Violante: seduta 71
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        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
            DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
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Audizione del vicepresidente del Consiglio superiore della
magistratura, onorevole Giovanni Galloni, del presidente della
I Commissione referente del Consiglio superiore della
magistratura, avvocato Franco Coccia, del presidente del
gruppo di lavoro per gli interventi del Consiglio superiore
della magistratura nelle zone più colpite dalla criminalità
organizzata, dottor Giovanni Palombarini e del dottor Maurizio
Millo, componente del Consiglio superiore della
magistratura:
Violante Luciano, Presidente                3041, 3043, 3044
                         3045, 3046, 3049, 3050, 3051, 3052
                   3053, 3057, 3059, 3063, 3064, 3066, 3067
                         3068, 3069, 3073, 3074, 3075, 3076
Cabras Paolo, Presidente                                3056
Ayala Giuseppe Maria                 .3062, 3063, 3064, 3073
Brutti Massimo                                    3058, 3060
Coccia Franco, Presidente della I Commissione referente
del Consiglio superiore della magistratura        3043, 3044
                               3045, 3046, 3050, 3052, 3057
                         3058, 3059, 3064, 3065, 3066, 3067
D'Amelio Saverio                                        3054
                        Pagina  3040
Frasca Salvatore          3054, 3056, 3057, 3065, 3067, 3074
Galasso Alfredo           3042, 3051, 3052, 3053, 3064, 3076
Galloni Giovanni, Vicepresidente del Consiglio superiore
della magistratura        3042, 3046, 3065, 3066, 3067, 3070
                                     3071, 3073, 3074, 3076
Millo Maurizio, Componente del Consiglio superiore della
magistratura                                      3048, 3049
                         3050, 3051, 3068, 3069, 3073, 3074
Palombarini Giovanni, Presidente del gruppo di lavoro per
gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità
organizzata                           3046, 3047, 3049, 3059
                                     3069, 3070, 3075, 3076
Tripodi Girolamo                      3057, 3058, 3059, 3070
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente                3076, 3077, 3078
Frasca Salvatore                                        3077
Galasso Alfredo                                         3078
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La seduta comincia alle 15.
  (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del vicepresidente del Consiglio superiore della
magistratura, onorevole Giovanni Galloni, del presidente della
I commissione referente del Consiglio superiore della
magistratura, avvocato Franco Coccia, del presidente del
gruppo di lavoro per gli interventi del Consiglio superiore
della magistratura nelle zone più colpite dalla criminalità
organizzata, dottor Giovanni Palombarini e del dottor Maurizio
Millo, componente del Consiglio superiore della
magistratura.
  PRESIDENTE. Ricordo innanzitutto che la Commissione può
procedere in seduta segreta ove lo ritenga necessario.
   Le esigenze che hanno indotto la Commissione a chiedere
questo incontro - di cui vi ringraziamo - sono di due tipi. La
prima riguarda specificamente i problemi emersi recentemente
in relazione ad alcune indagini in corso nei confronti di
magistrati per questioni relative ad episodi di mafia (di
questo si occupa la Commissione) e per altre questioni.
   Il sistema dei controlli interni alla magistratura
effettuati dai consigli giudiziari, dal Consiglio superiore
della magistratura e dal Ministero di grazia e giustizia, per
la parte che ad esso compete, a vostro avviso, è un sistema
che funziona, adeguato, che dà garanzie? Un elemento che
abbiamo riscontrato - forse sbagliando - è che c'è sempre una
prima iniziativa di carattere penale alla quale,
eventualmente, fanno seguito l'iniziativa del ministro,
l'ispezione o un'indagine del Consiglio.
   Un secondo dato tralaticio, acquisito (che non so se sia
stato smentito dai fatti) è che le valutazioni dei consigli
giudiziari non rispecchiano questa situazione anche nei
confronti di quei pochi magistrati poi risultati
oggettivamente inaffidabili. Da qui deriva la necessità della
Commissione di conoscere l'opinione del Consiglio superiore
della magistratura sul sistema dei controlli e l'eventuale
contributo allo studio che essa sta svolgendo al riguardo.
   Un altro aspetto - cui accenno soltanto - emerso da una
serie di lavori della Commissione riguarda i collaboratori
della giustizia. Sappiamo che al momento il Consiglio
superiore della magistratura sta svolgendo un eccellente
lavoro in materia di formazione professionale; ci chiedevamo
se tale tipo di formazione si potesse organizzare
relativamente alla questione dei collaboratori, dando vita ad
una sorta di corsi di preparazione (non so se sia il termine
adatto) per gli organi dell'accusa che affrontino le varie
questioni che si pongono nei rapporti con i collaboratori
della giustizia (modalità di interrogatorio, patteggiamento
implicito sottostante, eccetera).
   Durante i numerosi incontri con la procura nazionale
antimafia e con le varie direzioni distrettuali è emersa
l'opportunità di dare alcuni indirizzi di carattere
deontologico, anche perché il problema non è tanto di norme
quanto di cultura. Se la Commissione può fornire - sulla base
del suo lavoro - quelli che a suo giudizio sono gli indirizzi
da seguire, spetterà poi al Consiglio superiore della
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magistratura comunicarli all'autorità giudiziaria,
(eventualmente correggendoli e integrandoli) nel caso li
reputi adeguati alle necessità. Ricordo che la contrattazione
è uno dei punti che emerge con maggior frequenza così come il
fatto che il magistrato è coinvolto, suo malgrado, in vicende
che riguardano la garanzia della sicurezza. Un altro problema,
che comunque non riguarda direttamente il Consiglio superiore
della magistratura, è quello concernente la separatezza tra
gli organismi di polizia che curano la sicurezza dei pentiti e
quelli di investigazione.
   Propongo che l'audizione tratti i due temi da me indicati
separatamente. Parliamo innanzitutto, quindi, del sistema di
controlli.
  ALFREDO GALASSO. Ovviamente non chiediamo valutazioni
dal punto di vista teorico ma basate su quanto è accaduto.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Sull'aspetto concreto di
quello che è accaduto forse potrà riferire meglio di me e più
dettagliatamente il presidente della I Commissione; sulla
questione di carattere generale del sistema dei controlli,
purtroppo è il nostro ordinamento che non prevede e non
consente al Consiglio superiore un'adeguata funzione di
controllo su tutto il corpo della magistratura; non lo
consente perché è stato concepito in modo che i due strumenti
fondamentali di cui dispone il Consiglio superiore della
magistratura, cioè la I Commissione e la sezione disciplinare,
operino per legge su impulso esterno, quell'impulso che viene
dal Ministero di grazia e giustizia al quale, non a caso, è
attribuito in esclusiva il servizio ispettivo, che è
certamente una struttura molto importante e, all'interno del
Ministero stesso, è forse tra le più qualificate, ma che
gerarchicamente dipende dal ministro di grazia e giustizia e
non certamente dal Consiglio superiore della magistratura. E'
vero che quest'ultimo può avvalersi in qualche caso del
servizio ispettivo su nostre precise e puntuali richieste,
però il servizio ispettivo come tale, nel nostro ordinamento,
è alle dirette dipendenze del ministro perché il meccanismo
prevede (semplifico molto il concetto) che la funzione di
pubblico ministero sia del ministro mentre al Consiglio
superiore della magistratura spetti il compito di esaminare le
richieste che vengono dal pubblico ministero e di valutare,
con la mentalità del giudice, se siano fondate o meno, allo
scopo di garantire l'indipendenza e l'autonomia della
magistratura. La nostra funzione, così come prevede
l'ordinamento, è tipicamente garantista in relazione ad
accuse, o promozioni di accuse, che vengano fatte sia sotto il
profilo delle incompatibilità ambientali, sia sotto quello
degli atti rilevanti dal punto di vista disciplinare.
   Purtroppo dobbiamo rilevare (e l'abbiamo fatto molte volte
anche nelle nostre critiche) che il sistema dei consigli
giudiziari, così come è oggi impostato, costituisce materia
che dovrebbe essere affrontata nella legge sull'ordinamento
giudiziario. Per inciso aggiungo che da oltre un anno il
Consiglio ha definito una relazione che dovrebbe essere stata
inviata al Parlamento nel giugno scorso, secondo le
assicurazioni dello stesso ministro. Come ho detto, la
relazione è di un anno fa ed è stata consegnata brevi
manu ai Presidenti delle due Camere e poi in via formale è
stata inviata al Parlamento dal Ministero nel giugno scorso.
In tale relazione si poneva in evidenza, fra le varie
questioni, la necessità di porre mano ad una legge generale
sulla riforma dell'ordinamento giudiziario perché, come è
noto, le sue strutture fondamentali risalgono al 1941 con
tutti gli aggiornamenti "rappezzati" che ci sono stati negli
anni.
   Più volte negli ultimi cinquanta anni si è chiesto di dare
attuazione alla disposizione XIII della Costituzione,
approvando una nuova legge sull'ordinamento giudiziario ma
fino ad ora nulla è stato fatto.
   In questa nostra critica includevamo anche l'attuale
funzione dei consigli giudiziari,
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 i quali sono diventati più organi di protezione dei
magistrati che non organi di valutazione e di indagine
sull'attività dei magistrati stessi. Utilizziamo i pareri
espressi dai consigli giudiziari soprattutto in occasione
delle promozioni ad incarichi semidirettivi e direttivi, ma
dobbiamo confessare che possiamo avvalerci molto poco di tali
pareri in quanto i giudizi sono tutti positivi. Bisogna quindi
cercare con la lente di ingrandimento quale aggettivo sia più
o meno enfatico nella descrizione del profilo professionale
dei magistrati: questa è attualmente la situazione dei
consigli giudiziari. Se non si attuerà una riforma di tali
organismi, non potremo avere in essi dei punti di riferimento
per compiere una corretta valutazione dei magistrati.
Allorquando vi sono momenti concorsuali per i trasferimenti o
per le nomine ad incarichi semidirettivi, e soprattutto per le
nomine a incarichi direttivi, ci avvaliamo di tali valutazioni
perché questi sono i momenti in cui veramente riusciamo a
compiere una valutazione, una comparazione tra più magistrati
e possiamo in qualche modo approfondire la situazione di
ciascuno. Un controllo a tappeto ci sfugge, salva la funzione
svolta negli ultimi due anni dal gruppo di lavoro della
commissione riforma, unitamente al gruppo di lavoro antimafia
i quali, essendosi recati più volte in periferia, avendo
interrogato le autorità amministrative e quelle giudiziarie,
hanno stilato rapporti che sono risultati estremamente utili.
Per esempio, recentemente, in occasione di numerose
applicazioni dell'articolo 2, in tema di incompatibilità
ambientale, nei confronti di molti magistrati che ricoprivano
incarichi di notevole livello e rilievo nelle zone periferiche
soprattutto della Sicilia e della Calabria, abbiamo
individuato, tramite il gruppo di lavoro antimafia, magistrati
assolutamente non all'altezza della situazione. Sono questi i
momenti di spettanza della I commissione, che si pronuncia
soprattutto su denunce, su ricorsi, su proteste di privati
cittadini, i quali sovente si rivolgono a noi quando hanno
perso le cause per denunciare che quel magistrato è corrotto.
Molte di queste denunce sono da archiviare in quanto non hanno
alcun fondamento, ma nel caso in cui si sono ravvisati
elementi di una certa consistenza, abbiamo approfondito le
indagini e siamo giunti a delle conclusioni. Poiché siamo in
seduta pubblica non credo di poter far nomi o citare casi
specifici, questo però si è verificato e si può verificare.
   Devo ribadire che è quasi impossibile per noi (almeno
questa è la mia esperienza maturata in tre anni) compiere
un'indagine a tappeto per avviare un controllo sulla
magistratura. Siamo in grado di svolgere le analisi e le
indagini soltanto quando siamo sollecitati o da qualche fatto,
che nasce nell'opinione pubblica e che viene definito dalla
stampa (e noi ce ne occupiamo di conseguenza), o quando ci
pervengono specifiche denunce, grazie alle quali siamo in
grado di operare. Ci mancano quindi gli strumenti operativi
per esercitare in modo sistematico un controllo effettivo.
   Per quanto riguarda quello che è effettivamente accaduto
fino ad ora, preferirei dare la parola al presidente della I
commissione, avvocato Coccia, e poi al presidente della
commissione riforma, che è anche presidente del gruppo di
lavoro antimafia.
  PRESIDENTE. Il presidente Galloni ci ha fatto un quadro
esauriente della situazione. Vorremmo però capire se sulla
base dell'attuale normativa vi sia congruità tra la
possibilità di intervento del Consiglio superiore della
magistratura e la normativa stessa.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Posso
dire, rifacendomi anche all'esperienza di taluni parlamentari
che hanno fatto parte del Consiglio superiore della
magistratura, che lo strumento essenziale con il quale si può
operare sul piano del controllo, sul piano dell'intervento in
relazione a situazioni di sofferenza istituzionale relative
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alla posizione di magistrati, è quello che va sotto il nome
dell'articolo 2 della legge sulle guarentigie, volto a
determinare la compatibilità o meno con la continuazione
dell'esercizio della funzione in capo al magistrato. Su questo
terreno c'è da dire che lo strumento, rispetto alla situazione
che oggi dobbiamo fronteggiare, appare vecchio e superato. Era
uno strumento che probabilmente aveva un senso quando il
ministro, non essendoci il Consiglio superiore della
magistratura, essendo assenti anche i TAR, che a volte
bloccano le nostre decisioni, poteva ad libitum
trasferire magistrati con rapidità, da un giorno all'altro,
nella sua qualità di un organo monocratico.
   Nell'attuale situazione tutto è reso estremamente
difficile. Intanto, è un dato di fatto - per rispondere alla
richiesta di una valutazione su quanto è accaduto formulata
dall'onorevole Galasso - che se nel passato gli interventi
della I commissione (mi riferisco al passato quadriennio) non
dico che si muovevano su un piano fisiologico, ma investivano
qualche decina di magistrati, oggi dobbiamo fronteggiare una
situazione inedita e per certi aspetti eccezionale. Dagli
esposti e dagli interventi di prevenzione che compie la I
commissione, il numero dei magistrati sui quali pende una
procedura ex articolo 2 è enormemente aumentato. Oggi possiamo
dire che circa sessanta magistrati versano in una posizione
estremamente grave, per cui è necessario compiere un
approfondito accertamento. Vi sono inoltre altri cento
magistrati circa che hanno una posizione non così grave, ma
certamente seria. Fronteggiare questa vasta mole di lavoro non
è semplice, innanzitutto per le strutture di cui disponiamo.
Ricordo che la I commissione è un organo collegiale, quindi
agisce con ritmi che non sono ottimali, ma soprattutto
sottolineo la gracilità delle strutture che supportano questa
azione. Si pensi che soltanto ora abbiamo introdotto la
stenotipia, che peraltro da alcune parti viene contestata,
anche se, per la traduzione delle bobine delle audizioni,
erano necessari dei mesi.
   Operiamo quindi con strumenti vecchi ed in una situazione
del tutto eccezionale, che vede la I commissione protesa in un
lavoro molto gravoso. Come certamente avrete letto, in questi
giorni svolgiamo continue audizioni che investono decine di
magistrati; siamo in procinto di assumere numerose decisioni
al riguardo e speriamo di pervenire a decisioni risolutive in
ordine a molte posizioni estremamente gravi e compromesse di
magistrati. Sorgono tuttavia problemi che devono trovare
soluzione ed ai quali credo possiamo accennare. Uno di questi
concerne l'opponibilità o meno del segreto istruttorio. Tale
questione, che peraltro aveva trovato...
  PRESIDENTE. E' stata posta concretamente?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. E'
stata posta concretamente. Dicevo che la questione della non
opponibilità del segreto istruttorio al Consiglio superiore
della magistratura, al solo fine di stabilire la continuità
dell'esercizio di una funzione in testa al magistrato, che nel
passato aveva trovato soluzione, oggi viene in taluni casi
discussa e contestata. Ciò può portare ad una situazione
paradossale e cioè che decidiamo di trasferire un magistrato
che ha compiuto soltanto delle violazioni deontologiche di
poco conto: non compie il proprio dovere, non si reca in
ufficio quotidianamente, ha dei rapporti tali con gli avvocati
e con i suoi colleghi da rendere incompatibile la sua
posizione. Nello stesso tempo siamo invece fermi rispetto ad
un magistrato di cui si dice abbia delle collusioni con la
mafia o si sia venduto una sentenza. Il punto è questo: se la
cosa non trova uno sbocco, potremmo trovarci in questa
situazione. Sin qui noi ci muoviamo nel senso di ricercare una
collaborazione istituzionale con i magistrati inquirenti, di
muoverci su di un terreno di self restraint da una parte
e dall'altra di ricercare una via d'uscita. Il problema, però,
ora è stato
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posto anche in situazioni particolarmente delicate, per le
quali non possiamo non trovare uno sbocco e dobbiamo
raccomandare la cosa anche al Parlamento. Forse è il caso che
si prenda in esame anche una misura di natura legislativa su
questo punto, perché non ci si può fermare di fronte al
segreto istruttorio solo ai fini di stabilire, sul piano
amministrativo, se un magistrato possa continuare - sul piano
ambientale o su quello funzionale - a svolgere una funzione.
Parlo, per esempio di un procuratore della Repubblica nei cui
confronti si indaghi: può continuare ad indagare? Vi sono,
infatti, casi in cui vi è una commistione dei due momenti.
