Violante: seduta 67
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            PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                              INDICE
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente                   2944
Seguito della discussione della relazione sulla
Calabria:
Violante Luciano, Presidente       2911, 2912, 2914
     2916, 2917, 2918, 2920, 2925, 2926, 2931, 2934
     2936, 2939, 2940, 2941, 2942, 2943
Brutti Massimo                                 2924
Buttitta Antonino                  2934, 2936, 2941
Cabras Paolo, Relatore       2911, 2912, 2915, 2919
     2923, 2924, 2925, 2928, 2929, 2932, 2933, 2936
     2939, 2943, 2944
D'Amato Carlo                2936, 2939, 2941, 2944
Frasca Salvatore       2914, 2916, 2917, 2918, 2919
     2920, 2922, 2924, 2925, 2928, 2929, 2936, 2940
     2941, 2942, 2943
Garofalo Carmine             2916, 2921, 2922, 2923
                             2924, 2925, 2940
Matteoli Altero                    2917, 2918, 2920
Olivo Rosario                2931, 2932, 2933, 2934
Tripodi Girolamo       2925, 2926, 2928, 2929, 2931
                       2940, 2943
Sul processo verbale:
Violante Luciano, Presidente                    2911
Frasca Salvatore                                2911
Pag.2910
                             Pag.2911
La seduta comincia alle 9,50.
                       Sul processo verbale.
 PRESIDENTE. Do la parola al senatore Frasca che ha
chiesto di parlare sul processo verbale della seduta
precedente.
 SALVATORE FRASCA. Signor presidente, nel Bollettino
delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 5
ottobre, in riferimento all'ultima seduta della
Commissione, non si dà atto del fatto che un
emendamento dell'onorevole Bargone è stato
sottoscritto anche da me e da altri colleghi e che
poi, sottoposto a votazione, ha ottenuto un discreto
numero di voti. Chiedo, quindi, ai fini della
linearità dell'esposizione dei lavori della
Commissione, che venga apportata questa correzione,
anche se devo dire che ieri ho
avuto dal segretario della Commissione assicurazioni
sul fatto che nel Bollettino odierno, che ancora non
è stato pubblicato, sarebbe stata operata questa
errata corrige .
PRESIDENTE. Mi pare giusta la sua osservazione.
Naturalmente, mi dispiace per questo inconveniente.
SALVATORE FRASCA. Per carità, nessun processo.
             PRESIDENTE. Quelli sono stati già fatti.
SALVATORE FRASCA. Eltsin ancora non c'è qui.
PRESIDENTE. Ma lei è con Khasbulatov?
SALVATORE FRASCA. No, io la penso come Occhetto!
PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il
processo verbale si intende approvato.
  ( E' approvato ).
 Seguito della discussione della relazione sulla
 Calabria.
 PRESIDENTE. Il senatore Cabras ha presentato un
nuovo testo della relazione sulla base delle
indicazioni e degli orientamenti emersi nella
discussione della Commissione.
Do la parola al senatore Cabras perché illustri il
nuovo testo della relazione.
 PAOLO CABRAS, Relatore . In seguito all'ampio
dibattito che si è svolto in Commissione sulla
relazione sulla Calabria, ho apportato quelle
correzioni del testo che costituivano o integrazioni
o precisazioni ma anche quelle che affrontavano in
maniera più chiara alcuni temi che erano stati
sollevati dai colleghi. Naturalmente, fra le
integrazioni e le correzioni apportate non potevano
figurare quelle contrastanti con l'impianto e con le
valutazioni di fondo della relazione.
Innanzitutto, ho chiarito, rispetto alla diminuzione
degli
omicidi e dei fatti di sangue più clamorosi, il
giudizio sulla cosiddetta pax mafiosa, un termine
che appartiene più
alla sociologia che non alla seria analisi dei fatti
e dei comportamenti.
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 La pax mafiosa è più un momento di compensazione
fra interessi diversi di cosche, di gruppi mafiosi
che si spartiscono fra di loro il territorio,
l'ambito dove esercitare alcuni tipi di attività
criminali, ma è sempre un equilibrio instabile; ho
detto che è l'intervallo fra due guerre. Però,
indubbiamente - questo anche per motivare il
giudizio ed anche per raffrontarlo alle relazioni
del passato, anche della scorsa legislatura - la
conclusione finale è un giudizio di aggravamento, di
preoccupazione sulla situazione complessiva della
criminalità organizzata, della sua diffusione, della
sua penetrazione nella vita economica, istituzionale
e politica. Questa precisazione, che è stata
sollecitata anche nel dibattito, mi sembrava
opportuna.
  Così come ho dedicato, non soltanto per gli ultimi
episodi, una parte, che prima mancava se non per un
cenno troppo fuggevole, alla vicenda dei sequestri
di persona, ricordando anche i precedenti -
soprattutto in provincia di Reggio Calabria - ed
escludendo che questa dei sequestri sia una ripresa
a pieno ritmo. Però, non c'è dubbio che la vicenda
di Bovalino e quella di ieri di Caulonia siano un
campanello d'allarme, anche se non credo che il
riattivarsi dei sequestri possa essere
un'alternativa a quelle che sono, per una mafia così
strutturata come quella calabrese, le attività
prevalenti: traffico di stupefacenti e di armi;
presenze, attraverso il riciclaggio e gli
investimenti, nella vita economica e finanziaria non
solo della regione Calabria ma anche del resto del
paese. Abbiamo trovato tracce di questi
investimenti, di queste attività, in Lombardia ed
anche in Emilia Romagna, nella nostra recente
visita, con riferimenti precisi a cosche calabresi
che sono citate anche nella relazione.
 PRESIDENTE. In Val d'Ossola.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Il riferimento a questa
vicenda dei sequestri ed anche alla necessità di
un'opera di prevenzione, repressione e vigilanza sul
territorio affidata anche al nucleo antisequestri
della polizia di Stato (che oggi si chiama nucleo
anticrimine), che è stata giustamente sollecitata
negli interventi di alcuni commissari, viene ripreso
ed inserito nella relazione. Così come viene citata
la visita che, successivamente alla nostra
discussione, la Commissione ha fatto a Bovalino,
dove ha registrato non soltanto la situazione
complessiva dell'ordine pubblico ma anche la
reazione ai sequestri, ivi compreso l'aspetto,
estremamente positivo, della costituzione di
un'associazione di giovani, che si sono mobilitati e
che hanno chiesto anche la presenza della
Commissione parlamentare antimafia, per un moto di
reazione che vuole coinvolgere strati di popolazione
nell'azione di contrasto e di rifiuto non solo dei
crimini della mafia ma anche della sua cultura e
della sua penetrazione nella vita sociale.
  Un'altra parte alla quale, secondo le richieste
dei colleghi intervenuti nel dibattito, ho dedicato
un più ampio spazio è quella che riguarda le grandi
imprese pubbliche e private per quanto riguarda la
politica degli appalti ed anche l'indifferenza alle
implicazioni di una presenza imprenditoriale in
Calabria che deve fare i conti con la realtà
criminale. Molte volte, industrie pubbliche e
industrie private non si sono distinte fra loro...
 PRESIDENTE. Assolutamente.
 PAOLO CABRAS, Relatore . ... ma hanno accettato di
pagare il "rischio Calabria" in termini di
compromesso e di accettazione dell'imposizione
mafiosa nella politica dei subappalti, nella
fornitura di servizi, nell'assunzione per guardiania
e altro. Così come imprese pubbliche e private non
sono state aliene in Calabria dal concorrere ad una
degenerazione di tipo affaristico nel rapporto anche
con la classe politica locale. Un esempio, ma non
l'unico, è quello denunciato dal libro dell'ex
sindaco di Reggio Calabria, Licandro, che cita per
grandi imprese a partecipazione statale e   per
grandi imprese private il modello di
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rapporti, che non riguarda vano nella fattispecie
direttamente la mafia ma il modo di approccio con la
realizzazione di grandi infrastrutture o comunque di
opere imprenditoriali, cercando di corrompere, di
saltare tutte le regole del mercato e della
concorrenza, influenzando in maniera corruttiva le
scelte della classe dirigente locale.
Ho citato le responsabilità chiamandole per nome:
quelle
di imprese dell'ENEL, di imprese di altre
amministrazioni come quella della Difesa, della NATO
(per quest'ultima, la vicenda di Isola Capo
Rizzuto). Ho citato le vicende del "decreto Reggio"
e tutte le altre che confermano questa analisi e
questa valutazione, non dimenticando mai che anche
dove si tratta di questioni di affari e di tangenti,
operando in Calabria come in altre regioni a
rischio, è difficile porre uno spartiacque fra quel
che attiene alla corruzione politico-amministrativa
e quel che attiene invece al coinvolgimento della
mafia. In queste regioni, in queste realtà è
difficile separare nettamente le due questioni e
dire: "Questo appartiene solo ad una vicenda di
degenerazione e          di corruzione e questo
invece appartiene ad una vicenda di
collusione". E' molto difficile, per non dire
impossibile, in una regione dove abbiamo detto tante
volte e lo confermiamo nella relazione che la
pervasività della mafia nella vita economica ed
istituzionale è tale da non consentire questo
ragionamento per settori, per compartimenti stagni.
Questo mi sembrava un elemento importante sia della
valutazione politica complessiva della Commissione
sia di una realtà che abbiamo
avuto modo in più occasioni, non soltanto recenti ma
anche antiche, di constatare. E' un elemento che ho
voluto rievocare anche perché mi sembrava che su
questo terreno delle implicazioni fra mafia e
attività economica ci fosse stata una forte
sollecitazione di molti dei colleghi intervenuti nel
dibattito.
        Ho voluto anche dare ampio spazio - già vi era nel
                               testo
precedentemente discusso ma ho voluto aggiungere
alcune precisazioni - al rapporto mafia-politica, al
tema del coinvolgimento, a partire dai consigli
comunali disciolti, che sono numerosi e le cui
vicende abbiamo seguito anche con visite ad hoc e
quindi con un'indagine analitica ed approfondita. Ho
voluto ricordare anche le indagini in corso su
grandi delitti che hanno sconvolto questa regione.
Però, sempre con una convinzione che non posso non
ribadire, cioè che quando si tratta di indagini e
procedure in corso noi dobbiamo sollecitare
l'accertamento della verità e delle responsabilità
individuali ma dobbiamo evitare anticipazioni di
giudizio, comunque sapendo che le conclusioni di
queste indagini sono estremamente importanti per
dare lena, per dare efficacia alla risposta che si
deve dare, a livello politico-istituzionale,
all'infiltrazione, alla pressione, all'invadenza
della 'ndrangheta.
  Ho anche inserito - accogliendo una richiesta che,
sia pure soltanto accennata nel corso del dibattito,
mi era sembrata giusta - un apposito paragrafo
dedicato alla questione dei controlli amministrativi
(che, quando sono inefficienti, contribuiscono alla
degenerazione della vita pubblica), per quanto
riguarda sia i comitati regionali di controllo sia,
più in generale, gli effetti ricadenti sulla
trasparenza degli atti amministrativi.
  La comparazione con le precedenti visite
effettuate dalla nostra Commissione in Calabria
conferma un dato di gravità, anche se non mancano
segni di riscossa e di risposta da parte delle
istituzioni, delle forze dell'ordine, della
magistratura e degli investigatori. Finalmente si è
giunti a disporre sequestri e, addirittura,
confische di patrimoni appartenenti a soggetti
mafiosi. Mi riferisco alla recente operazione, che
ho già citato, che è stata condotta in un momento
successivo alla stesura della relazione ed al
dibattito che si è svolto in questa sede. Come
sapete, la sezione misure di prevenzione del
tribunale di Reggio Calabria ha disposto la confisca
- il sequestro era già avvenuto in precedenza - di
beni per 200 miliardi di lire appartenenti a
famiglie quali i Pesce
Pag.2914
di Rosarno, i Mammoliti di Oppido Mamertino, i
Comisso di Siderno, gli Aquino di Gioiosa Ionica, i
Lo Giudice di Reggio Calabria. I beni erano stati
sequestrati nel gennaio 1993: il fatto che sia oggi
intervenuta la confisca è senz'altro positivo e va
invocato e sollecitato come precedente da seguire,
non soltanto in Calabria.
           Ho dato un maggior spazio, rispetto a quello
                            utilizzato
nella prima stesura della relazione, al problema del
racket e delle estorsioni, anche se nella bozza
precedente avevo già dedicato al fenomeno vari
riferimenti, anche in relazione ad iniziative quali
quella di Cittanova, che hanno rappresentato un
momento di rivolta e di organizzazione da parte dei
cittadini appartenenti alle categorie vittime del
racket . Tali iniziative hanno
trovato - com'è stato per il caso di Cittanova - una
risposta nelle istituzioni ma anche una risposta
nella popolazione, se è vero che in quella località
la lista (di impostazione in qualche modo
interpartitica) che ha vinto le elezioni al
consiglio comunale (ricordo che noi ci eravamo
recati sul posto quando ancora vi era la gestione
commissariale) aveva sposato la causa
dell'associazione antiracket Cittanova, alla
quale la Commissione aveva espresso solidarietà nel
corso della visita.
  Senza nascondere i recenti successi che sono stati
conseguiti e la migliore efficienza delle
istituzioni, non vi è dubbio tuttavia che le
conclusioni da trarre da questa analisi non lasciano
il campo a facili ottimismi e dimostrano piuttosto -
si tratta del resto di una convinzione emersa anche
dal dibattito - la consapevolezza di una situazione
grave, anzi di una situazione che è stata lasciata
aggravare (anche per una sottovalutazione dei
fenomeni) nel corso degli ultimi anni (non mi
riferisco agli ultimissimi anni nei quali, ripeto,
vi sono stati segnali positivi). La sottovalutazione
del fenomeno non riguarda soltanto le forze
politiche, ma concerne livelli di responsabilità
istituzionale anche molto diversi, come la
magistratura calabrese. Tale valutazione non deve
suonare come censura ma come monito. Quando si
invocano le difficoltà ambientali, che in Calabria
sono molto forti (penso, per esempio, all'omertà) e
le carenze legislative (che poi sono state colmate
dall'iniziativa del Parlamento di questa legislatura
in modo particolare), va considerato che tutto
questo costituisce indubbiamente un motivo di
difficoltà nell'accertamento della criminalità
mafiosa ma non può comunque rappresentare un alibi
rispetto a quella che in passato è stata, tutto
sommato, una inerzia. Oggi si registra un
miglioramento dovuto a provvedimenti legislativi
utili che hanno migliorato la capacità di risposta,
ma vi è stato anche complessivamente, da parte della
società civile e delle stesse istituzioni preposte
all'ordine pubblico ed all'amministrazione della
giustizia, una consapevolezza ed una cultura nuova
nell'affrontare questi problemi. Un giudizio
complessivo non può che tener conto delle luci e
delle ombre, quindi delle responsabilità, ma
soprattutto non può non aprirsi in maniera
responsabile e concreta ad un diverso modo di
amministrare e di governare le varie istituzioni e
di seguire queste vicende da parte di tutti coloro i
quali operano nella società calabrese.
 PRESIDENTE. Grazie, senatore Cabras. E' iscritto a
parlare il senatore Frasca.
 SALVATORE FRASCA. Signor presidente, intervenendo
nel dibattito dedicato all'esame della prima stesura
della relazione sulla Calabria, ho avuto la
possibilità di complimentarmi con il collega Cabras
per lo sforzo da lui sostenuto nel condurre
un'analisi del fenomeno criminale in tutto il
territorio calabrese. Oggi, pur dandogli atto dello
sforzo ulteriore profuso in questa direzione, debbo
dire che, qualora la relazione dovesse essere
mantenuta nell'attuale formulazione (già modificata
rispetto alla prima bozza), non potrei votarla e,
insieme ad altri colleghi, mi attiverei per
presentare un documento integrativo entro i termini
previsti dal regolamento. Vorrei enunciare per sommi
capi le ragioni a base del mio atteggiamento,
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 anche per favorire l'agilità - diciamo così - della
discussione. Io penso che nella proposta di
relazione del collega Cabras manchi un'analisi sul
perché del fenomeno, sulla sua evoluzione e sulla
gravità dello stesso. Un'analisi di questo genere
avrebbe portato, a mio avviso, ad una lettura più
concreta circa la presenza della mafia e della
delinquenza organizzata nella regione calabrese. In
particolare, si fa uno sforzo molto relativo per
illustrare la drammatica condizione di vita delle
popolazioni interessate. In questa sede vorrei
ribadire il mio ringraziamento agli operai di
Crotone per essere stati in grado di richiamare
all'attenzione della classe dirigente nazionale la
drammaticità della situazione della regione: eravamo
arrivati ad un punto tale che non si parlava più né
di Mezzogiorno né di Calabria!
