO BUTTITTA. Signor presidente, onorevoli colleghi,
viviamo sicuramente in anni bui e abbiamo tutti motivo di
essere preoccupati. Una delle ragioni della mia preoccupazione
si riferisce a quanto qui sta oggi accadendo, cioè al modo in
cui la Commissione - penso soprattutto agli assenti - affronta
un problema così grave. In passato questa Commissione,
sicuramente al di là delle intenzioni dei suoi componenti, ha
dato la sensazione di procedere, almeno per certi aspetti, in
maniera superficiale e comunque rapsodica; sempre al di là
delle intenzioni dei suoi componenti, si è lasciata andare ad
un certo sociologismo. Faccio questo mestiere, ma penso che
esso possa essere esercitato meglio laddove si è deputati a
svolgerlo, cioè nelle università; qui dobbiamo assolvere un
ruolo diverso.
   Rispetto a tutto ciò, ritengo che il progetto delineato
dall'ufficio di presidenza sia organico e ritengo, altresì,
non solo per stima nei confronti del presidente, dei
componenti dell'ufficio di presidenza e della Commissione, che
alla fine, grazie al nostro impegno, si potranno conseguire
risultati forse non decisivi ma comunque esaustivi rispetto ad
alcuni problemi. Certo, si tratta di un progetto che, come ha
segnalato giustamente il collega Galasso, va rischematizzato e
ritabulato, perché in questo momento costituisce soltanto un
elenco di temi; quindi, si pone senz'altro l'esigenza di una
razionalizzazione, come pure vi è l'esigenza - ha ragione il
collega Ayala - di mirare meglio alcuni dei percorsi indicati
dal progetto stesso. Uno di questi è rappresentato dal
rapporto tra mafia e politica, da esaminare non in termini
generici e confusi ma in maniera da precisare l'ambito in cui
ci si deve muovere, che sicuramente è quello dei flussi
elettorali. D'altra parte, come afferma ancora il collega
Ayala - e anche in questo caso ha ragione - dobbiamo
individuare l'ambito non solo tematico ma anche territoriale;
infatti, non ha senso svolgere un'indagine su tutti i flussi
elettorali del nostro paese o comunque di tutto il sud,
occorrendo invece scegliere alcune aree campione - e il
collega Ayala le ha indicate - e su di esse promuovere
l'indagine.
   Detto ciò, aggiungo che sono stato favorevolmente colpito
dal terzo punto, quello che il presidente ha etichettato come
"le ricchezze"; è chiaro infatti ed è evidente che, se si
vuole realmente colpire la mafia, è sul suo potere economico
che bisogna intervenire. Ciò non solo per motivi di carattere
generale che qui non ripeto, perché sono abbastanza ovvi, ma
anche perché - ha ragione il collega Taradash - l'essenza del
potere economico della mafia è attualmente da riferire ai
profitti provenienti dal mercato degli stupefacenti. Si tratta
di una materia che dovrà necessariamente e doverosamente
essere approfondita dalla nostra Commissione.
   Per precisare ulteriormente il percorso, a mio giudizio,
dobbiamo indagare sul sistema bancario privato e, se occorre,
anche su quello pubblico; in particolare chiedo alla
Commissione (non conosco la situazione delle altre regioni,
conosco quella esistente nella mia, la Sicilia) di indagare
sul sistema bancario e finanziario privato siciliano perché,
pur non essendo un esperto e pur appartenendo agli uomini
della strada - spero non da marciapiede - ho osservato che
questo sistema non ha avuto un andamento normale, ma ha
conosciuto processi di carattere, diciamo così, sussultorio,
che a mio parere meritano di essere chiariti proprio ai fini
della determinazione, precisa e non sociologica, del rapporto
tra potere mafioso e potere economico.