   Mi consta che il ministro Conso ha presentato, per
esempio, un progetto di legge in relazione alla non
opponibilità del segreto istruttorio nei confronti
dell'ispettorato (che, si badi, è un livello diverso da quello
del Consiglio superiore), addirittura prevedendo una misura di
natura disciplinare là dove non vi sia motivazione
nell'opponibilità del segreto istruttorio. A maggior ragione,
un'iniziativa di questo genere dovrebbe essere presa nei
confronti del Consiglio superiore. Ritengo che tale questione
debba essere senz'altro sottoposta al vostro esame per
consentirci di fronteggiare una situazione che io definisco
eccezionale, in questo momento.
   Negli ultimi tempi abbiamo avuto un contributo, senza
dubbio da apprezzare, da parte del ministro Conso. Negli
ultimi due o tre mesi vi sono state ben tredici richieste di
procedere ai sensi dell'articolo 2, da parte dello stesso
Ministero e vi è anche il segno di una maggiore funzionalità
dell'ispettorato. C'è però il problema, cui accennava il
vicepresidente Galloni, che noi non possiamo utilizzare
l'ispettorato: pur essendoci una previsione, nella pratica ciò
non è mai avvenuto ed anche questo è un problema che,
naturalmente, poniamo a noi stessi e a voi.
  PRESIDENTE. Non conosciamo questo aspetto: quindi, c'è
la possibilità di utilizzarlo, ma nella pratica non è
utilizzabile?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. In
qualche caso è stato utilizzato, però diciamo che la sua
utilizzazione come fatto normale, fisiologico, ancora è una
questione...
  PRESIDENTE. Nel senso che vi vengono opposti dei
rifiuti?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. No,
non abbiamo problemi di conflittualità, è una materia che a
mio parere andrebbe meglio regolamentata, in modo da
consentire al Consiglio di considerarlo uno strumento a cui
accedere normalmente. Ciò non vuol dire che il Consiglio, per
la ripartizione delle sfere di competenza, debba accettare a
scatola chiusa quello che dice l'ispettorato, che anzi noi
dobbiamo sottoporre a valutazione, perché possono esservi
diversità di apprezzamento tra i punti di approdo
dell'ispettorato e ciò che risulta alla commissione e, poi, al
plenum; ma, in generale, è uno strumento che potrebbe
essere agevolmente utilizzato da parte del Consiglio superiore
e della I commissione.
   Questo è il quadro. C'è poi l'altro aspetto, che
certamente investe la nostra funzione giudicante, quella della
sezione disciplinare. Su questo terreno, credo sarete
informati di come vi sia un salto di qualità, nel senso che i
dati numerici e qualitativi della sezione disciplinare, nel
corso di questi tre anni, segnalano indubbiamente...
  PRESIDENTE. Possono essere forniti alla Commissione
questi dati?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura.
Certamente. Vi è stato, dicevo, un salto qualitativo notevole.
Forse sentiamo il fatto - che è
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ignorato dai più, anche nel mondo parlamentare - che siamo
soltanto un organo giudicante, non abbiamo quei poteri che
sono demandati alla procura generale presso la Corte di
cassazione.
   Non sempre, certo, siamo soddisfatti del materiale che ci
viene offerto; tra l'altro, vi è una discrezionalità anche
nell'esercizio dell'azione disciplinare e la relazione sullo
stato della giustizia, da noi presentata, sottolineava anche
l'esigenza di stabilire l'obbligatorietà e non già la
discrezionalità, perché questo è anche un profilo politico di
non poco momento.
   E' questo il quadro che rassegno alla vostra attenzione,
in un momento certamente difficile per il Consiglio, sul piano
della capacità di governare una situazione che non trova
precedenti nel passato, che esigerebbe un notevole
rafforzamento delle sue strutture e che, naturalmente, deve
vedere risolta anche la questione - che io considero di non
poco conto - del segreto istruttorio, che effettivamente
potrebbe diventare un elemento di stasi della nostra attività.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata.
Intervengo anche nella mia qualità di presidente della
commissione riforma. Una serie di cose è stata già detta molto
puntualmente dal presidente Coccia. Il fatto è che, a mio
giudizio, attraversiamo un momento di transizione per quanto
riguarda il ruolo degli organi di autogoverno. Non c'è dubbio
- faccio riferimento ad uno spunto del presidente Violante -
che qui si mescolano fattori di carattere culturale, diciamo
pure vischiosità che vengono dal passato, con problemi di
inadeguatezza normativa.
   In teoria, i capi degli uffici dovrebbero rappresentare un
primo momento di controllo rispetto ai magistrati del loro
ufficio, funzionando anche da elemento di collegamento con lo
stesso Consiglio superiore, allo scopo di fornire le
necessarie informazioni. In realtà, nella nostra storia vi è
un atteggiamento abbastanza ampio di solidarietà, per effetto
del quale queste segnalazioni certamente ci sono, ma
avvengono...
  PRESIDENTE. Scusi, dottor Palombarini, il Consiglio
superiore dispone dell'elenco dei magistrati indagati, il cui
nome è stato iscritto nel registro delle indagini preliminari?
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Penso
che davanti alla I commissione questo elenco ci sia
sicuramente.
  PRESIDENTE. Nel senso che arriva tempestivamente la
comunicazione?
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Sulla
tempestività credo debba riferire il presidente Coccia, che ne
sa sicuramente più di me.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Non
possiamo dire che ci sia una grande tempestività.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Debbo testimoniare che, man
mano che i procuratori della Repubblica iniziano le indagini e
iscrivono magistrati nell'elenco degli indagati, almeno per i
casi più clamorosi, quelli di cui si è parlato sui giornali,
ho avuto tempestivamente la comunicazione, pur con tutte le
cautele e le raccomandazioni che mi venivano da parte di quei
procuratori: io, poi, personalmente, li ho sempre consegnati,
con la raccomandazione di cautela e riservatezza, al
presidente della I commissione. Però, non potrei giurare che
ciò sia avvenuto in tutti i casi.
   Per i casi più clamorosi, che si riscontrano sulla stampa,
ripeto, ho ricevuto
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tale informazione; anzi, posso riferire il fatto umoristico
che qualche volta - come mi è successo di recente - un
procuratore della Repubblica mi telefona e mi dice che sta
indagando su alcuni magistrati di cui non vuole neppure
riferirmi i nomi per telefono, ma me li manda chiusi in una
busta, tramite un messo speciale, raccomandandomi la
segretezza, dopo di che, la sera stessa, accendo la
televisione e vedo che quei nomi vengono resi pubblici. Sono
cose che succedono in questo paese.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Il
secondo livello in cui scontiamo sicuramente un'arretratezza
notevole è quello dei consigli giudiziari. Questi dovrebbero
essere gli organismi diffusi sul territorio, che conoscono la
situazione dei distretti o delle regioni, conoscono la
situazione degli uffici, i magistrati: dovrebbero, quindi,
essere gli organi in condizioni di muoversi tempestivamente
nel momento del controllo, dell'apprensione di dati e
conoscenze e di trasmissione di informazioni sia ai titolari
dell'azione disciplinare sia allo stesso Consiglio superiore.
In realtà, è in atto un cambiamento faticoso, rimesso
sostanzialmente ad un mutamento soggettivo di atteggiamenti e
di culture. Un aiuto di tipo legislativo certamente
favorirebbe questa tendenza che, faticosamente, è stata
avviata, ma che trova tutta una serie di ostacoli di vario
tipo, certamente rappresentati anche da vischiosità di
carattere culturale e corporativo, ma anche da una normativa
assolutamente arretrata che, tra l'altro, non evidenzia questo
ruolo. Quando cioè parliamo di sistema di controlli, facciamo
riferimento ad una serie di soggetti - e vengo subito anche al
Consiglio superiore - i quali hanno estratto faticosamente
questo ruolo di controllo da una normativa che non era
immediatamente finalizzata ad un obiettivo del genere.
   Lo stesso articolo 2, che noi utilizziamo e sul quale ha
riferito il presidente Coccia, e che in questo momento è uno
strumento caldissimo, quanto ad intensità, in mano al
Consiglio superiore, è in realtà una vecchia norma riciclata,
reinterpretata, che serviva a tutt'altro scopo, cioè
genericamente a difendere il prestigio della magistratura, e
che veniva utilizzata sostanzialmente dal ministro, per
esempio, allorquando un magistrato veniva da lui ritenuto non
compatibile con un determinato ambiente sociale. Questo
articolo 2 è stato - lo ripeto - faticosamente riciclato e
direi che solo oggi viene vissuto con una interpretazione
nuova, in un'ottica del tutto diversa da quella iniziale, e
cioè come strumento di controllo per intervenire sulle
situazioni di disagio istituzionale o direttamente di rottura
della giurisdizione e qualche volta anche in termini di
supplenza rispetto ad una carenza di intervento dei titolari
dell'azione disciplinare.
   Premetto che il gruppo antimafia del Consiglio non è
nemmeno una commissione istituzionalizzata, ma è una struttura
informale di servizio che il Consiglio si è dato,
sostanzialmente di supporto al lavoro di tutta una serie di
altre commissioni, per conoscere. Quando prima il presidente
Galloni ha fatto riferimento a procedure ai sensi
dell'articolo 2 che sono nate a seguito della nostra attività,
ed hanno prodotto poi il trasferimento di direttivi o di
semidirettivi, in realtà eravamo andati non ad effettuare
un'ispezione che riguardasse un singolo episodio o una singola
situazione di crisi, ma semplicemente a verificare una
situazione complessiva di uffici giudiziari particolarmente
esposti sul fronte della criminalità organizzata (ci siamo
interessati di molti problemi: dalla sicurezza dei magistrati
alla consistenza delle strutture, all'adeguatezza anche in
termini numerici del personale sia come magistrati sia come
funzionari) ed in tale contesto abbiamo constatato una
evidentissima inadeguatezza dei dirigenti o dei semidirigenti
di determinate strutture giudiziarie rispetto ai problemi che
avevano davanti. E' quindi da questo contesto, certamente non
finalizzato ad un momento
                        Pagina  3048
 di controllo di professionalità, di impegno o di adeguatezza
delle strutture; da questo contesto generico, ancora in
costruzione, che poi deriva di fatto un momento di controllo.
   Però anche sotto questo aspetto occorrerebbe procedere se
non alla riforma dell'ordinamento giudiziario quanto meno ad
interventi di correzione legislativa finalizzati ad un
potenziamento di questo ruolo che sicuramente l'autogoverno ha
(in tanto l'indipendenza e l'autogoverno si giustificano in
quanto poi sia possibile intervenire). L'articolo 2 è infatti
uno strumento vecchio e il segreto è una cosa che ci viene
opposta con tutta una serie di inconvenienti piuttosto
pesanti. I consigli giudiziari possono cambiare, e qualche
volta stanno anche cambiando, ma fino ad un certo punto.
Occorre tener presente che sostanzialmente i consigli
giudiziari se hanno spazi di ruolo autonomo in quanto tali, e
cioè non semplicemente di struttura collegata al Consiglio
superiore della magistratura, è perché se li sono costruiti in
funzione della difesa della correttezza istituzionale, ma se
li sono sostanzialmente presi laddove il dettato legislativo
di per sé questo compito non glielo attribuiva.
   A queste mie considerazioni aggiungo una situazione di
grande preoccupazione. Il presidente Galloni vi fornirà i dati
ufficiali sull'esperienza di questo Consiglio, ma posso
anticipare che quando alla fine di questa consiliatura si farà
una statistica delle sanzioni disciplinari comminate da questo
Consiglio e dei trasferimenti d'ufficio inflitti o determinati
(va tenuto presente che quando apriamo "inchieste" su
determinate situazioni l'intervento è finalizzato ad un
trasferimento per cui, se il magistrato interessato presenta
autonomamente una domanda di trasferimento, il problema si
risolve così e la procedura per legge si chiude, quindi non
arriviamo nemmeno ad un esito conoscitivo compiuto perché la
persona interessata si sottrae legittimamente all'inchiesta
utilizzando una norma di legge), il numero complessivo che ne
scaturirà sarà largamente superiore a quello di tutti i
Consigli superiori precedenti messi insieme, e tale numero
avrà il dato caratteristico ulteriore - ed è un dato di
allarme, che riguarda anche il Consiglio superiore ed il modo
in cui sceglie i dirigenti - che gran parte di queste sanzioni
disciplinari e di questi trasferimenti d'ufficio riguardano
dirigenti di uffici giudiziari e magistrati con incarichi
semidirettivi.
   Sono tuttavia convinto - ecco la ragione della
preoccupazione - che, per quanto questo dato statistico
numericamente possa essere considerato positivo, l'intervento
complessivo del Consiglio non è adeguato alla gravità della
situazione: nonostante questo dato, alla fine il numero sarà
largamente insufficiente rispetto alle esigenze concrete di
intervento. Proprio ieri, mentre mi trovavo ad un corso di
formazione professionale a Frascati, dove c'erano magistrati
del settore penale, sono stato avvicinato da magistrati del
nord, del centro e del sud che mi hanno chiesto di intervenire
tempestivamente e di mettere ordine nelle varie situazioni
distogliendo determinate persone.
   In sostanza, il numero statistico che avremo alla fine
sarà da un certo punto di vista clamoroso ma da un altro punto
di vista sarà sostanzialmente insufficiente rispetto ad una
situazione che richiederebbe una possibilità di intervento
molto accentuata. Se si intervenisse, anche con provvedimenti
di carattere legislativo (ovviamente le modificazioni degli
orientamenti culturali sono rimessi alle dinamiche complessive
del confronto), credo che si aiuterebbe ad effettuare questo
tipo di controllo.
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Riportandomi alle ampie analisi già
effettuate, mi limito a proporre alcune idee più operative,
perché nelle relazioni di questa Commissione ho apprezzato
proprio il tentativo di spingere verso linee operative.
   A me sembra che procedendo ad una tipizzazione delle
responsabilità disciplinari,
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 come il Parlamento sta cercando di fare con un provvedimento
che ci auguriamo al più presto riesca a varare, si arrivi a
prevedere una ipotesi di mancanza disciplinare oggi impensata,
e cioè la trascuratezza dei doveri di vigilanza da parte dei
capi degli uffici. Ricollegandomi infatti al discorso appena
fatto, non mi pare accettabile in prospettiva che i dirigenti
degli uffici non dico che addirittura siano conniventi (non
abbiamo elementi per affermarlo), ma che siano trascurati
nello stimolare la magistratura in generale e vigilare perché
si adempiano tutti i vari compiti ad essi affidati.
  PRESIDENTE. Se c'è una richiesta di aumento di organici
in qualche ufficio giudiziario, motivando con la carenza degli
organici l'inadeguatezza dell'azione, se la carenza è colmata
e l'azione continua ad essere inadeguata, per numero dei
componenti del Consiglio e per mezzi, avete la possibilità di
andare a vedere perché è inadeguata?
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. No, per i ritmi di lavoro che abbiamo,
la risposta è negativa.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata.
Vorrei fare un esempio concreto che forse il presidente
Violante conosce. Mi sono trovato in assemblee pubbliche dove
questi fatti venivano evidenziati: soprattutto nel
Mezzogiorno, per esempio in Calabria, ci sono situazioni in
cui questo tipo di lamentela è stato portato a giustificazione
di certe carenze. Una volta colmati gli organici, quelle
pubbliche assemblee hanno duramente contestato l'inattività di
quelle procure della Repubblica; senonché, arrivati a questo
dato di conoscenza, mettere in piedi un'istruttoria -
chiamiamola così - per andare a verificare perché quel
procuratore capo ha prodotto poco è un problema veramente
fuori della nostra portata.
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Quanto alla prima proposta da me
avanzata, essa va solo completata nel senso di precisare che
personalmente preferirei una tipizzazione degli illeciti
disciplinari, spostando maggiormente in quest'ambito (che è
più severo da una parte e più garantito dall'altra) le
situazioni eccessivamente vaghe che oggi cerchiamo di trattare
utilizzando l'articolo 2 della legge sulle guarentigie con
interpretazioni - diciamo così - evolutive, che però sono
sempre complesse e rischiose.
   La seconda proposta riguarda la mia convinzione per la
quale, riflettuto bene sulla situazione, siano maturi i tempi
perché il Consiglio superiore della magistratura sia dotato di
un servizio ispettivo autonomo, altrimenti non si realizzerà
mai la speranza di metterlo nelle condizioni di capire cosa
accada negli uffici, attività che richiede tempi e mezzi che
oggi non abbiamo. In alternativa, si può evidentemente
immaginare che il servizio ispettivo del Ministero di grazia e
giustizia (che, lo ribadisco anch'io, non ci ha mai creato
alcuna difficoltà) sia tenuto in maniera più pregnante a
rispettare tempi e metodi delle nostre richieste, prevedendo
però per legge un raddoppio degli organici, in quanto
immaginare che il servizio ispettivo attuale possa evadere
tutte le richieste del ministro e nostre non è pensabile. Non
mi formalizzo, anche se personalmente - lo ripeto - preferirei
un servizio ispettivo autonomo, non solo per una
rivendicazione di autonomia del Consiglio superiore della
magistratura, ma perché esso sarebbe più facilmente
utilizzabile dal punto di vista istruttorio, dei risultati del
lavoro, che altrimenti, provenendo da altre fonti, vi è il
rischio che possano dar vita a problematiche.
