Parenti: seduta 27
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       PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI
                          INDICE
                                                        Pag.
Audizione del prefetto Giorgio Musio, commissario
straordinario del Governo per il coordinamento delle misure
anti- racket:
  Parenti Tiziana, Presidente...................... 739, 741
                                                    748, 750
  Musio Giorgio, Commissario straordinario del Governo per
il coordinamento delle misure antiracket .......... 739, 741
                                742, 745, 746, 747, 748, 749
  Grasso Tano ........................... 742, 745, 746, 749
  Ramponi Luigi ......................... 741, 745, 746, 747
  Tripodi Girolamo ........................... 746, 748, 749
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   La seduta comincia alle 14,30.
    (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del prefetto Giorgio Musio, commissario
straordinario del Governo per il coordinamento delle misure
antiracket.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
prefetto Giorgio Musio, commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket.
   Prefetto Musio, da quanto tempo ricopre il suo attuale
incarico?
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Ho ricevuto
l'incarico dal Consiglio dei ministri tre mesi fa.
  PRESIDENTE. Il prefetto Musio si occupa di estorsione e
di usura, con i connessi problemi dell'indennizzo alle vittime
sia dell'uno sia dell'altro reato.
   In particolare il gruppo di lavoro che si occupa dei
rapporti tra mafia ed economia ha avvertito la necessità di
ascoltare il prefetto Musio sullo stato attuale di queste
problematiche, visto che ogni volta che incontriamo le
associazioni antiracket sentiamo costanti lamentele su ritardi
da parte dello Stato, che innanzitutto hanno scoraggiato le
denunce nei confronti sia degli estorsori sia degli usurai ed
inoltre hanno provocato spesso danni economici molto rilevanti
alle vittime (che peraltro già ne avevano subiti).
   Vorremmo sapere se tali situazioni siano state sbloccate e
quali siano i motivi, di carattere normativo o di fatto, che
hanno determinato queste situazioni di grave disagio, anche
perché sembra che il numero delle denunce non sia molto
aumentato, e che anzi le persone che si trovano in queste
situazioni si sentano fortemente scoraggiate a denunciare.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Nel rivolgere
un saluto al presidente e ai componenti della Commissione,
ricordo - come dicevo - che ricopro da tre mesi il mio attuale
incarico, che è stato ufficializzato soltanto un mese fa con
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Fin dal primo
momento ho preso contatti con i vari enti che, in base alla
legge e al regolamento, sono chiamati in causa nel
procedimento istruttorio delle istanze che le vittime delle
estorsioni presentano per accedere al fondo di solidarietà di
cui alla legge n. 172 del 1992.
   Ritengo che per comprendere bene la situazione sia
opportuno innanzitutto un excursus dei vari
provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel tempo
nella materia, rilevando innanzitutto che la legge istitutiva
del fondo è diventata operante il 18 ottobre 1992 e che
all'incirca alla stessa data è stato emanato il relativo
regolamento.
   Per superare le difficoltà emerse dalle prime
applicazioni, è intervenuto il decreto-legge 27 settembre
1993, n. 382, convertito dalla legge 18 novembre 1993, n. 468.
Quindi, dall'ottobre 1992 al novembre 1993 vi è stato un lungo
periodo
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contraddistinto da incertezze interpretative, che
naturalmente hanno fatto sentire i loro riflessi non positivi
sull'istruttoria delle pratiche.
   Da ultimo, il regolamento per la gestione del fondo è
stato modificato con il decreto interministeriale 19 aprile
1994, n. 431, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5
luglio 1994, n.155.
   Questa premessa sull'excursus della normativa è
obbligatoria per comprendere le difficoltà che si sono
incontrate nell'esame delle domande. Ma questo non è l'unico
motivo del mancato funzionamento della gestione del fondo:
l'altro va individuato, a mio avviso (secondo quanto ho potuto
constatare attraverso contatti diretti), in una certa
farraginosità della procedura, oltre che naturalmente nel
passaggio di queste domande attraverso più fasi e diversi
organismi. La domanda, infatti, può essere presentata al
prefetto ma anche direttamente alla segreteria tecnica, e
considero questa come una disfunzione, perché comunque, anche
in caso di domanda presentata alla segreteria tecnica, il
comitato deve poi rivolgersi al prefetto per ricevere il
rapporto sulla validità della domanda stessa. Personalmente,
ritengo che sia preferibile e più proficuo far presentare le
domande direttamente alle prefetture, in modo che esse possano
a loro volta istruirle compiutamente e trasmetterle alla
segreteria tecnica del comitato. Quest'ultimo ha operato
finora (a seguito della legge e di questa prassi completamente
nuova) con criteri diversi, che hanno provocato incertezze di
comportamento, rispetto ai prefetti che sono stati interessati
all'istruttoria.
   Una volta concluso l'esame delle domande da parte del
comitato, quest'ultimo trasmette tutto alla Presidenza del
Consiglio dei ministri, la quale può accettare la proposta e
quindi emanare un decreto del Presidente del Consiglio di
reiezione o di accoglimento oppure, dall'esame del carteggio
ricevuto dal comitato, può trarre la convinzione che sia
preferibile rinviare di nuovo la pratica stessa al comitato
per ulteriori approfondimenti. Ho voluto descrivere questa
procedura perché da ciò si comprende perché il tutto non abbia
funzionato.