  Vero è - lo dico con riferimento alla relazione
sulla Puglia - che abbiamo potuto constatare come il
fenomeno criminale colpisca anche le regioni che, da
punto di vista economico e sociale, hanno raggiunto
traguardi che possono essere considerati
ragguardevoli. Tuttavia, credo che nel caso
specifico la depressione economica della regione
abbia contato e          conti tanto ai fini
dell'espansione del fenomeno stesso.
  Nella relazione non viene trattato - o, per lo
meno, vi viene dedicato soltanto un cenno - il
rapporto tra il fenomeno delinquenziale e le
istituzioni calabresi. Non soltanto in questa
legislatura ma anche in quelle precedenti, per
esempio, è stato sottolineato il ruolo negativo
della regione Calabria. Non possiamo sottacere su
questo aspetto perché, se lo facessimo, la nostra
analisi sarebbe incompleta ed insufficiente. Bisogna
prendere atto - mi pare che nel corso del dibattito
tale consapevolezza sia emersa - che la regione
Calabria è fonte di devianze e di distorsioni della
spesa pubblica e, quindi, della compartecipazione
della delinquenza alla gestione di questa spesa. A
proposito di quest'ultima, mi si consenta di
ricordare come fatti recenti dimostrino la
sudditanza della Calabria, anche da questo punto di
vista, alla Stato centrale, se è vero - come è vero
- che le scelte delle imprese per i grandi appalti
sono state effettuate a Roma e passivamente
accettate in Calabria, sia pure fatta salva la
partecipazione agli affari di questo o di quel
personaggio calabrese.
  Si sono verificati fatti gravi nel settore degli
appalti, in quello della forestazione, nel campo dei
trasporti, nel comparto turistico ed in altri
ancora. Questi fatti gravi sono documentati
nell'ambito di processi in corso: non parlare di
queste cose significa, a mio avviso, non evidenziare
il ruolo negativo delle istituzioni e, nel caso
specifico, della regione Calabria, la quale a mio
parere va aiutata a liberarsi dalle scorie del
passato, a darsi una svolta ed a rendere pulita la
propria amministrazione.
  Ho parlato della regione Calabria, ma il discorso
coinvolge anche le altre autonomie locali,
soprattutto quelle inerenti alle più grandi città
calabresi, dove non soltanto si è verificato uno
sperpero della spesa pubblica ma si è anche
affermata una gestione affaristico-speculativa. Il
relatore ha fatto riferimento alla denuncia - che
risale al 1991 - dell'ex sindaco di Reggio Calabria.
Non credo che il fenomeno interessi soltanto Reggio
Calabria. Esso riguarda anche Catanzaro, come
dimostrano gli ultimi processi, e Cosenza. Dobbiamo
dire che chi doveva aprire gli occhi non li ha
aperti e                 indagini che avrebbero
dovuto essere condotte non sono state
svolte neanche dalla magistratura competente.
  Questo stato di cose che vado denunciando
coinvolge ovviamente la responsabilità dei partiti
politici; si fa giustamente riferimento, nella
relazione, allo scioglimento di alcuni consigli
comunali, ma non si parla, per esempio, della
reazione dei partiti politici a questi provvedimenti
adottati dal ministro dell'interno.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Ne abbiamo parlato nella
relazione sui comuni disciolti, se lei ricorda, in
particolare con riferimento ai comuni calabresi.
                             Pag.2916
 SALVATORE FRASCA. Prendo atto di questa sua
precisazione, ma siccome stiamo presentando una
relazione che si sforza di essere quanto più
possibile completa, non vi è dubbio che anche nella
relazione andrebbe sottolineato questo fatto, che
non è trascurabile.
  Sempre a proposito della reazione delle forze
politiche, dobbiamo rilevare che esse non fanno
nulla per cercare di adeguarsi a quelli che sono
stati e sono gli orientamenti che vengono dal
Governo.
  Vedremo tra breve che cosa accadrà, per esempio,
con riferimento alle elezioni comunali di Lamezia
Terme, se le forze politiche saranno in grado di
scrollarsi di dosso il passato oppure vorranno
insistere con logori e consunti personaggi.
Comunque, allo stato delle cose, in relazione allo
scioglimento dei consigli comunali, c'è stata e c'è
una reazione negativa da parte delle forze
politiche; non sono mancati e non mancano
parlamentari, e anche uomini di Governo, che
criticano apertamente l'impostazione data a questo
problema dallo stesso ministro dell'interno. Credo
che su queste cose non possiamo nella maniera più
assoluta tacere, perché altrimenti rischiamo di non
diventare credibili.
            A proposito dello scioglimento dei consigli
                           comunali, mi
si consenta, signor presidente, di dire anche, forse
ripetendo quanto è stato scritto nella relazione
sulla Puglia, che non c'è un comportamento univoco
da parte dei prefetti. Vi sono consigli che vengono
sciolti, mentre altri che lo meriterebbero non
vengono sciolti in virtù di protezioni di carattere
politico e perché spesso i prefetti soggiacciono
alle suggestioni partitiche.
        Vi sono altresì consiglieri comunali e sindaci che
                              vengono
sospesi dalle loro funzioni ed altri consiglieri
comunali e sindaci che non vengono sospesi. Esistono
quindi, nei comportamenti delle prefetture, delle
contraddizioni che non possono non essere rilevate.
  Intervenendo sulla relazione, ho detto, signor
presidente, che avrei aspettato anche la definizione
di certi comportamenti suoi, oltre che di altri
colleghi,in relazione a quanto è emerso, a seguito
di un'indagine di polizia, nel comune di Cassano
Ionio, che lei ha visitato recentemente. Il
prefetto, che avrebbe dovuto fare qualcosa, non ha
fatto niente, e comunque in quel comune vi è un
vicesindaco del PDS, il quale continua a svolgere
anche la funzione di ufficiale di Governo, pur
essendo chiaro che ha chiesto dei voti (e li ha
ottenuti) alla delinquenza organizzata. Vi è poi un
capogruppo consiliare della DC, il quale viene
definito dal rapporto dei carabinieri che è ai
nostri atti un referente mafioso.
        Per fatti di minore gravità il prefetto di Cosenza
                               (non
solo quello attuale ma anche il precedente) ha
sospeso dei consiglieri e dei sindaci, ma nel caso
di Cassano Jonio non si è voluto e non si vuole fare
niente, forse perché c'è una protezione.
 PRESIDENTE. Che vuol dire ispettore del Governo?
           SALVATORE FRASCA. Ho parlato di "ufficiale di
                            Governo" a
proposito del vicesindaco, che agisce anche per
conto del sindaco ed è ufficiale di Governo; questo
vicesindaco appartiene al suo partito, signor
presidente (lo sottolineo ancora una volta), e
continua a permanere nelle sue funzioni, nonostante
che da un rapporto dei carabinieri, in nostro
possesso, risulti, attraverso registrazioni di
conversazioni telefoniche, che egli ha chiesto ed
ottenuto i voti della peggiore cosca delinquenziale.
 PRESIDENTE. Abbiamo gli atti?
        SALVATORE FRASCA. Certamente. Il senatore Garofalo
                               li ha
visti.
        CARMINE GAROFALO. A noi risulta che abbia chiesto i
voti, ma non sappiamo se li abbia ottenuti.
 PRESIDENTE. Comunque, basta chiederli.
                             Pag.2917
          SALVATORE FRASCA. Gli atti sono stati letti dai
                             senatori
Garofalo e Brutti, ma non si è fatto niente.
ALTERO MATTEOLI. Il fatto più grave è chiedere i
voti. SALVATORE FRASCA. Comunque, non si è fatto
niente né dal
punto di vista politico né da quello istituzionale.
La posizione di questo signore è molto grave, dal
momento che egli, in quanto vicesindaco, in molte
circostanze agisce nella
funzione di ufficiale di Governo.
 PRESIDENTE. Visto che lei ha fatto riferimento (di
questo la ringrazio) alla visita a Cassano, vorrei
fosse
chiaro che in quella località sono stato invitato
dal vescovo, non dal vicesindaco.
 SALVATORE FRASCA. Lei sa che non ho peli sulla
lingua e
se avessi dovuto rimproverarle un fatto di questo
genere, l'avrei fatto ben volentieri, in nome della
lealtà e della sincerità che deve contraddistinguere
i nostri rapporti.
Comunque, l'argomento che stavo svolgendo prima
dell'interruzione presidenziale è che i prefetti non
sempre tengono un comportamento omogeneo, e questo è
il dato politico che deve essere rilevato nella
relazione.
  Ho parlato della regione, delle autonomie locali,
del comportamento delle forze politiche e quindi
anche del comportamento dei rappresentanti del
Governo nella regione calabrese; ma mi si consenta
di dire anche che vi è un capitolo sul quale la
relazione deve fare luce: signor presidente, la
Calabria è oppressa da un sistema politico
affaristico mafioso, che si identifica in
determinati personaggi. Se la Calabria non si libera
da questo sistema politico, la svolta non ci sarà
mai, mafia e delinquenza cresceranno sempre di più e
lo Stato sarà impotente. Questo è il dato che, a mio
avviso, andrebbe sottolineato.
  Lei sa, signor presidente, che in occasione di un
suo convegno feci una denuncia aperta sul dominio
del commercio cosentino da parte della delinquenza
organizzata. Dissi: "Se apriamo i balconi di questo
palazzo e osserviamo il corso principale, corso
Mazzini, ci accorgiamo che gran parte del commercio
è nelle mani della delinquenza organizzata". Il
fatto suscitò scalpore e dopo questa denuncia ho
ricevuto moltissime lettere che ho trasmesso al
prefetto, al comandante dei carabinieri di Cosenza,
al questore, alla Guardia di finanza.
       Si tratta di lettere nelle quali mi si dice: "Lei ha
                               messo
il dito sulla piaga", e mi si denunciano casi
clamorosi. I cittadini estensori di queste lettere
aggiungono: "Non ci firmiamo per il momento, ci
qualificheremo nel momento in cui lei e lo Stato
avrete dimostrato di agire seriamente".
          Il prefetto di Cosenza ha disposto l'accesso di
                              alcuni
suoi ispettori presso la città di Cosenza; costoro
avrebbero dovuto riferire entro trenta giorni, ma
questo termine è abbondantemente scaduto e non si
parla di nulla. Il problema che sorge è il seguente:
come si è potuto consentire alla delinquenza
organizzata di impossessarsi del commercio di una
città che fino a dieci anni fa era immune da
fenomeni delinquenziali? Vi sono o non vi sono
responsabilità degli amministratori locali? E con
esse ci sono oppure no responsabilità delle forze di
polizia e della prefettura? Ma devo essere io,
signor presidente, a fornire l'elenco dei
commercianti mafiosi nella città di Cosenza? Si può
tacere su queste cose in una relazione? Credo di no.
  Perché non chiediamo al prefetto di Cosenza che
cosa abbia fatto fino a questo momento e quali sono
le risultanze emerse?
In conclusione, desidero sottolineare che non
possiamo
neanche sottacere le responsabilità della
magistratura, in primo luogo di quella cosentina: la
procura della Repubblica di Cosenza, nel corso degli
anni, è stata centro di malaffare, e   lo dico con
tutto il senso della mia responsabilità.
         Questa verità sarebbe emersa qualora non vi fosse
                             stato il
decesso del procuratore
                             Pag.2918
 (mi inchino dinanzi alla sua memoria e non ne
parlo). La nostra analisi si deve fermare
soprattutto quando potrebbe essere impietosa dinanzi
alle tombe. Tuttavia, la procura di Cosenza è stata
complice di tutta questa situazione.
  Il nuovo procuratore, Serafini, è una persona
seria, onesta, corretta, ma è immobile, e la cosa
strana è che per certi fatti che si verificano nel
territorio di sua competenza debbano intervenire
altre procure.
 ALTERO MATTEOLI. C'è una contraddizione in termini
in quanto lei dice: un procuratore onesto ma
immobile non è onesto.
           SALVATORE FRASCA. Io considero disonesto chi
                            approfitta,
equesto non mi risulta.
 PRESIDENTE. E' onestamente immobile.
 SALVATORE FRASCA. Sto parlando del suo immobilismo
e dicevo che per fatti che riguardano Cosenza devono
intervenire altre procure, come emerge anche da
quanto si legge in questi giorni sulla stampa.
           Parlo di Cosenza per dire che la magistratura
                            calabrese è
stata omissiva.
  Signor presidente, rispetto a quando abbiamo
svolto la prima discussione, vi sono dei fatti
nuovi, tra i quali mi piace citare l'intervista
rilasciata da uno dei sostituti procuratori
nazionali antimafia, il dottor Macrì, il quale ha
affermato che il caso Curtò non è unico, e aveva
ragione perché adesso sappiamo quello che è accaduto
in Abruzzo. Con riferimento alla Calabria, egli ha
affermato che di Curtò ce ne sono tanti, che la
magistratura calabrese è inquinata. Se lo dice un
autorevole magistrato...
 ALTERO MATTEOLI. Chi l'ha detto?
 SALVATORE FRASCA. L'ha detto il sostituto
procuratore nazionale antimafia Macrì in
un'intervista rilasciata a Il Giorno e pubblicata
domenica scorsa.
  Ringraziamo il cielo perché ogni tanto ci fa dare
ragione dai fatti; ma chi diceva questo cinque,
dieci o quindici anni fa per poco non veniva
bruciato come eretico.
  Deve quindi venire il momento in cui in questo
Parlamento, in questo Stato italiano, gli onesti
prevalgano sui disonesti, anche quando la disonestà
colpisce la magistratura del nostro paese, e nel
caso specifico la magistratura calabrese.
       Si fa riferimento a Paola, si parla della procura di
Paola, del provvedimento a carico del sostituto
procuratore Belvedere, degli altri provvedimenti che
sono in
itinere . Tra parentesi vi dico che il procuratore
di Paola ci saluta perché candidato della destra a
sindaco di Cosenza e questo ci aiuta a risolvere il
suo problema.
 ALTERO MATTEOLI. Non la chiudere, aprila.
 SALVATORE FRASCA. Perché parlare solo della procura
e non anche del suo presidente? C'è un provvedimento
del Consiglio superiore della magistratura. Il fatto
che va denunciato è che costui resta ancora al suo
posto pur
risultando, attraverso le conclusioni alle quali è
giunto il Consiglio superiore della magistratura, i
due rapporti redatti dall'ispettore Graneri del
Ministero di grazia e giustizia, la sequela di
rapporti dei carabinieri e della Guardia di finanza,
che egli si trova al centro di un mondo affaristico
e speculativo. Si è forse immuni quando si è
magistrati? Non è possibile che avvengano queste
cose! Ancora nessuno si muove, non vi è neanche una
sospensione cautelare.
  Signor presidente, dai verbali dei carabinieri e
della Guardia di finanza, che poi sono stati
illustrati sul piano testimoniale dai rispettivi
rappresentanti dinanzi al tribunale di Bari,
allorquando si è giudicato l'omicidio Lo Sardo, sono
emersi fatti che hanno rilevanza penale. A fronte di
ciò nessun pubblico ministero ha avviato un'azione
penale. Perché questa
                             Pag.2919
 impunità? Paola è un caso tipico delle complicità,
delle omissioni che ci sono e che comunque
riguardano alcuni comparti della magistratura
calabrese. Non ho mai messo sotto
processo, come mi si è voluto far dire (quando si
vuole avere ragione si distorce sempre la verità),
tutta la magistratura calabrese. Come il collega
Cabras e gli altri colleghi che si sono recati con
me in Calabria hanno potuto constatare, io ho un
buon rapporto con la magistratura calabrese con la
quale collaboro, così come collaboro con le forze
dell'ordine con le quali intrattengo ottimi
rapporti. Da tempo però affermo che vi sono comparti
della magistratura calabrese sui quali occorre
accendere il lume della nostra analisi, della nostra
critica, e sui quali il Consiglio superiore della
magistratura, che è a conoscenza, non può
ulteriormente tacere. Come si può tacere sul fatto
che un processo di mafia dinanzi al tribunale di
Castrovillari si è chiuso in istruttoria? Lei,
signor presidente, è stato un magistrato (se non
erro giudice istruttore): se la sarebbe assunta
questa responsabilità? Arresti clamorosi, denunce di
un fenomeno criminale dalle grandi dimensioni,
traffici di armi, collegamenti ...