   La terza idea o proposta - non saprei come definirla -
riguarda il fatto che una delle difficoltà con cui ci
scontriamo e che assume aspetti gravi è l'atteggiamento che i
TAR (oggi solo quello del Lazio, fino a poco tempo fa i
tribunali amministrativi regionali delle varie regioni)
assumono nei confronti non tanto
                        Pagina  3050
degli altri provvedimenti adottati dal Consiglio, che anzi
ultimamente godono di maggiore attenzione, ma proprio di
quelli assunti a norma del citato articolo 2. Porto un esempio
di cui ci siamo occupati oggi, ma senza indicare i nomi che
sono superflui: ci siamo trovati addirittura di fronte ad un
collega che, trasferito d'ufficio in base a provvedimento
definitivo del Consiglio superiore della magistratura,
successivamente ha chiesto il trasferimento su sua domanda ad
altra sede. Ovviamente il Consiglio superiore della
magistratura - sto parlando del precedente rispetto a quello
attuale - glielo ha concesso; il collega ha pensato bene,
essendo evidentemente una persona molto più fantasiosa di me,
di presentare ricorso al TAR contro il trasferimento ottenuto
a seguito di sua domanda ed il TAR ha pensato bene di disporre
la sospensiva cautelare.
  PRESIDENTE. E' stato altrettanto fantasioso!
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Devo dire che il TAR ha superato ogni
possibile immaginazione, anche perché la sospensiva è
intervenuta sul trasferimento richiesto direttamente dal
collega, non su quello disposto d'ufficio, che avrebbe potuto
essere più criticabile.
   Si tratta evidentemente di un caso limite, e tuttavia si
verificano molti casi in cui si tende ad arrivare al limite.
Allora, mi parrebbe opportuno che almeno per questi
provvedimenti si pensasse a concentrare il ricorso nel
Consiglio di Stato, perché sia più chiaro che ci si trova di
fronte ad un sindacato di sola legittimità (teoricamente
questo è chiaro anche parlando del TAR, ma mi pare che
ultimamente non sempre la prassi sia andata in questo senso),
sottolineando tra l'altro la particolare attenzione con cui
debbono essere concesse le eventuali sospensive cautelari, che
ovviamente non si possono negare.
   Vorrei concludere il mio intervento, sempre mantenendomi
nel taglio esclusivamente operativo che ho dato ad esso,
sottolineando due aspetti. Il primo riguarda gli incarichi
direttivi: per evitare che si pensi ad una maxi-ispezione su
tutti gli incarichi direttivi d'Italia, che non è praticamente
operabile, credo che sarebbe opportuno anche da questo punto
di vista - io l'ho giudicato opportuno anche sotto tutti gli
altri profili - introdurre la rotazione degli incarichi
direttivi. Questo rappresenterebbe uno degli antidoti per i
quali non sarebbe poi necessario preoccuparsi troppo di quelle
situazioni che rischiano incrostazioni e cristallizzazioni nel
corso degli anni. Purtroppo, a volte abbiamo magistrati che
ricoprono incarichi direttivi per decenni.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Uno
di tali magistrati ha ricoperto lo stesso incarico per
ventinove anni!
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Effettivamente, costui è rimasto per
ventinove anni nella medesima sede, pur senza ricoprire per
tutto questo tempo incarichi direttivi.
  PRESIDENTE. E' nato direttivo!
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Ritengo che la rotazione degli
incarichi direttivi sia una misura più importante rispetto ad
altre, come la rotazione di tutti i magistrati, non solo in
ragione delle complicazioni che in questa seconda ipotesi si
verificherebbero, ma perché ad un certo punto il magistrato,
spinto dalla voglia di novità, comunque addiviene ad incarichi
semidirettivi o direttivi e questo comporta automaticamente
una certa rotazione molto più gestibile, purché ovviamente
quel magistrato non rimanga troppo a lungo fermo in
quell'incarico.
   Da ultimo, vorrei occuparmi del problema del segreto
istruttorio. L'attuale formulazione della procedura penale -
che non credo vi sia ignota - rende
                        Pagina  3051
difficile la segnalazione al Consiglio superiore della
magistratura al momento dell'iscrizione nel registro delle
notizie di reato, anzi, il testo letterale della norma ne fa
espresso divieto.
  PRESIDENTE. Si riferisce all'esercizio dell'azione
penale?
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Sì, al momento dell'esercizio
dell'azione penale è obbligatorio. Non solo vi è il dato
testuale dell'articolo 335 che si potrebbe cercare di
interpretare in modo estensivo, ma l'articolo 129 delle
disposizioni di attuazione è chiarissimo nel dare
l'interpretazione nel senso che è vietato a chiunque - si
tratta di una mia idea -, perché sottolinea chiaramente che
anche alle pubbliche amministrazioni si dà l'avviso solo in
caso di arresto o di altri provvedimenti cautelari.
   Credo che su questo bisognerebbe fare una riflessione
perché probabilmente è alquanto semplicistico sostenere che a
noi possa essere detto tutto e comunque, in quanto vi sono
esigenze di riservatezza che in effetti, proprio di fronte ai
casi più gravi e delicati, per l'efficacia delle indagini
vanno rispettate; tuttavia, studiare un sistema per il quale
noi (e forse anche altre amministrazioni) possiamo essere
messi in grado di conoscere tempestivamente alcuni fatti, le
circostanze, in modo da poter intervenire credo sia
necessario. Bisognerà, tuttavia, studiare i sistemi per
garantire che ciò che ci viene comunicato rimanga davvero
segreto, tenendo conto che l'attuale meccanismo del
procedimento amministrativo è stato recentemente riformato -
lo sapete meglio di me - nel senso di garantire sempre di più
l'accesso del cittadino. Allora, in questo caso coniugare le
due cose non è semplice; credo però che in qualche modo vada
fatto.
  ALFREDO GALASSO. Vorrei anzitutto avere dai nostri
ospiti alcuni chiarimenti ed informazioni non senza aver
premesso che anch'io, come Palombarini, sono molto preoccupato
dello stato delle cose ed anche della grave e sgradevole
sensazione che si sta determinando e che cogliamo - io la
colgo senz'altro - nell'opinione pubblica.
   Fatta questa premessa, vorrei svolgere alcune osservazioni
su punti che sono stati sollecitati (lo dico perché questo
serve anche per i lavori della Commissione). Franco Coccia
accennava alla questione dell'ispettorato. Vi è una norma e da
molto tempo vi è - lo ricordo da quando ero componente del
Consiglio superiore della magistratura - un'esplicita
richiesta al ministro di grazia e giustizia di potersi
avvalere dell'ispettorato. Allora, come stanno le cose? E' il
Consiglio superiore della magistratura che non vuole più
esercitare questa facoltà ...
  PRESIDENTE. Onorevole Galasso, la interrompo per
ricordare che nella scorsa legislatura fu presentato un
progetto di legge che prevedeva l'istituzione di un
ispettorato presso il Consiglio superiore della magistratura.
Successivamente si disse che, tutto sommato, non era
necessario.
  ALFREDO GALASSO. Stavo per arrivare anch'io a questo
punto. Si discusse dell'ispettorato proprio in
quell'occasione, ma si concluse che non c'era problema.
Allora, il problema c'è o no? Questo non è certamente un punto
di poco conto.
   In secondo luogo, vi è la questione delle impugnative dei
provvedimenti adottati dal Consiglio superiore della
magistratura. In proposito vorremmo saperne un po' di più: si
tratta di una storia antica. Ricordo che, recandoci in paesi
stranieri come la Francia e la Spagna dove esiste un organo
come il Consiglio superiore della magistratura, coglievamo uno
stupore straordinario per il fatto che giudici che all'estero
vengono considerati in qualche modo sottoposti alla vigilanza
del Consiglio superiore della magistratura, anche se
appartengono alla magistratura amministrativa, tuttavia
possano mettere in discussione una deliberazione
                        Pagina  3052
o un provvedimento di un organo di rilevanza costituzionale.
Sul punto è certamente necessario un provvedimento legislativo
e ci faremo carico anche noi di una sollecitazione in questo
senso. Ma quali sono le ragioni per le quali nel corso di
anni, forse di decenni, una simile iniziativa non è andata in
porto?
   La terza questione riguardante la rotazione degli
incarichi direttivi richiede un provvedimento legislativo e
(aggiungo un ulteriore elemento) da parte del Consiglio
superiore della magistratura un governo degli incarichi
direttivi. Probabilmente tale questione si connette con quella
dell'anzianità, con alcune prassi consolidate ed orientamenti
interpretativi piuttosto che con norme legislative.
   Un altro aspetto che non mi risulta sufficientemente
chiaro è quello del segreto istruttorio, nel senso che non ho
compreso come sia avvenuto il mutamento di indirizzo che è
stato qui ricordato. Non molto tempo fa sono stato ascoltato
dal Consiglio superiore della magistratura per la vicenda
della procura della Repubblica di Palermo e in quell'occasione
mi fu detto che avrei potuto parlare - come parlai - senza
nessun problema anche di cose che sapevo, per il mestiere che
faccio, sottoposte al segreto istruttorio e che non c'erano
problemi perché, presso il Consiglio superiore della
magistratura, era già stato stabilito che non fosse opponibile
il segreto istruttorio. Evidentemente deve essere cambiato
qualcosa; perché? C'è stata una reazione nel corpo della
magistratura o...
  PRESIDENTE. Purché non sia stato quello che lei disse in
quell'occasione...
  ALFREDO GALASSO. Non credo proprio; segnò una svolta di
altro genere ma non quella.
  PRESIDENTE. Sto scherzando.
  ALFREDO GALASSO. Un'altra richiesta che rivolgo ai
componenti del Consiglio superiore della magistratura - e nel
caso in cui lo ritenessero necessario si potrà rendere segreta
la seduta - riguarda maggiori informazioni sulle condizioni
dei magistrati relativamente alle indagini in corso per reati
di mafia o collegati. Questo è un settore che ci compete e di
cui dobbiamo farci un'idea un po' precisa.
   Parlavo di preoccupazione, di insoddisfazione, se non di
un vero e proprio allarme che si avverte, e i dati qui
ricordati e le preoccupazioni manifestate da Coccia e da
Palombarini lo confermano. Non credo che le correzioni
legislative, anche se immediate, risolverebbero la gran parte
dei problemi; c'è una questione di fondo concreta ma non
facilmente definibile, quella relativa al livello
dell'attenzione e della vigilanza. E' un superamento di una
concezione ancora dominante che Palombarini ha definito
"solidaristica" ma che io, usando una brutta parola, dico di
tipo "corporativo," che non tiene conto del fatto che la
garanzia della correttezza dell'esercizio della funzione
giurisdizionale in questo momento storico è avvertita con ben
maggiore intensità rispetto al passato. Il Consiglio superiore
della magistratura deve farsi carico di questo.
   La notizia dei comportamenti e delle vicende, che si
presenta come un problema assai delicato, riguarda
indubbiamente i consigli giudiziari, ma anche i capi degli
uffici. Sulla stampa ho letto ed ho ascoltato le dichiarazioni
dell'attuale procuratore nazionale antimafia il quale ha
riferito che alcune delle situazioni venute drammaticamente
alla ribalta in questi giorni gli erano da tempo note.
L'attuale procuratore nazionale antimafia è stato anche
procuratore generale a Palermo e per legge gli compete il
compito della vigilanza.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I Commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. E'
stato procuratore anche a Milano.
  ALFREDO GALASSO. Vorrei sapere se il Consiglio superiore
della magistratura
                        Pagina  3053
chieda conto di queste affermazioni che, tra l'altro sono
vere perché è vero che queste notizie circolavano da tempo
nell'ambito giudiziario. C'è un passaggio molto importante fra
il chiacchiericcio e il pettegolezzo dei corridoi dei palazzi
di giustizia e il coinvolgimento formale di un'organo cui
spetta il compito di vigilare e controllare sui consigli
giudiziari, sui capi degli uffici e (va detto con molta
franchezza) sul comportamento dello stesso Consiglio superiore
della magistratura. A dire la verità si ha la sensazione che,
per quanto riguarda il livello di attenzione e di vigilanza,
siano altri i criteri prevalenti nella maggioranza del
consiglio. A mio giudizio questo va detto nel momento in cui
si svolge una funzione di controllo della correttezza della
giurisdizione.
   Dobbiamo farci carico anche di questo né possiamo dare per
scontato che esista una funzione astrattamente esercitabile da
parte del Consiglio superiore della magistratura senza vedere
come concretamente venga esercitata, e non credo che si tratti
soltanto di introdurre correzioni legislative.
   La titolarità dell'azione disciplinare appartiene al
ministro di grazia e giustizia ma anche al procuratore
generale della Cassazione, il quale a sua volta è soggetto
sottoposto all'autorità di autogoverno del Consiglio superiore
della magistratura, di cui è perfino componente di diritto.
Anche in questo caso c'è un'abitudine nella vigilanza e
nell'attenzione che va sollecitata nei confronti del
procuratore generale il quale, come si è più volte sostenuto,
deve mantenere la titolarità dell'azione disciplinare proprio
perché svincolato da quei criteri politici ai quali invece fa
naturalmente riferimento il ministro di grazia e giustizia.
   Credo che si debba insistere sui provvedimenti cautelari
che la sezione disciplinare può adottare su richiesta, perché
la procedura del trasferimento di ufficio, che pure si è
sviluppata, come sottolineava Palombarini, in termini di
supplenza, non è del tutto corretta e soddisfacente. Questo
non perché non vi siano casi in cui ciò è possibile ma perché
nell'opinione pubblica vi è uno sconcerto non di poco conto,
perfino un disorientamento, quando magistrati nei confronti
dei quali dovrebbe essere esercitata l'azione disciplinare
sono trasferiti d'ufficio se non addirittura promossi, come è
accaduto per il procuratore Giammanco, con una nota d'elogio
del Consiglio superiore della magistratura.
   Mi sembra che anche qui occorra una maggiore riflessione,
perché non si tratta soltanto di intervenire sulla vecchia
legge delle guarentigie e sull'articolo 2 ma probabilmente c'è
da rafforzare, anche in sede legislativa, un'azione
disciplinare, un'azione cautelare. Su questo è bene che
diciamo chiaramente il nostro pensiero.
  PRESIDENTE. Onorevole Galasso, sta concludendo?
  ALFREDO GALASSO. Ho quasi finito. Vorrei fare due ultime
considerazioni. Abbiamo verificato che uno dei fenomeni più
gravi di inquinamento mafioso (lo abbiamo ribadito anche in
seno alla Commissione) è quello del cosiddetto aggiustamento
dei processi. Desidero sapere se un fatto così allarmante
abbia in qualche modo determinato, al di là delle singole
situazioni specifiche, un qualche intervento del Consiglio
superiore della magistratura. Questo fenomeno dal punto di
vista istituzionale dovrebbe richiamare più l'attenzione
dell'organo di autogoverno della magistratura, che certamente
è competente in materia, che non quella della Commissione
parlamentare antimafia.
   Sono altresì convinto della necessità di concentrarsi su
alcune urgenti correzioni di ordine legislativo, che dovremmo
discutere insieme, sollecitando un'attenzione, una vigilanza,
un'accentuazione dell'intensità del controllo ed una funzione
di orientamento e di governo del Consiglio superiore della
magistratura in questa direzione. Tale organo deve farsi
carico dell'allarme per la diffusione del fenomeno in quanto,
ovviamente, non vi è
                        Pagina  3054
garanzia di indipendenza e di autonomia della magistratura
senza l'attivazione di un canale di responsabilità. Ricordo
ancora le mirabili parole (a quell'epoca facevo parte del
Consiglio superiore della magistratura) pronunciate da Sandro
Pertini il quale, interpretando un indirizzo costituzionale,
disse che i magistrati non solo devono essere indipendenti, ma
devono anche apparire tali. In questo passaggio dell'apparenza
vi è qualcosa che non ha nulla a che fare - vorrei dire grazie
a Dio - con il magistero penale che rappresenta anche per i
magistrati l'ultima spiaggia. Ritengo che i cittadini
sarebbero molto rassicurati se il Consiglio superiore della
magistratura, grazie alla sua intensa attività, impedisse al
magistrato della porta accanto di intervenire con un'azione
penale nei confronti di un suo collega, ed attuasse una
continua ed assidua azione di prevenzione.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, come lei sa ho
molto insistito affinché si svolgesse questo incontro che
ritenevo e ritengo estremamente importante, un incontro che
dovrebbe acquisire una certa periodicità, non fosse altro per
il lavoro comune che siamo chiamati a compiere; così è
avvenuto nelle legislature precedenti e così credo debba
avvenire anche in questa.
   Signor presidente, lei ha rivolto al vicepresidente
Galloni e agli altri nostri ospiti delle domande di ordine
teorico; per quanto mi riguarda e seguendo il suo indirizzo
vorrei dare al nostro incontro un maggior senso di
concretezza. Non c'è dubbio che oggi la magistratura italiana
svolge un ruolo estremamente importante, credo però che i
magistrati italiani debbano evitare di compiere errori che
certamente non danno lustro al loro ruolo e nobilitano la loro
figura. Sovente è il caso di magistrati che, nel momento in
cui si avvia un procedimento legislativo in Parlamento,
intervengono per esprimere i loro punti di vista, per
censurare o manifestare consensi.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  SALVATORE FRASCA. Ritengo che questo non sia compito del
magistrato il quale è tenuto al pieno rispetto della legge. E'
giusto registrare ed esprimere all'organo di autogoverno dei
magistrati l'esorbitazione dei poteri dei magistrati che si
registra nel nostro paese.
   Nel corso delle ultime settimane è emerso un dato
preoccupante: purtroppo anche la magistratura, in questa fase
di traghettamento dal vecchio al nuovo, come ama dire il
nostro Capo dello Stato, non è esente da fenomeni di
inquinamento. Alla nostra Commissione risulta che vi sarebbero
circa venti magistrati inquisiti per associazione di stampo
mafiose ed alcune decine che sarebbero sottoposte a
procedimenti disciplinari.