   Ho promosso alcuni incontri e credo di poter dire che per
un miglioramento dell'intero sistema siano necessari alcuni
elementi: in primo luogo, sarebbe a mio avviso importante -
come ho già detto - prescrivere che la domanda venga
presentata al prefetto e che inoltre presso le singole
prefetture si creino appositi uffici di assistenza nei
confronti delle vittime, affinché vi sia la possibilità di far
completare in loco le domande eventualmente prive di
elementi di valutazione. E' infatti inutile prevedere un
carteggio puramente burocratico di trasferimento di domande da
un organismo all'altro quando in effetti si può svolgere un
lavoro di prevenzione nel momento in cui si invita la vittima
a istruire la pratica nel modo in cui è necessario
istruirla.
   Nello stesso tempo, le prefetture devono essere poste in
grado di capire quale sia il loro compito in una forma che sia
univoca in tutta Italia: non si devono, infatti, lasciare
spazi all'incertezza, che poi si traducono in lentezze
burocratiche. Lo stesso comitato, in quest'anno di attività,
ha acquisito una certa esperienza che dovrebbe metterlo in
condizione di non avere più incertezze nella trattazione delle
pratiche, e lo stesso credo valga per la Presidenza del
Consiglio dei ministri.
   Attraverso le riunioni tenute, sono riuscito a far
concordare gli enti interessati su alcuni punti: innanzitutto,
su una direttiva che serva a standardizzare l'istruttoria
delle pratiche, che è ormai quasi pronta e che confido sarà
trasmessa ai prefetti prima di Natale, in cui vengono
chiaramente indicati i contenuti obbligatori delle domande,
che sono obbligatori perché devono servire a far capire le
vicende personali della vittima, le considerazioni che la
stessa vittima ritenga necessarie per una migliore valutazione
del caso e soprattutto la quantificazione dei danni riportati.
Se
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mancassero questi elementi fondamentali, né il comitato né la
Presidenza del Consiglio potrebbero pervenire a una
definizione delle pratiche.
   Occorre quindi prevedere la creazione di uffici di
assistenza presso le prefetture, l'emanazione di una direttiva
standard per tutte le prefetture per l'istruttoria delle
pratiche e la fissazione di termini precisi da rispettare per
evitare lungaggini ingiustificate. Occorre inoltre che vi sia
altrettanta solerzia da parte del comitato e della Presidenza
del Consiglio, in modo da non frustrare gli obiettivi del
legislatore che, attraverso le leggi, ha voluto dimostrare la
solidarietà dello Stato verso le vittime: più i tempi si
allungano, meno credibile è lo Stato nella sua intenzione di
essere vicino alle vittime.
   La situazione al 13 dicembre 1994 è la seguente: sono
state presentate 218 domande e il comitato ha formulato alla
Presidenza del Consiglio 128 proposte. La Presidenza ha
adottato - specialmente negli ultimi tempi, su mia
sollecitazione - 89 provvedimenti, dei quali 13 di
elargizione, 12 di provvisionali, 58 di reiezione, mentre 6
sono alla firma del Presidente. Inoltre, sono state rinviate
al comitato per l'acquisizione di ulteriori elementi 8
domande; restano in corso di istruttoria presso la Presidenza
31 domande, per 26 delle quali è stata avanzata proposta di
reiezione, per le altre 5 di elargizione. Le rimanenti 90
domande sono in corso di istruttoria presso il comitato.
  PRESIDENTE. Le reiezioni sono molte.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Sono
molte.
   Con il consenso degli altri organismi interessati, sono
riuscito a far sposare un criterio di trasparenza: tenuto
conto del tempo trascorso tra la data di presentazione della
domanda e il momento dell'esame e della decisione; tenuto
conto di alcune incertezze di carattere interpretativo e,
molto spesso della incompletezza della documentazione allegata
alle domande, abbiamo ritenuto opportuno fornire agli
interessati, e per conoscenza alle prefetture, notizie sullo
stato del procedimento. Ciò vale, da un lato, ad affermare il
principio della trasparenza, peraltro obbligatorio in questo
tipo di pratiche, dall'altro a mettere l'istante in condizione
di fornire nuovi elementi chiarificatori per una eventuale
revisione della domanda e per un più completo orientamento del
comitato e della Presidenza del Consiglio, che deve
decidere.
   Qualcuno ha ritenuto di censurare la farraginosità
dell'istruttoria delle domande, prospettando la possibilità
che io diventi una specie di punto di riferimento; è quanto ho
già fatto praticamente, però, se mi si vuole conferire una
veste diversa, occorrerà intervenire anche sul piano normativo
con apposite disposizioni.
  LUIGI RAMPONI. Il prefetto Musio si è soffermato su
talune proposte e sulle attività già svolte per cercare di
snellire la procedura e renderla più trasparente, iniziative
peraltro tutte commendevoli. Ha anche accennato alla necessità
di indicare termini precisi, ma il provvedimento attuativo già
prevede il termine di 120 giorni. Quindi, vorrei sapere che
cosa intenda con la richiesta di una precisa definizione dei
termini, che a me risulta siano già indicati.
   Per quanto riguarda la necessità di costituire un ufficio
presso la prefettura, con determinate competenze, e di emanare
una direttiva standard (che, se ho capito bene, è già pronta),
che costituisca una sorta di guida per la compilazione delle
domande, ritengo che siano iniziative condivisibili.
