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Violante: seduta 60
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
indi
DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
indice
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente 2657, 2658, 2659
2660, 2661, 2665, 2666, 2667
Brutti Massimo 2658, 2666
Buttitta Antonino 2663
Cabras Paolo 2661, 2666
D'Amato Carlo 2666
Frasca Salvatore 2659, 2660, 2661, 2666, 2667
Matteoli Altero 2661
Sorice Vincenzo 2664
Tripodi Girolamo 2664
Discussione della relazione sulla criminalità in
Puglia:
Violante Luciano, Presidente 2667, 2670, 2673, 2674
2675, 2676, 2677, 2678
Brutti Massimo 2677, 2678
Cafarelli Francesco 2670, 2672, 2673, 2674, 2675, 2676
D'Amato Carlo 2676
Frasca Salvatore 2677, 2678
Matteoli Altero 2668
Robol Alberto, Relatore 2667, 2668, 2675
Sorice Vincenzo 2672, 2676
Allegati:
Documenti prodotti dall'onorevole Francesco
Cafarelli 2679
Pag.2656
Pag.2657
La seduta comincia alle19.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Comunicazioni del presidente.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei dare una
informativa riguardante sia le date e
l'organizzazione dei nostri lavori, sia il prosieguo
della nostra attività in seguito all'audizione del
dottor Parisi e del generale Mei.
In ordine alle date, avverto che esiste un problema
per la
missione a Bologna della prossima settima. Il dottor
Latini, procuratore della Repubblica di Bologna,
dovendosi presentare dinanzi al Consiglio superiore
della magistratura il 21 settembre avrebbe preferito
partire un giorno prima. Personalmente il dottor
Latini non mi ha detto nulla, tanto che il problema
è stato sottolineato dal prefetto.
Tra l'altro, anche il collega Cabras ha segnalato la
sua
impossibilità ad assicurare la sua presenza per il
20 settembre. Se i colleghi fossero d'accordo, si
potrebbe spostare il sopralluogo in Emilia-Romagna
al 27 e 28 settembre, anticipando la visita a
Barcellona Pozzo di Gotto al 20 settembre: ciò
consentirebbe al dottor Latini di superare le
difficoltà incontrate. Ricordo che il 29 settembre
una delegazione della Commissione partirà per Bonn -
i tedeschi propongono che la delegazione sia
composta di sei persone, che verranno designate dai
rispettivi gruppi politici -, ma questo non inciderà
sulle altre missioni programmate.
Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di
spostare il
sopralluogo in Emilia-Romagna al 27 e 28 settembre e
di anticipare al 20 settembre la visita a Barcellona
Pozzo di Gotto.
(Così rimane stabilito) .
Quanto all'audizione del dottor Parisi e del
generale
Mei sul caso Cirillo, ricordo che della vicenda
Cutolo-Cirillo ci occupammo per il ruolo che questa
ha avuto in relazione
alla evoluzione della camorra. Del resto, tanto la
Direzione distrettuale antimafia di Napoli quanto il
collaboratore Galasso (oltre ai documenti acquisiti
dalla Commissione) hanno sottolineato che si è
trattato di una fase cruciale. Sul caso hanno
lavorato sia l'autorità giudiziaria, per le
responsabilità penali, sia la Commissione stragi
nella scorsa legislatura, per le questioni attinenti
al terrorismo, dal momento che quel sequestro di
persona fu effettuato dalle Brigate rosse.
Oggi ho parlato con il senatore Gualtieri,
presidente
della Commissione stragi, vuoi perché il materiale
fondamentale è tratto dal lavoro svolto da quella
Commissione, vuoi per informarlo dei caratteri e dei
limiti del nostro intervento, il quale concorda sul
fatto che la nostra Commissione vada avanti (spero
che il collega Frasca legga il verbale perché ha
sollevato dei problemi sulla vicenda). Non esistono
difficoltà nei rapporti tra le due Commissioni ma
occorre decidere il da fare. Personalmente eviterei
di ripetere l'indagine svolta dall'autorità
giudiziaria, è sufficiente leggere i documenti; su
un punto vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi
e riguarda il ministro Rognoni, il quale, dopo che
il dottor Parisi aveva fatto riferimento
all'avvenuta informativa all'autorità politiche,
affermò che in realtà lui non era stato informato.
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A questo si aggiunge la vicenda della "polizia
mandata" e della "polizia ritirata". Dopo il ritiro
della polizia, nei due giorni successivi, si
registra il caso Siola oltre ad una serie di
regolamenti di conti all'interno delle bande
camorristiche ed alle interpretazioni malevole -
diciamo così - sullo stesso ritiro della
polizia, che coincide con l'ultima
fase del caso Cutolo.
Per tale motivo proporrei che la Commissione
proceda all'audizione del ministro Rognoni. Non mi
sembra che vi siano altre cose da fare, anche perché
il materiale raccolto offre numerosi elementi.
Gradirei conoscere l'opinione dei colleghi.
MASSIMO BRUTTI. Desidero anzitutto dichiararmi
pienamente d'accordo con la proposta del presidente.
Ciò premesso, sulla base del resoconto delle due
audizioni precedenti e di alcune carte relative alla
vicenda Cirillo che ho scorso durante il periodo
feriale -, vorrei avanzare la proposta che la
Commissione proceda all'audizione di altri
personaggi che hanno svolto un ruolo determinante
nella vicenda suddetta.
PRESIDENTE. Ritiene che una decisione in merito
possa essere assunta dopo l'audizione del ministro
Rognoni?
MASSIMO BRUTTI. Sarei dell'avviso di delineare
subito il
quadro dei lavori, perché il rischio è quello di
protrarre il momento delle decisioni dilungandoci su
una serie di questioni. Dopo avere sentito i
soggetti che oggi riterremo opportuno ascoltare,
prenderemo atto dei risultati delle audizioni
svolte. Credo sia questo l'itinerario più lineare da
seguire, perché ci consentirebbe di non trascinare
troppo a lungo la questione.
Al di là di quanto ci dirà il ministro Rognoni, le
cui dichiarazioni è senz'altro importante acquisire,
ritengo che la Commissione antimafia debba far
chiarezza su una vicenda che per la prima volta mi
sembra sia stata ammessa e dichiarata da
responsabili dei servizi e da fonti istituzionali di
alto livello: mi riferisco al fatto che nei giorni
della primavera e dell'estate del 1981 vi è stata
una trattativa caratterizzata, con ogni probabilità,
da due linee che, sviluppandosi contemporaneamente,
si sono intrecciate tra loro: una con coloro che
avevano sequestrato Cirillo - quindi in rapporto ai
terroristi e alle Brigate rosse -; l'altra, un po'
diagonale, con la camorra e, tramite quest'ultima,
con gli
ambienti della fazione terroristica che gestiva il
sequestro Cirillo. Sappiamo che da tutto ciò
conseguì un finanziamento alle Brigate rosse e, più
precisamente, all'ala militarista delle medesime.
In questa trattativa è intervenuto qualcuno che,
in qualche modo, poteva considerarsi rappresentante
delle istituzioni. I due responsabili dei servizi
che sono stati sentiti dalla Commissione antimafia
hanno detto che, mentre
per un certo periodo - i primi dieci giorni, se ho
capito bene - della questione si occupava il SISDE,
in seguito se ne occupò il SISMI e successivamente
intervenne un terzo soggetto, a proposito del quale
non abbiamo notizie sufficienti, che riuscì a
condurre in porto l'operazione, in quanto
considerato autorevole dalla camorra. Credo che la
nostra Commissione sia particolarmente interessata a
conoscere questo terzo soggetto e a capire come si
sono svolti i fatti. In particolare, ritengo si
debba chiarire in che modo si è stabilito il
rapporto con le organizzazioni camorristiche e come,
tramite queste, è stata condotta la trattativa
avente, come altri referenti, Senzani e le Brigate
rosse.
Ripeto, a mio parere è importante sentire ancora
sia i personaggi che ci hanno già detto cose
rilevanti, sia quelli che nella vicenda hanno svolto
un ruolo essenziale, ma non ancora del tutto
chiarito. Il primo di questi personaggi, credo debba
essere il generale Pietro Musumeci, all'epoca figura
importante del SISMI, condannato in relazione ad
un'azione di depistaggio per le indagini sulla
strage del 2 agosto alla stazione di Bologna.
Musumeci è uomo della P2 ed è colui che per un
tratto gestisce la trattativa; anzi, se dobbiamo
stare a ciò che ci è stato detto, è colui che in
qualche modo
Pag.2659
preclude al SISDE ogni ulteriore intervento,
sottolineando che la pista che egli ha nelle mani è
quella giusta. Credo sarebbe opportuno chiedere al
generale Musumeci se ha qualcosa da dirci sulla
trattativa condotta per il sequestro Cirillo, in
quanto egli rappresenta una fonte diretta, di prima
mano.
Ritengo anche che sarebbe utile sentire l'avvocato
di Cutolo, Francesco Cangemi, secondo il quale il
problema di una eventuale raccolta di informazioni
non interessava Cutolo, essendo questi interessato a
stabilire un rapporto sinallagmatico di dare e di
avere. Sentire l'avvocato Cangemi ci consentirebbe
di chiarire il senso di quelle parole e di sapere
ciò di cui è a conoscenza in merito a questa
vicenda.
Prima di concludere, vorrei avanzare altre due
proposte
che considero rilevanti perché riferite a personaggi
che per motivi diversi possono dire molto.
Su tutta la vicenda che finora abbiamo preso in
esame, manca il versante dell'ambiente terroristico,
nonostante vi sia un uomo, Pasquale Notarnicola, che
ha svolto un ruolo di raccordo e che non è
propriamente un brigatista o un terrorista, in
quanto è un detenuto comune politicizzato adesso in
libertà. Credo sia opportuno per la Commissione
antimafia acquisire le dichiarazioni di questo
personaggio.
Sono dell'avviso, infine, che dobbiamo fare il
possibile
per mettere a fuoco la natura e la composizione di
quel terzo soggetto occulto di cui si è parlato, il
quale, soppiantando i due servizi, almeno nelle loro
forme istituzionali, entra in gioco con successo
perché ha autorevolezza sia nel rapporto con la
camorra, sia nella trattativa che tramite essa
riesce a stabilire con i terroristi. Quando parliamo
di un soggetto occulto in quell'epoca, in quei mesi,
viene alla mente un dato già emerso in una serie di
processi, cioè l'esistenza, all'interno del SISMI,
del cosiddetto Supersismi, una struttura che, in
qualche modo, riusciva a condizionare, anzi, a
soppiantare lo stesso Santovito, direttore del
SISMI. Si
trattava di una struttura di comando facente capo a
Francesco Pazienza. Sono dell'avviso che la
Commissione debba ascoltare anche quest'ultimo,
oltre a Musumeci, Notarnicola - per il versante
riguardante i rapporti con i brigatisti - e
Francesco Cangemi, avvocato di Cutolo.
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, premesso che a
Presidente, altrimenti è difficile andare avanti. Di
fronte alle minacce nessuno deve fare l'eroe ma la
gente deve essere aiutata nella misura in cui
sostiene la battaglia: diversamente la Commissione
si limita a registrare dati, che potranno anche
essere interessanti ma non servono a nulla.
Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando
Presidente della Commissione Antimafia era
l'onorevole Alinovi! Pago pesantemente e non credo
sia giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi; ma
se sollevo dubbi su determinate questioni o avvio
un'azione per l'accertamento di eventuali
responsabilità non è giusto che mi trovi
puntualmente dinanzi dei magistrati che mi bloccano,
e in malo modo. Consegnerò alla Commissione la copia
dei documenti cui ho fatto riferimento nel mio
intervento.
Signor Presidente, visto che questo mio intervento
a braccio può risultare non del tutto chiaro, la
prego di autorizzarmi a consegnare alla Commissione
una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato.
PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua
memoria sarà allegata al resoconto stenografico
della seduta odierna.
SALVATORE FRASCA. Ritengo che alla situazione
pugliese debba essere dedicata una seduta apposita.
Desidero congratularmi con il senatore Robol per la
relazione, anche se per la semplicità che lo
contraddistingue ama definirsi neofita, ed esprimere
apprezzamento per il coraggio dimostrato
dall'onorevole Cafarelli. A parte la vicenda di
sapore boccaccesco ed i risvolti personali che forse
potevano essere evitati, penso che il collega
Cafarelli abbia presentato una precisa denuncia sul
funzionamento dei pubblici poteri in Puglia.
PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia.
SALVATORE FRASCA. Anche Foggia è Puglia. A
proposito
dello spaccato illustrato dal collega Cafarelli
chiedo di acquisire gli atti relativi al processo
Muto, celebrato presso la corte d'assise di Bari.
