Violante: seduta 41
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                        Pag. 1931
   AUDIZIONE DEI MAGISTRATI DELLE DIREZIONI DISTRETTUALI
              ANTIMAFIA DI NAPOLI E SALERNO
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione dei magistrati delle direzioni distrettuali
antimafia di Napoli e Salerno:
Violante Luciano, Presidente .............. 1933, 1936, 1937
                    1938, 1939, 1940, 1941, 1943, 1944, 1945
                    1946, 1947, 1948, 1949, 1951, 1953, 1954
                    1955, 1956, 1957, 1958, 1959, 1960, 1961
                    1962, 1963, 1964, 1965, 1966, 1969, 1971
                    1973, 1974, 1975, 1976, 1977, 1978, 1980
                                1981, 1982, 1983, 1984, 1985
Addesso Ermanno, Procuratore distrettuale antimafia della
Repubblica di Salerno ................................. 1933
                                1936, 1944, 1961, 1973, 1985
Biscardi Luigi ................ 1952, 1960, 1962, 1965, 1966
Bonadies Ennio, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno ............... 1962, 1973
Boso Erminio Enzo ............................... 1958, 1960
                                            1970, 1971, 1972
Cappuzzo Umberto ................................ 1962, 1963
Dalterio Armando, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli .......... 1936, 1937, 1938
                    1939, 1940, 1941, 1973, 1974, 1975, 1976
Cabras Paolo .................................... 1940, 1943
                                1946, 1948, 1965, 1966, 1968
                                1972, 1975, 1978, 1982, 1983
De Simone Maria Vittoria,  Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli ...... 1956, 1957
                                      1958, 1959, 1960, 1983
Ferrauto Romano ....................................... 1970
Fumo Maurizio, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli .......... 1951, 1952, 1953
                          1954, 1955, 1956, 1976, 1977, 1978
Gay Luigi, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli ...................... 1945
                                            1946, 1947, 1978
                        Pag. 1932
Greco Alfredo,  Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno ............... 1941, 1973
Imposimato Ferdinando ................................. 1948
Mancuso Paolo, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli .......... 1941, 1943, 1944
                    1945, 1955, 1960, 1968, 1978, 1979, 1980
                                1981, 1982, 1983, 1984, 1985
Mastella Mario Clemente ................... 1944, 1946, 1947
                                      1948, 1953, 1957, 1962
Matteoli Altero ....................................... 1946
Narducci Giuseppe,  Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli .......... 1947, 1948, 1949
Ranieri Umberto ....................................... 1972
Robol Alberto ......................................... 1959
Taradash Marco ............................ 1964, 1965, 1971
Tripodi Girolamo ................................ 1968, 1969
Zuccarelli Fausto, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli .......... 1950, 1951, 1968
                        Pag. 1933
La seduta comincia alle 17,05.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione dei magistrati delle direzioni distrettuali
antimafia di Napoli e Salerno.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei
magistrati delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e
Salerno.
   Lo scopo dell'incontro di oggi è quello di ricevere un
quadro dello stato della camorra nelle due aree e dell'azione
di contrasto a tale fenomeno. Tale quadro è necessario in
relazione ad una approfondita visita che la Commissione
compirà in Campania nell'ultima settimana di maggio allo scopo
di presentare al Parlamento una relazione sulla struttura e
sulle connessioni della camorra.
   Diamo particolare rilievo a questo incontro non solo
perché un'analisi approfondita della camorra forse
storicamente non è mai stata compiuta, ma anche perché
probabilmente le ultime evoluzioni di questo fenomeno sono
tali da attirare la nostra attenzione e da far superare alcuni
schemi del passato, che sembrano essersi rivelati non
sufficientemente adeguati a comprendere il fenomeno.
   Dopo l'esposizione dei magistrati della procura della
Repubblica di Salerno - è presente il procuratore - e della
procura della Repubblica di Napoli, potranno essere avanzate
da parte dei membri della Commissione richieste di
integrazione e domande. Chiunque potrà prendere la parola,
perché alla Commissione serve il quadro più chiaro possibile.
   La seduta è pubblica, ma desidero far presente che,
qualora sorgessero problemi di riservatezza, potremo procedere
in seduta segreta e quindi delle dichiarazioni rese non sarà
data trasmissione all'esterno.
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Il mio compito si limiterà
alla lettura di una relazione che è stata approvata dal gruppo
della direzione distrettuale antimafia di Salerno.
   La criminalità nel distretto di Salerno è stata
caratterizzata, nel corso degli anni, da aggregazioni varie.
Agli inizi degli anni ottanta operavano nel territorio della
provincia di Salerno varie organizzazione camorristiche, la
più importante delle quali (Nuova camorra organizzata) facente
capo al ben noto Raffaele Cutolo, le cui aggregazioni e bande
operavano in Salerno, ma soprattutto nei più importanti comuni
posti sia nell'alto sia nel basso salernitano, quali Nocera
Inferiore, Pagani, Cava dei Tirreni e Mercato San Severino, a
nord, e Battipaglia, Eboli e Capaccio, a sud. Altre
organizzazioni erano pure inserite sul territorio, quali
quelle collegate alla Nuova famiglia e ad altri clan
napoletani.
   A seguito di azioni giudiziarie esperite negli anni
1982-1985 nei confronti del clan Cutolo, e con il parziale
disfacimento di tale clan, le organizzazioni collegate alla
Nuova famiglia si consolidavano, accogliendo nelle loro file
elementi già appartenenti alla Nuova camorra organizzata del
Cutolo.
   Negli anni successivi, anche in conseguenza di lotte tra
"famiglie" rivali, si assisteva al predominio del clan dei
Maiale nelle zone di Eboli e della Valle
                        Pag. 1934
del Sele, del clan Pecoraro nella zona di
Battipaglia-Bellizzi, del clan De Feo nella zona di San
Cipriano Picentino, del clan Pepe Mario, Olivieri Giuseppe,
Citarella Gennaro, Sale Antonio nelle zone di Nocera
Inferiore, Nocera Superiore e Pagani, del clan di Nocera
Tommaso nella zona di Angri, del clan Loreto-Matrone nella
zona di Scafati e del clan di Galasso Pasquale nella zona di
Sarno.
   Quanto fin qui esposto, che raffigura geograficamente i
più disparati insediamenti criminali, vale ad evidenziare la
complessività del fenomeno camorristico in una provincia ed in
un distretto già da tempo caratterizzati da elevata intensità
di criminalità organizzata.
   La procura di Salerno si è trovata, negli anni ottanta, a
dover fronteggiare il fenomeno nelle sue varie articolazioni,
come accennato, nella ristrettezza di mezzi e uomini (si pensi
al ridotto organico di questo ufficio), ma con risultati da
poter definire apprezzabili.
   Più di recente la DDA, con accresciuta professionalità, ma
con mezzi ancora insufficienti e con non sempre efficace
collaborazione, ha operato ed opera, con tenacia e
meticolosità, per assicurare una sempre più incisiva azione di
contrasto, caratterizzata da decisa ricerca di conoscenza
della serie di crimini efferati rimasti finora impuniti, a
cagione del muro di omertà sempre opposto alle indagini e del
silenzio a lungo serbato da coloro che dei delitti avevano
piena conoscenza per esserne stati gli autori materiali o i
mandanti, ed in ogni caso protagonisti delle più scellerate
vicende.
   L'incisiva azione di questa procura nei confronti dei vari
raggruppamenti delinquenziali ha condotto all'emissione di
varie ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra
l'altro, dei clan Pepe, Olivieri e Citarella, di appartenenti
al clan di Nocera Tommaso, di Maiale Giovanni, di De Feo
Pasquale e Carmine, di Pecoraro e di appartenenti al clan
Loreto-Matrone, nonché del clan Galasso. A queste ordinanze
sono seguite sentenze, alcune anche definitive, per il clan
Pepe, per il clan De Feo, per il clan Loreto. Ho portato
alcune delle ordinanze e posso consegnarle alla Commissione.
   Le anzidette azioni hanno determinato non solo effetti
favorevoli sul territorio, ma hanno altresì indotto alla
collaborazione un personaggio di spicco del crimine
organizzato, quale Pepe Mario, e addirittura un esponente
apicale della camorra, quale Pasquale Galasso. Tali "eminenti"
personaggi hanno cominciato a collaborare ed il loro bagaglio
di conoscenze su fatti delittuosi si sta rivelando prezioso,
di notevole importanza e tale da rendere laboriose le indagini
di polizia giudiziaria volte a ricercare i necessari elementi
di riscontro alle dichiarazioni dei predetti.
   Il Pepe, ascoltato per alcuni mesi da un magistrato della
DDA di Salerno, ha fornito ricchezza di elementi e di dati. Il
Galasso sta fornendo la sua collaborazione non solo alla DDA
di Salerno, ma anche a quella di Napoli, consentendo di venire
a capo di numerosi efferati delitti e di consentire anche il
ritrovamento, come recentissimamente avvenuto nel corso di
disposti scavi, dei resti mortali di persone scomparse nei
decorsi anni; sono stati rinvenuti i resti di quattro persone,
tre uomini ed una donna. Il Galasso ha consentito così di
individuare anche il "cimitero della camorra".
   Le stesse dichiarazioni hanno consentito di allargare il
panorama delle indagini, offrendo all'attenzione degli
inquirenti un nuovo spunto per maggiori approfondimenti,
diretti ad accertare la sussistenza, come non senza fondamento
si sospetta, di infiltrazioni di organizzazioni criminali
all'interno delle istituzioni, con possibili connessioni con
esponenti del mondo della politica, degli enti pubblici
territoriali e degli apparati della burocrazia.
   La DDA di Salerno sta intensificando le attività di
indagine dirette alla individuazione di specifiche
responsabilità di pubblici ufficiali in concorso con esponenti
di organizzazioni criminali, sulla scorta delle indicazioni
fornite dai collaboratori di giustizia. Sono all'attenzione
della DDA (se ne occupa il procuratore
                        Pag. 1935
aggiunto) i casi di Nocera Inferiore e Pagani, nonché di
Scafati, i cui consigli comunali sono stati sciolti per
presunta connivenza con la camorra.
   Le relazioni prefettizie evidenziano varie illegittimità
nella gestione della "cosa pubblica" e possibili interferenze
di elementi di rilievo della camorra. Alcuni servizi, ad
esempio quello della nettezza urbana, risultano affidati a
parenti del noto Pasquale Galasso, del defunto Citarella
Gennaro ed altri, mentre si sospetta che la famiglia Olivieri
si sia intromessa nell'affare costruzioni abusive, in ordine
alle quali procede la procura circondariale di Salerno. Il
doveroso riserbo non mi consente, allo stato, di dire di più.
   Da quanto esposto e dalla documentazione a corredo della
presente relazione possono trarsi le risposte agli
interrogativi posti da codesta Commissione parlamentare
d'inchiesta sul fenomeno della mafia.
   Nonostante l'azione svolta ed i pur notevoli risultati
conseguiti, nonché tutto quanto si sta operando, la DDA di
Salerno non ritiene di poter indulgere a facile ottimismo,
anzi è dell'avviso che debba essere intensificata l'azione di
contrasto a tutti i livelli.
   Necessita, innanzitutto, che le forze di polizia locali
siano dotate di maggiore professionalità, poiché le tecniche
di indagine di un tempo non sono più idonee a contrastare un
fenomeno, quale quello della moderna camorra, che dispone di
strutture e mezzi tecnici, nonché di intelligenze capaci di
predisporre i più accurati e sofisticati strumenti, idonei ad
ingannare coloro che ancora non sono al passo coi tempi.
   Necessita, poi, come già segnalato con una precedente
relazione diretta alla Direzione nazionale antimafia, un
diffuso e generale rafforzamento degli organici della Guardia
di finanza al fine di agevolare la speditezza delle indagini
patrimoniali anche miranti ad evidenziare il fenomeno del
reinvestimento dei capitali illeciti, soprattutto nell'ambito
delle attività turistiche molto fiorenti in questa zona, con
particolare riguardo alla costiera amalfitana ed alla costiera
cilentana.
   Più volte sono state effettuate indagini in ordine a
segnalate illecite attività di sbarco di armi e droga in varie
località costiere praticamente sottratte all'attività di
controllo e di prevenzione delle forze di polizia. La notevole
estensione del territorio e del litorale della provincia di
Salerno, con quasi 200 chilometri di costa da Positano a
Sapri, impone una maggiore, più razionale presenza della
polizia di Stato, adeguata alle mutate esigenze dei tempi (la
geografia degli uffici di polizia è datata in epoca remota).
   La contiguità con la provincia di Napoli, da un lato, e
con le coste calabresi, dall'altro, impone l'istituzione di
nuovi commissariati di polizia, onde verificare e controllare
il fenomeno di osmosi delle varie organizzazioni criminali
che, a nord dal napoletano e a sud dalla Calabria, si muovono
in questa provincia e da questa provincia.
   E' appena il caso di rilevare che le organizzazioni
camorristiche e mafiose non conoscono, contrariamente alle
istituzioni dello Stato (giudiziarie e di polizia),
limitazioni alle proprie competenze territoriali e si giovano,
pertanto, proprio delle limitazioni statuali muovendosi nelle
zone di confine laddove - come sembra logico ritenere - gli
organi di polizia sono portati ad allentare l'intensità della
loro attività di controllo nella convinzione che tale attività
venga espletata dall'organo di polizia con competenza
confinante. Si viene a creare una situazione tale per cui
ciascun organo di polizia ritiene che un soggetto di rilievo
camorristico venga controllato dall'altro organo di polizia
confinante e viceversa, con conseguente calo nell'attività di
prevenzione.
   Giova ricordare, su tutti, il caso di Galasso Pasquale
che, originario con la sua famiglia, unitamente agli affiliati
del suo gruppo, di Poggiomarino (Napoli), risiede ed opera nel
comune confinante di Scafati (Salerno) a poche centinaia di
metri dal confine con la provincia napoletana,
                        Pag. 1936
 svolgendo con il suo gruppo la propria attività illecita
nella fascia di confine tra la provincia di Napoli e quella di
Salerno e nelle zone limitrofe.
   Si suggerisce, pertanto, l'istituzione di un commissariato
di polizia con sede in Scafati (Salerno) e con competenza
anche sul comune di Angri, paese anch'esso confinante con la
provincia di Napoli e precisamente con il comune di
Sant'Antonio Abate (Napoli), anch'esso ad alta densità
camorristica.
   E' opportuno, inoltre, un rafforzamento in termini
numerici del personale del commissariato di polizia di Stato
di Sarno (Salerno), comune confinante con Striano (Napoli) e
con gli altri paesi vesuviani nonché l'estensione della
competenza territoriale di detto commissariato anche ai comuni
di San Valentino Torio (Salerno) e di San Marzano sul Sarno
(Salerno) anch'essi confinanti con la provincia di Napoli e,
segnatamente, con i comuni di Poggiomarino, Boscoreale e
Boscotrecase.
   Si creerebbe, in tal modo, un serio ed efficace filtro di
controllo di prevenzione di polizia in una zona di confine con
la provincia napoletana qual è l'agro Nocerino-Sarnese,
notoriamente ad alto tasso di criminalità di matrice
camorristica.
   Allo stesso modo, si rende necessario rafforzare gli
organici del commissariato di polizia di Stato di Battipaglia
ed estendere la competenza di detto ufficio di polizia anche
sul comune di Eboli (Salerno) per la evidente presenza,
processualmente anche dimostrata, di pericolose ed agguerrite
organizzazioni camorristiche nella Piana del Sele.
   Infatti in questi giorni si sta celebrando il processo di
una di queste organizzazioni che richiederà un notevole
impegno da parte del tribunale di Salerno. Si tratta del
gruppo dei Maiale.
   Da ultimo si ritiene necessaria l'istituzione di un altro
commissariato di polizia a sud di Eboli, in quanto per
centinaia di chilometri e fino al confine della provincia di
Salerno, è del tutto inesistente la presenza della polizia di
Stato.
   Si individua nel comune di Sapri la sede più idonea per la
creazione di detto commissariato che, eventualmente dotato
anche di mezzi nautici e coordinato con la squadra mobile di
Salerno, potrebbe espletare quell'attività di controllo lungo
la fascia marina e costiera, la cui necessità è stata già
rappresentata.
  PRESIDENTE. Signor procuratore, lei ha fatto cenno
all'assenza della polizia di Stato, ma i carabinieri sono
presenti?
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. I carabinieri ci sono, ma non
possono far fronte alla stessa maniera.
   Si determinerebbe, in tal modo, complessivamente, una più
penetrante, efficace e razionale presenza sul territorio delle
tre forze di polizia, adeguata alle mutate esigenze
giudiziarie e di ordine pubblico di questi ultimi anni.
   Infine, mi sembra doveroso segnalare che - ai fini
dell'azione di contrasto - necessita conferire maggiore
efficacia all'ufficio del GIP, oberato da migliaia di processi
affidati alla gestione di appena sei magistrati, i quali
compiono ogni sforzo, con personale sacrificio, per
scongiurare, almeno per ora, il paventato collasso. Ho chiesto
al presidente del tribunale di integrare l'organico
dell'ufficio del GIP e mi auguro che ciò avvenga.
   Sono queste le nostre osservazioni, piuttosto scarne, ma
ritengo che la Commissione debba tenerne conto, debba cioè
tener conto delle nostre aspirazioni, che sono dirette ad una
migliore prevenzione, aspirazioni che sono dirette anche a
meglio confrontarci con un fenomeno che si fa sempre più grave
e pesante.
   Ci auguriamo che la Commissione d'inchiesta possa svolgere
un certo intervento nelle sedi opportune perché l'azione dei
giudici e delle forze di polizia possa finalmente valere a
qualcosa.
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Anzitutto porgo
le scuse del procuratore per non essere potuto venire
                        Pag. 1937
qui a causa di impegni cogenti che gli hanno appunto impedito
di essere presente.
   Noi sostituti della direzione distrettuale antimafia di
Napoli abbiamo concordato una serie di interventi volti a
fornire brevi quadri relativi allo stato delle indagini e a
quelle che sono le esigenze che intendiamo prospettare alla
Commissione parlamentare antimafia.
   Fare qui la storia della camorra in Campania non avrebbe
senso e non sarebbe di alcuna utilità, essendo la storia
stessa affidata ormai alle cronache e alla pubblicistica in
materia. Sarà sufficiente fornire brevi cenni evidenziando
come nel momento attuale ci troviamo in una cosiddetta terza
fase della criminalità organizzata in Campania.
   Ad una prima fase in cui la criminalità organizzata
diventa camorra passando all'adozione di pratiche efferate ed
anche pubbliche di affermazione degli intenti delittuosi di
organizzazioni che fino ad un certo momento avevano cercato di
agire in maniera defilata (è la fase che vede l'espandersi
della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo), è
seguita, attraverso la formazione del cartello della Nuova
famiglia che si è contrapposta alla prima, una seconda fase
che nasce...
  PRESIDENTE. Mi scusi, ma lei dà per scontato che noi
sappiamo molte cose, il che non è. Il cartello da chi era
composto?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il salto di
qualità, la trasformazione della criminalità organizzata
napoletana da semplice criminalità organizzata in camorra si
ha con Raffaele Cutolo, che ha raccolto le ansie di tanti
diseredati della criminalità campana ed effettuato una
intensissima attività di recupero di adesioni in sede
carceraria, unitamente all'attività che nel contempo la
sorella dello stesso, Rosetta Cutolo, recentemente tratta in
arresto a seguito di una lunga latitanza, effettuava
all'esterno delle mura carcerarie, un'attività che ha finito
con il trasfondersi in una vera e propria organizzazione
estorsiva ai danni delle organizzazioni che, parcellariamente,
agivano essenzialmente nell'ambito del traffico di sigarette
(tabacco lavorato estero) e di droga, sfociando così in una
lotta efferatissima con una frequenza omicidiaria quotidiana.
Sorgeva così la necessità, da parte di queste altre
organizzazioni, di federarsi nel patto della Nuova famiglia,
che vedeva unite le famiglie dei Bardellino, dei Nuvoletta,
dei Vollaro di Portici, dei Giuliano di Forcella e zone
vicine, dei Mariano, dei Zaza e dei Mazzarella, che fino a
quel momento, pur essendo dedite stabilmente...
  PRESIDENTE. Siamo nella prima metà degli anni ottanta?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Siamo tra la
fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta.
Questa lotta efferata si condensa in questo momento, fino ai
grossi interventi del 1982-1983-1984 da parte della procura di
Napoli e di altre procure, con i cosiddetti blitz contro
la Nuova camorra organizzata, prima, e contro la Nuova
famiglia, immediatamente dopo.
   Si può dire che questo è il momento in cui la criminalità
organizzata, così frazionata sul territorio, in assenza di
sostanziali accordi volti alla spartizione delle attività
delittuose e dei proventi da esse derivanti, inizia ad
organizzarsi tramite stabili accordi.
   Come stavo dicendo prima, questa è quella che potremmo
definire la prima fase: una fase genetica della criminalità
organizzata, che nel momento stesso della sua genesi viene
alla luce attraverso questa enorme efferatezza omicidiaria.
   La seconda fase segue alla sconfitta di Raffaele Cutolo,
attraverso, in un primo momento, l'intervento giudiziario e,
in un secondo momento, l'enorme forza di fuoco praticata dai
gruppi facenti capo alla cosiddetta Nuova famiglia, che
finiscono per eliminare gli esponenti dell'organizzazione
                        Pag. 1938
 ed anche quelli che, successivamente condannati all'esito
della conclusione della reclusione scontata in carcere,
venivano eliminati nel giro di pochi giorni, all'atto della
scarcerazione dalle case di reclusione di rispettiva
detenzione.
   Tale fase diede luogo ad una seconda guerra intestina,
perché nell'ambito della Nuova famiglia, le due famiglie di
Bardellino e di Nuvoletta, dopo aver sconfitto l'avversario
che aveva rappresentato la causa e la ragione di quella
federazione, si ponevano immediatamente in lotta tra di loro.
   La lotta cessava a seguito del sostanziale arresto di
Lorenzo Nuvoletta e della scomparsa, in circostanze ancora non
chiarite a livello giudiziario, dello stesso Antonio
Bardellino. Scomparsa e arresto, e quindi indebolimento
dell'uno e dell'altro, che dava luogo ad una fase di notevole
frammentazione e ad una ripresa della lotta.
  PRESIDENTE. In quali anni ci troviamo?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Siamo nella
seconda metà degli anni ottanta.
   E' stata una grossa guerra di camorra, non caratterizzata,
come la precedente, dalla contrapposizione di due poli ben
determinati, ma da una serie di atti delittuosi,
sostanzialmente omicidiari, riferibili ad una incontrollata
guerra tra bande confinanti che, prive di un capo e di una
strategia di unificazione, si contendevano il territorio con
la ferocia inaugurata da Raffaele Cutolo e che è rimasta una
matrice impressa nella criminalità organizzata; una matrice
che rende spesso difficili le indagini perché la ricerca di
una causale spesso si scontra con l'inesistenza di un motivo
che apparentemente possa giustificare l'episodio, e comunque
con l'impossibilità di ritrovare nel tempo precedente tale
causale: è sufficiente che nel giro di pochi giorni
antecedenti al delitto stesso vi sia stato un minimo contrasto
od ombra tra parti o personaggi delle organizzazioni criminali
per giungere facilmente al delitto.
   La terza fase è quella che stiamo vivendo da circa un paio
di anni. Essa vede alcune famiglie tentare di federarsi
intorno al più grosso clan camorristico, quello di Carmine
Alfieri. Vi è il tentativo di costituire un cartello. Così
viene definito, probabilmente mutuando la terminologia usata
dai giornali con riferimento a quelli che sono i cartelli
sudamericani, che non a caso sono i maggiori fornitori di
cocaina per la criminalità campana, che fa capo a Carmine
Alfieri, che vede il tentativo di federare intorno ad esso, al
fine di assumere il predominio delle attività campane, le
famiglie di Contini Eduardo, dei vari Patrizio Bosti,
Mallardo, Morra, Licciardi di Secondigliano.