   Ritengo che l'elevato numero di reiezioni delle domande
sia dovuto ad una interpretazione forzata della legge;
probabilmente, molto dipende dal giudizio del comitato
proponente, il quale, nel formulare la sua proposta alla
Presidenza, esprime già un parere di accettazione o reiezione.
Vorrei, quindi, che fossero chiarite le com
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competenze del comitato e vorrei sapere se, nella direttiva
standard di cui abbiamo parlato, si prevede che le prefetture
inoltrino comunque tutte le richieste alla Presidenza del
Consiglio. Infatti, trovo molto strano che alcune domande, che
sono state esaminate dalle prefetture, vengano trasmesse alla
Presidenza, che quindi le deve respingere; in questo modo la
Presidenza del Consiglio è costretta ad occuparsi di una serie
notevolissima di pratiche. Se la percentuale più alta delle
pratiche trasmesse viene respinta devo ritenere che
probabilmente esse sono state presentate da persone non aventi
diritto; era quindi perfettamente inutile inoltrarle, perché
mancavano i requisiti richiesti dalla legge. Mi chiedo se
questa valutazione rientri nella facoltà dei prefetti o se
debbano comunque inoltrare tutte le domande.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Quando ho
parlato di termini volevo dire, in sostanza, che nella
direttiva essi saranno precisati nuovamente: la direttiva
richiamerà l'attenzione dei prefetti sulla necessità di
rispettare i termini - cosa che finora, purtroppo, non è
avvenuta - e di avere una sensibilità sempre più forte nella
trattazione di queste pratiche.
   Per quanto concerne la possibilità dei prefetti di
pronunciarsi sull'ammissibilità o meno delle domande, questa
facoltà non è loro concessa, perché la legge fa riferimento a
provvedimenti definitivi attuati dalla Presidenza del
Consiglio. Anch'io ritengo che gli adempimenti burocratici,
per esempio relativamente al rispetto dei termini per la
presentazione della domanda, potrebbero essere meglio assolti
da un'autorità periferica, ma per fare questo occorre una
modifica normativa.
   Ringrazio il senatore Ramponi per le domande che mi ha
posto, perché mi danno la possibilità di ricordare un
particolare; dovrebbero essere specificati i contenuti ed i
risultati della mia funzione, inserita in un procedimento
stabilito per legge, perché si inserisce in un procedimento
amministrativo che osserva precise regole di legge, ed anche
di giustizia amministrativa.
   Posso esercitare questa azione di vigilanza, di stimolo -
e ciò rientra nei miei compiti di commissario straordinario
del Governo per il coordinamento delle misure antiracket - ma
deve essere valutato attentamente se spetta a me adottare una
decisione, perché in tal caso devo essere autorizzato dalla
legge.
  TANO GRASSO. Prima di formulare domande precise e porre
alcune questioni, ritengo necessario svolgere due premesse.
Voglio innanzitutto ricordare che la legge antiracket è nata
sulla spinta dell'esperienza delle associazioni antiracket,
che svolgono un ruolo fondamentale, oserei dire strategico,
nell'azione di contrasto al fenomeno del racket. Infatti,
attraverso la forma associativa, si riesce a tutelare nel
migliore dei modi la vittima che collabora con l'autorità
giudiziaria; non è un caso che laddove le denunce vengono
presentate all'autorità giudiziaria non si sia verificato un
solo atto cruento o di rappresaglia. Questo significa che la
formula associativa funziona ed è vincente, perché dà al
cittadino la massima tutela, forza, e soprattutto
sicurezza.
   Negli ultimi tempi si è verificato un rallentamento nella
diffusione di queste associazioni, che prima nascevano con un
ritmo quasi mensile. E' evidente che non si tratta di centri
culturali, ma di associazioni che si costituiscono su basi
estremamente solide e sulla volontà degli imprenditori di
presentare denunce all'autorità giudiziaria. Quindi, la
nascita di queste associazioni è un fatto di grande valore, ma
ripeto che negli ultimi tempi il fenomeno ha subito un calo,
perché non sono più sorte nuove associazioni. Un altro indice
negativo, come evidenziano i dati del Viminale, riguarda la
diminuzione delle denunce di estorsione. Abbiamo registrato
una forte impennata nel 1992, che è stato il momento di
maggiore attenzione da
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parte dell'opinione pubblica, delle istituzioni e dei mass
media sul problema delle estorsioni, mentre il primo
trimestre del 1994 conferma l'arretramento già in atto nel
1993.
   Queste sono, a mio avviso, le due premesse da cui dobbiamo
partire per capire qual è la posta in gioco e renderci conto
come una legge che interviene in maniera così marginale -
perché interessa solo 200 persone circa - possa condizionare
anche queste cifre. In un primo momento ho definito la legge
antiracket come un provvedimento-propaganda ed ora esprimo un
giudizio ancora più grave, perché ritengo che essa sia un
boomerang, perché, dopo aver creato una serie di
aspettative, le ha poi frustrate.