Muto è un capo mafia di livello internazionale,
tant'è che attualmente è detenuto in quanto imputato
di traffico di cocaina.
MASSIMO BRUTTI. Il processo si celebra a Bari
perché è coinvolto anche un sostituto procuratore
della Repubblica.
SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche
dell'assassinio di Giannino Losardo, assessore
comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e la
sua banda vennero assolti per il reato di omicidio,
ma quest'ultima condannata per associazione a
delinquere semplice, non di stampo mafioso.
Comunque, dai rapporti della Guardia di finanza e
dei carabinieri emerge l'esistenza di un mondo di
complicità rispetto al quale il procuratore, in
udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione penale,
mentre invece nulla è stato fatto.
Poiché vi è un collegamento tra la camorra, la
'ndrangheta
ela SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro,
ci
consentirà di riprendere una vicenda processuale -
sia utile per capire ciò che si sta verificando da
qualche anno a questa parte. Chiedo formalmente
l'acquisizione degli atti del processo.
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca, lei chiede
l'acquisizione della decisione finale o degli atti?
Gli atti di quel processo saranno tonnellate!
SALVATORE FRASCA. Non chiedo la sentenza, ma gli
atti
processuali ai quali
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dovrebbero essere allegati i rapporti dei
carabinieri e della Guardia di finanza.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma gli atti processuali
sono
tutto.
SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto.
PRESIDENTE. Quindi, lei chiede gli atti complessivi.
SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol
prevalente sulla quale si attestò lo Stato.
Successivamente, per una personalità rispettabile
sul piano umano (Marx diceva che l'uomo è la più
alta creatura per l'uomo, che io non voglio
sottovalutare), per un uomo che aveva una rilevanza
politica non pari a quella dell'onorevole Moro ci
sono state delle trattative. Quello che è emerso è
che lo Stato ha pagato anche delle ingenti somme.
Allora vogliamo sapere di più intorno a questo
argomento e se non ha risposte il capo della polizia
(che forse non poteva rispondere), mi auguro che
venga a rispondere quantomeno il
ministro dell'interno del tempo.
Quindi, sono d'accordo sull'audizione dell'ex
ministro Rognoni, però a tale nominativo aggiungerei
quello del senatore Mazzola che allora, quale
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, sovraintendeva ai servizi. Anche Mazzola
dovrebbe essere ascoltato. Condivido poi tutte le
altre proposte testé avanzate dal senatore Brutti.
Vorrei poi dire che, poiché abbiamo ascoltato
"pezzi da novanta" della mafia e della camorra e da
molti di questi abbiamo sentito anche l'elenco degli
omicidi che hanno commesso (uno ha detto di averne
consumati quantomeno cento), penso che a questo
punto dovremmo ascoltare anche Cutolo - e non
soltanto Cangemi - magari in forma privata.
(Commenti del senatore Brutti ).
D'accordo, però se abbiamo ascoltato Galasso e
tutto quell'altro "ben di Dio" di pentiti, non
capisco perché non dovremmo ascoltare anche Cutolo.
Quindi, oltre alle richieste che integrano quelle
del collega Brutti, ne faccio una fondamentale e
cioè che la
Commissione si mobiliti per appurare chi siano stati
coloro i quali hanno trasformato la teoria della
fermazza in teoria della trattativa a proposito di
Cirillo.
Sono membro, anche se non meritevole, di questa
Commissione, visto e considerato che spesse volte
sono in
Pag.2661
minoranza, ma vengo anche da grossi insuccessi
parlamentari: ad esempio, in materia di appalti ho
visto formarsi una larga maggioranza pronta a
soffocare l'autonomia dei comuni ed ho scelto di
rimanere in minoranza non ritirando i miei
emendamenti e lasciandoli bocciare. D'altronde, la
storia è sempre scritta dalla minoranza. Mi sento un
uomo libero; sono un radical-socialista.
Come dicevo, sono membro di questa Commissione e
della Commissione stragi e ritengo che occorrebbe
prevedere un incontro tra i due presidenti.
PRESIDENTE. Ho già detto che ho avuto un incontro
con
Gualtieri.
SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto con piacere.
Bisogna
vedere come agire per evitare di duplicare gli
sforzi, perché chi vuole lavorare ed essere presente
nell'una e nell'altra Commissione, deve cercare di
equilibrare molto bene il tempo. Mi pare che allo
stachanovismo di questo presidente corrisponda una
certa abulia da parte dell'altro (dico cose che ho
detto anche in quella Commissione).
PAOLO CABRAS. Stimolalo, sei lì; pungolalo; fungi da
stimolo.
SALVATORE FRASCA. Gliel'ho detto; se leggi i verbali
puoi vedere che queste cose sono state dette.
Dovremmo cercare di creare un equilibrio fra le due
Commissioni.
Mi riservo di intervenire sul programma dei lavori.
ALTERO MATTEOLI. Non ho ancora avuto modo, per mia
colpa, di leggere il testo stenografico
dell'audizione Parisi; ho letto però i giornali ed
ho ascoltato quello che la televisione ha mandato in
onda la sera stessa. Ho tratto da ciò alcune
considerazioni che ho sentito ripetere qui dai
colleghi. Parisi o si rifiuta di venire a rispondere
alla Commissione antimafia, oppure, se ci viene,
deve rispondere alle domande che vengono poste.
Poiché non è la prima volta che lo fa e altre volte
ha promesso di inviare risposte e documenti che poi
non ha mai mandato e non ha mai risposto...
PRESIDENTE. Ha presente qualche caso specifico?
ALTERO MATTEOLI. Non l'ho qui, ma a me, ad esempio,
che avevo posto una domanda alcuni mesi fa, non ha
risposto; comunque ve la farò avere. E' opportuno
chiarire questo aspetto, altrimenti rischiamo di
farci prendere in giro da Parisi, cosa che credo
nessuno di noi gradisca.
Per quanto attiene alla proposta del collega
Brutti, non sono contrario però ritengo che dovremmo
trovare un modo per far venire queste persone a
rispondere. L'ufficio di presidenza allargato ai
rappresentanti dei gruppi o un comitato potrebbero
individuare le domande da porre. Dico cio perché chi
è dal qualche anno in questo Parlamento sa che
questi personaggi sono stati sentiti decine di
volte: sono stati sentiti dalla Commissione P2,
dalla Commissione stragi; vi sono stati confronti
sia nell'una sia nell'altra Commissione. Dobbiamo,
quindi, stabilire cosa domandare, perché se
chiediamo loro le cose già chieste dieci anni fa in
Commissione P2 o più recentemente in Commissione
stragi, rischiamo di far avvitare su se stessa
questa Commissione. Stabiliamo il tipo di domande
che intendiamo porre; verifichiamo, controllando gli
atti, se a quelle domande abbiano già risposto in
passato; dopo ciò, non sono assolutamente contrario
a procedere alle audizioni, purché siano operative
per la Commissione.
PAOLO CABRAS. La vicenda della trattativa, del
ruolo
della camorra, del contatto SISMI o SISMI deviato,
Senzani e Brigate rosse è stata oggetto - come è
stato ricordato dal presidente e dai colleghi - di
un'accurata indagine e di una serie di audizioni
della Commissioni stragi nella passata legislatura.
Molti dei personaggi che sono stati evocati,
compresi i responsabili del SISMI, oltre che
Pag.2662
del SISDE e della direzione affari penali del
Ministero di grazia e giustizia, ministri e
politici, sono stati ascoltati dalla Commissione
stragi.
Mi permetto di dissentire da chi ritiene (ho letto
i verbali) che nella passata riunione della
Commissione Parisi abbia fatto sconvolgenti
rivelazioni o dichiarazioni. Non ho riscontrato
nessuna dissonanza tra quanto affermato dinanzi alla
Commissione dal dottor Parisi e le cose dette nel
corso dei vari dibattimenti giudiziari e durante la
deposizione davanti alla Commissione stragi.
Tuttavia il quesito da noi posto, nonostante fosse
più limitato e rappresentasse il motivo della sua
convocazione, ha avuto un obiettivo risalto,
soprattutto per chi non aveva memoria delle ripetute
volte in cui ciò era stato detto.
La vicenda Cirillo è stata giustamente qualificata
allarmante e inquietante soprattutto in ordine alle
trattative con i terroristi. A differenza del
senatore Frasca, all'epoca della prigionia di Moro
fui sostenitore - con immaginabile sofferenza
personale, come tutti quelli che furono interessati
d'altra parte - della linea della fermezza, perciò
ritengo che le trattative che coinvolsero non
soltanto la camorra, ma
anche "pezzi" di istituzioni, rappresentino un fatto
grave. Ciò, non tanto per la comparazione tra la
persona di Aldo Moro ed altre che hanno costituito
l'oggetto di un sequestro, quanto perché i princìpi
e il rigore nell'affrontare la minaccia terroristica
debbono avere coerenza di applicazione, altrimenti
non sono più princìpi, ma convenienze piegate alla
congiuntura o all'interesse politico. Sono molto
sensibile a questo.
Questo è il punto fondamentale da cui scaturisce
la competenza della Commissione stragi, la quale
avendo attribuzioni sul fenomeno terroristico in
tutte le sue implicazioni politiche, istituzionali e
di condotta delle istituzioni medesime nei confronti
del fenomeno, ha inteso, fin dalla passata
legislatura, approfondire il tema, e lo stesso può
fare oggi.
L'aver eretto la camorra a mediatrice nella
trattativa con un'organizzazione terroristica - il
che costituisce una violazione del principio
regolatore dei rapporti delle istituzioni
repubblicane - è un fatto grave ed incide anche
sulle nostre competenze. In argomento, le
acquisizioni della Commissione stragi, le
dichiarazioni di Scotti (che hanno indotto le
audizioni successive del dottor Parisi e del
generale Mei), le cose dette dal dottor Parisi e
quello che si dovrà chiedere al ministro Rognoni per
le contraddizioni rilevate, ritengo sia sufficiente
per stabilire che un ruolo ed una funzione di
mediazione da parte della camorra c'è stato. Del
resto, stiamo svolgendo un'indagine su di essa.
Rispetto alla necessità di puntualizzazione, che
dovremo
trasferire nelle valutazioni sui rapporti che la
camorra ha sviluppato con la politica e con le
istituzioni, mi sembra che il senatore Brutti
proponga una cosa diversa, legittima e discutibile,
sulla quale mi permetto di avanzare delle riserve.
L'elenco di audizioni proposto dal senatore Brutti è
discutibile non tanto per lo squallore di alcuni
personaggi evocati, che però si incrociano
obbligatoriamente nella vicenda, quanto per la sua
limitatezza, tant'è che sia il senatore Frasca, sia
altri colleghi intervenuti lo hanno ampliato.
Qualora ci facessimo carico del complesso caso
Cirillo che riguarda la camorra, ma anche (in
qualche modo) i cedimenti di politici, di
istituzioni, di "pezzi" di istituzioni, di
rappresentanti di istituzioni e il brigatismo -
nascerebbe un problema, accennato dal collega
Frasca, di interferenza e di collisione con la
Commissione stragi, che non so fino a che punto
potrà essere regolamentato tramite incontri tra i
due presidenti.
E' difficile procedere all'audizione di personaggi
come Pazienza, il quale è il crocevia di questa e di
tante altre vicende, senza allargare a
rappresentanti politici e istituzionali e senza
predisporre un programma di lavoro per approfondire
il caso Cirillo-Brigate rosse-Senzani-camorra, i cui
aspetti prevalenti sono altri, ossia il significato
del cedimento, dell'incoerenza rispetto ad un
principio applicato in una delle più grandi tragedie
Pag.2663
nazionali quale è stata quella di Aldo Moro.
Personalmente sono contrario all'audizione di
Cutolo, anche perché costui utilizzerebbe la
Commissione parlamentare allo stesso modo in cui ha
utilizzato le aule di giustizia, facendone cioè un
uso strumentale, legato alla sua vicenda processuale
e personale. Possiamo parlarne ma personalmente non
sono d'accordo. Non vedo come questo potrebbe
arricchire le nostre conoscenze sul ruolo svolto
dalla camorra in questo caso, che purtroppo è già
chiaro. Comunque dovremmo caricarci di un esame e di
un programma di lavoro: il senatore Brutti chiede di
concludere, ma non lo si può fare con l'elenco di
audizioni da lui
proposto, in quanto occorre svolgere un'istruttoria,
sia pur minima, il che comporterebbe l'ampliamento
dell'elencazione, trasformandola in una vera e
propria indagine che implicherebbe una serie di
altre testimonianze.