   Ritengo che per conseguire questo obiettivo, come pure gli
altri delineati nel progetto di massima indicato dalla
presidenza, si debba procedere attraverso l'istituzione di
sottocommissioni; ritengo altresì necessario elaborare una
scala di priorità e cominciare ad indagare sugli aspetti più
eclatanti, quelli che noi chiamiamo criminali in senso aperto
e scoperto, di questo fenomeno. Come ha affermato il collega
Galasso, bisogna indagare
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 sui più eclatanti delitti che sono avvenuti nella società
meridionale in questi ultimi anni.
  ALTERO MATTEOLI. Signor presidente, anche noi
approviamo, in linea di massima, il documento che ci è stato
presentato.
   Vorrei riallacciarmi, visto che nel documento è riportato
tra parentesi il mio nome a proposito dell'aspetto relativo ai
rapporti tra mafia e politica, a quanto affermato dal collega
Ayala. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che occorra
procedere ad un'analisi dei flussi elettorali, ma essa deve
rappresentare a mio giudizio il terminale della nostra
indagine; la ragione per cui la mafia poi scelga Tizio anziché
Caio si comprende attraverso una serie di rapporti che devono
essere tutti sviscerati. Quindi, non ho nulla da eccepire
rispetto a quanto affermato dal collega Ayala, ma guai se
considerassimo tale aspetto soltanto da questo punto di vista.
   Non ci sono dubbi sulla necessità di stabilire delle
priorità: per quanto riguarda la funzionalità degli uffici
giudiziari, è già previsto qualcosa. Abbiamo imparato molto,
durante l'incontro avvenuto a Messina con le associazioni
antiracket, per quanto riguarda le banche, il
riciclaggio, l'usura; il fatto che l'usura sia favorita dal
funzionario o dal direttore della banca costituisce un aspetto
che deve essere approfondito. A questo proposito, nel corso
della riunione dell'ufficio di presidenza allargato discutemmo
anche di alcuni tribunali del nord: a Messina abbiamo
accertato l'esistenza di questo problema (soprattutto per
quanto riguarda Capo d'Orlando) ma al nord si è proceduto ad
alcuni arresti proprio per fatti di questo tipo. Cito, perché
ognuno di noi evidentemente conosce meglio le zone dalle quali
proviene, l'arresto avvenuto in questi giorni in Toscana, di
un mafioso legato ad un direttore di banca il quale,
attraverso l'usura, ha accumulato grandi proprietà. Ripeto che
occorre individuare - non intendo farlo in questa sede, perché
molti dei colleghi hanno già dichiarato che la nota di lavoro
è già ampia - alcuni tribunali del nord nei confronti dei
quali la Commissione dovrà svolgere una serie di indagini;
limitarci al sud sarebbe a mio avviso riduttivo.
   Ho sentito affermare da alcuni colleghi che il lavoro che
ci viene prospettato è troppo oneroso per poterlo sviluppare;
qualcuno si è anche domandato se abbiamo i necessari strumenti
operativi e se, quando ci rechiamo in periferia, si
determinino conflitti di competenza. Vorrei essere molto
chiaro in ordine a questo aspetto: una Commissione di questo
tipo nasce - o per lo meno dovrebbe nascere - soltanto in una
situazione di emergenza; che poi in Italia l'emergenza duri da
dieci anni, è un altro discorso. Dobbiamo allora dirci
francamente se esista o meno la volontà politica di procedere,
perché il fatto di chiederci se abbiamo gli strumenti
operativi, in una fase in cui ancora non abbiamo iniziato a
lavorare, è a mio giudizio molto preoccupante. Gli strumenti
operativi dobbiamo anche crearceli all'interno della
Commissione, mettendoci a lavorare al di fuori delle tessere
di partito che abbiamo in tasca; infatti, la mafia si è sempre
arricchita ed ha fatto strada perché è stato in qualche modo
coperto il personaggio mafioso fornito di una determinata
tessera (non voglio andare a verificare di quale partito). Se
dimentichiamo tutto questo e se abbiamo la volontà politica di
realizzare ciò che ci siamo proposti, gli strumenti operativi
possiamo trovarli strada facendo. I conflitti di competenza -
lo dico con franchezza, sono non un giurista ma un politico -
non mi preoccupano, se il nostro intento è quello di arrivare
ad un risultato.
