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Cafiero, Carlo

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Carlo CafieroCarlo Cafiero nasce a Barletta il 1° settembre del 1846 da un facoltoso commerciante di grani e possidente terriero latifondista appartenente alla nobile famiglia dei marchesi Cafiero, e da Luisa Azzariti, proveniente da una ricca e distinta famiglia. Fino a tredici anni Carlo studia con il sacerdote Nicola Straniero; poi, come usava nella borghesia del Sud, entra in seminario, dove rimane fino ai diciotto anni.

A Napoli consegue la laurea in legge e coltiva un vivo interesse per la cultura orientale. Con la prospettiva della carriera diplomatica si trasferisce a Firenze, sede di un'importante rivista di orientalistica. Qui frequenta ambienti democratici e repubblicani, conosce Luigi Stefanoni (direttore di "Il Libero Pensiero", rivista razionalista e materialista), stringe amicizia con il pittore Telemaco Signorini. Inizia una carriera diplomatica come addetto d'ambasciata nella legazione italiana in Belgio. Ma nel 1865 abbandona la promettente carriera, deluso dagli ambienti politici e diplomatici, e inizia a intraprendere numerosi viaggi in Europa.

All'inizio del 1870 soggiorna a Parigi, ospite del pittore Giuseppe De Nittis; nell'estate è a Londra, dove frequenta gli esuli del Risorgimento italiano e si avvicina al movimento inglese del "Libero Pensiero". Il contatto con la durissima realtà della città operaia e dei suoi sobborghi e le notizie sulla Comune di Parigi lo inducono ad aderire all'Associazione Internazionale dei Lavoratori (nata nel 1864) e a recidere i legami con il proprio passato.

Non è certo che abbia mai conosciuto Marx, ma certamente conobbe Engels, ebbe con lui vari colloqui e fu da lui subito incaricato di organizzare il movimento internazionalista in Italia. Cafiero rappresenta così uno dei primi seri tramiti di Marx ed Engels con il nostro Paese. A Napoli, allora centro importante del socialismo italiano, riorganizza il movimento. Ma i membri più noti, Fanelli, Gambuzzi, Palladino, sono tutti simpatizzanti di Bakunin, e Cafiero, che avrebbe dovuto ricondurli all'obbedienza, ne viene invece contagiato. In questo periodo, la fittissima corrispondenza con Engels testimonia il progressivo distacco di Cafiero dall'ortodossia marxista.

Il Governo italiano scioglie le organizzazioni operaie e Cafiero è arrestato per la prima volta; il clamore dell'arresto contribuisce a pubblicizzare le idee dell'Internazionale. Mentre imperversa la polemica tra Bakunin e Mazzini sulla Comune, e si consuma così la prima importante rottura ideologica all'interno del socialismo italiano, Cafiero organizza il dissenso all'interno delle organizzazioni mazziniane (Congresso di Roma del novembre 1871). Poco alla volta diviene organizzatore, ideologo e finanziatore di tutto il movimento internazionalista italiano; taglia i rapporti con Stefanoni, finanzia il giornale napoletano "La Campana", conosce Errico Malatesta, futuro leader anarchico, che capeggia a Napoli la Federazione Operaia.

A Locarno, nel maggio 1872, Cafiero, accompagnato da Fanelli, conosce Bakunin: se fino a questo momento è ancora neutrale nei confronti della polemica che divide marxisti e anarchici sul tema dell'organizzazione politica, ora si converte anima e corpo all'idea anarchica; scrive e spedisce l'ultima lettera a Engels, e rifiuta l'idea che scopo della rivoluzione debba essere la conquista del potere politico e l'instaurazione di un nuovo potere statale. Da questo momento lavora per la scissione degli anarchici dall'Internazionale marxista: nel 1873, insieme con Andrea Costa, organizza la Federazione Italiana dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, che nell'agosto del 1872 si riunisce a congresso a Rimini. L'Italia diviene il cuore della cosiddetta Internazionale antiautoritaria, i cui membri ne precisano la dottrina attraverso lo scontro ideologico, ospitato anche dai giornali italiani, con Marx ed Engels.

Cafiero intanto concepisce l'idea di organizzare (e finanziare) una insurrezione. È del 1876 la teorizzazione della "propaganda del fatto": l'insurrezione armata è un fatto fondamentale di propaganda, indipendentemente dagli esiti che ne possano scaturire.

Nel '73 conosce e si lega alla russa Olimpia Kutusoff, che sposa per consentirle di espatriare; per un paio d'anni vivono alla Baronata, la villa che aveva comprato a Locarno, e si procurano da vivere coltivando i campi.

Su "La Plebe" di Milano nel 1876 Cafiero scrive Il Socialismo italiano, bilancio dell'esperienza politica compiuta fino allora.

