Teocrito di Siracusa: Galatea, da Il ciclope
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O bianca Galatea, perché respingi chi t'ama,
tu, bianca più della giuncata a vedersi, più tenera di un agnello,
più superba di una giovenca, più turgida dell'uva acerba?
Tu questi luoghi frequenti quando il dolce sonno mi tiene,
e subito te ne vai quando il dolce sonno mi lascia,
e fuggi come la pecora che ha visto il grigio lupo.
M'innamorai di te, fanciulla, quando d'apprima
tu venisti con mia madre a cogliere i giacinti
sul monte, e io vi guidavo nel cammino.
E cessar di guardarti, sempre di poi e anche ora
non posso, da allora: e tu non mi curi per nulla.
E io lo so, fanciulla graziosa, per qual ragione mi fuggi:
perché folto a me un sopracciglio per tutta la fronte
da un orecchio si stende fino all'altro, unico, enorme;
e sotto c'è l'occhio, e largo è il naso sul labbro.

 

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