   Di tale cartello si sono trovate tracce in varie
ricostruzioni confidenziali ed indiziarie di delitti che hanno
caratterizzato gli ultimi tempi: non ultimo l'omicidio del
Cuomo, che - lo ricordo - è colui che negli anni ottanta perse
le gambe nell'attentato dinamitardo in cui perì Michele
Casillo. Un fatto, questo, che rientra attualmente nelle
indagini della procura di Napoli.
   Contemporaneamente al tentativo di costituire questo polo
di aggregazione, sembra che si stiano riprendendo quei
rapporti con la mafia, che si erano temporaneamente
interrotti...
  PRESIDENTE. Per mafia intende Palermo?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, la mafia
palermitana. Tali rapporti si erano temporaneamente interrotti
a seguito del degradare delle figure di Bardellino e di
Nuvoletta.
   Bardellino e Nuvoletta erano stati coloro che tramite i
loro stretti contatti con le famiglie palermitane avevano
consentito di stabilire un flusso...
  PRESIDENTE. Bardellino e Nuvoletta erano uomini d'onore?
                        Pag. 1939
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Così vengono definiti.
  PRESIDENTE. Nuvoletta è arrestato?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, Nuvoletta è
arrestato.
   Tali contatti, che essi mantenevano, consentivano
soprattutto il riferimento a Palermo come ad una fonte di
approvvigionamento dell'eroina. Ridottisi tali rapporti, la
camorra napoletana si è maggiormente interessata alla cocaina,
direttamente acquistata in Bolivia ed in altre regioni
sudamericane. Non a caso è stato recentemente arrestato in Sud
America Umberto Ammaturo.
   Sembra che questi rapporti, che si erano andati via via
degradando a causa di tale contingenza, siano stati
recentemente ripresi in sede carceraria, attraverso un
incontro che ha riguardato componenti dell'organizzazione
mafiosa di Cosa nostra e componenti di spicco di
organizzazioni camorristiche napoletane. Un incontro che
avrebbe fatto seguito soprattutto all'intensificarsi del
contrasto alle azioni criminali sia in sede legislativa,
perché è molto importante ciò che è stato fatto con il decreto
Scotti-Martelli e con la restrizione dei regolamenti
penitenziari, sia in sede di contrasto effettivo, di azioni
giudiziaria e investigativa. Un accordo che, secondo quanto
viene riferito in sede processuale, sarebbe destinato alla
eliminazione con effetto intimidatorio di magistrati
napoletani.
  PRESIDENTE. L'onorevole Taradash desidera sapere quale
sia questo carcere.
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il carcere di
Spoleto.
   Su tale fatto sono in corso delle indagini; vi sono
colleghi che se ne stanno interessando direttamente e che
potranno intervenire sul punto, se sarà necessario fornire
degli approfondimenti.
   Non a caso c'è questo riferimento alla necessità di
un'azione intimidatoria nei confronti della magistratura e
delle forze dell'ordine, perché mai come nell'ultimo anno
l'azione investigativa è stata pressante e produttiva. Si può
dire che quasi nessuna organizzazione camorristica sia stata
sottoposta, negli ultimi due anni, ad un controllo così
pressante e a misure cautelari tanto numerose, a riscontri
probatori tanto positivi. Tutto ciò è stato possibile anche
grazie - lo ripeto - alla modifica normativa che ha consentito
il recupero probatorio, sia pure con il filtro del
contraddittorio, delle dichiarazioni rese al pubblico
ministero e alla polizia giudiziaria, e anche - soprattutto -
tramite l'introduzione dell'articolo 12-quinquies della
legge n. 356 del 1992, che finalmente ha consentito una
efficace azione di contrasto non solo dell'illecito accumulo
di patrimoni a seguito dell'attività camorristica, ma anche -
ed è molto interessante questo - attraverso l'attività
usuraria, che in passato, a livello sia di pena sia di
strumenti atti a contrastare il fenomeno, non aveva avuto una
sufficiente attenzione. Poiché, grazie ai nuovi strumenti e
soprattutto alla nuova pena prevista per l'usura, gli
investigatori di polizia giudiziaria sono più motivati, è
possibile un salto di qualità. Assistiamo, in particolare
attraverso le indagini che sto personalmente svolgendo nella
penisola sorrentina, ad un fenomeno di aggressione
dell'imprenditoria che si verifica sotto un duplice punto di
vista: da un punto di vista estorsivo-collusivo e da un punto
di vista di infiltrazione nell'attività imprenditoriale. Dico
estorsivo-collusivo in quanto assistiamo ad un fenomeno
estorsivo che tende a realizzarsi attraverso l'acquisizione
della complicità dell'imprenditore al quale, anziché chiedere
immediatamente il pagamento di una tangente in denaro, si
chiede la complicità in una operazione di falsa fatturazione o
di fittizie prestazioni a favore dell'imprenditore stesso,
operazione ovviamente tendente a frodare il fisco ed a
produrre un utile ingiusto ed illecito all'impresa, il cui
profitto viene
                        Pag. 1940
diviso tra l'imprenditore e l'estorsore camorrista. Ecco
perché parlo di accordo estorsivo-collusivo che ovviamente
crea una complicità nell'illecito che rende difficile la
rottura dell'omertà da parte dell'imprenditore estorto. Parlo
anche di fenomeno infiltrativo in quanto si va incontro a
fenomeni, da parte dello stesso estorsore, di raccolta, di
unificazione e di rinnovazione del credito nei confronti
dell'imprenditore, per cui il camorrista che estorce l'impresa
non appena si accorge di averla posta in una sorta di
sofferenza economica sufficientemente valutabile e rilevante,
procede alla raccolta del credito nei confronti dell'impresa
estorta da parte dei creditori parcellari, lo unifica e lo
rinnova ad interessi usurari per costringere l'impresa alla
definitiva rovina economica e quindi penetrare in associazione
predominante con l'impresa stessa.
  PRESIDENTE. Una volta che questo imprenditore criminale
è entrato nell'impresa ex onesta (diciamo così), cosa succede?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Fruisce di
questo particolare avviamento che deriva dalla sua capacità di
intimidazione e dalla sua collusione ...
  PRESIDENTE. Quindi, l'impresa sta sempre sul mercato?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Fa un salto di
qualità enorme in quanto monopolizza il mercato ed ovviamente
in pochissimo tempo...
  PAOLO CABRAS. Non c'è anche un tentativo di estromettere
l'imprenditore originario e di subentrargli?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, infatti, vi
è una iniziale posizione di predominanza che poi finisce per
giungere all'estromissione, che però viene sempre evitata
nella sua più plateale evidenza, in modo da non costringere
l'imprenditore a perdere ogni interesse al prosieguo
dell'impresa, costringendolo sempre ad un patto associativo,
sia pure in una posizione di minor rilievo economico
nell'impresa stessa, che egli non ha interesse a rovinare con
una collaborazione con i pubblici poteri, proprio in quanto
comunque conserva un'utile derivante dalla stessa.
   Ulteriori approfondimenti ritengo siano eccessivi
nell'ambito di un intervento che vuole semplicemente essere
introduttivo. Altri colleghi saranno più articolati di me sui
vari punti di vista. Vorrei soltanto evidenziare, proprio
facendo riferimento alle capacità di intervento specifico
rientranti nella competenza della Commissione antimafia, che
da un lato abbiamo assistito negli ultimi due anni ad una
enorme accentuazione della professionalità delle forze
dell'ordine, sia pure in una non mitigata, rispetto al
passato, tendenza alla concorrenza, (che purtroppo rimarrà, ma
che dobbiamo cercare di ridurre quanto più possibile), nel
contrasto della macrocriminalità; dall'altro lato, nel
contrasto della microcriminalità e nell'esperienza
investigativa quotidiana un salto di qualità analogo non è
stato fatto, purtroppo, per carenza di mezzi, devo ritenere.
Ad esempio, i commissariati di polizia e le stazioni dei
carabinieri sono ancora privi di unità di polizia scientifica,
il che rende impossibile, nell'immediatezza di un intervento
in relazione ad un attentato estorsivo o ad un omicidio,
l'immediato recupero delle impronte digitali. Per esempio,
registriamo numerosi recuperi di armi effettuati nella
tumultuosità delle indagini, che non consentono il riferimento
al centro di polizia scientifica della questura di Napoli, ma
che avvengono in provincia, che si verificano con il sequestro
a mani nude delle armi stesse, quando sarebbe invece opportuno
l'immediato rilievo delle impronte dattiloscopiche. Sovente
scopriamo covi di armi che vengono nascoste nelle pertinenze
di un determinato fondo e che potrebbero con
                        Pag. 1941
sentire di risalire al proprietario del fondo o ad altri
personaggi tramite le impronte digitali. Ma tutto ciò, in un
intervento tumultuosamente effettuato e senza l'ausilio della
polizia scientifica, non può accadere.
   Altrettanto vale per il rilievo delle tracce di polvere da
sparo, soprattutto per l'analisi dei tamponi che contengono le
tracce della polvere da sparo, in quanto tutto ciò può
avvenire solo nella questura di Napoli, non lo possono quindi
fare i commissariati, privi dell'elettromicroscopio. I
carabinieri devono addirittura rivolgersi a Roma. Questo a mio
giudizio è inaccettabile in quanto sarebbe sufficiente un
semplice stanziamento per l'acquisto di un elettromicroscopio
a Napoli per consentire queste indagini a vista.
   Credo che tutti conoscano la situazione logistica di
Napoli.
  PRESIDENTE. Intende della procura distrettuale di
Napoli?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Mi riferisco
alla procura distrettuale che poi è la stessa procura di
Napoli. Con il cambiamento della normativa in sostanza ci
siamo trovati ad avere una macchina da corsa senza benzina.
Siamo privi di computer, ciò è risaputo: molti di noi
hanno affrontato spese di svariati milioni per dotarsene. Lo
hanno fatto con spirito di sacrificio, per senso di giustizia,
tuttavia è necessario che le istituzioni si facciano carico di
tale necessità adeguando le nostre esigenze logistiche allo
sforzo che quotidianamente profondiamo.
  ALFREDO GRECO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno. Dopo aver ascoltato il
collega D'Alterio, vorrei far notare l'assoluta identicità di
Napoli e Salerno per quanto riguarda sia la storia
genericamente e sinteticamente raccontata della camorra sia la
storia degli interventi dell'autorità giudiziaria e della
polizia giudiziaria.
   Per quanto concerne l'attualità e i momenti di pericolo
evidenziati dal collega, già abbiamo espresso il grido di
dolore della procura distrettuale di Salerno in ordine alle
sue carenze. Vorrei solo aggiungere che nei rapporti con
l'imprenditoria, cui ha fatto riferimento il collega appena
intervenuto, questa è storia comune nel salernitano ed è
storia che a nostro avviso si sta sempre più aggravando in
questi ultimi tempi.
   Quale è stato uno dei sistemi della camorra per
avvicinarsi all'imprenditoria, per fagocitare le imprese e per
potervi, in un modo o nell'altro, entrare disponendone o con
il fallimento, che poi sarebbe stato in qualche modo
produttivo, oppure inserendosi con il capitale sporco e con
l'immanenza camorristica in altri mercati diventati più o meno
legali? Il sistema adoperato fino a qualche anno fa era quello
di mettere in difficoltà l'impresa, magari con qualche bomba o
con qualche altro intervento di tipo violento,
all'imprenditore. Oggi non c'è più bisogno di mettere in
difficoltà le imprese in quanto esse nelle nostre zone versano
già in una situazione di grave difficoltà per i fatti che voi
conoscete meglio di noi. Quando le imprese versano in enormi
difficoltà, accettano questo tipo di capitale, che può venire
dal delitto, di guisa che si comincia a verificare, a palpare
il gravissimo pericolo di iniezioni di capitale sporco e,
peggio ancora, di ingressi di personaggi, che imprenditori non
sono, nelle imprese in difficoltà. Rischiamo quindi di
trovarci, da qui a non molto, con delle imprese che
cominceranno forse a lavorare, ad imporsi sul mercato, ma che
delle imprese originarie hanno perduto completamente le
tracce, in quanto sono diventate vere e proprie imprese
camorristiche. Questo è un pericolo che credo debba essere
tenuto presente e forse questa Commissione è la sede più
adatta per segnalare questo tipo di discrasia e questo tipo di
evento che si sta cominciando a verificare.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di
                        Pag. 1942
Napoli. Vorrei sinteticamente ripercorrere la storia delle
organizzazioni camorristiche tratteggiata già dal collega
D'Alterio, in particolare delineando quelli che sono stati i
collegamenti che le organizzazioni napoletane hanno
costantemente tenuto con quelle siciliane. Su questo punto
abbiamo i racconti di due pentiti di Cosa nostra, esattamente
Buscetta e Mutolo ed attualmente stiamo ottenendo anche la
testimonianza di Pasquale Galasso.
   Nel 1975 Cosa nostra si affaccia sulle spiagge del
casertano, in particolare facendo capo alla famiglia di
Lorenzo Nuvoletta, ed inizia a coordinare l'attività del
contrabbando di sigarette fino ad allora gestita da personaggi
che agivano in isolamento. Dopo una serie di omicidi di
personaggi che non vogliono piegarsi a questo coordinamento,
alla fine si forma un forte ed esteso nucleo di persone
inserite (congiunte, come dice Mutolo) all'interno
dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra, che hanno soprattutto
in Zara, Bardellino e Nuvoletta i principali referenti
collegati alla commissione palermitana.
   Nel 1978 si assiste ad una ripercussione nel napoletano di
quelle che sono le prime contrapposizioni di alleanze, benché
assai clandestine, all'interno di Cosa nostra. Mentre Zaza e
Bardellino rimangono legati a Badalamenti e Bagarella,
Nuvoletta invece assume in Riina il suo referente all'interno
dell'organizzazione palermitana, mentre Michele Greco finge di
mediare l'intera situazione palermitana, tenendo però per
Riina e facendo costantemente il suo gioco.
   L'arrivo di Cutolo in realtà scompagina questa situazione
poiché alla fine degli anni settanta assume sicuramente il
sopravvento, determinando addirittura una capacità estorsiva
sulle stesse organizzazioni: egli imponeva una cifra tra le
dieci e le venti mila lire a cassa di sigarette per ogni
sbarco che avveniva sulle coste napoletane. Contro il
prepotere di Cutolo, Cosa nostra tenta di reagire ed
appoggiandosi ad alcune organizzazioni di Nuova famiglia,
invia nel napoletano alcuni suoi uomini i quali però vengono
costantemente isolati, abbandonati, addirittura alla fine
uccisi, nonostante fossero appoggiati a persone che Cosa
nostra riteneva di assoluta fiducia. A questo punto Cosa
nostra comprende che la situazione napoletana è ingovernabile
e abbandona il territorio campano, mantenendo diretti legami
non con le organizzazioni, ma personalmente con Lorenzo
Nuvoletta e con personaggi ad esso legati sulla penisola
sorrentina, cioè Gionta a Torre Annunziata e D'Alessandro a
Castellammare.
   Al contrario Carmine Alfieri, che dallo scontro con Cutolo
esce sicuramente vittorioso, tanto da avere la capacità di
scontrarsi e prevalere sullo stesso Nuvoletta, costretto ad
una sorta di assedio nei comuni di Marano, Villaricca e
Quarto, manifesta la ferma volontà di respingere qualsiasi
tentativo di infiltrazione di personaggi di Cosa nostra.
   Tuttavia, le organizzazioni di Alfieri, come quelle di
Nuvoletta, partono da alcuni punti in comune con quelle che
erano state le prime iniziative palermitane nel campo dei
rapporti con le imprese e soprattutto con le istituzioni. Già
si è detto qual è il tipo di rapporto che l'organizzazione
camorristica assume con l'imprenditoria campana; quello che
voglio aggiungere, rispondendo al senatore Cabras, è che non
vi è necessariamente, alla fine del percorso di conflitto fra
camorra e impresa, l'espulsione dell'imprenditore dalla sua
impresa, ma vi è molto spesso l'inclusione dell'imprenditore
nell'organizzazione, o quanto meno il suo defilamento in una
posizione di rappresentanza che consente alla ditta di
presentarsi sul mercato come immutata, anche se in realtà gli
organi deliberativi e di governo dell'impresa - trattandosi di
società per azioni, la stessa titolarità delle azioni - sono
cambiati e sono nelle mani dell'organizzazione.
   Abbiamo addirittura trovato, al momento dell'arresto sul
confine italo-svizzero di un grosso imprenditore camorrista
napoletano come Luigi Romano, condannato in primo grado, un
documento scritto in cui si riassumeva quanto era
                        Pag. 1943
avvenuto per l'acquisto da parte di Romano dell'impresa
Messere. Questa era un'impresa napoletana di costruzioni molto
prestigiosa che a seguito di forti perdite subite per
attentati ricevuti in Sicilia - e anche su tale collegamento
vi sono alcune indagini in corso - l'imprenditore è costretto
a cedere; ne assume la presidenza con l'obbligo, in cambio di
una retribuzione di 100 milioni all'anno, di - cito a memoria
- esplicare tutta la propria capacità di relazioni pubbliche
nel campo imprenditoriale ed istituzionale per far acquistare
e mantenere all'impresa il massimo di mercato. Questo ha
significato la possibilità...
  PRESIDENTE. Si trattava di una nota scritta?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Era una nota scritta
sequestrata nelle tasche di Luigi Romano...
  PRESIDENTE. Era una sorta di contratto?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, era un atto di
cessione delle quote e di riserva in capo al cedente
imprenditore...
  PRESIDENTE. Era stato stipulato dinanzi ad un notaio per
caso?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. No, era una scrittura
privata.
  PAOLO CABRAS. Si ricorda a quando risale?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Al 1988; comunque, siamo
riusciti a trovarlo ultimamente in maniera assolutamente
fortuita, perché è sempre più difficile che si facciano atti
scritti di questo genere e soprattutto che siano poi
conservati così imprudentemente, addirittura da chi si aspetta
la cattura.
   Un altro dato particolare dell'organizzazione camorristica
napoletana di quel periodo è l'aggressione, oltre che
all'impresa, ai comuni. Dal 1987 in poi inizia uno stillicidio
di omicidi nei confronti di sindaci, assessori, o altri
personaggi inseriti a livello istituzionale nelle realtà
locali; si tratta di omicidi che avvengono o per regolamenti
di conti interni alle organizzazioni, in cui evidentemente
ciascuna delle vittime è inserita, ovvero per il rifiuto di
qualcuna delle vittime di assoggettarsi alle imposizioni. La
realtà è che in quel periodo gli organi locali si trasformano
in gestori di spesa piuttosto che di servizi; nello stesso
tempo sappiamo che vi è stata un po' una fuga delle
professioni dalle amministrazioni locali, per cui esse non
hanno la capacità professionale per gestire la spesa...
  PRESIDENTE. Da cosa dipende questa mutata capacità di
spesa?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sicuramente mi riferisco
ai grossi arrivi di denaro che sono derivati dalla
ricostruzione post-sisma e a grosse iniziative
consentite dal finanziamento di opere locali, anche
all'esterno di questi flussi di spesa: penso a Italia '90 ma
anche a tante attività di gestione ordinaria che hanno trovato
un'espansione enorme negli ultimi anni.
   La capacità di spesa, come dicevo, è stata male
amministrata poiché non vi erano le professionalità adeguate a
tale livello di amministrazione, ed ha comportato uno
sbandamento, una fuga nell'illegalità e nell'aggiustamento
continuo, nel migliore dei casi, dell'amministrazione
pubblica; si è creato quindi un terreno facilissimo per
l'aggressione da parte delle organizzazioni criminali.
   Abbiamo visto che tanti comuni sono stati sciolti negli
ultimi anni per collegamenti con organizzazioni criminali, ma
sia prima sia dopo è proseguita un'attività di estrema
leggibilità e trasparenza
                        Pag. 1944
nei consigli comunali, cioè la moltiplicazione delle liste,
per la quale in molti comuni abbiamo assistito alla formazione
di liste autonome che si andavano in realtà ad affiancare ad
organizzazioni criminali che non erano in consonanza rispetto
alla lista principale; esse andavano quindi a rispecchiare nel
consiglio comunale gli scontri o le alleanze fra le
organizzazioni criminali di cui ciascuna delle liste era
referente e vi erano alla fine alleanze per la gestione di
grossi interessi comuni.
   Una delle principali fonti di grossa spesa che mi viene in
questo momento in mente, per rispondere al presidente
Violante, è stato il cosiddetto decreto Falcucci per
l'edilizia scolastica: ciascun comune ha avuto decine di
miliardi da investire, fra l'altro con tempi di spesa
rapidissimi, nello spazio di due o tre mesi. Quel decreto,
infatti, per costringere le amministrazioni a non trasformare
la sovvenzione in interessi passivi aveva previsto tempi
brevissimi per la compilazione dei progetti e l'approvazione
delle concessioni, il che ha dato ulteriore spazio per il
controllo delle concessioni stesse.
   In questo quadro complessivo, l'organizzazione di Carmine
Alfieri ha marcato una presenza di alta razionalità, nel senso
che, mutuando dall'organizzazione cutoliana...
  PRESIDENTE. L'Alfieri è il protagonista di questo
ingresso nei comuni, oppure no?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Nella provincia di
Napoli, sicuramente sì, insieme a Nuvoletta.
  PRESIDENTE. E a Salerno questo fenomeno non si verifica?
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Si verifica, ma non è Alfieri.
  PRESIDENTE. Chi è?
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore della Repubblica di
Salerno. Sono più i clan che ho indicato prima:
Loreto, Galasso...
  PRESIDENTE. Ho capito.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Vi è invece una regia
unica per quanto riguarda la provincia di Napoli, soprattutto
nella fascia dei comuni vesuviani, che comprende un po' la
zona centrale dell'entroterra del napoletano, con attuali
proiezioni molto forti nell'Irpinia e nel Sannio, nelle
province di Avellino e Benevento, che sono sostanzialmente
incontaminate ma che stanno vedendo grosse infiltrazioni e
grossi spostamenti di personaggi, al limite delle indagini...
  PRESIDENTE. Ci avviciniamo alla zona dell'onorevole
Mastella.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Il Sannio è abbastanza fuori,
spero!
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Dobbiamo distinguere fra
conoscenza dei fenomeni ed esistenza dei fenomeni, purtroppo.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. La conoscenza vale per tutti.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Certo; mi riferisco alla
conoscenza nostra, per carità! Stavo dicendo che il regista di
questa intera operazione è stato sicuramente Carmine Alfieri,
il quale, secondo le ipotesi accusatorie d'indagine che sono a
vostra disposizione e la richiesta di autorizzazione a
procedere che avete ricevuto, avrebbe ottenuto la protezione
di alti esponenti politici per un rapporto privilegiato con le
istituzioni locali, rapporto che gli ha consentito di dirigere
sostanzialmente l'approvvigionamento e i flussi di spesa che
derivavano
                        Pag. 1945
dal terremoto. In particolare, l'ipotesi che ci viene fatta
da questo collaborante, che per numerosissimi aspetti abbiamo
già ritenuto affidabile - nelle ipotesi specifiche di reati
molto gravi -, è quella di una strategia che prevede un primo
passaggio, con l'identificazione di un'impresa nazionale da
parte di un personaggio politico che può assicurare il
finanziamento, e un momento successivo, con il coinvolgimento
del camorrista (cioè di colui che controlla il territorio nel
quale deve avvenire l'investimento) sia nell'individuazione
delle ditte che opereranno in associazione d'impresa con la
ditta nazionale individuata sia nella gestione del subappalto.
Secondo il dichiarante, all'individuazione dell'impresa...
  PRESIDENTE. Il dichiarante è Galasso?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, in questo caso sì.
Secondo il dichiarante, all'individuazione dell'impresa da
parte del politico nazionale corrisponde una dazione di
tangente anticipata rispetto alla fase dell'esecuzione e della
stessa conclusione del contratto dei lavori.
   La gestione del subappalto è totalmente nelle mani del
camorrista, il quale usa la possibilità che gli viene
riconosciuta di scegliere le ditte del subappalto per ampliare
la propria capacità di controllo nel settore imprenditoriale,
in quanto inserisce non soltanto ditte da lui direttamente
controllate ma anche ditte con le quali ha comunque un
rapporto, o che conosce essere in situazioni economiche tali
da consentirgli quella manovra, quella marcia di inserimento e
di successivo controllo che ha descritto il collega D'Alterio.