Per il momento mi limiterei alla proposta iniziale
del
presidente, ossia all'audizione del ministro
Rognoni, che tra l'altro è necessaria; verificheremo
successivamente l'opportunità - sulla quale
ribadisco le mie perplessità - di avviare
un'inchiesta sul caso Cirillo nella sua complessità
e complementarietà, sulle vicende della camorra
nonché sulle vicende politico-istituzionali che
esulano da quelle di camorra.
Ricollegandomi alla iniziale proposta del
presidente Violante, ripeto, suggerirei di fare il
punto della situazione dopo l'audizione del ministro
Rognoni. Valuteremo se questo incontro consentirà di
avere un quadro esatto della situazione, stabilendo
le responsabilità e le conoscenze istituzionali sul
ruolo della camorra oppure se sia opportuno avviare
un'altra indagine: non è uno scandalo, si può fare,
ma in questo caso avremo dinanzi un compito ed un
obiettivo che finora non ci eravamo posti, in quanto
il nostro interesse aveva riguardato un aspetto,
ossia il ruolo della criminalità organizzata.
ANTONINO BUTTITTA. Signor presidente, la
criminalità, e
in particolare quella organizzata, è un fenomeno
fisiologico, anzi epidemico di società complesse
come la nostra. Al contrario non è un fenomeno
epidemico, né fisiologico, il rapporto, anzi la
connessione, tra criminalità e Stato. Nel nostro
paese purtroppo da alcuni anni a questa parte il
rapporto, la connessione o meglio la complicità
risultano di tutta evidenza. Poiché stiamo parlando
di un rapporto, di una connessione, di una
complicità tra due soggetti, abbiamo il dovere di
chiarire la natura e l'identità dei soggetti
medesimi. La natura e l'identità del soggetto
"criminalità" (mafia o camorra) la stiamo chiarendo,
lo fanno soprattutto i magistrati, mentre la natura
e l'identità del soggetto che denominiamo "Stato"
risulta assai vaga e indefinita. Quando diciamo
"Stato" di che cosa stiamo parlando? Lo Stato è
Parisi! Ma Stato siamo anche noi; lo Stato è questa
Commissione! Stato sono tutte le articolazioni
istituzionali della società civile.
Se vogliamo chiarire, come dobbiamo - è un nostro
dovere,
non siamo qui per fare letteratura o sociologia! -
questo rapporto, si deve individuare di quale Stato,
o meglio di quale "pezzo" dello Stato si sta
parlando in ordine al rapporto con la criminalità.
Ecco perché mi trovano pienamente d'accordo le
proposte, i
suggerimenti e le richieste fatti dal senatore
Brutti e ribaditi dal collega Frasca.
Da qui, una considerazione di carattere più
generale. Proprio perché non facciamo letteratura,
sociologia o politica del politichese ma abbiamo
doveri di carattere istituzionale oltreché morale
nei confronti della società civile, non possiamo
affrontare tutta la materia che ci sta di fronte. Il
fenomeno della criminalità organizzata, della mafia
e della 'ndrangheta è assai vasto, dai confini
indefiniti, tale da coinvolgere, soprattutto nel Sud
del nostro paese, ampi strati sociali. Rischiamo,
quindi, di non esaurire mai lo studio, il governo
critico ed il controllo di questo fenomeno. Se ci
limiteremo a trattare tutto o un po' di tutto
Pag.2664
-come in qualche caso, ahimé, ho visto fare in
Commissione
-, finiremo per fermarci all'epidermide del fenomeno
stesso. Dobbiamo individuare alcuni fatti essenziali
e
fondamentali, quale quello di cui stiamo parlando e
quale, ancora, quello relativo al rapporto tra
mafia, appalti e
politica, su cui insisterò perché credo che abbiamo
il dovere di parlarne. Dobbiamo affrontare due o tre
temi essenziali e approfondirli andando fino in
fondo, altrimenti il nostro lavoro resterà pregevole
e nobile per la memoria delle generazioni a venire
ma non conseguirà risultati decisivi in ordine alla
eliminazione del fenomeno in questione.
Pur rendendomi conto che si tratta di indagini
complesse e che dovremo riascoltare o auscultare
molti personaggi che abbiamo finora sentito, mi
permetterei di insistere affinché il nostro lavoro
abbia i reali connotati dell'indagine, cioè quelli
di una ricerca diretta ad assumere, come fatto
conoscitivo e giudicativo, tutti gli elementi del
fenomeno o di quella parte di esso che abbiamo
inteso osservare, considerare, studiare e giudicare.
A mio avviso, la proposta del senatore Brutti deve
considerarsi ineludibile.
GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che per la Commissione sia
un
dovere quello di prendere in considerazione le
preoccupazioni espresse sia dal presidente sia dai
colleghi che hanno sottolineato la necessità di
individuare ciò che è avvenuto nel sequestro
Cirillo. Da questo punto di vista, è innegabile la
necessità di individuare i soggetti che hanno
offerto il loro contributo allo svolgersi di tale
vicenda, la quale ha rappresentato uno degli episodi
più terribili dell'intreccio tra le forze politiche
e la criminalità organizzata. Infatti, proprio la
collusione tra personaggi politici e camorra quella
a suo tempo capeggiata da Cutolo - ha rappresentato
un elemento di sostegno alla criminalità organizzata
e, sostanzialmente, il riconoscimento del ruolo
della camorra negli affari dello Stato. Anzi, per
certi aspetti, si può dire che tale intreccio abbia
legittimato la camorra stessa, la quale, tramite il
successo ottenuto, ha influito sulle scelte che
hanno contribuito a devastare l'assetto democratico,
oltre a penetrare nelle istituzioni. Credo sia
stata questa
collusione a consentire, in Campania, la
penetrazione della camorra nelle istituzioni locali
e di altro tipo. Mi chiedo se il sequestro Cirillo,
che ha interessato la camorra della Campania, abbia
avuto un riflesso positivo nei confronti delle altre
organizzazioni criminali.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO CABRAS
GIROLAMO TRIPODI. Rispetto alla proposta avanzata
dal presidente a nome dell'ufficio di presidenza,
non credo che dovremmo escludere quelle tendenti ad
ampliare i nostri lavori. Ritengo pertanto che non
dovrebbero esservi difficoltà ad ascoltare i
personaggi indicati dal senatore Brutti, i quali
potrebbero fornire elementi utili ai fini della
conoscenza complessiva della vicenda. A prescindere
dai risultati che potremo conseguire, credo sia
nostro dovere compiere tutti gli sforzi che ci
avvicinino alla verità e che, comunque,
contribuiscano alla rottura dei rapporti
instauratisi tra mafia e politica.
Concordo con la richiesta di sentire l'avvocato
Ciccio Cangemi, un noto personaggio di Reggio
Calabria, che è stato anche in galera e che, oltre
al rapporto di cui si è parlato tra lui e Cutolo,
con quest'ultimo ne aveva comunque un altro, in
quanto era stato compare d'anello o testimone al
matrimonio di Cutolo stesso. Certamente, se poi
riteniamo che possano esservi anche altri elementi,
ritengo che dovremmo premere affinché si faccia luce
su questa terribile vicenda che pesa sulla storia
della nostra democrazia. Per queste ragioni concordo
sulle proposte avanzate.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCIANO VIOLANTE
VINCENZO SORICE. Gradirei che in questa discussione
non
perdessimo di
Pag.2665
vista l'obiettivo della Commissione e non ci
incamminassimo verso sentieri che anche se
porteranno, come ci auguriamo, a determinate verità
rischiano di essere ostacolati. Vogliamo cercare di
acquisire degli elementi certi ed una serenità per
tutti noi.
Le audizioni, come giustamente è stato osservato,
non
hanno posto problemi nuovi, se non una riflessione
maggiore su quello che si era determinato durante il
sequestro Cirillo. Ribadiamo ancora una volta in
questa sede la necessità di evitare ogni collusione
tra pezzi dello Stato e criminalità organizzata.
Siamo anche noi alla ricerca di una verità definita
per tutti, che tenga presente il quadro generale e
non fatti particolari; non vorrei infatti che
l'attività di questa Commissione, per tanti aspetti
meritoria, finisse per dirigersi verso fatti e
avvenimenti che non hanno incidenza con l'attività
della Commissione stessa ma che, in un determinato
momento politico, hanno una valenza completamente
differente.
Dobbiamo decidere se svolgere le audizioni così
come proposto; indubbiamente ciò può essere utile
per la Commissione, però tale attività non è
esaustiva. Quindi, vi è la necessità di inquadrarla
in un ventaglio più ampio: occorre definire le
connessioni con la Commissione stragi e - se mi
consentite - impegnare questa Commissione in uno
sforzo di elaborazione e penetrazione non so come
coincidente con le proposte di lavoro avanzate e con
i tempi più o meno definiti di questa legislatura.
Non sono convinto che la vicenda giudiziaria di
cui parliamo sia ormai definita. D'altronde dobbiamo
ipotizzare una richiesta per aprire un processo alla
luce delle recenti dichiarazioni e degli avvenimenti
che si stanno verificando. E' evidente che ci
troveremo a dover lavorare in parallelo con quella
che potrebbe essere la nuova attività istruttoria
dell'autorità giudiziaria su un fatto specifico.
Quindi, il nostro rischia di diventare un lavoro non
dico inutile ma perlomeno contrapposto a quello
della Commissione stragi e dell'autorità
giudiziaria. Ciononostante, non dobbiamo eludere il
problema per cui credo che vada accolta la proposta
di ascoltare il ministro Rognoni, alla luce del
fatto nuovo che lui ha evidenziato (cioè di non
essere stato informato). Successivamente avremo
bisogno di un attimo di riflessione per decidere
come procedere.
In conclusione, il problema esiste e noi non lo
vogliamo eludere; vi è un fatto nuovo rappresentato
dalle dichiarazioni del ministro Rognoni, che credo
tutti riteniamo di dover ascoltare; una volta
ascoltato il ministro potremo affrontare il tema con
maggiore specificità e tranquillità.
PRESIDENTE. Ci troviamo di fronte a due proposte
principali: la prima è di sentire il ministro
Rognoni e successivamente fare il punto - senza
contestare la possibilità di svolgere
successivamente indagini - in relazione a quanto già
è agli atti e a quello che riferirà il ministro
Rognoni; la seconda proposta, avanzata dal senatore
Brutti, alla quale si sono associati altri colleghi
(Frasca, Tripodi ed altri), è quella di determinare
fin da ora un orientamento che chiuda su Musumeci,
Cangemi, Notarnicola e Pazienza.
Poiché non siamo di fronte all'opposizione di una
parte di questa Commissione, il problema è quello di
decidere se stabilire ora o successivamente il modo
in cui procedere.
Su una vicenda di questa delicatezza e politicità,
attenendo alle citate questioni prima del rapporto
Stato-criminalità, mi permetto di pregare i colleghi
che hanno ragionevolmente avanzato la proposta
relativa ad una serie di nomi di valutare se sia
possibile procedere in quell'ordine, cioè sentire il
ministro Rognoni il più presto possibile e,
subito dopo, fare il punto e rivedere l'ampliamento
delle indagini. Poiché la proposta non esclude la
possibilità di ampliamento, essa ci consentirebbe di
lavorare il più omogeneamente possibile su un tema
tanto complesso.
Questa non è una proposta e neanche un invito.
Pag.2666
MASSIMO BRUTTI. Prendo la parola perché ho avanzato
io la
proposta.
Ho ascoltato con molta attenzione le parole del
collega Cabras e quelle del collega Sorice e voglio
dire francamente che ritengo che la decisione di
sentire le persone da me indicate - sulla quale
erano d'accordo i colleghi - ha una sua autonomia
logica, se così si può dire, cioè prescinde da
quello che potrà dirci l'ex ministro Rognoni e si
fonda su quello che emerge oggi dalle carte e dalla
documentazione. Poiché ha, ripeto, una sua autonomia
e validità, potremmo assumere una decisione subito.
La possibilità di ottenere il più ampio consenso
sulla proposta credo sia degna di tutela: affinché
possa maturare un orientamento favorevole da parte
dei colleghi che oggi hanno avanzato riserve,
accetto la soluzione accennata dal presidente, ossia
di ascoltare immediatamente l'ex ministro Rognoni.
In un momento successivo riproporremo la questione.
Ho fiducia che da parte dei colleghi intervenuti nel
dibattito odierno maturerà un atteggiamento
favorevole.
SALVATORE FRASCA. Siamo d'accordo. Ciò non intacca
il ventaglio delle proposte.
PRESIDENTE. Certo.
SALVATORE FRASCA. Ritengo utile procedere
all'audizione anche del senatore Mazzola, all'epoca
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri con delega per i servizi segreti.
MASSIMO BRUTTI. Sono d'accordo.
PAOLO CABRAS. Anch'io concordo.