   Il primo limite che ho avvertito nella gestione di questa
legge riguarda un eccesso di scrupolo; come ha sottolineato in
modo esplicito il senatore Ramponi, si tratta di una materia
estremamente delicata, in cui l'attività dello Stato si
incrocia con quella dell'autorità giudiziaria, e ciò rende
tutto più complicato. Lo scrupolo è necessario, ma quando
raggiunge limiti eccessivi, si blocca tutto; quando parlo di
scrupolo eccessivo intendo dire che la paura di favorire, su
218 persone, tre, quattro o cinque profittatori, o truffatori,
ha impedito di dare elargizioni a coloro che ne avevano
effettivamente bisogno. Dobbiamo mettere in conto che una
gestione meno rigida della normativa legislativa, che è
l'orientamento politico che dobbiamo dare al comitato, può
dare ristoro ad un truffatore, ma anche ad altre 100 persone
che ne hanno diritto. Il risultato più importante è che se le
elargizioni le ricevono queste 100 persone i dati relativi
alle denunzie contro il racket si invertono e si intensifica
l'efficacia dell'azione di contrasto.
   La seconda questione riguarda la farraginosità delle
procedure. Debbo dire onestamente che, da quando il prefetto
Musio ha preso in mano la situazione, si è registrato un
sensibile segnale di cambiamento. Un tempo, noi - scusatemi se
parlo di noi - non avevamo alcun interlocutore. Quando andava
bene, riuscivo ad arrivare al comitato tecnico ma non avevo
comunque alcuna possibilità di incidere né di ricevere
informazioni. Da questo punto di vista, la figura del
commissario antiracket ha quindi segnato una sensibile
inversione di tendenza. Si tratta di un dato estremamente
positivo che va senz'altro riconosciuto al prefetto Musio.
   La procedura è comunque farraginosa e potrebbe essere
semplificata; tuttavia, l'ostacolo fondamentale che fino ad
oggi ha frenato la definizione delle pratiche è rappresentato
dal problema della responsabilità. La questione, in sostanza,
è legata all'individuazione di chi si debba assumere la
responsabilità di accertare l'esistenza del rapporto causale -
è questo il punto - tra l'attentato subito e gli atteggiamenti
di contrasto a fenomeni estorsivi. Questo è il vero problema,
che ho denunciato più volte al ministro dell'interno e che
chiama in causa la figura dei prefetti, i quali non sempre si
sentono di assumere questo tipo di responsabilità. Come
sappiamo, il prefetto può accedere agli atti giudiziari, sia
pure incontrando il limite del segreto istruttorio, e ricevere
l'ausilio delle forze dell'ordine; pertanto, questa figura
istituzionale è posta nella condizione di avere un quadro di
insieme del fenomeno e, quindi, di capire se le ragioni di un
certo attentato siano chiare oppure no. Una forte
sensibilizzazione sotto questo profilo potrebbe dunque portare
ad una rapida definizione delle domande pendenti, soprattutto
delle più significative, cioè di quelle legate ad esperienze
di associazionismo antiracket.
   Quanto alle modifiche normative - ed è questa la terza
questione che intendo porre - vorrei conoscere il pensiero del
prefetto Musio sulla proposta ufficialmente formulata dalle
associazioni antiracket siciliane, che nelle prossime
settimane presenteremo anche alla Commissione antimafia.
Considerato che il problema fondamentale è relativo a chi
debba
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assumersi la responsabilità, l'idea è di attribuire un
maggiore potere al commissario antiracket (il quale, tra
l'altro, opera presso la Presidenza del Consiglio) nel senso
cioè di riferire a lui la responsabilità di accertare la
sussistenza dei presupposti previsti dalla legge. Quanto al
comitato (che a nostro avviso deve continuare ad esistere, dal
momento che coinvolge associazioni di categoria ed operatori),
si limiterebbe ad un ruolo di carattere consultivo.
   Analogo meccanismo, a mio avviso, potrebbe essere previsto
anche con riferimento al fondo antiusura. Ho letto questa
mattina le risposte fornite dal Presidente Berlusconi alle
domande che gli abbiamo rivolto in questa sede in occasione
della sua audizione. Il Presidente del Consiglio ha annunciato
che il Governo è impegnato a rivedere l'ipotesi
dell'istituzione del fondo antiusura, previsto dalla legge
attualmente in discussione al Senato, sulla base delle
osservazioni mosse alla proposta originaria. Cosa pensa l'alto
commissario antiracket sul fatto che anche per il fondo
antiusura in corso d'istituzione (che, ovviamente, dovrà avere
caratteristiche diverse dal momento che la vittima dell'usura
si trova in una condizione assolutamente differente rispetto a
quella che caratterizza la vittima del racket: la
cristallinità e la certezza che possono affermarsi con
riguardo a quest'ultima non sono certo le stesse rinvenibili
rispetto alla vittima dell'usura; lo stesso danno, peraltro,
si configura in maniera diversa) egli possa svolgere funzioni
di decisione in ordine alla gestione? Credo che la nostra
Commissione, ad un certo punto del lavoro che sta svolgendo
sul rapporto tra criminalità ed economia, potrebbe formulare
una proposta specifica al riguardo.
   Vorrei approfittare dell'occasione per sollevare una serie
di questioni. Il primo problema che intendo prospettare
riguarda la pubblicizzazione della legge in materia. Se la
nuova normativa riuscirà a sbloccare la situazione ed a
consentire i primi benefici, credo che la sua struttura,
signor prefetto, dovrebbe farsi promotrice di una iniziativa
nazionale di pubblicizzazione della normativa stessa, perché
tale intervento potrebbe agevolare la rimessione in moto del
meccanismo delle denunce. A tale riguardo segnalo l'importante
esperienza della regione Toscana, che ha provveduto alla
diffusione del decalogo antiracket, fornendo nel contempo
istruzioni per l'applicazione della legge.
