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Aragona, Tullia : d'

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Tullia d'AragonaEra figlia dell'amore e visse sacra all'amore (C. Téoli, 1864)

Poetessa e letterata, nacque a Roma intorno al 1508 e nella stessa città morì nel 1556.

Diceva di essere figlia di Ludovico d'Aragona, nipote del re Alfonso II di Napoli. Di certo nacque dalla cortigiana ferrarese Giulia Campana, e trascorse la sua prima giovinezza a Firenze (tra il 1517 ed il 1518) e poi Siena, ricevendo un'educazione raffinata e colta. In seguito la madre, che intuì le virtù della figlia, la riportò a Roma, ambiente più ricco ed elegante. Fu poi anche e per lungo tempo a Ferrara (probabilmente intorno al 1537).

La sua casa era frequentata da letterati, intellettuali e personaggi in vista della società dell'epoca. Inoltre, “toccava gl'istrumenti musicali con dolcezza tale, e maneggiava la voce cantando così soavemente, che i primi professori degli esercizj ne restavano maravigliati. Parlava con grazia ed eloquenza rarissima sì che, o scherzando, o trattando da vero, allettava e rapiva (…) gli animi degli ascoltanti.” (A. Zilioli)

Tra coloro che la frequentarono più assiduamente ricordiamo Giulio Camillo, il Molza, il cardinale Ippolito de' Medici, Filippo Strozzi, il Varchi (che le fu amico e maestro di scrittura) e - “mortalmente innamorato di lei” - Girolamo Muzio, che per lei scrisse numerosi componimenti poetici.

A Siena sposò, nel 1543, Silvestro Guicciardini.

Nel 1545 - 46 Tullia si recò a Firenze, dove le fu presto ordinato di portare, secondo le leggi suntuarie dell'epoca, il velo giallo delle cortigiane. Il decreto però fu di lì a poco annullato, grazie ad una supplica che la poetessa indirizzò aCosimo I, duca di Firenze. Al Medici dedicò quella che diventerà la sua opera più famosa, il Dialogo della infinità d'amore (stampato poi nel 1547); opera dove è evidente l'influenza delle dottrine che Leone Ebreo aveva esposto nei suoi tre Dialoghi d'amore (editi nel 1535), e che si innesta in una importante consuetudine cinquecentesca verso i trattati dialogici sull'amore, svelando però un punto di vista “dalla parte delle donne” (concreto e critico) che piacque al pubblico femminile e colto del Cinquecento. L'Aretino, per esempio, in una lettera datata “di Venezia il 6 giugno 1537”, esaltando - anche se con una punta di ironia - il Dialogo che gli era stato appena letto dal Grazia, scrive: «La Tullia ha guadagnato un tesoro, che per sempre spenderlo mai non iscemerà, e l'impudicizia sua per sì fatto onore può meritamente essere invidiata e dalle più pudiche e dalle più fortunate.».

Alla contessa Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I e sua protettrice, dedicò invece la raccolta delle Rime (edite nel 1547 a Venezia), di raffinata e sensibile ispirazione petrarchesca. Scrive il Téoli, nella sua prefazione all'edizione delle Rime del 1864: «Volemmo (…) dar un esempio della letteratura e dello stile delle belle italiane del secolo decimosesto. E crediamo che la Tullia farà loro onore per una certa franchezza e disinvoltura, e anche talvolta per una certa saporita fiorentinità, ch'ella attinse per avventura dal suo consorzio coi Fiorentini, e singolarmente col Varchi».

Tra i suoi sonetti viene spesso ricordato quello contro il rigorismo del predicatore B. Ochino (1487-1564), che- non lontano dal luteranesimo - aveva aspramente condannato le mascherate, la musica ed il ballo.

A Firenze, inoltre, rifece in ottave il Guerin Meschino (edito nel 1560), strutturato in XXXVI canti. Tradusse l'opera da un'edizione spagnola (senza sapere dell'originale trecentesco di Andrea da Barberino), con l'intento di “dare un Poema che niente avesse di lascivo, o di disonesto”.

Tornò poi a Roma, dove morì improvvisamente e quasi in solitudine.

Opere:

I. Rime della signora Tullia d'Aragona e di diversi a lei . In Venezia presso il Giolito 1547 con dedicatoria a Leonora di Toledo duchessa di Firenze. Di nuovo 1549 e 1557 in 8, e ivi per lo stesso 1560 in 12.

II. Dialogo dell'Infinità d'Amore. In Venezia presso il Giolito 1547 in 8.

III. Il Meschino, o il Guerino. Poema (in ottava rima). In Venezia per Gio. Battista e Melchior Sessa 1560, in 4.

IV. Suoi testi si trovano sparsi in varie raccolte poetiche o epistolari d'altri autori coevi.

Fonti:

  • A. Zilioli, Storia de' poeti italiani, con note di G. M. Mazzuchelli (1750 c.)
  • (a cura di) M. Pozzi, Trattati d'amore del Cinquecento, Laterza, 1980
  • C. Téoli , Proemio a “Dialogo dell'infinità d'amore”, Milano 1864
  • N. Costa Zalesson, Scrittrici italiane dal XIII al XX secolo. Testi e critica, Longo 1982
  • R. De Maio, Donna e Rinascimento, Napoli, 1995
  • A. Gianni, Anch'esse “quasi simili a Dio”, Viareggio - Lucca, 1997, pp. 60 - 61
  • J. De Blasi, Le scrittrici italiane dalle origini al 1800 - Firenze 1930.

Note biografiche a cura di Andrea C. Pedrazzini.


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titolo: rime di Tullia d'Aragona, cortigiana del secolo XVI (Le)
e-text del: 14 giugno 2003
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Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.net/link esterno) tramite Distributed Proofreaders (http://www.pgdp.net/link esterno).
Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito "Gallica, bibliothèque numérique de la Bibliothèque nationale de France" (http://gallica.bnf.frlink esterno).


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