Violante: seduta 80
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      PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
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Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente .......................... 3315
Discussione della relazione sulle risultanze dell'attività
del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su
insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di
tipo mafioso in aree non tradizionali:
Violante Luciano, Presidente .............. 3315, 3322, 3323
Smuraglia Carlo, Relatore ............................. 3322
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente .......................... 3324
Butini Ivo ............................................ 3324
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La seduta comincia alle 14,5.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta
precedente).
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avverto che su mandato
della Commissione avevo inviato al ministro di grazia e
giustizia la richiesta di riesame della ripartizione dei
magistrati sul territorio nazionale, esprimendo le ragioni per
le quali ci sembrava del tutto inidonea la quota del 36 per
cento dei magistrati inviati presso gli uffici giudiziari del
Mezzogiorno. Il ministro ha risposto ieri (è stata distribuita
sia la lettera da me inviata al ministro sia la sua lettera di
risposta) precisando che condivide le nostre osservazioni e
che ha disposto che gli organici degli uffici giudiziari
ubicati nelle aree maggiormente esposte alla criminalità
mafiosa (ossia le quattro regioni del Mezzogiorno) siano
validamente potenziati, destinando ad essi almeno il 50 per
cento delle unità in aumento previste dalla legge. Credo che
questo sia un fatto positivo in quanto si colma una lacuna.
Discussione della relazione sulle risultanze dell'attività
del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su
insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di
tipo mafioso in aree non tradizionali.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione
della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di
lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e
infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in
aree non tradizionali.
   Il senatore Smuraglia ha facoltà di svolgere la sua
relazione.
  CARLO SMURAGLIA, Relatore. La relazione che mi
accingo a svolgere è il frutto di un lavoro che la Commissione
decise molto opportunamente di avviare alcuni mesi fa, tenendo
conto del fatto che le precedenti Commissioni antimafia
prestarono molta attenzione alle zone tradizionali di
insediamento mafioso, mentre più sporadica fu quella rivolta
alle situazioni, alle infiltrazioni ed a eventuali
insediamenti di organizzazioni di tipo mafioso in aree diverse
da quelle tradizionali. Quindi, molto opportunamente, la
Commissione decise di porre l'accento su questo tema,
costituendo un gruppo di lavoro ed incaricando il sottoscritto
di coordinarlo e di raccogliere materiale e documentazione
necessari per giungere a delle valutazioni conclusive.
   Questo lavoro ha molto impegnato la Commissione, nel suo
complesso. Infatti, dopo aver vagliato l'enorme materiale
disponibile, si è deciso di procedere ad alcuni sopralluoghi
effettuati in tutte le regioni più interessate da questi
fenomeni per i quali vi erano già delle segnalazioni.
Complessivamente sono stati effettuati nove sopralluoghi ai
quali, mediante varie delegazioni, ha partecipato l'intera
Commissione, per cui il lavoro compiuto è stato collegiale. Il
materiale è stato successivamente raccolto e coordinato anche
con il prezioso aiuto di coloro che assistono la Commissione,
citati nominativamente nella relazione. Infatti la raccolta di
questo materiale è stata talmente
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onerosa che senza il contributo delle persone che ci hanno
assistito non saremmo riusciti a dominarlo. Questo lavoro è
stato inoltre corredato da materiale riguardante anche le
altre regioni, in modo che la situazione fosse la più omogenea
possibile, acquisendo per queste ultime, ove i segnali erano
più deboli, delle relazioni. E' rimasto fuori praticamente
solo il Lazio in quanto la Commissione, a suo tempo, istituì
un apposito gruppo di lavoro, coordinato dal senatore Cabras,
per cui è sembrato logico che grazie alla sua specificità il
Lazio avesse una sua collocazione a parte. Vi era, del resto,
una relazione della Commissione antimafia della precedente
legislatura e posso dire che nel complesso i dati di allora
riguardanti il Lazio collimano con quelli rilevati ora;
tuttavia la specificità del Lazio sarà messa in evidenza a suo
tempo dal collega Cabras.
   Dall'insieme di questo lavoro, con il quale si è cercato
di ricostruire esattamente lo stato della situazione degli
insediamenti e delle infiltrazioni mafiose in queste zone
dell'Italia, la prima conclusione che si può trarre è che la
famosa teoria delle "isole felici" non vale più per nessuna
delle nostre regioni. Non vi è un'area che possa a buon
diritto essere denominata "isola felice". Anzi, le
infiltrazioni e gli insediamenti mafiosi sono ormai presenti,
in varia forma ed in vario titolo, in tutte le zone che
abbiamo visitato ed in quelle di cui abbiamo consultato il
materiale. La Commissione si è occupata specificatamente di
due aree che hanno un elemento in più rispetto alle altre,
l'Abruzzo e la Basilicata, e cioè la caratteristica di essere
quasi accerchiate, per cui vi è oltre agli altri un problema
specifico di contiguità.