  SAVERIO D'AMELIO. Non ti far abbagliare da queste cifre.
  SALVATORE FRASCA. Vorremmo sapere se questi dati
corrispondano a verità o meno, così come vorremmo sapere se il
Consiglio superiore della magistratura abbia svolto
un'approfondita indagine sui rapporti tra magistratura e
massoneria, ed in caso positivo quali sono le conclusioni a
cui è pervenuta e quali le direttive emanate.
   Richiamo poi l'attenzione dei nostri ospiti sulla lentezza
giudiziaria, soprattutto per quanto attiene a processi che
hanno rilevanza politica. Spesse volte l'indagato riceve
l'informazione di garanzia e, se egli è un parlamentare
(almeno fino a ieri in quanto oggi abbiamo modificato in
maniera definitiva l'articolo 68 della Costituzione), si
chiede preventivamente l'autorizzazione a procedere. Come
spesso accade nel nostro paese il giorno dopo la stampa
celebra e conclude il processo che quasi sempre è di condanna.
Il fatto è però che, dal punto di vista giudiziario, la
situazione non si evolve e a distanza di anni non si riesce
mai a concludere il processo. Tutto ciò non depone a favore
del nostro Stato di diritto.
                        Pagina  3055
   Il problema del cosiddetto aggiustamento dei processi è
molto vecchio, quanto meno lo abbiamo riscontrato sin dalla
prima audizione svolta quasi in concomitanza con il nostro
insediamento. Devo dire che rispetto a tale tema l'azione del
Consiglio superiore della magistratura non sempre è stata
tempestiva ed agile; vi è stata, come si legge in alcuni
"sacri testi", una certa difesa della casta che non avrebbe
più ragione di essere. Dobbiamo inoltre constatare che anche
quando il fenomeno emerge a seguito di indagini o di audizioni
dei pentiti, non sempre si avvia l'azione penale. Dico questo
anche in riferimento alla particolare audizione del pentito
Galasso il quale ha fatto i nomi di sei magistrati che
avrebbero contribuito ad aggiustare i processi in nome e per
conto dei clan Alfieri. Non mi risulta che sia stata avviata
azione penale nei confronti di costoro. Se invece fosse stata
iniziata mi sentirei più tranquillo; mi sembra infatti
ingiusto che, a seguito delle dichiarazioni di un pentito, si
metta sotto processo, e lo si condanni nei termini e nei modi
di cui ho parlato poco fa, qualche nostro collega, mentre si
lascia correre per tutto il resto. Analogamente, per i
magistrati che vengono chiamati in causa dai pentiti, c'è da
dire che sembra anomala la posizione del procuratore De
Marinis, che in un primo tempo si dimette, poi ritorna al suo
posto e inventa la storiella che delle questioni inerenti alla
sua persona si sarebbe interessato un suo sostituto,
appositamente delegato. Nel momento in cui presso la procura
di Milano - rovesciando un'impostazione processuale voluta dal
legislatore del nostro paese - si pone ai voti persino se
richiedere o meno l'autorizzazione a procedere, con tutto ciò
che ne deriva dal punto di vista dell'informazione, è
impossibile spiegarsi simili comportamenti e atteggiamenti da
parte del procuratore De Marinis.
   Detto questo in generale, vorrei richiamare l'attenzione
dei membri del Consiglio sulla magistratura in Calabria che,
come loro sanno, è una regione a rischio. Dico con aperta
franchezza che la magistratura calabrese ha un carattere
familiare. A Reggio Calabria ricorre cinque volte negli uffici
giudiziari il nome della stessa famiglia. E' una situazione di
vergogna che rischia di coinvolgere anche le responsabilità
dello stesso Consiglio, che sa, o dovrebbe sapere, e che
comunque non è intervenuto.
   A Lamezia Terme vi è un magistrato che è presidente del
tribunale, mentre suo cognato è procuratore della Repubblica:
i processi se li celebrano in famiglia. Lo stesso vale per la
corte d'appello di Catanzaro, e l'elenco potrebbe essere
lungo. Il fatto strano è che queste cose, denunciate, non sono
mai state prese in considerazione, come se chi ha rivolto
un'interpellanza o un'interrogazione al ministro per
sollecitare il suo intervento fosse un matto da legare e da
rinchiudere negli ospedali psichiatrici di vecchia memoria.
   Nella magistratura calabrese c'è un'enorme conflittualità,
che non giova al prestigio e al decoro della magistratura: la
moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto e
credo che se questo è vero per tutti lo è soprattutto per i
magistrati. A Reggio Calabria la stampa ogni giorno ci informa
che c'è uno scambio di querele: ogni magistrato accusa
l'altro. Per di più, come se tutto ciò non bastasse, uno dei
sostituti della procura nazionale antimafia ha dichiarato che
di casi Curtò in Calabria ce ne sono tanti, non uno solo.
Allora ci interesserebbe sapere se sia stata fatta
un'indagine, perché vorremmo avere la certezza che i
magistrati che occupano certi uffici giudiziari siano al di
sopra di ogni sospetto. Questo non l'ho detto io, ma un
magistrato, che per il ruolo che svolge deve avere un minimo
di credibilità, altrimenti non può occupare il posto al quale
è stato assegnato.
   Vi sono poi casi clamorosi che sono stati denunciati e
rispetto ai quali non si è fatto niente.
   Presidente Galloni, fin da quando eravamo entrambi
deputati, vado richiamando l'attenzione del Consiglio
superiore della magistratura su ciò che avviene
                        Pagina  3056
presso il tribunale di Castrovillari, dove
l'amministrazione della giustizia ha carattere familiare, le
sentenze sono il prodotto di una "cucina" che si fanno alcuni
i magistrati e qualche avvocato e, dalle intercettazioni
telefoniche, emergono collegamenti tra alcuni magistrati e i
soggetti attivi o passivi dei processi. Come mai si è
tollerata questa situazione? Mi chiedo, inoltre, come mai sia
potuto accadere che presso questo tribunale un processo di
mafia - vecchio rito - si concludesse, addirittura, con
sentenza emessa in istruttoria, nonostante gli imputati nel
processo fossero "pezzi da novanta". L'opinione pubblica alla
quale io, come parlamentare, come interprete della voce della
gente, debbo fare riferimento, afferma che tutto ciò è
accaduto perché uno degli imputati era il figlio del
presidente dell'ordine degli avvocati. Indagate e vedrete che,
molto probabilmente, qualcosa ci sarà; anzi, usiamo un termine
mafioso: spiate e vedrete che qualcosa verrà fuori.
   Il caso di Paola è emblematico. Il Ministero di grazia e
giustizia ha svolto due indagini; abbiamo qui i volumi, credo
si tratti di decine di migliaia di pagine: ebbene, le cose a
Paola sono rimaste esattamente come erano. Preciso, presidente
Galloni...
  PRESIDENTE. Il procuratore si è dato alla carriera
politica, quindi ha rimosso un ostacolo.
  SALVATORE FRASCA. No, presidente Cabras, per Paola sono
stati adottati dei provvedimenti, però io vivo in
quell'ambiente (preciso che sono stato eletto senatore non in
quel collegio, ma nell'altro, quindi posso essere sereno ed
obiettivo) e posso dire che sono stati adottati, è vero,
provvedimenti a carico del presidente del tribunale (che credo
non nobiliti certamente la magistratura con la sua presenza
nell'ordine giudiziario, dato che dovrebbe essere addirittura
escluso dai ranghi della magistratura), però ci sono voluti
quindici anni. Per di più, anche ora che è stato assunto un
provvedimento da parte del Consiglio superiore, egli resta al
suo posto: sembra, infatti, che abbia impugnato la decisione
del Consiglio superiore dinanzi al TAR. Comunque, vi è un
magistrato che presiede il tribunale in processi importanti il
quale è fortemente screditato e nei confronti del quale mi
sorprendo che non sia stata ancora avviata un'azione penale.
Ha ragione il presidente Violante quando afferma che l'azione
penale nei confronti dei magistrati che vengono a trovarsi in
queste condizioni arriva con notevole ritardo.
   Vi è poi la situazione della procura. Avete dichiarato che
devono essere allontanati tutti, il procuratore e il sostituto
procuratore, per incompatibilità ambientale: ebbene, vi do
atto che uno dei sostituti è stato già trasferito a Bari, però
debbo dire che anche l'altro sostituto da voi sospeso ora,
trascorsi i sei mesi, è tornato. Oltre tutto, è tornato a
dirigere la procura, perché nel frattempo il procuratore
Arnone ha deciso di farsi eleggere sindaco della città.
  PRESIDENTE. Sindaco della città di Cosenza?
  SALVATORE FRASCA. Della città di Cosenza. Può uno come
il sostituto procuratore Belvedere dirigere la procura? Tempo
fa in un'intervista televisiva ho dichiarato che vi è un
delinquente a dirigere la procura della Repubblica di Paola.
Ho detto: deve scoppiare un caso nazionale, poi vedremo perché
non si intervenga in tempo utile per rimuovere questa
situazione. Dovreste intervenire subito ed impedire che le
accuse a carico dei cittadini che vengono processati in quel
tribunale siano sostenute proprio da un magistrato come
Belvedere. Allo stato, comunque, in quella procura c'è
soltanto un'unità attiva, ossia l'altro procuratore:
anch'egli, però, dovrebbe andarsene.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  SALVATORE FRASCA. Tenete presente che nel frattempo la
procura di
                        Pagina  3057
Paola sta indagando su fatti di una certa gravità che
riguardano il sistema marcio
politico-affaristico-istituzionale, ovviamente mafioso, che
dirige la Calabria. La sensazione che si ha è che rispetto a
questi processi non si vada avanti perché tra i probabili
imputati potrebbe esserci qualche ministro "mammasantissima"
(e voi mi insegnate che mammasantissima è il più alto grado
della criminalità organizzata calabrese).
  PRESIDENTE. Beh, la mamma è sempre la mamma!
  SALVATORE FRASCA. Ecco, dovete intervenire, per quanto
riguarda Paola.
   C'è poi anche una situazione di carenza negli organici. Ho
criticato poco fa il tribunale di Castrovillari, però mi
immedesimo anche nelle condizioni in cui si trova la procura.
Il procuratore di Castrovillari è andato in pensione: si gode
la pensione, anche se una fettina dovrà poi darla a me, per
risarcimento dei danni consumati...
  PRESIDENTE. Egli però sostiene il contrario...
  SALVATORE FRASCA. ...ai fini della rappresaglia
politica. Se il Consiglio superiore svolgerà un'indagine non
burocratica ma seria, vedrà che cosa emergerà a carico di
quella procura.
   Però le devo dire che dei tre sostituti che c'erano ne è
rimasto uno solo, perché uno nel frattempo è stato trasferito
ed un altro è andato a frequentare un corso. Come fa la
procura di Castrovillari a funzionare in tali condizioni?
  PRESIDENTE. Vi sono soltanto il capo ed un sostituto?
  SALVATORE FRASCA. No, c'è solo il sostituto, perché il
capo è andato in pensione! L'altro giorno vi doveva essere un
processo presso la corte d'assise di Cosenza per un duplice
omicidio. La pubblica accusa doveva essere sostenuta dalla
procura di Castrovillari ma quel processo si è dovuto
rinviare, con tutte le conseguenze negative che si determinano
in tali occasioni, perché nel frattempo la procura era
impegnata in un altro processo e vi era un solo sostituto
procuratore.
   In conclusione, dichiaro che quando presento
interrogazioni e interpellanze ve le mando sempre in copia...
  FRANCO COCCIA, Presidente I commissione referente del
Consiglio superiore della magistratura. E noi non solo le
leggiamo, ma apriamo provvedimenti sulla base di esse!
  SALVATORE FRASCA. Il mio errore è quello di conoscere i
fatti, ma non è colpa mia se divento il punto di riferimento
di cittadini, di funzionari di polizia, di carabinieri, che mi
vengono a dire: "Noi arrestiamo i delinquenti e questi li
rimettono in libertà perché i fatti sono così, così e così".
   Se dunque, onorevoli rappresentanti del Consiglio
superiore della magistratura, fosse possibile tenere nella
dovuta considerazione anche questi strumenti dell'attività
parlamentare, alla fine ne guadagnerebbe la magistratura,
crescerebbe il prestigio del Consiglio superiore, faremmo più
pulizia nel nostro Stato.
  GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che questo incontro sia stato
molto interessante perché ci ha fornito l'occasione di
conoscere iniziative assunte ed anche giudizi espressi sul
comportamento che si manifesta all'interno della magistratura.
   Proprio in questo momento di ripresa della fiducia nei
confronti della giustizia e dei magistrati registriamo con
preoccupazione che anche all'interno della magistratura ci
sono elementi gravi di inquinamento e quindi di coinvolgimento
di magistrati non solo in vicende di affarismo ma anche nei
rapporti con la criminalità organizzata.
   E' evidente che tutto ciò arreca gravi danni all'immagine
e alla credibilità della giustizia. Per fortuna esistono
differenze: se da un lato nei confronti di certi
                        Pagina  3058
magistrati si esprimono elementi di fiducia, dall'altro lato
si verificano episodi incresciosi. Ritorniamo così ai tempi in
cui (anch'io sono calabrese) registravamo tra la gente un
detto che tutti ripetevano e diffondevano: "Arrestano quel
mafioso, quel delinquente, quel bandito, però domani sarà di
nuovo libero".
   Questo è stato uno degli elementi che hanno aiutato
l'espansione dei poteri criminali e quindi l'affermazione del
loro potere nel territorio, fino ad arrivare al
condizionamento di ogni attività della società; il che ha
nuociuto e nuoce tuttora alla libertà individuale dei
cittadini.
   Tutto questo si è determinato perché ci sono stati alcuni
limiti. Io sono un convinto sostenitore dell'autonomia della
magistratura e della difesa degli strumenti di autogestione;
ritengo però che la magistratura debba fare un po' di
autocritica, soprattutto con riferimento ai clamorosi casi
"ammazzasentenze": è evidente che alludo al presidente della I
sezione della Corte di cassazione, cioè al dottor Carnevale.
Nei confronti di questo magistrato da parte di numerosi
parlamentari nella passata legislatura ed anche da parte
nostra era stato segnalato...
  MASSIMO BRUTTI. Anche da parte di qualche apprezzato
membro del Consiglio superiore della magistratura.
  GIROLAMO TRIPODI. Peraltro, anche dal presidente di
questa Commissione, onorevole Violante, erano state mosse
puntuali contestazioni su fatti e procedimenti che erano stati
condotti in modo assurdo e comunque non lineare.
   Eppure, a proposito di Carnevale gli elementi di possibile
corruzione non sono emersi adesso, perché da parte sua si è
riscontrato un metodico annullamento di processi che
riguardavano le più importanti cosche mafiose in Calabria e in
Sicilia. Ricordo che affiliati alle più potenti cosche mafiose
condannati in primo grado, magari all'ergastolo, a Reggio
Calabria e con sentenza confermata in appello, venivano
assolti in Cassazione per non aver commesso il fatto.
   Sappiamo che nei confronti di questo magistrato un
pentito, che si chiamava o si chiama Marasco (di cui non
sappiamo più nulla: sembra che sia scomparso), ha fatto
rivelazioni, sia pure successivamente ritrattate, che non sono
state prese in considerazione. Quindi anche in questo caso c'è
stata una debolezza oppure una protezione nei confronti di
questo magistrato che pure, al momento in cui veniva chiamato
a pronunciare giudizi sulla mafia, sosteneva che in sostanza
tante volte la mafia è anche un aiuto, è solidale per la
soluzione dei problemi.
   Altri problemi sono sorti in relazione al lassismo che si
è verificato in molte sedi giudiziarie. Mi riferisco anche
alla sede di Reggio Calabria dove negli anni passati, nel
momento in cui si manifestava in modo molto violento la
presenza della mafia, abbiamo visto che la magistratura era
totalmente assente, neutra di fronte a questo problema. In
proposito non vi è stato nessun intervento del Consiglio
superiore nonostante siano state fatte spesso, anche da parte
nostra, sollecitazioni per andare a fondo delle situazioni che
si determinavano.
   Ci sono stati inoltre i magistrati che rinviavano molte
volte l'udienza nei confronti di esponenti politici, come è
accaduto per Macrì. Per esempio, il giudice Bambara, che
presiedeva la corte di Palmi, ha rinviato l'udienza dieci o
dodici volte. Magari poi si è vendicato in altro modo, ma tale
questione la affronteremo a parte.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. E'
stato condannato!
  GIROLAMO TRIPODI. E' stato trasferito, non condannato!
Mi domando se di fronte a fatti di questa gravità siano
sufficienti i trasferimenti, che tante volte possono diventare
promozioni.
   Infine, dopo aver concordato sulle domande poste dal
senatore Frasca, vorrei soffermarmi sul caso Carnevale, nei
cui confronti, se non erro, sono state assunte iniziative di
carattere giudiziario
                        Pagina  3059
oltre che amministrativo. Cosa si è fatto? Cosa fa il giudice
Carnevale? E' tuttora al suo posto di lavoro, in quello nel
quale è stato trasferito?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Il
caso Carnevale è abbastanza emblematico dell'intervento posto
in essere dal Consiglio superiore della magistratura. Noi
l'abbiamo sospeso dalle funzioni e dallo stipendio in
relazione ad un procedimento penale pendente.
  PRESIDENTE. Cioè, per motivi diversi da quelli di cui
sta parlando l'onorevole Tripodi.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata.
