Violante: seduta 82
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     AUDIZIONI DEL PREFETTO DI ROMA; DEL QUESTORE, DEL
COMANDANTE PROVINCIALE DEI CARABINIERI E DEL COMANDANTE DEL
  NUCLEO CENTRALE DI POLIZIA TRIBUTARIA DELLA GUARDIA DI
  FINANZA; DEI RAPPRESENTANTI DELLE SEGUENTI ASSOCIAZIONI
   IMPRENDITORIALI DI ROMA: UNIONE INDUSTRIALI, CONFAPI,
CONFCOMMERCIO, UPLA-CONFARTIGIANATO, ASSOCIAZIONE PROVINCIALE
   DI ROMA DELLA CNA, CONFESERCENTI, SULLA SITUAZIONE DELLA
             CRIMINALITA' ORGANIZZATA A ROMA
        PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del prefetto di Roma:
Cabras Paolo, Presidente ............ 3351, 3352, 3353, 3356
                                                        3359
Brutti Massimo ............................ 3356, 3357, 3358
Tripodi Girolamo .......................... 3354, 3355, 3356
Vitiello Sergio, Prefetto di Roma ......... 3351, 3352, 3353
                          3354, 3355, 3356, 3357, 3358, 3359
Audizione del questore, del comandante provinciale dei
carabinieri e del comandante del nucleo centrale di polizia
tributaria della Guardia di finanza:
Cabras Paolo, Presidente ............ 3359, 3362, 3363, 3364
                                            3365, 3366, 3367
                    3368, 3370, 3372, 3374, 3375, 3377, 3379
Brutti Massimo ................ 3360, 3361, 3362, 3374, 3375
Calvi Maurizio ...................... 3362, 3363, 3364, 3376
                        Pag. 3350
Colavito Michele, Comandante della Regione Lazio dell'Arma
dei Carabinieri ....................................... 3368
D'Arcadia Gabriele, Comandante dello SCICO della Guardia
di finanza ...................................... 3373, 3374
De Matteo Aldo ............................ 3367, 3368, 3376
Di Paolo Nino, Comandante del nucleo centrale di polizia
tributaria della Guardia di Finanza ....... 3368, 3370, 3372
                                                        3379
Gallitelli Leonardo, Comandante provinciale dei
Carabinieri ............. 3364, 3365, 3366, 3367, 3368, 3377
Masone Ferdinando, Questore di Roma ............. 3360, 3361
                                3362, 3363, 3364, 3376, 3377
Tripodi Girolamo ................................ 3360, 3361
Audizione dei rappresentanti delle seguenti associazioni
imprenditoriali di Roma: Unione industriali, Confapi,
Confcommercio, Upla-Confartigianato, Associazione provinciale
di Roma della CNA, Confesercenti:
Cabras Paolo, Presidente ............ 3380, 3381, 3382, 3384
                                                        3389
Alfonsi Vincenzo, Segretario generale della Confesercenti
di Roma ................................... 3382, 3384, 3389
Del Buono Dario, Presidente della Confartigianato di
Roma ............................................ 3385, 3388
Ferrara Salute Giovanni ......................... 3387, 3389
Merluzzi Gianni, Vicepresidente della Confcommercio di
Roma ............................................ 3386, 3389
Ranucci Mario, Presidente della CNA di Roma ........... 3387
                                                        3389
Tini Brunetto, Presidente dell'Unione industriali di
Roma ............................................ 3381, 3382
Trombetta Giorgio, Presidente della Federlazio
romana .................................... 3380, 3381, 3390
                        Pag. 3351
La seduta comincia alle 9.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
             Audizione del prefetto di Roma.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
prefetto di Roma, Sergio Vitiello, che ringrazio, a nome della
Commissione, per aver accolto il nostro invito. La Commissione
è oggi riunita per aggiornare i dati relativi all'attività
svolta dalla criminalità organizzata a Roma, nella sua
provincia ed anche nel territorio regionale. Dico questo in
quanto ella, essendo prefetto di Roma, svolge una funzione di
coordinamento dei prefetti delle altre province per quanto
concerne i problemi della sicurezza e dell'ordine pubblico.
   La Commissione ha già ascoltato i magistrati della procura
distrettuale antimafia soffermandosi in particolare sulle
attività criminali che hanno a che fare con le attività
economiche e finanziarie; in particolare si è soffermata sul
riciclaggio di denaro sporco e sul fenomeno dell'usura che ha
registrato (credo che ci darà poi conferma di questo) una
escalation. Ci siamo altresì informati sulle residue
attività di gruppi criminali che fanno capo alla famosa banda
della Magliana, gruppo criminale estinto in quanto tale, ma
del quale hanno fatto parte alcuni soggetti i quali oggi
collaborano con i magistrati. Qualcuno di costoro è stato
recentemente estradato in Italia. Abbiamo riferimenti di
passati rapporti con gruppi mafiosi per l'espletamento di
attività illecite. Abbiamo inoltre appreso dai magistrati
della procura distrettuale antimafia alcune notizie
interessanti sul settore finanziario. Immagino che lei, signor
prefetto, abbia predisposto una relazione che la invitiamo ad
esporre; al termine del suo intervento i commissari che
vorranno potranno rivolgere delle domande.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Presidente,
sono pronto a dare tutte le informazioni e anche la
documentazione inerenti a ciò che si fa normalmente, e anche
in modo straordinario, per capire come la mafia è presente nel
territorio provinciale e regionale. Il 26 novembre scorso
invitai tutti i rappresentanti delle forze dell'ordine della
regione (i prefetti, i questori, nonché tutti coloro che
potevano dare contributi volti alla conoscenza del fenomeno
mafioso) a partecipare ad una conferenza regionale su tale
tema. Emerse in linea generale che nella regione non si può
parlare di una struttura tipica mafiosa, ossia che non vi è la
stessa struttura esistente in Sicilia, in Calabria o altrove.
Da noi non esiste un nucleo dirigente, ma vi sono determinati
affiliati alla mafia i quali, operando con la complicità della
malavita locale, organizzano colpi o gestiscono attività
illecite. Mi riferisco in particolar modo al traffico degli
stupefacenti, alla prostituzione, al gioco d'azzardo ed
all'usura. Quest'ultimo fenomeno, lo saprete meglio di me, è,
per così dire, la grande madre della malavita in quanto
l'usura finisce in racket, in estorsione e quindi dà
inizio ad un'attività criminale organizzata.
   Abbiamo compiuto diversi tentativi volti a combattere
l'usura, ma purtroppo questo reato si nasconde facilmente;
quasi sempre la vittima dell'usura non parla.
                        Pag. 3352
Un anno prima del mio insediamento fu istituito un telefono
verde per ricevere denunzie di questo tipo: purtroppo però
tale strumento non è stato mai utilizzato. Ciò non vuol dire
che l'usura non esista: essa c'è come c'è il gioco d'azzardo,
altra attività pericolosa in quanto permette il riciclaggio di
denaro sporco. Esiste inoltre l'allibramento clandestino,
sulle corse di cavalli, attività che da tempo allignano nei
bassi strati della delinquenza romana che ha dei nuclei
organizzati, ma che in sé e per sé non rappresenta un
eccessivo pericolo, tranne non venga eccitata da questi
mafiosi i quali organizzano determinate attività che non hanno
però il loro centro a Roma. Si tratta di terminali di
organizzazioni centrali che esistono in altre zone d'Italia,
normalmente in Sicilia. Per esempio, l'attività terroristica
registrata lo scorso anno (parlo degli attentati di via Fauro
e di San Giorgio al Velabro) pare sia imputabile ad un clan di
corleonesi, alcuni esponenti dei quali vivono nei comuni
vicino Roma. A volte la mafia può organizzare attentati di
questo tipo per fini destabilizzanti.
  PRESIDENTE. In quali comuni risiedono questi individui
riconducibili al clan dei corleonesi?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. In verità la
questura non me lo dice, specifica solo che costoro risiedono
in comuni limitrofi alla capitale; probabilmente il questore,
che ascolterete dopo di me, potrà darvi informazioni al
riguardo. Comunque nella relazione che consegnerò alla
Commissione sono contenuti i nominativi.
  PRESIDENTE. Signor prefetto, lei poc'anzi ha parlato di
allibramento clandestino: vi sono presenze camorristiche in
questo settore? Noi sappiamo che Zaza e Nuvoletta erano
interessati alle attività connesse agli ippodromi.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Risulta che
questa specialità è gestita dalla camorra. Qualche presenza
più costante, più stanziale si verifica nei comuni del
litorale pontino e in quelli confinanti con la Campania, del
frusinate e del cassinate. Soprattutto nel litorale pontino,
nei comuni di Pomezia e di Ardea, vi è qualche attività tenuta
costantemente sotto controllo. Durante le riunioni del
comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica rivolgo sempre
raccomandazioni in questo senso. Ricordo che in quella zona vi
è un consistente abusivismo edilizio che non si riesce a
debellare; spesso le abitazioni sono costruite di notte, tra
il sabato e la domenica, per cui fino ad ora non si è potuto
far niente. Insisto molto presso i sindaci perché reprimano
questo fenomeno dal momento che sono loro a doversi muovere:
dal canto nostro possiamo controllare il territorio e fermare
queste persone mentre costruiscono l'edificio, ma quando la
costruzione è già iniziata, o addirittura è in fase di
ultimazione, è il sindaco che deve intervenire, ma non sempre
interviene in quanto a volte può essere intimidito o non è
pronto a muoversi. Si tratta tuttavia di un fenomeno che deve
essere eliminato attraverso una fase di rientro nella
legalità. Ricordo che l'abusivismo assume varie forme: vi è
quello commerciale, quello imprenditoriale, quello edilizio
che, ripeto, è difficile da debellare in quanto a volte si
tratta di demolire case occupate e non sappiamo dove mandare
le persone che vi abitano. Gli interventi possono essere
quindi fatti solo quando la costruzione è in atto.
   Recentemente con il sindaco Rutelli abbiamo deciso di fare
delle ispezioni con gli elicotteri della polizia per vedere
dall'alto dove si estende l'abusivismo. Del resto i vigili
urbani da soli non riescono a fronteggiare il fenomeno, per
cui ho chiesto all'Arma dei carabinieri, presente in tutto il
territorio provinciale, di vigilare e di reprimere. Anche
grazie a questa attività, infatti, la mafia cerca di riciclare
il denaro sporco. Tale organizzazione è come una grande
industria che diversifica la sua attività commerciale a
seconda della zona in cui opera ed è abilissima ad adattare i
suoi mezzi agli ambienti che
                        Pag. 3353
trova. Pare confermato (me lo riferiscono sia la questura,
sia la Guardia di finanza, sia i carabinieri) che la mafia
intenda tenere la zona di Roma tranquilla, in quanto essendo
la città di grande risonanza, teme che qualsiasi cosa di
eclatante sia fatto possa inasprire la reazione, danneggiando
quindi le sue molteplici attività. Questo è il motivo per il
quale Roma è una zona di media tensione mafiosa.
  PRESIDENTE. Recentemente vi sono state operazioni di
particolare rilievo nel perseguimento del reato di usura. Mi
sembra che i carabinieri abbiano scoperto un gruppo di usurai
che operava nella zona dell'EUR.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. E' vero.
  PRESIDENTE. I collegamenti erano con gruppi camorristici
o con gruppi collegati alla 'ndrangheta o alla mafia?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non lo ricordo.
Ho qui le relazioni che mi feci fare dal questore, dai
carabinieri e dalla Guardia di finanza in attesa della
conferenza regionale del 26 novembre (sono quindi del 10-15
novembre dell'anno scorso, cioè recentissime). C'è un po' di
tutto: i nomi, le cellule mafiose che ci sono e che vengono
controllate. La finanza sta compiendo indagini molto
approfondite su questa mafia imprenditoriale, che ormai si è
così trasformata: l'attività mafiosa di un tempo non esiste
più, lo sappiamo tutti.
   Ho chiesto - ed ho mandato anche delle direttive - ai
prefetti della regione che perseguano soprattutto i controlli
sulle società finanziarie, sulle imprese mafiose. E' facile
comprare le imprese decotte: prima si strozzano attraverso
l'usura, si fanno fallire e poi si comprano.
  PRESIDENTE. Questo è un argomento di grande interesse
per la nostra indagine. Da una parte c'è l'attività di
riciclaggio, che si serve di società finanziarie, di
intermediazione, a volte utilizza anche circuiti bancari; per
esempio, ci sono sospetti su istituti creditizi come la Cassa
di risparmio di Rieti, di cui si è parlato anche in questi
ultimi tempi, e che sembra sia servita ad attività illecite
(riciclaggio, oltre che erogazione non motivata e non
giustificata di fidi a persone sospette di far parte di
organizzazioni criminali).
   Ci interessa poi sapere se risulti nell'ambito romano la
presenza di imprese sospette di essere di mafia, di
'ndrangheta, di camorra, di essere cioè imprese della
criminalità organizzata (attività edilizie, esercizi
commerciali). Ci sono soltanto sospetti o c'è qualcosa di più,
cioè elementi precisi?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Io ho avuto
notizia durante la mia permanenza a Roma (circa nove mesi)
solo di un'impresa di trasporto di cementi (betoniere) che -
mi pare a Pomezia - ha lamentato una certa infiltrazione,
camorristica soprattutto. Ma abbiamo subito messo loro gli
occhi addosso: pare che il fenomeno poi si sia molto
ridimensionato. Vi sono senz'altro altre imprese che possono
essere state oggetto di riciclaggio di denaro sporco, ma sono
in corso accertamenti per risalire alle fonti dei
finanziamenti e la Guardia di finanza dice che sono
lunghissimi.
  PRESIDENTE. Cosa può dire sull'impresa dei fratelli
Alvaro ad Aprilia? Sono elementi calabresi legati alla
'ndrangheta. Avevano un'impresa che lavorava con la SIP.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Romaà. La Guardia di
finanza ha fatto questa ipotesi, come risulta nella relazione
che ho con me.
   Vorrei soltanto aggiungere che la Guardia di finanza
impiega molto tempo perché - così sostiene - spesso questi
fatti hanno intrecci internazionali.
                        Pag. 3354
  GIROLAMO TRIPODI. Signor prefetto, lei ha detto che a Roma
non c'è una struttura di organizzazione criminale uguale a
quella esistente in altre regioni del Mezzogiorno (Sicilia,
Calabria, Campania, Puglia). Però ha indicato attività
criminali che si svolgono nella zona e che comprendono gli
stessi obiettivi: l'attività illecita si svolge cioè in
termini tipicamente mafiosi (lei ha parlato di usura, di
traffici di stupefacenti e così via).
   Il presidente ha già anticipato una domanda circa una
questione della quale mi sono occupato anch'io personalmente,
quella degli Alvaro di Palmi: recentemente uno di loro è stato
arrestato (non ricordo precisamente se a Pomezia o ad Aprilia)
dopo una lunga attività illecita nel corso della quale era
stato posto in essere anche un certo tipo di sfruttamento nei
confronti dei lavoratori, tanto da provocare la reazione e
l'opposizione dei sindacati, i quali hanno finalmente imposto
che l'impresa fosse definitivamente smascherata. Essa operava
in Calabria, come impresa di fiducia della SIP, poi si era
estesa.
   Non so se in proposito lei abbia notizie precise su altre
imprese: ricollegandomi a quanto ha detto il senatore Cabras,
vorrei chiedere se vi siano molti trasferimenti di imprese dal
sud verso la zona di Roma; parlo di imprese di carattere
mafioso o comunque in odore di mafia. A noi risulta che i
trasferimenti siano molti e vorremmo sapere se lei ha qualche
notizia su una questione così importante. Con un sistema del
genere, infatti, si instaura la tendenza ad imporre una
egomenia sul territorio e sull'economia della zona
(l'obiettivo è proprio questo).
   Inoltre, poiché lei ha parlato di edilizia abusiva, noi
vorremmo sapere chi lottizzi i terreni: sono gli stessi
proprietari oppure - come accade spesso in altre zone - sono
acquistati dai mafiosi che poi li lottizzano abusivamente?
Avendo costoro pagato il terreno molto poco, si registra da
parte del singolo cittadino una certa convenienza per il basso
prezzo; così si arriva a realizzare le costruzioni - come lei
ha detto - abusivamente e magari di notte. Per inciso, anche
se è vero che il controllo è di competenza dei comuni,
certamente i carabinieri, la polizia e la Guardia di finanza
in presenza di un'attività di edificazione dovrebbero
verificare la regolarità della concessione edilizia, se cioè
la costruzione rientra nelle norme di legge.
   Un altro problema: oltre agli affari illeciti nella zona
di Roma, fra le attività delittuose si registrano casi di
attentati estorsivi nei confronti di cittadini. E' un altro
settore nel quale opera la mafia: prima l'attentato
intimidatorio e poi la richiesta di mazzette e di tangenti.
Vorremmo avere da lei un quadro su queste attività.
   Vorremmo inoltre sapere se risultino subappalti nella zona
e se una parte di essi sia nelle mani di ambienti criminali
mafiosi. Poiché gli ambienti mafiosi si muovono in questa
direzione, vorremmo sapere se da parte vostra vi è stato un
interessamento a questo genere di attività.
   Infine, per quanto concerne il problema degli appalti - in
particolare nel settore edilizio - vorrei sapere se alcuni
vostri interventi abbiano portato alla luce casi degni di
nota. E' vero che a Roma per fortuna non vi sono tendenze di
un certo tipo, ma si registra comunque una presenza criminale,
anche nel settore commerciale. In altre zone, poi, in quelle
agricole più floride dell'agro romano - per esempio Latina -,
vi sono collegamenti fra le produzioni agricole e le cosche
criminali di altre località; in altre parole si verifica un
intreccio di affari tra insediamenti di criminalità
organizzata del luogo e gruppi criminali provenienti
dall'esterno. Non so se lei ci possa dare notizie in
proposito, ma in ogni caso questi potrebbero essere
considerati suggerimenti per un più approfondito intervento in
questo campo.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. E' un problema
che comunque riguarda in particolare i prefetti delle
rispettive zone,
                        Pag. 3355
perché non posso intervenire escludendo il prefetto o il
questore del luogo.
  GIROLAMO TRIPODI. Certamente.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Vorrei comunque
fare una precisazione: secondo me, una cosa è la mafia, altra
cosa è il metodo mafioso. Non è escluso che qui si utilizzino
metodi mafiosi, ma di per se stessi questi non giustificano la
presenza della mafia; sono metodi, appunto. Altra cosa, invece
- a mio parere, per lo meno (ma ne so meno di voi) -, è la
tipica organizzazione mafiosa. Qui non ci sono omicidi
mafiosi, né diretti né per vendette trasversali. Ecco perché
non c'è un'organizzazione di quel tipo. Ci sono però crimini
che si commettono con metodi mafiosi: possono essere
organizzati sia da mafiosi sia da esponenti della malavita
locale (spesso, anzi, è così).