   La Commissione si è inoltre diffusamente occupata della
situazione della Sardegna la quale pareva essere estranea a
questi problemi in quanto, un po' per la sua ubicazione, un
po' per la caratteristica dei suoi abitanti ed un po' per il
fatto di avere dei suoi codici, ai quali si ispirano persino
le sue forme illegali, sembrava rifiutasse qualsiasi forma di
infiltrazione mafiosa. Anche se grandi insediamenti non si
sono trovati in Sardegna, è pur vero che si sono registrate
numerose infiltrazioni che riguardano soprattutto il settore
economico, quello turistico, i potenziali rapporti con altri
gruppi, nonché alcuni aspetti inusitati che hanno sorpreso
persino la Commissione. Non si capisce infatti per quale
motivo le armi provenienti dal Belgio o dalla Svizzera, prima
di raggiungere la Sicilia, debbano transitare per la Sardegna.
Ciò presuppone che anche la Sardegna non sia poi quella "isola
felice" di cui parlavo prima.
   La tipologia delle altre regioni è, per così dire,
unitaria, nel senso che il fenomeno, per quanto riguarda
Piemonte, Lombardia, Valle d'Aosta, Liguria, Toscana è quasi
sempre lo stesso. La tipologia prevede la presenza di
organizzazioni di tipo mafioso sul territorio in forme
tradizionali, persino caratterizzate in alcuni casi da scontri
a fuoco. Tutti sono interessati ormai al traffico degli
stupefacenti, al gioco d'azzardo, allo sfruttamento della
prostituzione, ma soprattutto al traffico d'armi, che ha
assunto in questi anni connotati in precedenza sconosciuti. Il
traffico d'armi era anni fa un'operazione commerciale, mentre
ora non è più così. Ma il giro d'armi che si registra nel
nostro paese è straordinario; girano infatti sia armi leggere
sia armi pesanti, sia armi comuni sia da guerra, sia esplosivi
sia cariche di ogni tipo. Addirittura si segnala che da alcuni
mercati dell'est starebbero per arrivare armi nucleari che
hanno costi tali da far impallidire persino la movimentazione
di ricchezza tipica del traffico degli stupefacenti. Che tutto
ciò sia presente in tutte le zone d'Italia è un fatto che deve
preoccupare, anche perché in alcuni casi si tratta di
rivendere o di scambiare tali armi con gli stupefacenti. In
altri casi non c'è dubbio che tale materiale affluisce verso
il sud, tant'è che si è scoperto in Val d'Ossola un
laboratorio che modifica le armi costruite in Svizzera in
quanto nel meridione si preferiscono armi con determinate
caratteristiche, ossia armi che sparano a raffica anziché a
colpo
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singolo. Quindi il traffico di armi collega regioni una volta
definite tranquille, come la Lombardia, l'Emilia Romagna, la
Toscana e la Sardegna, con altre tradizionalmente a rischio.
   Accanto a queste forme delinquenziali che presuppongono un
certo tipo di organizzazione più sul territorio che su altro,
ve ne sono altre relative ad operazioni che incidono sul
sistema economico in maniera estremamente variegata. La più
nota è l'estorsione, che in molti ritengono si stia riducendo,
mentre a mio giudizio tale impressione è sbagliata. Il
fenomeno infatti non può essere valutato in base alle denunce,
bensì in base a determinati fatti: il non usare le linee verdi
predisposte dalle organizzazioni di categoria, invece di
essere un sintomo di tranquillità è un segnale allarmante,
vuol dire che vi è poca fiducia persino in strumenti di questo
tipo. Dico ciò non per mia illazione; infatti, se da un lato
non figurano denunce per estorsione e dall'altro aumentano gli
incendi dolosi e gli attentati agli esercizi pubblici, la
spiegazione è facile. Vi è una enorme diffusione in tutte
queste aree dell'usura, che si accompagna spesso
all'estorsione e a forme più o meno insinuanti o violente di
recupero di crediti; si registra, altresì, l'acquisto di
immobili, da parte di gente nullatenente, ubicati in zone
turistiche o termali. In tutte le località termali del nostro
paese si comprano immobili senza alcuna ragione apparente. In
alcuni casi gli acquisti vengono effettuati da persone che
apparentemente non avrebbero i mezzi; spessissimo l'acquisto
avviene in contanti e talora questi immobili sono
inutilizzati. Ciò vuol dire che questa enorme disponibilità di
denaro è finalizzata al riciclaggio.