   Alla fine dell'operazione avviene poi una complessiva
riconduzione del subappalto, e spesso anche delle ditte che
hanno operato in associazione d'impresa, sotto il controllo
del camorrista e un ritorno in voti di tutta l'operazione per
il politico che l'aveva innescata. Questo è, diciamo, lo
scenario che ci è stato tratteggiato e sul quale ovviamente
stiamo lavorando: è un'ipotesi accusatoria e le indagini sono
particolarmente complesse.
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei per un attimo
soltanto agganciarmi a quanto ha detto il collega Mancuso, per
dare un minimo di concretezza al quadro che la Commissione
parlamentare antimafia deve avere della camorra. Mi sembra che
parlando di Alfieri certamente non facciamo riferimento a
tutta la camorra, perché nella realtà napoletana esistono
gruppi criminali che operano nella città di Napoli - vi sono
colleghi che potranno approfondire questo aspetto -, che sono
cosa diversa dalla camorra che opera nella provincia. E
parliamo di alcuni clan...
  PRESIDENTE. Alfieri operava nella città o nella
provincia?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Nella provincia: nella
zona di Nola fino ad arrivare ai limiti del controllo da parte
dei clan D'Alessandro e Imparato.
  PRESIDENTE. D'Alessandro e Imparato sono a Napoli?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. A Castellamare di Stabia.
   Voglio dire che il clan camorristico - al riguardo
potremmo fare una serie di distinzioni, ma sarebbe necessario
entrare nel merito di ognuno di essi - si può imporre per due
componenti, che possono coesistere, ma anche non coesistere:
la forza militare e la forza imprenditoriale. Le due cose,
dicevo, possono coesistere. Il clan Alfieri, in
particolare, ha determinato un'indagine che riteniamo molto
grossa ed importante, perché laddove il clan
camorristico è in possesso anche di una forza imprenditoriale
troviamo collusioni - che naturalmente sono oggetto d'indagine
- fra camorra e rappresentanti dello
                        Pag. 1946
Stato, o amministratori in generale. Laddove invece prevale
la forza militare, come nel caso di alcuni clan, per
esempio Licciardi e Mallardo, o i clan metropolitani
(ovviamente da quanto risulta allo stato delle indagini, ma
non possiamo ancora affermarlo con certezza), non abbiamo
elementi tali per dire che esiste una forma di collusione fra
camorra e apparati o rappresentanti dell'amministrazione.
  ALTERO MATTEOLI. Vuole essere più chiaro?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. In sostanza, se
esaminiamo quali sono i consigli comunali sciolti (Marano,
Quarto, Casandrino, Poggiomarino), tutti appartenenti alla
provincia, vediamo che le nostre indagini o hanno accertato
condizionamenti sull'amministrazione comunale (ad esempio, per
fare in modo che una gara d'appalto fosse vinta da un
determinato clan camorristico) oppure, sempre in materia di
appalti, hanno messo in evidenza - chiaramente sarà necessario
un approfondimento di indagine, in particolare per quanto
riguarda il clan Alfieri - una forma di interferenza o di
collegamento tra camorra e amministratori, e rappresentanti
dello Stato.
   Nei clan metropolitani, tranne qualche caso, la situazione
è diversa. Il caso Masciari, ad esempio, è un episodio che si
inserisce nell'ambito di un clan metropolitano, di cui forse
non è stato possibile scoprire tutti gli aspetti, ma che ha
riguardato il voto, ma non certamente l'appalto. Al momento
non disponiamo di questo dato.
  PAOLO CABRAS. Nel caso Masciari, c'è anche una vicenda
di impresa, di appalti comunali, di imprese di trasporto?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. No, no. E' vero che vi
sono stati degli attentati in danno di imprese per la raccolta
di rifiuti solidi urbani, ma non si è potuto ...
  PRESIDENTE. Il senatore Cabras intende riferirsi ad
un'altra questione: sembrerebbe da alcune dichiarazioni che
sono pervenute alla Camera, fatte da Masciari, che ...
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Non le conosco, mi
dispiace.
  PRESIDENTE. La dichiarazione riguarda una linea di
trasporti.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. E' collegata con i mondiali?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, è una delle tante ...
   Quando si parla di camorra si ripetono alcuni nomi che
conosciamo, come quelli di Nuvoletta e Zaza; credo che debba
però essere approfondita quale sia oggi la realtà del clan
Nuvoletta, che dal 1983 fino ad oggi ha subito tutta una serie
di indagini, di condanne e di sequestri per cui - lo dice
peraltro lo stesso dichiarante - il clan Nuvoletta è ristretto
ormai nell'ambito del comune di Marano.
   Prevalgono altri clan, che forse sarà opportuno studiare e
dei quali peraltro conosciamo ben poco, perché di Alfieri
stiamo cominciando a conoscere oggi una realtà spaventosa e
così di altri clan (ho già pronunciato dei nomi che forse a
voi non dicono nulla), quali i Licciardi e i Mallardo, che
fanno capo a personaggi che, badate bene, sono scomparsi da un
momento all'altro. Chi si è reso latitante, chi si è reso
soltanto irreperibile: Licciardi non era colpito da alcun
provvedimento, ma aveva capito che, restando nell'ombra e
operando nell'ombra (peraltro a lui si addebitano decine e
decine di omicidi)... Ecco la forza militare di questi clan:
imporre con la violenza e con il sangue il loro predominio.
                        Pag. 1947
   Quindi a Napoli coesistono - forse anche in Sicilia, non
la conosco bene - queste due realtà: clan forti militarmente e
clan forti militarmente ma anche imprenditorialmente. Gli uni,
allo stato, non hanno rapporti con apparati amministrativi.
  PRESIDENTE. Il primo?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Il primo, sì. Queste cose
volevo riferire.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Una richiesta di chiarimento.
Vorrei sapere se vi è un nesso specifico all'interno delle
varie relazioni, se c'è una relazione che riguarda un rapporto
che mi pare sia stato evidenziato un po' dal dottor Gay e un
po' precedentemente al suo intervento: vorrei sapere quando
nasce o come si vincola questo rapporto sul piano politico,
essendo stato fatto riferimento a dati di natura
amministrativa. Siccome il dato che emerge maggiormente, a
parte l'imprenditorialità o meno, è il vincolo di natura
politica vorrei sapere: questo rapporto nasce soltanto col
terremoto, o nasce in altro modo, si sviluppa precedentemente?
Dove nasce questo rapporto?
  PRESIDENTE. Grazie, questo ci aiuta molto. Qualcuno dei
nostri ospiti vuole rispondere?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Intendo far riferimento
alla domanda dell'onorevole Mastella, pur non pretendendo di
fornire una risposta esauriente, nel senso che oggi
sostanzialmente la direzione distrettuale antimafia di Napoli,
nell'ambito delle indagini sulle associazioni camorristiche,
ha avviato anche indagini dirette ad accertare un ventaglio di
rapporti collusivi con pezzi delle istituzioni o più in
generale infiltrazioni delle organizzazioni camorristiche
all'interno di amministrazioni locali o addirittura di
istituzioni dello Stato.
   Vi sono diverse indagini, non tutte nate negli ultimi
mesi, sviluppatesi anche nei mesi passati, rivolte ad uno
spezzone significativo (vi faccio riferimento solo perché il
procedimento di cui parlo è quello che nasce dalle
dichiarazioni del collaborante Nunzio Perrella, già in gran
parte pubbliche, essendo contenute in ordinanze di custodia
cautelare ed essendo il materiale stato depositato al
tribunale del riesame). Si tratta di un procedimento che nel
mese passato ha portato all'emissione di 115 ordinanze di
custodia cautelare e che, per un aspetto importante, ha
riguardato i problemi del rapporto tra organizzazioni
camorristiche, alcuni esponenti politici e ceto
imprenditoriale, con una particolarità, che io ritengo
importante, attesa anche oggi una competenza vasta della
direzione distrettuale antimafia, che riguarda il problema del
rapporto fra le organizzazioni camorristiche napoletane e
quelle della provincia di Caserta ed il rapporto che, dalle
prime indagini che la direzione distrettuale antimafia sta
facendo, sembra essere un rapporto di collusione forte tra
organizzazioni camorristiche casertane e alcuni settori del
mondo politico e alcuni pezzi delle istituzioni. Questo perché
nella nostra indagine è stata accertata l'esistenza di un
rapporto stretto fra alcune organizzazioni della città di
Napoli e quella oggi vincente nel territorio casertano,
Schiavone-Bidognetti (i cosiddetti casalesi).
   Posso dare solo delle indicazioni in linea di massima ed
assai velocemente: sulla base delle dichiarazioni fatte dal
collaborante e di alcune ipotesi che attualmente sono in fase
di accertamento investigativo, credo che si possa retrodatare
all'inizio degli anni ottanta un rapporto costante nella
ricerca da parte di esponenti politici del consenso elettorale
attraverso organizzazioni camorristiche. Secondo le
dichiarazioni del nostro collaborante, nell'esperienza
specifica questo data almeno a partire dal 1983, anno in cui
coincidono elezioni politiche generali ed elezioni
amministrative della città di Napoli.
                        Pag. 1948
  PAOLO CABRAS. Dottore, ricorda quando un fratello di
Bardellino fu eletto sindaco di un comune ...
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ernesto
Bardellino, sì, infatti.
  PAOLO CABRAS. Si era negli anni ottanta?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Durante gli
anni ottanta.
  PRESIDENTE. Sono queste elezioni, quindi.
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Queste no, si
tratta delle politiche ...
  PRESIDENTE. Ma c'erano politiche ed amministrative
insieme?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Solo a Napoli,
perché in quell'anno a Napoli si svolsero le elezioni
comunali.
   Il collaborante dice che, ad esempio, c'è stata in
occasione di ogni elezione politica, costantemente la
possibilità di eleggere con i voti della camorra deputati
nazionali, consiglieri regionali, provinciali, comunali,
circoscrizionali. Questo, attraverso un duplice metodo: da un
lato quello della ricerca di un consenso elettorale attraverso
la camorra fondato sulla sua capacità intimidatrice e sulla
sua capacità di aggregare consensi; dall'altro, come sembra
accertato in questa indagine, attraverso una diretta
compravendita dei voti da parte di alcune organizzazioni
camorristiche, cioè con denaro versato in prima persona da
camorristi per comprare voti.
   In più (il senatore Cabras ricordava un caso particolare e
se ne potrebbero citare diversi altri, non solo per la
provincia casertana, ma anche per quella napoletana) vi sono
stati casi di candidature offerte direttamente a persone
pregiudicate o addirittura notoriamente camorriste. Dice il
Perrella, nel nostro caso, che fu offerta a lui una
candidatura, ma che poi, forse per ragioni di notorietà della
persona, ci si ripensò.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Questo a livello comunale o
alle politiche?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Questo a
livello comunale.
  PAOLO CABRAS. L'elezione diretta dei camorristi nei
consigli comunali è alla base della legge sullo scioglimento
delle amministrazioni.
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Infatti, ormai
è abbastanza estesa. Lo dico, è un fatto pubblico.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Da chi viene offerta la
candidatura?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. A Perrella?
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Sì.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Voleva sapere se veniva dalla
DC questa offerta!
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Come esponente
del partito liberale.
   Abbiamo altresì accertato - è un fatto che ha provocato un
certo clamore nell'ambito di questo procedimento - in
relazione ad un consigliere comunale, che è rimasto in carica
fino al giorno dell'arresto, un rapporto collusivo che a mio
avviso travalica lo stretto ambito del periodo che coincide
con la campagna elettorale o quello immediatamente seguente
                        Pag. 1949
 (quindi si tratta non soltanto di scambio voto-favore in
relazione alla campagna elettorale). Ad esempio, a Napoli si
sono avuti fenomeni di questo tipo in cui non solo veniva
distribuito materiale elettorale da parte di persone ritenute
appartenenti ad organizzazioni camorristiche, ma in cui questi
facevano firmare agli elettori che riuscivano ad avvicinare,
perché evidentemente più vicini al loro ambito familiare o di
clan, una sorta di impegnativa di voto, che veniva
sottoscritta. L'elettore, cioè, si impegnava a votare in
favore di quel determinato candidato. La cosa poi poteva
accompagnarsi magari a metodi per riuscire ad individuare
concretamente il voto dato nella cabina.
   Si è avuto anche un episodio particolarissimo in occasione
delle elezioni amministrative regionali del 1985, per le quali
è stato commissionato (ma poi non è andato in porto) un
omicidio di un candidato concorrente all'interno dello stesso
partito. Affare non andato in porto ...
  PRESIDENTE. Mi scusi, qual è il partito?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Quello
liberale. I camorristi pretesero una somma che il candidato
non fu in grado di sborsare in quella particolare occasione. I
fatti relativi a questa indagine hanno portato anche ad aprire
squarci su settori economici non tradizionali, non usuali
rispetto alla gamma dei settori economici che conosciamo. Come
direzione distrettuale antimafia, per esempio, abbiamo
evidenziato l'esistenza di un accordo criminale che abbiamo
qualificato come associazione di tipo mafioso a cui hanno
concorso a dar vita due clan camorristici, imprenditori
campani e di altre regioni d'Italia ed esponenti politici nel
settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti da varie
regioni d'Italia presso le discariche ubicate nel napoletano e
nel casertano.
   La questione rimanda ad altre più generali; in questo caso
l'accordo era finalizzato ed almeno in parte è stato raggiunto
l'obiettivo di arrivare ad una gestione e ad un controllo
quasi totale dell'attività economica che ruota attorno a tale
settore, alla creazione di una sorta di monopolio di queste
attività economiche.
   In conclusione mi sembra che l'indagine abbia evidenziato
un "peso politico" delle organizzazioni camorristiche del
casertano consolidato nel corso degli anni. I fatti sembrano
essere confortati da alcune vicende, anche abbastanza note,
che si verificarono in provincia di Caserta in occasione delle
ultime elezioni politiche del 1992, allorché furono avviate
indagini che riguardarono la capacità di attivare e assicurare
un massiccio spostamento di voti in favore di un determinato
partito politico da parte di persone del clan
Bidognetti-Schiavone.
  PRESIDENTE. Qual è il "determinato partito politico"?
  GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il partito
liberale. In quell'occasione si indagò in direzione di
riunioni, che erano state promosse ai fini della ricerca del
consenso, cui avevano partecipato in prima persona esponenti
di quel clan. Vi furono operazioni (tra l'altro pubbliche,
perché mi sembra che l'onorevole Bassolino all'epoca presentò
anche una denuncia) di interruzione del libero svolgimento di
alcuni comizi elettorali da parte di altri partiti e
addirittura un opera di presidio dei seggi elettorali nei
giorni in cui si votava.
   Questi fatti, alla luce di quelli accertati nel corso
dell'indagine, sembrano significativi della capacità collusiva
anche di queste organizzazioni della provincia di Caserta.
  PRESIDENTE. Lei ha fatto prima riferimento ad una
possibilità o capacità di controllo del voto. Avete acquisito
al riguardo tecniche o modalità di controllo? Vorrei cioè
capire come avviene il controllo, se solo mediante la minaccia
o,
                        Pag. 1950
per esempio, anche attraverso la designazione dei presidenti
o degli scrutatori e se vi sia la prova di questo.
  FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Per integrare
quanto detto sinora dai colleghi Mancuso e Narducci, ritengo
doverose due osservazioni principali. Innanzitutto indagini
recenti e dichiarazioni, rese in particolare da alcuni
collaboratori, ci stanno fornendo l'occasione di una rilettura
critica di quanto avvenuto nell'ambiente camorristico tra la
seconda metà degli anni settanta e la fine degli anni ottanta,
con particolare riferimento al tentativo o all'attuazione
pratica di infiltrazioni nel mondo imprenditoriale e di
collegamenti tra ambienti criminali organizzati e ambienti
politici.
   La circostanza che in questi ultimi anni si sia accertata
una vicinanza stretta tra ambienti criminali e ambienti
politico-imprenditoriali risale nel tempo alla seconda metà
degli anni settanta, quando questi tentativi furono attuati e
praticati da Raffaele Cutolo che rappresenta sicuramente un
punto essenziale ai fini della conoscenza del fenomeno
criminale nella Campania stessa. Risulta - ed è al vaglio
della magistratura - che Raffaele Cutolo avesse sin dalla fine
degli anni settanta intessuto rapporti con referenti politici
al fine sia di ottenere appalti sia di ottenere protezione per
sé stesso e per i propri affiliati, dando in cambio voti ed
appoggi in campagne elettorali. In particolare è risultato che
determinati gruppi politici venivano appoggiati con campagne
elettorali fatte all'interno e all'esterno delle carceri
attraverso precise direttive che arrivavano dallo stesso
Cutolo o dai suoi più vicini collaboratori. A questo fine è
sicuramente emblematica la vicenda del sequestro
dell'onorevole Cirillo sulle cui verità ancora oggi si cerca
di indagare e sulle quali probabilmente vi è ancora molto da
comprendere. Questo percorso è stato ripreso successivamente
da altre organizzazioni criminali, le quali si sono avvalse
della collaborazione o della vicinanza di ambienti politici
provenienti da vari settori dell'arco parlamentare.
   Da ultimo, per riprendere quanto detto dal collega
Narducci e sulla base di puri riscontri effettuati dalla
stessa autorità giudiziaria senza che alcun collaboratore di
giustizia abbia riferito alcunché, si è accertato che in
determinate zone - in particolare nella zona di Castellammare
di Stabia, il cui capo indiscusso dal punto di vista criminale
è oggi ancor di più Michele D'Alessandro, e nell'area di Casal
di Principe, dove impera il clan Schiavone collegato a quello
di Bidognetti - determinati gruppi politici avevano ottenuto,
in occasione delle elezioni politiche del 1992, consistenti
risultati, decuplicando addirittura i voti ricevuti in
precedenti consultazioni. Questo è stato accertato anche sulla
base di alcune denunce, non spontanee ma richieste
dall'autorità giudiziaria, di alcuni parlamentari o ex
parlamentari, alcuni dei quali hanno reso possibile
evidenziare alcuni punti importanti ai fini dell'indagine,
altri invece ben poco hanno detto al di là delle loro semplici
e personali convinzioni.
   Non abbiamo elementi per affermare che le organizzazioni
criminali condizionino il voto, così come diceva il presidente
Violante, determinando l'elezione dei presidenti o degli
scrutatori dei seggi elettorali. Certo è che l'indagine, lo
riferisco perché l'ho condotta personalmente, relativa alla
distribuzione dei voti in determinate aree riguardanti il
medesimo partito o al limite lo stesso candidato, fornisce
chiavi di lettura abbastanza evidenti; talché in determinate
zone (notoriamente sottoposte al controllo di un gruppo
criminale) se un partito che in una consultazione elettorale
ha avuto il 3 per cento in quella successiva arriva al 28 per
cento, è facile arguire che questi gruppi criminali abbiano
esercitato particolare pressione.
   Va infine osservato, come riferiva il collega Narducci
poc'anzi, che la vicinanza tra ambienti organizzati della
criminalità ed ambienti politici è talmente stretta, o secondo
i punti di vista lontana,
                        Pag. 1951
che non è facile comprendere, con particolare riferimento al
fenomeno camorristico, se sia la camorra che si avvicini alla
politica o se sia la politica che si avvicini alla camorra.
Certo è, e questo è un dato di carattere obiettivo, che si
aiutano, non dico si condizionano...
  PRESIDENTE. Si incontrano.
  FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli....si
incontrano sicuramente.
   Come dicevo, le chiavi di lettura che adesso stiamo
ripercorrendo, anzi scoprendo, anche riguardo al passato, ci
danno la possibilità di comprendere meglio l'evoluzione delle
connessioni tra la criminalità e la politica negli anni
ottanta. Senza dubbio in Campania un grosso serbatoio, se non
addirittura il principale, di queste connessioni, sono stati i
fondi del post terremoto, ma anche i mondiali di calcio del
1990 o, come ricordava il collega Mancuso, il cosiddetto
decreto Falcucci.
  PRESIDENTE. In sostanza, la spesa straordinaria.
  FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, le spese
straordinarie. La possibilità delle organizzazioni criminali
di produrre ricchezza è avvalorata dalla circostanza che
nell'ambito della criminalità organizzata è ben facile trovare
persone che risultino ufficialmente, o almeno così dichiarano,
aver riscosso cospicue somme per gioco vario, totocalcio o
lotterie nazionali. E' quindi possibile che grossi o anche
medi criminali risultino regolarmente detenere beni mobili o
immobili perché acquistati, a loro dire, con la vincita di
straordinarie cifre a lotterie o ad altri giochi pubblici.
Abbiamo la certezza che queste persone riciclano il denaro
acquistando dai reali vincitori delle lotterie i biglietti e
in questo modo reimpiegano il denaro.
   Il reimpiego del denaro in alcuni settori, per alcuni clan
o alcuni gruppi...
  PRESIDENTE. Lo riacquistano pagando il premio?
  FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Pagano anche di
più del premio: una persona che vince 100 milioni deve
impiegare anche un anno per ottenere dall'intendenza di
finanza la riscossione della somma, mentre il camorrista che
acquista anche a 110 milioni il biglietto paga nell'arco di
quindici o venti giorni. In questo modo vi è un profitto per
entrambi i soggetti: l'uno riceve una maggior somma di denaro
e in tempi molto più ristretti, l'altro ha la possibilità di
giustificare di fronte a controlli dell'autorità giudiziaria
il possesso di tale somma. Questo si verifica ormai con una
sistematicità incredibile e dà anche la possibilità a questi
soggetti di giustificare, almeno inizialmente, il loro
ingresso in attività imprenditoriali. I soggetti criminali,
interrogati su come siano stati in grado di mettere su
boutiques o di rilevare piccole e medie aziende
nell'arco di pochissimo tempo, hanno giustificato l'acquisita
liquidità con le cosiddette vincite al gioco del lotto. E'
accaduto che alcune volte costoro abbiano anche acquistato
biglietti di lotterie nazionali, per una cifra di mezzo
miliardo o addirittura di un miliardo.
   Questo è uno dei meccanismi attraverso i quali la
criminalità si inserisce nel tessuto economico ed in quello
produttivo. Ciò non sempre porta alla totale estromissione:
recenti indagini condotte nell'area di Castellamare di Stabia
e relative al clan D'Alessandro hanno dimostrato come alcuni
soggetti appartenenti a tale clan avessero avuto la
possibilità di inserirsi, direttamente od indirettamente, in
alcune aziende, conservandone il nome di origine ma
modificandone sostanzialmente i capitali e, quindi, le
direzioni commerciali.
  PRESIDENTE. Ci ha fornito un quadro di grande interesse,
dottor Zuccarelli.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di
                        Pag. 1952
Napoli. L'intervento che mi accingo a svolgere, che nei
miei programmi dovrebbe essere breve, non pretende di essere
organico ma sarà piuttosto frammentario, così come del resto è
a mio avviso frammentaria la natura della camorra, nonostante
i continui tentativi di unificazione o, quanto meno, di
federazione. Vi sono infatti alleanze che si creano e si
rovesciano continuamente. Credo potrebbe risultare utile - io,
per lo meno, ho scelto questo tipo di approccio - passare
rapidamente in esame il fenomeno camorra con riferimento a tre
quartieri di Napoli (parlerò quindi di camorra urbana), per
trarre qualche spunto e per svolgere alcune considerazioni.
Ripeto: cercherò di essere rapido e sintetico.
   Il quartiere al quale vorrei fare riferimento prima degli
altri è Forcella. Del resto, il motivo mi sembra ovvio ove si
consideri che ogni giorno noi abbiamo sotto gli occhi tale
quartiere. In pratica, Forcella si trova a 15 metri (qualcuno
mi ha indicato in un appunto che si tratta per la precisione
di 15 metri e mezzo) di distanza dal portone del tribunale di
Napoli e quindi sappiamo perfettamente quello che vi accade.
Come giustamente è stato detto in precedenza, una cosa è
sapere che alcune cose accadono, altro è avere le prove.
Abbiamo anche l'impressione che spesso lo stesso tribunale sia
presidiato da persone di Forcella. Se qualcuno si scandalizza
di questo, noi non ci scandalizziamo più, perché non ci si può
scandalizzare tutti i giorni per 24 ore al giorno: la
situazione è questa! La condizione logistica del tribunale di
Napoli va quindi considerata anche sotto questo aspetto.