   Un problema aperto è quello della solidarietà, nel quale
come Commissione incappiamo spesso. Cosa intendo dire? Mi
riferisco a casi di vittime di estorsioni che abbiano subito
gravi danni le quali, pur rappresentando un grande simbolo per
l'intero movimento antiracket, non possono accedere ai
benefici previsti dalla legge. In Sicilia il problema è stato
risolto con l'emanazione di una legge regionale, purtroppo del
tutto inapplicata, sulla quale occorre intervenire.
   Vi è un altro aspetto connesso - come dire? - ad una sorta
di legge di natura. Nel momento in cui una persona subisce un
lutto per motivi di estorsione, il destino della famiglia e
degli eredi è segnato nel senso della decadenza. Abbiamo visto
in che modo si è evoluta la vicenda di Pannunzio di Foggia
(anche se poi, per fortuna, la tendenza originaria si è
invertita, grazie anche al suo intervento, signor prefetto);
vi è poi il problema della ex Sigma, la fabbrica di Libero
Grassi che, al di là di ciò che rappresenta nel mondo
economico, svolge un indubbio ruolo simbolico: la battaglia,
come si ricorderà, riguardava l'ACIO di Capo d'Orlando e la
fabbrica di Libero Grassi. Pertanto, se si riuscisse a mettere
in moto queste realtà, avremmo conseguito un risultato
estremamente importante.
   Infine, vorrei soffermarmi brevemente sul problema dei
testimoni, del quale abbiamo discusso in Commissione in
occasione dell'audizione del generale Valentini, del servizio
centrale di protezione. Non ho letto ancora il relativo
regolamento, che è stato trasmesso ed acquisito agli atti
della
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Commissione, ma vorrei comunque porre il problema perché ad
esso dovremo dare una soluzione. Non è possibile che un
commerciante-testimone con una fedina penale limpida, che anzi
ha dimostrato il suo alto senso civico, subisca lo stesso
trattamento riservato ai collaboratori di giustizia, con tutto
ciò che questo comporta. Conosciamo molto bene il caso del
commerciante di Gela, che è solo uno dei circa venti casi
analoghi per i quali credo che sarebbe opportuno un intervento
normativo.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Vorrei
partire dall'ultimo problema da lei sollevato, per sgombrare
il campo da possibili interferenze della mia attività in un
ambito che non mi appartiene. Sarei anche disponibile ad
esprimere il mio parere, ma se mi pronunciassi sulla
possibilità di ammettere i testimoni ad un certo regime, credo
che uscirei dal campo che mi è stato attribuito. La prego di
non considerarla una scortesia...
  TANO GRASSO. Avevo posto la questione in termini
generali.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Sì, me ne
rendo conto.
   Quanto all'eccesso di scrupolo, penso che ci si debba
attenere a tale criterio nel momento in cui chi è chiamato a
decidere sulla distribuzione di soldi pubblici si deve
interrogare sulla sussistenza dei requisiti che legittimano la
corresponsione. Lo scrupolo, pertanto, è d'obbligo, tanto più
che, come lei sa certamente, nell'ambito delle domande
presentate ve ne sono alcune proposte da persone che hanno
cercato o cercano di approfittare della situazione. Pertanto,
ripeto, lo scrupolo è d'obbligo. Ciò che non è
accettabile...
  LUIGI RAMPONI. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei
comprendere meglio i termini del problema. In particolare,
vorrei sapere se lei consideri possibile che le associazioni
di categoria operanti sul territorio diano, in un certo modo,
una patente di garanzia e, eventualmente, una sorta di
fideiussione. Qualora si appurasse che tra coloro i quali
hanno proposto domanda di risarcimento vi sono alcuni
profittatori, questi ultimi sarebbero obbligati alla
restituzione. Tuttavia, se al di sopra di questo livello si
prevedesse una garanzia fornita dall'associazione del luogo,
che potrebbe essere chiamata da un lato a confortare il
momento difficile della decisione del prefetto o di chi per
esso e, dall'altro, a realizzare una partecipazione, potrebbe
trattarsi di una soluzione efficace al problema sollevato.
  TANO GRASSO. Debbo chiarire che in questa materia esiste
già uno strumento, rappresentato dal regolamento, pubblicato
di recente dal ministro Maroni, con il quale si istituisce
l'albo provinciale delle associazioni antiracket. Al fine di
mettere ordine nel settore, è stata prevista l'istituzione
presso ogni prefettura di appositi albi che consentono già una
prima selezione sulla qualità delle associazioni antiracket.
Nella fase di modifica della legislazione in materia, che a
mio avviso potrebbe essere agganciata alla normativa
sull'usura (della quale il Senato sarà chiamato ad occuparsi
all'inizio dell'anno prossimo), si potrebbe pensare ad
introdurre un criterio di coinvolgimento delle associazioni
nella decisione. Si tratta, del resto, di una proposta che
avevo avanzato nella precedente legislatura, e che tuttavia
non fu accolta: i rappresentanti delle associazioni
antiracket, che conoscono il problema e seguono di fatto
l'istruttoria, partecipano al comitato...
  LUIGI RAMPONI. Ti riferisci alle associazioni antiracket
non, quindi, a quelle di categoria?