   Per quanto riguarda la presenza di imprese che possano
essere state toccate dal fenomeno mafioso o che possano
addirittura formare patrimonio imprenditoriale della mafia, io
non posso dare una risposta. Potete chiederlo al questore o
alla Guardia di finanza, che in proposito hanno competenze
precise. Io so che ci sono indagini in tal senso. Bisogna
anche dire che spesso si tratta di indagini giudiziarie e che
di esse noi prefetti siamo tenuti totalmente all'oscuro. Non è
la prima volta che io protesto per questo: come può il
prefetto esercitare un'attività di prevenzione se non sa quali
siano i campi oggetto di indagine e di attenzione da parte
della magistratura? Si afferma che esiste il segreto
istruttorio: ma quando si parla con il prefetto non si viola
il segreto istruttorio; semplicemente lo si mette nelle
condizioni di mirare l'attività di prevenzione a lui
spettante. Non si può parlare di coordinamento di forze di
polizia senza il coordinamento fra i poteri dello Stato: in
questo caso manca proprio il coordinamento fra i poteri dello
Stato. Spesso in province più piccole vi è un rapporto
personale fra il prefetto ed il procuratore della Repubblica,
per cui qualcosa viene detto o viene fatto capire (mai
formalmente...); nelle città più grandi - come a Roma o in
altre nelle quali sono stato - questo rapporto manca
completamente: il prefetto è tenuto all'oscuro di tutta
l'attività di indagine che fa capo alla magistratura, per cui
viene messo al corrente dei fatti quando essi sono già oggetto
di precise imputazioni.
   Ricordo che all'epoca in cui ero prefetto a Firenze si
diceva che in quella città non vi era una presenza mafiosa. Ad
un certo momento a Prato venne fuori che invece una presenza
di questo tipo esisteva: io me la presi a morte con la Guardia
di finanza, la quale soltanto la sera prima, per educazione,
mi aveva comunicato che il giorno successivo avrebbe eseguito
alcuni arresti. Se avessi saputo per tempo dell'esistenza di
una tendenza mafiosa a Prato, avrei potuto organizzare le cose
meglio, in modo da sorvegliare, da controllare, da intervenire
al momento opportuno. Credo che a questo problema non si possa
porre rimedio, perché l'attività di polizia giudiziaria è
segreta. Io sono però dell'opinione - anzi, sono fermamente
convinto - che il prefetto debba essere al corrente di questi
fatti: altrimenti non può coordinare le forze di polizia in
modo efficace, orientato a certi fini.
   Per quanto riguarda le imprese oggetto di attenzione o
addirittura di proprietà mafiosa, sono in corso indagini di
alto livello e di grande portata ad opera della Guardia di
finanza. Di maggiori elementi potrei non disporre per il fatto
che potrei non essere stato messo al corrente: credo che al
riguardo potranno rispondere meglio i vertici delle forze di
polizia. Peraltro, io sono uno che le cose le sa, perché
fortunatamente il questore è bravissimo e molto competente,
così come assai disponibile è il colonnello dei carabinieri ed
attivissima la Guardia di finanza. Ma a volte neanche loro,
neanche i capi di queste forze di polizia sanno di che cosa si
sta occupando in un certo momento la magistratura in relazione
a determinati fatti.
                        Pag. 3356
   Per quanto riguarda la presenza di imprese che possano
suggerire il fondato sospetto di svolgere attività mafiosa,
abbiamo avuto il caso di Civitavecchia: il Consorzio autonomo
del porto ha dato in appalto - pare a trattativa privata - una
concessione per la costruzione del molo. Ho inviato sul posto,
ai sensi della legge più recente, una commissione ispettiva
formata da un magistrato, da un funzionario della regione e da
un funzionario del Ministero dei lavori pubblici, i quali mi
hanno riferito che effettivamente non vi era stata licitazione
privata, non vi era stato niente, mentre invece avrebbe dovuto
esservi. Ho inviato tutti gli atti alla DIA, al Ministero dei
lavori pubblici.
  MASSIMO BRUTTI. A chi sono andati i lavori?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Ad un consorzio
di cui non ricordo il nome.
  MASSIMO BRUTTI. Per caso sa se vi era anche un'impresa
catanese?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non so se fosse
catanese o no.
  PRESIDENTE. Vi erano anche imprese di livello nazionale
oltre ad imprese minori.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Forse c'era la
Cogefar, non lo so.
  PRESIDENTE. Sì, tra le imprese di rilevanza nazionale vi
era anche la Cogefar.
  MASSIMO BRUTTI. La Commissione se ne è occupata nella
passata legislatura?
  PRESIDENTE. No, in questa legislatura. Avevamo raccolto
una denuncia dei sindacati e della Lega ambiente ed abbiamo
chiesto gli atti del consorzio, interessando anche il
Ministero competente, che ci ha risposto inviandoci una
relazione. Quindi, disponiamo di una documentazione. Tuttavia,
evidentemente il prefetto allude ad una successiva fase di
intervento e di indagine, in quanto ha fatto presente di aver
inoltrato questo materiale alla DIA.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non solo, ma ho
nominato anche una commissione di indagine su questo.
  PRESIDENTE. Quindi, vi è già una fase ulteriore che
risponde anche alle preoccupazioni che ci avevano mossi in
sede di intervento sulla vicenda del consorzio del porto di
Civitavecchia.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Voglio dire
che, quando si sa qualcosa, si interviene, ma bisogna saperla,
non si può intervenire alla cieca verificando impresa per
impresa quali capitali vengano utilizzati, perché questo
sarebbe fantascienza. Comunque, se vi sono indicazioni, si
interviene; questo è poco ma sicuro. Non ricordo quale altra
domanda mi abbia rivolto l'onorevole Tripodi.
  PRESIDENTE. Le ha chiesto se abbia notizia di
trasferimenti di imprese o di passaggi di proprietà, per
essere esatti.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Potrebbero
esservi questi trasferimenti, ma è un'indagine che dovrebbe
essere compiuta a tappeto ed io non ho questo compito.
  PRESIDENTE. Le è stato chiesto se per caso si sia
verificato un episodio più rilevante degli altri a sua
conoscenza.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. No, francamente
non mi risulta.
  GIROLAMO TRIPODI. Signor prefetto, lei ha ragione quando
fa presente di non essere l'autorità inquirente, è chiaro;
tuttavia, il prefetto organizza il proprio lavoro ed a lui
spetta una serie di compiti riguardanti l'ordine pubblico. Al
questore spettano determinati compiti operativi,
                        Pag. 3357
mentre il prefetto coordina questo lavoro, almeno per quanto
riguarda le linee di carattere generale. Non pensa che sarebbe
opportuno, poiché è cosciente della gravità della situazione,
anche se non siamo ai livelli di altre province, che lei si
ponesse l'esigenza di stabilire in qualche modo un punto di
osservazione, magari istituendo un ufficio che si occupi
dell'individuazione di tutti i fenomeni che possono collocarsi
all'interno dell'attività illecita della criminalità
organizzata? Ciò costituirebbe un aiuto a lei per acquisire
conoscenza dei processi che in questo campo vanno avanti,
anche molto impetuosamente. Infatti, se gli attentati di Roma,
pur non avendo ancora una matrice definita, trovano origine in
decisioni di carattere mafioso, è evidente che a Roma debbono
esservi le basi. E' evidente che, se non vi è qualcuno sul
posto, se non c'è la base, la mafia non può effettuare un
attentato clamoroso come quello compiuto a Roma. Ecco il
motivo per il quale è giusto che, oltre all'attività
inquirente e di repressione, ve ne sia anche una di
prevenzione, anche come aiuto ed indirizzo per il prefetto che
si muove nell'ambito dell'attenzione e dell'impegno che a
questi fenomeni debbono essere riservati. Del resto, il
prefetto può convocare il questore ed il comandante dei
carabinieri per acquisire notizie. Inoltre, esiste il comitato
per l'ordine pubblico, che non so se venga riunito e con quale
cadenza.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Riunisco tale
comitato una volta alla settimana, il martedì mattina (domani,
infatti, è prevista una riunione) e talvolta anche durante la
settimana. Dispongo di un ufficio dell'ordine e della
sicurezza pubblica che raccoglie i dati e gli elementi che ci
vengono comunicati dalle forze dell'ordine, che sono in un
certo senso le mie orecchie, visto che io non dispongo di
personale che possa girare per verificare come vadano le cose.
Noi recepiamo queste notizie ed ovviamente cerchiamo di
valutare dove sia necessario fare qualche cosa in più e dove a
volte si debba fare qualcosa in meno, oltre che verificare
come equilibrare meglio le indagini e le operazioni di polizia
necessarie. Disponiamo di questo ufficio - l'onorevole Tripodi
può stare tranquillo - e tutta la documentazione che ho
portato con me proviene da questo ufficio che segue le cose,
raccoglie informazioni ed alimenta l'attività del comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica.
   Per esempio, pur non sapendo che oggi avremmo parlato di
usura, la riunione di martedì 18 gennaio sarà dedicata proprio
all'usura e verranno convocati nuovamente i commercianti che
già una volta abbiamo ascoltato. In quell'occasione essi
dissero che, tutto sommato, non vi era questa preoccupazione,
che in effetti vi sono dei casi di usura ma che non è
un'attività preoccupante. Analogamente definirono non
preoccupante l'attività delle estorsioni, di cui l'onorevole
Tripodi ha prima parlato e che costituiscono un reato
gravissimo che rappresenta uno dei segnali della presenza
della mafia. Però a Roma non ve ne sono, non vi sono stati che
pochi, pochissimi casi - si possono contare sulle dita di una
mano o, al massimo, di due - di incendi dolosi o di bombe in
qualche negozio, ma sono casi davvero rari, di cui credo non
abbiate sentito parlare neanche voi (e dai giornali simili
cose si saprebbero). Quindi, l'attività estorsiva intesa nel
vero senso della parola, a Roma non è diffusa; non escludo che
vi sia ma, se vi è, essa ha proporzioni fisiologiche.
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei porre al prefetto di Roma alcune
questioni specifiche. In primo luogo, la banda della Magliana
ha subito, come sappiamo, negli anni passati numerosi colpi.
Vorrei chiedere se al prefetto risultino l'esistenza di un
centro che è in continuità con la banda della Magliana,
l'attività di persone che ad essa erano legate e da essa
provengono e la presenza di metodi organizzativi che possano
farci pensare ad una continuità di questa struttura criminale
a Roma. Sappiamo che si tratta di una struttura criminale
assai complessa e
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che ha avuto rapporti con settori degli apparati dello Stato.
   A questo proposito, vorrei chiedere al prefetto se risulti
nulla in ordine ad un'attenzione particolare delle forze
dell'ordine e dell'attività di polizia sui rapporti di Gelli
con ambienti romani, di criminalità romana; sui rapporti di
Carboni con il mondo dell'usura; sulle attuali attività
economiche di Francesco Pazienza. Insomma, l'impressione che
abbiamo ricavato anche in sede di indagini svolte sulla
camorra, in particolare su un episodio rilevante della storia
della camorra qual è stato quello dell'omicidio Casillo
perpetrato a Roma, nonché l'impressione che abbiamo ricavato
da quanto ci ha detto un collaboratore di giustizia come
Galasso è che a Roma non vi è soltanto un'attività criminale
particolarmente sviluppata e virulenta (credo risulti anche a
lei la presenza di organizzazioni locali che ormai controllano
il traffico di droga in rapporto con le grandi organizzazioni
esterne), ma anche qualcosa di più: un rapporto tra questi
ambienti criminali e settori forti delle istituzioni, degli
apparati dello Stato, dei servizi di informazione e sicurezza;
la peculiarità della criminalità romana sta proprio nel fatto
che, trovandosi a Roma, ciò le consente di stabilire rapporti
con settori delle istituzioni.
   Su tutto questo esiste una prospettiva di indagine, vi è
un'attenzione delle forze di polizia, si svolgono attività di
prevenzione? Vorrei che il prefetto, anche senza scendere in
particolari, ci desse il polso di questa prospettiva di
indagine possibile, se vi è.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. La banda della
Magliana viene frequentissimamente rievocata nei rapporti che
mi presenta il questore e nei nostri stessi interventi svolti
presso il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Con
il termine banda della Magliana (di cui si è allargato molto
il senso) si indica ormai tutto ciò che è organizzato a Roma a
livello di malavita. La questura ed i carabinieri hanno
compiuto in questa direzione interventi davvero
importantissimi, tant'è vero che essi considerano in gran
parte decimata la banda della Magliana.
   Ciò non toglie che si continuino a chiamare banda della
Magliana fenomeni che non sono riferibili a quel tipo di
organizzazione criminale, la quale forse è ancora presente,
perché la malavita organizzata vi è sempre a Roma, come
dovunque, anche con qualche connessione con elementi mafiosi,
certamente: l'abbiamo detto prima, non è che la mafia sia
assente a Roma, è presente, anche se Roma non è una base
importante della mafia così come normalmente si intende, forse
soprattutto per quei legami con ambienti politici. Ecco
perché, secondo la mia opinione, la mafia ha interesse a
mantenere Roma come una sorta di isola a sé stante, proprio
perché i contatti possono essere tenuti senza troppo chiasso,
senza attirare attenzioni troppo violente che potrebbero
danneggiare i piani elaborati forse ancora a livello centrale.
   Possibilità di contatti con Gelli? Non lo so, potrebbero
esservi ma, se vi fossero, non ne sarei a conoscenza per i
motivi che ho detto prima, in quanto fanno parte di indagini
condotte da altri organi e di cui regolarmente non vengo
informato.
   I rapporti tra mafia e politica si sono sempre saputi, ma
io non li ho visti; possono continuare ad esservi, certamente,
ma anche questo, purtroppo, non rientra nelle mie possibilità
di indagine. Non credo neppure che possano saperne nulla la
questura o i carabinieri; si tratta di cose che bisogna
chiedere a livello DIA o DNA. Comunque, ne sento parlare come
ne sentite parlare voi e non ho fonti di cognizione diverse.
Quindi, non è che possa orientare accertamenti in questa
direzione. Vi è il SISDE, vi sono vari organismi deputati a
questo.
  MASSIMO BRUTTI. Glielo raccomando il SISDE...
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. In teoria
almeno dovrebbe occuparsene,
                        Pag. 3359
in quanto fa parte degli organi preposti alla difesa
dell'ordine democratico. Comunque, è chiaro che, se io o un
organo informativo venissimo a conoscenza di qualcosa,
senz'altro sapremmo come muoverci. Però, non mi risulta che vi
siano contatti tra attività mafiose, massoneria e politica;
non risulta dalle cose che noi facciamo, cose che sono ad un
livello locale di tenuta dell'ordine e della sicurezza
pubblica.
  PRESIDENTE. Signor prefetto, nel ringraziarla la
pregherei di lasciare alla Commissione la documentazione che
ha portato con sé.
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Senz'altro.
Vorrei anche informare che ci stiamo occupando di mafia
cinese, che è presente a Roma e che ha anch'essa centri
direzionali lontani dall'Italia, sembra Parigi o comunque
qualche centro della Francia.
  PRESIDENTE. La sua attività è finalizzata al traffico di
stupefacenti?
  SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Sì, al traffico
di stupefacenti e soprattutto al lavoro nero. Il settore della
ristorazione è un' attività dietro cui si nascondono traffici
illeciti di ogni genere.
  PRESIDENTE. In effetti, la mafia cinese è presente a
Roma nel settore della ristorazione in modo evidente. Grazie.
Audizione del questore, del comandante provinciale dei
carabinieri e del comandante del nucleo centrale di polizia
tributaria della Guardia di finanza.
  PRESIDENTE. A nome dei colleghi della Commissione vi
ringrazio per aver accolto il nostro invito. Noi stiamo
aggiornando le nostre conoscenze sul tema della presenza della
criminalità e dei modi in cui la criminalità organizzata è
presente nella realtà romana ed anche, in proiezione, nella
realtà regionale. Aggiorniamo pertanto le conoscenze che già
dettero luogo nella passata legislatura ad una relazione della
Commissione antimafia.
   Abbiamo ascoltato questa mattina il prefetto e in una
passata riunione della Commissione abbiamo ascoltato i
magistrati della procura distrettuale antimafia. Siamo
particolarmente interessati agli aspetti più rilevanti della
presenza della criminalità organizzata a Roma; sappiamo
benissimo che non è tanto una presenza di insediamento e di
occupazione del territorio quanto, bensì, di attività illecite
per le quali forse Roma offre una sede ed un'occasione
privilegiata anche come luogo di scambio e di incontro, come
punto di snodo di relazioni.
   Sappiamo che la criminalità organizzata ormai ha un
livello, uno spessore di interessi che rendono necessario
anche questo tipo di contatti. In particolare ci interessano
gli elementi che riguardano le attività di riciclaggio, le
attività finanziarie, l'usura, i passaggi di proprietà di
imprese industriali e commerciali. Del resto loro sanno
benissimo che l'opinione pubblica ha preso nota, tardivamente,
della presenza di interessi mafiosi a Roma quando si è
indagato a fondo sull'attività della banda della Magliana, che
è apparsa come uno dei centri di scambio tra mafia,
criminalità organizzata, criminalità economica, addirittura
gruppi eversivi di destra ed anche personaggi di spicco
dell'establishment criminale, da Gelli a Carboni.
   Siccome credo che anche recenti indagini abbiano
dimostrato che vi è ancora qualche persistenza, qualche
traccia di questa presenza, di questi interessi che dettero
vita a quelle intese malavitose e a quei reati anche di natura
economica e finanziaria, siamo particolarmente interessati a
sapere quanto potete dire in materia.
   L'udienza è pubblica, a meno che voi o nell'esporre o nel
rispondere a quesiti dei commissari non richiediate la
segretazione delle vostre dichiarazioni. In tal
                        Pag. 3360
caso i colleghi ed io non abbiamo alcuna difficoltà a rendere
la seduta segreta.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Signor
presidente, grazie per l'invito e per avere la pazienza di
ascoltarmi e di ascoltarci.
   Il quadro già delineato da lei, signor presidente, è
pienamente rispondente a quella che è la situazione attuale a
Roma. Noi non parliamo di insediamenti mafiosi a Roma, che in
effetti non ci sono mai stati, ma propaggini, possibilità di
agganci vi sono stati in passato e pensiamo vi siano tuttora.
Come? Intanto attraverso gli accoliti della banda della
Magliana, di quella che considero l'ex banda della Magliana,
perché ha subito dei durissimi colpi e perché, da quando è
sorta, cioè da quando alla fine degli anni settanta facemmo un
elenco dei nominativi, enucleando 70 nomi di persone nei
confronti delle quali dovevamo impostare indagini
personalizzate, piuttosto che partire dai fenomeni
delinquenziali che si verificavano, da allora, in effetti, non
è che tale banda abbia più avuto tanti segreti per noi.
L'ultima operazione risale all'aprile del 1993, si trattava
della cosiddetta "operazione Colosseo", nel corso della quale
70-80 persone vennero colpite da provvedimenti cautelari e la
maggior parte di esse furono assicurate alla giustizia.
   Possiamo quindi parlare di "ex", il che non significa che
non esista più. Non è che improvvisamente tutti gli accoliti,
le persone che facevano parte dell'organizzazione - che è
stata l'unica vera organizzazione romana di tipo mafioso in
senso vero, vale a dire piramidale, con un capo e con le varie
diramazioni -, anche se separate tra di loro, siano diventati
delle persone perbene; vivono di delitto, magari di delitti
più sofisticati e hanno trovato delle aggregazioni a questo
punto non più gerarchiche. Mi sembra si stia delineando - ma
stiamo cercando di chiarire bene quanto avviene -
un'organizzazione di tipo camorristico, così come è stato
delineato nella vostra relazione sulla camorra. Si tratta,
infatti, di piccoli gruppi composti da 10-15 persone che non
hanno assolutamente il controllo del territorio - perché a
Roma non esiste controllo del territorio da parte delle
organizzazioni - ma si riuniscono in gruppi ed agiscono
all'interno del gruppo nei vari traffici.