   E' noto - credo lo sia anche per i non napoletani - che a
Forcella domina la famiglia camorrista dei Giuliano. I
Giuliano, a differenza delle altre famiglie camorriste, in
questo momento (per una serie di motivi, probabilmente per
mera fatalità) sono stati alquanto risparmiati da
provvedimenti cautelari e restrittivi. Con questo intendo dire
che nell'attuale fase il clan Giuliano non annovera molti
detenuti. Quello che attualmente può essere considerato il
capo, Ciro Giuliano, è latitante ed è stato colpito, se non
ricordo male, da un paio di ordinanze di custodia cautelare,
una delle quali riguarda sicuramente gravi fatti di droga (ne
ho la certezza perché conosco direttamente la vicenda). Un
altro personaggio di spicco del clan, Luigi Giuliano nato nel
1949 (specifico la data di nascita perché purtroppo nella
famiglia Giuliano molte persone, mi riferisco in particolare a
quelli che sono cugini tra di loro, hanno gli stessi nomi), è
in declino ed è al soggiorno obbligato in Molise...
  LUIGI BISCARDI. E' a Palata.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della Direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, a Palata.
   Nonostante la situazione potrebbe far pensare ad un clan
decapitato, quello dei Giuliano è vivo e vegeto ed opera quasi
sotto gli occhi di tutti, anche se ha dovuto subire un
ridimensionamento della propria zona di influenza ed ha perso
una parte del proprio territorio. Tuttavia, in quello che è
rimasto il territorio dei Giuliano, sostanzialmente la
cosiddetta casbah di Forcella, il clan fa un po' quello
che vuole. I giornali hanno riportato un episodio accaduto non
tanto tempo fa. I Giuliano si stavano fortificando, nel senso
letterale della parola, cioè stavano creando bunker,
rafforzando le proprie abitazioni, installando vetri
antiproiettile, sistemando luci per avere un'illuminazione a
giorno di pezzi di strada di Forcella, impiantando telecamere
e così via. Ciò è ovvio perché essi si aspettavano, di lì a
poco, la reazione degli avversari. Sto parlando di un episodio
che risale al 1991 e si suppone che a quell'epoca gli
avversari fossero gli appartenenti al clan Licciardi.
   Un ulteriore episodio dimostra il tipo di controllo
esercitato sul territorio da queste associazioni (mi riferisco
sempre ai Giuliano). Si è detto, l'ha detto - come direbbe
qualcuno - una collaborante, una collaboratrice di giustizia,
che alcuni
                        Pag. 1953
ospedali napoletani sono sotto il diretto controllo dei clan
camorristici. E' facile intuirne la ragione. Nell'ospedale,
infatti, possono essere ricoverate persone ferite a seguito di
conflitti a fuoco: è quindi importante che la persona finisca
nell'ospedale giusto perché, se finisce nell'ospedale di
pertinenza di altre organizzazioni camorristiche, corre
parecchi rischi.
  CLEMENTE MASTELLA. So per esperienza che la camorra
chiede il pedaggio per il trasporto di persone che muoiono a
Napoli, al Cardarelli o in altre strutture.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, ma si tratta di un
fenomeno diverso. Io mi stavo riferendo al controllo diretto
in funzione di autogaranzia. Per esempio, nella zona di
competenza dei Giuliano è situato l'ospedale Ascalesi. Qualche
anno fa in questo ospedale fu ricoverato e morì - non ricordo
se vi giunse già cadavere - un appartenente alla famiglia
Giuliano. Ebbene, i Giuliano se lo sono andati a riprendere,
nessuno gli ha opposto resistenza, e se lo sono portati a casa
per tributargli i dovuti onori, non sappiamo se civili o
militari...
   Un altro importantissimo ospedale napoletano, il
Pellegrini vecchio nella zona di Pignasecca, si dice sia sotto
il controllo di un altro clan importantissimo, quello dei
Mariano.
   Passo ora rapidamente a parlare della situazione dei
cosiddetti Quartieri spagnoli, zona centralissima anche
questa. Chi conosce un po' Napoli sa infatti che tale
quartiere si trova a ridosso di via Toledo e di via Roma;
tutti sanno che fino a qualche tempo fa nei Quartieri spagnoli
erano padroni (senza peraltro incontrare ostacoli) i Mariano.
Da un certo momento in poi si è verificata una scissione, si è
creato il cosiddetto gruppo degli scissionisti e vi è stata
una violentissima guerra punteggiata da numerosissimi morti.
Peraltro, sembra che ad un certo punto la frattura si sia
ricomposta.
   A proposito dei Mariano, ho già detto del controllo
esercitato sull'ospedale Pellegrini. Un collaboratore di
giustizia ci ha detto che il controllo non si limita a questo
ma si estenderebbe addirittura ad alcuni alberghi. Si
tratterebbe di alberghi nei quali certe persone possono
recarsi senza essere registrate; vi sono inoltre alberghi che,
per il solo fatto di essere soggetti al controllo di un certo
clan, possono o debbono ospitare determinate manifestazioni,
anche politiche ed elettorali, di soggetti che evidentemente
sono vicini a quel clan o da esso si aspettano voti.
   Sempre in maniera molto frammentaria e continuando a
parlare dei Mariano, vorrei affrontare un altro argomento che
considero molto importante, quello della funzione o, meglio,
della funzionalità del carcere.
  PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha anticipato che avrebbe
parlato di tre quartieri di Napoli. Fino a questo momento ha
fatto riferimento a Forcella ed ai Quartieri spagnoli. Qual è
il terzo quartiere del quale intende parlarci?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Parlerò in seguito della
cosiddetta area flegrea, ribadendo che nel mio intervento non
vi è un grande ordine espositivo.
   Si parla di strumenti di contrasto della criminalità.
Sotto questo profilo, mi pare evidente che si debba affrontare
ancora una volta (oppure una volta per tutte, ma purtroppo
ancora una volta) il discorso del carcere. Per quanto riguarda
la situazione in Campania e specificamente a Napoli, proporrò
due esempi, il primo sicuramente positivo, il secondo -
purtroppo - certamente negativo. L'esempio positivo è legato
alla figura di Mariano. Circa un anno e mezzo, due anni fa, è
stato possibile, nel carcere di Poggioreale, intercettare per
alcuni mesi (ovviamente con regolare autorizzazione del GIP) i
colloqui che Ciro Mariano ed altri appartenenti al suo clan
hanno avuto con i loro familiari. L'intercettazione è stata
molto importante: abbiamo sentito camorristi
                        Pag. 1954
 parlare in prima persona dei loro affari e ciò è stato molto
significativo. A tale riguardo, ho fatto questa riflessione,
anche se abbastanza ovvia: quanto più alto è il grado nella
scala sociale camorristica, tanto più la persona parla di
soldi, di affari e tanto meno parla di delitti. Ciro Mariano
parlava prevalentemente dell'aspetto finanziario dell'attività
illecita svolta dal suo clan: si riferiva a crediti,
investimenti, società da costituire e così via. Il fatto che
per alcuni mesi si sia potuta svolgere quest'attività di
intercettazione è senza dubbio positivo perché dimostra che in
quel caso la struttura carceraria era sana o, perlomeno, erano
state ben selezionate le persone che operavano all'interno del
carcere. La notizia non è trapelata e questi colloqui sono
stati ben intercettati; del resto, si tratta di colloqui tra
persone che, appare evidente, non sanno e non immaginano di
essere intercettate, tanto che, quando se ne sono rese conto,
hanno reagito piuttosto male, in maniera anche scomposta (vi
lascio immaginare!).
   Quanto all'episodio negativo, lo citerò introducendo in
qualche maniera il discorso sulla zona flegrea. Si tratta di
un episodio che, pur negativo, mi ha indotto comunque a
considerare che non tutto il male viene per nuocere. Una
persona che successivamente è diventata collaboratore,
Buonocore Antonio, ha rischiato di essere strangolato nel
carcere di Poggioreale. Dicevo che non tutto il male viene per
nuocere perché, una volta che Buonocore si è reso conto che
coloro i quali lo stavano strangolando erano i suoi stessi
compagni (o quasi), ha deciso di pentirsi e di iniziare la sua
opera di collaborazione. Ovviamente, è molto grave che possa
accadere un episodio del genere. E' altrettanto grave che vi
siano alcuni agenti di polizia penitenziaria i quali, nello
stesso processo del Buonocore, siano imputati (siamo ormai
nella fase dell'udienza preliminare) per aver introdotto in
carcere sostanze stupefacenti e per aver falsificato alcuni
registri, laddove tale falsificazione era funzionale allo
spostamento di un detenuto da una cella all'altra e lo
spostamento, a sua volta, era funzionale alla preparazione
dell'omicidio del Buonocore. Si tratta indubbiamente di un
aspetto allarmante. Purtroppo, non è l'unico...
  PRESIDENTE. A che epoca risale l'episodio?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Al febbraio 1992.
  PRESIDENTE. Quindi, si tratta di un fatto recente.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì. Le intercettazioni
dei colloqui dei Mariano in carcere dovrebbero risalire ad
un'epoca appena precedente: pertanto, vi è una sostanziale
contemporaneità.
   In Campania ed a Napoli in particolare, a me sembra che la
situazione carceraria sia piuttosto malmessa. Vi è una grande
tensione: quello che sta succedendo o, per meglio dire, quello
che è successo (e che forse, purtroppo, continua ad accadere)
nell'altro grande carcere napoletano, quello di Secondigliano,
è a mio avviso abbastanza significativo. Si parla - e forse
con qualche fondamento - di gravi violenze ai detenuti
perpetrate da parte degli agenti di polizia penitenziaria. Si
tratta di tutt'altro che di una manifestazione di forza da
parte dello Stato: è invece sicuramente un'ammissione di
debolezza oltre a rappresentare il segno dell'introduzione
all'interno del carcere di metodi di sopraffazione che
ovviamente non hanno nulla di legale. E non voglio nemmeno
affrontare il discorso del trattamento risocializzante o di
altre cose di questo genere!
   Per quanto riguarda la zona flegrea, potremmo far
riferimento a Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Bagnoli ed
all'immediato litorale domizio. Tale area è caratterizzata (o,
per lo meno, era caratterizzata, trattandosi di dati che
risalgono a qualche mese fa) dalla presenza di numerosi
                        Pag. 1955
 clan, dei quali non darò una specifica elencazione
nominativa perché servirebbe a poco. Vorrei piuttosto far
rilevare che vi è un meccanismo che sembra ripetersi quasi
costantemente, che porta a volte (ho detto prima che non tutto
il male viene per nuocere) al cosiddetto pentimento di
determinate persone. Il meccanismo è il seguente: esiste un
clan che ad un certo punto si spacca, cioè da un clan se ne
creano due (ho parlato in precedenza dei Mariano che hanno
subito una scissione). Ciò accade anche nella zona flegrea. Vi
era un unico clan composto dai Puccinelli e dai fratelli
Perrella (di uno dei quali, Nunzio, ha parlato prima il
collega Narducci) che a un certo punto si è spaccato, per cui
alcuni sono andati in una certa direzione ed altri in una
diversa. Nel momento in cui il clan si deve ricomporre, viene
chiesta, da un lato, la testa di uno (e questa testa viene
regolarmente consegnata perché la persona viene uccisa) e,
dall'altro, la testa dell'altro. Nel caso di specie, l'altro
era il Buonocore, il quale è riuscito a sottrarsi all'atto di
violenza ed ha iniziato a collaborare.
   Nell'ambito dell'indagine sui clan della zona flegrea, in
particolare quelli dei Puccinelli e dei Perrella, è emersa una
interessante ramificazione dei contatti di queste
organizzazioni criminali napoletane con altre organizzazioni
operanti in altre città d'Italia, precisamente con
organizzazioni operanti qui a Roma, per altro composte da
elementi napoletani trapiantati a Roma, i fratelli Senese. Poi
è emerso un contatto operativo tra quest'organizzazione della
zona flegrea ed un'altra attiva a Milano, sempre animata da
elementi napoletani trapiantati lì e a loro volta forse in
contatto con altri della 'ndrangheta. Il tutto era finalizzato
al traffico di sostanze stupefacenti.
   Conclusa questa parte esposta con estrema sintesi e senza
alcune pretesa di organicità, vorrei far riferimento a due
problemi che giudico importanti, il primo dei quali riguarda
l'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992. Ci
siamo più volte posti il problema se per i beni sequestrati,
secondo il dettato di tale norma, sia possibile nominare un
amministratore. Ciò non è detto esplicitamente e forse il
legislatore non ha preso sufficientemente in considerazione il
fatto che possono cadere sotto sequestro non soltanto cose o
l'appartamento del camorrista ma anche aziende. A me e al
collega Zuccarelli è capitato un caso...
  PRESIDENTE. Le disposizioni che valgono per le misure di
prevenzione non sono estensibili?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Non siamo tutti d'accordo
su questo; per la verità abbiamo discusso ma non siamo
arrivati ad una conclusione.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Non è neppure pacifico se
debba applicare tali disposizioni il GIP o il PM.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Forse un intervento
chiarificatore da parte del legislatore sarebbe utile.
   Come dicevo, il collega Zuccarelli ed io ci siamo trovati
di fronte a un caso abbastanza strano, forse ridicolo: sono
stati sequestrati ad alcuni camorristi dei cavalli da corsa
...
  PRESIDENTE. Li portavate in tribunale?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Quasi, perché questi
cavalli dovevano pur essere mantenuti, comportavano delle
spese.
   L'altro problema riguarda il recente decreto che ha
spostato la competenza del tribunale di sorveglianza per la
concessione dei benefici nel luogo dove risiede il giudice
dell'esecuzione. Secondo me tale norma crea qualche problema
perché non mi pare opportuno che per determinati soggetti,
cioè quelli condannati per
                        Pag. 1956
fatti di criminalità organizzata, sia chiamato a pronunciarsi
il giudice del tribunale di sorveglianza del luogo dove i
fatti sono stati commessi e dove probabilmente la persona
interessata potrebbe conservare appoggi, agganci,
ramificazioni.
  PRESIDENTE. Sa qual è la ratio di tale norma?
L'abbiamo chiesta noi come Commissione antimafia.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Me lo chiedo.
  PRESIDENTE. Perché abbiamo constatato che molti
condannati per reati di mafia solevano scegliere via via
carceri fino ad arrivare ai due o tre "giusti", quelli dove
c'è un'attenuata sensibilità a questo tipo di problemi. In
quel carcere presentavano la domanda che poi veniva accolta.
Questo è stato il problema da risolvere. A volte accade anche
che il detenuto, come voi sapete, si faccia denunciare come
autore di un reato in un certo luogo proprio per andare lì e
presentare la domanda non appena arriva. Quindi c'era un
problema di scelta del giudice da parte del detenuto.
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Mi rendo conto, però
vorrei anche che ci si rendesse conto che chiedere al
tribunale di sorveglianza di Napoli di prendere una decisione
sfavorevole ad un grosso boss camorrista, che in tale città ha
operato, mantiene legami ed è ancora potente, ovviamente è
qualcosa che può metterlo, diciamo, in imbarazzo. Chiedo una
riflessione su questo punto.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei
riprendere il problema relativo all'infiltrazione della
criminalità organizzata nelle amministrazioni locali ed in
particolare in alcuni comuni che so essere stati già oggetto
di indagine da parte di questa Commissione (mi riferisco alla
provincia di Caserta). Poiché sono risultati evidenti
condizionamenti della criminalità organizzata in alcune
amministrazioni comunali nella provincia di Caserta,
naturalmente tali fatti sono venuti all'esame della direzione
distrettuale di Napoli, essendo connessi con la criminalità
organizzata (ecco il motivo per cui ce ne occupiamo).
   I collegi ispettivi nominati dal prefetto della provincia
di Caserta hanno evidenziato una serie di fatti estremamente
inquietanti.
  PRESIDENTE. Parla delle ispezioni per gli accessi o
degli amministratori straordinari?
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Parlo del
collegio degli ispettori nominati dal prefetto ai sensi della
legge n. 203 del 1991. Come dicevo, l'ispezione ha evidenziato
una situazione veramente inquietante per numerosi comuni della
provincia di Caserta. In sostanza all'esito dell'accertamento
è emerso un sistema di illegalità diffusa nella gestione della
cosa pubblica e, soprattutto, in quella degli appalti
pubblici.
   Ciò che è più grave, però, è che non si tratta in questo
caso, almeno fino all'esito delle indagini sino ad ora svolte
(le indagini sono ancora in corso e non posso fornire
spiegazioni più dettagliate), di attività di intimidazione o
condizionamento esterne ai gruppi criminali organizzati che
operano sul territorio, sulle pubbliche amministrazioni; bensì
si tratta di collusioni con pubblici amministratori che hanno
determinato un sistema di gestione di monopolio degli appalti
pubblici finalizzato al perseguimento dei fini che sono e
dell'associazione criminale e dei pubblici amministratori che
li favoriscono.
   In sostanza, come avviene l'infiltrazione? Un metodo passa
attraverso la nomina diretta o la candidatura diretta di
persone già appartenenti all'organizzazione
                        Pag. 1957
 criminale. L'indagine alla quale mi riferisco, invece, ha
evidenziato un altro tipo d'infiltrazione, cioè la scelta da
parte del gruppo criminale che opera sul territorio di precisi
referenti all'interno dell'amministrazione. Tali referenti
(uno, due o tre, non so, dipende dai vari comuni) garantiscono
all'associazione criminale di perseguire i propri fini
connessi naturalmente alla gestione degli appalti (mi
riferisco in particolare a quelli della nettezza urbana
soggetti a maggiore aggressione da parte della criminalità
organizzata).
   Quella che ho descritto è la situazione apparsa nel
casertano all'esito dell'indagine eseguita dal collegio degli
ispettori; ci siamo cioè trovati di fronte ad
un'amministrazione pubblica che operava al suo interno a
beneficio di società ed imprese notoriamente facenti capo ai
gruppi criminali. Sembra che tale sistema sia stato realizzato
con maggiore facilità in alcuni comuni per la ragione che in
essi vi era una forza politica predominante, che aveva la
maggioranza assoluta e che quindi già gestiva il potere in
maniera autonoma. Oltre a ciò, un'opposizione inesistente o
comunque inadeguata ad osteggiare determinate tendenze e
comportamenti ha consentito in maniera facile la realizzazione
ed il perseguimento di questi fini, i quali non sono
esattamente coincidenti ma che comunque sono personali.
   Come avviene la gestione sugli appalti? Dovrei dilungarmi
nei dettagli e spiegare come si riesca a controllare la gara
attraverso l'accordo preventivo o le intimidazioni dei
concorrenti; vari sono i modi per controllare gli appalti
pubblici. Ma quello che mi interessa rilevare in questa sede è
che la particolarità di tale indagine ha il suo oggetto
nell'individuazione di società ed imprese già inquisiste. Mi
spiego: tali società non erano sconosciute, la pubblica
amministrazione non può avere come scusante quella di non
avere la conoscenza della provenienza dei titolari effettivi
delle società perché esistevano provvedimenti di carattere
giudiziario a carico dei titolari effettivi delle stesse.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. ... è un problema della
certificazione antimafia.
  PRESIDENTE. La dottoressa De Simone fa riferimento ai
titolari effettivi.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sto parlando
dei titolari effettivi ma vorrei sottolineare quanto si
verificava in rapporto al certificato antimafia. Poiché tali
società avevano come amministratori terze persone non
inquisite e non sottoposte a procedimento di prevenzione,
disponevano naturalmente di una certificazione antimafia
"pulita"; dunque, l'amministrazione poteva tranquillamente
contrarre con esse senza alcuna limitazione. Il problema sta
nel fatto che le società oggi, quelle gestite e controllate
dalla criminalità organizzata, non hanno mai come
amministra-tori ...
  PRESIDENTE. Si sono ormai adeguate.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' chiaro che
l'amministratore è sempre una terza persona ed è chiaro che
non troviamo neanche nelle partecipazioni societarie il nome
dell'inquisito, che non compare mai.
   Pensare di poter ottenere un controllo attraverso una
certificazione antimafia che tenga conto solo della persona è
assolutamente inadeguato al sistema che oggi viene normalmente
utilizzato dall'imprenditoria camorristica.
   Devo dire però che la legge n. 203 del 1991 ha introdotto
una modifica significativa alla carenza normativa della legge
n. 575, consentendo alla pubblica amministrazione di contrarre
con la persona o la società sottoposta a misura di
prevenzione;
                        Pag. 1958
 in tale circostanza però è necessario dare comunicazione al
giudice che sta procedendo o, nel caso di prevenzione, a
quello delegato per la procedura.
   Questo già potrebbe essere un sistema per tamponare la
situazione assurda che si viene a creare nei confronti della
pubblica amministrazione, che si ritiene a posto solo perché
la società esibisce una certificazione antimafia. Ciò però
nella sostanza non avviene perché, ripeto, solo la pendenza di
un procedimento di prevenzione è causa di sospensione e dunque
di impedimento da parte della pubblica amministrazione a
stipulare contratti, non la pendenza di un procedimento
penale. In questo caso si dovrebbe istituire un sistema di
diffusione della notizia attraverso la questura o il CED, in
modo che le prefetture siano poste a conoscenza dell'esistenza
di provvedimenti di sequestro a carico di alcune società. Dico
società perché tuttora al mio ufficio pervengono continuamente
richieste da parte della prefettura per sapere se esista a
carico di una società la pendenza di un procedimento di
prevenzione, se vi sia stata una proposta di sequestro e se
addirittura sia stato già disposto un sequestro da parte del
tribunale perché la certificazione antimafia per quelle
società risulta assolutamente nulla.
   Evidentemente non vi è coordinamento tra prefetture e
questure e all'interno allo stesso tribunale il quale non
comunica alla questura, che a sua volta inserisce nel centro
elaborazione i dati e li trasmette a tutte le prefetture, la
notizia importante che una società (non solo il suo
amministratore) è sottoposta a procedimento di prevenzione,
cioè a sequestro. Un coordinamento in tal senso potrebbe
bloccare l'attività pubblica di quella società.
   La situazione relativa ai comuni del casertano che ho
prima descritto oltre ad evidenziare l'inadeguatezza della
normativa antimafia proprio con riferimento alla
certificazione antimafia, ha rivelato l'inadeguatezza
dell'amministrazione giudiziaria, così come è disposta dal
tribunale della prevenzione per le società sottoposte a
sequestro. Per essere più chiara dirò che le società
beneficiarie degli appalti pubblici, nei comuni di cui ho
detto, erano sottoposte a procedimento di prevenzione e,
dunque, avevano amministratori giudiziari nominati dal
tribunale. Tutto questo non ha comunque impedito alle società
di operare con gli stessi metodi con cui operavano prima. Le
indagini in corso hanno dimostrato che l'amministrazione
giudiziaria non serve ad altro se non ad un controllo formale
della gestione della società. In sostanza, queste imprese
hanno continuato ad agire così come agivano prima; hanno
continuato a controllare e monopolizzare gli appalti pubblici
della zona e ad intrattenere rapporti con le amministrazioni
del luogo.
   Il mio obiettivo era dunque quello di sottolineare questi
due aspetti che sono emersi all'esito di quell'indagine e che
rappresentano il frutto dell'esperienza dell'amministrazione
giudiziaria e del controllo della società in quanto tali e non
soltanto a livello di persone.
   Desidero poi fare un breve cenno alla questione del
soggiorno obbligato, visto che di recente sono sorte numerose
polemiche in riferimento al caso di Anna Mazza che è stata
trasferita al soggiorno obbligato a Codogné...
  ERMINIO ENZO BOSO. In provincia di Treviso.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ho seguito
personalmente la vicenda e, come procura di Napoli, ho
espresso parere negativo per la revoca del provvedimento del
tribunale. Vorrei motivare ed anche...
  ERMINIO ENZO BOSO. Sono io il colpevole...
  PRESIDENTE. Desidero informare la dottoressa che il
senatore Boso si sta battendo con particolare impegno...
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale
                        Pag. 1959
 antimafia di Napoli. Me l'ha già detto. (Interruzione
del senatore Boso).