 PAOLO CABRAS, Relatore . Adesso non vi è più quel
processo a Castrovillari.
          SALVATORE FRASCA. Parlo di un processo che si è
                              svolto
in passato. Dicevo collegamenti con il mondo
mafioso. Abbiamo denunciato tutto questo, ricevendo
l'impegno, da parte del superprocuratore di
Catanzaro, che si sarebbe riaperto il processo. Però
la cosa ancora non è accaduta.
       Per la prima volta desidero denunciare in Parlamento
                                un
fatto singolare, considerando anche che allorquando
presentiamo le interpellanze siamo sottoposti alla
censura degli uffici. Il Presidente Spadolini e il
Presidente Napolitano una settimana sì e una no ci
dicono che bisogna andar a nuove elezioni, lasciando
intendere che questo Parlamento è delegittimato. Si
vada a nuove elezioni, se occorre andarci, prima che
sia troppo tardi però. Se dobbiamo, infatti, vivere
in questa agonia, non potendo assolvere agli impegni
del nostro mandato, è meglio che il Parlamento si
sciolga. Però il Parlamento lo si delegittima quando
gli si impedisce di esercitare una sua attività
fondamentale prevista dalla Costituzione, ossia
quella del sindacato sugli atti del Governo.
  Se presentiamo un'interrogazione riguardante un
magistrato, un tribunale, una procura, siamo
obbligati ad indicare la fonte dalla quale abbiamo
appreso determinate notizie. Io sono un
parlamentare, mi faccio le mie opinioni, interrogo
il ministro competente, per sapere invece devo
recarmi presso l'ufficio per presentare il documento
da cui ho attinto le notizie: siamo arrivati a
questo punto! La sacralità della magistratura, la
difesa della casta, che è la cosa peggiore che si
possa fare in uno Stato di diritto. Se non vi è
denuncia su questo terreno, signor presidente, è
perché nel Parlamento vi sono molti scheletri.
Numerosi colleghi avrebbero fatto bene ad
allontanarsi dal loro posto per far entrare energie
più nuove, così avremmo risolto il problema del
ricambio della classe politica. Invece si ha paura
di denunciare questi fatti.
  Mia madre mi diceva spesso di non aver paura dei
tuoni: siccome chi vi parla non ha paura dei tuoni,
denuncia anche queste cose. A me è accaduto questo
episodio: mi capita sotto gli occhi un fascicolo
processuale riguardante un rapporto dei carabinieri
di Castrovillari in cui si fa menzione di una
registrazione concernente alcuni giudici del
tribunale di Castrovillari. In queste registrazioni
telefoniche si dice che un curatore fallimentare che
dà fastidio al fallito, sarà sostituito con uno più
malleabile. Denuncio immediatamente questo fatto in
una intervista televisiva a Castrovillari, il giorno
dopo, prima che vi sia la replica, il procuratore
della Repubblica sequestra la cassetta.
  Signor presidente, queste cose nel nostro paese
non possono accadere. Dei giovani di destra a
Cosenza affiggono un
Pag.2920
manifesto il cui tono non era da me condiviso. Cito
in causa il procuratore, il giorno dopo il manifesto
viene defisso: la verità è sempre verità, interessi
Craxi, Forlani, Andreotti (il CAF, come voi dite) o
interessi il procuratore della Repubblica di Cosenza
o il giudice del tribunale di Castrovillari. Questo
dato deve emergere dalla relazione, così come deve
emergere l'inquinamento mafioso che c'è nella
regione, anche grazie alla complicità dell'apparato
centrale dello Stato e dei suoi enti economici.
  Il collega Cabras fa giustamente riferimento alla
presenza delle ditte mafiose nella costruzione della
centrale ENEL di Gioia Tauro. L'ENEL ha fatto
eseguire i lavori a ditte legate al clan dei
Piromalli: tutti i lavori dell'ENEL sono stati
gestiti dalla mafia e questo dobbiamo dirlo con
forza se vogliamo che gli altri 4.300 miliardi,
stanziati per completare la centrale, non siano
spesi attraverso ditte come quelle legate a
Piromalli. Questa è la ragione per la quale chiesi
che si ascoltasse il presidente dell'ENEL.
Probabilmente la mia richiesta è stata
sottovalutata. Nei verbali non emerge questo, così
come non emerge la mia richiesta di richiamare il
processo contro l'ENEL in ordine alla centrale di
Gioia Tauro, attualmente presso la procura.
PRESIDENTE. L'aveva presentata per iscritto questa
richiesta?
 SALVATORE FRASCA. L'ho presentata per iscritto e
l'ho detto chiaramente anche in Commissione. Visto e
considerato che si sottovalutava la cosa, perché
probabilmente ne premeva qualche altra, ho messo per
iscritto la mia richiesta. In pratica dobbiamo
entrare in possesso del fascicolo processuale
dell'ENEL, dobbiamo convocare il suo presidente per
sapere con esattezza cosa è accaduto in passato e
cosa potrebbe accadere in futuro se non corriamo ai
ripari.
  Termino il mio intervento accennando al problema
della droga. La droga è il bene dei mafiosi. Prendo
atto di una cosa giusta detta dal presidente, ossia
la compartecipazione del vicepresidente della
conferenza episcopale nazionale, monsignor Agostino
di Crotone, alla lotta contro la mafia. Questo dato
andrebbe ulteriormente sottolineato perché la Chiesa
è molto più avanti dei partiti politici e delle
istituzioni nella lotta contro la mafia. E' molto
più avanti, così come lo è nel chiedere il
rinnovamento della classe dirigente calabrese e la
purificazione delle istituzioni che operano in
Calabria. Ma detto questo, e chiedo scusa se faccio
un riferimento di carattere personale...
 PRESIDENTE. Ne ha fatti molti.
 SALVATORE FRASCA. Collega Cabras, certo che vi è
immondizia a Crotone, ma in Calabria opera una
comunità, la comunità Saman, che ospita 350
tossicodipendenti, realizzata, unico esempio in
Italia, con i beni confiscati al clan Cirillo. Lo
Stato avrebbe quindi interesse a far sapere queste
cose. Se ne è interessata Famiglia Cristiana , di
cui
credo lei sia un lettore, con diversi articoli...
          ALTERO MATTEOLI. Se non ci fosse la destra e la
                              Chiesa
in Calabria...
 SALVATORE FRASCA. Abbiamo poi costituito un gruppo
di lavoro che si deve interessare di questi beni
confiscati e che non ha avuto l'amabilità di
compiere una visita a Sibari per vedere di fatto
come tali beni possano essere utilizzati. Non
aggiungo altro: voglio dire soltanto che o questa
relazione affonda il bisturi nella realtà,
evidenziando la situazione di mafia così com'è, o al
contrario non potrò votarla.
  Signor presidente, ho dimenticato un argomento:
Bovalino e Caulonia. Abbiamo avuto un altro
sequestro di persona. Il
collega Cabras sa con quale gelo siamo stati accolti
dalla famiglia di Bovalino nei confronti della quale
credo non abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere
fatto. Da quanto mi risulta sono giunte le prime
telefonate e si è chiesto un riscatto di 800 milioni
di lire. E' però opinione corrente
Pag.2921
che questi 800 milioni potranno diventare anche 300
o 200. Da qui il convincimento, che già avevamo, che
a Bovalino agiscono bande di balordi che fanno
questi sequestri. Ignoro la ragione del sequestro di
Caulonia, ma molto probabilmente si indagherà anche
su questo aspetto. Noi cosa facciamo dinanzi a tutto
questo? Noi non siamo il ministro dell'interno, non
siamo il Governo. A questo punto il ministro
dell'interno, le forze dell'ordine, la magistratura
ci devono dire cosa hanno fatto. ABovalino i giovani
ci hanno spiegato come si potrebbe
impedire l'accesso dei sequestrati sull'Aspromonte.
Piuttosto di avere migliaia di persone disseminate
sulla provinciale 106, per impedire che i
sequestrati siano portati sull'Aspromonte basterebbe
controllare le due sole strade che consentono di
accedere ad esso. Da questo punto di vista cosa si è
fatto? E perché, caro Cabras, nella relazione non
diciamo che c'è stato un errore delle forze
dell'ordine quando si è deciso di sciogliere il
nucleo antisequestro con la motivazione che per i
sequestri di persona non sarebbe stato più utile?
 CARMINE GAROFALO. Signor presidente, farò alcune
osservazioni sulla parte della relazione che
riguarda le considerazioni finali e poi ne svolgerò
alcune più specifiche a  carattere emendativo su
singole parti della stessa
relazione.
  Considero del tutto positivo lo sforzo prodotto
dal senatore Cabras per tenere conto dei rilievi
emersi nel corso della discussione che avevamo
svolto sulla precedente bozza di relazione: si
tratta di un risultato che può costituire un punto
di arrivo di questa prima valutazione della
Commissione antimafia sulle questioni della
Calabria. Naturalmente il mio giudizio non significa
che questo è il risultato ultimo al quale possiamo
arrivare. Ho già rilevato nella discussione sulla
prima bozza di relazione che c'è la necessità di
proseguire in maniera pressante l'indagine sulla
Calabria. Abbiamo un difetto di conoscenza delle
questioni calabresi: lo abbiamo sulla questione
specifica della natura, della struttura e della
potenza dell'organizzazione criminale in Calabria;
lo abbiamo più in generale sulla Calabria. Questo
per ragioni di carattere storico che riguardano
essenzialmente il peso politico della Calabria.
  Ritengo, quindi, che a conclusione di questa prima
indagine dobbiamo esplicitamente darci l'obiettivo
di non frapporre alcuna cesura, ma anzi di
continuare l'indagine perché essa è necessaria non
solo per una maggiore conoscenza di tale realtà, ma
anche per dare con la nostra presenza un
incoraggiamento a chi opera e una sollecitazione ed
uno stimolo a chi ancora non opera. E' del tutto
evidente, infatti, che in Calabria ci sono forze che
si impegnano di più nella battaglia contro la mafia
ed altre che invece stentano a porsi su questo
terreno.
  D'altra parte, una indicazione per la
continuazione dell'indagine mi pare che sia
implicita nel giudizio di aggravamento del fenomeno
che si ricava dalla parte conclusiva della
relazione. Se il giudizio è di aggravamento, è
chiaro che a noi tocca un compito di maggiore
indagine e di più specifica conoscenza delle singole
situazioni che poi aiuta a conoscere più generale il
fenomeno e consente di combatterlo meglio.
  Sulla parte conclusiva della relazione voglio
porre altre due questioni che in parte sono state
già poste dal senatore
Frasca, anche se egli lo ha fatto in maniera così
irruenta, ed anche sminuzzando - mi permetterà di
dirlo - le sue osservazioni, che non si recepisce
più o non si sottolinea a sufficienza il nucleo di
quelle osservazioni.
  Nella parte conclusiva della relazione, anche a
seguito dell'opera di correzione e di ristesura
della prima bozza, risulta in maniera chiara il
rapporto fra la spesa pubblica, da una parte, e la
potenza della mafia, espansione del fenomeno e il
suo collegamento con il mondo politico, dall'altra.
Trovo però che sarebbe più utile aggiungere sulla
questione della spesa pubblica una mezza paginetta
di ragionamento più specifico. Quella della spesa
                             Pag.2922
pubblica nazionale e regionale è infatti la
questione intorno alla quale si determinano due
fenomeni, quello della pervasività e
dell'accrescimento del potere mafioso e quello del
rapporto fra organizzazioni criminali e mondo
politico. Chiedo in sostanza che con una mezza
pagina di sintesi si affermi in maniera più
esplicita ed unitaria che quello della spesa
pubblica è il terreno di crescita della mafia e di
collusione con il potere politico.
  Viene poi l'argomento della regione, sul quale
pure credo occorra fare una correzione, perché tale
ente costituisce il punto nodale del passaggio di
una grande parte della spesa pubblica. Occorre
allora evidenziare che la regione, per il modo come
è nata, per la sua struttura, per come funziona, è
un tramite, consapevole o inconsapevole, del
collegamento con le organizzazioni mafiose o,
comunque, non è in condizione di essere un presidio
che combatte le organizzazioni criminali.
L'altra questione che si accompagna a questo punto è
il
risalto che occorre dare alla debolezza storica
delle istituzioni calabresi, istituzioni intese come
regione, come comuni, ma in qualche modo anche come
organizzazioni politiche. Per fare una
considerazione elementare ed ovvia, ci sono partiti
politici che in Calabria sono commissariati forse da
dieci anni...
 PAOLO CABRAS, Relatore . C'è un accenno alle forze
politiche, anche comparando la situazione attuale
con il passato.
 CARMINE GAROFALO. Sì, ma riguarda il ceto politico.
Secondo me qui c'è però il problema più generale
della vita asfittica delle istituzioni intese sia
come espressione della rappresentanza popolare sia
come organizzazioni democratiche. Questo è un punto
nodale della difficoltà che incontra la Calabria
nella battaglia contro la mafia.
  Nella parte conclusiva della relazione, credo che
occorra inoltre lanciare un forte allarme - in base
agli esempi che il senatore Cabras fa a proposito di
appalti ENEL e delle forze armate - sulla capacità
di sorveglianza e di attivazione di tutti gli
strumenti necessari, perché la spesa pubblica, che
continuerà ad affluire in Calabria (penso, ad
esempio, alla questione della centrale), sia
salvaguardata dalla complicità fra criminalità
organizzata e imprese pubbliche ed altri poteri
dello Stato che in passato non siamo stati in grado
di combattere.
  Bisogna porre anche il problema sul fatto che, su
tutto il grumo costituito dalla spesa pubblica
nazionale, dalla spesa pubblica regionale, dalle
istituzioni, dal loro funzionamento e  così via, un
impegno della magistratura complessivamente
presa non c'è stato e ancora non si vede.
Naturalmente con tutte le differenze: a Reggio
Calabria qualcosa al riguardo è stato fatto ed è
riportato in relazione, mentre in altre parti la
reazione è abbastanza modesta e forse addirittura
inesistente.
  Si pone forse un problema di rinnovamento
complessivo degli apparati della magistratura in
Calabria. Le novità in
proposito si sono viste, però c'è anche un corpo
piuttosto consolidato che in passato non ha condotto
la battaglia ma ha tenuto un atteggiamento di
distacco o comunque di disimpegno. Va dunque
indagato tutto il campo della spesa pubblica e va
fatta una sollecitazione (sia pure rispettosa non
solo dei poteri ma anche dell'autonomia della
magistratura) perché su questo aspetto si vada più
avanti.
  Dopo avere svolto queste considerazioni di
carattere generale, che mi sembrano di una certa
importanza e che spero il senatore Cabras possa
recepire nella stesura definitiva della sua
relazione, vorrei fare alcune osservazioni più di
carattere emendativo su singoli punti, che richiamo
pagina per pagina, perché mi sembra che, qua e là,
vi siano imprecisioni.
A pagina 4, dove si fa riferimento alla situazione
di
Reggio Calabria, il primo capoverso recita:
"Attualmente uno degli aspetti più preoccupanti
della presenza mafiosa nel distretto è rappresentato
dal dilagare delle estorsioni". Questo giudizio,
                             Pag.2923
 espresso così, lascia pensare che il campo d'azione
più pericoloso della mafia reggina sia quello delle
estorsioni. Al riguardo forse una correzione si
impone perché si può sostenere che il fenomeno delle
estorsioni dilaga o si è esteso, ma è forse
fuorviante sostenere che è uno dei fenomeni più
preoccupanti a fronte degli interessi, della potenza
e della complicità che ha la mafia reggina.
  Riguardo al quinto periodo della stessa pagina 4
("Importanti indagini giudiziarie hanno portato alla
luce il fenomeno della cosiddetta criminalità dei
colletti bianchi, con il coinvolgimento di
burocrati, imprenditori e politici e, sullo sfondo,
l'inquietante presenza della criminalità
organizzata"), siccome in altra parte della
relazione si richiamano esplicitamente i fatti di
Reggio Calabria, conviene collegarla lì altrimenti
appare fuori dal suo contesto.