   Vi è inoltre una serie di fenomeni nuovi, quale quello
dell'estrema attenzione nei confronti di aziende in stato di
decozione, con punte avanzatissime che si registrano a Milano
ove compagnie, come l'"Anonima fallimenti" o la "Compagnia
della morte", seguono attentamente le aste immobiliari dei
tribunali o le vicende fallimentari, cercando di acquisire i
beni ad un prezzo irrisorio. A Milano è accaduto un episodio
spiacevole: un malcapitato, dopo aver comprato un'azienda
decotta, è stato sottoposto ad una violenta estorsione. In
pratica gli è stato detto che se non avesse sborsato altri
quattro miliardi non avrebbe avuto nulla. Sono mille i segnali
che si percepiscono e la relazione ne indica un complesso così
vasto che ormai l'elenco è diventato quasi sterminato.
   Un breve cenno sulla tipologia: al riguardo c'è da
correggere l'idea che si è diffusa attraverso una certa
stampa, gli organi di informazione e i film. La "piovra" viene
rappresentata come un organismo avente una testa e tanti
tentacoli, ma non è sempre corretta una tale impostazione. In
molti luoghi la formazione è diversa, è endogena; si formano
dei gruppi criminali, i quali, ad un certo momento, per un
processo imitativo, cominciano ad ispirarsi al modello mafioso
per poi essere pronti ad avere contatti e rapporti autonomi.
Quasi sempre si instaurano rapporti con le case madri e con le
zone di origine. A volte si apprende che alcune controversie
sorte per il dominio del territorio vengono risolte nelle
terre del sud oppure da queste si invia un arbitro anche
quando tali organizzazioni godono, almeno apparentemente, di
assoluta autonomia. Altre volte, quando c'è bisogno di un
killer, la richiesta proveniente dalle zone del nord viene
inviata alla casa madre, la quale a sua volta provvede. Non
dimentichiamo che per svolgere queste operazioni complesse
come quelle riguardanti il traffico di stupefacenti, di armi e
le infiltrazione nel mondo economico c'è la necessità di
disporre ovunque di teste di ponte e di elementi di base su
cui impostare le varie operazioni.
   Vorrei sottolineare che non siamo in presenza di un
fenomeno unico, ma di tanti fenomeni che approssimativamente
conducono allo stesso risultato; cioè, le mafie (è più
corretto chiamarle in questo modo) alla fine riescono ad
infiltrarsi in tutto il territorio nazionale e in forme molto
diverse. Nella relazione abbiamo
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tenuto conto anche della tipologia relativa alle
potenzialità; da varie parti viene segnalata la costituzione
di gruppi dediti a forme di gangsterismo urbano (è il caso del
Pilastro a Bologna) che poi si avvicinano molto a modelli
mafiosi. In realtà, la mafia del Brenta, inizialmente guidata
da un veneziano, si è unita successivamente ad alcuni
soggiornanti obbligati. Altro fenomeno è quello rappresentato
dai nomadi giostrai che, pur svolgendo attività apparentemente
lecite, costituiscono secondo le forze dell'ordine, un
apparato potenzialmente pericoloso da questo punto di vista.
Da varie parti si è segnalato il fenomeno degli stranieri
presenti nel nostro paese; a Milano, ad esempio, vi sono
organizzazioni di slavi e turchi aggregate tra loro e dedite
al traffico di eroina, di armi e quant'altro, che
evidentemente vanno controllate con grande attenzione, in
quanto rappresentano una massa di manovra molto facile da
contattare al di là delle attività che svolgono in proprio.
Gli extracomunitari, non sufficientemente controllati, possono
rappresentare un pericolo perché così come vengono organizzati
per la vendita di determinati oggetti, possono essere
coinvolti nello spaccio al minuto di stupefacenti, oltre a
costituire una possibile massa di manovra.
   Evidentemente non si deve generalizzare ponendo tutti
sullo stesso piano ed immaginare che i problemi si possano
risolvere sul terreno della repressione. Il problema
fondamentale è rappresentato dall'inserimento degli immigrati,
dal momento che il fenomeno della immigrazione è inarrestabile
e presente in tutto il mondo. Anche noi, del resto, abbiamo
partecipato ad un fenomeno di questo genere e criminalizzare
le persone che si recano in paesi diversi da quello di origine
sarebbe pura follia. E' necessario controllare questi fenomeni
per impedire che le persone interessate finiscano per cadere
nelle mani di organizzazioni che potrebbero strumentalizzarle.
   Nella seconda parte della relazione si da una valutazione
dello stato attuale dell'azione di contrasto. Nel paese si
registra un certo orgoglio per le brillanti operazioni delle
forze dell'ordine che in molti casi hanno portato all'arresto
di noti criminali. Credo sia giusto compiacersi dell'esito di
queste operazioni e per il fatto che anche grazie ad alcuni
collaboratori di giustizia sia stato possibile far luce sugli
insediamenti sui quali in precedenza avevamo poche nozioni.