   Abbiamo enucleato qualcosa come 12 gruppi...
  MASSIMO BRUTTI. Sono localizzati in alcune parti della
città?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non
necessariamente, non sono collegati al territorio né
interferiscono sul territorio. In pratica, poiché i loro
interessi non sono quelli dell'estorsione, perché qui il
fenomeno non esiste, è marginale - l'estorsione in senso
tipico, tecnico, sui negozi, quella che si estrinseca, ad
esempio, nella richiesta al negoziante di un certo
quantitativo di soldi in base al numero delle vetrine, non
esiste - non vi è la possibilità di scontrarsi sul territorio.
Esistono invece questi gruppi che sono dediti alla gestione
del gioco d'azzardo ...
  GIROLAMO TRIPODI. Gruppi o cosche?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Io non
parlerei di cosche perché intanto il numero limitato delle
persone che noi abbiamo finora individuato non può far pensare
ad una cosca di tipo mafioso con un capo che gerarchicamente è
la cointeressenza; sono piuttosto gruppi residuati dalla banda
della Magliana che trovano opportuno riunirsi per gestire un
determinato traffico, ad esempio, il gioco d'azzardo, che è
sempre lucroso, soprattutto per quanto riguarda i video giochi
eccetera, anche perché i rischi sono minimi e l'investigazione
è particolarmente difficile. Infatti, fino a quando non si
riesce a stabilire che vi è una mente comune, una matrice
comune e che quindi è un'associazione a gestire il gioco,
anche l'intervento repressivo appare impossibile. In altre
parole, si colpisce il singolo circolo, la singola bisca, la
singola
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casa da gioco ma, fino a quando non si ha la prova - ed è
difficilissimo trovarla - di una gestione comune, è arduo
intervenire in maniera decisa dal punto di vista giudiziario e
quindi repressivo.
   Questi gruppi, che abbiamo individuato informando le
autorità giudiziarie competenti per i singoli casi, sono
residuati della banda della Magliana. Non esiste una gerarchia
precisa perché sono nomi di persone che hanno ognuno un
proprio spessore; quindi non la vedo assolutamente come una
cosca, perché la cosca è ben altra cosa: la cosca ha
senz'altro una gerarchia all'interno e all'esterno; qui ancora
non le vedo.
  MASSIMO BRUTTI. Nelle cosche c'è una struttura
"familista", qui no.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Esatto. Lo
ripeto, i connotati della cosca sono la gerarchia interna e la
gerarchia esterna; ebbene, noi non vediamo la gerarchia
esterna.
   Quanto sto dicendo può essere sostenuto in modo chiaro con
la sicurezza di essere nel vero perché noi abbiamo avuto dei
pentiti che sono ancora attivi in questo senso e stanno
rendendo dichiarazioni ai magistrati. Ve ne sono due che erano
proprio un capo e l'altro nei vertici della vecchia
organizzazione della banda della Magliana; vi sono personaggi
importanti che sono stati colpiti in seguito a tali
dichiarazioni. Quindi, il quadro che ho tracciato non è
solamente ipotetico, ma è basato anche su dichiarazioni che
vengono dall'interno dell'organizzazione, dichiarazioni anche
formalizzate e non solo confidenziali che potevano giungere a
noi.
   In effetti su Roma - e tale elemento è importante - il
carattere omertoso diffuso non esiste. Questo è un altro
elemento che ci fa ritenere che dal punto di vista
dell'organizzazione criminale mafiosa non ci siamo, perché il
suo connotato principale è l'omertà. Che su questi gruppi, su
queste "miniorganizzazioni" possano trovare puntelli, agganci
le organizzazioni mafiose vere e proprie questo è un dato
anch'esso certo, perché come vi era Calò, così vi sarà un suo
successore, qualcun altro. D'altra parte noi abbiamo avuto a
Roma in soggiorno obbligato Leoluca Bagarella e Giuseppe
Madonia. La nostra indagine è incentrata sugli ambienti che
ruotavano intorno a questi.
  GIROLAMO TRIPODI. A Roma si sono registrati due episodi
che hanno suscitato clamore: l'assassinio - verificatosi molto
tempo fa - di un capo mafia calabrese della zona
ionica-reggina, Totonno D'Agostino, e un blitz eseguito dalle
forze di polizia, mi pare al Fungo, durante una riunione di
alcuni esponenti di alto livello della mafia, della
'ndrangheta e di Cosa nostra (forse c'era anche Piromalli).
Non si trattava di una semplice riunione, ma di qualcosa di
più, dell'organizzazione di attività illecite, di contatti e
di rapporti. Questo tipo di presenza aveva addentellati con
settori della pubblica amministrazione?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Ricordo
benissimo il caso di D'Agostino; se non sbaglio il magistrato
che all'epoca si occupava del caso era l'onorevole Imposimato,
attuale componente della Commissione antimafia. Rammento
l'episodio per averlo vissuto, così come ricordo benissimo la
riunione del Fungo; tuttavia - ripeto - le manifestazioni e le
riunioni che si svolgevano in quel periodo erano connesse
strettamente al sorgere ed al solidificarsi
dell'organizzazione criminosa per eccellenza nata su Roma. In
quel periodo i collegamenti con la banda della Magliana, che
appariva sempre più forte, erano facili e redditizi.
   Dieci anni dopo, se Calò è inserito, o per lo meno
protetto da personaggi della banda della Magliana, è perché si
è trovato in tale organizzazione un punto fermo di
riferimento. Non escludo che Roma sia anche adesso un punto di
incontro.
   Il presidente poco fa accennava a Roma quale punto di
snodo importante, con possibilità di incontro: è tutto
verissimo e su questo siamo particolarmente
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attenti. Diciamo che stiamo tornando indietro per andare
avanti. Sono convinto però che tutti i personaggi che hanno
dimostrato tanta pericolosità non siano finiti. Abbiamo
delineato i vari gruppi, che più o meno possono interagire tra
loro, per configurare il programma di lavoro che stiamo
portando avanti giorno per giorno. I punti di riferimento come
il luogo dove è stato Bagarella per noi attualmente
costituiscono un centro di investigazione.
  MASSIMO BRUTTI. Un collaboratore di giustizia da noi
sentito ha parlato della zona della Nomentana quale luogo di
incontro. Bagarella arbitrava i contrasti tra le varie
organizzazioni mafiose.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Può essere.
D'altra parte era in soggiorno obbligato a Monterotondo,
proprio sulla via Nomentana.
  PRESIDENTE. Quali sono le attività illecite dei dodici
gruppi criminali individuati? Esiste solo il traffico di
stupefacenti o vi è una pluralità di attività?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Mi pare sia
già stato messo in risalto dinanzi a questa Commissione, che
ne ha preso atto, che dobbiamo stare attenti al gioco
d'azzardo. Sembra una sciocchezza, ma a Roma sono furbi:
invece di fare cose eclatanti, vanno alla ricerca di fatti che
sono lucrosi, ma sembrano piccole cose, de minimis.
Trecento biliardini piazzati in altrettanti circoli privati di
Roma, che rendono almeno 3-4 milioni al mese netti per
l'organizzazione che li ha istallati, vuol dire ricavare in un
anno cifre enormi di fatturato, a fronte di reati che non
vengono perseguiti per i motivi ricordati prima. La
possibilità di far sorgere i cosiddetti circoli privati senza
alcuna autorizzazione né controllo, focolai potenziali di
qualsiasi cosa, deve essere oggetto di riflessione. A Roma il
modo di agire è questo; le cose eclatanti non si fanno.
   Nicitra Salvatore è in carcere a seguito dell'operazione
Colosseo, mentre il fratello e il nipote sono scomparsi.
Certamente non si tratta di un sequestro di persona, così come
certamente non è una scomparsa volontaria: quindi, dobbiamo
pensare per forza ad un regolamento di conti. Del resto, la
sua attività principale era il gioco d'azzardo. Poiché la
duplice scomparsa che abbiamo dovuto annotare è
particolarmente grave, sa di atteggiamento mafioso, questo può
dare l'idea dello spessore che assume questo tipo di attività
e degli interessi che coagula: sono tanti piccoli rivoli che
ad un certo punto formano un enorme lago. Questa è l'immagine
che si può dare.
   D'altra parte il Nicitra, che si è dedicato principalmente
a questo tipo di attività, ha avuto un sequestro di beni con
confisca pari a 20 miliardi! E' un elemento che fa riflettere
nel senso appunto dei rivoli che giungono ad un grande lago.
E' un aspetto da tener presente anche sotto un profilo
legislativo perché non è possibile che domani,
improvvisamente, ci troviamo, di colpo, dieci o venti circoli,
sorti con tanto di prestanome che non corrono alcun rischio se
non quello di ricevere una contravvenzione.
  MAURIZIO CALVI. Nicitra è un punto di grave crisi?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non è che sia
un punto... Ho ricavato un'idea: può essere una lupara bianca
nel vero senso della parola - ed allora saremmo di fronte ad
una crisi profonda - oppure può essersi trattato di un
incontro con alcune persone per discutere di determinati
interessi illeciti, connessi con la detenzione del fratello,
da cui è scaturito qualcosa di diverso. A quel punto hanno
dovuto coinvolgere anche il ragazzino. Ho pensato anche che il
ragazzino fosse stato portato in funzione di scudo
all'incontro che sicuramente si è svolto, ma essendo emerso
qualcosa di diverso, ipoteticamente la soppressione dello zio
ha comportato anche quella del nipote.
                        Pag. 3363
  MAURIZIO CALVI. Vi è la possibilità di avere informazioni
dall'interno delle bande?
  PRESIDENTE. Ci sono dei collaboratori.
  MAURIZIO CALVI. Sì, ma si tratta di pentiti o di
informatori? In Calabria e in Sicilia vi è una pletora di
pentiti che alimenta i flussi di informazione; su questo
versante - mi riferisco sempre al caso Nicitra - l'importante
è la qualità e la quantità delle informazioni attraverso le
quali si possono avere dati certi e orientamenti precisi. Sul
piano dell'indagine complessiva, dal punto di vista delle
conoscenze qual è la situazione?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Per le
investigazioni abbiamo delle informazioni provenienti
dall'interno. E' chiaro che, essendo confidenziali, vanno
prese con le molle: vanno prese come spunto di investigazione,
non già come oro colato. Le mie erano riflessioni sulla base
di fatti successi e di notizie acquisite. Abbiamo anche dei
pentiti, alcuni dei quali, mentre il capo, l'Abbatino, era
fuori da parecchio tempo, erano nell'organizzazione fino a
ieri, cioè fino al 1993. E' chiaro che sono ancora sotto
esame, per cui si tratta di vedere cosa diranno, dove
arriveranno.
   Il pentimento diffuso non è ancora una caratteristica
romana; tra l'altro a Roma ci si può pentire su piccole cose,
sull'organizzazione che fa le rapine, non è che le
organizzazioni siano tante, diverse e in contrasto tra loro.
L'idea che mi sono fatto dell'ex banda della Magliana è che si
sia frantumata dando luogo a singoli gruppi; essendo, però,
attivi è difficile riscontrare dei pentimenti.
   Il gioco d'azzardo è un'attività preponderante; un'altra è
il traffico di stupefacenti, anche se questa non è stata mai
la vera attività della banda della Magliana. E' un traffico
facile, ma si tratta di un grande spaccio più che di una
organizzazione di livello internazionale. Questa è la
situazione attuale.
   Posso dire che si tratta di una situazione abbastanza
sotto controllo, in relazione per esempio alla conoscenza
fisica dei personaggi. Siamo sensibilissimi a questo, il che è
dimostrato dall'elevato numero di proposte avanzate per la
sorveglianza speciale: per ognuno di questi personaggi è stata
avanzata una proposta per la sorveglianza speciale e per il
sequestro dei beni. Sono qui presenti i rappresentanti della
Guardia di finanza, con i quali abbiamo frequentissimi
contatti in relazione a richieste di accertamenti
patrimoniali: non credo che vi sia un personaggio di cui ho
delineato la figura che non sia stato oggetto, recentemente,
della nostra attenzione investigativa.
   Un altro aspetto che riguarda l'attività di queste
organizzazioni è l'usura. E' un problema certamente
importante, come è dimostrato da alcuni arresti eseguiti da
noi e dall'Arma dei carabinieri. E' un'attività alla quale
prestiamo la massima attenzione, senza fermarci al fatto
singolo, individuale. Mi viene in mente Casamonica, una
organizzazione legata a Nicoletti Enrico e alla banda della
Magliana, rispetto alla quale è stata riscontrata l'usura.
Oltre all'arresto si è preceduto alla confisca ed al sequestro
di tutti i beni a disposizione, ossia macchine di grossa
cilindrata, ville, eccetera.
   Anche sotto questo profilo la nostra attenzione è massima.
Devo anche sottolineare un'iniziativa assunta sull'argomento
dalla regione Lazio che a me sembra molto buona e alla quale
diamo tutto l'appoggio possibile. Essa è finalizzata ad
individuare le cause e le ragioni profonde di questa
proliferazione, cause e ragioni che sono da ricercare
ovviamente nella crisi economica e nella difficoltà di avere
aiuti bancari. Si stanno mettendo a fuoco una serie di
circostanze che spero sfoceranno in qualcosa di positivo.
Ribadisco che da parte nostra c'è un'attenzione dal punto di
vista investigativo e repressivo e c'è la volontà piena e
ferma di collaborare e contribuire a fornire tutto l'apporto
possibile alla commissione costituita in seno alla regione
Lazio.
                        Pag. 3364
  MAURIZIO CALVI. L'usura è in mano ai gelesi, per caso?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non mi
risulta, per lo meno gli elementi...
  PRESIDENTE. Nell'usura si registra la presenza di
elementi camorristici; mi riferisco all'operazione dei
carabinieri dell'Eur dove sono stati individuati elementi
della camorra, il che rende evidente l'interscambio fra
criminalità romana, comune od organizzata che sia, e
criminalità di stampo tradizionale.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Avevo omesso
di sottolineare questo legame con la camorra perché quando si
parla di mafia ...
  PRESIDENTE. Sì, si tratta di un termine onnicomprensivo.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Sì, è un
termine onnicomprensivo ma mi riferisco sempre alla mafia
siciliana con la quale abbiamo avuto a che fare direttamente
il generale Colavito (quando era colonnello e comandava la
legione di Palermo) ed io (quando ero questore di quella
città). E' evidente che il discorso cade subito sulla mafia
siciliana, mentre per quanto riguarda la camorra dobbiamo
basarci su fatti concreti: Ciro Mariano era a Roma, Stolder
era a Roma, altri personaggi (latitanti ed altri) ci vengono
segnalati a Roma. Pertanto non solo non escludiamo questo
interscambio o questo collegamento ma siamo convinti che
esista.
   Per quanto riguarda il campo specifico dell'usura e del
riciclaggio (senza dubbio potranno essere più precisi i
responsabili della Guardia di finanza), si tratta delle
attività alle quali la camorra napoletana è più interessata
nell'ambito della città di Roma.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Preliminarmente, signor presidente, devo
esprimere un giudizio di piena concordanza sulle
considerazioni espresse dal questore di Roma, il quale ha
fatto un'ampia disamina sulla realtà romana e sulla provincia.
Anche lei, nelle osservazioni preliminari, aveva già
tratteggiato le caratteristiche della composizione criminale
nella capitale e in provincia, dove la presenza di
organizzazioni mafiose indubbiamente viene percepita
attraverso i latitanti arrestati, le operazioni di polizia
giudiziaria condotte, che a loro volta mostrano collegamenti
evidenti e operativi con alcuni soggetti originari di quelle
regioni dove il fenomeno mafioso è endemicamente presente.
Tuttavia questa presenza ha una sua tipicità caratteristica,
nel senso che queste organizzazioni hanno un interesse a
mantenere basso il profilo criminale percettibile nella
capitale perché i loro interessi operativi delinquenziali si
rivolgono essenzialmente al riciclaggio, quindi alla spendita
di flussi di reddito, al lavaggio di questi soldi,
all'occupazione di attività produttive. Tendono dunque ad
inserirsi in questo modo in un'area che è lontana dagli
interessi regionali.
   La banda della Magliana, della quale si parla ampiamente,
è diventata, come ha giustamente sottolineato il questore, un
contenitore dal quale poi si sono sparsi dei rivoli, delle
frange operative che hanno acquisito e poi mantenuto con il
tempo un'autonoma capacità operativa, specialmente tra il 1990
ed il 1991, quando possiamo, bene o male, collegare la fine
sostanziale di tale banda intesa in senso lato (il gruppo di
De Pedis che era in contrapposizione con quello dei
testacciani). Concordiamo pienamente con il questore nella
considerazione che tutte queste frange operative sono state
ben individuate sia nella capitale sia nella provincia; hanno
una sorta di patto reciproco di tolleranza, per cui non c'è
un'occupazione stabile del territorio (ritorno
all'osservazione che ho fatto in precedenza) ma c'è una sorta
di compatibilità ambientale e territoriale tra i vari gruppi
per cui ciascuno agisce anche nell'altro territorio
indifferentemente, nel
                        Pag. 3365
senso che non c'è una spartizione di territorio e di
attività, perché nelle stesse attività i vari gruppi
partecipano abbastanza diffusamente. Per esempio nel traffico
delle sostanze stupefacenti che trova qui a Roma un suo taglio
specifico sia perché vi è un grande mercato costituito dalla
notevole popolazione (anche se il fenomeno accenna ad una
regressione, che può definirsi diffusa come indica anche il
numero dei morti per overdose) sia perché vi è un
ritaglio particolare, in quanto a Roma viene utilizzata
moltissimo la manovalanza di extracomunitari. Il fenomeno
della presenza di stranieri, di extracomunitari, di sacche di
emarginazione, la presenza di nomadi costituiscono altrettanti
elementi che vanno a comporre un quadro e a tipicizzarlo
rispetto ad altre aree del territorio nazionale.
   Analogamente abbiamo rilevato (signor presidente, cerco di
non ripetere quanto ha già detto il questore ma di portare
qualche elemento diverso) la presenza di una criminalità
cinese che potrebbe diventare punto di attenzione, non dico di
preoccupazione o di allarme, ma di attenzione, come dimostra
il fatto che si tratta (a parte i 250 ristoranti cinesi
presenti nella capitale) di una comunità chiusa composta da 5
mila soggetti. Vi è un'emanazione di quella che è meglio nota
come Triade cinese, denominata in Italia Sole Rosso che ogni
tanto appare; è apparsa per esempio in occasione del sequestro
di un titolare di ristorante, sequestro successivamente
sventato dalla DIA e dell'Arma dei carabinieri. Tale sequestro
sottendeva ad una estorsione di 10 milioni. Si tratta di
estorsioni di piccole somme che riteniamo vengano compiute in
questa comunità con una certa frequenza; tuttavia, il fatto
che si tratti di una comunità chiusa ed il tipo specifico di
reato non consentono un'investigazione ad ampio raggio e
quindi di lacerare l'omertà che caratterizza tale comunità.
