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Ibsen, Henryk

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Henryk IbsenHenryk Ibsen, poeta e drammaturgo norvegese, nacque a Skien nel 1828 in una famiglia di piccoli commercianti. Nel 1935 il fallimento economico del padre costrinse tutta la famiglia a trasferirsi in periferia e il giovane Henryk, a soli 15 anni, fu mandato a Grimstad per imparare l’arte dello speziale.

Trascorse la sua giovinezza in difficoltà economiche, aggravate dalla nascita di un figlio illegittimo nel 1846, e nella rassegnazione di non poter migliorare la propria posizione, come attestano le Poesie (Digte, 1871); tuttavia è un periodo di letture, di studio e di meditazioni rivoluzionarie.

Cominciò a scrivere per il teatro, e la sua prima opera è Catilina (pubblicata sotto lo pseudonimo Brynjolf Bjarme), una tragedia storica che risente dell’influsso di Schiller e dello spirito risorgimentale europeo, e che fu rappresentata a Stoccolma solo nel 1881.

Nel 1850 si trasferì a Cristiania (odierna Oslo) riuscendo a fare rappresentare l’atto unico Il tumulto del guerriero, opera influenzata dal clima nazionalistico e romantico. I contatti con il mondo del teatro gli consentirono di ottenere nel 1851 incarichi teatrali, prima come “assistente teatrale e scrittore”, poi come “maestro di scena” al Teatro di Bergen. Ebbe così la possibilità di viaggiare in Europa a spese del teatro e di mettersi in contatto con altre realtà dello spettacolo. Sono di questo periodo la commedia La notte di San Giovanni (1853) e il dramma storico Donna Inger di Østrat (1855), che anticipa le problematiche ibseniane sulla donna.

Divenuto nel 1857 direttore del Teatro Nazionale di Cristiania, sposò Susanna Thoresen, figliastra della scrittrice Anna Magdalene Thoresen e, forte dell’esperienza di Bergen, proseguì nella scrittura di testi teatrali: il dramma fiabesco I guerrieri di Helgeland (1857), il poemetto drammatico Terje Vigen (1862) tra storia e leggenda, la satira teatrale La commedia dell’amore (1862), il dramma storico I pretendenti al trono (1863).

Dal 1863, grazie ad una borsa di studio statale per l’estero, iniziò un lungo periodo di soggiorni (1864-91) a Monaco, Dresda e Roma. Soprattutto in Italia restò colpito dalla diffusione delle idee risorgimentali e dalle lotte per l’unità, motivo di critica ai suoi connazionali e alla neutralità norvegese. Di questo periodo sono Brand (1866) scritto a Roma, Peer Gynt (1867) scritto a Ischia e velatamente polemico nei confronti dei suoi connazionali, la commedia brillante in prosa La lega dei giovani (1869) e il dramma Cesare e il Galileo (1873).

I testi teatrali fin qui prodotti seguono i canoni classici della tragedia: personaggi storici e fuori del comune, vicende tragiche ed eroiche, luoghi importanti, rispetto delle regole aristoteliche dello spazio e del tempo; tuttavia, qua e là affiorano temi, personaggi e istanze che anticipano importanti cambiamenti nella struttura del teatro ibseniano.

Importante fu l’incontro di Ibsen con il critico letterario e scrittore danese Georg Brandes, che sviluppava l’esigenza di riformare tutta la letteratura - e quindi anche il teatro - in senso realistico e criticamente sociale, per cui compito del letterato avrebbe dovuto essere quello di denunciare i problemi sociali, sottoporli a critica, occuparsi realisticamente del proprio tempo, presentare personaggi e situazioni quotidiane.

Queste istanze furono accolte da Ibsen, che dal 1877 riformò i criteri della sua produzione teatrale dando inizio alla fase del teatro sociale, con il quale lavora per smascherare la menzogna e l’ipocrisia individuale e sociale, far emergere la verità e la libertà individuale, fare affiorare i pregiudizi e le disuguaglianze sociali e culturali (riferibili anche alla condizione femminile), denunciare le speculazioni, le leggi del guadagno e l’uso del potere, far sentire con forza i drammi delle famiglie e del singolo contro una società codarda ed ipocrita, fino alla critica dell’istituzione del matrimonio. Ciò richiese anche una riforma delle regole teatrali: persone comuni nelle quali ogni spettatore può ritrovarsi, situazioni del tempo che si vive, espressioni naturali e linguaggio di vita quotidiana, tali che i personaggi potessero dare una rappresentazione convincente della realtà contemporanea.