CARLO D'AMATO. Se ascoltiamo l'ex ministro Rognoni,
è giusto procedere all'audizione di Mazzola.
PRESIDENTE. Si tratterebbe quindi di ascoltare le
due autorità politiche. Tra l'altro, Rognoni si
troverebbe non dico in conflitto, ma ... Mazzola
dice di essere stato informato.
Proporrei di incontrare subito l'onorevole Rognoni
e il senatore Mazzola; successivamente si farà il
punto della situazione. La proposta avanzata rimane,
in quanto non è stata ritirata. Avendo avuto dalla
Commissione il compito di redigere la relazione, mi
sono letto la documentazione. La conoscenza di
quanto hanno sostenuto, sui vari punti politici, le
diverse persone durante gli interrogatori può
aiutare a stabilire - se i colleghi lo riterranno
utile - una rosa di eventuali, possibili e
successive audizioni.
Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di
procedere
alle audizioni dell'ex ministro Rognoni e del
senatore Mazzola.
(Così rimane stabilito) .
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, intervenendo
sull'ordine dei lavori, ricordo che prima della
pausa estiva dei lavori concordammo sulla necessità
di prevedere una seduta tra di noi...
PRESIDENTE. Senatore Frasca, tutte le sedute si
svolgono
tra di noi!
SALVATORE FRASCA. Intendevo, signor presidente,
senza ospiti né collegamenti con l'esterno. Dicevo,
che concordammo sulla necessità di prevedere una
seduta per esaminare i lavori compiuti e selezionare
gli obiettivi, dal momento che la vita del
Parlamento si accorcia sempre di più e noi dobbiamo
consegnare le risultanze della nostra attività.
Ancora non è stato programmato...
PRESIDENTE. Senatore Frasca, le sono grato in
quanto i suoi interventi rafforzano la mia fiducia
negli uomini. L'argomento è stato discusso ed
approvato, l'ho ripetuto...
SALVATORE FRASCA. Quando?
Pag.2667
PRESIDENTE. Mentre lei discuteva con il senatore
Brutti, ho aggiunto l'auspicio che lei legga i
verbali. Dicevo che
l'argomento è stato discusso ed approvato tanto che
la seduta è programmata per il 24 settembre. In
quell'occasione vi sarà una mia bozza di relazione.
SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto, con piacere.
PRESIDENTE. Lei ha svolto una funzione di stimolo
per la
decisione.
SALVATORE FRASCA. Lei sa che sono calabrese e
testardo.
Discussione della relazione
sulla criminalità in Puglia. PRESIDENTE. L'ordine
del giorno reca la discussione
della relazione sulla criminalità in Puglia. Il
senatore Robol ha facoltà di svolgere la relazione.
ALBERTO ROBOL, Relatore . Signor presidente, a
pagina 22 del documento del ROS intitolato "Cenni
storici sulla criminalità organizzata in Puglia" si
rinviene la ragione dell'importanza della relazione
che mi accingo ad illustrare. In esso si legge che
"nell'anno 1989, a seguito di più rapporti di
denunzia dell'Arma e della polizia di Stato di
Lecce, furono inquisiti e rinviati a giudizio per il
reato di cui all'articolo 416-bis oltre un centinaio
di affiliati alla SCU, tra i quali tutti i maggiori
esponenti. A conclusione di laboriosi maxi-processi,
celebratisi in primo grado dall'ottobre 1990 al 23
maggio 1991, e in secondo grado dal gennaio al 17
aprile 1992, venne definitivamente sancita
l'esistenza della cosiddetta quarta mafia e furono
irrogate severe condanne". Ritengo che questo
passaggio del documento distribuito dal ROS sia
importantissimo sul piano storico perché racchiude
il decennio di vita della SCU, oltre a contenere,
ripeto, la ragione della relazione. Chi ha letto la
prima stesura della relazione e l'ultima - ossia la
bozza distribuita oggi - avrà notato l'esistenza di
numerose differenze e compreso il motivo
dell'accoglimento della proposta avanzata
dall'onorevole Bargone nel mese di giugno. Del
resto, una situazione come quella pugliese è di per
sé in evoluzione: è sufficiente leggere i giornali
per capire il significato delle mie affermazioni.
L'accettazione della richiesta di rinvio
dell'esame della relazione dell'onorevole Bargone è
risultata quanto mai positiva, perché ha permesso
alla Commissione...
PRESIDENTE. L'onorevole Bargone avrebbe con piacere
partecipato alla riunione odierna, ma purtroppo gli
è stato constatato il distacco della retina, a cui è
seguito un ricovero urgente. Si scusa, per il mio
tramite, con i colleghi della Commissione.
ALBERTO ROBOL, Relatore . Dicevo, che l'aver
accettato la richiesta di rinvio ha permesso alla
Commissione di tornare in Puglia nel mese di luglio
e di registrare talune differenze tra la situazione
di gennaio e quella della fine di luglio,
soprattutto nella città e nella provincia di Bari.
Nell'ultimo sopralluogo abbiamo incontrato il
prefetto, il quale non era lo stesso che incontrammo
nell'occasione precedente, il sindaco ed altre
autorità.
All'origine delle notevoli differenze riscontrate
nella realtà barese vi sono alcuni fatti. Chi ha
letto la relazione avrà compreso le ragioni, alcune
delle quali sono relative all'impegno di queste
persone. Il prefetto Catenacci ha esplicitamente
affermato che l'utilità della Commissione è
straordinaria, in quanto funge da pungolo e stimolo
continuo soprattutto per alcune amministrazioni che
in quella zona sono
abbastanza prigioniere di logiche mafiose, su cui
credo si stia indagando attualmente.
Dal punto di vista del coordinamento dei lavori e
del rafforzamento degli organici sono stati posti in
essere antidoti estremamente efficaci.
Accanto agli eventi che hanno riguardato i soggetti
preposti alla vita politica
Pag.2668
ed amministrativa di Bari, si sono registrati
fenomeni concernenti i cosiddetti collaboratori
della giustizia, ossia i pentiti. A gennaio,
all'epoca cioè del precedente
sopralluogo, l'idea di poter utilizzare i pentiti
(soprattutto Annacondia) era piuttosto lontana; in
luglio invece ci è stata offerta la possibilità di
confrontare dal vivo la veridicità di alcune
affermazioni. Le dichiarazioni dei pentiti sono
dunque sicuramente all'origine del profondo
mutamento riscontrato.
A ciò si aggiunge l'evoluzione delle indagini
sull'incendio del Petruzzelli che ha avviato un
supplemento di inchiesta, e l'incriminazione del
procuratore della Repubblica presso la Corte
d'appello di Bari che ha coinvolto a livello emotivo
oltreché politico il mondo pugliese (già in gennaio
se ne parlò in termini drammatici).
Inoltre, a pagina 37 della relazione troverete
alcune dichiarazioni di Pasquale Galasso, che
abbiamo avuto occasione di sentire a Roma e che
viene citato in maniera esplicita. Quest'ultimo è il
pentito di cui non si è parlato solo in questi
giorni, ma anche in precedenza.
Premesso che nella stesura di questa relazione si è
rivelato quanto mai necessario l'ulteriore
sopralluogo in Puglia, il secondo ordine di
considerazioni che desidero svolgere attiene al
fatto che i rapporti con il mondo politico econ
quello amministrativo, così come emergono dalla
relazione, hanno indubbiamente creato situazioni di
conflitto. Non solo ultimamente, ma addirittura a
giugno, cioè quando
sembrava che dovesse essere presentata questa
relazione, ho cercato di parlare con diversi
colleghi commissari perché, per me, che non avevo
molte esperienze come relatore, era importante
capire cosa fosse opportuno sottolineare e anche il
modo in cui farlo. Credo che ciò sia comprensibile,
considerato che soprattutto nei rapporti politici le
novità possano creare situazioni piuttosto delicate.
Il fatto stesso che la stampa pugliese abbia parlato
di questa relazione prima della sua discussione,
ritengo sia indice non solo della curiosità ma anche
dell'attenzione e forse anche della paura con cui
essa era attesa dal mondo pugliese.
Ai colleghi commissari i quali ritengono che
questa relazione sia un po' troppo morbida, devo
dire che la mia impressione è che non l'abbiano
letta completamente, in quanto vi sono affermazioni
piuttosto forti, soprattutto quelle riferite a certi
rapporti con gli amministratori e con il mondo
politico in senso lato. Credo che la situazione
pugliese debba essere vista in quest'ottica, al di
là di quelle che potranno essere le conseguenze
derivanti da eventuali provvedimenti di scioglimento
dei consigli comunali.
Viceversa, altri commissari hanno già fatto sapere
di
ritenere questa relazione piuttosto dura, in alcuni
passi addirittura violenta, non rispettosa.
Personalmente, credo che il nostro compito non sia
solo quello di registrare ciò che è stato detto,
anche se abbiamo avuto la fortuna di avere uno
spaccato della vita pugliese ascoltando tutti gli
organi responsabili della regione. Tuttavia, essendo
questa una Commissione anche politica, ritengo sia
giusto mettere in rilievo soprattutto il senso del
processo che è in atto in Puglia. Quindi, al di là
della registrazione della fenomenologia della
malavita, dei reati e di tutto quello che
la Puglia rappresenta anche in virtù della sua
posizione geografica, un aspetto che non va
dimenticato...
ALTERO MATTEOLI. Che intendeva dire quando ha
sottolineato il processo in atto in Puglia?
ALBERTO ROBOL, Relatore. Glielo spiegherò tra un
attimo, onorevole Matteoli.
Dicevo che bisogna tener conto non solo della
posizione geografica della Puglia, ma anche dei suoi
collegamenti con la ex Jugoslavia, dei suoi rapporti
con il mare (tutto ciò viene messo ben in evidenza
nel documento ROS) e del fatto
Pag.2669
che è venuto ad aprirsi un processo di
coscientizzazione della società civile (è questo che
intendevo dire prima, onorevole Matteoli) che, come
Commissione, non possiamo non aver registrato
durante le nostre visite, per esempio a Mesagne e a
Montescaglioso, o nella giornata passata nella
scuola di Taranto.
Credo che come politici e legislatori spetti a noi
vedere
se in questa situazione, che per alcuni versi è
esasperatamente lacerante, vi siano anche motivi di
speranza. In fondo, il recupero della politica non
può non avere una sua dimensione pedagogica, per cui
non può considerarsi illuso, utopista o sentimentale
chi mette in luce anche questi aspetti. E' per
questo che nella relazione ho voluto porre in
rilievo che accanto alla presenza tradizionalmente
negativa della criminalità organizzata si registra
una interessante fase di presa di coscienza della
società nella sua interezza, soprattutto della
società generazionalmente interessante perché nuova:
i 350 studenti delle scuole di Taranto, i 50
interventi da essi svolti assieme ai docenti
rappresentano la testimonianza di una società che si
muove verso il recupero della politica. Quest'ultima
non può limitarsi a registrare passivamente la
disperazione e nemmeno può fare il gioco di una
contrapposizione statica; anche la politica della
nostra Commissione, quindi, non deve essere bloccata
o esasperatamente pessimista, quasi essa fosse
chiamata a registrare solo il negativo da attribuire
ad un ceto dirigente anziché ad un altro.
E' in atto un processo politico sul quale,
ovviamente, il giudizio deve essere espresso.
Quindi, dopo la discussione che in continuazione e
dal vivo abbiamo portato avanti in questi mesi con
chi è stato con noi in Commissione, la conclusione
che ho tratto è stata che il processo di Lecce ha
determinato una grossissima sconfitta della violenza
organizzata; conseguentemente, il decennio degli
anni ottanta, che appare come quello della nascita
di questa criminalità e dell'ufficialità dei
collegamenti della Sacra corona unita alla
'ndrangheta e alla camorra, viene anche visto come
quello in cui ha avuto termine questo tipo di
violenza organizzata. Ma se questo è un dato
estremamente positivo, va chiarito che il crollo
della violenza organizzata non è assolutamente
ascrivibile, in termini esclusivi, all'azione
giudiziaria, bensì anche a quella politica e
culturale.
Dunque, non vi sono solo fenomeni di grande
disoccupazione e di vuoto delle strutture,
ma anche fenomeni di cultura
politica, i quali tendono a riempire le devastazioni
di tutti questi anni. Vorrei porre maggiormente
l'attenzione su questo, perché credo che sia giusto
esprimere una parola di incoraggiamento, di vita e
di speranza, senza con ciò voler mettere in secondo
piano i dati negativi che emergono dalla relazione e
che per certi aspetti risultano estremamente
allarmanti, anche se oggi, forse, lo sono di meno
rispetto a qualche anno fa. Prima del luglio di
quest'anno, la Commissione si era recata in Puglia
ben cinque volte, per cui ha potuto constatare
quanto la situazione fosse grave. Tuttavia, accanto
a questo dato negativo, credo che sia
importante mettere in luce anche il cambiamento in
atto, inteso come risposta ad un bisogno e come
volontà di vita.