   Tornando all'attività dei gruppi delinquenziali romani e
della capitale, il fatto che essi si propongano come terminali
operativi, occasionali o per attività episodiche rispetto alle
organizzazioni mafiose è dimostrato dalle varie operazioni di
polizia giudiziaria che sono state condotte anche negli ultimi
tempi.
   Quanto all'usura, essa rappresenta una delle attività
maggiormente diffuse nella capitale, vuoi per il momento
economico vuoi anche per una certa tradizione (lo dico tra
virgolette) in questa sorta di accesso ad un debito diverso
perché l'istituto bancario chiede garanzie che ovviamente non
è necessario fornire nell'ambito usurario. Sempre in questo
settore, oltre a quella operazione a cui lei ha fatto cenno,
si è dimostrata una chiara ingerenza della camorra: si
trattava di 17 personaggi tutti di area campana che avevano
stabilito questa rete di accesso al credito usurario sia nella
capitale sia nella zona costiera (Ladispoli, Ostia)
commettendo anche alcune gambizzazioni ed estorsioni per
riuscire a recuperare i crediti che erano notevoli. Tutto
questo dimostra l'esistenza di un aggancio con la camorra che,
stando anche alle dichiarazioni acquisite attraverso un noto
pentito della camorra, ha tentato anche di penetrare nell'area
di Monterotondo (di cui si è parlato prima) dove ne abbiamo
avuta cognizione...
  PRESIDENTE. A Ostia c'era la famiglia Fasciano?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Esatto.
  PRESIDENTE. In questo caso c'era una presenza
territoriale più spiccata; c'è qualche motivo particolare,
visto che si trattava di Ostia?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Signor presidente, la presenza territoriale
non va mai interpretata come controllo del territorio, perché
comunque i Fasciano ad Ostia sono affiancati anche da altri
gruppi. Non è una presenza esclusiva sul territorio perché
questo fatto non si verifica in nessuna parte della provincia
e nella capitale. La presenza localizzata
                        Pag. 3366
naturalmente porta a gestire gli interessi ravvicinati, anche
per una certa conoscenza perché la gestione dell'usura
presuppone una conoscenza ravvicinata di bisogni e di
interessi.
   L'altra operazione condotta in questo ambito che ci ha
consentito di poter arrestare Nicoletti, che è un grossissimo
personaggio delinquenziale già appartenente alla banda della
Magliana e che aveva connivenze con un funzionario di banca e
con un notaio...
  PRESIDENTE. Di Ciommo.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Sì, con Di Ciommo. Questo è stato un altro
punto dove abbiamo individuato come si sia articolato il
settore del credito: c'è un primo livello che ha la
disponibilità finanziaria e poi vi sono rivoli sottostanti. Il
sistema si presenta come lo sconto che si ha dalla banca: uno
prende fondi, paga un certo interesse e poi redistribuisce ad
interessi superiori per poter pagare il primo fornitore. Tutti
gli interessi sono essenzialmente finalizzati all'acquisizione
delle stesse attività produttive perché è uno strangolamento
progressivo dell'imprenditore che si rivolge all'usuraio, a
questa organizzazione. Il dato di fatto è la sostituzione del
singolo usuraio con una sorta di organizzazione, nel senso che
non c'è più la singola unità perché l'attività è diventata
organizzata da gruppi di cinque, sei o sette persone che
gestiscono questo ambito che non è territoriale ma produttivo,
di conoscenze, di interessi che si intersecano e si
sovrappongono anche territorialmente. Lo stesso gruppo di
Nicoletti diramava i propri interessi non solo nella capitale
ma anche in altri territori della provincia.
  PRESIDENTE. L'attività di Nicoletti aveva collegamenti
con Flavio Carboni?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Non abbiamo un riscontro preciso; comunque
l'indagine è ancora in corso.
  PRESIDENTE. Non so se anche a tale riguardo l'indagine
sia in corso, ma vorremmo sapere qualcosa in merito alla
vicenda degli ex stabilimenti cinematografici De Paolis
localizzati sulla via Tiburtina.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Già nel 1990 ci eravamo interessati ad una
vicenda di cui ha parlato recentemente Galasso.
  PRESIDENTE. Galasso ne ha parlato anche alla
Commissione.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Fra i Cillari che avevano costruito
appartamenti si era inserito Nicoletti. Nell'ambito di questa
circostanza aveva parlato anche di Nicoletti che aveva
acquistato gli stabilimenti De Paolis manovrando alle spalle
dello stesso Galasso, che in un primo tempo aveva fatto
l'acquisto. Circa un mese e mezzo fa abbiamo investito della
vicenda l'autorità giudiziaria ed abbiamo in corso un'indagine
mirata per individuare le responsabilità. C'è un'attività di
indagini in corso con la procura romana in relazione a questi
stabilimenti che attualmente non funzionano perché sono ancora
nella titolarità di Nicoletti Enrico.
  PRESIDENTE. Tutta l'area o una parte?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Una parte dell'area.
   Comunque il tutto è sotto verifica giudiziaria perché
stiamo conducendo questa indagine. A carico del Nicoletti e di
altri si sta preparando una proposta per l'applicazione di
misure patrimoniali, in quanto il suo patrimonio è vastissimo.
   Per quanto riguarda le estorsioni, convengo con il
questore nel dire che il fenomeno, a Roma, non è diffuso. Le
estorsioni sono sempre legate ad episodi singoli, occasionali;
del resto mancano
                        Pag. 3367
anche gli indicatori che ci possano far pensare ad una
attività estorsiva diffusa, perché il basso numero di incendi
o di attentati, che siano verosimilmente riconducibili ad una
matrice estorsiva, costituisce un indicatore da apprezzare
obiettivamente. Pertanto il loro basso numero ci fa capire che
l'attività estorsiva non è diffusa. Peraltro la stessa
iniziativa di un numero verde, che potesse far superare la
ritrosia, il timore delle vittime nel denunciare il fatto,
aveva dato tra la fine del 1992 e l'inizio del 1993 dei
riscontri assolutamente insignificanti. Questo non significa
evidentemente che il fenomeno non esista. Esso esiste ma a
nostro avviso avviene con episodicità, occasionalità. Si
tratta di singoli gruppi che mandano ad effetto queste
estorsioni; ne abbiamo registrate un centinaio nel 1993. L'80
per cento di esse è stato scoperto. Si tratta infatti di un
reato che una volta denunciato - se va ad effetto - viene
senza dubbio scoperto, perché è abbastanza semplice, dal punto
di vista strutturale, a scoprirsi. La difficoltà sta
nell'acquisire la notitia criminis del fatto.
   Sia nella capitale sia nella provincia mancano quelle
condizioni socio-ambientali che possano favorire il
consolidamento, il radicamento di queste forme delinquenziali,
che presuppongono quasi una predisposizione del cittadino alla
omertà, al silenzio. Bene o male le denunce vengono fatte nel
momento in cui accade qualcosa. Abbiamo anche scoperto che
buona parte di questi incendi, attentati, che ogni tanto
vengono registrati, sono poi riconducibili a matrici lontane
dall'estorsione; si tratta di simulazione, di illecita
concorrenza (come abbiamo verificato in un caso). Tutte le
motivazioni sono di natura criminale oppure appartengono a
gente che non è legata a nessuna organizzazione. A
Monterotondo, per esempio, abbiamo scoperto una persona che
aveva compiuto dei gesti (incendi qua e là) che erano fini a
se stessi.
   Con riferimento al panorama delinquenziale, a parte quanto
ha detto il questore, posso dire che gli stranieri
costituiscono una grossa presenza nella capitale: tra persone
illecitamente e clandestinamente presenti si tratta, secondo
stime concordi, di circa 250 mila unità. Tale presenza
alimenta la microcriminalità, che indubbiamente è diffusa.
Però anche in questo caso sinora non sono emersi collegamenti
che possano condurci ad una organizzazione che governi tale
microcriminalità, che riteniamo abbastanza settorializzata,
con una fascia di furti affidata prevalentemente a gruppi
nomadi. Gli extracomunitari sono prevalentemente impegnati nel
traffico degli stupefacenti, come abbiamo già detto. Il 40 per
cento degli arrestati per droga è di provenienza straniera,
extracomunitari, soprattutto della fascia maghrebina, del Nord
Africa.
  PRESIDENTE. Sono spacciatori?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Sì, spacciatori. In linea di massima sono
utilizzati nello spaccio.
   Del resto, l'attività repressiva svolta nel settore è
cospicua: ci sono stati oltre 8.400 arresti nel 1993,
generalmente compiuti nell'intera provincia. Si è trattato
dunque di un'attività notevole.
  PRESIDENTE. Si riferiscono al traffico degli
stupefacenti?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Sono onnicomprensivi. In particolare, 2.800
sono riferiti al traffico degli stupefacenti, mentre gli altri
a tutti i rimanenti reati (contro il patrimonio, associazioni
e via dicendo).
  ALDO DE MATTEO. Ci sono delle statistiche che ci aiutino
a distinguere i clandestini da quelli regolarmente presenti?
In altre parole, questa attività microdelinquenziale che le
coinvolge, riguarda quelli che sono presenti clandestinamente,
ossia che non hanno permessi di soggiorno o incontrano
difficoltà ad averli,
                        Pag. 3368
oppure quelli che lo sono in virtù di regolari permessi e che
hanno un'attività lavorativa?
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Si tratta prevalentemente di clandestini.
  ALDO DE MATTEO. Credo che a questo punto subentri quel
lavoro dell'antimafia dei diritti, per cui una delle misure
dovrebbe essere quella di facilitare l'inserimento e di
lavorare intorno alla presenza di questi extracomunitari.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Come dicevo, oltre il 38 per cento degli
arresti è riferito a stranieri, che hanno una fascia di
clandestinità. Il regolare trova occupazione. Del resto,
quando ci riferiamo all'ufficio stranieri della questura,
dinanzi ad un personaggio presente irregolarmente, scattano le
misure amministrative. Anche questo è un dato di fatto.
  MICHELE COLAVITO, Comandante della regione Lazio
dell'Arma dei carabinieri. Non ho niente da aggiungere
all'esposizione che è stata appena fatta. Mi limiterò pertanto
a sottolineare il dato relativo all'incidenza della componente
straniera nella delinquenza, ancorché si tratti soltanto di
microcriminalità. Mi pare che sui 9 mila arresti effettuati
dall'Arma dei carabinieri di Roma, oltre il 38 per cento è
rappresentato da stranieri: il che potenzialmente rappresenta
un fattore di notevole pericolosità.
   Sottolineato questo come un elemento di carattere
negativo, posso sottolinearne uno di valore positivo:
l'assenza di un indice della progressione del tentativo di
controllare il territorio attraverso attività dinamitarde o
incendi di carattere doloso. Un fenomeno, quest'ultimo,
infatti, che mi sembra si mantenga su livelli assolutamente
insignificanti nell'ambito della provincia romana. Non avrei
altro da aggiungere.
  PRESIDENTE. Mi scusi, generale, nella provincia e nella
regione ci sono zone e comuni dove è stata registrata una
certa presenza di gruppi di criminalità organizzata. Mi
riferisco alla fascia costiera, a Pomezia, ad Aprilia (con la
presenza dei fratelli Alvaro della 'ndrangheta calabrese);
penso al litorale pontino, per esempio all'episodio abbastanza
allarmante, con manifestazioni di scarso spirito civico, di
cui è stato protagonista il noto Nino Manfredi. Tale episodio,
lo ripeto, è abbastanza allarmante al di là della censura sul
comportamento del Manfredi che invece dell'intervento delle
istituzioni ha chiesto l'intervento del capomafia di zona, a
Scauri. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda il
cassinate. Ebbene, lei cosa può dirci su questo scenario
regionale?
  MICHELE COLAVITO, Comandante della regione Lazio
dell'Arma dei carabinieri. Tale scenario riguarda
evidentemente, con particolare riguardo, la parte meridionale
della regione, che presenta diverse prospettive della
situazione rispetto a quella della provincia romana. Si può
parlare di fattori similari anche per la parte costiera,
quella pontina, che da Pomezia arriva fino ad Anzio-Nettuno.
   Per quanto riguarda le zone meridionali della regione,
abbiamo compiuto accertamenti e denunce ai sensi dell'articolo
416-bis del codice penale, che coinvolgono soprattutto
elementi della camorra napoletana e della 'ndrangheta
calabrese, sia per la provincia di Latina sia per quella di
Frosinone. Nel corso del 1993 abbiamo compiuto arresti ai
sensi, appunto, dell'articolo 416-bis del codice penale.
In ogni caso, tale situazione richiederebbe una trattazione
più approfondita, in analogia con quanto praticato per la
provincia di Roma.
  NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di
polizia tributaria della Guardia di finanza. Ringrazio la
Commissione dell'invito.
   La presenza accanto a me del colonnello D'Arcadia non è
casuale, perché da un mese il nucleo centrale ha perso il
GICO, il gruppo che si interessa specificatamente
                        Pag. 3369
 di criminalità organizzata di tipo mafioso, per confluire
nello SCICO, organismo centrale dal quale dipendono
gerarchicamente, da un mese, tutti i GICO d'Italia. Lo si è
fatto, naturalmente, anzitutto per ottemperare ad un
adempimento legislativo, affinché si costituisse un organismo
centrale che colloquiasse con pari dignità, rispetto alle
altre forze di polizia, con la direzione generale antimafia e
con il ROS. Per alcuni aspetti, quindi, potrà essere il
collega ad entrare nei dettagli di taluni elementi.
   Da parte mia debbo dire che il periodo trascorso, seppur
breve, è stato molto significativo. Il nucleo centrale è un
organismo che è essenzialmente proiettato nell'attività di
contrasto all'evasione fiscale. Da un paio d'anni è coinvolto
nelle cosiddette inchieste di Tangentopoli, in modo rilevante.
Per dare un'idea di quanto sto dicendo, posso rilevare che
l'attività sul versante finanziario assorbe circa 48 mila
giornate-uomo nell'anno; l'attività di polizia delegata in
materia di tangenti ne assorbe circa 28 mila. Questo è un dato
assai rilevante.
   Tale organizzazione interna, quindi, è stata dettata
dall'esigenza di dare maggiore dignità al contrasto al crimine
organizzato, sfruttando le potenzialità professionali proprie
della Guardia di finanza. Nel corso di indagini - questa è una
annotazione che va al di là di osservazioni tipicamente romane
- è stato sempre più osservato che le indagini non possono che
avere una valenza nazionale e addirittura internazionale.
Questo comporta l'esigenza di avere degli organismi che
abbiano una competenza nazionale e che non vengano
intralciati, nel corso delle indagini, da pastoie burocratiche
o da competenze territoriali che spesso limitano moltissimo
questa attività.
   Lo dico perché il nucleo centrale è stato, diciamo così,
protagonista di un'inchiesta, tuttora in corso, che ho passato
allo SCICO, e che non si è ancora conclusa, di estremo
interesse, non tanto sul versante dei risultati già raggiunti
quanto su quello delle metodiche che si usano oggi a livello
internazionale. Questa osservazione mi dà ancora la
possibilità di fare una ulteriore glossa sul versante
legislativo. Io non credo che si debba fare molto sul versante
legislativo interno; credo che l'impianto normativo sia ormai
sofisticato e sufficiente ad aggredire potenzialmente, in
linea di diritto, le ricchezze illecite. Ciò che manca è una
approfondita disamina dei limiti internazionali. A livello
internazionale, nonostante le buone raccomandazioni e gli
accordi bilaterali, penso che ci sia molto da fare. Ciò
riguarda non solo il versante, diciamo così, della valenza dei
provvedimenti, perché su questo si può anche raggiungere un
accordo, ma anche il versante dello studio del fenomeno
criminale. Mi spiego meglio. Esistono delle metodiche
internazionali che sono poco conosciute o poco studiate, e che
sfuggono anche ad una tipicizzazione legislativa. Alludo, per
esempio, ad una certa fascia di trasferimenti internazionali
che sono imperniati sulla base di accordi fiduciari che fanno
capo ad istituti giuridici non canonizzati; è sufficiente, per
esempio, pensare ai crediti di firma, che sono un argomento
non poco studiato. Ne parlo perché solo attraverso
intercettazioni telefoniche abbiamo registrato alcuni
personaggi sospetti transitare per Roma.
   Per quanto riguarda la situazione di Roma, ribadisco
quanto è stato detto, perché anche sul nostro versante non
abbiamo elementi per confutare quanto si è sostenuto, ossia
che Roma è una città che non vede una organizzazione
piramidale, verticistica di organizzazioni mafiose, tipiche
proprio dell'area meridionale. Infatti, l'inchiesta ha preso
le mosse da personaggi che abbiamo seguito su Roma, ma che si
limitavano a transitarvi perché avevano agganci con alcuni
ministeri per problemi di appalti ed altro, avendo le loro
basi storico-operative nel sud dell'Italia ed anche al nord.
   Nel corso di queste intercettazioni è risultato
estremamente interessante capire come si siano potuti aprire
varchi a livello di strumenti di pagamento internazionali.
Questi ultimi hanno messo in
                        Pag. 3370
difficoltà gli stessi operatori di banca ai quali abbiamo
fatto riferimento. Il magistrato ha dovuto ricorrere a
qualificatissimi professionisti, ad ispettori della Banca
d'Italia per cominciare a decifrare alcuni linguaggi che - lo
ripeto - non trovavano riscontro in manuali di diritto interno
ed internazionale. Nonostante la mia discreta esperienza in
materia, non sapevo che esistessero strumenti di pagamento
fiduciari non canonizzati in norme né interne né
internazionali. Mi limito comunque a questi brevi accenni
perché vi è in tema uno strettissimo riserbo istruttorio. Ci
auguriamo tutti che questa operazione - molto complessa,
difficoltosa ed ancora in corso - possa al termine fornire
anche un consistente contributo sul versante legislativo.
Ripeto che posso soltanto sottolineare l'estrema
sofisticatezza dei passaggi internazionali: e non mi riferisco
certo al conto cifrato in Lussemburgo o in Svizzera, che è
cosa nota, bensì ad alcuni personaggi che hanno una solidità
economica internazionale così grande da poter garantire,
attraverso un rapporto fiduciario, movimenti enormi di
capitali, dell'ordine di migliaia di miliardi.
  PRESIDENTE. Uno di questi potrebbe essere Gelli?
  NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di
polizia tributaria della Guardia di finanza. No, non si
tratta di personaggi italiani. Dalle intercettazioni
telefoniche risulta che questi grossi personaggi erano sempre
garanti esterni di diversi paesi europei ed extraeuropei.
   Fino ad oggi la sofisticatezza delle operazioni è stata
tale che non ha consentito una conclusione degli affari, degli
spostamenti. Ci auguriamo di essere abbastanza fortunati e
che, attraverso queste attività di polizia, si possa
raggiungere qualche risultato. D'altronde, sotto il profilo
metodologico, i risultati sono già considerevoli anche se non
conclusivi, nel senso che non vi sono stati arresti.
L'operazione è comunque interessante perché ha aperto dei
varchi su questo fronte.