  TANO GRASSO. Queste ultime sono già rappresentate in
seno al comitato.
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  LUIGI RAMPONI. Sì, ci sono i rappresentanti...
  TANO GRASSO. La verità è che le associazioni antiracket
sono nate perché vi era un vuoto delle associazioni di
categoria.
  LUIGI RAMPONI. Un vuoto partecipativo.
  GIROLAMO TRIPODI. C'era e c'è...!
  TANO GRASSO. C'era e, in parte, c'è. Le associazioni
antiracket - io le conosco - non sono in grado di
sottoscrivere fideiussioni.
  LUIGI RAMPONI. Quelle di categoria sì.
  TANO GRASSO. Sì.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Riprendendo
il discorso sullo scrupolo, credo che si debba riconoscere la
necessità per chi istruisce la pratica di verificare la
sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, in modo da
giungere alla decisione più logica possibile sul caso
concreto. L'accertamento dei requisiti riguarda il momento
della presentazione della domanda ma anche la fase nella quale
i prefetti relazionano al comitato sulla domanda stessa.
   Quanto al problema dell'accertamento del nesso di
causalità - opportunamente sollevato dall'onorevole Grasso -
nella direttiva in corso di elaborazione e che, come ho detto
poc'anzi, sarà diramata ai prefetti, sono contenute
indicazioni specificamente riferite a questo aspetto. Si è
capito che molto spesso le pratiche non sono andate avanti
proprio a causa delle incertezze sorte sul nesso di causalità.
Pertanto, si è chiarito che non bisogna attendere i risultati
dell'accertamento giudiziario perché, se così fosse, non
potrebbe essere accolta alcuna domanda. La procedura, in
sostanza, è sganciata dal momento dell'accertamento
giudiziario e la si àncora alle ipotesi in cui non risulti
infondata la prospettazione del fatto estorsivo oppure a
quella in cui non si ravvisino elementi che inducano a
considerare fraudolenta la condotta di chi presenta la
domanda.
  LUIGI RAMPONI. Insomma, fino a prova contraria.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Esatto.
   Quanto alla responsabilità dell'accertamento, se si
intende riferire quest'ultimo al prefetto, sarebbe necessaria
una modifica della legislazione. L'onorevole Grasso ha
proposto di attribuire competenza al commissario antiracket,
come figura straordinaria. Non voglio tirarmi indietro, ma
ritengo che la conoscenza dei fatti nel loro insieme - porto
la mia esperienza recente di prefetto di Palermo - è del
prefetto del luogo, che ha un contatto diretto con la
magistratura e con le forze di polizia che il commissario
straordinario non ha. Non voglio sottrarmi a nuovi compiti, ma
credo che questo aspetto vada chiarito.
   Ha anche parlato dei casi di Lecce, cioè di persone che
hanno subito estorsioni e che non sono state ammesse ai
contributi previsti dalla legge. Sto per proporre - colgo
l'occasione per informarne la Commissione - che si facciano
retroagire gli effetti della legge perlomeno al 1^ gennaio
1991. Ho fatto un accertamento per capire quanti casi fossero
restati fuori dai benefici ed è risultato che ve ne sono uno a
Lecce e due in Sicilia.
   Il movimento antiestorsione nasce anche sulla spinta
emotiva di vicende che si sono verificate prima dell'entrata
in vigore della legge. Ritengo perciò che sia opportuna una
manifestazione di solidarietà da parte delle istituzioni e
dello Stato nel suo complesso, ammettendo questi soggetti ai
benefici anche se ad oggi non hanno ottenuto il
riconoscimento. Inoltre, ho potuto
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constatare che per un commerciante di un paese nei pressi di
Brindisi si è verificato un caso particolare. Egli
diligentemente non aveva presentato domanda perché non sapeva
con certezza se si trattasse di un fatto doloso di natura
estorsiva; però, una volta accertata giudizialmente la
dolosità dell'evento, non è stato ammesso al beneficio perché
la legge prevede 120 giorni dalla data dell'evento stesso.
Sembrerebbe opportuno far decorrere la data dall'accertamento
giudiziario, altrimenti resterebbero fuori categorie
benemerite verso le quali lo Stato dovrebbe dimostrare
solidarietà. Ritengo che, nel corso dell'esame della legge
contro l'usura, potrebbero essere presentati emendamenti per
risolvere tali questioni.
   Per quanto concerne la gestione del fondo antiusura, ho
già avuto modo di dire (come il presidente ricorderà) che se
non si stabiliscono "paletti" precisi relativi ai requisiti
per essere ammessi a godere delle provvidenze di questo fondo
c'è il rischio addirittura che la criminalità organizzata
possa inserirsi, in collusione con presunte vittime, e che i
soldi del fondo vadano a suo beneficio. Mi richiamo perciò ad
una proposta dell'onorevole Grasso, da me sempre condivisa,
per cui chi presenta la domanda deve dimostrare innanzitutto
di avere un piano di gestione finanziaria della sua impresa
tale da dirimere qualsiasi dubbio sulla bontà del
destinatario; inoltre, devono essere individuate altre
condizioni per cui, al momento dell'esame della domanda, siano
impossibili eventuali inserimenti fraudolenti.
   Indubbiamente posso svolgere verso gli enti, come del
resto sto facendo, una funzione di stimolo e di
sollecitazione, che produce effetti, perché è difficile
sottrarsi alle sollecitazioni. Forse, non sarebbe fuori luogo
enucleare i casi ancora "in sofferenza" - una decisione sui
quali potrebbe avere un significato positivo in termini di
credibilità delle istituzioni - sui quali concentrare
l'attenzione.