  A pagina 5, quinto capoverso, si dice: "Nella
città capoluogo operano altri due gruppi, quello dei
Labate ed un altro dedito alle estorsioni". Non vedo
perché non dobbiamo esplicitamente dire qual è
l'altro gruppo.
  Nel sesto capoverso della stessa pagina 5 si fa un
riferimento (che tra l'altro risulta riduttivo
perché non si parla dei Pesce) alla mafia della
piana; forse questo richiamo potrebbe essere meglio
collocato nella parte che riguarda Palmi.
  A pagina 10, nella parte che riguarda Locri, al
quarto capoverso si dice: "Nel corso delle indagini
è stato accertato che numerosi pregiudicati della
Locride fanno parte di organizzazioni internazionali
dedite al traffico ed allo spaccio di eroina
importata dall'Oriente e di cocaina importata dalla
Colombia". Forse sarebbe utile fare qualche esempio,
qualche riferimento più preciso, in maniera da
lasciare meno generico tale riferimento.
       Anche nell'ultimo periodo della stessa pagina 10, là
                               dove
si parla di infiltrazioni nelle amministrazioni
locali, sarebbe opportuno fare qualche riferimento
più diretto, in maniera che anche questo concetto
resti meno generico.
           A pagina 11, capoverso, nell'ultima parte del
                             periodo,
dove si legge "(...) nella guerra di mafia che a
Siderno vede protagonista due note famiglie
mafiose", bisognerebbe dire quali sono le due
famiglie.
  A pagina 22, nel primo periodo si afferma: "Nel
comprensorio di Crotone, il fenomeno della
delinquenza mafiosa, pur non avendo raggiunto il
livello riscontrabile in altre parti della Calabria,
resta molto preoccupante". Penso che tale giudizio,
espresso così, sia sbagliato, perché la mafia del
Crotonese non è che non ha raggiunto un livello
preoccupante. Certo, se facciamo il paragone con la
mafia
reggina, le altre espressioni ci sembrano meno
preoccupanti, ma questo dovrebbe valere anche per il
Catanzarese, per la Ionica cosentina. Quella di
Crotone è intanto una delle zone di insediamento
storico delle organizzazioni mafiose e peraltro una
delle zone in cui tali organizzazioni sono più
pericolose e più forti. Quindi, un giudizio che
tutto sommato attenua la presenza delle
organizzazioni mafiose nel Crotonese fa correre il
rischio di commettere un errore.
         PAOLO CABRAS, Relatore . Si dice che resta molto
preoccupante e quindi non mi pare che attenui.
CARMINE GAROFALO. Comunque, rischia di attenuarla!
Al quarto paragrafo di pagina 30 si dice che "nella
provincia di Cosenza non operano grandi trafficanti
di droga, ma numerosi piccoli spacciatori". Anche
questo ritengo che sia un giudizio che rischia di
farci commettere un errore, perché in provincia di
Cosenza si trovano Cetraro e Muto. Quindi, dire che
in provincia di Cosenza non operano grandi
trafficanti di droga rischia di farci commettere un
errore ed entrare in contraddizione con la
descrizione della pericolosità delle attività
illecite di cui è responsabile la cosca di Muto,
sempre in provincia di Cosenza.
        C'è poi un problema che riguarda la parte di Paola,
                              su cui
ho diverse osservazioni da fare, che dobbiamo fare in
Pag.2924
modo - spero che il senatore Cabras sia d'accordo -
emerga in maniera molto netta. Il senatore Frasca
poco fa ricordava che il procuratore della
Repubblica di Paola quasi sicuramente sarà candidato
in qualità di sindaco al comune di Cosenza. Tutti
gli altri magistrati sono sottoposti a provvedimento
disciplinare. Tra dieci giorni, una volta che sarà
andato via il procuratore Arnone, il sostituto
procuratore Belvedere ed il sostituto procuratore
Fiordalisi, che pure sono stati trasferiti,
resteranno da soli a dirigere la procura di Paola.
MASSIMO BRUTTI. Belvedere diventerà procuratore
della
Repubblica.
 CARMINE GAROFALO. Certamente!
 SALVATORE FRASCA. Belvedere è stato sospeso dalle
funzioni e dallo stipendio.
 CARMINE GAROFALO. La sospensione è di sei mesi!
 SALVATORE FRASCA. Fiordalisi è andato a Bari.
       CARMINE GAROFALO. Fiordalisi è andato a Bari, ma non
                                c'è
stato ancora l'anticipato possesso.
          Se Arnone andrà via tra dieci giorni la procura
                              resterà
nelle mani di Belvedere e Fiordalisi.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Si può aggiungere
preoccupazione per la situazione, senza far
riferimenti...
Si può dire che il procuratore lascerà per motivi
personali; tra l'altro la situazione è descritta
analiticamente a pagina39.
 CARMINE GAROFALO. Facevo queste osservazioni al di
là del giudizio che possiamo includere nel
documento. Sarebbe
opportuno che la Commissione trovasse il modo di
avere con il CSM un contatto per dire che se andrà
via Arnone la procura della Repubblica ed il
tribunale di Paola resteranno in mano a persone
sospese. Sarebbe una questione assolutamente
intollerabile.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Certo.
 SALVATORE FRASCA. Tutte le grandi inchieste della
zona, che fanno parte del sistema del potere, non
andrebbero più avanti.
 CARMINE GAROFALO. Al quarto periodo di pagina 38 si
dice che "in conclusione nel circondario di Paola
non sono ancora emerse delle vere e proprie
collusioni di esponenti politici con le cosche
locali".
  Mi rendo conto che si tratta di una frase inserita
allo stato delle conoscenze; nel corso degli ultimi
due mesi la
procura della Repubblica di Paola (questo è un
motivo per cui chiederò di rettificare il giudizio
sul procuratore) ha mandato avanti proprio su questo
terreno un indagine dalla quale cominciano ad
emergere, viceversa, forti connessioni tra il potere
politico locale e regionale, criminalità organizzata
euso della spesa pubblica regionale. C'è tutta una
questione
che riguarda l'isola di Dino, l'utilizzo dei fondi
per il turismo che comincia a delineare un intreccio
di interessi molto forti con un'azione - che è in
itinere - della
procura della Repubblica di Paola che comunque già
sconta degli avvisi di garanzia ad una serie di
membri della passata eattuale giunta regionale. Per
queste ragioni ritengo,
senatore Cabras, che allo stato dei fatti questo
giudizio in qualche modo dovrebbe essere
rettificato.
  Per quanto riguarda il giudizio, che considero
corretto, sulla situazione degli uffici giudiziari
di Paola, anche perché differenziato, per la
situazione che si sta delineando in questo momento,
sottolineerei molto gli addebbiti contestati a
Belvedere, Fiordalisi, al presidente del tribunale.
Considerando che ci troviamo in presenza di un
risveglio di iniziative e di attività da parte della
procura, chiedo di omettere la parte in cui si dice
"meno gravi sono le contestazioni di scarsa
                             Pag.2925
dirigenza rivolte al procuratore, dottor Arnone e al
sostituto, dottor Greco".
            A pagina 48, terzo periodo, sarà opportuno
                          rettificare il
giudizio in ordine alla cessazione dei sequestri.
        PAOLO CABRAS, Relatore . Si sono ridotti di numero.
 CARMINE GAROFALO. Forse sarà opportuno dire che i
sequestri di persona stanno riprendendo vigore.
PAOLO CABRAS, Relatore . Ho citato Bovalino.
CARMINE GAROFALO. La citazione su Bovalino e il
terzo
periodo di pagina 48 sono in contraddizione. Si
tratta di una osservazione; tuttavia, si può anche
non tenerne conto.
Queste erano le osservazioni più minute che
intendevo fare
espero di aver portato un contributo al lavoro della
Commissione. A chiusura del mio intervento, dopo
l'approvazione della relazione, sia pure con le
integrazioni che ho suggerito e quelle che
emergeranno nel corso della riunione, ritengo sarà
necessario riprendere l'indagine in Calabria.
Ritengo si debba utilizzare questo documento perché
apartire dalle zone più calde (cito il caso della
Tirreno-Cosentino) la presenza della Commissione
antimafia ritorni ad essere un punto forte per
coloro che in Calabria vogliono fare una battaglia
contro la mafia.
       Un'ultima osservazione che ritengo di dover fare per
dovere di cronaca. Il senatore Frasca ha sollevato
un problema che riguarda Cassano. Ho letto quei
verbali e naturalmente non potevo che attivarmi di
conseguenza. Non tedierò la Commissione con altre
considerazioni se non per dire che il mio partito ha
chiesto le dimissioni del vice sindaco in questione;
naturalmente, se le dimissioni non dovessero essere
presentate, il mio partito tirerà le conseguenze da
una situazione di questo genere.
 SALVATORE FRASCA. Quindi, bene al partito, male
allo Stato, che ancora non è intervenuto.
 PRESIDENTE. Per essere in numero legale dovrebbero
essere presenti altri quattro colleghi. Vorrei che i
responsabili dei rispettivi gruppi riflettessero
sulla possibilità di far venire in Commissione
alcuni colleghi nell'ipotesi in cui si potesse
approvare la relazione nella giornata di oggi, così
come per altro era previsto nell'ordine del giorno.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Ad alcuni colleghi che lo
hanno domandato è stato detto che oggi non si
sarebbe votato.
 GIROLAMO TRIPODI. Ricordo che quando iniziammo la
discussione sulla Calabria e quindi sulla situazione
relativa alla presenza mafiosa, all'inquinamento del
tessuto politico, economico e istituzionale, fu
detto da parte del nostro gruppo che la relazione
non rispecchiava assolutamente la realtà, né attuale
né storica, per come il fenomeno si era creato,
sviluppato, tanto da dominare il territorio della
Calabria e controllarlo come era stato
precedentemente riscontrato nella relazione
approvata nella passata legislatura. Avevamo
giudicato la relazione un documento arretrato e
inefficace.
Capisco che il senatore Cabras ritenga il mio
giudizio...
 PAOLO CABRAS, Relatore . Sono attentissimo.
 GIROLAMO TRIPODI. Stavo dicendo che nel momento in
cui abbiamo iniziato la discussione ritenevamo che
la relazione fosse sostanzialmente superficiale,
limitata e generica. Oggi non ritengo che si possa
cambiare il giudizio precedentemente espresso per le
cose che dirò più avanti. Come è stato ammesso, le
correzioni apportate alla relazione non avrebbero
dovuto contrastare con l'impalcatura generale. Dal
momento che l'impostazione generale è quella che noi
contestiamo, è evidente che non possiamo
assolutamente essere d'accordo e quindi non possiamo
mutare il nostro giudizio.
                             Pag.2926
  Credo che vada subito detto che la relazione,
rispetto al fenomeno mafioso e allo sforzo che
abbiamo compiuto per quanto riguarda la Sicilia, è
molto lontana dai risultati ai quali siamo in quel
caso pervenuti. In questa relazione sostanzialmente
si tenta di rimanere su una bassa mediazione e
pertanto un'analisi di questo genere non potrà
produrre effetti positivi ai fini della lotta alla
criminalità organizzata in Calabria.
  La situazione in Calabria probabilmente è la più
grave d'Italia a causa della dimensione e
peculiarità del fenomeno mafioso e delle numerose
attività illecite (si pensi ai sequestri di persona,
che la relazione iniziale riteneva fossero stati
debellati). Se la situazione è quella descritta,
cosa manca alla relazione? Manca un'analisi delle
cause che hanno determinato una situazione del
genere. Manca un'analisi di fondo sulle cause che
hanno consentito che in Calabria si affermasse una
organizzazione criminale così potente e feroce sia
pure con caratteristiche diverse rispetto a Cosa
nostra, che per alcuni aspetti risulta meno
pericolosa per il modo in cui la 'ndrangheta è
organizzata sul territorio calabrese.
Il determinarsi di una situazione di questo genere
va
addebitato a chi ha avuto responsabilità politiche
non solo in Calabria ma anche a livello nazionale.
Infatti molte decisioni che hanno favorito la
crescita della mafia sono state prese proprio a
livello nazionale da uomini politici dei partiti di
Governo. Del resto, molti mafiosi calabresi sono
stati catturati o anche assassinati nella capitale
per i rapporti che questi hanno mantenuto con gli
esponenti del potere decisionale a livello politico,
di pubblica amministrazione e in genere dei poteri
che avrebbero dovuto fornire adeguate risposte di
trasparenza e impegnarsi contro le organizzazioni
criminali e contro l'affarismo politico mafioso.
  Se vogliamo dare un contributo per voltare pagina
e costruire davvero un'alternativa alla mafia
occorre cancellare il passato e il torbido rapporto
tra politica e mafia che lo ha caratterizzato; per
far questo, però, non bisogna avere la
preoccupazione di ordine politico che possano essere
messi sotto accusa i partiti che hanno tali
responsabilità.
  Per la Calabria, ma non solo per questa regione,
la responsabilità più grande è data dal
comportamento del partito che ha avuto il ruolo
maggiore ed ha quindi espresso la classe dirigente
locale: mi riferisco alla democrazia cristiana, ma
anche ad alcune integrazioni di responsabilità
venute
successivamente da parte del partito socialista e di
piccoli partiti di governo.
  Non si è trattato solo del rapporto preferenziale
offerto dalla mafia in tutte le campagne elettorali
con il voto di scambio, ma del controllo dei poteri
pubblici in Calabria, con la copertura politica di
questi partiti; non si tratta solo della politica
clientelare e del favoritismo nella gestione del
potere a tutti i livelli, ma anche dei
condizionamenti che tale rapporto ha determinato nei
confronti delle istituzioni ed anche negli apparati
dello Stato che dovevano portare avanti la battaglia
di contrasto della criminalità organizzata. Penso
intanto alla magistratura in Calabria: in proposito
dobbiamo esprimere il nostro giudizio non positivo,
perché nel passato, tranne alcune personali
eccezioni a Palmi, aReggio Calabria, a Locri e in
qualche altro caso...
 PRESIDENTE. Non tutta Reggio Calabria!
 GIROLAMO TRIPODI. Parlo di alcune eccezioni
personali, isolate e perseguitate per il loro
impegno in queste sedi e in qualche altro caso.
  Tranne tali eccezioni, la magistratura è stata
neutrale, in qualche caso complice, in altri casi
connivente e in altri ancora contigua e per certi
aspetti connivente con le forze politiche che hanno
determinato una situazione che si caratterizza non
solo per la crescita del fenomeno mafioso ma anche
per il problema dell'inquinamento delle istituzioni
sul piano della utilizzazione delle risorse
                             Pag.2927
da parte delle stesse forze politiche; ha avuto un
rapporto di neutralità nei confronti dei comitati di
affari che hanno gestito il denaro pubblico, che ora
stanno venendo fuori: prima Reggio Calabria, adesso
Catanzaro; notizie di ieri testimoniano una
situazione che doveva esplodere e che comincia ora a
raggiungere i santuari delle responsabilità. Ecco
perché occorre finalmente che ci occupiamo delle
cause che hanno provocato in passato lassismo negli
uffici giudiziari di Reggio Calabria.
  Per appurare le responsabilità politiche occorre
accertare fino in fondo i fatti ed evitare di fare
di tutta l'erba un fascio. Nella relazione si fa
riferimento a tutti i partiti e questo, caro Cabras,
non è vero. Vi sono partiti, come quello comunista,
che hanno pagato con il sangue dei loro dirigenti
(Lo Sardo, Valariati, Vinci, Gatto, eccetera) ed
altri che
hanno tollerato fino a qualche tempo fa persino
personaggi che hanno avuto un ruolo devastante sul
piano locale e nazionale. Ciccio Mazzetta non è
stato un esempio di influenza soltanto a livello
locale: quando è stato sciolto il consiglio comunale
di Taurianova, quest'uomo ha avuto la solidarietà
non soltanto di Battaglia, che ora è in galera, ma
anche dell'onorevole Napoli e di altri dirigenti del
suo partito, la democrazia cristiana.
  Se questi fatti non vengono in qualche modo fuori,
non possiamo dire di aver lavorato bene per la
Calabria e di aver dato un contributo per ridare
fiducia alle popolazioni, che ancora dubitano, anche
se incominciano a pensare che qualche spiraglio di
speranza si potrebbe aprire.
  Anche il fenomeno dell'annullamento delle sentenze
ha interessato la Calabria; le sentenze più
importanti emesse nei confronti delle cosche mafiose
della provincia di Reggio Calabria sono state quasi
tutte annullate dal noto Carnevale.
