3. Comunicazione e tecnologia.

Nei due capitoli precedenti abbiamo cercato di mostrare come il fenomeno della comunicazione debba essere trattato tramite differenti paradigmi, a seconda che riguardi macchine allopoietiche banali (apparati biologici o tecnologici della comunicazione, a cui può essere applicato il paradigma trasmissivo) o macchine autopoietiche non banali (sorgenti e destinatari, a cui si applica il paradigma interattivo).

Abbiamo di seguito definito i concetti di interattività e di interazione come base del paradigma interattivo della comunicazione e abbiamo esteso la definizione della comunicazione come interazione anche all'interazione fra uomini e computers.

Abbiamo poi visto come, nel contesto di una teoria interattiva della comunicazione, non possa essere accettata la conclusione di Weaver secondo cui la distinzione in tre livelli (simbolico, semantico e pragmatico) del fenomeno della comunicazione è riducibile al primo livello e abbiamo introdotto uno schema di un sistema interattivo della comunicazione, definendo in che modo vadano intesi in questo schema i concetti di perturbazione (forma di un medium), informazione (incertezza o novità), aspettative (dal cui stato dipende l'esistenza o meno di informazione e la decodifica del messaggio) e ambiente o contesto (di cui va precisato il sistema di riferimento, e che preseleziona, senza predeterminarle univocamente, le possibilità della comunicazione attuale).

Ancora, abbiamo delineato il rapporto che esiste tra percezione e comunicazione. Entrambe si servono degli stessi apparati di ricezione, costituzione ed elaborazione dell'informazione (i sensi e il sistema nervoso) e di conseguenza degli stessi substrati mediali (luce, aria ecc.) e hanno quindi a che fare con problemi simili (accuse di tautologia e impossibilità di ancorarsi a referenze esternamente oggettive).

Poi abbiamo visto come la comunicazione si serva della capacità che gli individui possiedono, a livello del funzionamento del sistema nervoso centrale, di distinguere in modo autonomo (cioè senza poter importare la distinzione dall'esterno) sé stessi da altro da sé, tramite la propriocezione e la memoria ad essa collegata: la comunicazione si ricollega a questa capacità, di per sé non sociale, condizionandola ulteriormente (formazione di alter-ego sociali, cioè di referenze, interne a un sistema della comunicazione, alle persone che ad esso partecipano).

Quindi abbiamo dato una definizione della comunicazione come tentativo intenzionale di rendere accessibili ad altri la propria esperienza e la propria azione (come decisione), e abbiamo chiarito in che modo la comunicazione (atto del comunicare + informazione), in quanto dipendente dalla percezione, si distingua però dall'esperienza (percezione + informazione). Abbiamo precisato che ciò avviene non a causa di differenze ontologiche tra i due ambiti, ma tramite un processo di attribuzione della competenza comunicativa (per il quale "ciò che una cosa è di per sé" è del tutto irrilevante) effettuato da sorgente e destinatario in modo necessariamente indipendente (perché sono sistemi diversi). Le imputazioni però devono essere reciprocamente compatibili perché la comunicazione possa svilupparsi operativamente (si crei un sistema della comunicazione).

Abbiamo anche chiarito il ruolo dell'intenzionalità nel processo della comunicazione, precisando prima di tutto che ciò che conta, come abbiamo detto sopra, non è tanto la sua esistenza quanto la sua corretta (nel senso di conforme all'aspettativa altrui) attribuzione; poi che essa è alla base della strategia di codifica e decodifica dei messaggi, aumentando le probabilità di intesa tra interlocutori pur senza poterla produrre direttamente.

Infine, abbiamo precisato la differenza tra comunicazione e linguaggio, riconducendo la prima alla capacità (propria degli organismi con un sistema nervoso capace di fare la re-entry della distinzione organica tra sé e non sé) di osservarsi reciprocamente proprio in quanto osservatori reciproci (il semplice osservarsi reciproco, non "socialmente ricorsivo", è solo esperienza) e di coordinare in modo conseguente il proprio comportamento, che diventa così comunicazione. Quindi, per un'amplificazione evolutiva della deviazione che porta dalla semplice osservazione reciproca alla comunicazione, si sarebbe infine giunti al linguaggio, che è una forma di comportamento specializzata per la comunicazione e convenzionale (simbolicamente generalizzata). I simboli linguistici stessi non sarebbero perciò altro che forme speciali della forma più generale della comunicazione, cioè specifici modi di rappresentare, nei più svariati media della diffusione (apparati ricetrasmittenti in genere) e della percezione (dipendenti dai sensi), la differenza tra atto del comunicare e informazione. Questo vale quindi per tutto ciò che possa essere osservato (imputato) come comunicazione (scultura, pittura, scrittura, telecomunicazioni, televisione, computers ecc.).

Nel seguito, tenteremo di applicare quanto detto sopra a ulteriori riflessioni su tecnologie e comunicazione, prima in generale e poi (nei capitoli seguenti) concentrandoci sulla comunicazione umana via reti di computers, in particolare via Internet.