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A cura di Francesco Grasso, per i lettori di Liber
Liber.
Qualche giorno fa, durante una riunione della Commissione ministeriale per l'uso
del software libero nella pubblica amministrazione, ci si interrogava se esistessero
eventuali risvolti culturali del fenomeno "open source". Suppongo
che il collega membro della Commissione che sollevava l'argomento pensasse
a programmi formativi e universitari. Io, al contrario, riflettei che un'applicazione
manifesta del concetto dell'open source, inteso come libera diffusione delle
idee e della conoscenza, nel mondo della letteratura esisteva già. E si
chiamava Liber Liber.
Pur non ritenendomi un "talebano" dell'open source, confesso
di aver sempre guardato con simpatia ai valori e concetti del movimento di Stallman
e dei suoi nipotini. Pensai perciò che mi si prospettava una buona occasione
per dare attuazione concreta alle mie inclinazioni.
Questo per dirvi quanto oggi sia lieto di scrivere queste righe per annunciare
l'ingresso di uno dei miei romanzi nella biblioteca virtuale di Liber Liber.
"2038:
la rivolta", il romanzo che devo introdurvi, pubblicato da Mondadori nel
dicembre 2000, vincitore del Premio Urania, è un'opera di fantascienza
che si potrebbe definire in molti modi: cyberpunk, politica, post-moderna, sociale,
provocatoria, antieroica...
Io preferisco "italiana". E' infatti una storia fantascientifica
dal sapore prima di tutto italico, dall'ambientazione napoletana alle tematiche
assolutamente nostrane e attuali, dall'omaggio alla musica partenopea all'attenzione
verso le opportunità e i drammi del nostro vivere quotidiano. Rileggendola
in questi giorni, mi sembra incredibile che sia stata scritta prima del tragico
G8 di Genova, prima della crisi Fiat, finanche prima del trionfo elettorale di
Berlusconi. A volte noi miseri autori di science-fiction azzecchiamo qualche previsione:
ahinoi, anche quelle che vorremmo non veder mai realizzate.
Non ho intenzione di dilungarmi qui sul romanzo: come diceva Neruda (sicuramente
sbaglierò la citazione, del resto la mia memoria non è più
quella di una volta, e poi coloro che citano perfettamente le massime dei Grandi
mi sono sempre risultati saccenti): "Per spiegare ciò che ho scritto,
io non so trovare parole oltre quelle che già ho usato."
Al contrario, vorrei spendere ancora due righe su Liber Liber, non tanto per
gratificare i volenterosi (e volontari!) ragazzi che portano avanti questo lodevole
progetto, ma per esprimere il punto di vista di un autore su un'iniziativa
che terrorizza alcuni colleghi scrittori, nonché la quasi totalità
degli editori.
Io non giudico affatto l'approccio di Liber Liber pericoloso per l'editoria
tradizionale, così come (riprendo il parallelo, anche se ovviamente i livelli
sono ben diversi) a mio avviso il software open source non è affatto una
minaccia per il software proprietario e commerciale. Se l'editoria in Italia
è in crisi, ovviamente il motivo è che nel nostro Paese si legge
molto meno che in passato, e presumibilmente si leggerà ancor meno in futuro.
Sul perché di questo trend non mi pronuncio. C'è chi ha
studiato a fondo il problema: io posso solo osservare, da autore e ancor più
da lettore, che le strategie editoriali e (perché non dirlo?) economiche
delle principali Case italiane somigliano sempre di più alla corsa dei
Lemming verso il dirupo.
Di fronte a questo scenario, l'idea di creare una biblioteca universale,
gratuita, aperta a tutti, è tutt'altro che un pericolo. Al contrario,
significa trasformare Internet in un'esca telematica per catturare e (si
spera) interessare alla letteratura quella nuova generazione che trova ben più
naturale navigare nella Rete che perdere tempo a ciondolare in libreria.
Sia chiaro, io sono della generazione (sigh!) dei perditempo di cui sopra. Ciondolare
in libreria è da sempre uno dei miei passatempi preferiti, da quando ero
studente e non avevo una lira per comprare i volumi ma in libreria ci andavo lo
stesso per tacchinare le ragazze, a oggi che qualche euro in tasca lo trovo (ma
tanto il prezzo dei libri è decuplicato) e sono un felice padre di famiglia
(quindi non confesserei mai che vado ancora in libreria per tacchinare).
Ecco, basterebbe questa semiseria (?) considerazione per capire che Liber Liber
non potrà mai costituire un pericolo per l'editoria tradizionale,
ma che al contrario potrà essere uno straordinario strumento di promozione,
di scambio e di diffusione. Perché le idee e la conoscenza, si sa, sono
come i Panda: sono feconde solo in libertà.
Nel mio piccolo, spero di aver portato un contributo a far crescere questa promettente
biblioteca dai volumi in carta d'elettroni. Aggiungo i miei auguri di buon
lavoro. E la mia stima.
Francesco Grasso, febbraio 2003.
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