Se consideriamo che accanto al mondo del
volontariato e
della cultura, che rappresenta un investimento
generazionale per il futuro, vi è anche la risposta
del mondo dell'antiracket, risposta che in termini
generici possiamo
chiamare corporativa ma che in termini produttivi e
politici è di grande peso, comprendiamo che la
società si è svegliata. E questo dato emerge nella
relazione, anche se nella stessa le parole
dedicategli sono sicuramente minori rispetto a
quelle usate per evidenziare i dati negativi. In
pratica, anche se nella relazione vi è un rapporto
in fondo sproporzionato tra le citazioni e i
riferimenti di carattere giudiziario e quelli di
carattere politico, culturale e sociale, credo che
il suo taglio sia giusto.
Credo che la Commissione - almeno per quanto
riguarda me -
abbia potuto vedere in Puglia non solo i colpi di
coda, Pag.2670
che sono i più pericolosi per certi versi, di una
violenza e di una criminalità organizzate, ma anche
le contraddizioni che nella società si sono aperte e
quindi la voglia di testimonianza di un altro
modello di vita. Vorrei che si ponesse l'accento
sulle assemblee pubbliche: prima ho citato Taranto,
ora cito quella svoltasi in consiglio comunale a
Mesagne con la popolazione che ha seguito i lavori
della Commissione e che ha visto in essa un momento
di liberazione; quella di Montescaglioso, nel
sopralluogo di fine luglio, dove vi è stata una
chiara presa di posizione, e dove ha partecipato
tutta la popolazione. Questi sono segni, oltre che
segnali, di un'inversione di rotta. Allora, se la
Commissione (chiudo con quanto ha detto Catenacci a
Bari in un colloquio privato alla fine
dell'audizione) ha un senso, lo ha perché sul
territorio riesce ad essere e non può non essere un
momento di pungolo continuo e anche di
gratificazione per gli elementi di contraddizione
che vi sono sul territorio. La Commissione ha un
compito politico che è quello di risvegliare il
senso di un vivere civile che altrimenti rischia di
vanificarsi.
Prima si è fatto riferimento alle grandi questioni
dello Stato e della criminalità: io credo che al di
là e forse anche al di sopra, nel senso della
trascendenza, dello Stato vi sia la persona; intendo
dire che lo Stato è l'espressione anche della
persona e della società, quindi il compito di una
Commissione politica, nel suo viaggio attraverso le
situazioni di criminalità organizzata, è quello di
recuperare il senso dello Stato come senso della
società nelle sue articolazioni.
Questo mi premeva dire come avvio del dibattito.
Credo che
ciascuno, in base ai dati contenuti nella lunga
relazione che consta di 70 pagine, potrà sviluppare
una serie di ragionamenti.
Per concludere desidero dire, se mi è consentito,
che fin dall'inizio ho avuto un certo imbarazzo ad
occuparmi di un campo per me assolutamente nuovo
(credo di dover pagare il prezzo di questa sorta di
noviziato di ricerca). Però da gennaio ho avuto
occasione di visitare oltre alla Puglia, la Sicilia,
la Campania, la Calabria ed ho potuto constatare che
anche in queste zone del nostro paese nelle quali in
apparenza il momento della violenza è fondamentale
ed essenziale vi è una società civile in forte
movimento: questo a mio parere è un fatto politico
del quale forse si parla poco ma che deve essere
evidenziato.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Robol, anche per il
lavoro
svolto.
FRANCESCO CAFARELLI. Credo che si possa con onestà
dare atto al collega Robol di aver svolto un ottimo
lavoro, come credo si possa dire che la Commissione
ha raggiunto un buon
risultato, in quanto della Puglia è ora possibile
avere uno spaccato utile a formulare suggerimenti
validi per chi oggi possa trovarsi nelle condizioni
in cui si è trovata la Puglia dieci anni fa; e ad
impostare così - come abbiamo fatto per le audizioni
- un metodo che possa servire ad operare in via
preventiva, nelle regioni che si trovano a
registrare il fenomeno ancora nella fase iniziale.
Signor presidente, considerate l'ora e la
stanchezza (anche io ho seguito i colleghi in
Sardegna), cercherò di attenermi ai documenti e di
evitare commenti personali, anche se seguo dal 1985
la vicenda dello sviluppo e della penetrazione della
criminalità in Puglia.
Desidero dire al collega Robol che abbiamo già
ottenuto un risultato: questa volta abbiamo potuto
scrivere la relazione senza dovervi apportare
modifiche, cioè senza subire, come è avvenuto in
precedenza, pressioni per "pulirla", soprattutto
quando essa faceva riferimento a personaggi molto
noti (facciamo una volta per sempre questo nome: i
Casillo!) dei quali oggi abbiamo potuto parlare
ufficialmente grazie a quello che ci hanno detto i
collaboratori di giustizia. Lo stesso Robol, però,
ha citato la pagina ma non ha fatto il cognome della
famiglia alla quale si riferiva: vi è questa
difficoltà, che ci portiamo appresso fin dal 1986.
Del resto anche questa Commissione si è trovata in
difficoltà fin dall'inizio, fin da quando la
delegazione è partita per la
Pag.2671
Puglia la prima volta (gennaio 1993). La Commissione
era già in possesso di alcuni elementi circa la
presenza della criminalità a Foggia. Chiedo scusa,
signor Presidente, se parlo della situazione della
Capitanata (conosco quella zona che è legata alla
provincia di Bari), ma credo - lo hanno detto Robol
ed anche il senatore Frasca - che essa possa essere
emblematica anche per altre regioni. Facendo
l'analisi di tutti gli elementi accertati ed
ufficialmente a nostra disposizione, si può giungere
ad uno spaccato della situazione, non solo alla
formulazione di una relazione (facendo solo questo
faremmo una cosa monca) ma anche all'individuazione
di ipotesi e proposte (mi richiamo ad una battuta
felice di Robol relativa al processo di Lecce).
A Lecce si è svolto un processo alla criminalità
organizzata che ha fatto registrare una vittoria
della parte sana dello Stato che si è contrapposta
alla criminalità organizzata. La situazione di Lecce
è simile a quella di altre realtà: se fossimo
intervenuti per tempo su di esse, probabilmente oggi
avremmo comunque parlato della presenza del fenomeno
della camorra pugliese ma con minore preoccupazione
perché esso sarebbe stato di entità sicuramente
diversa da quella che l'onorevole Robol dice di aver
registrato e della quale è preoccupato.
Sempre in riferimento ai dati a nostra
disposizione, emerge la tipicità dell'omicidio
Sciorio: la polizia e soprattutto i carabinieri (qui
non si citano mai i carabinieri: manca Boso!), nel
corso dell'indagine, trovarono un libro e un'agenda;
il primo conteneva le regole per l'affiliazione alla
nuova camorra e la seconda conteneva dei nomi.
Abbiamo inoltre avuto a disposizione l'indagine
della UIGOS di Foggia e - sempre per citare fatti
oggettivi - le dichiarazioni di un altro uomo della
camorra molto noto allora, Pasquale Barra, il quale
parlò con il dottor Apperti, sostituto procuratore
della Repubblica di Foggia. In sostanza, riferì di
situazioni che poi sono state confermate, a distanza
di anni, dalle dichiarazioni di Galasso e
Annacondia. Ripeto, sono fatti riportati nella
sentenza Maritati, che consegnerò alla Commissione -
anche se dovrebbe già averla: se Maritati non avesse
incontrato difficoltà e avesse potuto continuare le
indagini riguardanti il troncone della Capitanata,
avremmo potuto registrare una vittoria non solo a
Lecce, ma anche a Foggia, a Bari e nella Puglia in
generale.
Dunque, a disposizione delle autorità preposte
alla lotta contro la criminalità erano i dati
concernenti l'omicidio Sciorio e le risultanze delle
indagini sull'omicidio stesso e di quelle svolte
dalla UIGOS e dalla Guardia di finanza, su cui
dovremmo fare chiarezza, signor Presidente.
Occorrerebbe soprattutto fare chiarezza sulle due
indagini avviate dalla Guardia di finanza che,
quando giungono a riscontri oggettivi, stranamente
si interrompono. In altri termini accade che la
verifica della Guardia di finanza sul gruppo
Casillo, allorché riscontra dati oggettivi viene
sospesa con la motivazione che i Casillo, su
suggerimento di un loro amico magistrato, avevano
spostato le loro attività da Foggia a San Giuseppe
Vesuviano. Non so se sia possibile sospendere una
verifica e non saperne più nulla! E' come se la
Guardia di finanza interrompesse la sua attività ai
confini della provincia di Foggia, senza andare
oltre: la Guardia di finanza può o no andare
dappertutto? E' necessario un accertamento.
L'altra questione riguarda la relazione dell'Arma
dei
carabinieri risalente all'ottobre 1985, anch'essa a
disposizione delle autorità preposte. Che cosa si è
verificato, onorevole Robol? Perché non si è mai
arrivati alla celebrazione di un processo sulla
criminalità organizzata del troncone di Foggia?
Anche in questo caso bisogna accertare e fare
chiarezza: non solo fu trasferito il dottor Gigli,
responsabile dell'ufficio UIGOS - prima fu anche
demolito moralmente, con la rivelazione di sue
presunte collusioni con la delinquenza locale (si
disse che aveva ricevuto in regalo un'autovettura) -
ma fu attaccato anche il questore, dottor Rosa: si
disse che poiché il figlio era un drogato,
Pag.2672
il padre non aveva titolo per condurre un'indagine
nei confronti della presenza della criminalità
organizzata, a Foggia. Furono anche trasferiti un
capitano della Guardia di finanza ed un maresciallo
si dimise.
Né va perso di vista il ruolo svolto dal mondo
politico (allego documentazione), attraversato da
contrasti e vuoti, così come non va sottovalutato
l'atteggiamento di una parte della stampa che ha
svolto una funzione non secondaria: mi riferisco ad
alcune fonti d'informazione ed emittenti che sin dal
1985 risultavano soggiogate da capitali di
provenienza illecita.
Sull'altro fronte, chi erano i preposti alla
verifica dei fatti che sto ricordando (che, lo
ripeto sono agli atti)? Chi era preposto
all'accertamento della giustezza o della erroneità
dei fatti, delle responsabilità o della presenza
della camorra pugliese? Vi sono denunce al Consiglio
superiore della magistratura nei confronti del
procuratore della Repubblica di Foggia, dottor
Cudillo; del sostituto procuratore, dottor Apperti;
del giudice istruttore di allora dottor Baldi,
nonché di altri due magistrati, il dottor Monaco di
Foggia e il giudice istruttore dottor Picardi
(trasferitosi successivamente a Napoli).
Queste persone sono intervenute pesantemente non
solo per minacciare e trasferire chi si era
interessato alle indagini sulla presenza della
camorra in Capitanata, ma anche per manipolare le
risultanze delle indagini a disposizione della
magistratura. Tutto questo risulta agli atti del
Consiglio superiore della magistratura oltre ad
essere stato registrato dagli ispettori che, su mia
denuncia, hanno aperto il caso Foggia. Cudillo, da
parte sua, aveva partecipato alla commissione
aggiudicatrice dell'appalto-concorso per la
realizzazione del tribunale di Foggia, vinto - già
allora, senatore Brutti - dalla FEAL, attualmente
COGEFAR-Impresit:
non solo un procuratore della Repubblica partecipò
alla procedura di aggiudicazione dell'appalto, ma
l'appalto fu concesso ad una ditta il cui
amministratore delegato unico era stato condannato
ai sensi dell'articolo 416-bis! La circostanza fu
fatta rilevare dalla Commissione, ma il procuratore
rispose che lui non era tenuto a leggere i giornali!
Su questo non è stata mai fatta chiarezza!
Ancora: nel corso dell'inchiesta Maritati vengono
minacciati due appartenenti alla Criminalpol inviati
da Maritati e che, provenendo da Bari, non potevano
essere "avvicinati" a Foggia; - e lo stesso giudice
Maritati fu minacciato, fino ad essere derubato del
suo lavoro.
Che cosa è avvenuto? Come è successo? Fatto strano:
ogni
qualvolta si è richiamata l'attenzione sulla
criminalità foggiana, è intervenuto un magistrato
risultato comunque coinvolto in rapporti di amicizia
con i Casillo! In questo caso lo ha fatto Baldi che
ha presentato richiesta di autorizzazione a
procedere nei miei confronti. Del resto, il ruolo
dei Casillo (Pasquale, Aniello e prima ancora il
padre) era quello di aggiustare i processi, di
mantenere rapporti con i magistrati, riuscendo così
ad essere al di sopra delle
fazioni di Cutolo e di Alfieri. Gennaro Casillo non
veniva mai toccato perché aggiustava i processi,
dice Galasso.
