Copyright

Il problema della libertà d'espressione si presenta sotto varie forme anche nel caso, come osserva Nelson, di difesa di legittimi interessi. I diritti d'autore sono un esempio emblematico in questo senso. Il copyright sui programmi informatici rimane una delle materie più dibattute tra chi si occupa d'informatica. Concentrando la nostra attenzione sulla libera circolazione delle informazioni, potremo interpretare il copyright posto sul codice sorgente di un programma, come un ostacolo ad altri programmatori di avvalersi dei progressi compiuti in un linguaggio di programmazione e di contribuire magari al perfezionamento dello stesso. Parlando di ipermedia dovremo considerare poi delle problematiche specifiche a questa tecnica di organizzazione delle informazioni.

Iniziamo col chiederci se determinare un percorso di ricerca tra i testi in formato elettronico, può essere considerato un lavoro di cui è rivendicabile la paternità. In pratica il lavoro di memorizzare la varie sezioni all'interno di opere digitali, può essere considerato meritevole di tutela giuridica? L'interrogativo si fa ancora più complesso nel caso di un percorso determinato all'interno di materiale già sottoposto a copyright. Inoltre ci si potrebbe chiedere se costituisce una violazione della legge sul copyright, la progettazione di un programma specifico per collegare vari testi o porzioni di testi. In questo caso potrebbero rischiare l'incriminazione gli stessi programmatori di sistemi multimediali.

Sicuramente la capacità dell'ipertesto di estrarre velocemente delle informazioni da enormi quantità di dati rappresenta un valore aggiunto al materiale di partenza. Chi si potrà considerare il "depositario" di questo valore: colui che ha definito il percorso di ricerca o il programmatore del software ipertestuale grazie al quale la ricerca è stata possibile.(Samuelson da Scelsi, 1994) Una decisione presa in qualsiasi senso si caricherebbe inevitabilmente di significati a livello generale in quanto rilevante anche per le informazioni di tipo tradizionale. Potrebbe entrare in discussione infatti la possibilità di porre o meno sotto tutela un percorso di ricerca bibliografico organizzato da uno studioso.

Il Governo degli Stati Uniti si è posto il problema di predisporre uno studio della problematica ed ha pubblicato l'"Intellectual Property and the National Information Infrastructure", ambizioso progetto di tracciare delle forme di regolamentazione sempre più rigide anche nei confronti del materiale in formato elettronico. In realtà se escludiamo la tutela del software registrato dalle case produttrici, in nessuna nazione del mondo si è arrivati ad una precisa disciplina giuridica per il lavoro al calcolatore.

I produttori di opere multimediali sottolineano dal canto loro la necessità di eliminare concettualmente la differenziazione tra le opere classiche e quelle definite multimediali. I produttori vorrebbero includere anche quest'ultima categoria nell'attuale legislazione sul copyright, anche se riconoscono la necessità di ridefinire alcuni aspetti normativi. Si auspica un ampliamento della normativa già in vigore senza riscrivere ex-novo l'intera legislazione. Anche per i produttori la maggiore difficoltà in campo multimediale è l'identificazione dell'autore. Il multimedia infatti si presenta spesso come una compilazione di opere già esistenti sul mercato. Secondo Jorge Arqué Ferrari, responsabile di una delle maggiori società in campo multimediale, la ricerca dovrà puntare ad opere multimediali realmente nuove contando sulla creatività di nuovi autori, nuovi produttori e nuovi scrittori, in modo da evitare la semplice compilazione di opere già esistenti e ricercare invece nuove forme in grado di utilizzare le nuove tecnologie per porre sul mercato prodotti adattabili alle rinnovate esigenze dei consumatori.

Pure il governo degli Stati Uniti si oppone al revisionismo completo ed al passaggio ad un altro regime legale. Viene auspicato invece un approccio aggiuntivo per adattare le leggi sui diritti d'autore alle nuove tecnologie. I produttori devono veder tutelati i loro investimenti nella ricerca e produzione multimediale. "Alcuni gruppi negli Stati Uniti e in tutto il mondo suggeriscono che il mondo digitale è differente da quello fisico e per questo ritengono che la legislazione sui diritti d'autore di per sé debba essere vista come un dinosauro del mondo fisico, e che il mondo virtuale abbia bisogno di qualcos'altro. Noi, il governo degli Stati Uniti e molte persone nella comunità dei diritti d'autore del settore privato negli Stati Uniti, crediamo fortemente che questo sia un giudizio prematuro e affrettato. La legislazione sui diritti d'autore ha sempre reagito ai cambiamenti tecnologici, la stessa legislazione è stata una risposta allo sviluppo della stampa tipografica. I nuovi tipi di opere sono sempre stati inclusi nei diritti d'autore, così come lo sono stati i mezzi di distribuzione in passato...Questo passato di adattamento ai cambiamenti tecnologici ha dato all'industria che fa affidamento ai diritti d'autore un senso di roccia sulla quale è costruita la loro chiesa, la legislazione sui diritti d'autore, e i loro investimenti si basano sui fondamenti di tale legislazione." (Mann 1995)