  PRESIDENTE. Da qualche parte devono andare
(Interruzione del senatore Boso). Senatore Boso, lei ha
già espresso il suo pensiero con grande incisività. Come vede,
dottoressa, è un tema che fa discutere.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Per ben
comprendere il problema e la polemica che si è oggi creata per
il caso di Anna Mazza è necessario risalire al 1991 e cioè al
momento in cui il Parlamento ed il Governo, o comunque la
classe politica, hanno voluto restringere sempre di più la
possibilità di trasferire in comuni diversi da quelli di
residenza le persone che noi consideriamo pericolose, cioè
quelle indiziate di appartenenza ad associazioni
camorristiche.
   Si è iniziato per gradi: prima sono stati stilati elenchi
di comuni, poi si è abolito l'obbligo di soggiorno in comuni
diversi, lasciando fermo il divieto di soggiorno, poi si è
arrivati all'obbligo di soggiorno nel comune di residenza
salvo casi eccezionali; da ultimo, si è giunti alla nuova
normativa - cioè alla legge n. 356 - che ha disposto l'obbligo
di soggiorno per tutti nel comune di residenza;
contemporaneamente, però, ha introdotto una norma di
"salvezza" riguardante il caso eccezionale per il quale il
tribunale può disporre il trasferimento in comune diverso
della persona particolarmente pericolosa; ha inoltre
attribuito al questore il compito di individuare la località
idonea.
   Di fronte al problema del soggiorno obbligato, a mio
avviso, occorre prendere una decisione chiara. Non possiamo,
infatti, continuare ad andare avanti nel tentativo di
riportare i camorristi a casa loro. O meglio: possiamo farlo
ma bisogna dire chiaramente con una legge che non possiamo
trasferirli fuori. E' certo comunque, che non si può
continuare a sostenere che è possibile trasferirli fuori e poi
sollecitare sommosse popolari per non trattenerli nei luoghi
in cui sono stati trasferiti, aggiungendo poi che esportiamo
la camorra o la criminalità organizzata all'estero. Può darsi
anche che questo sia vero...
  PRESIDENTE. Questo è un caso all'interno. Poi c'è anche
il caso all'estero...
  ALBERTO ROBOL. Il senatore Boso l'ha intimidita.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. "All'estero"
nel senso di "al di fuori di certe zone". E' già l'estero!
   Soprattutto lo scorso anno, noi siamo stati oggetto di
numerosissime polemiche e pressioni da parte dei sindaci, dei
prefetti e del Ministero che in sostanza volevano a tutti i
costi che ci tenessimo i nostri camorristi. Noi possiamo anche
farlo, ma non possiamo certo dire che così attuiamo la
prevenzione. In altri termini, se vogliamo veramente applicare
la legge, dobbiamo anche valutare la pericolosità della
persona e - se la legge ci consente di farlo - per una Anna
Mazza dobbiamo disporre il trasferimento altrove.
  PRESIDENTE. Dottoressa De Simone, mi scusi se la
interrompo, ma se i parlamentari ritengono che una norma sia
sbagliata, hanno lo strumento per modificarla. Non è perciò un
problema che riguarda voi ma i parlamentari.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' vero che non
è un problema che riguarda noi, ma loro cercano di fare
pressioni su provvedimenti giudiziari.
  PRESIDENTE. Quello che voglio dire è che una giusta
difesa...
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale
                        Pag. 1960
 antimafia di Napoli. Chiedo scusa, ma c'è una norma che è
stata inserita ad hoc e cioè quella della revoca per
motivi di ordine pubblico. Tale norma è stata sempre
strumentalizzata nel senso che si creano sommosse popolari e
manifestazioni ed a farlo sono le stesse autorità politiche e
locali...
  ERMINIO ENZO BOSO. Certo!
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Mi conferma che
è così. E poi ci chiedono di intervenire per risolvere un
problema di ordine pubblico che loro stessi hanno determinato.
Così non c'è coerenza.
  PRESIDENTE. La situazione ci è assolutamente chiara.
Voglio dire, però, che la responsabilità a questo punto è
unicamente nelle mani del Parlamento che, se ritiene che una
norma sia sbagliata, ha da proporre una legge che la
modifichi. Voi applicate la legge e probabilmente fate bene.
Non c'è altro da aggiungere.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Dovrà comunque
assumersi la responsabilità di tenere Luigi Giuliano a
Forcella.
  PRESIDENTE. Di questo discuteremo in Parlamento quando
qualcuno presenterà una proposta di legge adeguata. E lo dico
anche per difendere l'autonomia della vostra decisione, perché
altrimenti non ce la fate più.
  LUIGI BISCARDI. A Codogné no e a Palata sì!
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Desidero introdurre un
argomento che non riguarda la ricostruzione del quadro della
criminalità e che di fatto rappresenta una richiesta.
   La situazione della procura della Repubblica di Napoli -
ed ovviamente anche della direzione distrettuale antimafia che
ne è parte organica - credo si collochi ben oltre i limiti
della decenza. L'abbiamo segnalato in ogni sede ed ultimamente
anche alla Commissione parlamentare antimafia con una lettera
assai articolata, se non erro del gennaio di quest'anno.
   La situazione si è ulteriormente aggravata a seguito di
due fenomeni concomitanti: da un lato, l'apertura di numerose
indagini che riguardano personaggi politici di primissimo
piano, che ovviamente richiedono tempi assai celeri ed il
massimo di attenzione e per i quali il Consiglio superiore
della magistratura ha tracciato, con propria circolare, dei
"corridoi" di precedenza; dall'altro, lo stato di dissesto
finalmente dichiarato dal comune di Napoli, che però era
latente da anni. Tutto questo ha comportato per la procura
della Repubblica di Napoli, che già versava in condizioni
disastrose, una situazione assolutamente esplosiva. La
mancanza di magistrati, di personale ausiliario, di computer,
di macchine blindate - preciso che la situazione della
sicurezza è assolutamente agghiacciante - di strutture
logistiche hanno portato la procura oltre i limiti del
collasso.
   Abbiamo ottenuto un incontro con il ministro di grazia e
giustizia per il 12 di questo mese e contiamo di fargli
presente che in queste condizioni la situazione è
assolutamente ingovernabile. Ritengo che sia necessario
chiedere alla Commissione di sollecitare, di esercitare - se
così si può dire - sul ministro una pressione ai fini della
soluzione di problemi che è davvero difficile affrontare. Tra
l'altro, desidero far presente che la meccanica della legge di
spesa comporta che tutte le spese necessarie per gli uffici
giudiziari siano affrontate dal comune con una voce che
prevede dei rimborsi - anche se non di questo formalmente si
tratta, il recupero della spesa è comunque pari al 99 per
cento - da parte del Ministero di grazia e giustizia. Oggi il
comune di Napoli non può affrontare neppure momentaneamente
questa spesa. E' quindi necessario che in qualche maniera il
                        Pag. 1961
Ministero si faccia carico direttamente ed in prima persona
della soluzione di questi problemi che, peraltro, già gli
competono ma che non possono essere affrontati sulla base del
criterio un po' farraginoso della legge di spesa.
   Ritengo, pertanto, che il previsto incontro del 12 possa
rappresentare un momento proficuo in cui la Commissione
antimafia - se lo ritiene - potrà spendere un suo intervento
per la soluzione di tali problemi.
  PRESIDENTE. Desidero dire al dottor Mancuso che non solo
abbiamo tempestivamente fatto presente al ministro della
giustizia questa situazione, ma che - e mi rivolgo anche ai
colleghi - dopo essermi consultato con il vicepresidente
Cabras, ho scritto al Presidente Ciampi segnalandogli quali
erano le questioni di maggiore rilevanza che avrebbero potuto
essere introdotte nel programma di Governo sul terreno della
lotta alla mafia, sulla base di quanto è emerso dai lavori
della Commissione. Tra questi, ho specificamente indicato la
situazione degli uffici giudiziari di Napoli che ci era stata
già segnalata.
   Prima di dare la parola ai colleghi che intendono porre
delle domande, desidero chiedere - poiché i magistrati di
Napoli hanno fornito un quadro chiaro non solo della struttura
ma anche delle connessioni della camorra - se esistono dati
analoghi per la provincia di Salerno. Il dottor Greco ci ha
fornito un quadro, sia pure sintetico, della struttura: vorrei
sapere se esiste un problema di connessioni anche nel
distretto di Salerno.
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Le connessioni sono solamente
adombrate. Non c'è ancora la possibilità - ed è per questo che
ho parlato prima di "approfondimenti" - di definirle. Inoltre,
determinati clan che operavano nel salernitano sono stati al
momento imbrigliati nella parte predominante. Esistono
tuttavia ancora dei tronconi. Oltre ai clan imbrigliati dei
Maiale, dei De Feo, dei Nocera, dei Loreto Matrone e dei
Galasso, ce ne sono altri non ben definiti e la nostra
azione...
  PRESIDENTE. Mi scusi, ma ci sono comuni disciolti per
mafia?
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Sì, l'ho detto prima: tre
comuni.
  PRESIDENTE. Quindi, un rapporto ci deve essere.
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Vi sono ragioni di sospetto.
  PRESIDENTE. La procura cosa sta facendo?
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Sta indagando.
  PRESIDENTE. Su questi comuni?
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Sì, sulla base anche delle
relazioni del prefetto. Ho detto prima che il procuratore
aggiunto si sta occupando specificamente di questi argomenti
con riferimento sia a Nocera ed a Pagani sia a Scafati, sul
quale le indagini sono affidate anche ad un'altra collega che
opera congiuntamente. A tutt'oggi sono state già avanzate
delle richieste al GIP.
  PRESIDENTE. Nel rapporto con l'imprenditoria il
meccanismo è lo stesso di quello che è stato spiegato per
Napoli?
  ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Sì, certamente ma non in
maniera evidente. Per il passato abbiamo avuto questi
rapporti, in particolare con riferimento al Citarella Gennaro,
defunto da tempo, vittima di un conflitto fra clan rivali.
                        Pag. 1962
  ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno. Rispondendo anch'io alla
domanda del presidente Violante, desidero evidenziare che vi
sono stati anche casi specifici - sia per il passato sia per
il presente - di connessioni tra la criminalità organizzata e
personaggi politici dei comuni del salernitarno. In
particolare, mi riferisco ad un grosso procedimento,
riguardante il post-sisma e soprattutto i prefabbricati
leggeri e pesanti forniti nei comuni terremotati, che vide
coinvolti ed arrestati i sindaci di Mercato San Severino e di
Nocera Inferiore, oltre che per estorsione, per i reati di cui
all'articolo 416-bis unitamente ad esponenti di rilievo
dell'allora NCO, capeggiati nel salernitano dal noto Salvatore
Di Majo, braccio destro di Raffaele Cutolo. L'indagine portò
anche all'arresto di Filippo Prost e dei collaboratori più
stretti del ministro dell'epoca, nonché di imprenditori...
  PRESIDENTE. Ministro di che cosa?
  LUIGI BISCARDI. Chi era il ministro dell'epoca?
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Zamberletti.
  ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno. Se non ricordo male, era
il deceduto ministro Fortuna. Poi Zamberletti.
   Nell'ambito di tale procedimento giudiziario si giunse,
come dicevo, all'arresto di questi soggetti nonché di numerosi
camorristi e imprenditori che avevano fornito i prefabbricati.
   Per quel che riguarda il presente, nel procedimento che la
procura di Salerno ha avviato proprio nei confronti del clan
Galasso e che ha portato all'arresto del Galasso e di buona
parte dei suoi affiliati, risultano direttamente coinvolti - e
arrestati - un ex sindaco di Nocera Inferiore nonché ex
presidente della USL 51, oltre ad un assessore del comune di
Sarno, a due direttori e ad un vicedirettore di banche.
Dall'ordinanza di custodia cautelare che è stata allegata alla
relazione presentata dal procuratore della Repubblica si
evincono i vari reati che sono contestati ai soggetti in
questione, nonché il modo di fagocitazione delle imprese, cui
hanno fatto riferimento i colleghi di Napoli, che viene
contestato proprio a Pasquale Galasso.
  PRESIDENTE. Ai parlamentari che intendono porre
questioni ricordo che avremo un secondo incontro con questi
magistrati per approfondire, anche alla luce di quanto avremo
acquisito aliunde, i temi affrontati nella seduta
odierna. Invito pertanto a limitarsi a domande specifiche.
  UMBERTO CAPPUZZO. E' un vero peccato, signor presidente,
che di fronte a relazioni così esaurienti ed interessanti si
debba comprimere...
  PRESIDENTE. Non comprima.
  UMBERTO CAPPUZZO. Mai come questa volta, infatti,
abbiamo avuto un panorama interessantissimo...
  PRESIDENTE. Forse il più interessante.
  UMBERTO CAPPUZZO. Certamente il più interessante fino
adesso avuto. Devo anzi esprimere il mio vivo apprezzamento
per quello che abbiamo sentito. Quindi, anche se ora mi
limiterò ad alcuni aspetti che mi toccano direttamente, merita
di tornare sulle considerazioni svolte questa sera.
   Devo dire che il quadro fornito è allarmante. Mi chiedo
dove sia lo Stato e che cosa facciano le forze dell'ordine
quando si dice che a quindici metri dal tribunale di Napoli, a
Forcella, c'è il dominio della camorra.
   Vengo ora al delicato problema della presenza delle forze
dell'ordine, sollevato dai rappresentanti della procura di
Salerno (anche se la prossima volta vorrei tornare
sull'argomento).
                        Pag. 1963
  PRESIDENTE. Non le sarà impedito.
  UMBERTO CAPPUZZO. Ci sono carenze, omissioni,
connivenze, disattenzioni? E' soltanto un problema di
organici, di modalità operative o c'è qualcos'altro? Non è
infatti ammissibile che lo Stato rinunci in maniera così
plateale al controllo del territorio in una città come Napoli;
e il riferimento va esteso anche all'entroterra e alle altre
località viciniori.
   Qui è stato posto l'accento sull'illegittimità nella
gestione della cosa pubblica. Mi chiedo: cosa è stato fatto in
passato? Questa illegittimità nella gestione è stata
evidenziata da qualcuno? Coloro che istituzionalmente erano
preposti a fare segnalazioni, le hanno fatte?
  PRESIDENTE. Qualcuno ha avuto procedimenti disciplinari
per questo.
  UMBERTO CAPPUZZO. Sarebbe comunque interessante
analizzare questo aspetto perché non si può arrivare al 1993
avendo accumulato per decenni tutte queste carenze ed
omissioni. Questa illegittimità che è diventata adesso così
evidente, quali attenzioni ha avuto in passato? Credo che
varrebbe la pena di approfondire tale aspetto.
   Ma torno al problema delle forze dell'ordine. Di esse si
chiede una maggiore professionalità, si chiede quindi di avere
non una manovalanza generica ma degli investigatori, se
capisco bene. E' questo il grande problema che si unisce a
quanto è stato rappresentato per i mezzi di investigazione,
cioè il fatto che, ad esempio, i carabinieri devono rivolgersi
a Roma per quanto riguarda indagini particolari, mentre la
polizia di Stato riesce a far capo a Napoli.
   Qualche cosa di più bisognerebbe capire perché da qualche
anno a questa parte stiamo andando ad un potenziamento
continuo delle forze di polizia in termini soltanto numerici,
quantitativi...
  PRESIDENTE. E' vero.
  UMBERTO CAPPUZZO. Allora è giunto il momento di fare il
grande salto di qualità, smettendola di continuare in questo
inseguimento che è tanto più grave in quanto poi viene a
determinare anche quei conflitti di competenza territoriale
che sono stati evidenziati. Un'Arma dei carabinieri che pone a
suo requisito fondamentale la capillarità della presenza,
avendo un presidio in ogni comune, che cosa sta a fare?
Soltanto a rappresentare l'emblema dello Stato? Ed ha tali
problemi di connessione con gli elementi contermini alla
stazione da porre addirittura il vincolo del confine? Questo è
allarmante. Intendo tornare su questo argomento perché merita
di essere visto nelle sue reali dimensioni, anche per
verificare se i provvedimenti adottati in passato siano
coerenti con l'impostazione che abbiamo dato o se si debba
addirittura cambiare la filosofia stessa della presenza delle
forze dell'ordine.
   C'è poi l'ipotesi del rafforzamento della Guardia di
finanza per l'indagine sugli arricchimenti: questa è una voce
che è stata recepita più volte. Tale problema dovrà essere
rivisto anche alla luce di quel coordinamento di cui tanto si
parla ma che in realtà sul piano del controllo del territorio
e della repressione ancora, a quanto sembra, non si determina.
   Vorrei poi richiamare l'attenzione sullo scioglimento dei
consigli comunali per chiedere, in particolare, se i comuni
colpiti dai provvedimenti del Ministero dell'interno sono
emblematici nell'area di interesse. Sarebbe interessante fare
un riferimento a queste aree a rischio per vedere se quelli
erano i comuni da sciogliere oppure se qualche altro è stato
risparmiato e perché.
   Un altro aspetto molto importante è quello delle
collusioni con pezzi delle istituzioni. La domanda che vorrei
porre - che in parte è già emersa per quanto riguarda le
carceri, dove si verificano comportamenti allarmanti - è se le
collusioni si verificano per effetto di intimidazioni o per
interessi oppure per il fatto che i rappresentanti delle forze
dell'ordine permangono nelle stesse zone per lungo tempo e
perché per il reclutamento
                        Pag. 1964
in taluni casi si attinge a personale che è della stessa
zona, con tutte le conseguenze che ne derivano.
   Questi chiarimenti sarebbero interessanti per avere
un'idea delle proposte da avanzare. Comunque, lo ripeto, le
relazioni sono state di grande interesse e varrebbe la pena di
prendere punto per punto quello che è stato qui rappresentato
per poterlo approfondire.
   Un altro elemento che mi ha colpito è quello della
microcriminalità, a proposito della quale non è stato compiuto
il salto di qualità. Questa è una cosa che a me sta
particolarmente a cuore. Perché non è stato compiuto questo
salto di qualità? Perché è stato sottovalutato il fenomeno?
Forse perché ci si è concentrati sul grande fenomeno, nei cui
confronti peraltro se non ci fossero state le rivelazioni dei
pentiti forse non avremmo ottenuto i successi che si sono
registrati? Forse non è stata capita l'importanza della
microcriminalità? Anche su questi aspetti qualche
considerazione andrebbe quindi svolta.
   Vi è infine l'istituto del soggiorno obbligato che, come
lei ha giustamente osservato, signor presidente, tocca a noi
rivedere. Ciò si rende particolarmente necessario perché,
anche a giudicare dalle proteste in Sicilia, tale istituto non
soltanto non produce risultati concreti, ma addirittura porta
a deridere le forze dell'ordine quando mi capita di vedere,
come mi è capitato, che, essendo limitato il soggiorno alla
notte, il soggiornante dalle otto del mattino alle venti della
sera comodamente poteva raggiungere qualsiasi località e
quindi svolgere la sua attività criminale prendendo anche
l'aereo e andando nella stessa giornata da Palermo a Milano o
viceversa.
   Mi sono limitato a queste domande, ma vorrei riprendere
gli argomenti affrontati in una successiva tornata.
  MARCO TARADASH. Vorrei intanto chiedere agli uffici di
predisporre il resoconto stenografico dell'audizione odierna
in tempo per il prossimo forum su economia e criminalità
perché il quadro che è emerso stasera è veramente
preoccupante.
  PRESIDENTE. Approfitto di questo riferimento per
precisare che il 14 e il 15 prossimi si svolgerà un forum su
economia e criminalità, per il quale alcuni aspetti che qui
sono stati descritti sono di particolare interesse. In tale
occasione, in cui tutte le procure distrettuali sono state
invitate (quindi riceverete l'invito), ci interesserebbe un
intervento di una delle procure distrettuali specificamente su
questi meccanismi che in particolare lei, dottor Dalterio, ha
indicato con riferimento al meccanismo, che avete spiegato, di
ingresso nell'impresa.
  MARCO TARADASH. La prima domanda che vorrei porre
riguarda i legami tra Cosa nostra e la camorra, di cui oggi si
è parlato. Questi legami su quali traffici si sono organizzati
e su quali continuano? Su traffici illegali o anche sull'uso
illegale di beni legali, nel senso delle risorse pubbliche,
degli appalti e così via? Riguardano solo il traffico di
droga, il contrabbando delle sigarette, l'usura?
   Vorrei sapere, in secondo luogo, come si forma il profitto
camorrista. Abbiamo sentito parlare di un'enorme disponibilità
di denaro. Vorrei che ci aiutaste a capire anche le
percentuali di questa accumulazione di denaro: quanto deriva
dal traffico di droga, quanto dall'uso di risorse pubbliche,
quanto dalla deviazione e via dicendo.
   La terza domanda attiene al rapporto fra la politica, la
pubblica amministrazione e la camorra. Ci sono state elencate
le fonti di denaro, alle quali forse andrebbe aggiunta la
legge sugli interventi straordinari sul Mezzogiorno, che non è
stata citata. Quello che vorrei capire è chi si è arricchito
con questo intreccio. Si è arricchito, in sostanza,
soprattutto il mondo della camorra o quello dei partiti? Qual
è il livello dell'affare per la narcocamorra e quale per,
diciamo, la "partitocamorra"? E' poi possibile fare
                        Pag. 1965
una scissione tra la narcocamorra e la "partitocamorra" (non
so come definirla: aiutatemi voi a trovare un termine
calzante), oppure questo intreccio nasce nel momento in cui il
capitale accumulato, magari attraverso il traffico di droga,
serve per entrare in un giro d'affari di altro livello?
   Rivolgo queste domande dal mio punto di vista di
legislatore e di cittadino, che certamente vuole rafforzare lo
Stato ma che, a forza di rafforzarlo, ne sente il peso. Forse
sarebbe meglio dire che vorrei piuttosto indebolire gli
avversari dello Stato...
  PRESIDENTE. E' stato già fatto.
  MARCO TARADASH. Lo so, ma oggi gli avversari dello Stato
si indeboliscono perché salta il sistema partitocratico.
Questa nuova situazione credo aiuti tanto le indagini di
Milano quanto quelle di Napoli o di Palermo ad indebolire gli
avversari camorristi o mafiosi dello Stato.
  PAOLO CABRAS. I partiti saranno sostituiti sempre più
dalla camorra! Questo è lo sbocco.
  MARCO TARADASH. Collega Cabras, non so se è sempre uno
svantaggio! Sentiamo dire che le telefonate dei camorristi
sono di un livello sicuramente maggiore di certe telefonate
dei capi di partito.
  PAOLO CABRAS. Già è in atto il fenomeno!
  MARCO TARADASH. Vorrei che invece questa sostituzione
osmotica non avvenisse e che si eliminasse sia la
partitocrazia, cioè non i partiti ma la struttura di
saccheggio della politica posta in essere da un certo sistema
dei partiti, sia...
  PAOLO CABRAS. Nel tuo ragionamento non era chiara la
distinzione.
  MARCO TARADASH. Non era chiara perché c'è chi non vuol
capire, evidentemente.
  PRESIDENTE. Una volta si diceva: non accetti
provocazioni, onorevole Taradash.
  MARCO TARADASH. Non sono provocazioni. Cabras
rappresenta una storia democristiana, io rappresento una
storia diversa.
   Dicevo che si indeboliscono gli avversari dello Stato
abolendo la partitocrazia; poi si indeboliscono abolendo il
sistema proibizionistico sulla droga, legalizzando, e quindi
sottoponendo a controllo finalmente da parte dello Stato
produzione, commercio e consumo delle droghe, che ora
rappresentano una fonte incredibile di guadagno. Però, quello
che vorrei sapere anche da voi, dalla vostra esperienza, è
fino a che livello funzionano questi due volani di
indebolimento degli avversari dello Stato, le camorre e le
mafie; se aboliamo la partitocrazia, andiamo alla seconda
Repubblica dove non ci sono più ladri di regime e così via, il
sistema della camorra e della mafia che si fonda sui traffici
di droga, eccetera, resta a livello tale da rappresentare una
minaccia tuttora per la vita pubblica e democratica oppure no?
E viceversa, se si indebolisce sul fronte dei traffici di
droga, riusciamo a ridurre l'influenza sulla vita pubblica?
   Queste sono le domande molto semplici che pongo.