VINCENZO SORICE. Scusi, onorevole Cafarelli, che
rapporto di parentela esiste tra Gennaro e Pasquale
Casillo?
FRANCESCO CAFARELLI. Sono padre e figlio.
VINCENZO SORICE. Il figlio è Pasquale? FRANCESCO
CAFARELLI. Certo. Mi sono sempre dovuto
muovere senza farmi notare: se avessi sottoposto
all'attenzione della Commissione il rapporto di
parentela tra Gennaro e Pasquale, non saremmo andati
oltre una certa data.
Dirò di più. Dirò di strane coincidenze. Quando la
Commissione decise di affrontare la relazione sulla
Puglia è giunta immediatamente una lettera di
Casillo alla Commissione - è un documento
ufficiale della Commissione -. In essa
Casillo sostiene di non essere parente
Pag.2673
di Vincenzo Casillo; sappiamo invece che è cugino di
Vincenzo Casillo, braccio destro di Cutolo e saltato
in aria a Roma. Inoltre, dice di non conoscere
Sciorio e che lo aveva incontrato occasionalmente
con altri commercianti. Invece, risulta agli atti
che Sciorio era stato assunto come uomo di fiducia
dei Casillo (chiedo di acquisire agli atti la
lettera di assunzione); ma questo era solo il ruolo
ufficiale perché in realtà era il rappresentante non
solo della camorra ma anche della mafia, visto che
altrimenti i Casillo non avrebbero potuto manovrare
nell'ambito siciliano.
Ma c'è di più (e oggi nei processi ne abbiamo
avuto riscontro), a proposito dei magistrati che,
sia come tribunale della libertà sia come giudice
istruttore, avevano riesaminato due mandati di
cattura emessi dal dottor Russetti (il quale fu
definito un folle per essersi permesso di farlo): è
risultato che il sostituto Picardi, era inquilino
dei Casillo, il genero dell'altro magistrato, il
giudice istruttore Baldi, che mi ha querelato perché
ho detto queste cose al Consiglio superiore della
magistratura, era tecnico di fiducia e
rappresentante politico di Casillo al Comune di
Foggia. Inoltre, il procuratore legale di Casillo
aveva sposato la sorella del genero del giudice
Baldi. Quindi, quest'ultimo, che obiettivamente
avrebbe dovuto ammettere di non essere nelle
condizioni di giudicare, non solo non si è astenuto
dal farlo, ma lo ha fatto a favore di Casillo.
Quando Apperti, altro sostituto della procura di
Foggia, ha avuto in mano le dichiarazioni del Barra
- questo risulta dalle dichiarazioni rese da due
sostituti procuratori di Foggia, cioè da D'Amelio e
Cea - non ha proseguito le indagini, anzi, le ha
chiuse ed
ha prosciolto Casillo da qualsiasi imputazione.
La situazione in cui ci siamo mossi, senatore
Robol, è questa: tutti quelli che erano preposti
all'attività di contrasto non solo non si sono
impegnati in tal senso ma hanno minacciato chi, al
contrario, lo stava facendo; inoltre, nel momento in
cui come magistrati hanno richiesto ed ottenuto di
giudicare quel personaggio, hanno fatto in modo che
venisse prosciolto prima che fossero avviati i
processi. L'unico filone ancora in piedi è quello
della Guardia di finanza di Napoli, ma dal 1989 sono
trascorsi quattro anni e non sappiamo ancora che
verifiche abbia attuato e a quali riscontri sia
pervenuta. Per memoria storica, comunque, va detto
che nel rapporto della Guardia di finanza di Foggia
e di quella di Bari veniva riscontrato che i bilanci
erano manipolati per potere ottenere i contributi
AIMA e che il grano era oggetto di spostamenti
inutili anziché essere conservato. Inoltre, era
stato scoperto un fatto molto strano, che la procura
di Foggia non si è mai preoccupata di accertare: per
quale ragione un imprenditore trasferiva da
un'azienda all'altra - sempre appartenente alla sua
holding - merci inesistenti, nel
senso che i mezzi che avrebbero dovuto trasportarle
in realtà non contenevano nulla? Mi spiego meglio:
c'era solo il trasferimento materiale dei camion e
dei TIR, c'erano le bollette di accompagnamento, le
quali attestavano che la merce veniva trasferita dal
soggetto A a quello B, ma non é mai stata trovata la
merce.
PRESIDENTE. La famosa merce virtuale!
FRANCESCO CAFARELLI. Sì, e non é mai successo
nulla,
anche se si trattava di fatti a conoscenza di tutti.
Quindi, vi è questa grossa questione, signor
Presidente, che credo dovremmo affrontare in
Commissione, magari con qualche suggerimento al
Consiglio superiore della magistratura: se è vero
che quando il politico sbaglia deve essere punito
due volte rispetto al comune cittadino, proprio
perché si trova in una situazione privilegiata, mi
chiedo se sia giusto, nel caso in cui a sbagliare
sia un magistrato, che a quest'ultimo si contesti
soltanto il trasferimento da Foggia
aNapoli o da Foggia a Bari. Eppure questo si è
verificato
perché, nonostante li abbiano colti con le mani nel
sacco, come
Pag.2674
si suol dire, la punizione massima a cui sono andati
incontro è stata quella del trasferimento da una
sede all'altra.
Premesso che questi sono già fatti che conoscevamo
prima
che la nostra Commissione compisse l'ultima visita
in Puglia, nel gennaio di quest'anno, mi siano
consentite, per dovere morale, alcune spiegazioni
relative alla mia vicenda. Posso ora finalmente dare
i chiarimenti sull'articolo scandalistico pubblicato
dal Roma .
Il 26 gennaio eravamo in aereo diretti a Bari,
come delegazione della Commissione, parlavo con il
senatore Robol quando fummo informati dal Presidente
che, tramite il collega D'Amato, era pervenuta la
richiesta di Sasso di ascoltare Casillo, pena quello
che tutti sappiamo accadde.
PRESIDENTE. Sarà bene che chiarisca chi sia Sasso.
FRANCESCO CAFARELLI. Sasso è il direttore del Roma
einsiste perché Casillo, che è azionista di
maggioranza di
quel giornale, venisse ascoltato.
PRESIDENTE. Ma noi avevamo già deciso di non
ascoltarlo. FRANCESCO CAFARELLI. Lo avevamo già
deciso prima e in
aereo si decise di riconfermare la decisione assunta.
Iniziò in questo modo l'ultima missione della
Commissione
antimafia in Puglia.
Do ora chiarimenti su quanto accadde. Il
giornalista D'Angelo è stato chiamato dal magistrato
Carofiglio, sostituto procuratore di Foggia (ho già
inviato gli atti alla
Commissione), il quale ha chiesto spiegazioni a
questo sedicente giornalista circa l'articolo che
aveva scritto: ebbene, questo signore ha risposto
che non sapeva spiegare ciò che aveva firmato, che
non comprendeva quello che aveva scritto.
PRESIDENTE. Si riferisce all'articolo contro di lei?
FRANCESCO CAFARELLI. Sì, signor Presidente, è agli
atti.
Mi riferisco all'articolo del 29 gennaio, dove si
parla di assegni, di cambiali e cose simili, e a
seguito del quale ho sporto denunzia.
PRESIDENTE. Quindi, l'autore dell'articolo ne
ignorava
il contenuto!
FRANCESCO CAFARELLI. Sì. A domanda del magistrato,
ha risposto che non sapeva spiegare quello che aveva
scritto. Se una persona scrive una cosa, può anche
dargli un significato diverso, ma deve comunque
essere in grado di spiegare ciò che ha inteso dire!
Senatore Robol, ogni volta che la Commissione si è
recata in Puglia ha avuto di questi attacchi (e
questo è accaduto stranamente solo in Puglia,
neanche in Sicilia). Il primo attacco l'avemmo
quando il presidente della Commissione antimafia era
l'onorevole Alinovi. E' dal 1987, signor Presidente,
che non riesco a far celebrare la prima udienza, a
causa dei continui rinvii disposti dal presidente Di
Taranto, del processo contro un altro giornalista
che mi attaccò pubblicamente perché responsabile
della visita della Commissione Antimafia a Foggia
(durante la quale si parlò di Casillo). Ricordo che
alcune amministrazioni ci sollevarono contro
l'opinione pubblica perché le avevamo infangate, in
quanto la presenza della Commissione a Foggia
significava il riconoscimento della presenza della
camorra, mentre gli amministratori sostenevano il
contrario. Secondo loro, erano tutti sani, l'unico
pazzo ero io che mi ero permesso di dire che avevo
avuto sentore di qualcosa che non quadrava, per cui
invitavo a verificare certi fatti, proprio perché se
si fosse fatta chiarezza all'inizio avremmo avuto la
speranza di arginarli, se non di eliminarli.
Tornando all'ultima visita.
La sera stessa della nostra partenza per la Puglia,
la mia
segreteria di Bari è stata aperta e tutto è stato
distrutto. Inoltre, ho ricevuto minacce mentre ero a
Gela, successivamente messe in atto con un tentativo
d'incendio del mio studio di
Pag.2675
Foggia. Dunque, tutta una serie di piccoli fatti che
non interessano, perché non sono una persona da
tutelare ma una persona che deve comunque subire,
che deve spaventarsi e fermarsi al punto in cui è
arrivata, che non deve mai andare oltre nella
denunzia. Tutto questo non mi ha spaventato, e sono
andato oltre, portando avanti la mia battaglia,
cercando, nel limite delle mie possibilità, di tirar
fuori tutto quello che era possibile.
Cosa è venuto fuori? Dai due pentiti si è appreso
che nell'ambito della procura di Foggia, della
procura presso la pretura e a livello di tribunale
vi sono dei contrasti, non perché gli uni siano
amici e gli altri nemici del nostro comune "amico"
(Casillo), ma perché probabilmente gli uni e gli
altri si dividono o cercano di dividersi il
territorio di Foggia. Lo dico ufficialmente, signor
Presidente, qualcuno già ha avanzato ipotesi di
candidatura a sindaco di Foggia - parlo di
magistrati e non di politici - e altri di
candidature al Senato o alla Camera.
Che cosa abbiamo sentito a Foggia? Io mi sono
volutamente astenuto dal partecipare quel giorno
all'audizione, però avevo già informato
informalmente di questo il Presidente mi deve dare
atto: dopo l'omicidio Panunzio si era giunti, grazie
a due pentiti (se così si
possono chiamare) e comunque a due imputati, a
sapere che i Casillo erano quelli che aiutavano
economicamente e per l'assistenza legale tutti i
familiari dei detenuti, soprattutto di quelli
collegati all'omicidio Panunzio. Questo abbiamo
saputo anche da un cittadino né indagato nè pentito
(probabilmente anche lui non ne può più di questa
situazione così pesante), che ha messo a
disposizione del magistrato Carofiglio tutto quello
che era a sua conoscenza. Da queste persone abbiamo
saputo cose che poi ci ha detto Galasso: abbiamo
saputo tutto, della Sicilia, dei rapporti del gruppo
Casillo con Riina e non solo con Bontate e con gli
altri, di altri magistrati dei quali faccio i nomi
(è giusto accertare la responsabilità): la GIP
D'Alessandro, la quale, secondo Carofiglio, aveva
permesso, grazie ad una banalità tecnica, a questi
imputati detenuti da 48 ore di fare appello per
essere scarcerati, non avendo confermato
l'isolamento; tanto è vero che è dovuta intervenire
successivamente la Direzione distrettuale antimafia
di Bari per riarrestarli, dichiarando la propria
competenza in quanto si trattava di fatti di
delinquenza organizzata di stampo camorristico. E
questo è niente.
Risulta agli atti, sempre a sentire il sostituto
Carofiglio, che la D'Alessandro, tra l'altro una
bella donna, abbia avuto rapporti intimi con il
fratello di Pasquale Casillo. Quindi noi abbiamo due
GIP a Foggia, uno si chiama Baldi (oggi trasferito
grazie alla mia denunzia nonostante le querele che
ho avuto) e i cui parenti sono dipendenti del
Casillo; l'altro va a letto - non ne ho le prove, lo
dice Carofiglio - con il fratello di Casillo.
PRESIDENTE. In auto, non a letto.
FRANCESCO CAFARELLI. No, a letto.
PRESIDENTE. Sapevo in auto.
FRANCESCO CAFARELLI. In un'auto la cui targa è
stata rilevata dalla scorta (questo GIP è sotto
scorta) e risulta di proprietà di un noto
delinquente. Questo è un altro episodio.