Nell'aprile del 1877 a San Lupo, un paese del Matese celebre per fatti di banditismo, Cafiero e un pugno di uomini convergono per iniziare l'insurrezione; il governo, informato del tentativo, non lo ostacola, allo scopo di cogliere gli anarchici con le mani nel sacco; per caso una pattuglia di carabinieri intercetta il gruppo e ne nasce un conflitto a fuoco; gli eventi precipitano e la banda scorrazza per alcuni paesi bruciando gli archivi comunali e inneggiando alla rivoluzione; infine sono arrestati. Il processo, a Benevento, finisce con una assoluzione per insufficienza di indizi; l'incoronazione del nuovo re garantisce in ogni caso l'amnistia per i reati politici. Nel carcere, durato diciassette mesi, Cafiero legge la versione francese di Il Capitale di Marx (uscita tra il '72 e il '75) e ne appronta un riassunto, pubblicato nel 1879 da "La Plebe". L'esperienza carceraria mina in ogni caso in modo irreparabile la salute di Cafiero.

Dopo la scarcerazione va in Francia, da dove spedisce il suo "compendio" a Marx e ne riceve rapida risposta (che pubblichiamo in appendice al Compendio). Dalla Francia viene espulso insieme a Malatesta, e si rifugia in Svizzera.

Nel 1880, al congresso della federazione giurassica tenuto a Chaux-de-Fonds e da lui presieduto, tiene il discorso "Anarchia e Comunismo". Mediando le posizioni di Pisacane, Ferrari, Herzen tramite il pensiero di Marx, Cafiero si dedica più intensamente a scrivere. Gli scritti accompagnano tuttavia una intensa azione pratica alimentata dall'incontro in Svizzera con Amilcare Cipriani. In alcuni articoli di giornale, anche anonimi, Cafiero arriva a esaltare il terrorismo: nel 1881 saluta l'uccisione dello zar Alessandro II. I suoi tentativi insurrezionalisti naufragano per l'arresto a Rimini di Cipriani e la susseguente fuga di Cafiero stesso in Svizzera. Da qui inizia una violentissima polemica contro Andrea Costa, che sosteneva la necessità di abbandonare la tattica insurrezionale e si era avvicinato timidamente alle tesi marxiste. Appoggia il giornale neo stirneriano "I Malfattori"; esorta infine a compiere "fatti isolati" di terrorismo. Nel 1881 appare su "La Révolution Sociale" Rivoluzione, il primo saggio teorico dell'anarchismo di un certo peso apparso dopo la morte di Bakunin.

Ma cominciano a nascere in lui dei dubbi, che espone a Malatesta, Kropotkin e altri amici, annunciando il suo avvicinamento alle tesi marxiste. Tanto che arriva a legittimare la necessità di partecipare alle elezioni politiche e nel 1882 si riavvicina Costa, primo deputato italiano socialista, consigliandolo addirittura di prestare giuramento alla corona. Nello stesso anno scrive di voler rinunciare «non all'ideale, ma alla pratica anarchica, non all'anarchia, ma all'anarchismo».

A Londra contrae una "forte febbre cerebrale" guarito dalla quale rientra in Italia e viene arrestato dopo qualche giorno a Milano. In carcere tenta il suicidio. Rilasciato un mese dopo questo tentativo, la questura gli impone di scegliere il domicilio tra Barletta e l'estero. Cafiero opta per la Svizzera. Colto da frequenti crisi, pur sostenuto dall'amico Bellerio, contravviene infine all'ordine di espulsione e parte per Firenze. Ma qui, colto da nuova crisi, viene arrestato e trasportato al manicomio. Viene ricoverato per vari anni in due riprese nel manicomio fiorentino di san Bonifacio, nonostante l'incertezza della diagnosi. La moglie, fuggita dalla Russia e nuovamente tornata in Italia, si adoperò per liberarlo e per consentirgli di rimanere in libertà. Attraverso campagne di stampa, ricorsi processuali, pressione politica, si ottenne il trasferimento dal manicomio di s. Bonifacio a quello di Imola, da cui venne dimesso il 16 novembre 1888. Nel maggio del 1889 torna a Barletta, dove il fratello lo convince a tornare a casa. Ma da qui viene nuovamente internato, forse proprio per iniziativa della sua famiglia. Carlo Cafiero morì di tubercolosi intestinale nel manicomio di Nocera Inferiore, il 17 luglio 1892.

Fonti:

  • Gianni Bosio, Introduzione alla raccolta di scritti Rivoluzione per la rivoluzione, Samonà e Savelli, Roma 1970.
  • Max Nettlau, Errico Malatesta, Il Martello, New York, s.d.
  • Michele Cassandro, Carlo Cafiero nel primo centenario della sua nascita, G. Dellisanti, Barletta 1946.
  • Franco Damiani, Carlo Cafiero nella storia del primo socialismo italiano, Milano, Jaca book, 1974.
  • Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani: da Bakunin a Malatesta, 1862-1892, Milano, Rizzoli, 1972.
  • Manlio Cancogni, Gli angeli neri. Storia degli anarchici italiani, Ponte alle Grazie, Firenze, 1994.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti.


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titolo: Compendio del capitale
e-text del: 29 dicembre 2006
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