Vorrei precisare che Bambara è stato trasferito solo da
consigliere di corte d'appello.
  GIROLAMO TRIPODI. Un altro caso recente è quello di un
ex parlamentare, il senatore Vitalone, il cui caso ha pure
creato problemi. Non so come sia andata a finire, so che è
stato assegnato a Firenze ma non se abbia occupato quel posto.
Anche a questo riguardo, vorremmo sapere qualcosa di più.
   Inoltre, dal momento che il Consiglio superiore della
magistratura ha chiesto di conoscere i nomi dei magistrati
iscritti alla massoneria, vorremmo sapere se tale appartenenza
sia ritenuta compatibile con il fatto di far parte dei ruoli
della magistratura. Se non erro, sono circa quaranta - non so
se poi siano di più - i magistrati che hanno dichiarato di
essere affiliati alle varie logge, non so se coperte o
scoperte. Anche questo è un aspetto sul quale bisogna dare
risposte alla gente, che chiede di conoscere come stiano le
cose, anche perché decisioni di questo tipo possono aumentare
il prestigio del Consiglio superiore della magistratura.
   Vorrei ora occuparmi di un'altra questione nell'ambito
della quale non sono state denunciate responsabilità anche
d'ordine politico. Si parlava poco fa del tribunale di Paola,
ma io so che per oltre un anno il rapporto di un'inchiesta è
rimasto dentro un cassetto del Ministero - non so direttamente
del ministro o di altri - e non veniva fuori. Nonostante le
azioni che sono state intraprese, vi è una situazione, che
tutti conosciamo, che ancora non si è normalizzata.
   Un altro tema che ritengo importante riguarda il fatto che
spesso anche taluni magistrati vengono denunciati per
violazione di norme di legge (mi riferisco a quelle violazioni
che convergono su Messina).
  PRESIDENTE. Si riferisce ai magistrati di Reggio
Calabria che vengono giudicati a Messina?
  GIROLAMO TRIPODI. Se non erro, i magistrati di tutte le
sedi calabresi vengono giudicati a Messina.
  PRESIDENTE. Anche quelli di Catanzaro?
  GIROLAMO TRIPODI. Sì, anche quelli di Paola.
  PRESIDENTE. E i magistrati di Messina da chi sono
giudicati?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Da
quelli di Reggio Calabria.
  PRESIDENTE. Il famoso scambio, insomma.
  GIROLAMO TRIPODI. Ora accade che questi procedimenti di
prassi vengano archiviati e talvolta qualcuno venga assolto.
Anche su questi fatti è necessario un qualche intervento,
almeno per comprenderli meglio: non desidero condannare
anticipatamente, né posso dire se vi siano responsabilità e a
chi debbano
                        Pagina  3060
essere addebitate; comunque, questa procedura fa sorgere
molti dubbi e quindi molti sospetti nell'opinione pubblica.
   Per quanto riguarda la Calabria, ho grandemente apprezzato
quanto ha detto il dottor Palombarini in merito al fatto che
alcuni uffici, pur avendo beneficiato di misure di adeguamento
degli organici, non sono stati in grado di produrre quel salto
di qualità che si sperava né l'impegno che in quella
situazione si pretendeva. Conosco bene queste cose e so che in
primo luogo vi è un problema di volontà; certamente esiste un
problema di organici: basti pensare al tribunale di Palmi,
dove praticamente non c'è più nessuno, perché la pretura,
rimasta con una sola impiegata, sta per chiudere; per la
procura si sta cercando di provvedere ma è prossima alla
paralisi totale; anche nella sede del tribunale si va incontro
ad una situazione difficile, tenuto conto degli importanti
processi che stanno per celebrarsi.
   Anche a Reggio Calabria vi sono stati e vi sono tuttora
gravi problemi: mi riferisco, in particolare, alla questione
di una conflittualità che indubbiamente è stata originata da
polemiche e che ha determinato ormai da molto tempo una
situazione davvero difficile; per cui sono accaduti i fatti
ricordati, vi sono state le querele sporte dal presidente
della corte d'appello nei confronti del giudice Macrì, le cui
dichiarazioni al Giorno peraltro non sono nel senso che
si è detto, visto che egli si è limitato a sostenere che fatti
che si verificano a Brescia, a Palermo o a Napoli possono
verificarsi anche a Reggio Calabria. Si è creata comunque una
situazione per la quale, se non erro, da parte dello stesso
magistrato querelato si è richiesto l'intervento del Consiglio
superiore della magistratura. Data la situazione, la necessità
dell'intervento mi sembra pacifica; vorrei sapere se da parte
del Consiglio superiore della magistratura vi sia l'intenzione
di farlo per andare a fondo e per verificare le ragioni che
hanno determinato questa situazione a Reggio Calabria, come
anche in tutti gli altri uffici che non versano in una buona
situazione. Mi rivolgo in particolare al dottor Palombarini,
che segue il gruppo antimafia del Consiglio superiore della
magistratura, per segnalare il problema della procura
distrettuale di Catanzaro, per non parlare di Vibo Valentia,
il cui procuratore ha finalmente chiesto di essere trasferito
e dove il lassismo ha consentito alla mafia di dilagare,
controllare e quindi imperare.
  MASSIMO BRUTTI. Desidero dare atto dell'impegno di
questo Consiglio superiore della magistratura sia sul terreno
della giurisdizione disciplinare sia su quello
dell'applicazione dell'articolo 2 della legge sulle
guarentigie: vi è una funzione di controllo che viene svolta
in modo più intenso e vigile rispetto al passato. Negli anni
scorsi in materia di applicazione del citato articolo 2 sono
state assunte alcune decisioni scandalose, che ho vissuto
direttamente e di cui ho seguito la genesi passo passo,
decisioni che rimangono come momenti oscuri nella vita
dell'organo di governo autonomo della magistratura.
   Un elemento che ha determinato lentezza ed anche
un'applicazione non puntuale dell'articolo 2 sull'istituto del
trasferimento d'ufficio è stata la netta
giurisdizionalizzazione di questo procedimento, che ha
contribuito ad allungare notevolmente i tempi. L'istituto del
trasferimento d'ufficio previsto dall'articolo 2, essendo
espressamente ricollegato all'ipotesi di un'incompatibilità
anche senza colpa del magistrato, richiede un'applicazione
tempestiva nella quale la tutela del prestigio dell'ordine
giudiziario è tutela di un'oggettiva credibilità, per cui i
tempi brevi sono essenziali per il funzionamento del
meccanismo. Io ricordo invece che in passato i tempi erano
lunghissimi, che c'era una previsione di garanzie
particolarmente puntuale che finiva molto spesso per
vanificare l'istituto. Ricordo un caso addirittura paradossale
per la sua lunghezza e per i "contorcimenti" a cui ha dato
luogo, quello del procuratore della Repubblica di Piacenza,
dottor Milana, il quale per mesi e mesi continuò ad
                        Pagina  3061
esercitare una funzione così delicata in quella città,
nonostante la valutazione assai negativa che si poteva
formulare sul suo operato. Ho l'impressione, nonostante
l'inversione di tendenza segnata da questo Consiglio, che nel
suo complesso tutta la disciplina relativa all'applicazione
dell'articolo 2 sia tale da non far funzionare, come uno
strumento di intervento sollecito in situazioni in cui si
verifica una caduta di credibilità, questo meccanismo. Credo
perciò che si debba pensare ad altre soluzioni, specialmente
di fronte ai casi gravi e drammatici cui assistiamo in queste
settimane perché è evidente che l'articolo 2 non è più
sufficiente.
   Siamo di fronte ad una situazione che ha una sua
peculiarità, una situazione eccezionale rispetto a quanto
sappiamo e a quello che accadeva negli anni passati,
situazione che rappresenta un aspetto della crisi italiana,
del modo in cui si sta manifestando il passaggio di sistema
nel nostro paese, l'aspetto che riguarda la magistratura.
Esisteva in Italia un consolidato e ramificato sistema di
corruzione che occupava una parte delle istituzioni, compreso
l'ordine giudiziario.
   Al congresso di Como dell'Associazione nazionale
magistrati, ho sentito parole di autocritica (se così si può
dire), di valutazione severa dei fatti: ancora una volta
occorre sottolineare che la magistratura italiana ha la
capacità di vedere le proprie "magagne" e di attivare un
meccanismo per fare pulizia. Ricordiamo che la magistratura
italiana, nell'ambito delle istituzioni, è stata la sola che
con grande sollecitudine ha scacciato i piduisti dalle proprie
file o li ha puniti non con giudizi sommari ma graduando le
diverse posizioni. All'interno dell'Associazione nazionale
magistrati si manifesta una volontà che si muove in questa
direzione, per cui ritengo che oggi alle parole debbano
seguire i fatti. Compito proprio del Consiglio superiore della
magistratura è di affrontare ed assumere iniziative per sanare
una situazione drammatica dalla quale emergono limitati,
circoscritti ma gravissimi coinvolgimenti di magistrati nel
sistema della corruzione, nei rapporti con le associazioni
criminali di tipo mafioso.
   Proprio per non caricare questo istituto di troppi compiti
occorre ribadire che l'articolo 2 non è sufficiente. Per
questo, appena terminata la sessione di bilancio, il gruppo
del partito democratico della sinistra chiederà al ministro di
grazia e giustizia di rendere conto al Parlamento dei criteri
seguiti nei casi di esercizio dell'azione disciplinare, dei
risultati delle ispezioni, di quale sia l'atteggiamento
assunto nei confronti dei magistrati indagati per associazione
a delinquere di tipo mafioso; chiederemo al ministro se
esistano o meno, e perché, le condizioni per un'immediata
richiesta di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio di
quei magistrati.
   La via da seguire immediatamente è quella di fare un punto
sui criteri di intervento degli organi istituzionalmente
chiamati ad assumere le prime iniziative per una funzione di
controllo, in primo luogo il ministro sotto il profilo del
potere ispettivo e disciplinare. Chiederemo che su questo tema
si svolga un ampio dibattito anche perché, al di là della
responsabilità e della funzione del ministro, vi è un profilo
assai delicato che concerne l'iniziativa disciplinare o di
richiesta di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio che
spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
   Abbiamo qualche precedente (ne ricordo uno perché era
stato sollecitato da una mia iniziativa) che chiedeva una
comunicazione da parte del procuratore generale al
plenum del Consiglio superiore della magistratura
relativa ai criteri di esercizio o di non esercizio
dell'azione disciplinare (in pratica l'archiviazione). Il caso
riguardava un certo comportamento del presidente Carnevale, il
quale aveva un incarico extragiudiziario di un certo rilievo
per il quale percepiva circa 50 milioni l'anno di retribuzione
e per il quale non aveva avuto alcuna autorizzazione da parte
del Consiglio superiore della magistratura. Il fatto aveva
suscitato un certo scalpore. Il procuratore generale comunicò
al Consiglio le ragioni
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per le quali, pur acconsentendo su questo accertamento di
partenza, pur riconoscendo che effettivamente le cose erano
come lo ho descritte (un incarico extragiudiziario senza
autorizzazione), egli tuttavia non si sentiva di esercitare
l'azione disciplinare.
   E' un caso rilevante perché fissa un precedente: il
procuratore generale, che non sarebbe minimamente tenuto a
ciò, nel plenum del Consiglio comunica pubblicamente i
motivi per cui non ha esercitato in quel caso l'azione
disciplinare. Naturalmente questo rientra nella piena
autonomia dell'organo di autogoverno della magistratura ma
richiamo questo precedente perché consente che si faccia
pubblicamente, nella sede istituzionale del Consiglio
superiore della magistratura, il punto sui criteri di
esercizio dell'azione disciplinare, che può arrivare fino alla
sospensione delle funzioni e dallo stipendio, attraverso una
comunicazione unilaterale, i cui contenuti naturalmente non
possono essere sindacati dal Consiglio, meno che mai con un
voto. In sostanza, il procuratore generale dovrebbe dire
pubblicamente quali iniziative intenda assumere e come valuti
la drammaticità del problema che ha di fronte. In questo modo
si avrà contemporaneamente una presa di posizione pubblica del
ministro di grazia e giustizia davanti al Parlamento, di
fronte al quale è responsabile, ma anche una presa di
posizione pubblica del procuratore generale davanti al
Consiglio superiore della magistratura.
   Da quanto si è detto emerge un'altra questione specifica
che il Parlamento dovrebbe raccogliere, anzi sarebbe utile che
la Commissione parlamentare antimafia oggi esprimesse un
orientamento di massima in questo senso: la Commissione
riforma del Consiglio superiore ha elaborato un parere e
formulato una proposta in ordine al superamento del criterio
della reciprocità della competenza quando si tratti di
procedimenti penali che coinvolgono magistrati. Poiché la
proposta proveniente dal Consiglio superiore della
magistratura è compiuta, elaborata, oggi un orientamento della
Commissione antimafia che la ritenesse utile (essendo molto
circoscritta, si può attuare con un articolo unico che può
essere approvato in tempi rapidi) gioverebbe in misura
notevole alla credibilità ed al prestigio della magistratura.
   Relativamente alla questione dell'ispettorato, in teoria
il Consiglio superiore nelle proprie attività di accertamento,
quindi in particolare la I Commissione, può servirsi
dell'ispettorato del Ministero. In pratica qualche problema si
pone poiché tale ispettorato è inquadrato nell'ambito del
Ministero, perciò di volta in volta si troverebbe a svolgere
due attività diverse, una per il Ministero in vista della
formulazione di contestazioni nell'ambito disciplinare o in
vista della formulazione di una richiesta di trasferimento
ex articolo 2 che viene inviata al Consiglio, l'altra
come struttura servente del Consiglio stesso (ovviamente si
pongono al riguardo numerosi problemi: da chi dipende, a chi
risponde).
   Credo quindi si possa impostare una questione non nuova,
della quale abbiamo discusso per anni, che è quella delle
strutture serventi collocate all'interno del Consiglio
superiore della magistratura che svolgano un'attività di
accertamento e di ispezione alle sue dipendenze. Naturalmente
per far ciò occorre cambiare la legge, però indicare anche
questo obiettivo mi sembra oltremodo utile, soprattutto nel
momento in cui l'opinione pubblica chiede il vigile esercizio
di funzioni di controllo da parte dell'organo di autogoverno
della magistratura.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Il mio intervento sarà
estremamente breve in quanto molti degli argomenti che
intendevo trattare sono stati affrontati con puntualità da chi
mi ha preceduto. Desidero innanzitutto (e lo faccio in maniera
consapevole) dare atto anch'io del particolare impegno che
questo Consiglio superiore della magistratura ha profuso e
continua a profondere; direi quasi che si è finalmente
capovolta la famosa tendenza, sorta con la legge Vassalli, in
base alla quale ogni Consiglio superiore era
                        Pagina  3063
peggiore del precedente. Questa volta siamo in una situazione
del tutto diversa e non lo dico soltanto...
  PRESIDENTE. Con rispetto per gli ex componenti dei
precedenti Consigli presenti.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Non ci si riferisce mai alle
persone, ci mancherebbe altro; peraltro i presenti sono
notoriamente persone che mi sono state particolarmente vicine,
per cui se dovessi esprimere un giudizio personale, dovrei
dire tutt'altre cose. Devo però esprimere (guai se così non
fosse) un giudizio non personale e quindi devo riconoscere che
questo impegno è sotto gli occhi di tutti e non è potuto
sfuggire neanche ai miei. Tale giudizio trova del resto
conferma con l'accenno fatto da Palombarini in ordine alla
produttività, anche in termini quantitativi, di delicatissimi
settori quale quello disciplinare e quello dei trasferimenti
ex articolo 2.
   A tutto questo si connette la fortissima preoccupazione,
che vedo giustamente essere avvertita anche dal Consiglio
superiore della magistratura, diffusa nel paese. Una grande
preoccupazione che trova, forse paradossalmente per certi
versi, una forte accentuazione proprio dalla riconosciuta
eccezionalità del ruolo che la magistratura sta in questo
momento svolgendo nel paese, nella cosiddetta opera di pulizia
del paese. Quindi quanto più registriamo una sovraesposizione
del ruolo della magistratura, sul quale potremo in altra
occasione, se ne avremo voglia (per ragioni di brevità qui vi
accenno soltanto), confrontarci, tanto più vi è la forte
esigenza di trasparenza da parte di questo delicato potere
dello Stato.
   Devo dire, e non per spirito di polemica, ma a seguito di
un'analisi più approfondita, che ciò che accade, ciò che
comincia a venir fuori e che si teme non sia tutto (alludo
alle vicende Curtò ed a quelle del palazzo di giustizia di
Palermo) non è casuale. Vi è stata una modalità di gestione da
parte dei precedenti Consigli superiori della magistratura che
qualcuno ha pubblicamente sottolineato in termini di
lottizzazione correntizia (cose sempre sapute), in termini del
famoso e vecchio, anche se oggi penso superato, collateralismo
con il potere politico, di un qualche uso strumentalmente
politico di poteri che con la politica nulla dovrebbero avere
a che vedere. Vorrei citare (non sfuggirà quanto odioso mi sia
fare tale citazione) l'ex consigliere Geraci il quale, per
giustificare ancora una volta la famosissima scelta a favore
di Meli per ricoprire l'alto incarico a Palermo, disse che se
si fosse superato il concetto di anzianità si sarebbe perduto
un sacco di voti, in quanto i magistrati vogliono essere
rassicurati dal fatto che sia l'anzianità e non il merito...