  LUIGI BISCARDI. La mappa così dettagliata che ci hanno
dato i giudici della direzione distrettuale antimafia di
Salerno e di Napoli conferma la validità della posizione di
chi ha richiesto, con procedura prioritaria, la conoscenza
della situazione della camorra in Campania e conferma che il
dato fondamentale riguardante l'attività del crimine
organizzato è il controllo generalizzato del territorio.
   Detto questo, vorrei porre alcune domande; altre, che
avevo segnato, sono
                        Pag. 1966
state già fatte dai colleghi. In primo luogo, desidero porre
una domanda che riguarda un po' la storia del costume:
l'affiliazione alla camorra avviene come un residuo del
passato, quello che magari abbiamo conosciuto da alcuni testi
del passato, oppure vi è un'aggregazione criminale spontanea,
di fatto, che riguarda appunto la genesi della camorra (e non
credo sia poi soltanto una storia di costume perché può
riguardare eventualmente un intervento di natura preventiva)?
   Vengo alla seconda domanda. Il pubblico ministero Fumo ha
già detto che la diffusione della camorra è di tipo
frammentario sul territorio. Vorrei sapere se le famiglie
camorristiche padrone dei singoli territori sono portate a
federarsi e quindi ad avere rapporti fra loro (in quale modo e
sulla base di quali procedure ed obiettivi), o se invece vi è
una selezione a seguito di progressive eliminazioni.
   La terza domanda era già contenuta in quanto detto dal
collega Taradash: cioè, se tra le fonti di ricchezza della
camorra, a fianco dell'attività imprenditoriale, salga o
prevalga a poco a poco quella derivante dal traffico di droga.
   Un'altra domanda riguarda la presenza delle forze
dell'ordine sul territorio. Su questo punto c'è da dire che
una delle collusioni (certe cose si conoscono anche per una
serie di episodi) fra politici e territorio avviene anche per
il rientro di uomini delle forze dell'ordine nei paesi di
origine; un rientro non filtrato, né graduato secondo
graduatorie specifiche, ma in base - diciamolo pure - a
raccomandazioni, il che determina sul territorio una presenza
stabile, troppo fissa dei rappresentanti delle forze
dell'ordine e quindi, in fondo, un indebolimento in sé e per
sé della loro presenza sul territorio.
   L'ultimo punto riguarda i rapporti con la politica. Il
presidente mi ha preceduto osservando che, mentre nell'area
napoletana questa presenza di rapporti ha avuto un punto alto
negli ultimi casi di Napoli, ed in quelli che poi anche per il
casertano ha esposto il dottor Narducci, si presenta invece ad
un livello medio-basso nella provincia di Salerno; qui, per la
verità, non ho ben capito perché ci sia questa
differenziazione o se invece l'organizzazione camorristica e
anche le procedure, gli interessi, eccetera, sono gli stessi.
   Desidero spendere infine una parola sul soggiorno
obbligato. Certo, della questione si devono occupare i
legislatori, però vi è un fatto di ingiustizia nella scelta
del paese dove è trasferito il soggiornante, che avviene in
modo casuale e non motivato: il sorteggio assicurerebbe almeno
il principio di casualità; invece si sceglie un comune dove la
popolazione è più tollerante e magari non c'è Boso che
organizza una manifestazione. La popolazione, che non è
abituata a vedere il potere, vede per esempio Luigi Giuliano
che ha tre grosse automobili ed assiste ad un traffico
notevole di persone (come ho saputo proprio in questi giorni;
mi dispiace di non aver portato con me il giornale della mia
provincia). Questo è il problema del soggiorno obbligato: la
casualità segna molto spesso una punizione proprio dei
territori più tranquilli, disponibili e poi magari anche a
minore distanza.
   Su questo non vi è bisogno di un intervento legislativo;
una procedura regolamentare che preveda appunto la scelta per
sorteggio può rendere accetti in alcuni casi i soggiorni
obbligati; questo non vale invece per una scelta che non ha
alcunché di razionale e può veramente configurarsi come una
punizione.
  PRESIDENTE. A questo punto, i sindaci andranno muniti di
amuleto per evitare...
  LUIGI BISCARDI. Certo.
  PRESIDENTE. C'è un dato di obiettività, per lo meno.
  PAOLO CABRAS. Anch'io esprimo apprezzamento e ringrazio
i magistrati delle procure distrettuali per l'ampia
informazione che ci hanno dato, in particolare per quanto
riguarda gli aspetti dell'economia
                        Pag. 1967
 criminale, il modello di imprenditoria camorristica
preferito ed il rapporto mafia-politica.
   Risalendo nel tempo, vorrei chiedere un rapidissimo
aggiornamento su alcuni delitti che sono rimasti impuniti. Mi
riferisco in particolare alla strage di Torre Annunziata, per
la quale ci fu una condanna in primo grado per Alfieri,
Cesarano ed altri; poi, in appello, se non ricordo male, vi è
stata un'assoluzione con formula piena. Vorrei sapere se
dobbiamo mettere anche questa strage nel novero dei delitti
impuniti.
   Mi mancano inoltre informazioni aggiornate sul delitto,
che credo risalga a dieci anni fa, a Pagani del sindaco
Marcello Torre, rimasto per molto tempo uno dei misteri dei
delitti di camorra, in questo caso nel salernitano.
   E' stato qui sollevato il caso degli imprenditori Romano e
Agizza. Ho chiesto la data: 1988. Chiederei anche se vi sono
misure di prevenzione di carattere patrimoniale nei confronti
di questi imprenditori, perché - non è una novità, lo abbiamo
detto ed anche scritto nella relazione della Commissione - tre
anni fa, andando a Caserta, ho saputo che non soltanto nelle
realtà per le quali ai sindaci e agli amministratori avevamo
contestato il fatto, ma anche nella procura di Santa Maria
Capua Vetere l'appalto delle pulizie era stato vinto
dall'Agizza-Romano. Vorrei capire come si sia potuta
verificare una disfunzionalità così grave, che addirittura fa
emergere una certa impunità della mafia anche nei palazzi di
giustizia.
   Pasquale Galasso, se le mie informazioni non sono
sbagliate, era detenuto per estorsione aggravata;
successivamente ha avuto la concessione degli arresti
domiciliari per motivi di salute. Tali motivazioni addotte
come in questo caso per un giovane aitante come Pasquale
Galasso - lo dico con tutto il rispetto - provocano sempre in
me una qualche inquietudine e stimolano un certo scetticismo,
ma sin dagli anni ottanta l'attività di Galasso, della
famiglia Galasso (perché era anche quella del padre e dei
fratelli) era nota come di stampo camorristico. Vorrei sapere
come mai il Galasso era detenuto per reati diversi da quelli
ex 416-bis.
   Vorrei avere anche qualche dettaglio - fatte salve
ovviamente le esigenze processuali - su alcuni interrogativi
che mi sono sorti leggendo la documentazione che le procure
distrettuali hanno inviato recentemente in allegato alle
richieste di autorizzazione a procedere contro alcuni
parlamentari: mi riferisco alla vicenda dei contatti tra
alcuni esponenti politici e la camorra per il caso Cirillo.
   Se, ripeto, non vi sono obiezioni a dare un chiarimento -
la mia richiesta è tesa a conoscere lo scenario, non chiedo
alcuna notizia su nomi, fatti, episodi o responsabilità -
vorrei sapere come potete spiegare, da una parte, il rifiuto
di Alfieri, se c'è stato questo rifiuto, ad intervenire e,
dall'altra, il riferimento a Cutolo, che sicuramente rispetto
all'Alfieri - che era un astro nascente, esponente di una
camorra molto più pervasiva nelle istituzioni e nella vita
locale e più influente - era invece un uomo che stava già
consumando il suo crepuscolo nel carcere.
   Vorrei sapere anche come mai - comprendo che è uno
stralcio quello che ho letto in allegato alla richiesta di
autorizzazione a procedere - non si fa riferimento al ruolo
dei servizi. Nella passata legislatura, nella Commissione
stragi, di cui ho fatto parte per un certo periodo,
interrogammo a lungo personaggi tristemente noti dei servizi
cosiddetti deviati, come il colonnello Musumeci e ricordo che
ci fu non soltanto un ruolo dei servizi ma anche un ruolo di
alti funzionari del Ministero di grazia e giustizia che resero
possibile l'accesso a chi non aveva alcun titolo ad entrare
nel carcere per avere colloqui con Cutolo o chi si voglia.
   Vorrei anche sapere come spiegate concettualmente - non
voglio, ripeto, anche qui né nomi, né dati, né fatti - questa
possibilità di scambio: essa mi è nota, perché ho studiato il
fenomeno del terrorismo ed ho partecipato alla Commissione
d'inchiesta sul delitto Moro, ma vorrei sapere, ripeto, come
spiegate questa
                        Pag. 1968
 improvvisa facilità di approccio e di comunicazione fra le
Brigate rosse e la camorra.
   So benissimo che Senzani in qualche modo, rispetto alla
cultura del terrorismo, rappresentava una anomalia,
soprattutto nell'ultimo periodo, nel tentativo di impiantare
il fenomeno delle Brigate rosse nel sud. Probabilmente ha
ignorato quelli che erano i canoni molto rigidi nei rapporti
tra queste ed un mondo come quello della camorra. Vorrei
sapere se sia possibile avere in proposito maggiori lumi.
   Desidererei anche qualche notizia in più su Poggiomarino,
la cui amministrazione è stata finalmente e giustamente
sciolta. Siccome in questa città vi era la presenza dominante
dei Galasso, perché, se non erro, era costruito lì il loro
castello-bunker, vorrei sapere se siano state adottate misure
di prevenzione a carattere patrimoniale, ovvero se siano state
assunte tardivamente. Ricordo che nella passata legislatura mi
è capitato più volte, recandomi nel salernitano o nel
napoletano, di chiedere ai magistrati ed ai rappresentanti
delle forze dell'ordine perché mai ci fosse una certa
indifferenza rispetto all'esistenza di vere e proprie
fortezze, con feritoie per rispondere con il fuoco ad
eventuali aggressioni (non delle forze dell'ordine ma di clan
rivali) e se non ci fosse stato qualche ritardo nell'azione di
contrasto. La vicenda di Poggiomarino, che oggi è sotto i
riflettori, è antica. Il discorso comprende anche la posizione
di personaggi come il Boccia, che ha avuto rilievo politico e
che aveva un istituto scolastico dove probabilmente andavano
non solo i figli di Galasso ma anche altri per ottenere il
diploma e dove c'erano rapporti con tutte le amministrazioni
statali e locali. A me sembra che si sia verificato qualche
ritardo nell'assumere provvedimenti o nell'aprire indagini in
quel territorio.
   Un'ultima domanda riguarda la vicenda D'Alessandro, il
quale a Spoleto, nel 1992, ha detto a Pasquale Galasso che la
sua posizione processuale sarebbe stata risolta favorevolmente
grazie ad interventi politici autorevoli. Successivamente, 1^
marzo 1993, D'Alessandro è soggetto ad un provvedimento di
scarcerazione: in contrasto con la Corte di cassazione e con
la corte d'assise di Napoli gli viene applicato l'indulto,
quando invece le decisioni precedenti erano state per
l'inapplicabilità del medesimo.
   Vorrei anche un chiarimento sui ritardi che si sono
verificati nelle indagini relative alla latitanza di
D'Alessandro ed Imparato, quest'ultimo morto in un conflitto a
fuoco. Ricordo che, quando sono stato a Castellammare di
Stabia, mi hanno spiegato che non solo sulla montagna che si
vedeva da tutte le finestre...
  FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale di Napoli. Si chiama Monte Coppola.
  PAOLO CABRAS. ... vivevano D'Alessandro e Imparato, ma
anche che la consorte di D'Alessandro era insegnante nelle
locali scuole medie.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale di Napoli. La moglie di Imparato.
  PAOLO CABRAS. Ah, di Imparato. Comunque, c'era una
normale vita quotidiana di questi personaggi e delle loro
famiglie. Per carità, sono favorevole al massimo delle
garanzie per le famiglie, ma ritengo che probabilmente il
livello di vigilanza delle forze dell'ordine e di
investigazione è stato quanto meno scarso. Questo forse spiega
perché di D'Alessandro dobbiamo lamentare ancora una volta la
latitanza.
  GIROLAMO TRIPODI. Desidero anch'io esprimere
apprezzamento per le esposizioni dei magistrati delle
direzioni distrettuali antimafia, che ci hanno offerto la
possibilità di conoscere meglio le ramificazioni delle
organizzazioni criminali camorristiche in larga parte della
Campania e in particolar modo nelle zone di Napoli, Salerno e
Caserta. Devo estendere tale apprezzamento anche al lavoro
                        Pag. 1969
che stanno compiendo nell'attività di contrasto alla malavita
organizzata; i risultati delle indagini che si stanno
svolgendo dimostrano un grande impegno, al quale deve andare
tutto il sostegno della Commissione antimafia.
   Dal quadro che ci è stato prospettato, relativo alla
presenza ed alle ramificazioni dell'organizzazione criminale
in Campania ed in alcune città in particolare, viene fuori un
elemento che mi sembra molto interessante. Sembra ormai
superato il giudizio per cui la camorra era considerata
un'organizzazione criminale meno pericolosa e meno efficiente
di Cosa nostra o della 'ndrangheta. Oggi possiamo dire, anche
se non abbiamo elementi per stabilire che l'organizzazione è
strettamente saldata sul territorio e che non esiste soltanto
un problema di interscambio e di partecipazione alle attività
criminali, che esiste una certa affinità nelle modalità di
rapporti con la società.
   Vediamo la presenza ed il controllo di questa
organizzazione nel settore finanziario, così come negli
appalti e subappalti, nel settore delle attività private, in
quello edilizio e delle speculazioni e delle abitazioni
abusive.
  PRESIDENTE. Anche nel monopolio di alcuni materiali,
quali il calcestruzzo.
  GIROLAMO TRIPODI. Sì, anche nelle forniture del
materiale da costruzione. Vorrei sapere se ci siano situazioni
di monopolio nella gestione di questi settori, ad esempio in
quello della fornitura di calcestruzzo o della movimentazione
di terra.
   Anche per quanto riguarda l'intervento sulle pubbliche
amministrazioni - parlo dei comuni ma anche della regione - al
momento della predisposizione dei piani regolatori e della
scelta delle zone da edificare, vorrei sapere se abbiate
individuato quel certo tipo di rapporti, che esiste in altri
casi.
   Circa la penetrazione nell'economia, sappiamo che in
Campania ci sono coltivazioni che hanno un'alta
commerciabilità. Sappiamo che in questo settore si verificano
connessioni con la 'ndrangheta; mi riferisco in particolare
alla coltivazione dei pomodori. E' noto quanto accade
nell'utilizzazione del personale: conosciamo il caso di
Priverno di qualche anno fa. Il problema non riguarda solo
questo prodotto, ma tutte le attività relative a produzioni
ortofrutticole pregiate. Vorrei sapere se in merito sia stato
fatto qualcosa e se abbiate scoperto un uso distorto dei
finanziamenti AIMA, considerando che il settore è controllato
dalle organizzazioni mafiose.
   Oggi i magistrati hanno lanciato un allarme circa
l'eventualità di un collasso. E' giusto che la Commissione si
preoccupi di questi fenomeni e vorremmo sapere se vi siano
provvedimenti che possano aiutare il vostro lavoro, ad esempio
fornendo un supporto di strumenti e uomini. Non so se vi siano
esigenze di personale; anche di questo dobbiamo occuparci.
   Infine, vorrei porre due domande. In primo luogo vorrei
sapere se nel corso dell'attività svolta, che negli ultimi
tempi ha dato risultati positivi, abbiate rilevato comitati
d'affari composti da politici, mafiosi ed imprenditori, i tre
soggetti che si incontrano nella gestione della cosa pubblica.
Abbiamo avuto alcune notizie dai giornali e sarebbe utile per
noi avere una maggiore conoscenza del fenomeno. In secondo
luogo, vorrei avere notizie sulle rivelazioni del
collaboratore Galasso, non di poco conto, direi clamorose, nei
riguardi di un ex ministro dell'interno, l'onorevole Gava, di
un ex ministro del bilancio e su altri parlamentari (sempre
che queste notizie non siano coperte da segreto istruttorio)
visto che sono state richieste le autorizzazioni a procedere.
   Per quanto riguarda Salerno, nel corso della precedente
legislatura la Commissione ha svolto attività di indagine ed
abbiamo scoperto che tutti i sindaci sostenevano che la
camorra non esisteva in quella zona. Abbiamo contestato queste
dichiarazioni in un documento ed abbiamo chiesto l'intervento
del ministro dell'interno. Vorrei sapere se da allora sia
cambiato qualcosa o se la contestazione sia rimasta
inascoltata.
                        Pag. 1970
   Infine, vorrei sapere se abbiate scoperto collusioni tra
mafia e settori o soggetti appartenenti alle forze
dell'ordine. Anche questo è un fatto molto importante.
  ROMANO FERRAUTO. Prima di porre due questioni
specifiche, vorrei fare una breve premessa.
   Il rischio che incombe sempre per la Commissione antimafia
ma anche per strutture come quelle che voi qui rappresentate è
di osservare un fenomeno le cui vicende sono già del passato,
mentre il fenomeno attuale è ben diverso. In altri termini,
molte volte noi possiamo osservare una stella che magari è già
morta e ne è nata un'altra.
   Ho fatto tale premessa per introdurre una specifica
domanda. In questi ultimi giorni assistiamo al ritorno di boss
della camorra che si trovavano in Perù, in Bolivia, in America
Latina. Improvvisamente, in queste ultime settimane si assiste
al loro ritorno. Poiché non sono a conoscenza di cambiamenti
di regime, di governi, di strutture di potere di quei paesi,
mi chiedo se tutto ciò accada perché vi è una maggiore
attenzione dell'Italia, e quindi delle strutture che si
occupano di tali problemi, oppure se i soggetti sopra
ricordati non rappresentino ormai che dei "gusci" già morti,
quando invece vi sono già altri soggetti.
   Mi chiedo, quindi, se in una strategia complessiva si
preferisca fare in modo che tali soggetti vengano catturati
perché vi sono già altri soggetti. Vorrei, in altre parole,
sapere se siano entrambe valide le affermazioni di una
maggiore attenzione e, contemporaneamente, di una
modificazione dei soggetti oppure se una abbia la prevalenza
sull'altra. A me sembra che questo sia un terreno di indagine
importante, anche perché per quanto riguarda Cosa nostra credo
che ci dovremmo interrogare - come del resto stiamo già
facendo - se il testimone non sia già passato di mano, e se a
certi soggetti siano subentrati altri - come io ritengo che
sia - in quanto i primi non hanno più un certo controllo e un
certo potere.
   In relazione a ciò, alcuni pentiti ci hanno detto che la
camorra di per sé - come fenomeno - non esiste più, in quanto
sarebbe così in contatto con Cosa nostra e con la mafia che di
fatto tutti i fenomeni camorristici risultano governati dalla
mafia e da Cosa nostra. Mi è parso che nessuno qui abbia fatto
riferimento a questa forte ed ingombrante presenza di Cosa
nostra e della mafia. Mentre si dice che ciò sia vero per la
'ndrangheta, per una serie di considerazioni che non faccio, e
che sia più facile che vi sia la presenza mafiosa in Puglia,
per la camorra taluni dicono che essa è di così scarso
momento, tant'è che ad essa risultano affiliati anche vigili
urbani - la loro è una battuta! - per cui può essere
considerata un qualcosa di distaccato da Cosa nostra e dalla
mafia.
   Credo che questo sia un argomento che meriti una certa
attenzione.
  ERMINIO ENZO BOSO. Vorrei sapere se la situazione di
questo malessere sia stata scoperta dai magistrati soltanto
nel 1993, e se essa sia stata segnalata da parte di questa
categoria di lavoratori dello Stato ad altri uffici, ad altre
Commissioni, eventualmente anche alle altre Commissioni
antimafia. Vorrei altresì sapere quale risultato sia stato
ottenuto da chi era responsabile di questa Commissione per
agevolare l'operato di questi dipendenti dello Stato.
   Mi sembra di ritornare ai tempi in cui prestavo servizio
nell'Arma: noi viaggiavamo con il MAB e loro con le armi più
sofisticate. La delinquenza organizzata è sempre più preparata
delle forze dello Stato! O è forse lo Stato ad essere sempre
interessato a mantenere questo sistema di servizio? La "carne"
non costa tanto, se non deriva, magari, dalla stessa madre.
Vediamo infatti che questa gente paga, e paga con il sangue!
   Sono stati sprecati tanti soldi per opere pubbliche
inutili; se essi fossero stati dati al magistrato,
probabilmente Tangentopoli sarebbe stata scoperta prima.
                        Pag. 1971
   Vorrei chiarire alcuni punti a mio avviso interessanti. Da
alcuni passaggi sembra che l'impresa COGEMA, che sta operando
su un progetto dell'Italstrade lungo l'autostrada Alemania,
nella zona di Vittorio Veneto, verso Belluno, abbia forzato le
piccole imprese della zona del bellunese a farsi attribuire
gli appalti dell'intera operazione riguardante l'autostrada
Alemania.
   La Commissione antimafia è stata interessata da una
interrogazione parlamentare diretta a sapere se sia stata
inoltrata alla procura di Salerno la richiesta di chiarire i
soggetti coinvolti. Dico questo perché i camion dell'impresa
che ho appena menzionato transitavano sulle strade del
bellunese e di Vittorio Veneto senza targa. Alcuni autisti
sono stati trovati sprovvisti di assicurazione e di bollo e
con una rivoltella sul cruscotto del camion.
   Mi chiedo se siano stati fatti accertamenti su questi
movimenti, che hanno visto l'acquisto di grosse imprese e di
alberghi nelle zone di Cortina, del Bondone e del bellunese.
Si tratta di soggetti mafiosi, di imprese che acquistano beni
immobili portando valigie piene di denaro contante. Inoltre,
se un immobile costa, per esempio, tre, loro lo pagano sette!
Sono stati fatti questi accertamenti?
  MARCO TARADASH. Risparmiano anche sul bollo e
sull'assicurazione...
  PRESIDENTE. Ma non sulla pistola!
  ERMINIO ENZO BOSO. Si tratta di fatti che sono stati
segnalati in un'interrogazione parlamentare. Non faccio sogni,
non scrivo cazzate! Non sono un garantista, come movimento
politico...
  MARCO TARADASH. Sono loro che dicono cazzate!
  ERMINIO ENZO BOSO. Mi sembra di aver inviato, l'anno
scorso, al presidente Violante il testo di una interrogazione
riguardante la situazione a Belluno.
  PRESIDENTE. Mi pare di sì. Comunque potremo accertarlo.
  ERMINIO ENZO BOSO. Mi chiedo poi se dagli accertamenti
dei magistrati sia risultata chiarita la figura di Gelli nel
riciclaggio di denaro sporco e di droga. Mi chiedo altresì se
alla luce degli ultimi fatti si possa eventualmente avere la
possibilità di compiere nuovi accertamenti su Gelli, che,
messo in libertà da alcuni togati, dovrebbe essere morto da
sei anni, e invece gira comodamente ed impunemente sotto
scorta, dagli alberghi delle Dolomiti alle spiagge delle
isole; inoltre potrà andare facilmente anche all'estero,
sicuro e garantito perché protetto da poliziotti! Se si
debbono accertare i suoi movimenti, allora i controlli vengano
almeno fatti da lontano, senza cioè mettere in pericolo dei
poliziotti!
   Per quanto riguarda la signora Mazza, mi rivolgo alla
dottoressa De Simone. Questa signora è stata avvicinata
all'asse del Brenta, dove la mafia e la camorra sono già forti
e dove l'anno scorso (e precisamente a Vicenza) è stato
arrestato un latitante che girava impunemente tra nord e sud
senza mai essere fermato. E' quindi inutile dire di voler
mandare la signora Mazza in un posto in cui non vi è
l'inquinamento mafioso. La mafia è presente! Per tali motivi
non riesco a capire come il questore di Napoli si possa
permettere di inviare la Mazza a Codogné di Treviso quando a
50 chilometri c'è già l'altra mafia e quando l'autostrada
passa ad 8 chilometri da quel comune. La garanzia che la
signora Mazza sarebbe rimasta isolata risulta vanificata dal
fatto che essa ha tutto a portata di mano.