  ROSARIO OLIVO. Intervengo brevemente per dichiarare che
mi ritrovo nelle proposte formulate dal presidente Violante a
nome dell'ufficio di presidenza, proposte che sono state poi
approfondite, arricchite e meglio precisate dai colleghi che
sono intervenuti molto autorevolmente.
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   Si delinea quindi un impegno non generico e polverizzato
ma efficace e mirato, che risponde all'esigenza del
perseguimento di obiettivi concreti. D'altra parte, credo che
non possiamo permetterci il lusso di andare a caccia di
farfalle mentre siamo circondati dalle belve.
   Vorrei semplicemente sottolineare molto positivamente - è
questa la ragione del mio intervento - la sollecitazione,
contenuta nell'introduzione del presidente Violante, ad un
impegno pure sul fronte educativo e culturale. Ho apprezzato
molto questo allargamento dell'orizzonte della lotta alla
mafia; ho sperimentato, anche nella mia attività di
amministratore regionale e nel corso di lunghi anni di
impegno, quanto questo spazio sia importante e quest'impegno
non marginale. Si tratta di un impegno di lotta che ritengo
fondamentale soprattutto in alcune zone ed in talune regioni
in cui il tessuto sociale è stato devastato dall'attacco e dal
contagio mafioso. In queste zone, che sono ampie, occorre un
grande impegno, un lavoro di lunga lena per ricostruire la
democrazia nelle coscienze; occorre creare nelle nuove
generazioni un nuovo atteggiamento culturale, un nuovo modello
comportamentale.
   Abbiamo tutti sottolineato come sia necessario impegnarci
nella repressione del fenomeno mafioso. Ma nell'affrontare
questa tematica ho avvertito la crisi delle parole, nel senso
che, come hanno ben sottolineato molti colleghi, si è fatta
molta accademia, tante "passerelle" ma sono stati pochi gli
impegni e i risultati concreti. Sono stato quindi molto
rimotivato dalle parole del presidente Violante e dalle parole
dei colleghi autorevolmente intervenuti, poiché hanno tutti
sottolineato la necessità di non sottovalutare il fronte della
lotta alla mafia.
   Da questo punto di vista, riterrei opportuno un incontro
della Commissione con il ministro di grazia e giustizia,
proprio per sollecitare la predisposizione dei progetti in
materia di lotta al fenomeno mafioso, anche se ritengo,
basandomi sulla mia esperienza, che tali progetti non
esistano: alcune regioni hanno promosso iniziative
legislative, e su questo fronte credo di essere il
presentatore dell'unica legge approvata nell'Italia
meridionale, ma non mi risulta, per esempio, che il Ministero
della pubblica istruzione, nonostante i discorsi, gli impegni
e le enunciazioni abbia mai presentato un progetto efficace
per la lotta alla mafia. E' facile dire al mondo della scuola
che bisogna scendere in campo, ma come è possibile farlo se
non la si mette nella condizione di svolgere la propria parte?
   Il senso del mio intervento, quindi, è quello di rivolgere
un invito alla Commissione antimafia affinché affronti, con i
ministri della pubblica istruzione, dell'università e per gli
affari sociali, il tema degli impegni immediati e concreti sul
versante della lotta alla mafia, che, per quanto di ampio
respiro, considero non certo marginale ma di enorme
importanza.
  PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole Olivo, perché
nel suo intervento ha toccato un tema di particolare rilievo.