Tuttavia, dobbiamo prestare molta attenzione perché ci sono
chiari sintomi che fanno immaginare che stia per cominciare
una seconda fase del pentitismo. E' necessario vigilare
affinché l'entusiasmo per i risultati ottenuti grazie ai
collaboratori di giustizia non faccia dimenticare il pericolo
costituito da possibili, terribili, trappole nelle quali si
potrebbe cadere. L'impressione avuta è che una di queste stia
scattando o sia già scattata tra Firenze e Milano. E'
necessario fare molta attenzione da questo punto di vista.
   La comoda strada offerta dal collaboratore di giustizia
non deve essere l'unica ipotesi di lavoro: sarebbe un errore
gravissimo. In realtà, ciò che conta quando parliamo di
infiltrazioni nel mondo economico e di operazioni di tipo
nuovo non è il controllo del territorio in sé, ma il controllo
delle operazioni commerciali, bancarie, degli affari, dei
movimenti di capitali, degli arricchimenti improvvisi. La
sensazione che la Commissione ha avuto in occasione dei
sopralluoghi svolti in tutta Italia è che siamo al di sotto
(personalmente ritengo molto al di sotto) di quello che in
realtà occorrerebbe fare. Da varie parti si è detto che ciò
che conta in fondo è ancora il vecchio sistema, rappresentato
dalla caccia all'uomo e dal controllo sul territorio.
Evidentemente si tratta di due aspetti particolarmente
rilevanti, ma tutto ciò non è più sufficiente, perché
finalmente possiamo avvalerci di tecniche di investigazioni
più raffinate e moderne, le quali richiedono elevata
professionalità, e di idonee attrezzature per le forze
dell'ordine ed i magistrati. In vari luoghi abbiamo trovato
diversi livelli di preparazione; al riguardo, nella relazione
si evidenzia che anche laddove esistono pool organizzati
di magistrati, addetti alla
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criminalità organizzata e alla mafia, può verificarsi che
nell'ambito di questi uno di loro venga destinato ad occuparsi
del fenomeno del riciclaggio. Per quanto si tratti di
magistrati bravissimi non potranno mai far fronte ad indagini
che per definizione sono lunghe, faticose, estenuanti e che
richiedono l'impiego di una polizia giudiziaria
particolarmente attrezzata affinché possa offrire un serio
contributo da questo punto di vista.
   Nel nostro paese il sistema dei controlli amministrativi e
giurisdizionali non funziona adeguatamente, verificando alcuni
aspetti formali senza mai giungere alla sostanza, mentre gli
altri controlli sono rimasti ad un livello puramente formale.
Il contributo sulle operazioni economiche della CONSOB si è
notoriamente ridotto a ben poco. La collaborazione attiva
delle banche posta in essere dalla legge del 1991 si è risolta
in un quasi nulla di fatto e l'impressione è che benché la
Banca d'Italia sia convinta di ciò che occorre fare (è stato
redatto un decalogo esplicativo delle operazioni sospette che
dovrebbero essere denunciate), forse neppure questa opera di
controllo e di vigilanza sull'operato delle banche è
sufficiente a contrastare il fenomeno. C'è ancora l'abitudine
ad un controllo ispettivo di tipo tradizionale; purtroppo, le
segnalazioni che pervengono sono pochissime. Si è posto il
problema e si è domandato se tutto ciò dipenda dalla scarsa
convinzione o dalla non perfetta conoscenza della legge.
Addirittura nella individuazione delle operazioni sospette
sembra che il decalogo, a cui prima facevo riferimento, abbia
rappresentato un elemento di disturbo, quasi una norma di
chiusura e non una regola di esemplificazione. Inoltre è stata
avanzata l'ipotesi che nelle sedi periferiche degli istituti
bancari vi sia preoccupazione nel segnalare le operazioni
sospette: si tratta di un elemento da considerare con
attenzione, essendo di notevole importanza sotto molti
profili. C'è ancora molta strada da fare per quanto riguarda
la sensibilità della società civile, degli enti locali, delle
organizzazioni sociali ed economiche; si presta più attenzione
ai piccoli fatti che alle grandi vicende. In alcune zone, come
l'Emilia e la Toscana, si stanno moltiplicando iniziative in
questo senso. In altre parti del paese, forse per un complesso
di circostanze causate, ad esempio, dall'effetto Tangentopoli,
le iniziative intraprese segnano il passo. La Lombardia da
questo punto di vista è stata sempre una regione molto attenta
alla evoluzione dei fenomeni così come si andavano
sviluppando; tuttavia, Milano oggi sembra una città attonita
che attende di uscire dalla crisi nella quale è piombata in
questi anni. Il livello di sensibilizzazione deve essere
incrementato con molta energia perché anche da parte delle
forze sociali ed economiche non sempre si presta la necessaria
attenzione nei confronti dei fenomeni che vanno evolvendosi.