  LUIGI RAMPONI. Cosa può dirci sulla questione della
pubblicità in materia?
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Ho già preso
contatti con il dipartimento informazione della Presidenza del
Consiglio, perché indubbiamente, nei confronti dell'estorsione
ma soprattutto nei confronti dell'usura, un reato la cui
diffusione preoccupa tutti, occorre svolgere un'opera di
informazione che valga a far comprendere i rischi del ricorso
al prestito usuraio. Molta gente attualmente sottoscrive un
interesse del 10 per cento mensile, dimenticando che con la
capitalizzazione degli interessi il tasso diventa del 170-180
annuo. Inoltre, si devono anche pubblicizzare al massimo le
provvidenze a livello comunitario, statale e regionale che, in
qualche modo, potrebbero essere utilizzate dalle medie e
piccole imprese per impostare meglio la gestione delle risorse
e quindi per evitare il ricorso agli usurai.
   Considero quest'opera di pubblicizzazione e di
prevenzione, che è assolutamente indispensabile, uno dei miei
compiti, oltre a quello di proporre modifiche (o quant'altro
possa servire a migliorare la normativa) e alla sollecitazione
del sistema bancario.
   Quest'ultimo, infatti, dovrebbe dare aiuti più consistenti
rispetto a quanto fa al momento. E' vero che le banche,
dovendo amministrare i soldi dei depositanti, hanno regole di
gestione interna e sono vincolate nella determinazione dei
tassi di interesse a problemi di politica economica che
trascendono le banche stesse. Però il dato di fatto che
ritengo di dover far presente in questa sede, avendo avuto la
possibilità di contattare associazioni di categoria, esponenti
del mondo bancario, Banca d'Italia e quanti stanno studiando
il problema dell'usura, è che oggi ci troviamo di fronte ad un
fenomeno di dimensioni economiche spaventoso. Il grado di
deterioramento del tessuto socio-economico è notevole, non è
un puro fatto di
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moda. Dai contatti che ho avuto a Bari, Napoli, Brindisi,
Catania e Palermo è emerso che, nelle regioni a rischio, la
recessione economica, la stretta creditizia, il venir meno di
contribuzioni statali hanno creato difficoltà enormi per cui
si è verificato il ricorso al prestito usuraio. Questo
fenomeno ha già determinato effetti nefasti nel momento in cui
si è verificato un vero e proprio spossessamento di beni
immobili dell'imprenditoria da parte dell'economia illegale,
ma dobbiamo mettere in conto gli altri danni che deriveranno
dai prestiti usurai già assunti, che le persone non bancabili
non saranno in grado di fronteggiare.
  PRESIDENTE. Esistono dati esatti relativi a tale
fenomeno?
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Esistono dati
che provengono da più parti. Il 22 dicembre la BNL e la Doxa
presenteranno un documento nel quale viene illustrata
l'analisi compiuta nell'ambito della propria clientela, dal
quale emergeranno dati precisi sulle tipologie di persone che
si sono rivolte agli usurai e le diverse esigenze; si tratta
di un mondo variopinto che comprende persone che si sono
trovate in difficoltà e persone che hanno fatto ricorso
all'usura per scopi voluttuari, non degni di considerazione.
Inoltre, nel mondo degli usurai esistono persone e società,
nonché individui che si sono dedicati a quest'attività solo da
poco e che sono insospettabili. Il fenomeno deve essere
seguito perché è estremamente preoccupante.
  GIROLAMO TRIPODI. Quando il Parlamento ha approvato la
legge si è posto due obiettivi. Il primo era quello di aiutare
gli operatori economici, gli artigiani, i commercianti e i
cittadini colpiti dall'azione mafiosa a fini estorsivi. Il
secondo obiettivo era di stimolare una collaborazione alla
lotta contro la mafia e le organizzazioni criminali di ogni
tipo. Pensavamo così di aver creato uno strumento moderno per
rompere lo stato di omertà esistente in molte zone del paese:
non esistendo incentivi dello Stato, i cittadini colpiti non
denunciavano alle autorità competenti gli attentati, gli atti
intimidatori e le minacce subite. In alcune zone dove
avvenivano attentati dinamitardi, tagli di piante e
danneggiamenti ad attrezzature industriali, non venivano
avanzate denunce, perché chi riceveva le angherie doveva
sottostare a queste intimidazioni e poi arrivare ad un
accordo.
   Questo è stato uno degli elementi che hanno determinato il
rafforzamento del potere criminale in alcune zone e quindi la
sua possibilità di controllo del territorio. Il racket, così
come le tangenti, è uno dei canali attraverso i quali la mafia
svolge la sua attività delittuosa e quindi colpisce i
cittadini, imponendo la sua prepotenza sulla società.