  LUIGI ROSSI. Signor presidente, vorrei, se possibile,
che lei fissasse un limite agli interventi. Ciò premesso, dico
subito che sarò particolarmente sintetico e che non supererò
cinque minuti di tempo. Il primo punto che voglio evidenziare
è relativo all'intervento svolto dal ministro dell'interno,
senatore Mancino, nel senso che ciò che ho appreso mi porta a
ritenere che oggi il dicastero che egli guida funzioni meglio
di prima. Tengo a sottolineare che questa affermazione è resa
da un membro dell'opposizione.
   Il secondo punto su cui voglio soffermarmi attiene alla
sentenza di un giudice - che voi tutti conoscete - in cui è
detto che bisogna abituarsi a convivere con la mafia. Si
tratta di un'esternazione che respingo nel modo più assoluto.
Ritengo che la sorte della nostra Commissione debba essere
diversa da quella toccata alla Commissione antimafia
egregiamente presieduta dal senatore Chiaromonte: dobbiamo
avanzare proposte e queste devono essere recepite.
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   Credo che la necessità di attuare una netta distinzione
tra criminalità organizzata e criminalità comune sia il punto
essenziale sul quale dobbiamo concentrare la nostra attenzione
e su cui devono puntare la magistratura, il Governo ed il
Parlamento. Poiché ho dinanzi a me sia la bozza della nuova
legge antimafia degli Stati Uniti, che si richiama al 1950,
sia la legge antimafia che pochi giorni fa abbiamo approvato
alla Camera, posso dire che tra le due normative vi sono
enormi differenze.
   Per quanto riguarda il pregevole quadro antiproibizionista
dell'onorevole Taradash, credo che questa Commissione non
debba interessarsi soltanto del narcotraffico, perché a me
risulta, in base a dati ufficiali, che ciò che la mafia
incassa con i narcotici è pari ad un terzo di ciò che introita
con le tangenti e gli appalti.
   In merito alla superprocura, ritengo che quest'ultima non
possa combattere la mafia, se resta così come è. E' necessario
creare un organo di carattere giudiziario che si interessi
esclusivamente della criminalità organizzata, lasciando agli
altri organi giudiziari il compito di occuparsi della
criminalità comune.
  VINCENZO SCOTTI. Ritengo che allo stato dei nostri
lavori la Commissione debba anzituttto considerare prioritarie
tre questioni particolarmente gravi.
   La prima è relativa al rapporto tra mafia e pubblica
amministrazione, nel senso di considerare come il
funzionamento dei sistemi di controllo all'interno di
quest'ultima sia in grado di bloccare o addirittura di
facilitare le pressioni o l'ingresso della mafia all'interno
della pubblica amministrazione stessa.
   La seconda questione attiene al rapporto tra droga e
riciclaggio di denaro derivante da profitti illeciti, cioè due
fenomeni non distinti ma legati tra di loro da un intreccio
particolarmente forte e che sono anche pertinenti al problema
territoriale considerato prima dal collega Smuraglia. La mia
impressione è che su tale questione la nostra riflessione sia
ancora debole e che gli strumenti siano ancora inadeguati,
nonostante le opzioni di cui possiamo avvalerci e la
riflessione internazionale attualmente in atto.
   La terza questione è relativa agli intrecci tra politica e
mafia. Non ho alcuna obiezione ai problemi posti in relazione
al voto ma credo che vi siano ulteriori nodi che necessitano
di essere indagati e valutati. Ritengo che siamo tutti
convinti del mutare dei rapporti tra mafia e politica nel
corso degli ultimi anni, cioè del profondo cambiamento
qualitativo che si è verificato e che tuttora si sta
verificando non solo in Sicilia ma anche a livello
internazionale. Tale fenomeno merita senz'altro un'analisi
approfondita, e da questo punto di vista mi auguro che aiutino
a far luce le risultanze che emergeranno dall'indagine
giudiziaria sugli ultimi quattro delitti di mafia (dal delitto
Lima a quello di Salvo), anche rispetto ai processi aperti sui
delitti commessi in passato e sempre riconducibili ai rapporti
tra mafia e politica.