  PRESIDENTE. Rassicurati più dalla biologia che non dal
Consiglio superiore della magistratura.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Esatto. Anche qui il discorso
sarebbe lungo, ma ho voluto fare questo solo accenno per dire
come di tutto questo (penso di sfondare una porta aperta) si
sia fatto carico - e dovrà continuare a darsi carico - questo
Consiglio superiore. Certo, vi è una questione di interventi
normativi (e qui sono stati accennati i più significativi); in
questo momento, per esempio, la Commissione giustizia della
Camera sta lavorando sulla legge concernente la responsabilità
disciplinare dei magistrati. Qualcosa è quindi già in atto,
anche se la questione è vecchia; oggi, per fortuna, abbiamo
approvato l'articolo 29 del provvedimento e lentamente ci
stiamo avviando alla conclusione dell'iter.
   Ritengo inoltre che un intervento normativo molto
importante debba essere fatto in tema di impugnativa dei
provvedimenti; penserei al ricorso in Cassazione per ragioni
di legittimità, senza bypassare il ricorso al TAR. Nella mia
vicenda personale rinunziai al ricorso al TAR, non feci la
domanda prima per bloccare il procedimento, in quanto lo volli
vivere fino in fondo; non feci quindi ricorso al
                        Pagina  3064
TAR perché mi piacque che tutto rimane agli atti ed oggi
comincio ad avere qualche ragione. Comunque avevo detto che
gli accenni personali non vanno fatti.
   Mi rendo certo conto del problema del segreto istruttorio,
ma ve ne è un altro più complicato da superare: il non poter
entrare nel merito del provvedimento. Sarà questo il problema
veramente difficile da superare, ed è anche giusto. Quello che
di fatto è un limite oggettivo tale deve rimanere (guai se non
rimanesse) altrimenti vi sarebbero conseguenze disastrose.
Tuttavia, al di là degli interventi normativi, che
richiederanno del tempo oltre ad una precisa volontà politica,
vi è il problema dell'eccezionalità del momento, che riguarda
anche il Consiglio superiore della magistratura. Credo che
dobbiate compiere uno sforzo eccezionale di vigilanza perché
eccezionale è il momento: questo, del resto, risponde ad
un'attesa molto forte dell'opinione pubblica. In un momento in
cui (vi potete immaginare con quanta soddisfazione anche
personale dico questo) il ruolo della magistratura sta
emergendo con tutta la dignità che per molto tempo era stata,
ahimè, macchiata, il Consiglio superiore della magistratura
deve prendere atto (come ha fatto e come sta facendo) delle
numerose pecche, per usare un termine forse eccessivamente
generoso, che stanno emergendo. Non penso tanto ad una sorta
di monitoraggio della situazione, però osservando il gruppo
antimafia diretto da Palombarini (che ha una struttura non
istituzionale nel vero senso della parola), sono convinto
dell'opportunità di una forte azione di sollecitazione ai capi
degli uffici ed ai consigli giudiziari. Dovreste dire: che
succede? attivatevi, il momento è particolare, stanno
emergendo cose che ci allarmano; voi avete un dovere di
vigilanza ed in questo senso vi attiviamo. Questo dovrebbe
essere fatto mediante circolare o visitando gli uffici più
esposti, ma non sta certo a me indicare i modi. Io posso
limitarmi a dare un suggerimento, ma le modalità dovrete
studiarle voi. Intendo un'attività di tipo propulsivo dei
poteri, anzi dei doveri che (ahimé per molto tempo, senza che
vi siano state colpe particolari, talvolta per semplice
inerzia, talvolta per spirito corporativistico, ma lasciamo
perdere) in passato sono risultati piuttosto obsoleti.
  ALFREDO GALASSO. C'è il rischio che prima o poi ci pensi
qualche altro organo.
  PRESIDENTE. Non superiore!
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Non superiore, tutt'altro che
superiore. Secondo me un'azione di questo tipo va svolta come
prima risposta alla particolarità del momento, anche perché
avrebbe sicuramente l'effetto, che più ci interessa, di una
maggiore attivazione dei poteri di vigilanza che a livello
locale hanno molte possibilità di successo per intuibili
ragioni. Però si deve far capire alla gente che qualche anno
fa al Consiglio superiore della magistratura si chiamava ogni
momento Falcone perché desse conto del suo operato. Qualche
anno fa il Consiglio superiore sfiorò il procedimento
disciplinare per Borsellino. Altri non furono mai chiamati.
Questo non è più tollerabile, va denunciato, va sottolineato e
noi abbiamo il dovere di chiedervi non di non ripetere errori
di questo genere - perché, chiaramente, è escluso che possiate
ripeterli - ma di ricordare, perché la memoria storica credo
sia, oggi più che mai, in questo paese, un bene prezioso da
non perdere e ciò non può che riguardare il Consiglio
superiore della magistratura. Dobbiamo chiedervi, soprattutto,
di dare la necessaria risposta alla gente in termini che,
tutto sommato, alla fine gioveranno alle istituzioni e alla
magistratura in particolare.
  PRESIDENTE. Sono state poste molte questioni, alcune
generali, altre particolari. Do la parola ai nostri ospiti,
che risponderanno nell'ordine che riterranno più opportuno.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore
                        Pagina  3065
 della magistratura. Nel rispondere prenderò innanzitutto
come base ciò che è stato detto, da ultimo, dall'onorevole
Ayala. A lui e agli altri commissari non sarà sfuggito che,
proprio nell'intento di stabilire un rapporto con i
protagonisti principali sul terreno dell'azione inquirente,
nelle giornate di ieri e dell'altro ieri abbiamo convocato il
dottor Cordova in relazione a tutto ciò che riguarda l'area
campana, investita fortemente ed estesamente dal processo di
inquinamento (è un'area di grande pervasività del fenomeno
dell'inquinamento, dove il numero dei magistrati oggetto di
queste inchieste è rilevante). Abbiamo inoltre convocato il
dottor Tinebra per tutta l'area palermitana, in relazione ai
fatti più clamorosi, che sono oggetto di notizie di stampa.
Abbiamo infine convocato i sostituti della procura della
Repubblica di Salerno in relazione all'area napoletana, che si
collega alle rivelazioni del pentito Galasso ed a quello che
vi è connesso.
   Certamente abbiamo avuto alcuni problemi in questi
incontri, comunque riteniamo che un simile passo abbia un
valore qualitativamente nuovo. Ci sono stati offerti molti
elementi, dai quali trarremo conclusioni che certamente
imporranno, in alcuni casi, ulteriori accertamenti. In altri
casi tali conclusioni, coincidendo anche con l'iniziativa del
ministro, nonché con alcune iniziative in cui noi abbiamo
anticipato la stessa azione del ministro (vedasi Termini
Imerese), potranno portarci ad assumere decisioni, anche in
tempi piuttosto brevi.
   Per rispondere alle questioni sollevate dal senatore
Frasca - che ne ha poste molte - voglio dire che l'area della
Calabria é senza dubbio, dopo quella campana e quella
siciliana, l'area più scottante. Ciò riguarda pressoché tutti
i distretti. Ci sono situazioni assai gravi che vanno da Paola
a Reggio Calabria, a Vibo Valentia, a Lamezia Terme. Il
processo è profondo e noi abbiamo dato alcune risposte (che
non sono certo sufficienti, ma sono pur sempre risposte), in
questi ultimi tempi, in direzione, per esempio, dei vertici
degli uffici giudiziari di Paola; abbiamo affrontato i
problemi di Vibo Valentia, in parte di Lamezia Terme, nonché
quelli di Reggio Calabria, che non sono di minore peso.
   Gli strumenti utilizzati debbono coincidere anche con
l'azione del gruppo antimafia che, in base alle notizie di cui
dispongo, si sta muovendo e ha in programma di agire, in
questi giorni. Certamente il compito non è agevole, ma abbiamo
compiuto alcuni passi avanti. Bisogna dire, però, che non vi è
stata altrettanta tempestività sul piano dell'azione
disciplinare. I due momenti, che peraltro spesso corrono
paralleli, a volte non si completano: ai trasferimenti, per
esempio, non seguono le azioni disciplinari che potrebbero
ovviare ai problemi collegati ad alcuni trasferimenti, che
addirittura vengono scambiati per promozioni o che, comunque,
non sono risolutivi. Mi rendo conto, infatti, che quando
interveniamo con un trasferimento, come misura di pronto
intervento, rimane il problema che il magistrato oggetto del
provvedimento dovrebbe essere raggiunto da sanzioni di natura
disciplinare e, in molti casi, di natura penale.
   Il senatore Frasca ha fatto riferimento ad una serie di
questioni che, voglio rassicurarlo, sono a noi ben presenti:
il magistrato Belvedere, al quale si è richiamato più volte,
oltre ad essere stato trasferito è stato anche colpito da una
pesante sanzione disciplinare e attualmente dovrebbe essere
alla corte d'appello di Milano, come ultima soluzione del
trasferimento che ha seguito la censura.
  SALVATORE FRASCA. Non è a Paola?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Sarà
a Paola, ma a noi risulta che dovrebbe essere a Milano.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. E' a Paola come cittadino.
                        Pagina  3066
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione referente
del Consiglio superiore della magistratura. Vi è poi la
concorrente azione del Ministero, che non sempre segue, perché
non vi è una sintonia, una capacità di compenetrazione, tra i
vari momenti della scacchiera che, sul piano delle
responsabilità del Consiglio superiore della magistratura,
della I commissione, della sezione disciplinare e del
Ministero, spesso non si conciliano. Comunque, per quanto ci
riguarda, in direzione di Paola abbiamo fatto il nostro dovere
fino in fondo e continuiamo a farlo. Ci sono altre situazioni,
come quella di Reggio Calabria, che io ritengo abbastanza
serie, non meno delle altre che sono state indicate, sulle
quali mi auguro che, nelle prossime settimane, si possa
arrivare ad una manifestazione di volontà comune del Consiglio
superiore della magistratura - e comunque della I commissione
- nell'intervenire.
   Voglio dire ancora al senatore Frasca che le questioni
relative al clan Alfieri, in rapporto alle rivelazioni del
pentito Galasso, vedono ben quasi dieci magistrati sottoposti
all'azione della I commissione del Consiglio superiore. Ciò è
stato oggetto, come ho detto, dell'incontro con i sostituti di
Salerno...
  PRESIDENTE. Scusi, presidente Coccia, può informare la
Commissione sul numero complessivo di magistrati coinvolti in
vicende di camorra, mafia, 'ndrangheta, eccetera?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Con
una certa approssimazione, direi che abbiamo circa una
trentina di posizioni (non sono quindi ventuno). Rilevante è,
per esempio, il numero delle collusioni con la camorra, più
numerose di quelle con la mafia. Per lo meno, questi sono gli
elementi che abbiamo.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Questo sulla base degli
accertamenti finora compiuti.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. In
ordine, poi, alla questione sollevata in relazione alla
massoneria, giova ricordare che il Consiglio superiore ha
posto il problema con una sua deliberazione ed ha segnato,
credo, uno dei punti più importanti al suo attivo. Abbiamo
rimesso ai titolari dell'azione disciplinare l'elenco dei
magistrati che risultano appartenenti a logge - si badi -
deviate. Ci risulta, tuttavia, che in questa direzione non è
stato compiuto alcun atto concreto. Debbo dire che su questo
terreno vi è stata anche una polemica.
  PRESIDENTE. Mi scusi, ho perso il soggetto...
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. In
merito al tema dell'appartenenza alla massoneria, ho ricordato
la deliberazione assunta dal Consiglio superiore della
magistratura, nonché l'avvenuta trasmissione degli elenchi
(per lo meno di ciò che a noi è pervenuto, anche sulla base
dell'opera svolta dall'allora procuratore della Repubblica di
Palmi) ai titolari dell'azione disciplinare. Abbiamo fondato
motivo di ritenere che su questo terreno nulla sia stato
fatto, né da parte del ministro, né da parte del procuratore
generale.
  PRESIDENTE. Quando sono stati inviati questi dati?
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Ormai
si tratta di un paio di mesi, anche di più.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Prima delle ferie estive.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura.
Dobbiamo però anche rilevare che abbiamo mantenuto
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aperte una serie di posizioni, in sostanza una maxipratica,
sui fenomeni di massoneria, su cui continuiamo a raccogliere
elementi. Questo è un terreno certamente accidentato,
complesso e non facile, sul quale intendiamo andare avanti per
raggiungere risultati.
   Un elemento che concorre positivamente in questi ultimi
tempi a dare un contributo alla nostra azione è quello della
direzione nazionale antimafia, che in innumerevoli circostanze
e casi ha fornito un contributo reale, anche se ha aperto
problemi con i magistrati sul terreno locale.
   Per rispondere alle richieste che avanzava il senatore
Frasca su Bari e sul dottor De Marinis, situazione molto seria
e sulla quale la I commissione è chiamata certo a dare
risposte, rilevo che abbiamo esaurito i nostri lavori e
abbiamo fatto il deposito degli atti. Riteniamo di poter
pervenire nelle prossime settimane a delle decisioni.
  PRESIDENTE. Quindi è terminata la fase istruttoria e
dovete deliberare.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura.
Deposito degli atti, quindi memoria del difensore, proposta
della commissione ed infine dibattito nel plenum. Credo
pertanto che saremo in grado di pervenire rapidamente ad una
soluzione che mi auguro positiva.
  SALVATORE FRASCA. Sono andati più avanti di noi che su
questo tema non abbiamo avuto coraggio.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Non è coraggio: abbiamo fatto
il nostro dovere.
  FRANCO COCCIA, Presidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura. Le
considerazioni svolte dal senatore Brutti sull'appesantimento
del nostro lavoro determinato da una certa
giurisdizionalizzazione del nostro procedimento sono reali: il
sistema di maggiori garanzie attinte dall'articolo 2 che si è
voluto creare per il magistrato comporta tempi inevitabilmente
più lunghi.
   Qui c'è un problema di rafforzamento delle nostre
strutture, tenuto conto che avevamo ben sedici magistrati
segretari e ora siamo ridotti ad uno e mezzo. Il quadro del
depotenziamento e del depauperamento del Consiglio superiore
della magistratura è dato dal fatto che oggi gran parte dei
suoi membri lavora artigianalmente, sobbarcandosi al lavoro
che prima compivano i magistrati segretari, il che non è cosa
da poco.
  PRESIDENTE. Non potete sostituire questi magistrati con
altri funzionari?
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Poi parlerò io della
situazione di stretta nella quale ci troviamo.
  FRANCO COCCIA, Vicepresidente della I commissione
referente del Consiglio superiore della magistratura.
Quanto al tema sollevato dai commissari Galasso e Brutti
sull'uso della richiesta della misura cautelare da parte del
procuratore generale della Cassazione, rilevo che questo è
certo un problema aperto.
   Personalmente ritengo validi alcuni suggerimenti che sono
stati forniti e osservo che vi è una certa avarizia nell'uso
della misura cautelare, mentre sarebbe auspicabile che se ne
facesse un uso più largo rispetto ad una serie di situazioni
nelle quali questo strumento avrebbe indubbiamente un
carattere decisivo. Valuteremo in che misura si possa avviare
al riguardo un discorso con la procura generale; certo, questo
è un problema aperto davanti a noi e su cui dobbiamo
escogitare soluzioni efficaci.
   Sul problema del segreto istruttorio l'onorevole Galasso
vorrebbe che spiegassimo perché si è arrivati all'attuale
impasse. Egli saprà perfettamente che da una delibera
denominata Zagrebelski sulla non opponibilità del segreto
istruttorio
                        Pagina  3068
 al Consiglio proprio in occasione dell'inchiesta sulla
massoneria si passò ad un parere del nostro ufficio studi
(reso peraltro su sollecitazione del dottor Cordova in
relazione a contrasti con l'ispettorato) che convalidò la
posizione di non opponibilità del segreto istruttorio al
Consiglio superiore della magistratura.
   In relazione all'entrata in vigore del nuovo codice di
procedura penale, in questi ultimi tempi abbiamo viceversa
constatato, anche in relazione a questioni serie che investono
magistrati inquirenti di alto livello, una resistenza su
questo terreno ed un rifiuto. E' un dato, questo, di cui non
possiamo che prendere atto, anche se è vero che questa sera
stessa, se il tempo ce lo consentirà, a commissioni riunite
riforma e I commissione dovremmo dare una risposta su questo
tema, per raggiungere una soluzione sulla base della quale
riprendere il rapporto con le autorità inquirenti.
   E' certo che se si delineasse una situazione di rifiuto,
si verificherebbe il fatto paradossale che potremmo procedere
nei confronti di un giudice che compie atti riprovevoli ma che
tuttavia non è raggiunto dall'azione penale e dovremmo
arrestarci di fronte a coloro che sono viceversa elevati a
sospetto della consumazione di gravissimi reati. Questo è
certo un punto nodale sul quale dobbiamo arrivare per nostro
conto ad un risultato; ed io ho sottoposto alla vostra
considerazione anche eventuali interventi legislativi al
riguardo, posto che già il ministro ne ha messo in essere uno
nei confronti dell'ispettorato del Ministero stesso. Questo è
il quadro in cui ci troviamo ad operare.
   Ai problemi più generali sollevati dagli onorevoli
Galasso, Brutti, Ayala, nonché dallo stesso presidente
Violante in apertura di questo nostro incontro che per noi è
sommamente utile ed è il primo nella vita di questo Consiglio,
vorrei rispondere che siamo ben consapevoli di essere in
questo momento al centro dell'attenzione della pubblica
opinione e dello stesso Parlamento e di essere chiamati ad
assumere un ruolo di eccezionale importanza nel processo di
bonifica e di risanamento della magistratura, di una
magistratura che ha aperto un processo storico nella società e
che oggi lo volge nel suo seno rispetto alle infezioni che pur
vi sono e che sono anche estese.