Vi sono anche altre vicende giudiziarie, che non si
sono
ancora concluse e che interessano personaggi
politici. Indipendentemente da come siano andate le
cose, anche in Parlamento, queste vicende esistono e
non riguardano solo la "cupola" di Reggio Calabria,
della quale fanno parte personaggi di spicco che
sono tuttora in galera, ma anche altri livelli,
compreso quello parlamentare. Meraviglia il
fatto che, invece di aggiungere un riferimento ai
parlamentari indagati per mafia, si sia preferito
cancellare il riferimento a  Roma. Il problema era
di fotografare la situazione ed
indicare fatti precisi, senza con questo voler
anticipare condanne o sentenze. Le indagini nei
confronti di questi parlamentari, che devono andare
avanti, dimostrano come la situazione della regione
sia grave ed inquietante.
       Lo Stato ha dimostrato sostanzialmente in molti casi
tolleranza nei confronti delle attività criminali.
Ricordo ad esempio la vicenda delle "vacche sacre"
che continuano a pascolare abusivamente nei terreni
dei coltivatori in una parte grande della piana di
Gioia Tauro; tutti sanno che sono di famiglie
mafiose, ma le vacche continuano a pascolare
indisturbate. Ritengo sia questo un esempio
scandaloso di tolleranza e di complicità dello
Stato. Così come tolleranza da parte dello Stato vi
è stata anche negli appalti della centrale a carbone
e si è rinnovata in questi giorni, quando si sono
verificati due episodi molto gravi. La
manifestazione -giusta, perché è giusto che i
lavoratori lottino per il
lavoro ed il loro futuro - è sfociata nel blocco
ferroviario ed autostradale ed in episodi di
vandalismo che hanno visto la mafia strumentalizzare
il malcontento e la giusta protesta dei lavoratori;
su un obiettivo però sbagliato perché la tensione
sociale non si risolve certo con la realizzazione
della centrale a carbone.
  In quella protesta si è registrato lo
scavalcamento dei sindacati da parte di ambienti
mafiosi; al riguardo, anzi, credo che questa
Commissione dovrebbe condurre un esame attento e
particolare, perché quanto è avvenuto a Gioia Tauro
è molto preoccupante, per cui non è condivisibile
l'abbinamento che si fa nella relazione tra gli
operai di Crotone e la lotta di Gioia Tauro. Quello
di Crotone è
Pag.2928
stato un grande fatto democratico e popolare che ha
visto i lavoratori e il popolo insieme per difendere
il polo industrialeper lo sviluppo; a Gioia Tauro
c'è stata penetrazione della mafia che vuole la
centrale per realizzare colossali affari illeciti.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Ci sono anche i sindacati
aGioia Tauro.
 GIROLAMO TRIPODI. Ho già espresso il mio giudizio
sulla lotta dei lavoratori, ma sono due fatti
diversi. So che ci sono state persino minacce nei
confronti dei sindacalisti che si preoccupavano di
evitare esasperazioni e la continuazione del blocco
delle comunicazioni ferroviarie e stradali.
  Il secondo fatto grave è che lo Stato non solo ha
ceduto ed è venuto ad un certo patto con la mafia
all'epoca degli appalti precedenti, ma ha ceduto
anche adesso; ha ceduto la regione, e tutto il
vecchio blocco di potere, che in proposito ha grandi
responsabilità, si è unito ed ha accettato il
ricatto e la strumentalizzazione mafiosa per quanto
riguarda la realizzazione della centrale a carbone.
        Su tutto ciò non si può evitare di dare un giudizio
                                ma
purtroppo la relazione non coglie questo aspetto:
non è sufficiente richiamarsi a quanto è avvenuto in
passato perché la questione di Gioia Tauro non si è
fermata, anzi oggi si aprono prospettive molto
allarmanti; il fatto, ad esempio che si voglia una
centrale alimentata a carbone e non a metano, come
voleva il consiglio regionale e la maggioranza delle
popolazioni. Significa che la mafia vuole mettere le
mani oggi sui 4 mila, 5 mila o 6 mila miliardi
necessari per la costruzione e domani sulla gestione
del carbone e dei trasporti delle ceneri e delle
scorie. Qui è il punto! Qui c'è la resa dello Stato,
della regione e del sindacato.
         PAOLO CABRAS, Relatore . Come puoi fare le scelte
di politica industriale a seconda delle industrie di
subappalti, mafiose o non mafiose, che vengono
privilegiate! Sembra che questo sia il criterio. Non
a caso, la tua posizione è minoritaria nella
regione, nelle istituzioni, nella popolazione, nei
sindacati! Diciamo le cose come stanno!
GIROLAMO TRIPODI. I sindacati hanno fatto questa
scelta
ma non è solo Gioia Tauro che decide, perché le
popolazioni della piana si sono pronunciate anche
con un referendum che ha riportato un plebiscito
contro la centrale a carbone.
           PAOLO CABRAS, Relatore . In regione ne hanno
discusso per giorni interi e lo sai benissimo!
GIROLAMO TRIPODI. Dove? Chi?
        PAOLO CABRAS, Relatore . Nella regione Calabria, i
consiglieri regionali.
          GIROLAMO TRIPODI. Non è vero! L'hanno discusso
                             quelli di
Gioia Tauro.
 PAOLO CABRAS, Relatore . L'ente regione!
 GIROLAMO TRIPODI. Il consiglio regionale ha votato
un documento, contro la centrale a carbone, che
esprimeva la disponibilità per la costruzione di una
centrale di media taglia alimentata a metano. Questi
sono i documenti! Ha detto "no" al carbone. Adesso
la giunta ha ceduto sconfessando il consiglio
regionale.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Ecco, adesso ha detto
un'altra cosa. Io parlo di adesso, non di quattro
anni fa. GIROLAMO TRIPODI. No, non è vero! Lei è
portatore delle
spinte che vengono esclusivamente da Gioia Tauro.
 SALVATORE FRASCA. Perché deve essere confermato un
presidente che fa gestire gli appalti del suo ente
alla mafia? Questo è il problema che dobbiamo
risolvere!
                             Pag.2929
 GIROLAMO TRIPODI. Quello di cui parlo è un
documento di un anno fa, che rispecchia la realtà
attuale, non di quattro anni fa.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Comunque, l'orientamento
adesso è diverso e lei lo sa.
 GIROLAMO TRIPODI. Certo, infatti sto parlando di un
cedimento. Ho parlato di un atto di grave
irresponsabilità delle forze che governano questa
regione.
  L'altra questione che mi pare non venga fuori
dalla relazione è il ruolo avuto dalla regione dal
1970 ad oggi. Mi riferisco alla sua gestione che,
invece di evitare la crescita di fenomeni di
intreccio con la mafia, l'ha favorita. Tutta la
gestione regionale ha favorito la crescita mafiosa!
Del resto, lo dimostra lo stesso fatto che oggi nel
consiglio regionale questo non può sfuggire - oltre
il 50 per cento dei consiglieri è inquisito, alcuni
sono in galera o sospesi. Questi sono fatti! Eppure
su tutto ciò non vi è una parola in questa
relazione. Queste cose vanno dette. Come si può
combattere la mafia quando non diciamo che sono in
galera o sospese persone elette dalla mafia che
facevano parte organica del consiglio regionale?
Credo che questi fatti la relazione ha il dovere di
denunciarli, perché certamente un'istituzione
regionale che si trova in queste condizioni di fatto
favorisce gli interessi della mafia.
           SALVATORE FRASCA. Ci sono 23 o 24 consiglieri
                             regionali
inquisiti!
 GIROLAMO TRIPODI. L'ho detto già. Un'istituzione
regionale in tali condizioni non può funzionare e
produce danno all'immagine delle istituzioni. In
merito alla lotta alla mafia, nonostante i positivi
risultati raggiunti, credo che questo fenomeno non
si possa considerare attenuato, perché da quanto
abbiamo riscontrato nei sopralluoghi e nelle
audizioni la mafia si è estesa anche in territori
dove precedentemente non era presente. Questo tema
andava inserito nella relazione eppure ad esso non
si fa cenno.
         Non vi è un cenno neppure per quanto riguarda la
                             condotta
di parti dello Stato nei confronti di quei settori
della magistratura che si sono impegnati. Mi
riferisco al caso di Palmi, allo smantellamento
quasi totale degli organici di quegli uffici
giudiziari, a tutte le vicende riguardanti il
procuratore Cordova, le inchieste e gli attacchi
violenti nei suoi confronti; tutto questo non è
venuto fuori nella relazione. Eppure, sono vicende
alle quali bisogna dare il dovuto risalto, perché i
fatti hanno dimostrato che non c'erano
responsabilità da parte di questi magistrati. A
questo proposito, vi è l'esigenza che si vada fino
in fondo per fare chiarezza e dare il giusto
riconoscimento a coloro che hanno lottato e che sono
stati per questo anche perseguitati soprattutto
dall'ex ministro Martelli - e per far emergere le
responsabilità di coloro che invece non hanno fatto
niente e si sono associati agli attacchi portati
avanti nei confronti di quei magistrati. Su tutto
ciò bisogna fare piena luce, in quanto con tali
attacchi si volevano bloccare le inchieste sulla
centrale di Gioia Tauro e la massoneria deviata.
Bisogna andare fino in fondo per quanto riguarda la
condotta di quegli uffici giudiziari dove si è
registrato lassismo o addirittura contiguità. Sono
vicende che stanno venendo alla ribalta proprio in
questi giorni: ricordo quel che ha detto Macrì - su
cui si è prima soffermato il senatore Frasca - e le
querele che vengono presentate come reazione da
parte del responsabile degli uffici di Reggio
Calabria. Questi episodi vanno considerati, così
come bisogna porre attenzione a quel che è avvenuto
in questi giorni, sempre in riferimento alla vicenda
di Gioia Tauro, cioè l'anticipato trasferimento del
GIP Elena Massucco, nonostante che costei avesse
chiesto di rimanere per tutto il tempo che la legge
prevede. Invece, rapidamente, in modo assolutamente
discutibile, era stata trasferita a Torino.
Nonostante che il ministro di grazia e
                             Pag.2930
giustizia fosse intervenuto per bloccare il
trasferimento, successivamente il capo del
personale, il dottor Testi, che mi pare abbia avuto
rapporti con personaggi della P2, ha adottato di
nuovo un provvedimento di trasferimento.
L'intendimento che emerge è quello di affossare le
inchieste sulla centrale e sulla massoneria deviata:
la dottoressa Massucco sta gestendo la fase finale
delle inchieste sugli appalti di Gioia Tauro, dove
sono state commesse irregolarità negli appalti che
hanno consentito la penetrazione mafiosa e sono
coinvolti Viezzoli, presidente dell'ENEL, grandi
imprese di fama nazionale, personaggi mafiosi e
politici di livello nazionale. Nel momento in cui ci
si avvicinava alla conclusione delle indagini
preliminari, questo magistrato è stato trasferito.
Il trasferimento può avere la finalità di insabbiare
queste inchieste. Ci sono forze potenti che si
stanno muovendo in questa direzione. Nonostante la
dottoressa Massucco avesse chiesto di rimanere e il
presidente della corte d'appello avesse promesso che
avrebbe accettato quella richiesta, poi in realtà
l'ha disattesa. Per fortuna, dopo la reazione
popolare, il ministro ha revocato questo frettoloso
trasferimento.
  Un altro tema che manca nella relazione è quello
riguardante il comportamento dei TAR, del quale
abbiamo già parlato altre volte. In Calabria si è
verificato un altro fatto preoccupante: quasi tutti
i consiglieri provinciali e comunali rimossi sono
stati riammessi attraverso sentenze dei TAR. Pur
essendosi comportati in contrasto con la legge dello
Stato sono stati tutti reintegrati. Anche su questo
bisogna dire qualcosa. Dobbiamo approfondire il
comportamento dei TAR nelle zone di mafia.
Certamente, queste decisioni sono preoccupanti.
Parlo della provincia di Reggio Calabria ma pare che
decisioni analoghe siano state assunte anche in
provincia di Cosenza.
         Infine, nella relazione manca una parte dedicata
                               alle
questioni di carattere sociale. Certamente, la lotta
alla mafia va portata avanti ma devono essere
evidenziate e risolte anche le gravi situazioni sul
piano sociale ed economico della Calabria. Non
possono essere trascurate ma nella relazione sono
completamente ignorate.
  Poi, l'aspetto più evidente è la mancanza di
proposte, di suggerimenti per affrontare la
situazione calabrese. Non si può approvare una
relazione che fa soltanto filosofia su certe
situazioni e che è reticente sulle questioni
fondamentali. Ci vogliono proposte per quanto
riguarda l'adeguamento degli organici della
magistratura, occorre l'intervento sugli uffici
giudiziari per fare piena luce su situazioni
particolarmente non chiare. Non mi riferisco solo
alla situazione di Paola che è travagliata da
pesanti problemi, ma anche a quella degli uffici di
Reggio Calabria a tutti i livelli.
  E' necessario un grande impegno per rilanciare la
trasparenza. Si pone l'esigenza di una rottura
totale da parte dei partiti politici che hanno avuto
collegamenti con la mafia. Nella relazione manca un
riferimento alla questione conseguente - relativa
alla situazione del consiglio regionale. Anche su
questo occorre pronunciarsi. Non può rimanere in
carica un consiglio la cui maggioranza è inquisita.
  Naturalmente, sono necessarie proposte per
risolvere il problema sociale. La Calabria è la
regione con il più alto tasso di disoccupazione (in
alcune zone i disoccupati superano il 30 per cento).
Vogliamo che ci sia la prevenzione, la repressione,
il contrasto rigoroso a tutti i livelli del fenomeno
mafioso ma accompagnato da risposte ai problemi del
futuro della vita della gente, dello sviluppo e
dell'occupazione.
  Inoltre, anche per dare respiro al discorso, non
c'è dubbio che bisogna insistere per andare a fondo
sulle responsabilità del passato, perché non si
verifichino più quei torbidi rapporti tra la mafia e
centri di potere decisionale locali e nazionali,
politici o amministrativi, che hanno determinato una
spartizione affaristica ed incentivato le illegalità
con l'uso delle risorse pubbliche. Dovremmo
verificare, ad esempio, in che modo in
                             Pag.2931
Calabria si ponga il problema dell'uso del
territorio, tenuto conto che si tratta di una delle
aree maggiormente sconvolte dalla speculazione e
dall'abusivismo che con il saccheggio del territorio
rappresentano un fenomeno largamente diffuso.
Sarebbe stato quindi opportuno inserire nella
relazione un riferimento a tale aspetto.
  Dobbiamo inoltre richiamare l'attenzione sulla
necessità di un migliore coordinamento delle forze
dell'ordine, in modo tale da consentire ad esse la
possibilità di portare avanti in modo efficace la
battaglia finalizzata alla sconfitta del fenomeno
mafioso, senza sovrapposizione di interventi nelle
inchieste e senza spreco di energie.
  Poiché mi è sembrato di capire che la relazione
debba essere votata oggi, a questo punto non vi
sarebbe più la possibilità di presentare emendamenti
(tra l'altro, il termine entro il quale poterli
depositare non è stato mai indicato). Comunque, per
quanto ci riguarda, il problema non è limitato a
qualche aggiustamento od integrazione, poiché
riteniamo che sia tutta l'impostazione della
relazione a dover essere modificata.
 PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la votazione della
relazione sulla Calabria non avverrà oggi.
        GIROLAMO TRIPODI. Sì, ma era emerso un orientamento
                                nel
senso di votare oggi. Vi sono poi stati alcuni
colleghi che hanno chiesto un rinvio. A questo
punto, potrebbero quindi essere presentati eventuali
emendamenti. Tuttavia per quanto
ci riguarda - ripeto - confermiamo il giudizio
negativo che avevamo espresso sulla precedente
formulazione della relazione. Indubbiamente vi sono
state integrazioni e modifiche ma si tratta comunque
di interventi molto marginali: la sostanza rimane
invariata e certamente noi non voteremo a favore
della relazione perché riteniamo che essa, piuttosto
che aiutare la lotta alla mafia in Calabria, creerà
ulteriore confusione.