   Credo sia importante sciogliere questo nodo, anche perché
ho l'impressione che a volte ci si limiti a considerare fatti
marginali senza entrare nel cuore delle questioni. Ripeto:
rivolgerei un'attenzione particolare alle indagini in corso,
approfondendo le risultanze che man mano emergeranno.
   La mia opinione è che le questioni che ho evidenziato
dovrebbero essere considerate attentamente tenendo presente
che taluni fenomeni potrebbero rivelarsi fuorvianti rispetto
alla natura dei rapporti che si sono instaurati o che si
stanno instaurando tra mafia e politica, e da questo punto di
vista ritengo che sia fondamentale soffermarsi sul
funzionamento degli organi dello Stato.
   L'ultima questione che desidero evidenziare, signor
presidente, è relativa al rapporto della Commissione con
l'esterno, il quale è delicatissimo, in quanto dobbiamo
riuscire a trasmettere all'opinione pubblica anche un
messaggio "educativo", inteso quale capacità del sistema di
rigenerarsi. Poiché ricordo che nella seduta dell'ultimo
ufficio di presidenza il
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senatore Cabras evidenziò talune questioni relative proprio
al nostro rapporto con l'esterno, credo che nel prosieguo dei
nostri lavori esse meritino un approfondimento specifico, in
modo tale da far sì che per il paese la Commissione antimafia
sia un punto di riferimento reale rispetto alla lotta alla
mafia.
  PRESIDENTE. I colleghi intervenuti hanno espresso il
loro consenso sul programma dei lavori della loro Commissione,
sia pure ponendo una serie di precisazioni che considero assai
utili; in questa sede mi limiterò a rispondere a quelle di
particolare importanza, riservandomi sulle altre di formulare
un testo sintetico, che terrà conto di tutte le altre
osservazioni espresse e che sarà fatto pervenire a tutti i
colleghi della Commissione. Non appena mi sarà restituito con
le correzioni che questi avranno ritenuto opportuno
apportarvi, potremo esaminarle nel corso di una successiva
seduta e pervenire ad una conclusione. Anch'io ritengo
opportuno ascoltare il ministro di grazia e giustizia ma,
ripeto, non è facile parlare con il guardasigilli.
   Studieremo con gli uffici in quali termini sia possibile
predisporre una rassegna stampa, che sarebbe un utile
strumento di lavoro.
   Credo debba essere affrontato il problema elettorale posto
dai colleghi Ayala e Galasso, con le precisazioni
dell'onorevole Scotti.
   Quanto alle sottocommissioni, il regolamento prescrive che
possano essere costituiti gruppi di lavoro per obiettivi
specifici e tempi determinati. Si tratta di un utile strumento
di lavoro, purché, naturalmente, non siano organismi
permanenti, perché in tal modo ingesserebbero il lavoro della
Commissione, che invece deve rifluire tutto nell'assemblea
plenaria.
   L'onorevole Galasso ha opportunamente sottolineato la
priorità del versante internazionale. Se parliamo di droga e
di riciclaggio, ci troviamo direttamente in quel tipo di
problemi cui egli accennava.
   Sia il senatore Smuraglia sia l'onorevole Olivo hanno
sottolineato con forza il problema dell'educazione e
formazione permanente di ragazzi e insegnanti. Proprio oggi in
ufficio di presidenza abbiamo discusso della possibilità di
svolgere un'audizione del ministro Russo Jervolino su questi
temi specifici. Alcune associazioni studentesche ci hanno
chiesto un incontro per poter utilizzare gli atti della
Commissione antimafia nei loro studi. Vedremo quale tipo di
incontro svolgere e naturalmente i colleghi interessati
potranno parteciparvi.