   Vorrei sottolineare che tale processo ha formato oggetto
di un dibattito generale del Consiglio superiore della
magistratura, che è pervenuto anche ad una deliberazione sui
compiti fondamentali che il Consiglio stesso deve svolgere in
questo momento. Tuttavia, pur essendo consapevoli della
pochezza delle nostre forze attualmente, per le ragioni che vi
ho spiegato, consideriamo questo un nostro obiettivo primario.
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Mi soffermo solo su un particolare per
venire incontro alla meraviglia manifestata dal senatore
Frasca e da qualche altro parlamentare sul fatto che i
magistrati trasferiti con nostra delibera in realtà esercitino
ancora funzioni nel luogo di origine. La ragione è - ed il
problema andrà affrontato - che tutti i nostri provvedimenti,
come credo sia noto, devono assumere la forma del decreto
ministeriale e devono poi essere pubblicati sul bollettino per
poter avere esecuzione.
  PRESIDENTE. Quale è la direzione generale incaricata di
questi problemi?
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Credo che lo faccia la direzione affari
generali e del personale.
  PRESIDENTE. Quella che si occupa dell'organizzazione
giudiziaria?
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Credo che dipenda dal dottor Testi e
dall'ufficio che si occupa di tutto il personale di
magistratura.
   A prescindere dal problema di fondo di quanto sia giusto
che le delibere del Consiglio superiore devono assumere la
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forma del decreto ministeriale, esiste poi il problema di non
lasciare alla totale discrezionalità dell'autorità
amministrativa il tempo in cui si versa il nostro
provvedimento in un decreto e soprattutto lo si pubblica.
  PRESIDENTE. Questo tempo è molto lungo?
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Può essere lunghissimo, cioè misurato
in parecchi mesi, tenendo conto tra l'altro che la legge
prevede che il ministro abbia il potere di disporre
ufficialmente con un provvedimento la posticipazione o
l'anticipazione del possesso. Il che talvolta rende conto di
giuste esigenze amministrative, per cui può essere necessario
posticipare un provvedimento anche di sei mesi o di un anno,
ma questo arco di tempo può arrivare a due o tre anni; in
effetti, il decreto può non essere pubblicato per i primi otto
mesi semplicemente per difficoltà, dimenticanze o non so
cos'altro e per i successivi perché è intervenuto il
provvedimento di posticipazione.
  PRESIDENTE. E' lo stesso inconveniente che lamentava il
senatore Frasca.
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Direi che più che un inconveniente è
una limitazione gravissima, perché poi si chiede conto a noi
di situazioni che non abbiamo minimamente contribuito a
determinare.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Credo
che il collega Coccia abbia già delineato il quadro generale
delle problematiche emerse nel dibattito appena conclusosi e
che Galloni lo completerà. Per parte mia, desidero solo
svolgere alcune considerazioni su punti che mi paiono di
particolare delicatezza.
   Non so perché il dottor Belvedere non sia a Milano, ma non
mi meraviglierei che ciò dipendesse dal fatto che egli ha
presentato ricorso al TAR. Un ricorso di questo genere non ha
di per sé natura sospensiva; il fatto è che la sospensione
viene normalmente stabilita, di qualunque provvedimento si
tratti. Ciò comporta che una serie di nostri provvedimenti ha
praticamente un'efficacia limitata. Abbiamo avuto il caso di
un procuratore della Repubblica che abbiamo trasferito in due
momenti: la sezione disciplinare gli ha irrogato una sanzione
accompagnata dalla sanzione accessoria del trasferimento
d'ufficio; il Consiglio superiore della magistratura, su
proposta della I commissione in procedura di articolo 2, lo ha
trasferito d'ufficio. Egli ha ottenuto prima una sospensione
da un TAR sulla procedura ex articolo 2 e, dopo che noi
avevamo nominato il nuovo procuratore della Repubblica, ha
ottenuto la sospensione del provvedimento con il quale il
Consiglio superiore della magistratura aveva pubblicato quel
posto a seguito del trasferimento disciplinare. Solo grazie
all'intervento attivo del vicepresidente Galloni e del
ministro Conso - è giusto darne loro atto - quella procedura
si è sbloccata e si è arrivati a portare in quell'ufficio, che
si era ormai ridotto ad un ammasso di macerie, il nuovo
procuratore della Repubblica che si è messo a lavorare per
ricostruirlo.
  PRESIDENTE. Si tratta di Arnone?
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. No,
no, si tratta di "cose nordiche".
   Il secondo punto del quale vorrei occuparmi riguarda il
fatto che il Consiglio superiore della magistratura ha
presentato al Parlamento, ovviamente trasferendola al
ministro, una proposta in merito alla competenza in materia
penale - per adesso limitata solo a questa - per i
procedimenti riguardanti i magistrati. Si tratta di una cosa
importante per
                        Pagina  3070
quanto concerne la trasparenza, la correttezza e la garanzia
relativamente ad effettive possibilità di controllo. Non vi
sono soltanto Reggio Calabria e Messina (ed è comunque un caso
importante), vi sono anche Napoli e Salerno, Bologna e
Firenze, tutte situazioni nelle quali si verifica, per così
dire, uno scambio di competenze.
  GIROLAMO TRIPODI. E di favori.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. A
volte non c'è solo il sospetto, non si tratta solo di
apparenza, ma vi sono elementi che inducono a pensare che, al
di là dell'apparenza, vi siano fatti materiali che
pregiudicano la credibilità dei magistrati in quelle zone. Mi
è capitato molto di recente di vedere sul mio tavolo un
progetto di legge sull'argomento, non ricordo più se
d'iniziativa governativa o parlamentare e, a maggior ragione,
giudico importantissimo arrivare ad una decisione di questo
genere.
   Inoltre, non so se verrà posta in essere la riforma dei
dirigenti, con riduzione e puntualizzazione dei loro poteri
all'aspetto organizzativo, con definizione dei loro compiti e
responsabilità disciplinari in caso di violazione di quei
compiti, con potenziamento del ruolo dei consigli giudiziari;
tutte mosse che sarebbero essenziali per realizzare un
efficace sistema di controllo. Però intanto verrà assunta
un'iniziativa da parte del Consiglio superiore della
magistratura prima che si concluda la sua esperienza: oltre
alla relazione sull'ordinamento giudiziario, che vi è già
pervenuta, arriverà al Parlamento anche una proposta davvero
minimale, che non è molto importante e che forse sarebbe
meglio non presentare, ma qualcuno di noi - mi riferisco al
consigliere Fassone - in commissione riforma sta studiando una
specie di articolo 2-bis, cioè una procedura di
rimozione del dirigente dal suo incarico puramente e
semplicemente per la sua inadeguatezza ad affrontare i compiti
propri del dirigente. Sarei molto contento se non si dovesse
arrivare a questo e si seguisse la strada maestra della
riforma che prima ho indicato. Speriamo di non essere
costretti a farlo ma, se nessuna riforma dovesse intervenire,
che almeno si proceda secondo quest'ipotesi minimale, perché
vi sono dirigenti che non sono conniventi, non sono legati a
nessuno, non hanno aggiustato nessun processo, ma
semplicemente non sono all'altezza. Oppure sono in un certo
modo per formazione e per tradizione. Ricordo ancora quando,
all'inizio di questa consiliatura, andai ai funerali del
giudice Livatino ad Agrigento. Durante una difficile assemblea
di magistrati tenutasi dentro una pretura, fui avvicinato da
alcuni magistrati, che non conoscevo neppure, i quali
sostanzialmente mi dissero che in quella zona il dirigente era
una persona che poteva permettersi il lusso di camminare
tranquillamente lungo il corso tutte le sere, tanto
sicuramente a lui non sarebbe capitato mai niente, perché era
amico di tutti. Ciò significa che, come Consiglio superiore
della magistratura, dobbiamo poter intervenire su determinate
situazioni; intervenire in base all'articolo 2-bis-
come l'ho denominato - significherebbe porre in essere davvero
un intervento di risulta, qualcosa di strano, mentre invece un
intervento diretto sulla figura del dirigente, sui suoi
compiti - in relazione alla sua temporaneità reale, effettiva
- significherebbe imboccare la strada maestra.
   Il senatore Brutti ha posto il problema dei criteri
dell'azione disciplinare: anche a questo proposito mi sentirei
in grado di dare un segnale in qualche misura positivo, anche
se ovviamente sono altri i soggetti ai quali il Parlamento
deve rivolgersi per avere risposte su tale questione. Però, se
non leggo male il complesso della situazione, direi che,
mentre fino a tutti gli anni ottanta sostanzialmente il
parametro dell'azione disciplinare era la lesa maestà,
intendendo con tale espressione il magistrato che dava
fastidio ai propri superiori o che parlava male
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 di altre istituzioni in pubblici dibattiti, nel corso di
questi anni novanta, pur con una serie di limiti, credo che il
taglio sia cambiato. In sostanza, se abbiamo una serie di
sanzioni disciplinari irrogate da questa sezione disciplinare,
ciò evidentemente dipende dal fatto che di recente un qualche
cambiamento è intervenuto presso i titolari dell'azione
disciplinare anche in relazione ai presupposti di
un'iniziativa di questo genere.
   Da ultimo, prima di lasciare la parola al vicepresidente
Galloni, vorrei occuparmi dell'aggiustamento dei processi, una
delle accuse più amare e drammatiche che un giudice può
sentirsi rivolgere. In proposito posso dire che recentemente
(è un piccolo intervento, se si vuole è un intervento tampone,
però intanto costituisce un'indicazione di criterio al quale
tutti si debbono attenere, sia pure marginalmente e per di più
questa volta è un intervento preventivo, non repressivo) il
Consiglio superiore della magistratura ha emanato una nuova
circolare riguardante i criteri di assegnazione dei processi e
di formazione delle tabelle; tale circolare contiene un
apposito capitolo che concerne la Corte di cassazione: per la
prima volta da quando esiste il Consiglio superiore della
magistratura stabilisce criteri di rispetto delle tabelle,
criteri predeterminati e controllabili per l'assegnazione dei
processi, anche per le varie sezioni della Corte di
cassazione. Si tratta di un risultato - va detto - raggiunto
molto faticosamente alla fine di una procedura che potremmo
definire Carnevale, ma che ha riguardato molte altre cose,
visto che non si poneva solo la questione di Carnevale ma
anche quella di qualcuno della stessa procura generale della
Cassazione che ci ha rimesso la pelle, Dio solo sa perché.
Siamo finalmente arrivati a definire simili criteri anche per
la Corte di cassazione e credo che questa rigidità che è stata
introdotta ad ogni livello renda più difficile, se così si può
dire, l'aggiustamento dei processi. Ovviamente rimane un campo
aperto che va al di là delle competenze e delle
predeterminazioni non solo del Consiglio superiore della
magistratura ma anche della legge, in quanto qui si ricade in
altro tipo di patologia.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Il mio compito è molto
semplificato dalle risposte che hanno fornito i presidenti
Coccia e Palombarini e dalle integrazioni del collega Millo.
   Debbo innanzitutto ringraziare il presidente Violante e
tutti i membri della Commissione per quest'incontro che,
nonostante alcune espressioni, come spesso succede nei
dibattiti, un po' pungenti nelle richieste, mi ha dato un
grande conforto non solo per le espressioni che alcuni membri
di questa Commissione, in particolare l'onorevole Ayala, hanno
usato mettendo in rilievo quella che essi hanno definito (e
che qualche giornale in questi giorni ha ribadito) come svolta
del Consiglio superiore della magistratura; svolta che - lo
vorrei sottolineare - non è dell'ultimo anno ma risale
all'inizio della nostra gestione, anche se è chiaro che i
primi momenti di gestione sono quelli in cui ci si muove con
maggiore difficoltà e poi il movimento si accelera nel corso
dell'operazione. Vi ringrazio, quindi per questi
riconoscimenti. Vi ringrazio soprattutto perché, sollevando
una serie di problemi, avete posto l'accento su quelle che
anche noi riteniamo le nostre insufficienze, l'inadeguatezza
della nostra azione. Volendoci muovere in una certa direzione,
infatti, ci troviamo di fronte ad ostacoli di vario tipo,
alcuni dei quali possiamo superare con buona volontà mentre
per altri occorrerà non dico un intervento legislativo
(problema che si porrà in molti campi) ma una struttura del
Consiglio più adeguata. Il Consiglio superiore è nato come
struttura che doveva avere una funzione di mediazione tra
l'iniziativa che veniva dall'esterno e la garanzia nei
confronti dei magistrati; oggi non è più così, non può più
essere così perché anche il Consiglio superiore, se vuole
difendere non in termini corporativi, come è stato detto (non
sono un magistrato per cui, se all'interno del
                        Pagina  3072
Consiglio vi fosse stato un forte spirito corporativo, avrei
dovuto avvertirlo più degli altri, ma non lo avverto), il
proprio operato, si deve avvalere di strumenti conoscitivi che
attualmente gli mancano. Nel momento in cui dobbiamo procedere
agli incarichi e all'espletamento di compiti concorsuali per
le nomine dei direttivi e dei semidirettivi, ci troviamo ad
affrontare problemi enormi; è vero che vogliamo superare il
criterio dell'anzianità ma esso aveva almeno il vantaggio, in
mancanza di conoscenze più adeguate, di essere il più
obiettivo. Abbandonare il criterio dell'anzianità a favore
degli elementi di merito richiede conoscenze più adeguate,
perché è evidente che chiunque conosce di più il magistrato
che appartiene alla sua regione, al suo gruppo, o con il quale
ha avuto ragioni di frequentazione. Questo mi sembra un fatto
naturale che si supera attraverso strumenti conoscitivi che
portino alla valutazione del merito e dei comportamenti dei
magistrati su un piano di obiettività. Lo stesso piano di
obiettività che ha, pur con tutti i suoi difetti, il criterio
dell'anzianità, devono averlo anche i criteri di valutazione
per merito. Allora sentiamo che ci mancano strumenti di
conoscenza. Qualcuno afferma che in teoria anche noi possiamo
disporre dei servizi ispettivi del Ministero, il che significa
che di volta in volta su singoli problemi potremmo attivarci
per chiedere al ministro di consentirci certe indagini, ma si
tratta di indagini molto limitate, molto particolari, che ci
possono fornire risposte sulle quali non abbiamo possibilità
di compiere ulteriori passi in avanti.
   Si pone l'esigenza di individuare o un modus vivendi
(con l'attuale ministro credo che le strade siano aperte) per
trovare un'utilizzazione migliore del servizio ispettivo,
semmai prevedendone un ampliamento. Qualche volta il ministro
ci rimprovera di non fornire al Ministero i magistrati che ci
chiedono, ma per fortuna quella vecchia lotta sugli organici
dei magistrati comincia ad essere superata, anche perché siamo
in una situazione leggermente migliore di quella di due anni
fa in quanto stiamo coprendo gli organici; ora invece si pone
il problema dell'aumento degli organici, non più quello della
loro copertura. In questa nuova situazione occorrerà
individuare una convenzione o un accordo (indipendentemente
dalla legge, ma ovviamente eventuali strumenti legislativi
sarebbero bene accolti) per utilizzare al massimo lo strumento
dell'ispettorato. L'incontro di oggi ci dà maggiore coraggio e
forza per proseguire sulla strada dell'accentuazione delle
strutture di conoscenza, quindi della nostra iniziativa nei
confronti della periferia, trasformandoci da strumento che
riceve gli impulsi dalla periferia in uno strumento che opera
e sviluppa la propria azione direttamente in periferia.
   Per quanto riguarda le singole questioni che sono state
prospettate, mi sembra che il presidente Coccia abbia dato le
risposte adeguate, così come sul caso Carnevale non mi sembra
che ci si possa rimproverare nulla non solo perché,
introducendo il sistema delle tabelle anche in Cassazione,
abbiamo prevenuto possibili casi futuri dello stesso genere ma
anche perché, in mancanza di precedenti di sospensione dalle
funzioni e dallo stipendio di un magistrato nei confronti del
quale non fosse stata nemmeno emessa una sentenza di primo
grado ma vi fosse solo il rinvio a giudizio, si è disposta la
sospensione dalle funzioni e dallo stipendio per un magistrato
per il quale c'era solo un rinvio a giudizio e non una
sentenza di primo grado. Tale decisione è stata motivata
proprio dall'elevato grado del magistrato che, nell'esercizio
delle sue funzioni, non poteva comparire davanti ai giudici
penali di Napoli. Con questa motivazione abbiamo superato
tutte le difficoltà perché, come ho detto, non c'erano
precedenti riguardanti magistrati sospesi dalle funzioni e
dallo stipendio senza una sentenza di primo grado ma solo in
presenza di un rinvio a giudizio.
   Per il caso Vitalone al momento attuale non c'è neppure un
rinvio a giudizio; la proposta di sospensione dalle funzioni e
dallo stipendio è in corso di
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esame ed è stata rinviata per alcuni accertamenti al fine di
stabilire se vi sia fumus. Desidero precisare che dalla
stampa sono state riportate notizie inesatte perché abbiamo
assegnato Vitalone alla sede di Firenze, e non potevamo fare
diversamente perché, cessate le funzioni di parlamentare e di
ministro, non poteva non avere una collocazione. Nessuno può
affermare che lo abbiamo favorito o accontentato perché non
credo che la sede di Firenze gli sia gradita, anzi ha
annunciato, quando lo abbiamo ascoltato in sede disciplinare,
che, a suo tempo e a suo modo, quando avrà superato l'attuale
vicenda impugnerà questo provvedimento. Noi siamo convinti di
avere agito in modo equo, e il collega Millo mi è testimone.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Una giusta severità!