In alcuni casi addirittura ci troviamo di fronte ad autentici
fenomeni di rimozione quali, ad esempio, quelli che si
registrano in alcune zone turistiche, nelle quali si ritiene
che richiamare troppo l'attenzione sulle infiltrazioni mafiose
possa nuocere al buon nome della zona. In realtà un
atteggiamento di questo genere non può che produrre la
situazione determinatasi in Puglia che ha visto confluire sul
proprio territorio tutte le varie forme di mafia in danno
dell'attività turistica. I fenomeni di rimozione, di
assuefazione, qualche volta addirittura di indifferenza, in
realtà rappresentano problemi molto seri. Per questa ragione
la relazione si è soffermata sul tema delle zone turistiche
nelle quali a volte si immagina che l'arrivo di flussi
finanziari derivanti dall'attività turistica sia comunque da
considerarsi in maniera positiva.
   In tema di case da gioco (quelle poche autorizzate che vi
sono in Italia) le forze dell'ordine e la magistratura sono
concordi nel bocciare qualunque nuova possibile creazione di
casinò, in quanto rappresentano un centro importante per
innumerevoli affari criminali tra cuil'usura e l'estorsione.
Una volta, intorno alle case da gioco ruotavano i
"prestasoldi", mentre oggi siamo in presenza di una
organizzazione molto più sofisticata.
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Molti sono convinti che aprire nuove case da gioco
rappresenti un fatto positivo; addirittura un sindaco, pur
rendendosi conto della esistenza dei fenomeni ora ricordati,
sosteneva l'utilità di aprire nuovi casinò per i conseguenti
effetti benefici per i comuni. Dobbiamo far capire che si
tratterebbe soltanto di un fatto illusorio del quale un giorno
ci si potrebbe pentire.
   Infine, la relazione indica alcune vie di uscita
suggerendo soluzioni specifiche come quella di operare sulla
insufficienza complessiva del sistema e sulla cultura del
contrasto soprattutto in ambito economico. E' necessario
rinforzare il controllo del territorio, assicurando la
presenza dello Stato senza operare alcuna militarizzazione nei
luoghi in cui è stata segnalata questa esigenza. Vi sono zone
che reclamano la soluzione di problemi organizzativi ictu
oculi, anche se da parte di appartenenti alle forze
dell'ordine non se ne pone l'esigenza. Ad esempio, è un non
senso che la Basilicata debba dividere i GICO e la DIA con la
Puglia, molto più a rischio ed esposta della prima regione;
inevitabilmente l'attenzione degli investigatori finirà per
concentrarsi sulla seconda, dove i rischi sono maggiori. E'
singolare che vi sia stata una sottovalutazione in ordine al
riconoscimento dell'effettiva necessità di determinate
iniziative o, per esempio, al fatto che il GICO dell'Abruzzo
operi anche nelle Marche. Si tratta di due regioni che
presentano una continuità soltanto a livello geografico e
costiero ma che, per il resto, hanno connotati del tutto
diversi, nonostante da alcuni rapporti sia emerso che anche le
Marche abbiano finito di essere un'isola felice, non perché vi
siano scontri a fuoco ma perché si riscontra, in modo
singolare, un interesse per le aziende in crisi, si ricorre
all'acquisto di immobili e si è speculato, da parte di
qualcuno, sulle vicende del terremoto che ha colpito Ancona e
le zone vicine (sia pure con effetti non assimilabili a quelli
registratisi in conseguenza degli eventi sismici nel Sud).
   Da questo punto di vista, il rafforzamento del controllo
sul territorio, da realizzarsi in modo adeguato e serio, e
sulle periferie delle grandi città e delle aree urbane,
rappresenta un'esigenza fondamentale. A Milano, due anni fa,
si svolse una grande discussione sulle periferie, in seguito
alla quale furono adottate misure di maggiore controllo.
Probabilmente la situazione è migliorata, ma io ricordo sempre
il caso di una strada milanese diventata famosa nelle cronache
nazionali - mi riferisco a via Bianchi - nella quale, con
questo controllo, una famiglia dedita a traffici e ad altre
attività è stata sterminata nel giro di pochi mesi ed i suoi
componenti sono stati ammazzati uno dopo l'altro, fino a colui
il quale aveva ritenuto di cambiare zona, che è stato
ammazzato da coloro i quali non volevano subire invasioni nel
proprio territorio.
   Il controllo sul territorio ha bisogno di essere
ulteriormente potenziato, persino nelle città più avanzate
qual è Milano. Il problema fondamentale è relativo alla
strutturazione dell'attività organizzativa. Vorrei spendere
una parola sull'errore colossale che ha caratterizzato il modo
in cui è stato utilizzato lo strumento del soggiorno obbligato
in tutta Italia. Dappertutto abbiamo trovato tracce che ci
consentono di affermare come tale istituto sia stato uno dei
motivi che ha determinato i primi insediamenti criminali.