La svolta fu data con I pilastri della società (1877), denuncia della menzogna sociale, Gli spettri (1881) sul tema dell’ereditarietà (rappresentato nel 1892 al Teatro Manzoni di Milano dalla compagnia di Ermete Zacconi), L’anatra selvatica (1884).

Un posto a parte merita Casa di bambola (1879) per la difesa del diritto alla libertà e all’autonomia della donna nelle scelte della propria vita, in una società in cui la donna può essere solo moglie/madre o amante. Questo dramma venne assunto come bandiera del femminismo, nonostante le intenzioni di Ibsen fossero quelle di difendere la libertà personale di ciascun individuo, indipendentemente dal sesso; ebbe molto successo in Europa ed Italia, dove la compagnia di Eleonora Duse la rappresentò al Teatro dei Filodrammatici di Milano nel 1891.

Il ridimensionamento delle problematiche sociali inizia con Anitra selvatica (1884), dove prende campo l'attenzione per l'irrazionale della vita, che si accentua poi con le opere successive, che maggiormente risentono dell’influenza della psicoanalisi di Freud: Villa Rosmer (1886), La donna del mare (1888), Edda Gabler (1890); altre anticipano temi come i bilanci della vita o le tragedie della vecchiaia: Il costruttore Solness (1894), Il Piccolo Eyolf (1894), John Gabriel Borkman (1896), Quando noi morti ci destiamo (1990)

Pur non essendo filosofo in senso stretto, Ibsen nei suoi drammi ha sempre curato la conoscenza dell’animo umano: in quasi tutti i suoi drammi emerge il conflitto doloroso tra l’individuo e la società, tra il singolo e lo Stato, tra le convinzioni personali e le tradizioni. Con Ibsen l’individuo ha il ruolo preminente nel mondo, anche fuori o contro il gruppo sociale, istanza ripresa da Kierkegaard, che lo ha particolarmente influenzato; dal filosofo danese ha assimilato la concezione fortemente ascetica degli ideali della vita, l’energica fedeltà alla realizzazione del compito personale, la valorizzazione dell’uomo singolo e la svalutazione della massa e della società, il concetto del perdono e del sacrificio, tutti motivi che hanno dato vita a personaggi altamente tragici pur nella loro quotidianità.

Morì a Cristiania nel 1906.

Bibliografia

  • Le opere complete nell’edizione del centenario a cura di D. A. Seip e F. Bull, 21 voll., 1928-1957.
  • Henryk Ibsen, Poemetti e liriche, Lanciano 1914.
  • Henryk Ibsen, Le opere teatrali, Torino 1945.
  • Henryk Ibsen, Drammi, 2 voll., Milano 1946.
  • Henryk Ibsen, I drammi, 3 voll., Torino 1959.
  • Henryk Ibsen, Opere teatrali, 3 voll., Milano 1962.
  • Henryk Ibsen, Drammi, 3 voll., Roma 1966.
  • Henryk Ibsen, Tutto il teatro, 3 voll., Roma 1973.
  • Henryk Ibsen, Teatro, Torino 1982.
  • Farinelli A., La tragedia di Ibsen, Bologna 1923.
  • G. B. Shaw, La quintessenza dell’ibsenismo, Milano 1928.
  • H. Koht, Henryk Ibsen, 2 voll., Oslo 1928-29.
  • S. Slataper, Ibsen, Firenze 1944.
  • A. Apollonio, Ibsen, Brescia 1944.
  • F. Olivero, L’elemento poetico del dramma ibseniano, Torino 1952.
  • F. Fergusson, Idea di un teatro, Parma 1957.
  • R. Jacobbi, Ibsen, la vita, il pensiero, i testi, Milano 1972.
  • M. I. Gabrieli, Rilettura di Ibsen, Napoli 1977.
  • A. Savinio, Vita di Ibsen, Milano 1979.
  • L. Reznicek, Ibsen in Italia, Oslo 1980.
  • P. J. Nordhagen, Henryk Ibsen i Rom: 1864-1868, Oslo 1981.
  • R. Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, Napoli 1983.

Fonti

Note biografiche a cura di Valentina Carroccio.


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titolo: Poesie complete
e-text del: 11 dicembre 2006
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Traduzione di Fausto Valsecchi.


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