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Dilagano in Rete i siti che offrono ricerche e appunti
E l'università di Edimburgo apre una mega-inchiesta

Tesi di laurea?
La copio su Internet

Gli studenti: "Nessun plagio è solo circolazione di idee"

di GIANCARLO MOLA


Da bravi informatici avevano, già al primo anno di università, una ottima conoscenza di Internet. Ma, come si dice, non si applicavano. E allora per superare l'esame finale del corso si sono affidati alla Rete. Sono andati a scartabellare nelle pagine web dei loro colleghi del quarto anno, quindi hanno prelevato le prove presentate ai corsi precedenti e vi hanno attinto abbondantemente.

Risultato: novanta allievi del primo anno di Scienze informatiche dell'università di Edimburgo sono finiti nella più grossa inchiesta avviata da un ateneo di sua maestà. Con l'insolita accusa di "cybercopiatura" di massa. "Tutti gli studenti coinvolti sono stati individualmente contattati in modo da consentire agli esaminatori di arrivare a una soluzione corretta del caso", hanno detto i responsabili dell'università. Che per adesso hanno sequestrato le prove d'esame di oltre metà degli iscritti al corso. Un caso fin troppo clamoroso per non aprire la polemica. "Non c'è dubbio che questo sia il problema più serio e diffuso all'università", hanno subito detto i docenti di Edimburgo. Denunciando l'inarrestabile germogliare di siti che mettono in linea appunti di lezioni, tesi, tesine, vecchie prove d'esame e test.

Un fenomeno che non è solo britannico. Se infatti gli universitari anglosassoni (ma è solo un esempio) possono trovare le soluzioni ai loro problemi su Cyberessays, i liceali tedeschi hanno a disposizione Cheatweb, una raccolta di temi ed elaborati di tutte le materie, ora disponibile anche in inglese. Si tratta di siti che si alimentano grazie al passaparola e alla solidarietà studentesca nelle scuole e nei campus. Gratuiti o a pagamento, con semplice accesso ai database o con servizi personalizzati.

Le banche dati di materiale universitario cominciano a prosperare anche in Italia. Sul web è facile trovare siti che contengono appunti di lezioni accademiche o addirittura tesi di laurea già pronte. Tra i primi a rischiare l'avventura, due ragazzi iscritti a Economia e commercio di Roma con il pallino per la rete. Maurizio Colagreco e Davide De Guz hanno lanciato University.it nel 1996. A partire da un'idea semplice semplice: "Noi vi mettiamo a disposizione i nostri appunti, a patto che voi facciate altrettanto". È nato così un database che oggi ha in linea sintesi di 295 corsi di tutte le facoltà italiane.

"Se qualcuno cerca materiale, ci contatta compilando un modulo che si trova sul nostro sito", dice Maurizio Colagreco, 28 anni. "Allo stesso tempo ci invia i suoi appunti, che noi valutiamo dando un punteggio in base alla qualità del lavoro. Noi gli accreditiamo un numero di punti triplo rispetto a quello dei suoi lavori, e quei punti diventano 'moneta' per comprare ciò che gli serve".

Chi vuole invece consultare tesi di laurea può rivolgersi a Liber Liber. Che tra gli altri servizi offre anche una biblioteca composta per ora da oltre 50 titoli. E qui il discorso si fa più spinoso. Se infatti mettere in linea gli appunti non pone problemi - salvo l'eventuale tutela del copyright di chi tiene le lezioni - pubblicare le tesi è un po' come camminare in un campo minato. Perché questo potrebbe aprire le porte al plagio indiscriminato. Se è vero infatti che tutte le tesi sono atti pubblici liberamente consultabili, non si può dimenticare che la telematica muta nella sostanza i termini della questione. Non è un caso infatti che una delle operazioni più frequenti degli utenti di computer è proprio il "copia e incolla". Qualsiasi studente di Messina potrebbe prelevare dalla rete la tesi di un collega di Padova e presentarla al suo professore bella e pronta. In pochi minuti e senza alcuno sforzo.

"Ma è la scoperta dell'acqua calda", protesta Marco Calvo, 31 anni, presidente di Liber Liber. "Il mercato delle tesi esiste in Italia da sempre. I disonesti hanno copiato in passato e continueranno a farlo in futuro. Il punto è che non si può penalizzare la stragrande maggioranza di studenti seri per punire i pochissimi che non lo sono". I rischi della pubblicazione delle tesi sono, secondo Liber Liber, ampiamente compensati dai vantaggi: la possibilità di trovare lavori analoghi da cui trarre informazioni, o avere bibliografie da cui partire per la propria ricerca. "E poi - conclude Calvo - anche i docenti devono fare il loro mestiere: se seguissero davvero lo studente e leggessero con attenzione il suo lavoro si accorgerebbero immediatamente se ha copiato da qualche parte".

Ed ecco che la frittata è rigirata. A finire sotto accusa è l'università e il più tradizionale dei suoi istituti: la tesi di laurea. Una teoria che trova adepti anche sul fronte opposto, quello dei professori. "Se gli studenti copiano è perché glielo consente la nostra rigidità", dice Roberto Maragliano, docente di Tecnologie dell'istruzione alla Terza università di Roma. "Sono d'accordo con Umberto Eco: le tesi devono essere lavori estremamente circoscritti. Perché solo così è facile accorgersi se siano o meno farina del sacco dello studente. Io impiego tre quarti del tempo di preparazione dell'allievo per la definizione del tema".

La furbizia dei laureandi sarebbe quindi l'altra faccia della medaglia dell'indolenza dei docenti. Che in primo luogo non fanno sforzi di fantasia nell'affidare ricerche originali. E che in secondo luogo non si preoccupano di verificare attentamente i lavori consegnati. Ci sarebbe la stessa tecnologia a dare una mano ai professori. Sono numerosissimi i programmi di confronto testi che permettono di analizzare la struttura degli elaborati, fino alla grammatica e la sintassi, e quindi di individuare le copiature. Niente impedisce infine agli accademici di consultare a loro volta le banche dati in Rete e scovare eventuali fonti di plagio. "Diciamocelo chiaramente", conclude Maragliano. "La maggior parte di coloro che si indignano per questi effetti della tecnologia, non la conoscono. E insistono con i veti. Lo fanno perché non vogliono ammettere di non saper andare in bicicletta e allora si inventano che è pericolosa e che fa male alla salute".

(24 luglio 1999)


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