Nonostante l'attuale legislazione in materia sia stata varata
per introdurre un rimedio rispetto al passato, abbiamo
constatato in questi mesi come tale rimedio non sia
sufficiente, tanto che è accaduto che un soggiornante colpito
da misura cautelare sia stato inviato a Cologno Monzese, il
luogo che fu teatro delle gesta di Liggio in Lombardia. Se in
questo settore occorre un ritocco normativo, lo si faccia!
Tuttavia, la partita relativa al soggiorno obbligato deve
essere considerata radicalmente chiusa e non se ne deve
parlare più!
   Sul piano normativo, l'orientamento che emerge con
sufficiente chiarezza è che di leggi ve ne sono moltissime. In
questi
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anni la produzione legislativa è stata infatti molto
consistente. Nel corso di un recente forum, il
presidente l'ha fatto rilevare con molta chiarezza e mi ha
fatto piacere che lo stesso Presidente del Consiglio abbia
immediatamente raccolto l'indicazione dell'opportunità di
mettere ordine nella legislazione vigente e di coordinare le
diverse disposizioni, realizzando un testo unico in materia di
misure di prevenzione personali e patrimoniali ed evitando di
continuare ad aggiungere, una dopo l'altra, nuove norme. Si
pensi che negli ultimi due o tre anni sono state emanate
almeno 6-7 leggi in materia di riciclaggio!
   Da questo punto di vista, le indicazioni che ci sono state
fornite sono pochissime. Una di esse riguarda il certificato
antimafia, che tutti ci dicono non servire a niente e che anzi
rappresenterebbe un fastidio per le persone oneste. A questo
punto, potremmo eliminare il certificato antimafia, cioè una
cosa che non serve, e prevedere altre forme, che potrebbero
essere, ad esempio, le autocertificazioni da sottoporre a
pesanti controlli e da collegare a sanzioni notevoli.
   Se uno dei problemi maggiori che s'incontrano sotto il
profilo della collaborazione da parte delle banche è
rappresentato dalla preoccupazione che queste ultime hanno per
la propria incolumità ed i propri dipendenti, va comunque
considerato che vi sono legislazioni di altri paesi che hanno
dimostrato come sia possibile tutelare i funzionari di banca
in un certo modo. Non resta quindi che ispirarci a queste
legislazioni, introducendo nel nostro ordinamento una serie di
norme che garantiscano la segretezza assoluta oppure, come
qualcuno ha proposto, disposizioni finalizzate a far affluire
le operazioni tipiche che vengono individuate in organismi
tecnici ed in elaboratori elettronici che le ricevono e le
segnalano, allontanando la fonte e la provenienza. Al di là
delle varie soluzioni, si tratta comunque di un terreno sul
quale bisogna agire.
   Se non si può pensare nell'attuale fase della vita
italiana alla famosa riforma delle società per azioni della
quale si parla da trent'anni, considerato che in questi giorni
è stata varata la legge sul registro delle imprese, sarebbe
auspicabile che quest'ultima fosse subito applicata. Vi è
comunque un aspetto che richiederebbe un intervento immediato.
Mi riferisco all'esigenza di garantire che l'omologazione
delle società possa entrare un po' più nel merito: la
constatazione dell'esistenza di società per le quali si
registra una enorme disparità tra capitale versato ed oggetto
sociale è uno dei segnali sui quali bisogna puntare
l'attenzione. Si tratta infatti di iniziative fasulle, volte a
costituire società di comodo o società ombra che, pur
svolgendo un'attività in ambito mondiale, hanno soltanto un
milione di capitale versato! Anni fa, il tribunale di Milano
ha provato ad esercitare un controllo in questo settore, ma la
Cassazione ha stabilito che, in base al sistema attuale,
questo non sarebbe consentito. Ciò non toglie che, in attesa
della riforma delle società per azioni, vi sia l'esigenza di
introdurre un accorgimento del tipo di quello richiamato. Nel
contempo, è auspicabile che venga definitivamente varata la
nuova normativa sugli appalti.
   Da varie parti è stata avanzata la questione della
possibile modifica dell'articolo 416-bis del codice
penale. Molti magistrati - per la verità, soprattutto quelli
di merito - ritengono che tale disposizione sia stata
modellata in funzione della mafia tradizionale delle regioni
del Sud e che quindi non si adatti ad essere applicata ad
altre situazioni. Si è cercato di dimostrare che così non è e
che il legislatore del 1982 ha certamente avuto un occhio al
Sud ed alle mafie tradizionali ma che comunque non ha dettato
una disposizione di rigida chiusura, con la conseguenza che
l'articolo 416-bis del codice penale può benissimo
essere applicato anche nelle altre zone, quando ricorrano
determinati presupposti. Del resto, esiste un campionario
molto ampio di reati di associazione per delinquere di vario
tipo (per traffico di stupefacenti od altro). A Firenze, a mio
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avviso in modo intelligente, stanno procedendo per stralci.
Negli ultimi giorni sono state comminate condanne anche
rilevanti per associazione a delinquere collegata a spaccio di
stupefacenti; vi sarà successivamente una seconda fase dei
processi.