   Tornando all'argomento della criminalità mafiosa romana e
della provincia, devo dire subito che il nucleo centrale,
naturalmente, non può portare qui esperienze di controllo del
territorio, anche perché questo aspetto riguarda più
specificamente la polizia e l'Arma dei carabinieri. Il nucleo
è certamente un osservatorio privilegiato sul versante del
controllo economico della città. Infatti, 600 verifiche
fiscali a complessi aziendali medio-piccoli assieme ad oltre 4
mila controlli comunitari e non - vale a dire un rapporto con
l'imprenditoria mediato attraverso 4-5 mila controlli in un
anno - rappresentano un dato molto importante in quanto da
tale attività, quasi sempre documentale e bancaria, si possono
trarre spunti interessanti anche sul versante della
criminalità di tipo mafioso. Non abbiamo comunque mai avuto
occasione di enucleare bande o gruppi criminali che usassero
metodologie tradizionali. Si tratta, quindi, di soggetti
spesso incriminati per illeciti strettamente fiscali o penali
ma nell'ambito di frodi e di falso in bilancio: sono questi i
reati che tipizzano la nostra attività nel settore. Laddove
abbiamo elementi di sospetto, ci raccordiamo sempre con la
polizia ed i carabinieri. Del resto, un esempio da manuale di
collaborazione - ed in seguito aggiungerò altre osservazioni
particolari in proposito - è rappresentato proprio
dall'inchiesta sulla banda della Magliana.
   Quel che voglio dire è che non dobbiamo usare a tappeto lo
strumento bancario e l'accertamento documentale-fiscale perché
pretendere di farlo allo scopo specifico di individuare
soggetti interessanti, mi sembra fallace. Dobbiamo usare lo
strumento bancario e la nostra professionalità per indagini
mirate. Penso anch'io - altri lo hanno detto ed io sono
perfettamente d'accordo - che non vi sia metodo migliore per
nascondere un'informazione utile che inserirla fra tante
inutili. Gli accertamenti bancari sono complessi e costosi; le
stesse inchieste di Tangentopoli e gli accertamenti fiscali,
che hanno avuto un'apertura sul segreto bancario, hanno visto
ed attualmente
                        Pag. 3371
vedono il sistema bancario abbastanza oberato. Mi riferisco
naturalmente all'attività del nucleo senza pretendere di
estendere queste mie osservazioni all'intero territorio
nazionale, però posso dire che il sistema bancario è oberato:
oberarlo ancora di più con accertamenti a tappeto non credo
possa essere molto proficuo.
   E' necessario, dunque, svolgere una preliminare ed intensa
attività di intelligence per individuare gli obiettivi
sospetti e premianti e poi agire su questi con l'accertamento
finanziario e bancario. Il GICO ed oggi lo SCICO svolgono
un'intensa attività di monitoraggio che ha portato alla
creazione di un archivio specialistico finalizzato proprio
all'incrocio dei dati. Qualche risultato già lo abbiamo avuto.
Senza citarli tutti, perché lascio questo compito al mio
collega, desidero ricordare l'inchiesta che nel 1993 ha
portato ad accertamenti bancari e patrimoniali su Baldieri
Alvaro ed al sequestro preventivo di alcune decine di
miliardi; al Teresi Pietro per il quale sono stati emessi
dall'autorità giudiziaria provvedimenti di sequestro per 10
miliardi, per non parlare del Telesforo Giancarlo che si
celava dietro grosse società finanziarie e per il quale
abbiamo accertato violazioni tributarie per 30 miliardi,
cambiali false per oltre 17 miliardi; le persone denunciate
sono state ventuno e sei quelle arrestate. Questi gli esempi
più significativi dell'attività svolta dal nucleo centrale in
questo particolare settore.
   Tale attività si è potuta sviluppare agendo non a tappeto
ma partendo da indizi abbastanza significativi.
Particolarmente importante è dunque il successivo confronto
tra il tenore di vita e la dichiarazione dei redditi, vale a
dire l'approfondimento degli strumenti documentali che danno
al magistrato riferimenti obiettivi e certi per arrivare alla
confisca. Lo scopo, infatti, è quello di confiscare e non
certo quello di fornire un'ottima informativa di reato al
magistrato. Gli elementi successivi risultano dunque molto
importanti per puntellare la confisca.
   Confermo che il problema dell'usura ha per così dire
grande dignità su Roma e provincia. Per praticare l'usura i
metodi sono sostanzialmente due, nel senso che vi è un'usura
che si materializza attraverso una rete locale di basso
livello e che non utilizza l'interposizione delle società
finanziarie. Vi è poi un'altra forma di usura e di usurai che
agiscono in combutta con società finanziarie che danno
all'inizio una maggiore affidabilità e che poi spariscono; i
personaggi chiave vengono fuori una volta che sono riusciti a
dominare gli imprenditori, che sono cioè riusciti a
individuare tutti gli strumenti possibili per catturarli nella
rete. Si tratta, dunque, di un'attività molto importante cui
lo stesso SCICO presta notevole attenzione.
   L'attività residuale del nucleo centrale è svolta dal
gruppo operativo antidroga. Si tratta di un'attività molto
importante principalmente proiettata sulle provenienze
internazionali che non sul minuto spaccio. In questo quadro,
Fiumicino resta comunque e sempre una porta interessantissima.
Per dare una dimensione numerica a tale attività, ricorderò
che l'anno scorso abbiamo operato 242 arresti; abbiamo
denunciato 500 persone e sequestrato due quintali di eroina e
cocaina e circa 40 chili di hascisc. Noi facciamo spessissimo
ricorso alle consegne controllate, dirò anzi che l'80 per
cento della nostra attività si esplica attraverso il ricorso a
questo istituto.
   Fiumicino è soltanto la porta d'arrivo perché la merce in
gran parte prosegue per il sud e per il nord. Abbiamo fatto
consegne controllate a Torino, Vercelli, Milano, Bologna,
Genova, Napoli e Pescara. Si tratta, dunque, di un istituto
del quale confermiamo la validità in quanto ci consente di
raddoppiare se non triplicare gli arresti e perciò di non
fermarci al corriere che arriva dal sud America, al solito
colombiano. Il nostro sforzo è quello di cercare di alzare il
livello degli interessati. L'esperienza però ci dice che è
difficile andare oltre il secondo anello. In altri termini, il
corriere ci porta alla persona di Firenze o di Milano, questa
                        Pag. 3372
a volte riesce a portarci ancora più in alto, però oltre
questo livello, come forza di polizia, non siamo riusciti a
fare granché, considerato che il sistema omertoso è
abbastanza valido ed efficiente.
   Concludendo, desidero ricordare che, a mio avviso, occorre
conferire maggiore scientificità alle indagini evitando di
muoversi sotto la spinta di una intuizione giornaliera,
settimanale o mensile. D'altronde, la stessa Commissione mi
pare abbia raccomandato studi e ricerche che potrebbero
risultare molto interessanti. Quel che voglio dire è che
spesso non sappiamo utilizzare al meglio alcuni dati aggregati
che potrebbero rappresentare degli indicatori i quali, pur non
potendo forse portare a risultati conseguenziali immediati,
potrebbero rivelarsi molto interessanti. Alludo, ad esempio,
al Bollettino statistico della Banca d'Italia che è uno
strumento pubblico. Dall'anno scorso abbiamo cominciato ad
aggregare questi dati allo scopo di creare documenti interni
locali, su Roma e provincia. Li abbiamo conclusi qualche mese
fa ed abbiamo avuto modo di notare - cito un dato per tutti -
che i depositi nel Lazio e in Abruzzo di residenti in Campania
nell'ultimo triennio sono diminuiti del 65 per cento. Il dato
in sé può non significare nulla, però può essere studiato.
Perché il 65 per cento di persone residenti in Campania, che
avevano depositi su Roma e provincia, li hanno ritirati? Può
esservi un problema strutturale, di crisi economica, così come
è possibile che ciò sia effetto di una legislazione che,
divenuta più penetrante e più pericolosa, avrebbe costretto
questi capitali a rivolgersi ad altri impieghi o verso altre
zone.
   Questo, come dicevo, è solo l'esempio che mi ha colpito di
più, ma altri possono esserne fatti. Si nota anche che di
tutte le società finanziarie o di assicurazione nate sulla
carta soltanto il 20 per cento risultano operative. Sono in
grado di fornire alla Commissione una bozza relativa a questi
dati che non ha glosse interpretative, ma che comunque può
risultare interessante. Si tratta, come ho detto, di
aggregazioni locali: proprio per questo possono essere utili
perché, mentre è facile trovare dati aggregati a livello
nazionale, molto più difficile è farlo a livello locale.
  PRESIDENTE. Rifacendomi a quanto detto dal questore e
dal colonnello Gallitelli a proposito dell'usura, vorrei
sapere quanto questo fenomeno possa essere il tramite per
trasferire proprietà a centrali criminali che si sostituiscono
alla vecchia proprietà. Dico questo anche per il fatto che
all'epoca delle indagini sulla cosiddetta banda della
Magliana, una delle ragioni dell'intesa tra Calò e questa
organizzazione fu questa forma di riciclaggio, di investimento
dei profitti illeciti in attività lecite, soprattutto di tipo
commerciale. Ricordiamo i ristoranti di Trastevere, alcuni dei
quali di una certa notorietà, ricordiamo le gioiellerie, le
discoteche, una serie di esercizi commerciali nei quali vi era
netta l'impronta di Calò e di De Pedis, nonché degli esponenti
della banda della Magliana. Questa forma di investimento, che
è poi di riciclaggio, è scomparsa del tutto? Vi sono notizie
al riguardo, considerando anche il fenomeno emergente
dell'usura? Vorremmo sapere se questo fenomeno è proseguito
nel tempo, se ci deve ancora allarmare, o vi è stato un
dirottamento, un diverso impiego di questi capitali illeciti.
  NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di
polizia tributaria della Guardia di finanza. La ringrazio
della domanda che mi consente di fare un'altra osservazione di
carattere generale. Non solo a mio giudizio il fenomeno
rimane, ma aumenterà nel futuro, se partiamo dalla
constatazione che oggi la mafia non ha più soltanto l'esigenza
di pulire il denaro sporco, ma anche quella di diventare una
vera e propria imprenditrice. La mafia in pratica ha esigenze
di investimento, deve assolutamente (per una esigenza di
sopravvivenza e di competitività economica) far sì che il
capitale non muoia, trovi delle forme di remunerazione. E'
quindi necessario per il gruppo
                        Pag. 3373
criminale investire diversificando innanzitutto i rischi, in
pratica adottando gli stessi sistemi e le stesse metodiche
dell'imprenditore normale. Quindi la mafia adotta forme di
investimento non unitarie; investe nel settore immobiliare, in
quello finanziario (che oggi vede la percentuale massima di
investimento), in sostanza in tutti i settori che possono
remunerare il capitale. Dobbiamo anche considerare che ogni
volta che un provvedimento o una misura allarga gli spazi di
investimento pubblico, vi è il pericolo di infiltrazione
mafiosa.
   Ricordiamo che Roma ha un progetto di investimenti
pubblici di notevole rilievo ed è soltanto per ragioni
politiche che tale progetto non ha trovato ancora sbocco.
Bisognerà allora stare molto attenti quando questi
provvedimenti amministrativi, soprattutto con la nuova giunta
e il nuovo sindaco, saranno definitivamente assunti. Non
spetta a me ricordare che nel momento in cui si raddoppiò
l'autostrada Roma-Napoli si pose un problema analogo. Essendo
i provvedimenti che si dovranno assumere abbastanza
tipicizzati e localizzati, sarà più facile allertare gli
organi competenti e vigilare. Conosciamo i progetti,
conosciamo i finanziamenti, penso che ci allerteremo tutti
perché questi provvedimenti non diano spazi a forme di
devianza e di accaparramento.
  PRESIDENTE. Colonnello D'Arcadia, può dirci qualcosa in
ordine alla vicenda, abbastanza inquietante, della sede romana
della Cassa di risparmio di Rieti? Sembra che essa sia stata
un veicolo di attività anomale anche creditizie, in quanto non
chiedeva grosse garanzie per erogare crediti.
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della
Guardia di finanza. Credo che di questa vicenda si sia
interessata la DIA.
  PRESIDENTE. Non siete stati quindi coinvolti nelle
indagini?
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della
Guardia di finanza. No. Il servizio centrale investigativo,
come ha precisato il mio collega, ha preso l'avvio dai primi
di dicembre; ha assorbito tutti i GICO d'Italia, che sono 14,
compresi quelli operanti su Roma che sono uno nazionale, a
disposizione della procura nazionale antimafia di Roma con
competenze nazionali, e l'altro interprovinciale con
competenze sul Lazio, sull'Umbria ed ora (fin quando non
avremo perfezionato l'istituzione del GICO locale) anche sulla
Sardegna. Il mio punto di osservazione è temporalmente
limitato, anche perché è facile immaginare le difficoltà
iniziali nel dare avvio a questo reparto, con una struttura
monolitica a livello nazionale, privilegiando tutti i
collegamenti e tutte le conoscenze interpersonali tra noi che
siamo chiamati ad operare. Dobbiamo inoltre cercare di
superare in qualche modo le difficoltà e anche una certa
innata diffidenza di alcuni procuratori distrettuali della
Repubblica che stanno passando le indagini a loro colleghi che
operano a livello centrale e che si avvalgono dell'opera di
referenti dipendenti direttamente da loro a livello locale.
D'altro canto, ciò che ci conforta è la richiesta di tanti
procuratori distrettuali, che non hanno ancora una sezione
alle dirette dipendenze, in quanto l'articolazione del
servizio centrale è paritetica a quella dei nuclei regionali,
di avere presso le loro sedi una loro sezione.
   Non so se è il caso di polverizzare al massimo
l'articolazione del servizio centrale, anche perché esso non è
l'unico deputato e responsabile delle indagini sulla
criminalità organizzata nell'ambito della Guardia di finanza.
Diciamo che esso privilegerà alcuni aspetti a livello
nazionale ed internazionale, laddove l'operatività dei reparti
a livello provinciale troverebbe delle difficoltà di ordine
quantitativo, in relazione alle persone disponibili per
svolgere le indagini, e di ordine circoscrizionale in quanto
si dovrebbe chiedere l'ausilio di altri reparti del corpo
competenti a livello superiore.
                        Pag. 3374
   Fatta questa premessa, le osservazioni che posso fare in
ordine alla criminalità organizzata nell'ambito romano
concordano con quelle fatte dal questore, dal comandante
provinciale dell'Arma dei carabinieri e dal mio collega. Il
GICO, assorbito nei primi di dicembre dello scorso anno, ha
portato con sé indagini su circa 70 gruppi criminali operanti
su Roma e provincia, per un totale di 127 soggetti. Il
rapporto tra gruppi e soggetti inquisiti ci fa capire che non
vi è una vera e propria organizzazione verticistica della
criminalità organizzata nell'ambito della città. Concordo
pertanto con le osservazioni fatte da coloro che mi hanno
preceduto.
   Non vi nascondo poi la difficoltà del rebus rappresentato
dai ristoranti cinesi. Queste persone stanno acquistando
ristoranti che registrano (lo abbiamo constatato a seguito di
sopralluoghi effettuati dai miei uomini) ben pochi avventori,
quando non risultano essere completamente deserti. A questo
punto ci si chiede come tali strutture possano andare avanti.
Non escludo che esse siano il paravento per riciclare del
denaro sporco attraverso ricevute fiscali emesse per pasti
serviti, che in pratica servono a coprire altre entrate non
giustificabili e registrabili. Naturalmente l'operazione in sé
ha un costo, ma esso è sopportabile. Ricordo che tali
organizzazioni sono molto chiuse ed è difficile per noi
infiltrarvi informatori.
   Su Roma il servizio centrale sta compiendo due grossi
interventi in questo momento: il primo riguardante esponenti
della camorra napoletana che stanno perpetrando truffe a danno
della comunità europea. Abbiamo fatto presente all'autorità
giudiziaria che nell'arco di un anno sono stati incassati
circa 453 miliardi a fronte di fatture per operazioni
inesistenti, false fideiussioni bancarie prestate da soggetti
operanti su Roma...
  PRESIDENTE. Da chi erano state date le fideiussioni?
  GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della
Guardia di finanza. Da istituti assicurativi romani. Stiamo
indagando inoltre su un grosso traffico di stupefacenti e su
un consistente riciclaggio effettuato da organizzazioni
colombiane su Roma. Non credo di dover aggiungere altro, in
quanto è stata fatta una approfondita disamina del fenomeno
romano.
  MASSIMO BRUTTI. Anche ai fini della relazione che la
Commissione antimafia dovrà redigere, vorrei fare una breve
osservazione sulla struttura di questi gruppi per verificare
se ho capito bene. Abbiamo sentito parlare di una serie
numerosa di gruppi i quali, mi sembra, non abbiano come punto
di riferimento strutture di tipo familiare; é quindi opportuno
denominarli gruppi e non cosche. Essi non hanno inoltre
un'organizzazione verticistica che li riunisce e li
rappresenta, per cui il loro associarsi ed il loro scomporsi è
possibile, trattandosi di strutture fluide. Mi sembra inoltre
di capire, di quel che rimane della cosiddetta banda della
Magliana, che si presenti con una maggiore autonomia rispetto
alle tradizionali organizzazioni mafiose più di quanto non
avvenisse in passato. Per quello che abbiamo ricostruito dalle
indagine svolte su Cosa nostra, sulla camorra, sui rapporti
intrattenuti con Roma, abbiamo avuto per un lungo periodo,
perlomeno fino alla seconda metà degli anni ottanta, la
presenza a Roma di strutture, di gruppi che facevano diretto
riferimento alle organizzazione mafiose tradizionali. Non
c'era soltanto Pippo Calò che, se non ricordo male, viene
arrestato nel 1984, non c'era cioè solo questa struttura che
faceva capo alla famiglia di Portanuova e più in generale alla
corrente dei corleonesi, come gruppo dirigente della
organizzazione mafiosa siciliana, c'era anche, almeno fino al
1988, una decina della famiglia di Santa Maria di Gesù facente
capo ad una serie di personaggi tra cui Francesco Benenato,
detto Franco Franchi. Avevamo quindi delle strutture dirette
espressione delle organizzazioni mafiose
                        Pag. 3375
 tradizionali: lo stesso discorso vale per la camorra e per
la 'ndrangheta.
   Oggi c'è una maggiore autonomia nei gruppi romani rispetto
a quelle organizzazioni, non c'è più una presenza così
organicamente collegata alle organizzazioni mafiose nel senso
tradizionale del termine.
   La seconda domanda si riferisce al fenomeno del
riciclaggio. Noi abbiamo dei riciclatori che di volta in volta
stringono rapporti e quindi fanno affari con l'una o con
l'altra organizzazione criminale, in pratica investono
capitali accumulati attraverso vari traffici illeciti di vari
gruppi, si mettono sul mercato, stabiliscono di volta in volta
rapporti, oppure abbiamo dei riciclatori organicamente
collegati all'uno o all'altro gruppo criminale, all'una o
all'altra organizzazione criminale? Ho sentito parlare di un
tal Francesco Rea come riciclatore della camorra. In altro
ambiente - ambiente milanese - la vicenda del Lottusi, che
ormai è da anni in carcere, è del medesimo genere: Lottusi era
il riciclatore della famiglia Madonia. Si può dire lo stesso a
Roma? Vi sono cioè riciclatori che fanno capo direttamente a
gruppi, a strutture, a famiglie delle organizzazioni mafiose?
Oppure vi è un libero mercato?