Un parere contrario all'adeguamento della legislazione già esistente, arriva invece da Philippe Queau. La sua osservazione parte dalla presa d'atto di problematiche completamente nuove, quali la smaterializzazione del supporto dell'informazione e l'incapacità di distinguere il "nuovo" dall'"originale". Non è detto infatti che un'opera fatta uscire sfruttando le nuove tecnologie dell'informatica, si possa ritenere un'opera originale. Abbiamo già visto nel secondo capitolo come a volte dei prodotti multimediali anche ad alto livello di elaborazione, non riescano a staccarsi dai canoni del libro a stampa. Proprio questi due parametri di novità rivelano una rivoluzione tale da ritenere inadeguato il diritto d'autore per come è pensato oggi. La rivoluzione tecnologica attuale è, secondo Queau, altrettanto importante dell'invenzione della stampa o dell'alfabeto. "Ne deriveranno dei quadri mentali completamente diversi e dovremo cambiare radicalmente il nostro rapporto con la nozione di originalità, con la nozione di protezione dei diritti d'autore. In particolare nel settore del multimediale si presenta poi il problema dei diritti sull'immagine originale e sull'immagine manipolata. Secondo lo studioso francese il problema si può risolvere in due modi: da reazionari, o da chi voglia andare avanti. I reazionari potrebbero sfruttare le tecniche di "crittografia" per mettere delle protezioni sulle immagini. Chi non in possesso della "firma elettronica" non può decodificare o prelevare immagini. Questo atteggiamento però non porterebbe ad un contributo per la crescita della conoscenza. Queau allora auspica accanto alla zona protetta dal copyright, la nascita di zone di copyleft, zone "generose" di distribuzione dell'informazione, per lo scambio gratuito di idee indirizzato in particolare alle scuole e all'educazione in genere. Il concetto di copyleft potrebbe derivare da una nozione molto interessante della giurisprudenza inglese: il diritto di "fair use". Un diritto non dell'autore, ma del lettore, non del proprietario dell'opera, ma dell'utente, "...perché bisogna pensare anche al bene comune e il bene comune esige la protezione non soltanto del diritto degli autori, ma anche degli utenti." (Queau 1995) Dallo sviluppo del ragionamento, Queau arriva ad auspicare la fine della protezione del "mezzo" utilizzato per raggiungere il "bene finale" informatico. "Nessuno ha mai pensato a esigere il diritto d'autore sui martelli o sulle seghe, quando si costruisce una casa. Altrimenti dovremmo immaginare che ci sono diversi livelli del diritto d'autore...Ma poiché questo non è possibile, bisognerà distinguere chiaramente due regimi: il regime dell'opera finita, in senso aristotelico, cioé il prodotto, l'opera dell'artigiano, e ciò che appartiene ai mezzi e che non può essere prodotto, secondo me, perché il farlo porterebbe troppe complicazioni." (Ibidem)

L'unica proposta pratica di un progetto specifico, arriva ancora una volta da Ted Nelson ideatore in "Literary Machines" di un metodo per la tutela del diritto d'autore assolutamente originale: nella rete Xanadu si paga un tanto a byte per registrare i propri lavori. Si incasseranno poi dei diritti d'autore quando un utente deciderà di leggere o riutilizzare in qualche altra maniera il proprio materiale in forma integrale o parziale.. Se qualcuno è invece intenzionato a costruire dei collegamenti tra documenti, dovrà pagare soltanto una minima quota per i "diritti" sul puntatore, cioè l'indicatore posto per il collegamento. Ogni autore all'atto della registrazione rinuncerà a controllare i collegamenti da e per la sua opera. Dopo la pubblicazione si potrà ritirare l'opera solo dopo un lungo e laborioso processo. Questo per salvaguardare il database formato ed i collegamenti a quel documento. Una nuova opera pubblicata, potrebbe limitarsi alla modifica di una parola di un testo esistente. In questo caso il costo della pubblicazione è limitato alla registrazione della parola e dei due puntatori per la definizione della posizione. Quando un lettore richiamerà il nuovo documento, i diritti andranno quasi per intero all'autore originario, ma una piccola parte spetterà anche al nuovo autore per la parola modificata.

Nel progetto poi mai realizzato del Xanadu, si può ravvisare il sogno di una reale partecipazione di tutti alla costruzione della rete. I propositi democratici e libertari del Xanadu lasceranno sicuramente perplessi i puristi della letteratura, ma soddisfano il sogno degli uomini di tutti i tempi di dare il proprio contributo alla crescita del Sapere.

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