   Vorrei infine sapere dalla dottoressa De Simone se sia
vero quanto è emerso da una telefonata ricevuta da persone di
Castellammare di Stabia, e cioè se i bastonatori di Gava
abbiano garantito l'elezione di Flaminio Piccoli, parlamentare
proveniente dalla regione Trentino-Alto Adige. Vorrei cioè
sapere se sia stata segnalata la presenza di bastonatori al
momento delle elezioni. Una signora di Castellammare di Stabia
mi ha telefonato
                        Pag. 1972
a Trento, alla sede della Lega Nord, dicendomi: "E' inutile
che voi della Lega facciate i furbi, perché a questo Flaminio
Piccoli, partito da Trento ed eletto a Castellammare di
Stabia, i bastonatori di Gava hanno garantito l'elezione al
Senato".
  PAOLO CABRAS. Era una soddisfazione per la Lega Nord
avere Piccoli eletto al sud!
  ERMINIO ENZO BOSO. A me interessa che una persona riceva
il voto perché la gente è convinta e non perché sia stata
bastonata e ridotta alla fame!
  UMBERTO RANIERI. Nel ringraziare i magistrati delle
direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Salerno, vorrei
esporre alcune brevi considerazioni.
   Ritengo che questi incontri avranno una particolare
efficacia se, sulla base dell'esperienza delle direzioni
distrettuali antimafia di Napoli e di Salerno, potranno
ricevere un arricchimento la ricerca e il lavoro legislativo
del Parlamento volti ad affinare gli strumenti utili alla
lotta contro i fenomeni criminali in punti nevralgici come
Napoli e la Campania, e se anche i problemi relativi al
superamento di inadeguatezze della normativa - come è stato
qui detto - saranno affrontati dal Parlamento.
   Nel ricostruire i fenomeni criminali nel napoletano e in
Campania, la riflessione si concentra sulle modifiche
intervenute, sul salto di qualità - come viene definito - che
si è prodotto nei caratteri e nei traffici della criminalità,
nel corso degli anni ottanta. Molti riconducono ai mutamenti
intervenuti anche la sconfitta della camorra che si
organizzava intorno al ruolo e alla figura di Cutolo. I
mutamenti sono quelli qui ricordati: un'espansione
dell'attività criminale in nuovi settori e soprattutto una
utilizzazione di capitali provenienti da traffici illeciti in
attività economiche, nell'edilizia e, in particolare, in
attività commerciali e finanziarie (accompagnate dal
diffondersi inaudito di fenomeni di usura).
   Vorrei sapere quale è la vostra valutazione circa le fonti
fondamentali della forza finanziaria di una tale criminalità.
Certo gli appalti, con l'accaparrarsi di parte delle ingenti
risorse pubbliche destinate nel corso di questo decennio a
quei territori, grazie a connivenze e contiguità con fenomeni
criminali di settori della politica e delle istituzioni.
Tuttavia mi chiedo se la grande fonte dei profitti non sia
costituita, anche in quella parte d'Italia, dal traffico della
droga. Probabilmente intorno a questo traffico la criminalità
ricava il grosso dei propri introiti. In ogni caso il problema
che avverto è il seguente: quali innovazioni legislative,
quali nuovi strumenti investigativi e repressivi si impongono
per spezzare (sulla base dell'esperienza da voi compiuta in
quella realtà) il circuito che porta profitti derivanti da
attività illecite, in particolare dal traffico della droga, la
riconversione in attività economiche finanziarie? In pratica
di quali strumenti legislativi nuovi si avverte la necessità
per intervenire su questa che mi sembra la connessione più
grave?
   Un'altra questione che intendo trattare (probabilmente
questa considerazione va al di là dell'oggetto della nostra
discussione, tuttavia mi sembra importante) riguarda il
degrado ambientale. Ritengo che i nostri ospiti concordino nel
ritenere che il degrado in cui versano Napoli e l'area
napoletana favorisca la maturazione e la diffusione delle
organizzazioni criminali ed in particolare il reclutamento dei
giovani. Sono dell'avviso che il grande problema del
Parlamento sia quello di arrestare il tracollo civile
dell'area napoletana che favorisce la diffusione dei fenomeni
criminali. Un tracollo civile che è la risultante di più
fattori: il disastro delle classi dirigenti, travolte dagli
scandali e dalla corruzione, ma anche il disastro urbanistico
e la profondità della crisi delle "esperienze educative". Mi
chiedo se su alcuni punti non sia possibile intervenire. Per
esempio, nell'inferno metropolitano di Napoli è accaduto una
sorta di miracolo (almeno a me è parso tale) legato alla
ricostruzione.
                        Pag. 1973
I guai della ricostruzione sono ben noti, ma vi è un punto
che vorrei sottolineare. Soprattutto nelle periferie, le più
investite dai fenomeni criminali e dalle pratiche malavitose,
sono state costruite, con investimenti di decine, centinaia di
miliardi, infrastrutture pubbliche quali scuole, centri
sportivi, biblioteche. Può darsi che la mia sia un'ingenuità a
parlar di ciò, con tanti guai che vi sono, però è pur vero che
tali strutture non sono utilizzate da anni, anzi sono state
del tutto devastate, abbandonate, distrutte. Come è possibile
che ciò sia accaduto nel silenzio di tutti? Vi è qualche
possibilità di intervento?
   L'ultima questione che intendo trattare riguarda la
necessità (e questo è compito del Parlamento e del nuovo
Governo) di isolare alcuni punti sui quali è necessario un
intervento del Governo per quanto riguarda lo stato delle
strutture giudiziarie a Napoli. Sono state ricordare le
condizioni in cui versa il palazzo di giustizia (si tratta di
una storia infinita), ed il dottor Mancuso ci ha parlato delle
condizioni di svolgimento dell'attività giudiziaria a Napoli.
Domando se sia possibile isolare alcuni punti in modo che il
Governo possa adottare misure straordinarie per intervenire e
migliorare la situazione nel volgere di alcuni mesi. Infine,
personalmente mi sono sempre chiesto (anche se so
perfettamente quanto elevato sia il prezzo che pagano le forze
dell'ordine; in questi giorni due poliziotti sono rimasti
uccisi) come mai nell'area napoletana (sono stati ricordati
tre quartieri di Napoli, ma altri se ne potrebbero ricordare)
vi sia una insufficiente presenza delle forze dell'ordine.
Ricordo che in alcuni quartieri di Napoli sono avvenuti
scontri a colpi di bombe a mano tra i diversi clan; mi
riferisco ad esempio al quartiere di Secondigliano. Forse una
presenza più assidua e continua delle forze dell'ordine
potrebbe migliorare il clima.
  PRESIDENTE. Alcuni parlamentari si sono allontanati,
rinunciando così alla risposta. In questo momento sono
presenti gli onorevoli Cappuzzo, Tripodi, Taradash, Ranieri,
Ferrauto e Biscardi. Se potete sinteticamente rispondere alle
questioni poste, visto che comunque ci rivedremo a Napoli ed a
Salerno...
  ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno. Ritengo che per
rispondere ad alcune delle domande poste dai commissari sia
necessario procedere in seduta segreta.
  PRESIDENTE. D'accordo.
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia
della Repubblica di Salerno. Per la direzione distrettuale
antimafia di Salerno risponderanno i colleghi Greco e
Bonadies. Vorrei dire al senatore Boso che non mi risulta
alunché sulla società Cogema.
  PRESIDENTE. Questo lo immaginavamo, nel senso che...
  ALFREDO GRECO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Salerno. Signor presidente,
chiedo di procedere in seduta segreta e la mia richiesta ha
solo uno scopo cautelare.
  PRESIDENTE. Procediamo in seduta segreta. Dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Desidero
brevemente accennare a vari argomenti. Successivamente i
colleghi Mancuso e Fumo approfondiranno altri specifici punti.
   Per quanto riguarda la questione evidenziata dal senatore
Cappuzzo, direi che egli ha messo il dito nella piaga facendo
                        Pag. 1974
riferimento all'importanza del contrasto della
microcriminalità. Mai come negli ultimi tempi, infatti, su
specifici punti si è evidenziato un collegamento fondamentale
come influsso economico dalla micro alla macrocriminalità.
   Non faccio riferimento soltanto al fenomeno del
contrabbando, attualmente in riduzione rispetto al passato, ma
soprattutto al problema dei marchi contraffatti, delle
videocassette contraffatte, delle musicassette contraffatte.
Purtroppo, Napoli è ridotta ad una vera e propria
compravendita di illegalità. Ad ogni angolo di strada abbiamo
contrabbando di sigarette, vendita di prodotti con marchi
contraffatti, vendita in grandissima quantità, anche in
esercizi commerciali di grande rilievo esterno e quindi di
lusso, di videocassette e musicassette registrate. Si tratta
di un fenomeno unico nel campo nazionale. Ho potuto
verificarlo con amici e colleghi di varie regioni d'Italia.
   E' importante mettere in luce in questo momento la gravità
di questo fenomeno, perché si è evidenziato come il fenomeno
delle videocassette e delle musicassette registrate faccia
capo ad un clan di Secondigliano, il clan Lorusso che, con
strutture del valore di varie centinaia di milioni, opera
stabilmente nella contraffazione di questi prodotti. Questo è
uno di quei clan di cui si diceva circa la costituzione di
quel cartello che si propone di dominare la metropoli e le
zone vicine.
   Perché questo non è avvenuto? Probabilmente negli ultimi
tempi c'è una maggiore attenzione verso la macrocriminalità.
Ma vi è stata anche una prospettiva di lasciar fare,
consciamente o inconsciamente, in alcuni casi consciamente, in
virtù delle conseguenze economiche che un intervento massivo
in tali campi comporterebbe. Io direi che questa ottica,
inaccettabile in passato, è inaccettabile anche adesso; ma se
qualcuno sposa questa ottica, non ci si deve meravigliare se,
anche con riferimento alle indagini di Milano, qualcuno si
straccia le vesti per le conseguenze economiche che questa
indagine comporta.
   Per quanto attiene, poi, ai riferimenti fatti
dall'onorevole Taradash circa la divisione delle percentuali
di accumulazione illecita tra politica e camorra, direi che
non si può effettuare una specifica quantificazione. Questo,
non perché di volta in volta non si abbiano dati specifici, ma
perché spesso sui due piatti della bilancia vi sono valori
diversi, perché il politico corrotto dalla collusione con
l'imprenditore e con la camorra si prospetta un illecito
arricchimento non soltanto in termini direttamente monetari,
ma anche in termini di voto, mentre la camorra si prospetta un
arricchimento in termini estremamente diretti sia in denaro
sia in termini di partecipazione diretta all'appalto, in
quanto l'imprenditore che viene favorito è quantomeno un
fiancheggiatore della camorra.
  PRESIDENTE. Anche in prestigio e in peso nella
collettività.
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' stato fatto
riferimento al problema della latitanza di D'Alessandro e di
Imparato. Posso testimoniare insieme al collega Zuccarelli,
con il quale mi sono interessato di queste indagini, che nei
confronti del clan D'Alessandro e del clan Imparato vi è, non
da breve tempo, un notevolissimo interesse da parte delle
forze dell'ordine, polizia e carabinieri, con un'azione di
contrasto che è stata veramente pregnante e che negli ultimi
tempi ha consentito di pervenire al tentativo di arresto, poi
sfociato nel conflitto a fuoco con l'Imparato, attraverso una
penetrante attività di intelligence, che ha consentito,
tramite riprese filmate, intercettazioni telefoniche a tappeto
e mirate nei confronti dei fiancheggiatori metropolitani
dell'Imparato, di pervenire all'individuazione dei covi, di
filmare i personaggi (anche professionisti veri e propri) che
di volta in volta lo favorivano e di arrivare all'arresto.
   Per quanto riguarda l'irreperibilità di D'Alessandro, che
ha fatto seguito alla scarcerazione: D'Alessandro, una volta
                        Pag. 1975
scarcerato, è stato seguito dalle forze dell'ordine,
carabinieri e polizia, soprattutto per cercare di evitarne la
irreperibilità e in secondo luogo per vedere chi del clan si
portasse al carcere per recuperarlo e quindi fornirgli
un'attività di scorta fino all'abitazione. Sono state disposte
intercettazioni telefoniche e installate microspie prima
ancora che D'Alessandro arrivasse nella sua abitazione;
purtroppo nel giro di due giorni, chissà come, sono state
scoperte (i telefoni sono stati staccati e le microspie sono
state eliminate). Ciò dimostra le collusioni di altissimo
livello di cui godono tali personaggi, collusioni peraltro
pienamente equivalenti all'enorme peso economico-criminale di
questi personaggi.
  PRESIDENTE. Le intercettazioni erano nell'abitazione?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì,
nell'abitazione.
   Direi che quello della scoperta delle intercettazioni è un
fenomeno che purtroppo si ripete non di rado nei processi...
  PAOLO CABRAS. Sul provvedimento di concessione degli
arresti domiciliari è in corso un'indagine?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Di questo
parlerà il collega Mancuso.
   In riferimento ad altri processi, faccio l'esempio di un
ricovero di latitanti del clan Gionta di Torre Annunziata nel
quale sono state trovate utenze di società concessionarie
della SIP che operano nel campo della telefonia, più
precisamente l'utenza di un ufficio che è in grado,
nell'ambito di queste società concessionarie, tramite il
rilievo delle frequenze telefoniche, di verificare se un
determinato apparato sia sottoposto o meno ad intercettazione.
Purtroppo anche questo è un fenomeno che si verifica.
   Si è poi parlato dei comitati d'affari. Certo il fenomeno
non può essere generalizzato, ma quando si riesce, attraverso
le intercettazioni telefoniche o i collaboratori, a rompere
l'omertà (mi riferisco al processo alla USL 35 in corso a San
Giorgio a Cremano, trattato dal collega Roberti qui presente),
si evidenzia l'esistenza di questi comitati d'affari. In un
processo che sto trattando, sempre con riferimento a San
Giorgio a Cremano, si è .evidenziata la figura
dell'imprenditore locale, il quale "ammanigliato" con politici
e camorristi locali, ma privo di qualsiasi specifica
professionalità imprenditoriale, con riferimento ad appalti di
notevole entità e capacità professionale, si rivolge alla
grossa impresa metropolitana, si associa con la stessa al 50
per cento senza fornire alcun contributo concreto, recuperando
anzi dall'impresa stessa i capitali, i mezzi e il personale e
stranamente vince l'appalto. Quando poi il funzionario
dell'amministrazione fa resistenza all'esecuzione dell'appalto
perché intravede illeciti amministrativi, questi subisce due
attentati incendiari che da un collaboratore della giustizia
vengono riferiti all'organizzazione che è alle spalle di
questa fattispecie (si tratta di dichiarazioni riscontrate cui
ha fatto seguito anche l'emissione di misure cautelari nei
confronti degli esecutori dell'attentato).
   E' stato poi chiesto se vi sia la possibilità di
individuare strumenti investigativi nuovi per spezzare il
circuito. E' ovvio che sarebbe sufficiente che quelli
esistenti funzionassero per ottenere un miglioramento, ma
qualcosa ancora si può fare. Rileviamo ancora una scarsissima
collaborazione da parte delle banche nel rispondere alle
nostre richieste di acquisizione di documentazione bancaria,
che sono molto più importanti dei sequestri perché tali
richieste possono essere effettuata in maniera generica e
generalizzata.
  PRESIDENTE. Si riferisce a tutte le banche o a qualcuna
in particolare?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. A tutte le
banche, perché
                        Pag. 1976
nessuna risponde con l'immediatezza e l'urgenza necessarie.
Con il passare del tempo cominciano ad arrivare risposte, ma
vi sono banche che a distanza di mesi non rispondono. In un
mio processo è accaduto un caso assolutamente eclatante: sei
banche non hanno risposto alle nostre richieste, ma
stranamente si è verificato che il personaggio interessato
dalle indagini bancarie - si tratta, ripeto, della richiesta
di acquisizione di documenti bancari che non presuppone alcuna
informazione di garanzia - si è presentato ed ha
spontaneamente ammesso una truffa ai danni dello Stato, di cui
gli assegni in compartecipazione con l'associazione
camorristica costituivano prova, per il valore di 5 miliardi.
Ciò sta a significare che il direttore di banca non ci ha
consegnato gli assegni ma ha avvisato l'imprenditore in
questione il quale, senza informazione di garanzia e senza
alcuna notizia del fatto che fosse indagato, ha confessato una
falsa fatturazione di 5 miliardi.
  PRESIDENTE. Si tratta di banche nazionali o banche
locali?
  ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Banche locali.
   Sarebbe quindi necessario uno strumento che consentisse di
sanzionare penalmente questi comportamenti. Ho incriminato i
sei direttori di banca per favoreggiamento, anche se non so
con quali prospettive di successo in sede giudiziaria (in sede
investigativa il fenomeno non poteva passare sotto silenzio).
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei aggiungere alcune
considerazioni a proposito della microcriminalità.
Innanzitutto occorre far riferimento anche a un dato
culturale: credo che in terre di economia disastrata, non
parlo solo di Napoli ma dell'intero Mezzogiorno, vi sia un
fenomeno di tolleranza verso l'economia illegale. Questo
fenomeno è evidente e riguarda addirittura gli stessi
appartenenti alle forze dell'ordine, come tutti sappiamo.
Dobbiamo allora anche chiederci dove passi il confine tra
un'attività puramente e semplicemente illegale e una attività
che definirei microcriminale. Il contrabbando di tabacco è
ovviamente un'attività microcriminale, però viene trattata
come se fosse una semplice attività illegale; l'abusivismo
edilizio è un'attività microcriminale, a volte anche
macrocriminale, ma viene anch'essa trattata come se fosse
semplicemente un'attività illegale. A mio avviso occorre
considerare che questa economia illegale comunque risponde a
un bisogno della gente (sappiamo tutti quali ne siano le
ragioni); riesce allora veramente difficile far cambiare
direzione a comportamenti di tolleranza che secondo me trovano
fondamento in questo atteggiamento diffuso anche nelle stesse
forze dell'ordine.
   Vi è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare. Se siamo
partiti dal presupposto che in un determinato territorio,
controllato da una associazione criminosa, tutte le attività
in qualche maniera sono controllate, è ovvio che anche
l'attività microcriminale o semplicemente illegale è
controllata. Pertanto non si possono adottare due pesi e due
misure nei confronti della microcriminalità perché questa non
è mai un'attività che si svolge separata dal controllo di chi
su quel territorio esercita il suo predominio macrocriminale.
   L'onorevole Biscardi ha chiesto se la camorra sia o meno
un fenomeno ancora frammentario ed ha fatto riferimento al
concetto di federazione. Più che di federazione fino ad oggi
parlerei di alleanze tra i vari clan che si rovesciano e si
modificano con grande rapidità, dando ovviamente luogo a
conflitti anche imprevedibili e molto sanguinosi e rendendo
quanto mai difficili le indagini. E' vero tuttavia, come hanno
già accennato i colleghi, che è in atto un fenomeno di
aggregazione intorno ad un unico polo predominante, ma mi
sembra che questo sia un fenomeno abbastanza recente.
                        Pag. 1977
Credo pertanto che permanga il carattere della
frammentarietà.
   Ritengo in questo modo di aver risposto in parte anche ad
una domanda, posta tra il retorico e il provocatorio,
dall'onorevole Ferrauto che ha affermato che la camorra non è
poi un fenomeno così grave come la mafia, visto che persino i
vigili urbani si associano alla camorra. Non so come debba
essere valutata la gravità di un fenomeno del genere, però
quando un fenomeno provoca in un anno centinaia di morti,
secondo me è gravissimo. Se anche vigili urbani, come di fatto
succede, sono associati alla camorra, vuol dire che questa
organizzazione ha una capacità di penetrazione e di
ramificazione anche nelle istituzioni che sono più a contatto
con la gente che credo dovrebbe farci rizzare le antenne.
   Sono state poi poste alcune domande chiaramente retoriche;
in particolare è stato chiesto se i ritardi nelle indagini
sono dovuti a carenza di mezzi - la risposta è ovvia - e se
sia vero che la camorra stia acquistando imprese nel nord. Mi
risulta direttamente che ciò sia verissimo in Piemonte e in
Emilia.
   A proposito delle infiltrazioni nelle istituzioni, più di
un collaboratore di giustizia ha fatto riferimento a
funzionari delle strutture giudiziarie (tribunali, procure)
che passano notizie, informazioni, fotocopiano atti e così
via. Per quanto mi risulta direttamente, purtroppo, non è mai
stato possibile identificare queste persone perché i
collaboratori non hanno saputo o voluto dare indicazioni
sufficienti per arrivare alla loro identificazione.
   Il senatore Ranieri ha parlato di strutture (credo si
riferisse a quelle edilizie) abbandonate nelle periferie, che
si vanno sempre più degradando. Consentitemi a questo punto di
fare una battuta: abbiamo un esempio veramente scandaloso a
Napoli, quello del nuovo palazzo di giustizia che non so da
quanti anni sta lì, da molti credo...
  PRESIDENTE. Quello autoincendiatosi?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, però si è incendiata
una torre, poi ce ne sono altre due e c'è un corpo orizzontale
che è ancora lì. Non ho mai visto l'edificio all'interno ma
credo si stia deteriorando per incuria. Qualcosa bisognerebbe
pur fare ma prima ancora vorremmo capire quale sia il soggetto
che deve agire in tale direzione.
   Vorrei infine approfittare di questa audizione per
segnalare che a Napoli da due mesi non si celebrano
dibattimenti e questo è un fatto gravissimo.
  PRESIDENTE. Perché accade?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Perché vi è l'astensione
degli avvocati i quali protestano, secondo me a ragione,
perché non è assicurata la stenotipia che, come tutti
sappiamo, è prevista dal codice e per la quale sembra (ma
anche in questo caso la carenza di informazioni precise non ci
consente di avere un'opinione altrettanto precisa) che il
Ministero abbia stanziato una cifra insufficiente e che i
responsabili in sede locale abbiano ritenuto fosse riferita ad
un anno mentre altri ritengono sia per un trimestre. Vi è,
insomma, una situazione di incertezza la cui conseguenza è la
paralisi. Pare che alla fine sia stato firmato un contratto,
contenente però clausole talmente restrittive da rendere in
pratica ancora non attuabile l'uso della stenotipia. Si è
detto che essa dovrebbe essere usata soltanto nei casi di
comprovata eccezionalità su richiesta del difensore (non si sa
perché non anche del pubblico ministero e non anche su
iniziativa del giudice) con preavviso di un mese alla ditta
che deve garantire il servizio. Inoltre - lo sottolineo - non
è stata neppure prevista una norma transitoria, il che
significa che da oggi, data di firma del contratto, fino a
trenta giorni non si può celebrare alcun processo perché la
ditta non avrebbe il mese di preavviso.
                        Pag. 1978
  PRESIDENTE. Poiché una delegazione della Commissione si
recherà a Torino ed Aosta per verificare alcuni insediamenti
di carattere mafioso e lei, dottor Fumo, ha parlato di
investimenti in Piemonte, le è possibile fornire qualche
elemento in più sull'area?
  MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. No, mi dispiace.
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei fare un brevissimo
flash rispondendo alla domanda posta dal senatore Ranieri
relativa al riciclaggio, di cui si è molto parlato. Chiedo che
la prossima audizione che si terrà a Napoli affronti in
maniera molto seria questo problema perché in materia di
normativa antiriciclaggio, di cui tutti ci riempiamo la bocca,
credo non abbia dato risultati concreti. Mi riferisco in
particolare all'articolo 648-ter del codice penale. Dopo
un iniziale successo abbiamo discusso, in senso buono, del
ricorso all'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del
1992, perché portava ai risultati, cui si riferiva il collega
Fumo, dei sequestri di cavalli da corsa gestiti da un ufficio
di pubblico ministero che è impensabile possa gestirli, perché
sappiamo in quale condizioni lavoriamo.
  PRESIDENTE. Poiché in altre aree (per esempio Palermo)
invece vi è un intenso uso dell'articolo 12-quinquies,
come si regolano lì?