   Ritengo che non convenga toccare il 416-bis e che
sia invece preferibile utilizzarlo in presenza di determinati
presupposti, tenendo anche conto del fatto che è un errore
pensare che l'intimidazione si esprima soltanto con l'uso
immediato delle armi o con l'esibizione della pistola.
L'intimidazione, infatti, nasce da mille fattori, anche con
riferimento alle estorsioni. Viene segnalata in modo
particolare l'esigenza di modificare la tecnica investigativa
attrezzandosi meglio, perché l'obiettivo fondamentale è di
riuscire a colpire le mafie e le organizzazioni criminali nel
mondo economico. Se tale obiettivo non sarà realizzato,
potremo anche conseguire successi militari ma non si potrà
evitare che altri gruppi si riorganizzino, grazie al fatto che
questi ultimi continueranno a godere dell'alimento che loro
serve, ossia degli enormi proventi di denaro, che da un lato
hanno bisogno di essere reimpiegati ma, dall'altro, servono
anche a mantenere in piedi strutture e rapporti.
   Da questo punto di vista, è estremamente importante agire
sulle strutture degli uffici giudiziari, sulle strutture e sul
coordinamento delle forze dell'ordine e creare rapporti
consistenti tra le DDA. Le DDA in alcuni casi stanno
funzionando bene, ma comunque presentano una serie di problemi
sotto il profilo dei rapporti con le altre procure e con la
procura nazionale. Soprattutto, è necessario attrezzare queste
strutture per evitare che del riciclaggio si occupi una sola
persona, essendo invece più funzionale che a tale riguardo si
muova una equipe, che andrebbe posta in grado di
funzionare e di occuparsi di tutti gli aspetti relativi ai
fatti riguardanti l'infiltrazione nel mondo economico.
   Infine, è necessario lavorare bene a livello
internazionale. Alcuni paesi hanno capito che si tratta di un
problema internazionale. Persino la Svizzera - primo paese in
tutta Europa - che pure aveva tutto l'interesse a non farlo
(essendo così vicina all'Italia), ha preso in considerazione
un progetto di legge del professor Bernasconi, riguardante
anche la responsabilità a titolo colposo dei funzionari di
banca. Tale provvedimento rappresenta per la Svizzera una
rivoluzione enorme.
  PRESIDENTE. Vi è stata una guerra...!
  CARLO SMURAGLIA, Relatore. C'è stata la guerra dei
cento anni! E' interessante constatare come Bernasconi abbia
potuto presentare questa proposta di legge, che ha riscosso
l'attenzione del sistema legislativo e che ha suscitato
polemiche, ove si consideri che fino a qualche anno fa in
Svizzera non si poteva addirittura parlare del sistema
bancario in nessun modo!
   Vi sono altri paesi che non vogliono capire questa
esigenza. Si possono avere le frontiere molto permeabili - e
questo è un bene perché entra denaro - però esse risultano
permeabili anche per l'ingresso della criminalità organizzata,
per cui - prima o poi - anche loro se la troveranno in casa!
   In un recente incontro con il Presidente del Consiglio è
stato sollevato il problema, di non facile soluzione, della
convenzione con San Marino. Credo che a questo punto non sia
più sufficiente aggiornare la convenzione del 1991, peraltro
mai ratificata, ma sia necessario rifarla ex novo,
perché nel frattempo certi fenomeni si sono moltiplicati. Del
resto, ora che sappiamo che anche la Romagna è nel mirino,
conservare al centro del suo territorio l'enclave di San
Marino è una delle cose più rischiose che si possano
immaginare. Occorre quindi profondere uno sforzo notevole in
questa direzione.
   Infine - non si tratta comunque dell'aspetto meno
importante - va considerato il problema della
sensibilizzazione. Tutte queste attività che richiedono
energie, strumenti, apparati e professionalità
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notevoli, non sarebbero sufficienti se non si elevasse il
tasso di sensibilità da parte degli enti locali, delle
amministrazioni in generale, delle forze economiche e sociali,
della società civile e dei cittadini. Se non vi sarà una
partecipazione corale, la battaglia sarà difficile.
   Da varie parti si colgono interessanti segni di risveglio.
Nel corso dei sopralluoghi effettuati, la Commissione ha
scoperto diverse realtà. A Firenze, per esempio, alcuni gruppi
di giovani hanno creato un comitato antimafia animato da buona
volontà, che raccoglie materiali e svolge altre attività. A
Milano, opera un laboratorio antimafia. E' singolare
considerare che tale laboratorio ha ricevuto l'incarico dalla
regione Basilicata di pubblicare un libretto sulla situazione
della criminalità in quella regione, mentre a Milano non vi è
uno che gli pubblichi qualcosa! Ben tre ricerche, disposte
anni fa dal comune di Milano con riferimento al racket
ed alle vicende della mafia in quella città, non sono mai
state pubblicate perché non vi è stato alcun ente (e, tra
questi, lo stesso comune) che si sia dimostrato disponibile a
farlo. Questo è il segno del divario esistente!