   Vorrei inoltre formulare qualche domanda utile per
aggiornare alcune notazioni presenti nella relazione della
Commissione antimafia della precedente legislatura su Roma ed
il Lazio. Ricordo che in quella relazione si faceva
riferimento ad un rapporto della Criminalpol su attività di
Licio Gelli e sui legami intrattenuti dallo stesso Gelli con
la criminalità romana, anche con riguardo all'assegnazione di
appalti internazionali. Dalla relazione di allora non era
chiarissimo il periodo a cui ci si riferisce: ricordo di aver
indirizzato al ministro Mancino un'interrogazione per
puntualizzare proprio questo elemento, per sapere cioè se i
rapporti potessero collocarsi anche in epoca successiva al
ritorno di Gelli in Italia. Dalla risposta di Mancino mi
sembra che effettivamente vi siano stati rapporti di questo
tipo anche nel 1991.
   Cosa si può dire delle attività di Gelli oggi? Formano
oggetto di attenzione da parte vostra?
  PRESIDENTE. Vi sono state intercettazioni telefoniche,
ma molto prima del 1991. Si tratta di intercettazioni della
questura di Roma in rapporto alle attività della banda della
Magliana: fu registrata una telefonata di Gelli nella quale -
se non ricordo male - si parlava di appalti in Africa (o anche
in Argentina...).
  MASSIMO BRUTTI. Mi sembra che si riferisse all'inizio
degli anni novanta. Posso sbagliare, ma mi sembra che la
risposta di Mancino confermasse l'esistenza di iniziative di
Gelli anche successive al suo ritorno in Italia. Sarebbe utile
conoscere se oggi l'attenzione delle forze di polizia sia
focalizzata anche sul problema delle attività di Gelli (che
ancora in interviste recenti parla di se stesso come di un
grande banchiere "senza licenza" e che quindi continua a
svolgere attività di tipo economico).
   Vorrei inoltre sapere se formano oggetto di attenzione
altri due personaggi: Carboni e Pazienza. Si tratta di uomini
notoriamente a piede libero e che, appena possono, ostentano
ricchezze, grandi disponibilità economiche, e, quindi,
continuano a svolgere un proprio ruolo; vi è un rapporto di
Carboni anche con il mondo dell'usura.
   Si può parlare, ancora, di un ruolo attuale di Nicoletti
in relazione al mondo della criminalità romana? Se non
sbaglio, questo personaggio è in carcere, ma rappresenta un
problema perché intrattiene collegamenti con l'esterno. Qual è
il regime di sicurezza a cui è sottoposto? In quale carcere si
trova?
   Infine, due questioni che riguardano lo stesso problema.
Vi sono a Roma iniziative illecite volte ad interferire sulla
vita giudiziaria e politica: vi sono state in passato.
Esistono ancora oggi? Quale valutazione potete formulare su
questo punto?
   Vi sono rapporti di gruppi criminali con settori dei
servizi di informazione e
                        Pag. 3376
di sicurezza; vi sono stati in passato. Nella stessa
ricostruzione dell'omicidio Casillo a Roma - che risale al
1983 - elementi del genere emergono e sono apparsi chiari
anche dalle indagini che su questo punto ha svolto la
Commissione antimafia. Quale valutazione potete formulare in
proposito?
   Abbiamo tentato di ricostruire - nei limiti del possibile
- la storia dei recenti attentati ascoltando i responsabili
delle forze dell'ordine. A me rimane un dubbio, un problema
aperto, che non credo voi possiate chiarire definitivamente,
ma che comunque resta oggetto di accertamento. Francamente
credo che presenti aspetti anomali l'attentato non riuscito,
appena "accennato", dell'automobile contenente un ordigno
esplosivo in prossimità di palazzo Chigi. L'informatore,
l'attentato sventato... : l'impressione è che potesse
trattarsi di un depistaggio. Chi era quell'informatore? Con
quali forze dell'ordine aveva collegamenti? Come è andata a
finire? Immagino che voi non possiate rispondere
esaurientemente ad una domanda di questo genere, ma se è
possibile sarebbe utile alla Commissione antimafia disporre
anche soltanto di qualche indicazione, per esempio circa la
prospettiva di ricerca su cui le forze di polizia stanno
lavorando.
  MAURIZIO CALVI. Capisco l'importanza di Roma come
capoluogo della regione Lazio e soprattutto come capitale
d'Italia e quindi comprendo le implicazioni e gli effetti dei
poteri criminali su questa complessa realtà. Quello che invece
mi appare molto sfumato, essendo quelle in corso audizioni su
problemi di carattere regionale, è il quadro relativo alla
presenza di poteri criminali nelle realtà geografiche esterne
alla città ed alla provincia di Roma. Ecco perché prego il
generale Colavito di aggiornare - se può - il quadro della
diffusione della delinquenza organizzata di diversa
espressione e tendenza (in particolare mafia, 'ndrangheta e
camorra) nella provincia di Latina e nella parte terminale
della provincia di Frosinone, aree di cui nella precedente
audizione abbiamo capito l'importanza sia in rapporto a
vicende particolari sia come centri di interesse per forme di
investimento anche sofisticate dal punto di vista dei flussi
finanziari di carattere illecito. Eventualmente questo
aggiornamento potrà essere contenuto anche in una relazione
successiva da far pervenire alla Commissione successivamente.
  ALDO DE MATTEO. Mi sembra che dall'insieme degli
interventi sia emersa l'esigenza di muoversi anche al di là
dei confini romani e laziali. Mi riferisco in particolare ai
collegamenti internazionali, sottolineati dal colonnello Di
Paolo, il quale ha messo in evidenza l'esistenza di strumenti
sofisticati e moderni, di nuove metodiche e di collegamenti
che si stabiliscono ad un livello sempre più alto per
l'utilizzo delle nuove opportunità offerte dallo stesso
sviluppo tecnologico.
   Contemporaneamente mi sembra che in quest'ultima fase ci
si sia adoperati positivamente, con la creazione di organismi
che operano a livello internazionale ed in particolare a
livello europeo. Sappiamo di incontri, di stage, che
naturalmente si concludono spesso con il riconoscimento dei
risultati raggiunti. Qual è, però, il giudizio che voi date di
questi organismi? A me sembrano fondamentali rispetto alla
lotta ad una criminalità che si appropria sempre di più degli
strumenti della moderna tecnologia e che progressivamente si
internazionalizza, da qui la necessità di determinati
collegamenti. Che giudizio date, in sostanza, sull'efficacia
dell'attività di gruppi e dell'utilizzo di strumenti nuovi?
Siamo ancora ai primi passi, come io immagino, oppure sono
state poste le premesse valide affinché si possano realizzare
alcuni sviluppi positivi? Probabilmente occorreranno
investimenti non solo in uomini, ma anche in strumenti tecnici
adeguati per poter operare a livello internazionale.
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Vorrei
rispondere ad alcune domande
                        Pag. 3377
 formulate dal senatore Brutti in relazione alla maggiore
autonomia dei gruppi operanti nell'area rispetto alla mafia ed
alla camorra. Ritengo che tale maggiore autonomia sia
effettivamente ravvisabile. Preliminarmente, però, vorrei
svolgere un precisazione. Abbiamo messo in evidenza e studiato
collegamenti sulla base di indagini e di risultanze di atti,
per cui i gruppi che abbiamo individuato ancora non hanno né
possono avere un riscontro dal punto di vista giudiziario: si
tratta soprattutto di una impostazione investigativa che ci
siamo dati partendo da determinati presupposti.
   Dicevo, dunque, che vi è effettivamente un'autonomia: la
differenza rispetto al passato è determinata appunto dalla
mancanza di referenti organicamente sistemati nella malavita,
come potevano essere quelli della banda della Magliana
(rivolgendosi al suo capo importanti organizzazioni come la
mafia, la camorra, la 'ndrangheta potevano avere risposte
certe di affidabilità). Adesso non possono più disporre di
questo strumento: hanno legami e contatti individuali con
determinate persone che si muovono in particolari gruppi. Ecco
perché io vedo senz'altro una maggiore autonomia.
   Per quanto riguarda Gelli, non ho presente con precisione
nella mia memoria il rapporto che si riferisce all'inizio
degli anni novanta, anche perché risale ad un periodo in cui
non facevo parte della questura di Roma. Posso dire tuttavia
che Gelli viene seguito costantemente.
   Lo stesso vale per Carboni: noi lo consideriamo come il
finanziere del gruppo; lo è stato per la banda della Magliana,
continua ad esserlo tuttora (altra cosa era il braccio armato
della banda; Carboni si dedicava ai traffici). Lo stesso
dicasi per Pazienza. Recentemente abbiamo inoltrato nei suoi
confronti - insieme con altre dieci persone - all'autorità
giudiziaria un rapporto in cui veniva messa in evidenza la sua
attività pregressa, che noi riteniamo anche attuale.
  PRESIDENTE. Nei confronti di Carboni?
  FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Sì, nei
confronti di Carboni.
   Enrico Nicoletti, inoltre, arrestato nell'ambito
dell'operazione Colosseo, è stato recentemente denunciato
dall'Arma dei carabinieri in seguito all'operazione a cui ha
fatto cenno il colonnello Gallitelli (che poi potrà dire
qualcosa in proposito). Allo stato non mi risultano suoi
contatti con l'esterno: parlo con una buona dose di
attendibilità, poiché il personaggio è di grande spessore e
noi curiamo particolarmente sia lui sia i suoi accoliti. In
proposito, faccio presente che mi riferisco alle dichiarazioni
che sono state e che continuano ad essere rilasciate da
qualche pentito. Del resto, mentre il Nicoletti era in carcere
si è sviluppata l'operazione che ha portato alla sua denuncia
da parte dei carabinieri: ciò dimostra che l'attività del
soggetto è stata seguita anche quando egli si è trovato in
stato di detenzione.
   Per quanto riguarda gli attentati recenti, ho sempre
pensato che quello di via Fauro sia stato diretto contro
Costanzo. Io ragiono costantemente sulla base di dati concreti
e visibili: Costanzo ha avuto salva la vita perché in quel
momento si è trovato dietro ad un pilone e ad un albero, per
cui non è stato investito in pieno dall'esplosione. Questione
di frazioni di secondo: non si può prescindere da un dato del
genere; se si volevano evitare vittime si poteva bloccare il
traffico (come è stato fatto in altre circostanze), anche
perché la strada lo permetteva (sarebbe bastata la manovra di
un'auto per qualche secondo). In sostanza attribuisco a questo
attentato una matrice mafiosa: e siccome gli altri hanno
caratteristiche analoghe, sono portato a ritenere che anche
essi abbiano connotati del genere, cioè matrice mafiosa.
  LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei
carabinieri. Per quanto concerne l'autonomia dei gruppi,
condivido pienamente quanto ha detto il questore, anche perché
era stato chiarito
                        Pag. 3378
inizialmente che si tratta di frange che operano
indifferentemente nel territorio ed in settori di attività.
Ciò impedisce di stabilire un rapporto organico con
organizzazioni delle regioni Campania, Calabria, Sicilia e
direi anche Puglia, visto che comunque nell'ultimo triennio
qualche latitante appartenente alla Sacra corona unita è stato
arrestato nel territorio della provincia romana. Ciò significa
che queste presenze hanno carattere estemporaneo, episodico,
occasionale o costituiscono terminali operativi per delle
azioni da condurre e da mandare ad effetto in un dato momento
storico, per cui esse si giustificano anche per questo motivo.
   Del resto, non possiamo non tener conto che ci troviamo in
una fase di regressione: nell'area pometina che, specie nel
passato, per la presenza di Frank Coppola era stata sotto
pressione mafiosa, oggi, a seguito di una serie di arresti e
per l'incapacità dei soggetti succeduti al Coppola di
raccogliere degnamente il testimone, nonché per
l'insussistenza di gruppi capaci di governare tutto il
territorio, specie negli ultimi due anni si assiste ad una
regressione delle manifestazioni mafiose, o almeno disponiamo
di indicatori che attestano tale regressione. Confermando
quanto ha detto poc'anzi il questore, noi ci atteniamo a dati
di fatto, alle investigazioni ed agli accertamenti svolti, per
cui traiamo conclusioni da tutto quello che viene percepito e
recepito nel corso di tali investigazioni.
   Non credo quindi che si possa parlare di un riciclatore
unico nell'ipotesi avanzata dal senatore Brutti: certo, ci
sono figure che per il peso delinquenziale che hanno
indubbiamente si affermano più di altre e che possono
coagulare anche più interessi, ma nessuna di queste figure può
acquisire l'esclusività. Il Nicoletti era uno di questi, era
indubbiamente il referente (e ce lo dice anche un
collaboratore di giustizia) di più gruppi criminali. Quindi,
il suo peso delinquenziale è senz'altro superiore a quello di
altri che, però, nella nostra visione e cognizione, mantengono
altrettanti rapporti operativi quando e se necessario con
altri gruppi.
   Per quanto concerne il Nicoletti, di ciò che egli fa ci
interessiamo in modo ravvicinato, tant'è che l'operazione nel
corso della quale si è proceduto all'arresto del notaio Di
Ciommo, di un funzionario di banca e di altri soggetti è
avvenuta mentre il Nicoletti era già custodito in carcere, il
che significa che la sua attività è indubbiamente seguita.
   Per quanto riguarda gli attentati, fermo restando che la
possibile matrice mafiosa sembra ancora la più probabile e che
il quadro deve ancora essere definito compiutamente, anch'io
condivido, alla luce delle indagini e delle risultanze sinora
acquisite, la natura di tale matrice. Il fallito attentato di
via dei Sabini nei pressi di Palazzo Chigi trova la presenza
di questa fonte testimoniale che noi abbiamo fatto assurgere a
fonte testimoniale proprio per la delicatezza del quadro che
si andava componendo; in quel frangente era intervenuta l'Arma
dei carabinieri. Le indagini tuttora in corso non hanno
suffragato elementi di collegamento con altre associazioni, ed
è ciò che stiamo verificando con i magistrati che si
interessano di questo caso, in quanto il testimone è un
pregiudicato per reati comuni, non per reati specifici nel
settore.
   Il senatore Calvi ha parlato di un quadro attenuato della
realtà provinciale. Rispetto alla vecchia realtà posso dire
ben poco, in quanto opero in provincia di Roma solo da un
anno. Comunque, questa tipicizzazione dei rapporti criminali
tra vari gruppi ritengo che debba sollecitarci a prestare una
vigile attenzione, ma non destare in noi allarme. Se questo
può essere colto come un'attenuazione, allora devo condividere
il termine usato dal senatore Calvi. La presenza di gruppi di
criminalità organizzata è, secondo noi, attestata nelle forme
che in qualche modo con il questore abbiamo cercato di
chiarire ed è fatta di rapporti non necessariamente stabili,
come tali caratterizzati da episodicità ed occasionalità
relative ad
                        Pag. 3379
interessi da perseguire in quel momento, oltre che
essenzialmente finalizzate alla gestione di interessi
economici, perché, come sottolineava anche il colonnello Di
Paolo, l'interesse della criminalità oggi è quello di
investire una massa di ricchezze, per cui può trovare ed ha
trovato nell'ambito romano, quando vi era la stabile presenza
della banda della Magliana, un canale privilegiato, ciò che è
più difficile oggi perché, dopo tutto, la composizione
criminale va ricollegata, a mio avviso, alla fluidità della
situazione criminale: mancando capi carismatici, accordi,
intese, mancando quindi l'organizzazione verticistica o di
tipo familiare o di tipo cosca, non è possibile radicarsi sul
territorio né affermare un potere mafioso - lo dico tra
virgolette - nella provincia.
   Questo è un carattere di attenuazione che però, a mio
avviso, si ricollega necessariamente alla tipicizzazione delle
forme criminali, almeno stando a ciò che abbiamo acquisito
sino a questo momento, e si tratta di acquisizioni
sufficientemente aggiornate in quanto abbiamo informazioni di
prima mano.
   Infine, quanto alla validità degli organismi
internazionali, siamo ai primi passi, ma si tratta di passi
già robusti perché sono state create parecchie forme di
collaborazione. Da tutto questo abbiamo ricavato un immediato
vantaggio perché le nostre indagini, quando è necessaria,
trovano immediata rispondenza in una collaborazione attiva
all'estero e ciò rientra in termini di notizie che vengono
acquisite anche dalla permanenza di nostri connazionali che
delinquono all'estero e che forniscono un contributo.
Indubbiamente vi è ancora molta strada da percorrere, ma per
fare ciò è necessario operare sul piano legislativo e su
quello di accordi bilaterali o multilaterali, piano che voi
conoscete senz'altro meglio di me.
  NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di
polizia tributaria della Guardia di finanza. Vorrei
rispondere a quanto ha chiesto il senatore De Matteo rilevando
che non solo gli organismi che studiano e promuovono intese
internazionali sono utili, ma debbono essere addirittura
incoraggiate iniziative in tale direzione perché - lo ripeto -
non ha senso oggi che vi sia in Italia una legislazione
antimafia agguerritissima ed avanzata senza accordi
internazionali. Basti pensare che con un semplice telex
dall'Italia possiamo movimentare miliardi. Che senso ha,
quindi, chiudersi in una barriera protezionistica
efficacissima senza collegamenti internazionali?
   Si tratta di un discorso esclusivamente politico, non
tecnico; non credo si debbano compiere molti sforzi per
studiare tecnicamente le movimentazioni interbancarie; vi sono
abilissimi operatori che sono in grado con un documento di
esprimere queste valenze tecniche. Il discorso è politico: i
paesi debbono capire che, se dal lavaggio di moneta sporca
derivano dei vantaggi, insieme a questi ultimi si corrono
anche dei rischi concreti che riguardano gli stessi paesi. Del
resto, non è casuale che sia all'esame del Parlamento svizzero
un progetto di legge che prevede una responsabilità per colpa
dei funzionari bancari in alcuni casi particolari. Quindi, se
la stessa Svizzera è arrivata a comprendere questo, dobbiamo
estendere la nostra attenzione anche ad altri paesi.
  PRESIDENTE. Dalla Svizzera, come lei sa, arrivano
segnali contraddittori.
  NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di
polizia tributaria della Guardia di finanza. Tuttavia,
l'atteggiamento della Svizzera non può essere considerato alla
stregua di quello che questo paese teneva dieci o quindici
anni fa. In questo senso ho voluto proporre un paradosso.
  PRESIDENTE. Desideriamo ringraziarvi per il contributo
che avete fornito
                        Pag. 3380
ai nostri lavori e vi preghiamo di lasciarci o inviarci
relazioni scritte riassuntive dei temi che qui sono stati
trattati.
Audizione dei rappresentanti delle seguenti associazioni
imprenditoriali di Roma: Unione Industriali, Confapi,
Confcommercio, Upla-Confartigianato, Associazioni provinciale
di Roma della CNA, Confesercenti.
  PRESIDENTE. Anche a nome dei colleghi della Commissione
ringrazio i rappresentanti delle categorie economiche e
produttive per la partecipazione a questa audizione.
   Noi stiamo aggiornando le nostre conoscenze sulle attività
della criminalità organizzata nella realtà romana, anche con
riferimento alle sue propaggini nella regione. Parlo non a
caso di attività, perché il problema di Roma non è tanto
quello di una presenza stanziale, organizzata di gruppi
mafiosi, quanto quello di attività che fanno riferimento agli
interessi mafiosi e che hanno relazione proprio con il mondo
imprenditoriale, economico e commerciale che voi
rappresentate.