 ROSARIO OLIVO. Mi sforzerò di essere molto breve e
mi limiterò ad alcune considerazioni essenziali e,
spero, equilibrate. Dal punto di vista della
valutazione generale, confermo il giudizio formulato
nel mio intervento svolto nella seduta dello scorso
mese di luglio. Considero accettabile l'impianto
complessivo della relazione Cabras, che recepisce
indicazioni e valutazioni emerse nel corso degli
ultimi mesi in occasione delle numerose audizioni
alle quali abbiamo proceduto sul posto. Le
indicazioni ci sono state fornite dai rappresentanti
delle istituzioni regionali e locali, della
magistratura calabrese, delle forze dell'ordine e
delle forze politiche e sociali e su di esse si è
svolto un confronto serrato ed approfondito.
  Il vicepresidente Cabras ha profuso uno sforzo
importante, del quale credo gli vada dato atto, per
ricondurre a sintesi una sintesi che considero
importante - il lavoro di acquisizione delle
informazioni. Il quadro che ne viene fuori (io
stesso ho partecipato alle visite effettuate dalla
nostra Commissione in Calabria - che mi sembra siano
state quattro o cinque - ed ho quindi preso parte
alle audizioni, delle quali in modesta misura sono
stato protagonista) è realistico, perché rappresenta
una sintesi delle cose ascoltate e del confronto che
si è svolto negli ultimi mesi in quella regione.
Ciò nonostante, è necessario un ulteriore sforzo di
integrazione, al fine di chiarire meglio aspetti non
secondari che sono rimasti ambigui anche nell'ultima
stesura della relazione. Si tratta di un dato che è
stato sottolineato anche dai colleghi che mi hanno
preceduto, con i quali concordo. E' fuori dubbio
infatti che vi sia la necessità di un ulteriore
sforzo di integrazione e di approfondimento. Non
ritornerò su alcune giuste considerazioni
sottolineate dai colleghi intervenuti prima di me e
mi limiterò ad indicare gli aspetti che a mio avviso
andrebbero ulteriormente chiariti. Mi riferisco
anzitutto alle indagini sulla massoneria deviata.
Nella relazione è contenuta una parte che fa
riferimento a questo aspetto importante. Tuttavia
(in questo senso richiamo l'ultima considerazione
                             Pag.2932
 svolta dall'onorevole Tripodi, che mi sento di
condividere) mi appare inquietante la frettolosità
con la quale è stato affrontato il trasferimento
della dottoressa Massucco, che a Palmi ha in mano
cose scottanti...
 PAOLO CABRAS, Relatore . Sì, ma non riguardano la
massoneria bensì gli appalti!
 ROSARIO OLIVO. No, riguardano anche la massoneria
deviata (l'indagine lasciata da Cordova prima del
suo trasferimento), l'ENEL, Gioia Tauro. Credo che
su una questione di particolare delicatezza noi
abbiamo il dovere di fare una sottolineatura con
riguardo alla estrema frettolosità con la quale
viene considerata la vicenda di una richiesta
proveniente da questo magistrato di concludere
indagini che caspita! - non sono di poco momento. Su
tale aspetto una nostra riflessione credo possa
servire in questo momento particolare, presidente
Violante, presidente Cabras.
          Quanto al rapporto mafia-politica ed al voto di
                             scambio,
il procuratore Cordova stava indagando anche in
questo settore. Noi lo abbiamo ascoltato qualche
mese fa ed in quella occasione lo abbiamo incalzato
con le nostre domande. Non so
se il procuratore Cordova abbia fatto pervenire alla
Commissione ulteriori elementi rispetto alle
dichiarazioni rese in questa sede. Lo chiedo al
presidente della Commissione ed al collega Cabras:
Cordova ha mandato un rapporto sull'indagine da lui
avviata lo scorso anno? Mi pare che fosse questa
l'intesa con la quale ci eravamo lasciati, se non
ricordo male (e credo proprio di non ricordare
male!). Aveva parlato di indagini sul voto di
scambio e sul sequestro di materiale elettorale. Noi
gli abbiamo chiesto non soltanto notizie ma anche un
rapporto circostanziato su quella vicenda. Se non è
stato mandato, ne prendo atto.
          Mi sono meravigliato nel constatare che questa
                            mattina non
sia stata messa in rilievo una vicenda che abbiamo
appreso ieri o avanti ieri e che considero
sconcertante ed incredibile. Mi riferisco alla
vicenda di Giacomo Mancini, che è stato valoroso
collega e membro di questa Commissione. Se il
rapporto mafia-politica ed il problema del voto di
scambio in Calabria si riduce alla vicenda Mancini,
resto veramente e profondamente turbato.
Naturalmente rimango anch'io in attesa di avere
elementi, di capire. Ma se oggi - ripeto - il
rapporto mafia-politica e la questione del voto di
scambio vengono identificati in questa sconcertante
vicenda, io resto sinceramente sconvolto - devo
dirlo ai colleghi della Commissione - ed ho una
nettissima reazione di rigetto. Io e anche
tantissimi calabresi conosciamo la storia e le
scelte di campo e di vita di Giacomo Mancini,
conosciamo le sue battaglie nella lotta antimafia in
Calabria e nel Mezzogiorno d'Italia. Vorrei
chiedere: si guardano, si valutano le battaglie
portate avanti per decenni su questo terreno,
battaglie che, nel caso di Mancini, sono state
condotte alla luce del sole, fino a qualche sera fa,
anche dai teleschermi nazionali? Si tratta di
battaglie che comportano un impegno, uno spendersi,
che costano anche rischi personali quando come è
avvenuto nel caso di Mancini - sono stati sempre
fatti nomi e cognomi e non accuse generiche. Credo
che noi abbiamo il dovere di richiamare una maggiore
attenzione, un maggiore approfondimento, riscontri
più puntuali e credibili prima che si affermino
accuse che onestamente finiscono per far comprendere
- almeno per quanto riguarda il sottoscritto - la
constatazione amara di Michele Pantaleone: "Se tutto
è mafia, allora nulla è mafia!". Dobbiamo stare
attenti in Calabria, perché c'è un gioco di
depistaggio, c'è il gioco di chi intende sollevare
polveroni - non so se in tale gioco vi siano anche
alcuni pentiti - nei quali sono tutti coinvolti,
cosicché non paghi chi deve pagare e non viene fuori
il marcio che invece c'è nel rapporto mafia-politica
e nel voto di scambio. Non sarò certo io a
minimizzare o a svilire il significato di certe
indagini. Però, attenzione: su questo terreno noi
abbiamo il
                             Pag.2933
dovere di capire meglio e di invitare chi di dovere
a prestare una maggiore attenzione a certe vicende.
Analoga considerazione vorrei fare per le altre
figure che in questa vicenda sono state chiamate in
causa in maniera indiretta o comunque ambigua. Si è
detto: "Mancini accompagnato da avvocati", e si è
fatto il nome di Casalinuovo e di Gullo. Resto
davvero trasecolato, perché tra l'altro si tratta di
grandi figure sul piano morale e professionale e su
quello della lotta antimafia. Casalinuovo e Gullo
sono figure intemerate, integerrime, personalità
adamantine. Lo dico non perché intenda assumere la
difesa d'ufficio di qualcuno; del resto, si tratta
di personalità che non hanno certo bisogno di
difensori d'ufficio della mia modestia. Per loro
parla una vita, parla quello che queste figure sono
oggi: uno è vicepresidente dell'Associazione delle
camere penali italiane e l'altro è presidente di una
prestigiosa accademia nazionale.
Il mio - sinceramente - non è uno sfogo, anche
perché rifletto molto sulle cose prima di dirle. Mi
sforzo di riflettere. Ho notizia di richieste di
misure di allontanamento dal proprio comune di un
vecchio amministratore locale di Roccella Ionica,
Antonio Zito, sul quale si sta indagando. Per
carità: l'indagine vada avanti! Io conosco questo
amministratore comunale che, per quanto mi riguarda,
è un amministratore perbene e stimato, conosco le
sue battaglie...
 PAOLO CABRAS, Relatore . E' consigliere regionale.
 ROSARIO OLIVO. Sì, ma è stato anche sindaco di quel
comune nel quale ha condotto grandi battaglie,
collega Cabras. PAOLO CABRAS, Relatore . Lo so.
 ROSARIO OLIVO. Sinceramente, resto in attesa di
capire meglio queste cose. Vorrò capire da cosa
nascono e quali elementi di supporto essi abbiano.
Vorrei parlare di altre vicende ma non lo faccio. Ma
comincia ad essere più chiaro e a farsi strada in me
il sospetto che si voglia, da qualche parte,
sostenere l'equazione secondo cui in Calabria mafia
è uguale a socialisti. Si tratta di un teorema che,
per la parte che mi riguarda (voglio dirlo con molta
chiarezza in questa Commissione, senza - lo ripeto -
fare il difensore d'ufficio di nessuno, neppure
della forza politica alla quale appartengo), è
infame ed inaccettabile, e che i fatti si
incaricheranno di dimostrare falso, non veritiero.
       L'ultima considerazione che vorrei svolgere riguarda
                                la
questione della regione e delle autonomie locali.
Anche su questo piano, non intendo fare il difensore
d'ufficio né della regione, di cui sono stato
presidente, né delle autonomie locali calabresi e
non voglio neppure entrare in polemica con colleghi
che hanno svolto legittimamente le loro
considerazioni al riguardo.
  Conosco molto bene le infiltrazioni malavitose
nella vita delle autonomie locali e della stessa
regione calabrese (non sarò certo io a
minimizzarle), ma non accetto una criminalizzazione,
una demonizzazione complessiva, generica e
generalizzata, sommaria, né della regione né delle
autonomie locali, che continuano a rimanere presìdi
insostituibili della vita democratica, che dobbiamo
salvaguardare; occorre certamente bonificarle e
risanarle profondamente ma anche aiutarle e
sorreggerle in un lavoro difficile e complesso, che
però resta importante a salvaguardia della vita
democratica nella nostra regione. Lo dico perché vi
è una tendenza, estremamente pericolosa, a sostenere
che sia meglio il commissario piuttosto che le
autonomie locali o regionali.
Occorre fare attenzione a restringere gli spazi di
partecipazione, di vita democratica nel Mezzogiorno
d'Italia. Non condivido questa linea e mi colloco
sull'altro versante, quello che si propone di
denunciare, di far venire fuori il marcio laddove
questo esiste, di risanare e bonificare
profondamente, anche attraverso la
                             Pag.2934
denuncia più spietata, ma sempre - lo ripeto - nella
salvaguardia di queste istituzioni.
  A pagina 62 della bozza di relazione vi è il
seguente riferimento: "Non a caso negli anni
trascorsi l'uso delle risorse regionali nei settori
della forestazione, dell'agricoltura e dei lavori
pubblici ha consentito l'insediamento mafioso non
soltanto per la volontà dei singoli responsabili
politici, ma anche per la fragilità del tessuto
amministrativo e dei controlli, e questo avveniva
indipendentemente dalla diversa composizione
politica, nel tempo, dei governi regionali".
Concordo con tale valutazione, ma mi permetto di
suggerirne un'altra (tengo molto a questa
integrazione), volta a precisare che nel passato
governi regionali di vario colore politico...
              PRESIDENTE. Di tutti i colori politici.
 ROSARIO OLIVO. .. non hanno esitato, facendo nomi e
cognomi e presentando ai commissari antimafia ed
alla magistratura montagne di documentazione, a
compiere denunce importanti sulla forestazione e
sull'abusivismo edilizio, collegato anche a fatti
malavitosi. Si tratta di sei o sette
anni fa e le denunce sono rimaste inascoltate, visto
che su di esse non abbiamo sentito assolutamente
nulla.
  Per esempio, pur essendo firmatario di alcune di
quelle denunce, non sono mai stato neppure convocato
per chiedermi che cosa intendessi dire e di cosa
volessi parlare. Si trattava di valige di documenti,
ed erano documenti a rischio perché si era in
presenza di denunce non solo generiche ma anche
specifiche.
  Ricordo di essere stato tra i presidenti firmatari
di ordini di demolizione emessi nei confronti di un
abusivismo inquietante; ma i TAR che cosa hanno
fatto?
  Nella stessa pagina 62 della relazione, nel
periodo precedente a quello che ho citato, collega
Cabras, vi è un accenno, che condivido, ai comitati
regionali di controllo, ma sui TAR potremmo dire la
stessa cosa. Da questi, infatti, venivano ordini di
dissequestro a fronte di ordinanze che noi avevamo
emesso, di denunce che noi personalmente siamo
andati a                 portare ai pretori, alla
magistratura.
  Anche di questi fatti è giusto che si parli,
cogliendo le luci e le ombre nell'attività dei
governi regionali e delle amministrazioni locali. Ci
sono state certamente ombre che si sono allungate
pesantemente, ma ci sono state anche le luci, alle
quali bisogna accennare, nell'ambito di una
valutazione complessiva che deve essere equilibrata.
Queste cose, infatti, bisogna dirle, perché si sono
verificate e appartengono, non alla storia (non
voglio scomodare questo grande termine), ma alle
piccole storie, alla cronaca. In questo periodo in
cui vi è la tendenza (questo è il clima) a
demonizzare e criminalizzare gli enti locali come
luoghi di malaffare e la regione come luogo di
"camarille", dobbiamo cercare di capire meglio, di
scavare di più, di essere più obiettivi e oggettivi
nelle nostre valutazioni.
  Concludo qui il mio intervento, anche perché non
intendevo parlare a lungo e invece l'ho fatto, come
spesso mi capita.
ANTONINO BUTTITTA. Capisco la passione che i
colleghi
calabresi hanno messo nei loro interventi, passione
che alla fine è emersa anche nell'intervento del
collega Olivo, il quale aveva affermato, nel suo
incipit , che non si
sarebbe lasciato trascinare dai sentimenti.
        PRESIDENTE. Capita anche a un valdese di lasciarsi
trascinare dai senti-menti!
 ANTONINO BUTTITTA. La verità è che la realtà
calabrese, come tutte le realtà arcaiche (lo dico
dal punto di vista antropologico), è molto complessa
e drammatica.
Ritengo, senza farmi obnubilare dalle passioni
(anche
perché si tratta di una realtà che conosco bene),
che sia giusto affermare, dopo aver letto molto
attentamente la relazione, che quest'ultima, nel
                             Pag.2935
suo impianto generale, è eccellente. Lo è nella
struttura e lo è anche per certi tratti
significativi: per esempio, l'individuazione
sociologica e antropologica del fenomeno è molto
lucida, come raramente accade quando si leggono
analisi territoriali di fenomeni di questo tipo, di
cui purtroppo il nostro paese ha ormai una tale
letteratura da poter riempire intere biblioteche.
  Devo dire che nella relazione, in termini molto
sintetici, il fenomeno viene individuato in maniera
esemplare nei suoi tratti sociologici e
antropologici. Per esempio, viene fotografata la
natura familistica del fenomeno mafioso, quale non
si riscontra più in altre aree non solo nazionali ma
anche
internazionali. Questo è un connotato che
costituisce la dimostrazione del carattere arcaico
di questo fenomeno criminale, quale si presenta in
Calabria.
          Inoltre, contrariamente a quanto è stato detto,
                             trovo che
nella relazione siano individuate e indicate le
radici sociali del fenomeno e che vi sia anche una
rappresentazione precisa della sua evoluzione:
laddove si parla dei rapporti tra le diverse
famiglie mafiose ed anche con organizzazioni
criminali non calabresi, si fa capire che queste
strutture criminali dalla dimensione familistica si
stanno avviando, come del resto viene indicato nella
relazione, verso un'organizzazione di tipo
orizzontale, che finirà con il superare la struttura
familistica su cui quelle organizzazioni si sono
fondate.
            Il problema vero risiede nell'analisi delle
                            connessioni
tra questo fenomeno e il mondo delle professioni,
della politica e dell'economia. Al riguardo, sono
d'accordo con tutti i colleghi intervenuti nel
sostenere che, nel momento in cui si passa
all'analisi e all'esame delle connessioni, queste
ultime sono più suggerite che indicate. Questo va
bene nelle analisi di taglio scientifico che
ovviamente, per la mia educazione, sono portato a
privilegiare, ma non va invece bene in una relazione
prodotta da questa Commissione.
  Giudico pertanto corretta l'esigenza espressa dai
colleghi in ordine al fatto che la relazione ha
bisogno di alcune integrazioni significative:
occorre che siano citati esempi concreti circa il
rapporto tra istituzioni e criminalità; per esempio,
i rapporti tra l'ENEL e la famiglia Piromalli sono
un fatto così eclatante che non può assolutamente
essere sottaciuto; si tratta invece di uno degli
elementi che devono essere necessariamente inclusi
nella relazione, nella quale devono comparire anche
i comportamenti discutibili di alcuni magistrati.