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Forse in altre sedi o in
altre città si sequestrano solo appartamenti, noi invece
sequestriamo parecchie società, quindi preferiamo - e su
questo siamo in grande sintonia - ricorrere alle misure di
prevenzione. Potremmo però in una prossima occasione discutere
anche sulla necessità di riconsiderare il sequestro previsto
dall'articolo 416-bis, che poi è stato tolto; tutto è
passato in sede di prevenzione, per poi ritornare con
l'articolo 12-quinquies che non ho capito a chi poi
doveva far piacere, e i cui risultati...
  PRESIDENTE. Invertendo l'onere della prova, doveva far
piacere a voi...
  PAOLO CABRAS. Con tutto il rispetto, nella magistratura
vi è una sorta di resistenza culturale, di cui abbiamo
discusso altre volte...
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Ci facciamo carico di
queste resistenze, ci facciamo cioè carico di provare anche in
sede processuale...
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Era una prova di
resistenza con la Corte costituzionale.
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Al contrario.
  PRESIDENTE. Ma la questione non è già stata affrontata e
respinta?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Non nella forma
principale...
  LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. E' stato affrontato poi
il discorso del degrado ambientale. Ebbene, nel 1989 fu fatta
un'indagine su tutta la zona di Licola: chiedo al senatore
Ranieri di andare a verificare cosa accada in quella zona,
dove si è scoperto una situazione di illegalità paurosa.
Parliamo di una delle zone delle quali sappiamo meno. Si
tratta di terreni dell'associazione ex combattenti,
stranamente finiti in mano a determinate persone che se ne
sono impadronite: centinaia di migliaia di metri quadrati di
terreno adibiti a campeggi, a spiagge abusive ed a ristoranti,
anch'essi costruiti abusivamente.
                        Pag. 1979
   Noi ci facciamo carico di queste situazioni: mi pare
tuttavia che a livello regionale si sia fatto ben poco per
rimediare ad una situazione incredibile.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Cercherò di rispondere
alle domande che non sono state trattate dai colleghi e mi
scuso, anche in considerazione dell'ora tarda, se sarò ancor
più frammentario di quanto sia stato nel mio primo intervento.
Il senatore Boso non è presente in questo momento; credo
tuttavia che parlare di "amarezza dei magistrati che esplode
soltanto ora" sia stata evidentemente una provocazione. Credo
che al riguardo il nostro pensiero sia già stato chiarito dal
collega Greco. Noi riteniamo che non solo la magistratura ma
anche alcune forze di polizia abbiano subìto pesantissimi
condizionamenti. Quanto a stabilire se tali condizionamenti
siano stati volontari o preordinati, ciò rientra in una
valutazione che è soprattutto di ordine politico in
riferimento alla quale, almeno fino a questo momento ed in
considerazione dello stato delle indagini, non abbiamo
elementi e capacità, sul piano giudiziario, per esprimerci.
Sta di fatto che da anni sono state elevate sollecitazioni e
proteste, sono state scritte lettere e documenti (negli anni
scorsi abbiamo ricevuto presso la procura di Napoli la visita
della Commissione antimafia ed abbiamo condotto insieme studi
ed approfondimenti sulle possibili soluzioni) ma nessuna -
dico nessuna - delle possibili soluzioni individuate è stata
portata avanti. Oltre che provare vergogna (come diceva il
collega Greco), siamo anche un po' stanchi di stracciarci le
vesti.
   Per quanto riguarda il tema delle fonti della forza
finanziaria, posto dai senatori Ranieri e Biscardi e
dall'onorevole Taradash, credo che la fonte sia
sostanzialmente una: il controllo di qualsiasi attività,
lecita od illecita, che si svolge sul territorio. Le attività
possono essere di tipo commerciale (apertura di nuovi centri
commerciali e di negozi) o possono consistere nella
realizzazione, abusiva o lecita, di immobili, in concessioni,
gioco del lotto, usura. Le attività, insomma, sono le più
varie. Sta di fatto che esse scontano necessariamente
l'intervento pulsante dell'organizzazione che controlla il
territorio: è in questo modo che avviene il controllo del
territorio e si realizza il profitto.
   Uno studio condotto da Pino Arlacchi sostiene che il 50
per cento dei proventi conseguiti dalle organizzazioni
camorristiche deriva da attività lecite: credo che questo sia
possibile. Uno studio del CESPE quantificava in 5 mila
miliardi annui il reddito di Carmine Alfieri e della sua
organizzazione: non so se tale quantificazione sia esatta
anche perché da questo punto di vista siamo un po' miopi,
riusciamo a guardare vicino ma ci è più difficile guardare
lontano (del resto, si tratta probabilmente di un compito che
spetta ad altri). Tuttavia, facendo alcuni conti sulla base di
queste grandi approssimazioni, è facile intuire quale sia la
dimensione del fenomeno, da dove provenga e chi paghi questo
denaro.
   Quando si dice che l'organizzazione camorristica è in
sostanza sotto il controllo di Cosa nostra, credo si faccia
una affermazione sbagliata sia dal punto di vista della
ricostruzione logica del fenomeno (che è caratterizzato da
un'assoluta autonomia ed originalità di intervento
nell'individuazione di alcune forme di grossa pressione nei
confronti dei momenti istituzionali e, in particolare, di
alcuni partiti politici) sia in considerazione dei fatti. Voi
avete ascoltato Mutolo. Quest'ultimo, dopo aver a lungo
parlato del collegamento tra Cosa nostra e la camorra degli
anni ottanta, quando si è trattato di affrontare il tema della
camorra attuale si è fermato, ha chiesto tempo ed ha affermato
che l'organizzazione campana (in questo momento, in
particolare, quella di Alfieri e di Licciardi) ha la forza e
la potenza economica e di fuoco che Cosa nostra aveva nei
primi anni ottanta e trae i suoi maggiori arricchimenti
(quelli che Cosa nostra traeva dal traffico dell'eroina) dagli
appalti
                        Pag. 1980
 e dalle infiltrazioni nel potere politico locale. Credo che
tale risposta ci fornisca la chiave di lettura per comprendere
cosa sia la camorra. Ho voluto citare solo quest'esempio
perché voi avete ascoltato Mutolo e perché ritengo che, anche
data l'ora, il riferimento a questa persona possa consentirmi
di esprimere il concetto in modo più sintetico. Sta di fatto
che questa è la chiave di lettura in base alla quale oggi deve
essere affrontato il problema della camorra.
   Quanto alle forze dell'ordine e all'attività di contrasto,
si tratta di un tema che richiederebbe un discorso a parte,
molto approfondito. E' importante la specializzazione delle
forze dell'ordine con riguardo sia al contrasto da opporre
alle forme che la criminalità organizzata sta attualmente
assumendo sia al fenomeno del controllo vasto e quantitativo
del territorio che comporta una moltiplicazione dei soggetti
che dovrebbero intervenire. Credo che vadano individuati -
come hanno già detto i senatori Biscardi e Ranieri - strumenti
nuovi di indagine. Da questo punto di vista (si tratta di un
"pallino" che ho da molti anni), credo che vi sia una serie di
forze altamente qualificate all'interno delle strutture
statali che oggi è sacrificata e che invece potrebbe essere di
validissimo aiuto per le indagini. Penso a professionalità che
operano all'interno dei ministeri per il Mezzogiorno,
dell'agricoltura, del bilancio, dell'industria e, ovviamente,
soprattutto del Ministero del tesoro, senza parlare della
Banca d'Italia per la quale dovrebbero essere formulate
valutazioni a parte. E' stato fatto riferimento al dibattito
sulla legge antiriciclaggio: in quell'occasione vi è stata una
forte opposizione da parte della Banca d'Italia alla
centralizzazione ed alla acquisibilità dei dati, opposizione
che ha portato a svuotare la capacità di indagine sui
movimenti finanziari e sulla loro leggibilità come dato di
sintesi.
  PRESIDENTE. Mi scusi, se la interrompo: in realtà, era
il tesoro che si opponeva, non la Banca d'Italia.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. A noi risultava che vi
fosse sostanzialmente un intervento degli istituti più forti
di cui si è fatto interprete la Banca d'Italia. Se il
presidente mi dice che non è così...
  PRESIDENTE. Lo dico in base ai lavori parlamentari.
Penso, per esempio, a quello strano centro nazionale presso
l'ufficio italiano cambi: mentre il ministro Scotti insisteva
perché ci fosse, il ministro Carli si opponeva.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Probabilmente,
identificavo l'opinione del ministro Carli con quella della
Banca d'Italia.
  PRESIDENTE. Ma Ciampi era d'accordo.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Ciò che volevo dire è che
questi strumenti nuovi vanno attivati. Noi, per esempio,
abbiamo scarsissima disponibilità di consulenti in attività di
indagine, che pure queste strutture potrebbero offrirci e che
non troviamo invece disponibili sul territorio. Infatti,
collaborare con noi significa per un professionista espungersi
dal mercato ed emarginarsi automaticamente dalla propria
attività professionale. Collaborando con noi, il
professionista diventa inaffidabile e perde la propria
clientela in modo verticale: diventa sostanzialmente un
collaborante, un soggetto che passa dall'altra parte della
barricata...
  PRESIDENTE. Senza peraltro ricevere alcuna
contropartita!
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, con scarsissime
contropartite, salvo a considerare le minacce, le blindature,
le famiglie che vivono in condizioni disastrate.
                        Pag. 1981
   Quanto alle domande poste dal senatore Cabras, vorrei far
presente che le misure di prevenzione che hanno colpito
Galasso possono essere riferite a due procedimenti. Una prima
volta il sequestro riguardò tutte le attività di Galasso
conosciute nel napoletano. Al termine del procedimento di
prevenzione (credo che fosse il 1987), il tribunale dispose la
restituzione dei beni ma sottopose Galasso alle misure
personali. Successivamente, la corte d'appello confermò tale
dato e credo che anche su questo vi siano indagini in corso da
parte della procura distrettuale di Salerno. La Corte di
cassazione ha poi annullato la sentenza, per cui attualmente,
a due anni di distanza da quella fase... Il senatore Cabras
ricorderà che vi è stato un approfondimento sui tempi della
corte d'appello in ordine alle misure di prevenzione ed anche
su questo punto vi è un'indagine della procura distrettuale di
Salerno. E' intervenuta inoltre un'ulteriore misura di
prevenzione che ha riproposto il sequestro dei beni a carico
del Galasso con riferimento a tutto quello che non aveva
costituito oggetto del primo sequestro, misura attualmente in
fase di discussione. Ovviamente, si porrà il problema
dell'attualità della pericolosità del Galasso rispetto a
questa situazione: poiché la patrimoniale è legata alla
personale, ove cadesse la pericolosità non potremmo arrivare
alla confisca dei beni.
   Per quanto riguarda il caso Cirillo, vorrei premettere che
il gruppo di colleghi che si sta occupando della relativa
indagine non ha assolutamente inteso "riaprire il caso", come
pure qualcuno ha voluto affermare. Noi stiamo affrontando un
diverso scenario, cioè quello di un'organizzazione
camorristica (l'organizzazione di Carmine Alfieri, non quella
di Raffaele Cutolo) che, attraverso l'omicidio di Vincenzo
Casillo, recupera l'alleanza di settori delle imprese e della
politica che precedentemente erano legati a Raffaele Cutolo.
Ricordo che l'omicidio Casillo è avvenuto nel 1982
(Commenti del senatore Cabras). Mi scusi, ma noi
dobbiamo ricordare un processo importante che Raffaele Cutolo
e la sua organizzazione, insieme a Pazienza, hanno subìto ad
Avellino. Mi dispiace che non sia presente il senatore Boso:
il processo riguardava la Volani di Rovereto e, più
specificamente, cointeressenza dell'organizzazione cutoliana
con imprese impegnate nella ricostruzione per la fornitura di
prefabbricati leggeri. Pertanto, non dobbiamo sottovalutare
l'importanza di Raffaele Cutolo la cui organizzazione, nel
1981, era al suo più alto livello di potere, tanto che a
quell'epoca Carmine Alfieri non era in grado di effettuare una
sola estorsione nel nolano! Con lo scontro frontale con tutte
le organizzazioni anticutoliane, Cutolo comincia a perdere
colpi. Questo scontro trova il suo momento più alto - possiamo
dire il suo momento conclusivo - nel 1982, con l'omicidio
Casillo. Da quel momento in poi - mi riferisco al periodo
dicembre 1982-gennaio 1983 - Cutolo perde sostanzialmente il
proprio potere.
  PRESIDENTE. A quando risale il sequestro Cirillo?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. E' durato dall'aprile al
giugno del 1981. Con l'omicidio Casillo, Carmine Alfieri
acquista la leadership dell'organizzazione camorristica
campana e l'alleanza di quei pezzi dell'imprenditoria e del
potere locale, istituzionale e politico, dapprima legati a
Cutolo. In tale scenario un ruolo a parte è svolto da
Nuvoletta, il quale opera una forma di mediazione (o, a
seconda dei punti di vista, di ipocrisia) perché ha un
referente in Cosa nostra ed un altro nei medesimi gruppi
imprenditoriali e politici collegati a Cutolo, tanto che per
questa ragione non si scontra con Cutolo nonostante Cosa
nostra gli chieda di farlo.
   Questo è lo scenario di massima che ho tracciato, per dire
che il caso Cirillo lo stiamo solo sfiorando in questo senso.
   Quanto alla questione dei servizi, si tratta di un
argomento che potrebbe essere affrontato in modo particolare
dal collega Alemi, che sicuramente avrebbe molte cose da dire
al riguardo.
                        Pag. 1982
   Per quanto riguarda Poggiomarino e lo sviluppo
dell'istituto Settembrini, oggetto di nostre indagini molto
attente (è stato proposto di sottoporre Boccia a misure di
prevenzione)...
  PRESIDENTE. Chi è Boccia?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Si tratta di Boccia
Raffaele Rosario, il proprietario del Settembrini.
  PRESIDENTE. E' una scuola privata?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. E' una scuola privata
colossale con ramificazioni in tutta Italia che si è diffusa
enormemente in concomitanza con alcuni sequestri di persona
che avvenivano in Calabria e con grossi investimenti che ivi
faceva, secondo l'ipotesi formulata in sede di proposta di
applicazione di misure di prevenzione, proprio Pasquale
Galasso.
  PAOLO CABRAS. La misura di prevenzione non fu concessa?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. No, non fu concessa; è
stata rigettata. Su questa non c'è l'indagine della procura di
Salerno ...
  PRESIDENTE. Abbiamo fornito materia!
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Circa il problema di
D'Alessandro a Spoleto, lo abbiamo posto in questi termini
nella richiesta di autorizzazione a procedere perché gli atti
relativi a quella decisione sono giunti alla nostra attenzione
soltanto pochi giorni prima della richiesta di autorizzazione.
Naturalmente stiamo indagando; nel caso in cui sorgessero
situazioni oscure di collusione, trasmetteremo gli atti alla
procura di Salerno.
   Mi premeva sottolineare un problema riguardante le misure
di prevenzione. Sappiamo da sempre che l'aver sottoposto a
misura di prevenzione una ditta non significa assolutamente
averne bloccato la capacità camorristica. Nel 1988, con
l'arresto di Romano e Agizza (ero io giudice istruttore e
allora vigeva l'articolo 24 della legge Rognoni-La Torre che
consentiva al giudice istruttore in costanza di processo
penale di procedere al sequestro dei beni), sottoposi a
sequestro tutte le attività ricostruite immobiliari, mobiliari
ed imprenditoriali del gruppo, fra le quali anche ditte di
pulizia oltre quelle del calcestruzzo.
   Il problema che si pose e che non trovava una soluzione
nella normativa era il seguente: bisognava bloccare la ditta o
farla funzionare? Se bloccarla significava perdere
completamente l'occupazione e contrapporre l'apparato
repressivo dello Stato ad un interesse altrettanto forte,
quale quello della conservazione del posto di lavoro di circa
2.500 dipendenti, dall'altra parte c'era la necessità di
cercare di salvaguardare il mercato dalle infiltrazioni
camorristiche tipiche di queste aziende. Come imponeva la
legge, fu trovata la soluzione della sostituzione del
rappresentante imprenditoriale ma in sostanza da parte
dell'azienda non è stato mai espulso il proprio apparato
direttivo perché non era possibile: i dirigenti, spesso
familiari, conviventi o comunque persone di fiducia
dell'imprenditore, non potevano essere licenziati. Questo
significava che sul mercato la ditta continuava ad agire
sostanzialmente con le stesse dinamiche: per esempio, Romano,
che voleva entrare con le sue forniture nella costruzione
della terza corsia dell'autostrada Roma-Napoli, ci riuscì dopo
una serie di attentati dinamitardi vicino Teano.
   A questo punto occorre operare una scelta: o chiudiamo
queste Iditte ovvero dobbiamo riconoscere che non siamo in
grado di bloccarne la valenza camorristica e le dinamiche
camorristiche all'interno
                        Pag. 1983
 del mercato. E' questa una scelta che a mio parere deve
compiere il legislatore.
  PAOLO CABRAS. Concorrono anche ad appalti pubblici?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Certo, ma possono farlo,
perché gli amministratori sono commercialisti o avvocati
nominati dal tribunale. Perché non potrebbero concorrervi? Se
non lo permettiamo, di fatto dobbiamo chiudere le ditte, ma in
tal caso dobbiamo dirlo chiaramente. E' una scelta difficile,
in cui il magistrato non dovrebbe essere lasciato solo perché
sono coinvolte responsabilità che il magistrato non può
assumere individualmente.
  PAOLO CABRAS. Quando le aziende escono dal mercato,
Agizza e Romano, che non sono dei benefattori, le cedono.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Certo, addirittura le
ditte chiudono!
  PAOLO CABRAS. Non è possibile pensare che una ditta come
Agizza concorra agli appalti al tribunale di Santa Maria Capua
Vetere.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Allora bisogna chiuderla!
  PAOLO CABRAS. Poi ci stracciamo le vesti se c'è il
subappalto!
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sono d'accordo con lei ma
l'unico modo per bloccarla è farla chiudere! Allora diciamo
che la ditta sequestrata smette di funzionare; però lo deve
dire il legislatore perché quando mi impone di sostituire
l'imprenditore con un amministratore straordinario nominato
dal tribunale o, prima, dal giudice istruttore, sembra che
affermi una cosa diversa. Penso che la scelta debba essere
diversa. Se il legislatore mi impone di chiudere una ditta, io
lo faccio.
  PAOLO CABRAS. Quando è stato nominato l'amministratore?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sono stati nominati
diversi amministratori; i primi due furono nominati da me nel
1988.
  MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono tuttora
gli stessi, anche se oggi le società sono confiscate, c'è il
giudizio d'appello ed essi continuano ad operare come
amministratori.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Si tratta di un
commercialista e un avvocato, persone che noi riteniamo di
assoluta... l'avvocato Sandulli ed il dottor Pascucci.
   Circa la domanda del senatore Cappuzzo sui comuni
emblematici, credo che quelli più emblematici, dal punto di
vista della rappresentatività più forte del controllo di un
territorio, non siano stati colpiti...
  PRESIDENTE. Quali sono?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Parlo di Castellammare di
Stabia, Torre Annunziata, Nola, Pompei, Boscoreale,
Boscotrecase, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano, sono
tutti comuni in cui ogni attività è controllata
dall'organizzazione camorristica.
  PRESIDENTE. Mi sembra che vi sia una differenza
sostanziale tra Cosa nostra e la camorra, nel senso che la
prima, per quanto siamo riusciti a capire fino ad ora, non ha
una presenza così capillare all'interno delle amministrazioni
locali; certamente
                        Pag. 1984
 le condiziona ma non a questo livello. Invece, sembra che la
camorra abbia un livello di presenza notevole, anche mediante
le liste civiche, come qualcuno di voi ha spiegato. Secondo
voi, perché quest'aspetto è connaturato alla struttura della
camorra?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. La risposta è molto
difficile e la troverà nella richiesta di autorizzazione a
procedere. In particolare in quella richiesta sottendiamo
l'ipotesi di un'identificazione della rete clientelare del
grande politico e quindi della rappresentanza istituzionale,
che fa capo a determinate correnti politiche all'interno di
chi ha la rappresentanza o di correnti aventi il controllo
totale o della stragrande maggioranza di quei comuni, con le
organizzazioni mafiose.
  PRESIDENTE. Come si spiega l'assenza di omicidi
particolarmente "vistosi" da parte della camorra a differenza
di quanto è avvenuto per Cosa nostra?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. L'attivazione della
politica degli omicidi da parte di Cosa nostra (non è il mio
campo ma mi sono fatto delle convinzioni) è frutto di una
scelta di una componente di Cosa nostra che su questo versante
rompe con le altre. Questa scelta non è stata mai fatta dalle
organizzazioni vincenti della camorra campana (di ciò le siamo
grati!) ma forse è anche il segno di una mancata
contraddizione interna al potere di comando
dell'organizzazione camorristica e degli snodi tra questa e
potere locale.
  PRESIDENTE. Possono sviluppare la loro capacità di
influenza, probabilmente, in maniera...
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. In maniera più forte, più
riconosciuta e più indiscussa perché forti e indiscussi sono
le collusioni e i poteri di comando esercitati.
  PRESIDENTE. Forse anche perché sono composte da tanti
gruppi, ciascuno dei quali ha nel proprio territorio una
capacità di presenza e di potenza particolarmente radicata, a
differenza di quanto accade con una struttura di tipo
piramidale, che lascia scoperti ...
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Dobbiamo dire però che in
Campania esiste una situazione di potere piramidale, che ha in
Carmine Alfieri per la provincia, in Licciardi per la
metropoli e in Bidognetti e Schiavone per Caserta i massimi
vertici.
  PRESIDENTE. Non vi sono intese tra questi vertici?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sicuramente vi sono e
molto forti; vi sono incontri periodici, spartizioni di
alleanze; addirittura avvengono incontri e alleanze sul
terreno degli affari anche fra gruppi in contrasto fra loro,
come tra Nuvoletta e Alfieri.
  PRESIDENTE. Non c'è un'organizzazione stabile di
incontri (una commissione, per capirci)?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Per quanto riguarda le
singole zone sì. Esiste un nucleo di comando all'interno del
gruppo Alfieri e così via, poi i vertici si incontrano tra
loro.
   Per concludere, vorrei osservare che le illegittimità
amministrative di cui parlava il senatore Cappuzzo sono quelle
che hanno consentito, data la loro enorme diffusione, la
penetrazione dell'organizzazione criminosa nelle
amministrazioni pubbliche. Dov'è lo Stato? Credo che lo Stato
ci sia e sia anche forte ma è uno Stato profondamente illegale
nelle sue
                        Pag. 1985
manifestazioni più significative. Se deve essere questo uno
Stato che deve prendere più forza, direi che possiamo anche
risparmiarcelo.
  PRESIDENTE. Cosa intende dire quando parla di uno Stato
che ha manifestazioni illegali?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Penso alle articolazioni
sul territorio, alle USL, agli istituti di credito. Per
esempio, la politica degli istituti di credito è stata di
formidabile sostegno nei confronti dell'impresa camorristica
perché questa è un'impresa non a rischio dove i finanziamenti
sono soltanto ...
  PRESIDENTE. Intende riferirsi al potere pubblico in
maniera complessiva?
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Sì, sicuramente. Ritengo
che la politica del credito in Campania sia uno degli elementi
fondamentali per capire da dove le organizzazioni
camorristiche, che si inseriscono nell'impresa, traggano la
loro forza e soprattutto la loro "opacità" rispetto alle
indagini.
  PRESIDENTE. Potete inviarci copia dei documenti pubblici
la cui lettura risulti utile alla Commissione?
  ERMANNO ADDESSO, Procuratore della Repubblica di
Salerno. Tali documenti sono già allegati alla relazione
che ho consegnato.
  PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione
distrettuale antimafia di Napoli. Nel prossimo incontro
potremo disporre di un prospetto riguardante gli argomenti che
interessano la Commissione?
  PRESIDENTE. Potremo concordarlo in sede di ufficio di
presidenza.
   A nome della Commissione vi ringrazio ancora: credo che
questo sia stato l'incontro più utile tra quelli avuti finora
con le direzioni distrettuali antimafia.
   Per quanto riguarda il secondo punto all'ordine del
giorno, relativo all'elezione di un vicepresidente,
considerata l'assenza del numero legale, è rinviato ad altra
seduta.
La seduta termina alle 21,50.

 


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