   Non è cosa nuova, infatti, che le attività di riciclaggio,
le attività finanziarie, le attività sempre più estese nel
settore imprenditoriale e commerciale della criminalità
organizzata non hanno risparmiato in passato Roma e non
abbiamo motivo di ritenere, anche avendo ascoltato i
magistrati della procura distrettuale antimafia ed i
rappresentanti delle forze dell'ordine, che questo interesse
per le attività economiche, imprenditoriali e commerciali sia
cessato da parte della criminalità organizzata stessa.
   In particolare, abbiamo riscontrato un aumento delle
attività di usura, che naturalmente è da porre in relazione
anche alla crisi economica, però si tratta di un'attività
tradizionale dell'organizzazione criminale. Non a caso a Roma
sono stati recentemente assicurati alla giustizia esponenti di
clan camorristici che erano impegnati in tale attività e che
si appoggiavano anche a gruppi criminali romani. Quindi
l'attività usuraia comporta anche una conseguenza nel settore
delle estorsioni. Vi chiediamo se ci potete dire qualcosa al
riguardo, anche se apparentemente non sembra che vi sia
un'attività estorsiva rilevante in città; infatti il telefono
verde è stato messo fuori funzione perché non serviva.
   Comunque l'allarme maggiore che abbiamo già sollevato
nella passata legislatura con una relazione su Roma riguarda
gli impieghi di capitali illeciti in attività lecite, vale a
dire l'inframmettenza, la commistione tra le attività che voi
rappresentate, lecite e legittime, ed il capitale illecito che
cerca di riciclarsi non solo per quanto riguarda la
provenienza del denaro sporco, ma anche come immagine, come
immagine sociale. In relazione a ciò vogliamo conoscere la
vostra valutazione, il vostro giudizio al riguardo. Poiché
rappresentate in qualche modo categorie ed attività a rischio,
vorremmo sapere cosa ne sapete e quali sono le vostre
preoccupazioni e le vostre indicazioni.
  GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio
romana. Noi già nel 1991, d'accordo con l'allora prefetto
Caruso, effettuammo un'indagine presso i nostri associati per
conoscere se vi erano fenomeni di tal genere; su circa 1.500
associati abbiamo ricevuto 255 risposte alla fine del dicembre
1991-inizio 1992. In queste risposte in molti casi si
dichiarava di aver ricevuto minacce e subito estorsioni. Noi
abbiamo fatto un'indagine completa e possiamo lasciarvi un
documento che può essere interessante anche se riguarda due
anni fa. Se reputate sia interessante potremmo ripetere tale
indagine e cercare di capire ancora meglio tale realtà.
  PRESIDENTE. Si tratta senz'altro di un'iniziativa utile.
                        Pag. 3381
  GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio
romana. Come Federlazio partecipiamo anche alla commissione
regionale con Marroni. Siamo pronti ad insistere e a fare del
nostro meglio per avere notizie e per realizzare il possibile
sempre d'accordo con voi.
   La nostra impressione è che effettivamente ci siano delle
infiltrazioni, che ci siano addirittura alcune aziende che a
nostro avviso vengono finanziate con denaro riciclato. Si
tratta di aziende che diventano addirittura concorrenti.
  PRESIDENTE. In quale settore, dottor Trombetta?
  GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio
romana. In vari settori, sicuramente in quello commerciale.
A livello di supermercati, ad esempio, abbiamo sensazioni del
genere: vi sono aziende, infatti, che stranamente concedono
molto credito, fanno dei crediti alla clientela un po'
particolari. Parliamo comunque sempre dei settori industriali,
dei settori della distribuzione.
   Quanto lei diceva in precedenza ci sembra molto giusto
perché certamente non disponiamo né di prove né di
documentazioni, però abbiamo delle sensazioni strane nei
confronti di persone che hanno creato delle aziende troppo
facilmente, che si sono allargate, che continuano a comprare
punti vendita e a fare affidamenti di notevole consistenza
alla clientela. Crediamo quindi che in tal campo questo
fenomeno ci sia.
   Per quanto attiene all'estorsione, personalmente sono
stato vittima di un tentativo di estorsione a Pomezia proprio
da parte della malavita che si trovava nella zona di
Torvaianica. Alla fine intervennero i carabinieri e si riuscì
a far arrestare tutte queste persone che sono state processate
dopo sette anni, quando alcuni addirittura non c'erano più.
  PRESIDENTE. Era attività estorsiva?
  GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio
romana. Sì, si trattava di attività estorsiva, ma fu
piuttosto grave perché era collegata al furto e morì un
infiltrato di questa banda. Insomma, si trattava di un
fenomeno piuttosto rilevante ed intervenne l'investigativa dei
carabinieri che riuscì a realizzare un'operazione molto
brillante. Però, ripeto, dopo che queste persone sono state
imprigionate per qualche tempo, sono tornate in libertà. Qui
si apre il discorso della giustizia, delle procedure penali
che non consentono che vengano messe in condizioni di non
nuocere ulteriormente determinate persone.
   Lo ripeto, senz'altro ci sono fenomeni del genere. Ancora
una volta faccio presente che abbiamo qui le 255 risposte date
al nostro questionario distribuito due anni fa. Sono tutte
risposte positive, infatti quanti hanno risposto erano a
conoscenza di fenomeni di estorsione, di minacce e di
situazioni analoghe. Se vuole, presidente, potremmo riproporre
oggi tale questionario e anche approfondirlo.
  PRESIDENTE. Senz'altro e ci può lasciare i dati di
questa indagine che è abbastanza recente, e quindi può
costituire un elemento di documentazione utile.
  BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di
Roma. Non abbiamo compiuto alcuna indagine, però i nostri
funzionari, che sono presenti sul territorio, ci comunicano
che la situazione è molto differente a seconda delle varie
località.
   Il sud della provincia - sul quale mi soffermerò
successivamente -, che sta al confine con la parte sud della
nostra regione, specialmente negli anni passati - parlo della
zona tra Pomezia ed Aprilia - ha avuto dei problemi. Nella
zona di Pomezia diversi anni fa vi fu un tentativo da parte di
alcune organizzazioni estorsive di intervenire nel settore
industriale.
                        Pag. 3382
Le aziende non hanno subito queste forme di ricatto e di
estorsione e quindi gli episodi forse sono più legati a
espressioni locali di malavita che non a strutture
maggiormente organizzate.
   Per quello che riguarda, invece, la fascia territoriale
che sta lungo la costa fino alla fine della provincia, in
campo immobiliare, di speculazioni immobiliari e di
insediamenti immobiliari, sicuramente vi sono situazioni poco
chiare. In altri termini, ci sono immobiliari fantasma che
nascono e poi chiudono; è una situazione abbastanza complessa
di cui si ha scarsa conoscenza.
   Nel resto della provincia, limitatamente alle zone di
confine, tra Pomezia e Aprilia, dove sicuramente deve essere
rivolta una maggiore attenzione, sostanzialmente non si
registrano fatti eclatanti di malavita organizzata. Vi è
invece una diffusa microcriminalità, soprattutto nella zona
dei castelli romani, in cui alcune aziende sono costantemente
"visitate" e subiscono piccoli furtarelli, che devono essere
oggetto di un'attenzione maggiore da parte delle forze di
pubblica sicurezza. Passare da fatti episodici a qualcosa di
più organizzato è facile, il passo è breve.
   In sintesi, non si registrano rilevanti fatti di malavita
organizzata nel settore industriale nella nostra provincia,
limitatamente alla zona di Pomezia e Aprilia. Se ne sono
registrati, ripeto, in passato, nella zona di Pomezia, ma in
questo momento non ci risultano episodi eclatanti. Vorrei
indicare però la necessità di prestare un'attenzione specifica
al settore immobiliare nella zona costiera.
  PRESIDENTE. Vi risulta, anche in seguito ad attività di
usura, che vi siano stati trasferimenti di proprietà di
imprese commerciali ed industriali per lo meno sospetti, cioè
che facciano pensare ad infiltrazioni della criminalità
organizzata? Pongo questa domanda sia perché si tratta di un
metodo largamente praticato nelle regioni a rischio, sia in
quanto, svolgendo indagini in aree diverse da quelle a rischio
- sono state compiute indagini a tappeto su tutto il
territorio nazionale -, abbiamo avuto indicazione di passaggi
di proprietà, in relazione ad attività di prestito usuraio,
che denotavano la presenza di riciclaggio. Subentrare nella
proprietà di un'impresa lecita che ha un proprio mercato, è un
modo per mascherare molto bene il capitale sporco.
  BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di
Roma. A livello industriale non risultano simili contesti.
Forse a livello immobiliare, ma soprattutto commerciale.
  PRESIDENTE. I settori commerciale e artigianale sono i
più colpiti.
  BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di
Roma. Il livello industriale molto di meno.
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti di Roma. Da tempo siamo impegnati su questo
versante poco vicino ai nostri scopi istituzionali, come
organizzazione del commercio e del turismo. Siamo stati
costretti ad un impegno significativo negli ultimi due-tre
anni, a seguito di segnali provenienti dai comparti
commerciale e turistico.
   Lei ha ragione quando sostiene che vi è un problema di
crisi economica, ma non è solo questa a giustificare
l'attenzione rivolta dalla criminalità organizzata al
commercio ed al turismo. I segnali da noi raccolti vogliamo
indicarli alla Commissione affinchè costituiscano elementi di
riflessione.
   Abbiamo notato un forte cambio di titolarità negli ultimi
cinque-sei anni, soprattutto nel centro storico, nel settore
commerciale. Spesso il cambio ha riguardato una ditta
individuale che è divenuta società, con la quale è molto più
semplice camuffare la vera proprietà. Credo di non esagerare
nel dire che soprattutto nel centro storico il fenomeno ha
riguardato
                        Pag. 3383
circa il 20-25 per cento delle imprese. Abbiamo notato, negli
ultimi anni, una crescita abnorme di alcune attività
commerciali in controtendenza, che non si spiega: mi
riferisco, per esempio, all'aumento delle oreficerie rispetto
alla forte flessione dei consumi. Se le forze dell'ordine che
controllano il territorio girano, possono rendersi conto come
in una città insicura qual è Roma - i dati pubblicati in
questi ultimi giorni dimostrano come dovrebbe essere difficile
per le gioiellerie lavorare con le porte aperte - soprattutto
per quanto riguarda queste attività, cresciute negli ultimi 4
o 5 anni, con centinaia di milioni di prodotti nelle vetrine,
si sta tranquillamente con le porte aperte.
   La crescita, o per lo meno una spinta significativa verso
la crescita, si verifica anche nella media e grande
distribuzione. Sono chiamati supermercati, ma per le leggi di
questo paese il supermercato è un esercizio che copre 400
metri quadrati: questo lo dico per dare la giusta valenza alle
espressioni che si utilizzano. Chi ha un'esercizio di 400
metri quadrati si dice abbia un supermercato dietro al quale
magari vi sono capitali provenienti dal traffico della droga o
dal riciclaggio del denaro sporco. Ad ogni modo quando parlo
di strutture di media e grande distribuzione non escludo
l'ingrosso, che rappresenta uno dei settori in cui si è
concentrata l'attenzione di soggetti esterni al mondo
commerciale, ma forniti di rilevanti disponibilità economiche
in un momento in cui il commercio non va bene. Secondo la
logica economica, è profondamente sbagliato investire in un
settore che va male.
   Un altro elemento di riflessione. Sono scaduti nel 1991,
1992, 1993 (e altri scadranno nel 1994) moltissimi contratti
di locazione per esercizi commerciali - dico moltissimi,
riferendomi alla legge sull'equo canone (sei anni più sei) -.
Le richieste avanzate dai proprietari riguardano 10-20-30
volte il canone pagato precedentemente, tanto che in numerosi
casi l'operatore commerciale non è stato in grado di mantenere
questa attività, anche facendo valutazioni di carattere
economico. In molti casi, per 40 metri quadrati, venivano - e
vengono - chiesti nel centro storico 250 milioni l'anno di
locazione! Questo è un dato medio, al quale si aggiungono
cifre più elevate.
   A fronte delle difficoltà dell'operatore commerciale nel
fare le valutazioni commerciali - perché qualunque sia la
merceologia oggetto di vendita è impossibile recuperare anche
il solo canone di locazione, da cui discende l'abbandono del
comparto dell'imprenditore sano -, vi era una fila di persone
disponibili (entrate successivamente nel settore) provenienti
non dal mondo commerciale, ma dal di fuori, direi anche al di
fuori del mondo imprenditoriale più complessivo. Posso capire
quando qualche piccola impresa del mondo industriale tenta di
trovare spazi nel settore distributivo, ma non capisco gli
operatori esterni, i quali sanno benissimo che per quegli
esercizi non è possibile neanche ricavare, in termini di
valore aggiunto, il solo canone. Quindi, quelle persone si
inseriscono in attività comunque in perdita.
   Sono elementi di riflessione che ci inducono a trarre
determinate conclusioni, anche se da inesperti, non da esperti
del mutamento della strategia criminale del nostro paese. Come
commercianti diciamo che il settore comincia ad avere presenze
che mettono in seria difficoltà le corrette regole della
concorrenza: gente con risorse incredibili, che si inserisce
in un mercato competitivo ha vantaggi completamente diversi da
chi vi lavora da anni e soffre una crisi dei consumi, soffre
di una chiusura totale dei "rubinetti" bancari, così come
soffre un altro fenomeno che ormai sta prendendo piede -
nonostante risalga al Medio Evo - ed assumendo caratteristiche
allarmanti, ossia l'usura, su cui credo la Commissione si sta
soffermando.
   Da circa due anni abbiamo attivato un telefono antiracket,
chiamato SOS impresa
                        Pag. 3384
(oltre ad aver istituito un'associazione ad hoc)
che ha ricevuto più di 600 telefonate. Mi consenta una
parentesi, signor presidente: lei ha parlato del numero verde
della prefettura che è fallito. Ma quando un numero verde è
conosciuto soltanto dal prefetto e dalle forze dell'ordine non
serve a nulla.
  PRESIDENTE. Le categorie non hanno provveduto...
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti di Roma. Non è stato mai comunicato.
  PRESIDENTE. Neanche alla sua?
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti di Roma. No, siamo stati noi a chiedere al
prefetto Caruso il numero. Lui non si è neanche degnato di
scrivere due righe per dire che era stato attivato il numero.
  PRESIDENTE. Era un telefono clandestino più che verde!
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti di Roma. Se lei chiedesse a me il numero
verde della prefettura - su cui in teoria dovrei essere
informatissimo, poi dirò molte altre cose a dimostrazione
della informazione della nostra associazione - risponderei che
non lo conosco, perché si tratta di un numero rimasto per
pochi intimi.
   Suggerimmo di mettere cartelloni pubblicitari e manifesti
presso le unità sanitarie locali, il comune e le sedi
istituzionali pubbliche oltre che per le strade: nulla è stato
fatto! Non credo sia arrivata - non so alla Confcommercio -
una segnalazione formale del telefono verde. E' ovvio che non
chiama nessuno. Al nostro telefono, segnalato con manifesti ed
interventi sugli organi di stampa (il cui numero molto
semplice è 8551111) sono arrivate più di 600 telefonate nel
corso di due anni e circa la metà di queste (forse un po'
meno) riguardano il fenomeno dell'usura, che sta assumendo una
dimensione sconvolgente nella realtà romana. Dico sconvolgente
perché quando si parla del 15 per cento dei commercianti
interessati dal fenomeno, moltiplicato per 60 mila, ossia i
commercianti romani, ci si rende conto che non è una cifra di
poco conto. Se lo riferiamo alla regione Lazio credo che il
numero tenda ad aumentare, anche per le valutazioni fatte
poc'anzi dal dottor Tini: per esempio, nel sud di Roma il
fenomeno è più presente rispetto al centro storico ed alla
parte nord della città. Nella provincia di Latina, oltre al
fenomeno delle estorsioni e del racket, è sicuramente forte
anche l'usura. Nonostante il nostro telefono riguardi la
provincia di Roma, ci arrivano spesso segnalazioni anche dalle
province di Latina e Frosinone. Quando si parla del 15 per
cento su 60 mila, ci si riferisce a circa 10 mila commercianti
interessati dall'usura.
   L'usura sta uccidendo il commercio, presidente Cabras. I
tassi praticati molto spesso raggiungono il 30 per cento al
mese, che diventa un interesse composto quando non si riesce a
rispettare la scadenza. I soldi spesso vengono offerti a costo
zero, nella fase iniziale, per inserire la persona bisognosa
all'interno di un meccanismo dal quale poi non uscirà più.
Spesso abbiamo notato, da segnalazioni seguite d'accordo con
le forze dell'ordine, che dietro non ci sono delinquenti di
quartiere o la microcriminalità: non vi è soltanto questo, in
quanto in diversi casi vi è l'obiettivo preciso di entrare in
possesso delle proprietà della persona sotto usura ed anche
della sua attività commerciale. Comunque, a nostro avviso, c'è
una strategia nell'entrare in possesso delle attività
economiche, non solo per riciclare denaro proveniente da
attività illecite, ma anche per costruire sul territorio dei
sensori, dei punti di riferimento, una rete da parte di
qualcuno per capire meglio i fenomeni che accadono in alcuni
comparti ed all'interno della società civile.
                        Pag. 3385
 In tal modo si hanno subito dei punti di riferimento. Vi
sono settori quali quello delle gioiellerie, ma anche i
pubblici esercizi, i supermercati o il comparto degli
elettrodomestici, in cui un'attenzione maggiore va riposta da
parte del mondo della vigilanza, non solo delle forze
dell'ordine, le quali - mi rendo conto - hanno difficoltà ad
intervenire su tali questioni.
   Abbiamo anche sollecitato le istituzioni sotto questo
aspetto, in particolare la regione Lazio ha realizzato un
progetto per cercare di comprendere meglio questo fenomeno che
molto spesso sconfina nell'estorsione e nell'usura, perché nel
momento in cui diventano pressanti le richieste è facile
pensare che si verifichi un reato di estorsione. E' anche
necessario capire gli strumenti non solo di contrasto, come si
usa dire, ma anche quelli di prevenzione rispetto a fenomeni
criminali che sembrano minori ma che, a nostro avviso, usano
strategie che portano molto lontano e, quindi, i fenomeni di
prevenzione, i rapporti con gli istituti bancari, la rigidità
che impedisce alle piccole e medie imprese del commercio e del
turismo di poter accedere a finanziamenti non solo agevolati
ma molto spesso anche ordinari. Basti pensare all'assurdità
per cui è sufficiente avere un protesto di 900 mila lire per
essere bollati a vita come persone che non hanno più accesso
al mercato del denaro legale e che perciò debbono per forza
rivolgersi a quello del mercato illegale. Cito la possibilità
per le forze dell'ordine di intervenire anche sulla base di
segnalazioni anonime oppure in carenza di denunce: anche
questo è un aspetto che sottoponiamo all'attenzione della
Commissione perché non sempre la persona ha il coraggio di
denunciare. Proprio qualche giorno fa si è verificato l'ultimo
caso e la persona interessata ha dichiarato di non voler
assolutamente sporgere denuncia, anzi ha chiesto i soldi
dichiarando che con 60 milioni se la sarebbe cavata. E'
evidente che soldi non ne vengono dati a chi si trova in
situazioni di questo tipo ma è chiara la necessità di
individuare alcuni interventi e strumenti di sostegno o di
solidarietà (chiamiamoli come vogliamo) che mettano queste
persone nella condizione di uscire da una situazione la cui
ultima conseguenza è quella di consegnare molte delle attività
in mano alla criminalità, sia di quartiere sia organizzata.