Non si può infatti soltanto suggerire una
connessione tra universo mafioso e universo
giudiziario, ma è necessario che siano ricordati e
sottolineati alcuni episodi, anche perché è giusto
che tali episodi ricevano, da parte della nostra
Commissione, se non altro il giudizio che meritano.
  E' altresì giusto, sempre restando nell'orizzonte
dei fatti concreti, ricordare l'oscillante
comportamento delle istituzioni e delle forze
politiche. Ha ragione il collega Olivo nel momento
in cui ritiene sbagliato liquidare con un giudizio
negativo tutto quello che è stato fatto dalle
istituzioni e dalle forze politiche in ordine a
questo fenomeno. E' necessario infatti introdurre le
opportune distinzioni, perché in effetti in
Calabria, più che altrove, abbiamo assistito, nel
tempo, ad un comportamento rapsodico, oscillante sia
delle istituzioni sia delle forze politiche sia
della magistratura, per cui in taluni momenti,
grazie ad alcuni uomini coraggiosi della
magistratura e delle istituzioni, si è manifestata
un'azione positiva in ordine al fenomeno criminale,
mentre in altri momenti le collusioni sono risultate
assolutamente evidenti, palmari, come di fatto sono
ancora oggi in alcuni casi.
       Da tutto questo nasce la richiesta che la relazione,
                               già -
lo ripeto - eccellente, venga integrata con alcuni
esempi concreti. Inoltre (ma questa è una
considerazione che va al di là della relazione),
vorrei invitare la Commissione a riflettere sul
fatto che, come risulta anche dalla
                             Pag.2936
relazione, nonostante tutti gli sforzi compiuti in
questi anni, in realtà il fenomeno mafioso, invece
di indebolirsi, è andato progressivamente
rafforzandosi. Questo fatto risulta evidente nella
stessa relazione. Mi pare che a un certo punto...
 PAOLO CABRAS, Relatore . E' detto!
            ANTONINO BUTTITTA. E' detto che il fenomeno
                           criminale si
è rafforzato, si è potenziato. Questo è un fatto che
è accaduto in Calabria, che è accaduto, ahimé, in
altre regioni e          secondo me questo è il vero
problema sul quale la
Commissione deve interrogarsi. Come è possibile che
dopo tanto impegno, tanti sforzi, tanto coraggioso
lavoro da parte delle forze dell'ordine, della
magistratura, tanto impegno profuso dalle diverse
Commissioni antimafia che si sono succedute negli
anni, si debba purtroppo constatare che il fenomeno
invece di indebolirsi si è rafforzato? Si tratta di
un interrogativo a mio giudizio drammatico al quale
la Commissione dovrà dedicare ogni opportuna
attenzione.
 CARLO D'AMATO. Il presidente Violante ritiene
giustamente che la discussione debba concludersi
nella giornata odierna.
 PRESIDENTE. Vi è un ordine del giorno.
           SALVATORE FRASCA. Il senatore Cabras non può
                             replicare
la prossima volta?
          PRESIDENTE. E' il relatore che decide; intanto
                              andiamo
avanti.
 CARLO D'AMATO. Mi rendo conto che, rispetto alla
competenza dell'essere protagonisti in loco dei
colleghi componenti della Commissione della
Calabria, le mie possono essere più indicazioni e
valutazioni di massima che non
specifiche ed approfondite analisi sulle questioni
oggetto di una relazione indubbiamente importante,
alla quale credo che lo sforzo dei colleghi dovrà
valere per dare ulteriori contributi, non sottacendo
l'impegno che il collega Cabras ha svolto
sull'argomento.
  Vorrei rifarmi all'ultima parte dell'intervento
del collega Buttitta, il quale si domandava e
domandava alla Commissione come mai alla fine di
ogni relazione che ha riguardato una volta la
Puglia, ora la Calabria(probabilmente
in questi giorni ci occuperemo anche della Campania)
rileviamo che, pur a fronte di un impegno più
massiccio, di un dispiegamento delle forze
dell'ordine più consistente e di una presa di
coscienza più generale dell'esistenza del fenomeno
criminale mafioso, camorristico o della 'ndrangheta,
ci troviamo di fronte ad un consolidamento della
malavita organizzata. Credo che questa sia una
giusta domanda. In maniera parziale, almeno in
questa parte della nostra attività e   recuperando
un'opinione generalmente diffusa, che a mio
giudizio però non va trascurata, assegniamo alle
forze politiche la responsabilità sola ed esclusiva
del modo di governare che ha caratterizzato,
specialmente nel Mezzogiorno d'Italia, questi ultimi
anni della vita politica amministrativa.
  Dico questo in quanto tale dato emerge chiaramente
e viene sottolineato in maniera adeguata nella
relazione. Ad esso però occorrerebbe integrare un
altro dato, almeno sulla base di quelle poche
esperienze maturate in Calabria (sono stato a
Catanzaro un paio di volte, per cui non ho una
visione complessiva del problema). Ciò che emerge è
che una situazione così gravemente compromessa della
libertà e quindi della presenza di un'organizzazione
criminale che si va consolidando, è sempre
determinata dal concorso di vari fattori, al quale
non è estraneo (e questo il presidente Violante lo
ha sottolineato nella bozza di relazione) un modo di
essere della burocrazia, e quindi della classe
dirigente amministrativa, specialmente quella degli
enti locali nell'Italia meridionale, che rappresenta
una componente essenziale dello svilupparsi del
fenomeno criminale
                             Pag.2937
che molto spesso, anziché essere un punto di
riferimento alternativo di interfaccia, di
contrapposizione con la classe dirigente, è il punto
di riferimento e di attacco delle politiche mafiose
per quanto riguarda la gestione degli enti
pubblici. Non sono rari i casi in cui la parte
politica, gli amministratori sono l'anello terminale
di un disegno criminoso che parte della malavita
organizzata, si identifica con gli amministratori e
si conclude (consapevolmente, ma molto spesso anche
inconsapevolmente) con amministratori che sono il
terminale di un disegno sviluppatosi nel corso di
questi anni.
A tutto ciò si collega (non voglio anticipare la
discussione) quella parte, che abbiamo fatto oggetto
di varie riflessioni all'inizio della nostra
attività, la mancata applicazione della legge n. 142
che rappresenta un momento significativo, almeno
nelle intenzioni del Parlamento, di separazione
delle responsabilità. E' importante infatti separare
le responsabilità, anche perché altrimenti ci
troviamo a formulare un giudizio sommario che alla
fine criminalizza tutto e non individua
responsabilità. In questo quadro va inserito anche
il discorso della magistratura, della prefettura,
degli organi di polizia. Il bello è che non possiamo
dire: non ce ne eravamo accorti, oppure che abbiamo
peccato di omissione. Se è giusto che la classe
politica debba pagare, come paga con avvisi di
garanzia, richieste di rinvio a giudizio, eccetera,
non è giusto, dal punto di vista del potere affidato
alla magistratura, che si abbiano soltanto
dichiarazioni o interventi, più o meno
significativi, di ordine disciplinare da parte del
Consiglio superiore della magistratura, non
affrontando in pratica il nodo del mancato
funzionamento della giustizia nella regione
Calabria, che diventa un aspetto determinante ai
fini dell'azione di contrasto ed ai fini della
ripresa dell'agibilità delle istituzioni
democratiche e della vita civile. Quindi in questo
quadro affermare, come giustamente fa la relazione,
che vi sono stati nel panorama della giustizia
calabrese oasi importanti e significative, come
quella di Palmi, e rilevare alcune disfunzioni ed
alcune discrasie in altri distretti, è certamente un
dato di cronaca. Esso però, secondo me, dovrebbe
essere integrato con un giudizio politico più
generale, più complessivo della nostra Commissione,
anche sul risultato quantizzato e non sull'analisi
compiuta dalle forze di polizia. Ogni volta che ci
rechiamo in qualche luogo registriamo sempre un
successo delle forze dell'ordine perché sono
diminuiti gli omicidi, è diminuito il racket, sono
diminuiti le estorsioni ed i furti. Alla fine però
dall'analisi quantitativa e qualitativa del fenomeno
si vede che rimangono impuniti ancora centinaia di
omicidi in Calabria, esistono ancora una serie di
sequestri di persone delle quali non si ha notizia e
si continuano a verificare, purtroppo anche
recentemente, fatti che si iscrivono in una logica
ben lungi dall'essere debellata.
  Quindi una puntualizzazione sull'attività della
magistratura nel corso di questi anni deve essere
fatta esaltando naturalmente le positività, perché
non dobbiamo esprimere anche qui un giudizio critico
e individuando complessivamente la risposta che
nelle varie realtà e complessivamente la
magistratura ha dato o non ha dato. Analogo discorso
vale anche per le forze dell'ordine. Quando si
giunge ad un tal punto di inflazione del fenomeno
criminale, vi sono gravi responsabilità ed omissioni
che lo hanno consentito e che appartengono ai vari
settori e gangli fondamentali di una società. Se ci
sono state collusioni delle forze di polizia con la
'ndrangheta, con la malavita organizzata (e credo
che non possano non esservi state, perché quando le
cose arrivano a questo punto significa che qualcosa
è accaduto e perlomeno vi è stato un peccato di
omissione, una mancata vigilanza o una vigilanza non
adeguata), allora queste cose devono essere
obiettivamente approfondite.
  Rispetto alle questioni più particolari, ve ne è
una sulla quale intendo fare una riflessione senza
sollevare alcun
polverone. Il presidente non me ne voglia, ma
                             Pag.2938
sono rimasto un po' dispiaciuto di quanto è accaduto
la scorsa volta: quando ho sottolineato la questione
dell'attività svolta in particolare dal gruppo di
lavoro che si occupa degli appalti, non sono stato
certo animato da sospetti di qualsiasi genere. Parto
da un dato che a mio giudizio è obiettivo. Quando
parliamo di appalti pubblici e quando facciamo
riferimento alle evidenti collusioni tra alcuni
imprenditori ed alcune parti politiche, ci
rifacciamo indubbiamente ad un dato che esiste. Però
quando vediamo che in alcune realtà i consorzi sono
costituiti da imprenditori, noti o meno noti,
nazionali o locali, da altre forme di impresa, come
ad esempio la lega delle cooperative, il problema
dobbiamo porcelo. Non voglio sostenere la tesi che
la lega delle cooperative è comunque coinvolta, ma
la gente si pone alcune domande. Vorrei riportare un
semplice dato. Se a Reggio Calabria vi è un
consorzio composto da Tonno, Lodigiani e la lega
delle cooperative (dico dei nomi che possono anche
non avere alcun riferimento) e si scopre che vi è
una connessione tra essi ed alcuni referenti
politici, ci si domanda: ma all'atto della
costituzione del consorzio si sapeva qualcosa? Chi
ha determinato la costituzione del consorzio sapeva
che vi era un disegno criminoso che lo ispirava? C'è
stato un ruolo consapevole dei soggetti che hanno
fatto parte del consorzio o no? Noi corriamo il
rischio di dire che vi sono responsabilità soltanto
di alcune parti politiche, che sono obiettive ed
evidenziate (non entro nel merito dell'azione della
magistratura ancora in corso e che dispiegherà i
suoi effetti, mi auguro, nel più breve tempo
possibile) e di dare un giudizio parziale di cui
credo la Commissione non voglia farsi carico. Devo
infatti dar atto al presidente e all'intera
Commissione che si è operato sempre con uno spirito
tendente a capire, a colpire, ad evidenziare fatti
obiettivi e responsabilità generali, anziché
limitarsi a compiere un'azione particolare che non
gioverebbe a nessuno, in quanto attiverebbe
meccanismi difensivi non giusti e che non
riguarderebbero i lavori della Commissione.
          Sul problema del ruolo svolto dalla lega delle
                            cooperative
nel Mezzogiorno, credo si debba fare una riflessione
unitamente al ruolo svolto dalle grandi imprese ed
alla collusione tra esse e il mondo politico. Quando
poi si legge (mi consentirete per un attimo questa
digressione; non ho partecipato alle audizioni, ma
ho letto i verbali) nella deposizione di Galasso che
la lega delle cooperative è stata obbligata per
certi aspetti a dare contributi o a patteggiare il
cinque o il tre per cento ad Alfieri attraverso una
serie di incontri, questo non è un fatto che può
riguardare solo la Campania. Quando poi giustamente
la relazione del vicepresidente Cabras individua la
tangente Calabria con la sua specificità come un
fatto al quale non poteva sottrarsi alcuno, perché o
si pagava la tangente alla camorra, alla
'ndrangheta, ed io aggiungo anche alla politica,
oppure non si lavorava, allora questo discorso deve
essere obiettivamente posto in termini esaustivi, al
fine di non avere zone d'ombra, né avere la
possibilità di dare spazi a chi ritiene che il
nostro lavoro sia frutto di visioni parziali o di
apporti di parte e non di considerazioni di
carattere generale.
  Credo quindi che il lavoro che ci accingiamo a
compiere sia in sostanza significativo.
Probabilmente sulla base della relazione che
approveremo dovremo fare, se ne avremo il tempo,
ulteriori approfondimenti e su questo ci stiamo
muovendo. Mi onoro di far parte di questa
Commissione che non ha mai lasciato le cose in
sospeso; nessuna delle questioni affrontate sono
state trattate perché avessero la durata dello
spazio di un mattino, nessuna cosa è stata
tralasciata perché
potesse rispondere esclusivamente ad esigenze di
rappresentanza esterna della Commissione. Tutti i
filoni sono stati successivamente ripresi,
analizzati, verificati e quindi questo, come sta
succedendo per la Calabria, accadrà anche per la
Campania. Raccogliendo un'indicazione
                             Pag.2939
 del presidente, scaturita durante l'incontro con la
signora Torre, vedova del sindaco democristiano
Marcello Torre ucciso a  Pagani, probabilmente
ritorneremo, se la Commissione lo
deciderà, quando lo deciderà, ma sono convinto che
lo deciderà, in alcune zone della Campania
particolarmente colpite dal fenomeno. Credo che
questo sia un modo corretto, non esasperato, serio
per poter dare un senso ed un significato al lavoro
che svolgiamo, che io ritengo importante e
significativo.
 PRESIDENTE. Vorrei svolgere anch'io due brevi
considerazioni su questa relazione. Parto subito
dalle cose che diceva poco fa il collega D'Amato per
rilevare che forse in una precedente seduta ho usato
un termine eccessivo e me ne scuso. La situazione è
stata determinata dal fatto che eravamo appena
venuti da due giorni di lavoro a Bologna e l'invito
a recarsi a Bologna mi sembrava provocatorio.
  Siccome però il problema posto dall'onorevole
D'Amato c'è, mi pare che proprio la proposta di
andare a verificare due grossi appalti in quella
città pone la questione di quali imprese del nord,
compresa la lega delle cooperative, hanno cooperato
ad un certo sistema...
 CARLO D'AMATO. Sono convinto che non hanno
cooperato, però...
 PRESIDENTE. Comunque verifichiamolo. E'
un'organizzazione che fa capo ad una serie di forze
di sinistra e non ad una soltanto.
            Per quanto riguarda la relazione, condivido
                           profondamente
il taglio politico che ad essa è stato dato, perché
emerge un punto essenziale per capire la questione
calabrese, cioè la Calabria come regione separata.
E' stata una regione intenzionalmente tenuta fuori e
all'interno di questa separazione si è giocata una
profonda debolezza degli apparati istituzionali e di
quelli politici. Mi pare che da questo aspetto vada
vista una storia della Calabria.
       Naturalmente - come ha rilevato il collega Tripodi e
                               come
hanno osservato altri - dentro questa profonda
debolezza degli apparati istituzionali e politici ci
sono anche eccezioni, ci sono militanti politici
ammazzati per avere resistito alla mafia; non tutte
le forze politiche ed istituzionali sono uguali,
questo lo sappiamo, ma insomma è questo e da tale
dato si trae l'elemento che sottolineava il collega
D'Amato, e cioè che nella storia della Calabria non
abbiamo mai visto una reazione mentre
l'organizzazione mafiosa si espandeva, diventava da
piccola 'ndrangheta di paese gruppo crescente e
dominante. Questo indirizzo mi pare che sia una
chiave di comprensione della vicenda calabrese.