ALBERTO ROBOL, Relatore . A letto o in auto il
problema interessa poco.
FRANCESCO CAFARELLI. Presidente, credo che la gente
debba sapere per intero come vadano le cose in
questo campo a Foggia. Abbiamo sostituti procuratori
che litigano fra di loro e GIP che, comunque
vadano i fatti, sono coinvolti in rapporti
di tipo diverso con Casillo. Non credo che questo
sia un fatto che debba solo restare agli atti o
rappresentare uno sfogo: ritengo che la Commissione
debba intervenire. Qualcosa bisogna fare. Ho
avanzato le mie denunzie al Consiglio superiore
della magistratura, dove sembra vi siano degli
ispettori che si occupano di tali questioni;
speriamo che essi
Pag.2676
arrivino a dei riscontri e producano qualcosa di più
del semplice spostamento di sede tra Foggia e Bari.
Altrimenti perderemo di credibilità.
Ma non è solo questo, signor presidente. L'altra
questione
sulla quale vorrei soffermarmi riguarda un aspetto
molto delicato dei rapporti tra politici,
imprenditori e alcuni magistrati. Vi darò copia di
una lettera che ho inviato in data 31 marzo al
presidente della Giunta per le autorizzazioni a
procedere (allora non vi era alcuna richiesta di
autorizzazione a procedere nei miei confronti). Vi è
poi un'altra lettera (che è già agli atti perché ho
denunciato il giornale e coloro che mi hanno
diffamato) con la quale evidenzio che l'articolo in
questione mi preannuncia ciò che è successo da marzo
ad aprile. Dispongo poi di una testimonianza,
scritta che allego agli atti, dalla quale risulta
che Casillo sapeva, stranamente, con vari giorni di
anticipo cosa mi sarebbe accaduto. Ecco i fatti: una
persona viene chiamata ed allettata a fornire
elementi: mi riferisco a
un certo Fiano Domenico che viene portato negli
uffici dei Casillo dove Pasquale Casillo gli offre
fidi facili e lavori a condizione che produca
documenti che possano compromettermi, i famosi
documenti richiamati il 29 gennaio dal Roma . Ho
saputo solo ad agosto per la prima volta di cosa
venissi accusato e da chi: un certo Di Corato,
titolare di una grossa enota impresa di Trani, che
mi ha presentato a cena Mele,
procuratore della Repubblica di Roma. Questo
imprenditore mi ha mostrato telegrammi a firma del
procuratore di Bari De Marinis perché anche io quale
parlamentare della zona sostenessi l'urgenza dei
lavori della Foggia-Cerignola, presso il Ministero
dei lavori pubblici, il ministro e l'ANAS. Io l'ho
fatto.
PRESIDENTE. Quali lavori?
FRANCESCO CAFARELLI. Parlo della Foggia-Cerignola.
PRESIDENTE. Cos'è, una strada?
FRANCESCO CAFARELLI. Sì, una strada la cui
realizzazione
era per metà già affidata e quasi completata.
Mancava l'altra metà. Per l'amor di Dio, era giusto!
Ho avuto anche sollecitazioni da parte del direttore
del santuario Incoronata. C'erano problemi seri, il
telegramma aveva la firma che ho detto. Io sono
stato a cena con Mele ed altri, che mi hanno detto
che Di Corato era una bravissima persona che andava
comunque sostenuta. Questa è la situazione.
VINCENZO SORICE. Chi ti accusa direttamente?
FRANCESCO CAFARELLI. E' Di Corato che dice di avermi
conosciuto nel 1992, mentre mi conosce dal 1987.
Comunque, questi fatti troveranno sbocco in altra
sede competente.
Vi è un altro fatto da accertare, signor Presidente.
Il
collega D'Amato ha fatto una battuta, che io posso
anche
condividere, sulla questione del Banco di Napoli,
non tanto sugli interessi che pratica...
CARLO D'AMATO. La feci all'epoca. Non era una
battuta ma
una constatazione.
FRANCESCO CAFARELLI. Sì, era una constatazione. Ho
comunque registrato questo dato. Ho anche denunciato
al Consiglio superiore della magistratura e
all'ispettorato del Ministero di grazia e giustizia
un altro fatto: a Foggia
bisogna affrontare la questione della politica del
credito non solo in termini di costo del denaro ma
anche di verifica a chi esso venga dato e tramite
chi. Vi sono aziende che vengono messe in
difficoltà; poi vi è sempre il gruppo che dà loro la
possibilità di avvicinare il tale direttore o
l'altro; questi promettono il mutuo e nel tempo
necessario per la sua concretizzazione intervengono
loro con dei soldi; poi il mutuo non si concretizza;
loro hanno dato dei soldi e rientrano non certo con
la restituzione di contante ma con la cessione della
proprietà delle aziende.
Pag.2677
Anche questo è un argomento da affrontare
seriamente. Risultano coinvolti imprenditori,
politici, partiti, sindacati, magistrati, poliziotti
e rappresentanti di altre forze dell'ordine: ci sono
dentro tutti, anche il sistema bancario. E'
importante però individuare un metodo, signor
Presidente, altrimenti è difficile andare avanti. Di
fronte alle minacce nessuno deve fare l'eroe ma la
gente deve essere aiutata nella misura in cui
sostiene la battaglia: diversamente la Commissione
si limita a registrare dati, che potranno anche
essere interessanti ma non servono a nulla.
Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando
Presidente della Commissione Antimafia era
l'onorevole Alinovi! Pago pesantemente e non credo
sia giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi; ma
se sollevo dubbi su determinate questioni o avvio
un'azione per l'accertamento di eventuali
responsabilità non è giusto che mi trovi
puntualmente dinanzi dei magistrati che mi bloccano,
e in malo
modo. Consegnerò alla Commissione la copia dei
documenti cui ho fatto riferimento nel mio
intervento.
Signor Presidente, visto che questo mio intervento
a braccio può risultare non del tutto chiaro, la
prego di autorizzarmi a consegnare alla Commissione
una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato.
PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua
memoria sarà allegata al resoconto stenografico
della seduta odierna.
SALVATORE FRASCA. Ritengo che alla situazione
pugliese debba essere dedicata una seduta apposita.
Desidero congratularmi con il senatore Robol per la
relazione, anche se per la semplicità che lo
contraddistingue ama definirsi neofita, ed esprimere
apprezzamento per il coraggio dimostrato
dall'onorevole Cafarelli. A parte la vicenda di
sapore boccaccesco ed i risvolti personali che forse
potevano essere evitati, penso che il collega
Cafarelli abbia presentato una precisa denuncia sul
funzionamento dei pubblici poteri in Puglia.
PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia.
SALVATORE FRASCA. Anche Foggia è Puglia. A
proposito
dello spaccato illustrato dal collega Cafarelli
chiedo di acquisire gli atti relativi al processo
Muto, celebrato presso la corte d'assise di Bari.
Muto è un capo mafia di livello internazionale,
tant'è che attualmente è detenuto in quanto imputato
di traffico di cocaina.
MASSIMO BRUTTI. Il processo si celebra a Bari
perché è coinvolto anche un sostituto procuratore
della Repubblica.
SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche
dell'assassinio di Giannino Losardo, assessore
comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e la
sua banda vennero assolti per il reato di omicidio,
ma quest'ultima condannata per associazione a
delinquere semplice, non di stampo mafioso.
Comunque, dai rapporti della Guardia di finanza e
dei carabinieri emerge l'esistenza di un mondo di
complicità rispetto al quale il procuratore, in
udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione penale,
mentre invece nulla è stato fatto.
Poiché vi è un collegamento tra la camorra, la
'ndrangheta
ela SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro,
ci
consentirà di riprendere una vicenda processuale -
sia utile per capire ciò che si sta verificando da
qualche anno a questa parte. Chiedo formalmente
l'acquisizione degli atti del processo.
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca, lei chiede
l'acquisizione della decisione finale o degli atti?
Gli atti di quel processo saranno tonnellate!
SALVATORE FRASCA. Non chiedo la sentenza, ma gli
atti processuali ai quali
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dovrebbero essere allegati i rapporti dei
carabinieri e della Guardia di finanza.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma gli atti processuali
sono
tutto.
SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto.
PRESIDENTE. Quindi, lei chiede gli atti complessivi.
SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol
debba leggere tali atti, e farli leggere ai nostri
consulenti, perché la nostra Commissione deve avere
il coraggio di alzare l'albero della libertà, della
democrazia e della verità, costi quel che costi,
anche se dobbiamo mettere sul tavolo degli imputati
qualche magistrato!
MASSIMO BRUTTI. Concordo con tale proposta, in
quanto da quella vicenda processuale vi è molto da
imparare, posto che esistono problemi nella
magistratura di Paola oltre a rapporti con il clan
Muto. Se la proposta avanzata dal senatore Frasca
è finalizzata all'arricchimento della relazione del
senatore Robol, va bene; non vorrei però che ciò
costituisse un fatto dilatorio. Sarei dell'idea
perciò di accogliere la proposta del senatore
Frasca, lavorando sugli atti che acquisiremo e senza
bloccare il relatore, senatore Robol.
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, alcuni di noi
conoscono a memoria talune pagine di quel processo e
sono in grado perciò di richiamare l'attenzione
della Commissione.
PRESIDENTE. Vista l'ora tarda, come si dice in gergo
non
parlamentare, e considerato il numero degli iscritti
a parlare, propongo di rinviare il seguito del
dibattito al pomeriggio di martedì 21 settembre,
mentre nella mattina dello stesso giorno procederemo
alle audizioni del ministro Rognoni e del senatore
Mazzola in merito alla vicenda Cirillo.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito) .
Ricordo, infine, che giovedì 16 settembre i
parlamentari che si sono recati in missione a
Bovalino avranno un incontro con alcune persone che
non sono state ascoltate nel corso del sopralluogo e
che sempre nello stesso giorno, alle ore 18 - ma
l'orario potrebbe essere anticipato - si svolgerà
l'audizione del ministro Jervolino Russo relativa
allo sviluppo di un'azione antimafia nelle scuole.
Il senatore Robol ricorderà che durante la nostra
visita in Puglia indicammo in Taranto la sede per
l'avvio di quell'iniziativa.
La seduta termina alle 21,20.
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A L L E G A T I Pag.2680
Pag.2681
MEMORIA PRODOTTA DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI
Credo che si possa con onestà dare atto al
collega Robol dell'ottimo lavoro svolto, come credo
si possa dire che la Commissione ha raggiunto un
ottimo risultato: in Puglia è possibile ora fare uno
spaccato che ci deve servire ad andare avanti, oltre
le analisi, fino ad individuare da una parte
suggerimenti validi ed indicazioni operative da dare
a chi oggi è preposto alla lotta contro il crimine
organizzato, dall'altra a studiare, come abbiamo già
cominciato a fare nel corso delle audizioni, un
metodo di intervento preventivo per le regioni che,
come la Puglia dieci anni fa, si trovano nella
condizione di registrare il fenomeno nella fase
iniziale.
Mi atterrò ai documenti, perché seguo dal 1985 la
vicenda
della penetrazione della camorra in Puglia.
Desidero dire al relatore, collega Robol, che
abbiamo già ottenuto un risultato: questa volta
abbiamo potuto scrivere la relazione senza dovervi
apportare modifiche, senza subire, come è avvenuto
in precedenza, pressioni per "pulirla", soprattutto
quando essa faceva riferimento a personaggi molto
noti (facciamo una volta per sempre questo nome: i
Casillo). Di essi oggi abbiamo potuto parlare
ufficialmente grazie alle gravi rivelazioni fatte
dai collaboratori di giustizia.
Fin dal 1986 abbiamo avuto simili problemi in
Commissione
antimafia.
Questa stessa Commissione si è trovata in
difficoltà, come le precedenti, quando la
delegazione è andata in Puglia nel gennaio 1993.
Infatti, in provincia di Foggia, sono stati fatti
gravi e ripetuti tentativi per condizionarne e
delegittimarne l'azione. Ma di questo dirò in
seguito.
Come affermavo prima, gli elementi accertati ed
ufficiali a nostra disposizione ci consentono oggi
di fare un preciso
spaccato della situazione e di arrivare non solo
alla stesura di una relazione analitica del fenomeno
criminale ma anche all'individuazione di ipotesi e
proposte, come opportunamente
afferma Robol.
Per raggiungere questo risultato, dobbiamo con
coraggio calarci sino in fondo nelle vicende ed
esaminarne tutti i dati acquisiti; ma con ancora più
coraggio dobbiamo porci tutte le domande possibili
per individuare le cause e soprattutto i
responsabili della crescita del fenomeno malavitoso.