  DARIO DEL BUONO, Presidente della Confartigianato.
La nostra associazione ha la particolarità di essere composta
esclusivamente da persone fisiche. La frammentazione della
nostra categoria non ci dà la possibilità di avere un quadro
preciso anche perché - ho sentito le percentuali riguardanti
le altre categorie - è molto difficile avere notizie in questo
campo; ci risulta però, visto che anche noi facciamo parte
della famosa commissione regionale, che è molto grave il
problema dell'usura e del taglieggiamento, chiaramente
maggiormente localizzato nella zona sud, anche se per quanto
riguarda la nostra categoria è diffuso su tutto il territorio
del comune.
   Grande peso assume il problema della crisi economica; se
vi fossero diverse impostazioni per favorire l'accesso al
credito alle piccole e medie imprese, si eviterebbe gran parte
del problema. Le trasformazioni, come hanno ricordato coloro
che mi hanno preceduto, da persone fisiche a società a
responsabilità limitata sono state dovute a questioni di tipo
fiscale, soprattutto per quanto riguarda la nostra categoria
perché tutte le leggi approvate nel nostro paese sembrano
spingere verso la sparizione della persona che rischia in
proprio.
   Quanto alla nostra partecipazione al problema, su tutto il
territorio abbiamo allertato i nostri funzionari per
sensibilizzare chi entra a far parte dell'associazione, per
cercare di superare, parlando apertamente delle varie
questioni, il problema della paura, soprattutto di quella di
trovarsi in situazioni che, una volta
                        Pag. 3386
denunciato e sgominato il racket, presentano strascichi
giudiziari che durano anni. E' questo un aspetto della
questione che fa venire meno la fiducia nelle forze
dell'ordine.
   Infine ricordo che l'associazione dispone di una serie di
dati documentali elaborati durante la nostra partecipazione
alla citata commissione regionale e che possiamo inviare
quanto prima alla Commissione.
  GIANNI MERLUZZI, Vicepresidente della Confcommercio
di Roma. Non ho molto da aggiungere a quanto è stato già
detto dai rappresentanti delle altre associazioni perché i
temi sono sempre gli stessi. Per quanto riguarda l'usura, a
noi risulta tutto sommato che il problema non sia così grande,
per lo meno relativamente a Roma e alla provincia; voglio dire
che non abbiamo la fortuna di ricevere informazioni più
dettagliate su questo problema da parte di chi ci telefona. Vi
è invece la certezza matematica che si tratta di un fenomeno
importante nel sud del Lazio, soprattutto nell'area di Latina,
per non parlare di Pomezia. Il tema dell'usura è stato
affrontato da noi insieme alla Confesercenti in sede
regionale, dove avevamo puntato il dito principalmente sul
sistema bancario perché, secondo noi, gran parte dei danni e
dei problemi legati all'usura derivano proprio dall'attuale
sistema bancario, il quale pretende che a fronte di un fido di
cento lire si posseggano almeno cento mila lire. Ciò contrasta
un po' con le regole del commercio; bisognerebbe invece che le
banche dimostrassero maggiore disponibilità verso
l'imprenditorialità dei commercianti o che almeno si
attivassero in modo tale da riuscire a dare al commerciante la
possibilità di accedere a fidi per i quali oggi esistono forti
difficoltà perché costringono molto spesso chi non ha mezzi
dietro le spalle o chi nel corso degli anni non è riuscito a
crearsi un qualcosa, anche in considerazione della recessione
commerciale nella quale ci dibattiamo, ad accedere al prestito
ad usura, con tutti i guai che ne conseguono. Il primo passo
infatti può essere il prestito per arrivare alla fine alla
cessione delle aziende ad organizzazioni molto efficienti,
secondo il nostro parere, con un bel nome e quindi "pulite",
aziende che permetteranno a questa gente di riciclare quello
che viene chiamato denaro sporco. Non occorre molta
immaginazione per capire che il novanta per cento di queste
situazioni vengono attivate da queste bande organizzate
esclusivamente con lo scopo di entrare nel mercato e di
potersi riciclare.
   So che a livello regionale si era pensato di attivare
qualche sistema affidando l'iniziativa alla Confcommercio e
alla Confesercenti, che è la segreteria operativa di questa
azione, ma essa si è bloccata e ora staremo a vedere cosa
accadrà.
   Per quanto riguarda il racket, siamo nelle stesse
condizioni, anche perché fra usura e racket non so quali siano
le grosse differenze: l'una entra nell'altra e la prima
scatena la seconda. Certamente i problemi maggiori li
incontrano i ristoranti, i bar, i pubblici esercizi, le
discoteche; ci risulta invece che a Roma si sta evolvendo il
problema rappresentato dai ristoranti cinesi. In un momento di
crisi nel settore della ristorazione assistiamo ad una
proliferazione esasperata e per certi versi assurda di
ristoranti cinesi che aprono in zone dove, stando alle parole
di chi gestiva in precedenza il locale, non si ha la
sensazione della possibilità di riuscire a fare qualche cosa.
I cinesi non solo smantellano e rinnovano i locali, facendo
quindi investimenti di un certo peso, ma tranquillamente
sopravvivono pur applicando prezzi che sono molto molto
accessibili.
   L'iniziativa della Confesercenti di attivare una linea
telefonica è molto interessante ma non so quanto questo tipo
di discorso possa essere realistico perché quasi sempre
assistiamo, da parte di quelle che noi classifichiamo come
persone
                        Pag. 3387
 perbene, ad una certa ritrosia ad andare non dico a pietire
ma ad esporre i propri problemi nel caso in cui vengano prese
di mira. Purtroppo la paura e la preoccupazione prevalgono
poiché, a nostro modo di vedere, da parte delle forze
dell'ordine non è stata ancora attivata la copertura
necessaria per far sì che il cittadino, in questo caso il
commerciante, abbia la tranquillità di sporgere denuncia.
Nell'eventualità che questa soluzione venga presa in
considerazione, ritengo giusto dare alle diverse categorie la
possibilità di fare esse direttamente la denuncia, lasciando
fuori il commerciante coinvolto. In questo modo forse non si
potrà risolvere il problema ma il nome del commerciante, che
certamente non deve rimanere segreto, non deve essere dato in
pasto a nessuno per evitare eventuali ritorsioni da parte
della malavita.
   Tutto ciò deriva dal momento economico che stiamo vivendo;
finché le cose andavano bene si parlava pochissimo di usura,
poco di racket e poco di tutto; quando le cose vanno male,
quando il mercato non dà la possibilità di sopravvivere al
commerciante, all'artigiano, alla piccola e media industria,
nascono i guai: si verifica un'emorragia di denaro liquido per
cui il primo passo è quello di chiedere denaro.
   L'aspetto più importante è quello di far comprendere al
sistema bancario che questo è il momento di aiutare il
commercio, l'artigianato e la piccola e media industria
cercando, sempre nei dovuti modi, di superare le numerose
regole burocratiche assurde che non aiutano ad uscire fuori da
questa situazione nella quale ci troviamo e che ogni giorno
presenta sempre maggiori rischi per tutte le categorie,
soprattutto per quelle in cui a rischiare in prima persona è
il titolare. Se non cerchiamo di attivare di comune accordo il
sistema bancario e le forze dell'ordine, che debbono
coadiuvare in modo più fattivo ed attivo, creando insieme
quegli strumenti che ci permettano di dare alla gente la
sicurezza di non venire coinvolta più di quanto già non sia in
un problema di usura e di racket, permane la preoccupazione di
essere presi di mira in modo sempre maggiore. Se non riusciamo
ad attivare certe situazioni ridando al commercio e ai
commercianti la credibilità che manca, penso che questa
situazione non potrà che degenerare.
  MARIO RANUCCI, Presidente della CNA di Roma.
Concordo con quanto hanno detto il collega rappresentante
della Confartigianato e quello della Confcommercio.
   Per quanto riguarda gli artigiani e le piccole imprese
vorrei tuttavia sottolineare i tre aspetti fondamentali che
abbiamo verificato. Il primo è la mancata assistenza da parte
degli istituti creditizi, specialmente in momenti come quelli
odierni in cui il bisogno di denaro raggiunge limiti molto
elevati. Il secondo aspetto è quello relativo agli affitti nel
centro storico. Abbiamo avuto moltissimi artigiani che hanno
dovuto lasciare le proprie botteghe perché i costi degli
affitti avevano raggiunto ormai livelli insostenibili. Il
terzo aspetto attiene alle piccole imprese; è significativo il
fatto che abbiamo verificato che nella conduzione degli
appalti spesso quello che si cerca di avere con la trasparenza
del prezzo più basso va invece ad incidere su una cattiva
forma di concorrenza, tanto che molte volte vengono dati degli
appalti ad aziende che, costi alla mano, sicuramente vanno a
rimetterci.
   Abbiamo verificato che sensibilizzare gli enti pubblici su
appalti di questo tipo è importante per dare modo sia alle
imprese sia agli artigiani di poter partecipare con serenità
ad appalti senza dover ricorrere a forme sicuramente di
concorrenza sleale che portano alla "morte" di aziende serie,
da diverso tempo presenti sul mercato.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Più che una domanda vorrei
avanzare una
                        Pag. 3388
richiesta di approfondimento. Desidero infatti sapere quale
possa essere, a giudizio delle categorie qui rappresentate, la
consistenza (mi riferisco ad ordini di grandezza percentuale)
della presenza di capitale prestato non attraverso il ricorso
alle banche e quindi non in modo legale, e quanto tale
presenza possa incidere sulla validità e sull'efficienza del
sistema economico, distributivo e produttivo.
   In altri termini, comincia già ad esistere una sorta di
"dipendenza" organica del sistema produttivo, nel suo
complesso, da questo tipo di capitale? Oppure si tratta ancora
di un fenomeno che, seppur grave, è delimitato e non ha
carattere di penetrazione organica? Una risposta, a tale
proposito, può essere orientativa anche per noi che dobbiamo
occuparci istituzionalmente degli aspetti organici delle
degenerazioni del sistema e delle strutture della malavita,
non tanto degli aspetti episodici ma dei grandi flussi di
formazione di un sistema diciamo illegale.
   Qualche tempo fa mi accadde un episodio molto curioso. Mi
trovavo in un giardino separato da quello di una casa accanto
da edera. Si sentiva ma non si vedeva. Stavo studiando per
conto mio per cui ero nelle condizioni di poter ascoltare
senza essere visto. Fui colpito da una conversazione - è uno
di quegli episodi della vita che restano impressi in chi non è
del mestiere - tra persone che non sapevo chi fossero e che
parlavano tra loro. Uno di essi ad un certo punto, parlando di
investimenti, disse ad un altro: "Non si preoccupi, guardi,
questi miliardi sono puliti; non ci sono problemi. Stia
tranquillo". Quasi che l'alternativa tra denaro sporco e
denaro pulito, sul piano dell'investimento, fosse una cosa
normale. Il problema che abbiamo è dunque di questo tipo.
Dobbiamo capire se certi fenomeni facciano ormai parte
organica del sistema, diventando cioè delle patologie
fisiologiche, che sostengono il sistema, oppure se si tratta
di cose che, una volta delimitate e colpite, non aggravano la
situazione del sistema. Ricordiamo, al riguardo, quanto è
accaduto in Sicilia, allorquando c'è stata la rivolta dicendo:
"La mafia dà lavoro. Non combattete la mafia perché ci levate
il lavoro". Era vero perché si andava ad incidere su realtà
economiche e sociali nel momento in cui si interrompevano
certi flussi di investimenti. Il che era una cosa di enorme
gravità.
   Naturalmente esiste anche un problema sia per il
legislatore sia per il politico sia per le forze dell'ordine
in generale che, chiamate a garantire la legge, devono stare
attente nel momento in cui si colpisce la malattia, a non
colpire il sistema nel suo complesso. Da qui la necessità di
sapere dove le cellule malate finiscono e se il fenomeno sia
ormai purtroppo entrato a far parte della circolazione.
   Qui si è molto insistito sul carattere sostanzialmente
insufficiente del sistema bancario italiano. Noi sappiamo che
la differenza, per esempio, tra il sistema bancario degli
Stati Uniti e quello italiano è che in quel paese il credito
funziona in un altro modo. Negli Stati Uniti, infatti, le
banche sanno che il loro compito è essenzialmente prestare
soldi e non riceverne. Lo danno a tutti, correndo dei rischi e
naturalmente facendo pagare pene gravissime allorquando tali
rischi si verificano.
   Il discorso per cui per contrastare la malattia sarebbe
necessaria una forte revisione del sistema creditizio, non
solo per la situazione contingente ma anche in generale,
rischia di restare un discorso che non prosegue nel momento in
cui nascesse una sensazione diciamo pessimistica per la quale
in certa misura alcuni dati sarebbero irrecuperabili e che
tutto quello che si può fare è tamponare, attraverso
l'attività delle forze dell'ordine, tenendo sotto controllo la
situazione.
  DARIO DEL BUONO, Presidente della Confartigianato.
Il problema è molto diffuso. A mio avviso il fenomeno non è
                        Pag. 3389
ancora diventato sistema. Tuttavia è chiaro che nel corso di
quest'anno, in cui la crisi economica avrà i suoi peggiori
effetti, esso rischia di diventare sistema.
   Quanto poi al problema se dietro queste forme di usura o
il racket che le nostre imprese "vivono" sul territorio, ci
sia già una organizzazione capillare, non è possibile saperlo.
Per quanto riguarda l'Artigiancassa, era la fonte per gli
artigiani per poter avere delle agevolazioni, anche se poi si
trasformava in una fonte di anticipazione nell'investimento
dell'impresa da parte dell'imprenditore, rinviando ad un
momento successivo l'elargizione del finanziamento. Quella era
ovviamente un'altra forma di facilitazione di ricorso
all'usura, perché uno, magari sprovveduto o non assistito
dalle associazioni (qualunque artigiano poteva ricorrere
all'Artigiancassa), compiva un passo più lungo della gamba
sperando di avere subito questi soldi. Il discorso è dunque
giusto: perché fare l'intervento se poi non si risolve
assolutamente niente? Se si interviene subito, probabilmente
si può evitare che il fenomeno diventi sistema.
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti. Credo sia molto difficile rispondere ad una
domanda così precisa. Possiamo farlo ricorrendo a stime per
difetto e non per eccesso, sulla base dei dati e delle
proiezioni a nostra disposizione. Riteniamo che per quanto
riguarda il settore del commercio, con riferimento a quei
commercianti che ci risultano incappati in questo fenomeno
criminale dell'usura, il capitale diciamo "in più" circolante
è valutabile intorno a 2 mila miliardi.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. A Roma?
  VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della
Confesercenti. A Roma. Si tratta di una nostra stima, e
come tale va considerata, ma valutandola sulla base dei dati
che circolano. Se non ricordo male, il fatturato del commercio
nella provincia di Roma dovrebbe aggirarsi intorno ai 18 mila
miliardi. Circa il 10 per cento del capitale è drogato.
   Molto più complessa è invece l'altra parte della domanda
che ci è stata posta o che ho intuito, ossia quella relativa a
quanto capitale vi sia nel commercio derivante dal riciclaggio
del denaro sporco. Credo che sia impossibile per noi
rispondere a tale quesito. Esiste tuttavia una grande
attenzione da parte di questo capitale nei confronti del
commercio, perché poi è l'unico momento per poter farlo
circolare senza che nessuno intervenga o mai se ne accorga.
  GIANNI MERLUZZI, Vicepresidente della
Confcommercio. La domanda era molto precisa e quindi mi
dispiace di non poter dare una risposta altrettanto precisa.
   Purtroppo, la verità è che nonostante tutta la buona
volontà le stime lascerebbero il tempo che trovano. Possiamo
tuttavia dire che la presenza è diventa ingombrante; rischia
di diventarlo ancora di più senza un intervento da parte di
tutti coloro che concordemente vogliono mettere - come si dice
a Roma - una pezza su quello che sta accadendo. Per rendercene
conto basterebbe andare a vedere, con riferimento agli ultimi
due anni, tutti i passaggi che sono stati effettuati nelle
piccole e grandi occupazioni! In altri termini, è
incomprensibile che accada che titolari di aziende che dopo
trent'anni non riescono più a sopravvivere, se ne vadano
prendendo delle buonuscite assurde: a volte, infatti, accade
che in centro per locali ridicoli, addirittura si chiedono
buonuscite per 4-5-6 miliardi, per poi avviare delle attività
che nessun commerciante - ma in ogni caso nessuno che abbia un
minimo di buonsenso - andrebbe ad aprire in quel posto. Vi è
invece della gente, vi sono situazioni tali che ci fanno
riflettere e ci fanno pensare che questo fenomeno stia
prendendo piede ogni giorno di più.
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   In quanto persone fisiche, in quanto rappresentanti di
categorie in cui ognuno di noi rischia sempre in prima
persona, siamo sempre molto diffidenti a raccontare i nostri
fatti agli altri; siamo altrettanto diffidenti nell'andare a
chiedere anche l'aiuto, come diceva lei, alle forze
dell'ordine, alla stessa Confcommercio. Talvolta può succedere
che il negoziante telefoni, però poi, arrivati ad un certo
punto, scatta quel non so che per cui si dice: "Per carità,
per l'amor di Dio... Poi dopo mi chiamano, mi portano in
causa, mi mettono in luce, cose che io invece non voglio".
   La situazione è dunque assai preoccupante. Secondo altre
stime i miliardi di cui qui si è detto sono ancora di più,
sono però convintissimo che con un po' di buona volontà anche
se non riusciremo a risolverla sicuramente in tempi brevi,
potremmo tuttavia veramente mettere un freno e se non altro
evitare che la situazione, già di per se stessa drammatica,
degeneri ancora di più quest'anno, che si è già presentato non
come un anno di ripresa, purtroppo, ma come un anno dove
ancora ci sarà da soffrire soprattutto relativamente alle
piccole e medie aziende.
  GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio.
Dalla nostra inchiesta risulta che su 27 associati che hanno
dichiarato di essere stati sottoposti ad estorsioni, 21 non
hanno mai sporto denuncia. In particolare, 5 hanno detto di
non aver mai pensato di sporgere denuncia; 14 di avervi
pensato ma di non averlo fatto; soltanto 6 hanno sporto
realmente denuncia; 2 non hanno fornito alcuna risposta. Mi
sembra che questo si colleghi a quanto detto da chi mi ha
preceduto riguardo alla forte paura di chi viene sottoposto a
pressioni; paura di esporsi ed anche di parlare con le
autorità. Credo che questo sia uno dei punti fondamentali e
che perciò occorra far di tutto per coprire ed aiutare chi
vuole sporgere denuncia, garantendo l'anonimato.
  PRESIDENTE. Rivolgo i miei ringraziamenti ai nostri
ospiti per le notizie e le osservazioni di carattere generale
che ci hanno fornito, di cui terremo il dovuto conto.
  La seduta termina alle 13,05.

 


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