   E' dunque importante avviare un processo di
sensibilizzazione. La regione Toscana, nel periodo successivo
alla nostra visita, ha realizzato uno spot- una
farfalla contro la mafia - che diffonde in tutte le forme. Non
sono un pubblicitario e non sono quindi in grado di dire se si
tratti di un'iniziativa efficace. Tuttavia, considero
importante che si sia avuta quell'idea e che il procuratore
distrettuale abbia già tenuto diverse assemblee aperte nel
comune di Firenze ed altrove (domani, insieme al nostro
presidente, parteciperò ad un'assemblea in Versilia). Mi pare
importante, in definitiva, che in vari posti si constati
questo tipo di risveglio.
   Va tuttavia considerato che siamo soltanto in presenza di
isole. E' invece necessario che le iniziative si
generalizzino. Se i fenomeni sono quelli accertati, se il
fatturato della mafia, nonostante la difficoltà di calcolo,
oscilla (secondo il parere dei tecnici) tra un minimo di 50
mila miliardi ed un massimo di 65-70 mila l'anno (c'è chi
sostiene che sia molto più consistente, ma io mi riferisco ai
dati più ragionevoli), se la situazione è questa, dobbiamo far
capire alla gente che il giro è enorme: 50-60 mila miliardi
rappresentano una cifra che distorce un'economia!
   E' quindi necessaria una strategia globale di attacco su
tutti i fronti: quello militare - definiamolo così - sul
territorio; quello giudiziario repressivo; quello della
prevenzione; quello dell'investigazione sui patrimoni e sugli
arricchimenti; infine, quello della partecipazione attiva di
tutti i soggetti interessati, della stessa opinione pubblica e
dei cittadini. E', questa, una garanzia fondamentale perché si
possa davvero riuscire a realizzare qualcosa.
   Vorrei precisare che al testo della proposta di relazione
sono allegate le schede riguardanti le singole regioni presso
le quali abbiamo effettuato i sopralluoghi. Tali schede
rappresentano una registrazione, il più possibile fedele,
degli elementi riscontrati nelle varie regioni. Ovviamente, vi
possono essere omissioni o sopravvalutazioni, giacché vi è
sempre un margine di arbitrarietà in questo tipo di scelte. Le
schede, tuttavia, non possono essere lette da sole. Vorrei, a
tale riguardo, chiedere ai membri della Commissione di non
spulciare la scheda riguardante la singola regione come se dai
dati in essa riportati potesse ricavarsi tutto. Le schede
vanno lette nel contesto di una sintesi complessiva giacché,
invece che fare per ciascuna regione una serie di valutazioni,
di proposte e di indicazioni, si è preferito ricavare un
quadro generale. Guai, però, se tale quadro procedesse per
conto suo e le singole regioni fossero esaminate da un diverso
punto di vista! Si tratta, quindi, di un contesto generale,
che come tale va letto e considerato.
  PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Smuraglia, per il
lavoro di grande rilievo che ha compiuto: è questa la prima
volta che si dà un quadro complessivo ed organico del fenomeno
mafioso nelle aree
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non tradizionali. Ringrazio anche gli uffici ed i consulenti
che hanno collaborato con il senatore Smuraglia.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, nella prossima seduta,
fissata per martedì alle 11,30, si svolgeranno le
dichiarazioni di voto finali sulla relazione sulla camorra,
mentre in una prossima seduta vi sarà la discussione generale
e le dichiarazioni di voto sulla relazione del senatore
Smuraglia.
  IVO BUTINI. Martedì prossimo vi saranno solo
dichiarazioni di voto?
  PRESIDENTE. Sì.
  IVO BUTINI. Non ci saranno gli interventi?
  PRESIDENTE. Ricordo che la discussione generale si è già
conclusa.
  IVO BUTINI. Gli emendamenti?
  PRESIDENTE. Abbiamo deciso di seguire la procedura che
si è seguita per la relazione su mafia e politica: abbiamo
detto che si presentano gli emendamenti, si decide quali
accogliere e quali no, ed alla fine si formula un giudizio
complessivo sul testo. Comunque se qualche collega intende
presentare altri emendamenti, poiché abbiamo spostato i tempi,
diciamo che entro domani può farlo.
  IVO BUTINI. La relazione è pronta?
  PRESIDENTE. Sarà pronta lunedì sera e sarà consegnata ai
commissari martedì mattina, per evitare che sia pubblicata
dalla stampa prima che la Commissione ne prenda ufficialmente
atto. Avverto che le parti nuove della relazione saranno
scritte con un carattere grafico diverso, in modo da renderle
facilmente identificabili.
La riunione termina alle 14,55.

 


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