   I due obiettivi non sono stati raggiunti e, come diceva
l'onorevole Grasso, si sono verificati addirittura dei
contraccolpi: se all'inizio erano sorte associazioni
antiracket per contrastare il fenomeno mafioso, man mano la
tendenza si è invertita. Recentemente si è verificato un fatto
preoccupante: a Taurianova volevano fare come a Cittanova,
dove i commercianti si erano ribellati e avevano denunciato i
nemici della loro attività, cioè le cosche mafiose, e in
particolare i Facchineri (cioè quelli delle vacche sacre), uno
dei quali giorni fa è sfuggito alla cattura ed è latitante. A
Taurianova hanno tentato in questi giorni di fare la stessa
cosa, però, nell'incertezza della copertura dello Stato, prima
hanno denunciato e poi sono tornati indietro, prima hanno
costituito un'associazione e poi ci hanno rinunciato. Si è
così indebolita un'iniziativa che avrebbe potuto portare a
grandi risultati.
   Mi rendo conto che il problema è complesso e che non
possiamo risolverlo qui adesso, signor prefetto, però è
evidente che non si riuscirà a proseguire in questa azione se
la procedura prevista consentirà ritardi e cavilli e se non ci
saranno finanziamenti
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adeguati. Se si vuole veramente contribuire alla
lotta alla mafia, è necessario compiere un salto di
qualità.
   Conosco un imprenditore di Scalea che ha avuto il coraggio
di rifiutare il pagamento di tangenti alla mafia: ha
denunziato il fatto alle forze di polizia fornendo anche
indicazioni sui nomi, ed io stesso mi sono interessato della
vicenda presso il questore. Egli ha presentato richiesta di
risarcimento perché la sua impresa ha subito più di cento
milioni di danni, ma non ha ricevuto nulla. Io stesso mi sono
interessato personalmente del caso, ma non ho saputo a chi
rivolgermi al Ministero dell'interno. Il dato rilevante è che
l'interessato non ha avuto risposta e questo non solo ha
deluso lui, ma ha scoraggiato anche altri che avrebbero potuto
seguire il suo esempio.
   Signor prefetto, lei ci ha riferito che molte richieste di
risarcimento sono state respinte; vorremmo conoscere i motivi
di queste reiezioni. Se qualcuno chiede un risarcimento senza
una valida motivazione, è una sorta di estorsore al contrario;
ma nei casi in cui c'è stato un attentato, denunziato, che ha
fatto seguito ad una richiesta estorsiva, bisogna verificare
approfonditamente le ragioni che hanno portato a respingere le
richieste di risarcimento.
   Vorrei poi sapere se, secondo la sua opinione, i fondi
messi a disposizioni sono sufficienti.
  TANO GRASSO. C'è un surplus di 150 miliardi!
  GIROLAMO TRIPODI. A maggior ragione se i fondi ci sono,
vorrei conoscere le ragioni per le quali le domande non sono
state accolte.
   Lei ha parlato di una direttiva volta a definire procedure
standard e della possibilità di presentare le domande
direttamente ai prefetti. Mi permetto di sollecitarla a
formulare una direttiva che sia rigida, ma non eccessivamente
dettagliata, altrimenti anch'essa rischia di divenire
farraginosa: il problema, infatti, è lo snellimento delle
procedure.
   Il segnale forte che bisogna dare è nel senso della
volontà di proteggere chi ha resistito, ha subito danni e ha
scelto di collaborare nella lotta alla criminalità
organizzata.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Per quanto
riguarda le motivazioni della reiezione delle pratiche, è una
curiosità che ho voluto togliermi anch'io: non potendo
esaminare il contenuto dei singoli fascicoli, ho disposto una
verifica per comprendere i motivi di queste reiezioni. Tra le
diverse zone del paese, le regioni del sud (Puglia, Calabria,
Sicilia, Campania) sono quelle nelle quali è stato presentato
il maggior numero di domande; purtroppo ho anche dovuto
constatare che riguarda queste zone anche il maggior numero di
reiezioni. Il motivo della maggior parte dei rifiuti è di
merito: il comitato, cioè, non ha riconosciuto la sussistenza
dei requisiti per proporre l'accettazione della domanda. Se
volesse una risposta più precisa, sarebbe necessario un esame
ulteriore che richiederebbe tempo. Comunque si tratta in
maggioranza di motivi di merito; le richieste respinte perché
riguardanti fatti anteriori o perché le domande sono state
presentate fuori dai termini costituiscono una parte
trascurabile.
  GIROLAMO TRIPODI. Si potrebbero evitare queste perdite
di tempo.
  GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo
per il coordinamento delle misure antiracket. Sì, i rifiuti
conseguenti a questo tipo di motivazione si potrebbero evitare
attribuendo direttamente ai prefetti il compito di vagliare i
requisiti. La direttiva di cui ho parlato è volta proprio ad
un miglioramento dell'istruttoria di queste domande, ottenuto
fornendo agli interessati un'assistenza relativamente ai
contenuti della domanda (data, natura del fatto, rapporti di
causalità, ammontare del
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danno, esistenza o meno di polizze assicurative, sussistenza
di presupposti) e riguarda anche i contenuti del rapporto del
prefetto. La direttiva si limita a ricordare le disposizioni
di legge in materia e, soprattutto, richiama l'attenzione sul
fatto che nel rapporto devono essere presenti determinati
elementi, altrimenti l'istanza non può essere valutata dal
comitato. Non è, dunque, un appesantimento burocratico, ma la
volontà del comitato (perché la direttiva deriva da
un'iniziativa del comitato stesso e della Presidenza del
Consiglio) di evitare una corrispondenza inutile.
  PRESIDENTE. Ringraziamo il prefetto Musio per la sua
disponibilità.
   La seduta termina alle 15,40.

 


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