   Per quanto riguarda l'attenzione da porre al nord, sono
stati citati i casi di Torino e Milano. Potremmo individuare
queste due aree come quelle nelle quali concentrare
l'attenzione della Commissione antimafia, specialmente sul
versante del riciclaggio nel sistema delle società
finanziarie.
   Gli strumenti operativi cui faceva riferimento l'onorevole
Sorice sono costituiti innanzitutto dalle strutture dello
Stato. D'accordo con i colleghi dell'ufficio di presidenza, si
è ritenuto di rinviare l'individuazione dei consulenti e degli
strumenti a dopo l'approvazione del programma: solo in
relazione ad un certo tipo di programma si potrà operare la
scelta dei consulenti. Se, ad esempio, la Commissione ritiene
all'unanimità di considerare prioritario il settore
amministrativo, bisogna scegliere consulenti funzionali a quel
tipo di lavoro. Non abbiamo limiti in questo settore se non,
naturalmente, il buon senso, come sempre. Nei prossimi giorni,
l'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo assumerà, come
prescrive il regolamento, il suo orientamento in materia di
consulenti, che possono essere part-time o a tempo
pieno. Credo che in tal modo si possa disporre di un complesso
di strumenti adeguati. L'ufficio di presidenza ha anche
chiesto che il nucleo della Guardia di finanza a disposizione
delle Commissioni bicamerali, momentaneamente non occupato,
venga utilizzato da questa Commissione. Quindi possiamo
ricorrere anche a competenze specifiche.
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   Ringrazio l'onorevole Taradash di aver posto con chiarezza
la questione del narcotraffico, che rientra nello schema
presentato laddove si parla di riciclaggio, moneta e finanza.
E' bene prestare attenzione particolare a questo tipo di
problemi.
   L'onorevole Buttitta ha sollevato il tema del rapporto
mafia-politica, in particolare, se non sbaglio, per quanto
riguarda Palermo e Napoli.
  ANTONINO BUTTITTA. Mi richiamavo alla proposta
dell'onorevole Ayala, il quale diceva che è inutile fare
un'indagine generica.
  PRESIDENTE. Bisogna capire bene cosa stia succedendo nei
rapporti mafia-politica. Sono d'accordo con l'osservazione
dell'onorevole Scotti: alcune cose stanno certamente cambiando
e gli stessi omicidi Lima e Salvo dimostrano una modifica dei
punti di raccordo e di mediazione. Se i colleghi sono
d'accordo, potremmo dedicare una prossima seduta della
Commissione a riflettere su come impostare un lavoro sui
rapporti mafia-politica.
  ALFREDO GALASSO. Sono d'accordo, purché ciò avvenga
nella linea che proponeva l'onorevole Scotti, cioè un
aggiornamento della situazione, altrimenti cominciamo dal
secolo scorso.
  PRESIDENTE. Non c'è dubbio. C'è tutto il tempo perché
ciascun collega si possa attrezzare per discutere come
affrontare tali questioni.
   Mi pare che la sintesi fatta dall'onorevole Scotti -
pubblica amministrazione; droga e riciclaggio; mafia-politica;
comunicazioni all'esterno - contenga i canali sui quali
lavorare e ai quali dare priorità.
  ROMEO RICCIUTI. Nell'ambito dell'approfondimento sul
versante dell'amministrazione, credo sarebbe molto utile
studiare anche una forma di pubblicizzazione dei redditi e dei
patrimoni dei vertici dell'amministrazione e anche della
magistratura, come avviene per i deputati e per chi fa
politica.
  PRESIDENTE. Certamente. In altri Stati non si può
accedere a nessun incarico pubblico di rilievo se non ci si
presta ad una sorta di radiografia di questo tipo.
   Ringrazio molto tutti i colleghi. Prenderò contatto con le
Presidenze di Camera e Senato in modo da convocare la prossima
seduta della Commissione in una giornata che non interferisca
con i lavori dei due rami del Parlamento.
La seduta termina alle 13,15.

 


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