  Sul piano specifico voglio porre solo due
questioni. A pagina 45, dove si dice che deve essere
fatta chiarezza negli uffici giudiziari di Paola,
bisognerebbe forse indicare quali sono gli
antefatti, e per far questo forse basta richiamare
le relazioni precedenti.
        A pagina 53 c'è una chiave di interpretazione che è
                              quella
giusta. Si dice: "E' stata, e non solo nei partiti
di area governativa, la stagione dei notabili
(...)". Questo riguarda più in generale il
Mezzogiorno, cioè Puglie, Campania, eccetera,
esclusa la Sicilia. Mentre in Sicilia i partiti sono
stati più presenti come forme organizzate, mi pare
che nelle altre aree meridionali il partito è stato
storicamente, e in qualche parte continua ad essere,
un qualcosa che si muove intorno a figure di grande
prestigio.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Era l'epoca di Fausto
Gullo, di Cassiani, di Mancini! Queste erano le
figure carismatiche!
          PRESIDENTE. Poi c'era un radicamento sociale di
                              massa,
ma c'erano questi personaggi. Più che altrove questo
dato si manifesta.
  Di qui si passa ad un certo punto ad una
situazione in cui vengono meno le grandi figure e
tutto sommato c'è un indebolimento della politica.
Mi chiedo allora se dove si parla di questo sistema
                             Pag.2940
non sia il caso di precisare che l'inserimento della
'ndrangheta nel sistema istituzionale deriva non
soltanto dalla sua forza ma anche dalla debolezza
delle istituzioni e della politica. C'è stato dunque
un processo di progressivo indebolimento
dell'istituzione politica ed un processo di
progressiva espansione di quelle forze.
 CARMINE GAROFALO. Presidente, se noi diciamo che
c'è stata la stagione dei notabili e poi c'è stata
un'altra stagione nella quale le istituzioni...
 PRESIDENTE. Ho capito.
 CARMINE GAROFALO. Questo è un giudizio...
 PRESIDENTE. Direi non stagione dei notabili, ma una
stagione nella quale la politica si è incentrata
attorno a grandi figure notabilari.
         CARMINE GAROFALO. Se diamo un giudizio di valore,
                                nel
senso che quello era un periodo in cui la Calabria
era meglio rappresentata e più difesa...
 PRESIDENTE. Questo è vero.
 CARMINE GAROFALO. E' oggettivamente vero che
un'espansione della democrazia, che secondo me c'è
stata in quel periodo, coinvolga anche una maggiore
vulnerabilità di questa democrazia. Però starei
attento a dire che quello è un periodo in cui la
Calabria era più forte e poi invece...
PRESIDENTE. Questo è vero. Anzi grazie.
  Quella è stata anche la ragione della debolezza
politica...
 GIROLAMO TRIPODI. La mafia si afferma come forza
vera
alla metà degli anni sessanta. Quindi in quel
momento c'è chi ha prodotto e chi ha consentito
l'espandersi del fenomeno.
PRESIDENTE. Questo però coincide con quello che
stiamo
dicendo. Infatti, se è vero che la politica in
alcune aree del Mezzogiorno dopo la Liberazione, ma
prima della Repubblica, ha ruotato attorno a figure
carismatiche piuttosto che a masse organizzate,
evidentemente questo ha portato con sé alcuni dati
positivi rispetto ad oggi ma certamente ha avuto un
dato negativo perché non è nato il partito in
senso...
CARMINE GAROFALO. E' stata più faticosa la cosa.
GIROLAMO TRIPODI. Non è vero che è stato un fatto
spontaneo: ci sono state anche masse organizzate!
PRESIDENTE. Il notabile porta con sé questo dato.
SALVATORE FRASCA. C'è stato da una parte chi ha
guidato
il grande movimento di riscossa della Calabria e
dall'altra parte chi ha organizzato le clientele.
           PRESIDENTE. Tu hai ragione, ma guarda che il
                             notabile
porta con sé la clientela.
       GIROLAMO TRIPODI. Dovevano fare i conti con il 60-70
                                per
cento di analfabeti.
          SALVATORE FRASCA. Non credo che Fausto Gullo e
                              Pietro
Mancini siano stati dei notabili.
 PRESIDENTE. Erano anche dei notabili. Gullo lo
chiamavano "compagno onorevole...
        GIROLAMO TRIPODI. In Calabria dovevamo fare i conti
                                con
il 60-70 per cento di analfabeti; si dovevano fare i
conti con la cultura del signorotto.
       PRESIDENTE. La mia non è un'offesa: è la descrizione
                                di
un processo politico. Non possiamo leggere la storia
a nostro uso e consumo.
                             Pag.2941
 ANTONINO BUTTITTA. C'è una connotazione negativa di
notabile che il presidente non vuole dare. Invece di
dire "notabile" chiamiamolo " leader ".
 SALVATORE FRASCA. Comunque, è cominciato con
l'intervento straordinario.
PRESIDENTE. Questo è un altro aspetto del processo.
SALVATORE FRASCA. Con l'intervento straordinario si
sono
costituiti gruppi di potere che poi hanno degenerato
ed hanno consentito l'espansione della mafia e delle
altre organizzazioni criminali.
 PRESIDENTE. Comunque, mi dispiace di aver fatto
perdere tempo. Volevo soltanto dire le ragioni per
le quali io sento di condividere questo tipo di
spiegazione. Preciso che al notabilato non
attribuisco un'accezione positiva di modello
politico, ma un giudizio descrittivo. Il notabilato
ha portato con sé - credo - anche l'impedimento del
sorgere del partito centro-settentrionale. D'altra
parte, scusate, in un'area che non ha conosciuto
l'esperienza dei comuni... questo è una dato di
fondo...
 CARLO D'AMATO. E delle regioni!
 PRESIDENTE. ...e delle regioni, è venuto fuori che
erano le grandi famiglie che sostanzialmente
tenevano insieme la società. Espressione di queste
grandi famiglie sono stati una serie di personaggi
politici dell'immediato dopoguerra. Questo non è un
fatto positivo, ma un fatto. Questo ha portato con
sé le clientele innanzitutto. Che poi accanto a
questo ci fosse un movimento di lotta contadina
(pensiamo a cosa è accaduto in tutta la zona della
ionica o nella piana o nella zona di Rosarno) è
vero, ma è anche vero che tutto ciò a livello
nazionale non ha avuto la possibilità di esprimersi.
Comunque poi vedremo: non possiamo fare una
discussione né io...
SALVATORE FRASCA. La fisionomia della classe
politica è
cambiata con l'intervento straordinario.
          PRESIDENTE. Questa è un'altra questione: stiamo
                             parlando
di due cose diverse!
SALVATORE FRASCA. Quello è il momento che segna...
PRESIDENTE. Voglio dire che non era sacramentato che
l'intervento straordinario dovesse portare alla
corruzione: lo ha fatto per il modo con cui è stato
gestito e per il modo in cui questo notabilato si è
interposto. Lì c'è stata una classe dirigente di
interposizione tra Stato e regione.
         SALVATORE FRASCA. E' stato a Roma che si è deciso
                                chi
dovesse essere deputato, senatore, eccetera.
PRESIDENTE. Vorrei terminare queste brevi
considerazioni, rilevando che ho l'impressione che
le classi dirigenti in Calabria siano state classi
dirigenti di interposizione, che hanno cercato di
avere il monopolio della spesa pubblica e attraverso
questo monopolio hanno cercato di tenere separata la
Calabria dal resto dell'Italia perché questo
assicurava loro un ruolo non altrimenti ottenibile.
In questo senso gioca la spesa pubblica, però prima
di questo c'è la formazione di questo ceto dirigente
che nasce non attraverso i partiti ma attraverso le
grandi famiglie.
SALVATORE FRASCA. E' una nuova generazione di
dirigenti
politici che nasce all'insegna della proposta della
programmazione. Successivamente c'è la
degenerazione.
PRESIDENTE. Comunque, il punto che mi premeva era di
sottolineare questo aspetto di fragilità anche
istituzionale e politica che favorisce la mafia.
         La seconda osservazione concerne Crotone e Gioia
                              Tauro.
Nella degenerazione
                             Pag.2942
delle vicende di Gioia Tauro c'è un punto di
responsabilità
politica enorme, perché a Crotone è stato fatto
qualcosa che non è stato fatto per Gioia Tauro; nel
senso che a Crotone l'intervento immediato di
qualche politico, della Chiesa, di sindacati, di una
serie di autorità nazionali, tutte quante a formare
quasi un cordone di sicurezza democratica attorno a
quel tipo di esperienza, ha impedito che entrassero
altre forze in quella partita in gioco. Questo non è
avvenuto a Gioia Tauro, dove quel tipo di movimento
è stato lasciato completamente solo. La mafia allora
ha avuto buon gioco ad entrare ed a condizionare.
Questo è un dato.
         SALVATORE FRASCA. Ma anche a Crotone! Noi abbiamo
                               avuto
dei ministri che sono andati sui palchi a Crotone
mentre venivano fotografati insieme a Vrenna, che è
stato il capomafia a Crotone e a Gioia Tauro!
         PRESIDENTE. Frasca, ti prego di non interrompere.
                                Sto
finendo e sto parlando di un'altra cosa, cioè di
quello che è accaduto a Crotone, adesso, in questi
giorni.
        SALVATORE FRASCA. Non è che Crotone è immune dalla
mafia! Ce n'è tanta, eccome!
 PRESIDENTE. Frasca, fingi di non capire o non
capisci nulla, scusami! Io sto parlando di Crotone e
di Gioia Tauro adesso!
          SALVATORE FRASCA. Presidente, grazie per avermi
                               detto
che non capisco nulla!
PRESIDENTE. Non lo so, questo lo dici tu non io.
SALVATORE FRASCA. Io sono ritardato mentale!
PRESIDENTE. Io sto parlando di Crotone e Gioia Tauro
adesso. Finisco rapidamente. Stavo dicendo che a
Crotone è scattato un meccanismo democratico attorno
alla protesta degli operai che ha impedito che
accadesse quello che è successo a Gioia Tauro, che
tutti quanti deprechiamo. Questa differenza, se è
possibile coglierla, servirà anche per il domani,
perché se domani, come io temo, possono succedere
altre cose di questo genere, non venga fuori questa
campagna nordista a dire che quando poi si
interviene a difesa del posto di lavoro nel
Mezzogiorno si buttano via i soldi, mentre quando si
spendono miliardi per la cassa integrazione nel nord
va bene. Questo è il tipo di discorso che intendo
fare.
       Scusami se ti ho interrotto, Frasca. Per chiudere, e
                                poi
ti do la parola...
 SALVATORE FRASCA. Lei ha usato un'espressione molto
grave, presidente.
          PRESIDENTE. Scusami, mi hai interrotto quattro
                             volte, mi
hai interrotto a sproposito...
 SALVATORE FRASCA. Però le mie interruzioni sono
state educate. La sua è stata una precisazione
scostumata che respingo nella maniera più violenta
possibile! E mi aspetto che mi chieda scusa! Lei mi
ha detto che non capisco nulla!
PRESIDENTE. Le ho posto l'alternativa, senatore
Frasca. SALVATORE FRASCA. Presidente, da quel
livello, da quel
posto, non possono venire ingiurie nei confronti dei
componenti la Commissione!
 PRESIDENTE. Non c'è stata nessuna ingiuria.
  Per quanto riguarda...
 SALVATORE FRASCA. Aspetto che mi chieda formalmente
scusa, presidente!
 PRESIDENTE. Quando lei mi chiederà scusa per le
interruzioni!
                             Pag.2943
SALVATORE FRASCA. Io le chiedo scusa per le
interruzioni. PRESIDENTE. Allora io le chiedo scusa
per l'espressione.
Benissimo.
          SALVATORE FRASCA. E mi auguro che quel tono non
                             alberghi
più in questa Commissione!
             PRESIDENTE. Se lei mi chiede scusa per le
                           interruzioni
io le chiedo scusa per quello che le ho detto. Siamo
a posto.
 SALVATORE FRASCA. Con la differenza che
l'interruzione...
 PRESIDENTE. Scusate, abbiamo un problema. Dobbiamo
votare le due relazioni prima della sessione di
bilancio.
SALVATORE FRASCA. Non è possibile che ci si dica che
non
capiamo niente! Chi te le consente queste cose? Ma
dobbiamo arrivare allo scontro fisico? Ma questo in
cinquant'anni di vita politica, caro Violante, non
me lo ha detto nessuno! Se c'è uno che non capisce
nulla, che non capisce i principi più elementari
dell'educazione sei tu! E dalla presidenza non
dovresti dire queste cose. Protesto e chiedo che
questo venga messo a verbale! Lo segnalerò al
Presidente del Senato che mi ha designato quale
membro di questa Commissione! Ma non è possibile! Ma
che cosa sei: sei un maestro elementare ed io un
alunno? Ma chi te le consente queste cose qui! Dov'è
la tua altezza intellettuale, perché tu venga a dire
a me queste cose?
PRESIDENTE. Senatore, si calmi e si accomodi, la
prego. SALVATORE FRASCA. Stacci tu qui dentro! Non
ci possono
essere condizioni... (Il senatore Frasca lascia
l'aula
della Commissione) .
 PRESIDENTE. Dicevo che bisogna votare le due
relazioni, quella annuale e questa sulla Calabria,
prima dell'apertura della sessione di bilancio, che
ci comporterà problemi di gestione del lavoro della
Commissione, dovendo consentire i voti in aula.
  Per la giornata di martedì prossimo avevamo deciso
di discutere e votare la relazione annuale. Io sarei
favorevole a tener fermo questo calendario
altrimenti c'è il rischio di uno slittamento del
programma. Naturalmente molto dipenderà dalla
decisione del relatore di svolgere o meno la replica
nella giornata di oggi, alla luce delle proposte di
modifica che sono state avanzate da diversi
colleghi.
  L'altra possibilità che abbiamo è quella di
svolgere alcune sedute della Commissione al termine
dei lavori dell'Assemblea, durante la sessione di
bilancio, per consentirci di terminare questo tipo
di lavoro. Vediamo quale soluzione è la più
funzionale.
 PAOLO CABRAS, Relatore . Mi sembra di capire che i
colleghi desiderano che svolga la relazione in una
successiva seduta.
  Sull'ordine dei lavori vorrei dire che nella
giornata di martedì prossimo la Commissione, dopo
una mia breve replica, dovrebbe fare uno sforzo per
approvare la relazione. Naturalmente non posso che
accogliere le richieste di integrazione e le
proposte emendative compatibili con l'impianto della
mia relazione. Evidentemente, così come non posso
scrivere la relazione dell'onorevole Tripodi,
l'onorevole Tripodi non può votare la mia relazione.
Questo, tanto per dire quale sarà il senso politico
della mia replica.
GIROLAMO TRIPODI. La Commissione deve usare lo
stesso
criterio utilizzato in occasione dell'approvazione
della relazione sulla Sicilia.
       Le divisioni sulle relazioni conclusive non aiutano.
 PAOLO CABRAS, Relatore. Spero nella resipiscenza
dell'onorevole Tripodi.
                             Pag.2944
 CARLO D'AMATO. ... e nell'abilità del presidente!
 PAOLO CABRAS, Relatore . Sono contrario alle sedute
notturne della Commissione durante la sessione di
bilancio e ne spiego i motivi. Durante la sessione
di bilancio i senatori sono chiamati a votare a
tutte le ore e spesso in occasione di sedute
notturne.
  Nella giornata di martedì prossimo al Senato non
dovrebbero esserci problemi, così come spero per la
Camera; in questo caso, iniziando i lavori alle
15,30 e proseguendo ad
oltranza, potremmo agevolmente concludere questi due
argomenti, considerando anche che la relazione
annuale non dovrebbe impegnarci per troppo tempo,
visto che potranno esserci tante altre occasioni.
                   Comunicazioni del presidente.
 PRESIDENTE. Informo che l'ufficio di presidenza ha
proposto, su richiesta di alcuni gruppi, al giudice
Antonio Laudati, della direzione distrettuale
antimafia di Napoli, di
coadiuvare la Commissione a tempo parziale per
quanto riguarda in particolare le questioni sulla
Campania ed al dottor Maurizio Fiasco di farlo per
le questioni concernenti Roma.
Informo, altresì, che si è deciso di chiedere alla
Procura
nazionale antimafia di indicare un sostituto
procuratore nazionale antimafia per aiutarci a
seguire le questioni relative alla Calabria.
          La prossima seduta avrà luogo martedì 12, alle
                              15,30.
La seduta termina alle 13.

 


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