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Estrema prudenza!
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. In realtà gli abbiamo dato
quello che chiedeva, ma gli abbiamo assegnato una sede diversa
da quella che chiedeva ma lo abbiamo collocato nella posizione
in cui si trovava prima, evidentemente non a Roma, dove non
poteva essere destinato perché era nello stesso distretto in
cui aveva fatto la campagna elettorale, ma in un distretto
vicino.
   Credo che su altre questioni occorrano interventi
legislativi. E' stato qui citato il caso di Messina, ma non
credo che sia l'unico. Tutti i magistrati della Calabria sono
giudicati a Messina e qualche volta ci siamo trovati in
difficoltà in sede disciplinare di fronte assoluzioni per le
quali dovevamo ritagliare rispetto al giudicato per
individuare possibili elementi di giudizio.
  PRESIDENTE. Si può avere un quadro che comprenda il tipo
di decisione assunte da Messina?
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Si può fare una ricerca.
  PRESIDENTE. Se non disponete di questa documentazione,
possiamo elaborarla noi.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Non abbiamo questo tipo di
documentazione ma penso che sia possibile predisporla in sede
disciplinare.
   Come ho detto prima, siamo in una situazione di crisi. Il
presidente me ne ha chiesto il motivo. La risposta sta nel
fatto che stiamo subendo gli effetti non dell'applicazione
della legge n. 74 del 1990, che ha disciplinato in modo
diverso il Consiglio superiore della magistratura, ma degli
effetti della mancata applicazione di tale legge. Essa
toglieva al Consiglio superiore della magistratura i
magistrati che svolgevano servizi di segreteria; questi ultimi
avrebbero dovuto essere sostituiti da personale del medesimo
livello reperito attraverso un concorso basato su un nuovo
organico. Il Ministero ha elaborato un nuovo progetto di
regolamento, che noi abbiamo approvato, ma tutto si è bloccato
perché il Governo non è stato in grado di mandarlo avanti.
Perché? Nella mia lunga esperienza presso la Commissione
affari costituzionali della Camera me ne sono reso conto. Non
il ministro di grazia e giustizia, ma il Governo nel suo
complesso (in particolare il dipartimento della funzione
pubblica da una parte ed il Ministero del tesoro dall'altra),
non accetta l'idea che possa essere espletato un concorso in
cui i vincitori possano essere inseriti ad un livello
superiore rispetto alla media della burocrazia italiana. Noi
abbiamo infatti bisogno di persone che siano preparate come i
consiglieri della Camera: quello è il livello di cui abbiamo
bisogno. Ho fatto parte di una commissione d'esami per
consiglieri parlamentari e mi sono reso conto del livello di
preparazione dei candidati. Ebbene, noi abbiamo bisogno di
quel tipo di personale al quale corrispondere
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 una retribuzione adeguata: questo il Governo non ce lo ha
mai consentito. Dal 1990 si registra un costante esodo di
magistrati, per cui oggi ci dibattiamo in grandi difficoltà,
tant'è vero che riusciamo a stento a redigere i verbali delle
nostre sedute: questa è la situazione drammatica nella quale
ci troviamo.
   Mi è stato detto che la Camera dovrebbe specificare, in
occasione dell'esame della legge sulle incompatibilità, quali
dovranno essere i magistrati che potranno essere distaccati
presso il Ministero, la Corte costituzionale e, in aggiunta,
anche presso il Consiglio superiore della magistratura. Non
siamo certo in contrasto con la legge n. 74 del 1990, bensì
con la non applicazione di essa che ci mette nelle condizioni
di chiedere disperatamente che qualche magistrato torni al
Consiglio superiore della magistratura, anche per aiutarci a
soddisfare le vostre richieste. Ci auguriamo che i contatti
oggi avviati continuino, anche in modo meno formale, in modo
che possiate suggerirci le cose sulle quali possiamo operare.
Nei limiti del possibile, faremo tutto quanto possiamo per
venire incontro ad esigenze che credo siano non solo vostre,
ma comuni di far funzionare meglio la magistratura
nell'interesse del paese.
  SALVATORE FRASCA. Presidente Galloni, non è stata data
risposta al problema che ho sollevato, riguardante alcuni
magistrati che operano nel distretto calabrese e che sono tra
loro congiunti. Si tratta di una palese violazione della
norma. Non è possibile che a Reggio Calabria vi siano cinque
giudici parenti tra loro, che a Lametia vi sia quella
situazione e che a Catanzaro vi sia quell'altra situazione.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Abbiamo un problema di
carenza legislativa, ma il discorso potrebbe essere fatto
anche in via interpretativa dalla Cassazione, per quanto
riguarda i coniugi. Poiché solo di recente le donne sono
entrate in magistratura, il caso di marito e moglie non è
previsto, mentre è previsto quello di parenti o affini fino al
terzo grado.
  PRESIDENTE. Vi è l'unità della famiglia come valore
costituzionale (Si ride).
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Per parenti o affini la norma
esiste, si tratta solo di farla applicare.
  SALVATORE FRASCA. Presidente, non è stata data risposta
alla mia domanda riguardante i familiari.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Molte di queste cose noi non
le sappiamo.
  MAURIZIO MILLO, Componente del Consiglio superiore
della magistratura. Ma nello stesso ufficio? Perché quando
ci risultano cose del genere applichiamo puntualmente la
norma, spesso però non ci risulta nulla.
  PRESIDENTE. In qualche ufficio si verifica una
situazione formalmente corretta, almeno credo, ma
sostanzialmente discutibile: mi riferisco ai vari rami
familiari presenti in vari uffici giudiziari. Questo non è
incompatibile formalmente, ma sostanzialmente... Quando
siedono tutti a tavola è metà tribunale che si riunisce; a
Natale si riunisce il tribunale!
   Ringraziamo molto i nostri ospiti per questo incontro che
è stato oltremodo utile perché siamo entrati nel merito di
problemi che non siamo mai riusciti ad affrontare prima. Voi
avete posto non solo problemi di modifica di carattere
legislativo, ma anche problemi da voi stessi sentiti, pur
essendo questo Consiglio quello che più ha fatto sul piano
della trasparenza e della questione morale interna all'ordine
giudiziario. Proprio per questo, probabilmente, sentite il
limite strumentale e ordinamentale.
                        Pagina  3075
   Per quanto ci riguarda, abbiamo un lavoro in corso sulle
questioni giudiziarie e vedremo in che termini segnalare al
Parlamento ed al Governo, nei tempi parlamentari che restano,
le cose più urgenti da fare. Vorrei chiedere al presidente
Galloni e al presidente Coccia se è possibile conoscere il
numero complessivo dei magistrati inquisiti ai sensi
dell'articolo 2 o oggetto di indagine da parte della I
commissione per rapporti con le organizzazioni criminali.
Desidereremmo inoltre avere tale dato partitamente per tipo di
organizzazione o di regione (valutate voi). A noi interessa
sapere quale può o potrebbe essere il livello di intreccio tra
queste cose. Ritengo indispensabile per aumentare la
trasparenza eliminare questo sinallagma a proposito dei
procedimenti penali.
   Mi pare si ponga poi un problema delicato per quanto
riguarda una certa rapidità degli uffici ministeriali di
adempiere ai trasferimenti. Infatti, i trasferimenti ai sensi
dell'articolo 2 dovrebbero avere la priorità assoluta,
altrimenti l'intervento del Consiglio sarebbe vanificato da
quello dell'esecutivo. A questo riguardo mi sembra sorga un
problema costituzionale, per cui se i colleghi sono d'accordo
valuteremo in che termini sollecitare il ministro.
   Non abbiamo purtroppo affrontato (e credo che i tempi non
ce lo permettano) la questione dei collaboratori (i problemi
degli indirizzi deontologici, eccetera). Siccome la
Commissione intende promuovere un Forum con vari livelli
giudiziari interessati all'argomento, credo sarebbe utile che
una rappresentanza del Consiglio superiore della magistratura
partecipasse alla manifestazione. Sulla base della vostra
esperienza si potrebbe quindi lavorare insieme al fine di dare
validi indirizzi.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. In
sede di formazione professionale la questione viene
affrontata.
  PRESIDENTE. Resta la questione della formazione
professionale. La Commissione ritiene - è una vostra scelta
farlo o meno - che potrebbe essere estremamente utile...
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Già
lo facciamo.
  PRESIDENTE. Specificatamente sui pentiti?
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Di
recente abbiamo istituito seminari settimanali. Quello in
corso a Frascati è dedicato ai reati di criminalità
politico-amministrativa e di criminalità organizzata. Una
giornata di questo seminario è dedicata a questa questione,
diciamo alla gestione dei pentiti.
  PRESIDENTE. Ci riferiamo complessivamente a questa
questione. Questa iniziativa è certamente utile ed importante,
ma probabilmente avremo bisogno di dedicare quattro o cinque
sedute a questo problema, in quanto il complesso dei temi che
emergono dagli incontri con i magistrati delle varie direzione
distrettuali antimafia e della direzione nazionale, riguardano
le modalità di interrogatorio, quelle di verbalizzazione, i
rapporti con il collaborante, con l'avvocato, con i familiari,
con le forze di polizia. Sono temi questi talmente complessi
da non essere forse comprimibili in una sola seduta. E' molto
importante che sia fatto. Il problema è di vedere se sia
possibile fare della questione della criminalità organizzata
un tema di riflessione e di specifica preparazione
professionale, in quanto la nostra impressione è che su questo
terreno professionale si giochi la credibilità complessiva
dell'intervento.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del
                        Pagina  3076
Consiglio superiore della magistratura nelle zone più colpite
dalla criminalità organizzata. Oltre a questo seminario che
riguarda il diritto penale sostanziale, abbiamo dei corsi di
tecnica di indagine, curati da Fassone, con cadenza
semestrale. Ogni corso ha la durata di tre settimane.
Nell'ambito di tali corsi, la questione è all'ordine del
giorno. Non credo però che abbia la dimensione temporale
indicata, tuttavia...
  PRESIDENTE. Il senatore Brutti, che segue queste cose
per conto della Commissione, mi segnala il problema della
carenza degli organici e delle strutture. Stiamo disegnando un
quadro della situazione: vi sono alcune regioni che patiscono
particolarmente - la Calabria è una di queste - una condizione
di inadeguatezza. Devo dire che in Calabria vi è anche un
problema di capi, che è una questione essenziale.
   Il senatore Brutti chiedeva se voi riteniate possibile
svolgere un incontro sul tema specifico degli organici.
  GIOVANNI PALOMBARINI, Presidente del gruppo di lavoro
per gli interventi del Consiglio superiore della magistratura
nelle zone più colpite dalla criminalità organizzata. Su
questo punto posso informare il presidente e la Commissione
che è iniziata da parte nostra un'attività volta alla
formulazione di un parere in ordine al progetto del Ministero
di grazia e giustizia di ripartizione sul territorio di un
numero aggiuntivo di 600 magistrati, che per più di una
ragione a noi sembra inadeguato. Con tale parere esprimeremo
indicazioni concrete circa il modo più produttivo di
distribuire queste 600 persone.
  ALFREDO GALASSO. Vorrei soltanto dare un'informazione,
che può essere utile, sul tema che abbiamo trattato stamane.
Questa mattina è stata approvata dalla Commissione giustizia,
in sede legislativa, una norma che, nell'ambito del progetto
di legge riguardante la disciplina dei magistrati, regola gli
incarichi extragiudiziari. In sostanza, per tutti i
magistrati, tanto ordinari quanto amministrativi e contabili,
tali incarichi sono stati limitati rigorosamente a quelli
espressamente consentiti dalla legge, tagliando tutto il
resto.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Sì, lo so, però per il nostro
caso ci vuole la legge.
  ALFREDO GALASSO. L'ho detto perché questo è un altro
elemento di trasparenza e di eliminazione dei canali di
inquinamento.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. In quella sede si poteva
includere, tra gli enti istituzionali che possono usufruire
dei magistrati, oltre al Ministero di grazia e giustizia ed
alla Corte costituzionale, anche il Consiglio superiore della
magistratura.
  ALFREDO GALASSO. Ciò è stato fatto.
  GIOVANNI GALLONI, Vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Allora ci avete dato una
buona notizia, perché questo ci risolve alcuni problemi.
  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti per il
contributo che ci hanno fornito.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Desidero rivolgere ai colleghi alcune
comunicazioni concernenti i nostri lavori. L'ufficio di
presidenza della Commissione ha deliberato di sospendere i
nostri lavori nella settimana immediatamente precedente le
elezioni amministrative di novembre. Vi è soltanto
un'eccezione: come i colleghi sanno, avevamo da tempo
stabilito, con il Presidente del Consiglio e con i ministri di
grazia e giustizia, dell'interno e per la funzione pubblica,
di tenere un incontro
                        Pagina  3077
per la presentazione del volume relativo agli atti del forum
Economia e criminalità. Riterrei opportuno tenere fermo
tale impegno.
   Propongo invece di rinviare a dopo le elezioni
amministrative la discussione delle relazioni su Napoli,
Benevento, Avellino, Salerno e Caserta. Per quanto riguarda la
relazione sulla camorra, avevamo deciso di iniziare la
discussione il 12 novembre 1993. Debbo dire che sto lavorando
alla redazione di tale documento e sono a buon punto, però è
emersa un'assoluta carenza di informazioni sul rapporto
camorra-Cosa nostra, nel senso che abbiamo informazioni sul
versante Cosa nostra, ma non ne abbiamo alcuna sul versante
camorra. Mi sono informato ed ho saputo che presso la
direzione distrettuale antimafia di Napoli vi è un pentito
camorrista affiliato a Cosa nostra, che può essere ascoltato.
Propongo quindi di fissare l'audizione di questo pentito per
il 12 novembre prossimo, facendo slittare, come ho accennato,
la presentazione della relazione sulla camorra dopo il primo
turno delle elezioni amministrative (cioè al 26 novembre).
   Ricordo, inoltre, che per il giorno 8 novembre 1993, alle
ore 9,30, avevamo fissato l'audizione del prefetto e dei
rappresentanti della DDA di Roma.
   Inoltre, i sindaci eletti ora nei comuni in precedenza
sciolti per mafia chiedono di essere ascoltati dalla nostra
Commissione.
  SALVATORE FRASCA. Perché non aspettiamo l'elezione dei
nuovi sindaci così procediamo in modo più completo?
  PRESIDENTE. E' una buona idea. Va bene, possiamo
attendere le elezioni amministrative di novembre in modo da
tenere un'audizione con tutti i sindaci neoeletti.
   L'ufficio di presidenza della Commissione aveva inoltre
deliberato di ascoltare il dottor Di Maggio, vicedirettore
generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,
in relazione alle questioni che investono complessivamente i
penitenziari: sono stati segnalati alla Commissione - i
documenti si trovano in archivio - problemi assai gravi di
conflitto - particolarmente in un carcere - tra l'autorità
giudiziaria e l'autorità penitenziaria. Sembra infatti che vi
sarebbe una concessione di eccessivi benefici a determinate
persone.
   Ritengo opportuno proseguire i nostri lavori in seduta
segreta. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
   L'ufficio di presidenza aveva deliberato di ascoltare il
presidente e l'amministratore delegato dell'ENEL; inoltre, i
rappresentanti delle organizzazioni sindacali della zona hanno
chiesto di essere ascoltati sul problema degli appalti per la
centrale di Gioia Tauro: credo sia un loro diritto, per cui
vedremo di stabilire un giorno in cui svolgere tali incontri.
   Le visite a Castellammare e a Pagani verranno effettuate
alla fine del mese di novembre. Ricordo inoltre che da tempo
si era stabilito di effettuare la missione a Catania nei
giorni 22 e 23 novembre.
   L'ufficio di presidenza propone di costituire un gruppo di
lavoro sui sequestri di persona, tema che è emerso in
particolare a Bovalino. La proposta dell'ufficio di presidenza
è che il coordinamento venga affidato al senatore Butini.
Nell'incontro svolto a Bovalino avevamo assunto l'impegno di
discutere con loro a gennaio un primo punto sulla questione
dei sequestri: le dico questo in funzione di orientamento del
suo lavoro, senatore Butini.
   Comunico inoltre che il ministro della pubblica istruzione
ha diramato la circolare, di cui si era parlato, in materia di
informazione sulla mafia nelle scuole. Gli incontri con i
provveditori avverarnno il 4, il 9 ed il 12 novembre.
                        Pagina  3078
   Comunico altresì che il gruppo del MSI-destra nazionale ha
annunciato che presenterà una relazione di minoranza sulla
situazione della criminalità in Puglia, per la quale,
naturalmente, ha a disposizione un arco di tempo di trenta
giorni (a partire dal momento dell'approvazione).
   Chiedo ai colleghi se vogliano fare osservazioni sul
programma indicato.
  ALFREDO GALASSO. Scusi, presidente, ma a Palermo non si
va? Ci siamo infatti recati in quella città per esaminare le
questioni relative all'edilizia scolastica: per carità, è
stato un ottimo lavoro, però...
  PRESIDENTE. Sì, ha ragione onorevole Galasso. Poiché si
è già deciso di effettuare a dicembre una missione a Termini
Imerese, Marsala e Trapani, potremmo inserire in quel
programma anche Palermo. La sua osservazione è giustissima.
   Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito l'accoglimento
del programma indicato.
(Così rimane stabilito).
La seduta termina alle 18,10.

 


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