Io lo farò per la provincia di Foggia, che da una
parte è strettamente legata a quella di Bari,
dall'altra, come
Pag.2682
hanno detto Robol ed il senatore Frasca, molto
pragmatico, è emblematica e quindi consente di
risalire a considerazioni di carattere generale e
trarne le conseguenze.
Questo metodo di lavoro che si propone obiettivi
concreti ci impone come premessa una domanda: la
Commissione antimafia possiede oggi elementi nuovi e
diversi da quelli a disposizione degli organi
istituzionali preposti alla lotta contro il crimine
già dieci anni fa?
Ebbene. No! I dati sono gli stessi noti già dieci
anni
fa.
E allora: perché non si arrestò il fenomeno sul
nascere,
quando era molto più facile? Chi furono i
responsabili? Insomma cosa accadde?
Accadde quello che sistematicamente accade nel
processo di penetrazione e sviluppo della malavita
organizzata: quanti si oppongono ad essa, se si
riesce ad isolarli e ad emarginarli vengono o
"pensionati" o deruolizzati o declassati o
trasferiti o infangati o uccisi, a seconda della
tenacia, delle circostanze, delle occasioni, della
pericolosità della loro lotta; quanti fingono di non
vedere e tacciono, o per pavidità o per la speranza
di ricavarne un tornaconto o perché collusi o perché
dentro l'organizzazione, vengono comunque premiati,
a livello istituzionale con la promozione o con i
trasferimenti (ritorno alla sede di origine), a
livello sociale con il potere e il prestigio, in
ogni caso con il successo economico.
Veniamo ai fatti.
I segnali della presenza della camorra a Foggia
emergono
sin dal 1983, immediatamente, numerosi e importanti,
con l'omicidio Sciorio, cutoliano confinato a Foggia
(oggi sappiamo anche rappresentante della mafia in
Campania). In seguito alle indagini, la polizia e i
carabinieri mettono a disposizione un libro ed una
agenda sequestrati durante le perquisizioni: il
primo contenente le regole per l'affiliazione alla
camorra pugliese, la seconda alcuni nomi e relativi
numeri di telefono. Anche la UIGOS di Foggia,
guidata dal dottor Gigli, scopre la presenza della
camorra e denuncia incontri ed affari tra
rappresentanti della camorra, politici ed
imprenditori, fra i quali i Casillo; su altro
fronte, il camorrista Barra, detenuto a Foggia,
parla al sostituto procuratore Apperti della
presenza della camorra a Foggia e del ruolo dei
Casillo: insomma, polizia e carabinieri, la UIGOS,
il questore Rosa, il camorrista Barra sostengono nel
1983 quello che oggi hanno dichiarato Galasso,
Annacondia ed altri!
Ma non basta: un magistrato di Bari, Alberto
Maritati, riesce ad individuare il fenomeno in tutta
la sua portata, sia riguardo alla estensione
pugliese sia riguardo ai responsabili. Se Maritati
non fosse stato ostacolato con paraventi "tecnici" e
"giuridici" da parte del procuratore della
Repubblica Cudillo (vedi le dichiarazioni rilasciate
da Maritati al CSM), anche in Capitanata avremmo
registrato, come a Lecce, una vittoria sulla camorra
che ne avrebbe certamente rallentato, se non
bloccato, la penetrazione. Il fenomeno infatti era
meno capillare che nelle altre province perché si è
sviluppato ai vertici, legato al riciclaggio ed ai
colletti bianchi (banche, enti, ispettorati,
magistratura, partiti).
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Su questa vicenda sarebbe bene fare chiarezza, ma
sarebbe
bene fare chiarezza soprattutto sulle due indagini
avviate dalla Guardia di finanza che, giunte a
riscontri oggettivi, stranamente si interrompono.
In altri termini accade che la verifica da parte
della Guardia di finanza sul gruppo Casillo,
allorché si riscontrano dati oggettivi viene sospesa
con la motivazione che i Casillo (forse consigliati
da un loro amico magistrato), avevano spostato la
residenza legale della loro azienda da Foggia a San
Giuseppe Vesuviano. Non so se questo sia possibile.
Certamente è contro ogni logica.
E' come se la Guardia di finanza interrompesse la
sua attività ai confini della provincia di Foggia:
la Guardia di finanza ha forse per legge limiti di
intervento? E' necessario un accertamento: se le
cose stanno in questi termini, è opportuno si faccia
una legge che le modifichi.
Ma vediamo cosa accade agli altri che parlavano
della camorra e dei Casillo: il dottor Gigli,
responsabile della UIGOS, non solo venne trasferito
ma venne demolito moralmente con l'accusa di
presunte collusioni con la delinquenza locale
(avrebbe ricevuto in regalo un'autovettura).
Anche il questore Rosa fu diffamato: si disse
che, essendo il figlio un drogato, il padre non
aveva la credibilità necessaria per condurre una
indagine sulla criminalità organizzata.
Un capitano della Guardia di finanza fu trasferito,
un
maresciallo, il signor Palma, si dovette dimettere.
Maritati, come ho già detto prima, si vide derubare
del
suo lavoro.
Non solo: nel corso dell'inchiesta, minacciarono
due
esponenti della Criminalpol inviati a Foggia da
Maritati, che evidentemente non erano riusciti ad
"avvicinare" (dichiarazioni di Maritati al CSM).
Per quel che mi riguarda, avendo "osato" denunciare
il
fenomeno ed attirare l'attenzione della Commissione
antimafia, non solo giunsero minacce a me e alla mia
famiglia, direttamente e per interposta persona, ma
mi piovvero addosso due richieste di autorizzazione
a procedere da parte dei magistrati Picardi e Baldi
da me denunciati al Consiglio superiore della
magistratura riguardo ai quali risulteranno vere le
accuse: il primo abitava in un appartamento del
Casillo (come il camorrista Sciorio), il secondo
aveva, ed ha l'intera famiglia in rapporti
"amichevoli" con i Casillo (il marito della figlia -
ingegnere Pippo Cavaliere - è stato eletto e voluto
assessore dai Casillo al comune di Foggia, la
cognata della figlia ha sposato il procuratore
legale di Casillo).
I fatti che mi venivano addebitati non mi
riguardavano affatto: venivo accusato di aver
partecipato all'assunzione di provvedimenti adottati
quando ero persino fisicamente assente, come
constaterà la Giunta per le autorizzazioni a
procedere negando l'autorizzazione (allego memoria).
Fui pubblicamente attaccato dalla segreteria
provinciale della DC, dai rappresentanti degli enti
locali e dai cinque sostituti della procura di
Foggia. Fui attaccato con accuse gravi, infamanti e
false da un'emittente locale compiacente che, tra
l'altro, mi chiamava
Pag.2684
sistematicamente onorevole antimafia (la mia querela
giace da anni senza nemmeno arrivare alla
conclusione della prima udienza perché il giudice Di
Taranto è stato abilissimo a trovare ogni volta un
pretesto di rinvio). Fui definito da certa stampa
disonesto perché per fini personali e scorretti
infangavo il territorio (il segretario liberale
Melillo, secondo un ben noto copione, dichiarò
pubblicamente che se le
imprese non investivano a Foggia la colpa era mia
perché avevo denunciato la presenza della camorra).
E quanto più mi sono impegnato nella lotta, tanto
più violenta è stata la reazione. Sino a quando, a
marzo, dopo lo scontro sulla vicenda dell'esclusione
dell'audizione di Pasquale Casillo (che intanto, in
prossimità dell'adozione del piano regolatore, si
era fatto eleggere con i soliti metodi alla carica
strategica di Presidente dell'Associazione
Industriale di Capitanata), approfittando di quanto
stava accadendo a livello nazionale, mi cuciono
addosso un'accusa infamante di tangenti il cui
itinerario giudiziario è una somma di stranezze, di
torbide coincidenze e di prevaricazioni. Su questo
dirò più ampiamente.
Ma intanto cosa facevano coloro che per il loro
ruolo
istituzionale avrebbero dovuto accertare i fatti ed
impedire la penetrazione della camorra? Cosa
facevano i Cudillo, i Baldi, gli Apperti, i Picardi,
i Monaco, i Prefetti che si sono succeduti a Foggia?
Riguardo ai magistrati, la risposta la troviamo
nelle numerose denunce al CSM, tra cui molte sono
mie, altre di sostituti della procura di Foggia.
Questi tutori della legalità non solo non si sono
impegnati per porre un argine, ma sono intervenuti
pesantemente per minacciare, trasferire o attaccare
chi si era interessato alle indagini o aveva osato
denunciare il fenomeno; e sono intervenuti
pesantemente per manipolare le risultanze delle
indagini a disposizione della magistratura.
Significativi due casi, quello del sostituto
Apperti e quello del procuratore Cudillo: il primo è
stato denunciato al CSM dai sostituti D'Amelio e Cea
per non aver verbalizzato le dichiarazioni del
camorrista Barra sui rapporti tra camorra e politici
e per aver chiuso precipitosamente le indagini (in
seguito sarà denunciato da me per fatti meno dannosi
socialmente ma più squallidi).
Il secondo, il procuratore della Repubblica Cudillo,
sovrintendente a tutte queste vicende, è stato da me
denunciato al Consiglio superiore della magistratura
per aver fatto parte della commissione
aggiudicatrice dell'appalto-concorso per la
realizzazione del nuovo tribunale di Foggia, vinto -
già allora senatore Brutti! - dalla FEAL attualmente
IMPRESIT-COGEFAR: non solo un procuratore della
Repubblica partecipava alla procedura di
aggiudicazione di un appalto, ma l'appalto veniva
concesso ad una ditta che non risultava iscritta
all'albo nazionale delle imprese e il cui
amministratore delegato era stato condannato per
associazione di stampo mafioso ai sensi
dell'articolo 416- bis !
La circostanza fu fatta rilevare a Cudillo dalla
Commissione antimafia che l'aveva appresa dai
giornali, ma il procuratore Cudillo rispose che non
era tenuto a leggere i giornali!
Anche su queste vicende non è mai stata fatta
chiarezza, come non è mai stata fatta chiarezza
sulla strana coincidenza che ogni
Pag.2685
qualvolta ho richiamato l'attenzione sulla
criminalità foggiana, un magistrato, risultante in
un modo o nell'altro in rapporti con i Casillo, ha
presentato richiesta di autorizzazione a procedere
nei miei confronti. D'altra parte Galasso ha detto:
il potere dei Casillo, la loro capacità contrattuale
sia con i cutoliani che con gli alfieriani poggiava
e poggia sulla loro capacità di fare aggiustare i
processi, di mantenere rapporti con i magistrati.
Questo ha consentito loro di restare al di sopra
delle due fazioni rispettati da tutti, camorristi e
non! "A Foggia i malavitosi sanno bene che i Casillo
sono associati ad Alfieri... su Foggia... i
Casillo... fanno i porci comodi loro".
Gennaro Casillo, padre di Pasquale, attraverso il
magistrato Nicola Damiano, di Vico del Gargano
(Foggia), aveva fatto aggiustare un processo per
omicidio a carico di Carmine Alfieri. A proposito
della parentela tra Gennaro e Pasquale Casillo, devo
dire che a livello istituzionale mi sono sempre
dovuto muovere senza farmi notare: se avessi
sottoposto all'attenzione della Commissione il
rapporto di parentela tra Gennaro e Pasquale, non
saremmo andati oltre una certa data. Basta dire che
quando l'Antimafia decise di discutere la relazione
sulla Puglia, nel maggio scorso, Casillo, come
sempre stranamente informatissimo della nostra
attività, fece pervenire tempestivamente una
lettera, che è agli atti. In essa il Casillo
affermava che non solo non era cugino del camorrista
Vincenzo Casillo (come invece risulta anche agli
atti del processo contro la moglie di quest'ultimo),
ma anche di non conoscere Sciorio, che aveva
incontrato occasionalmente con altri commercianti.
Risulta invece agli atti del processo contro i
funzionari della UIGOS, intentato da Casillo stesso,
la lettera di assunzione di Sciorio quale uomo di
fiducia dei Casillo (chiedo che venga acquisita
dalla Commissione), che lo stesso Sciorio abitava in
un appartamento di proprietà dei Casillo, che il suo
nome era scritto nel libro paga dei Casillo. Oggi
sappiamo anche che proprio grazie a Sciorio il padre
di Pasquale e Aniello, Gennaro, otteneva in Sicilia
dal boss Bontade il permesso di operare con le navi
nel porto di Palermo.
Ma un'altra lettera Pasquale Casillo, amico del
senatore Patriarca, aveva scritto tempo prima: una
lettera indirizzata a Forlani, quale segretario
della DC, a Gava, quale ministro dell'interno, e a
Vassalli, quale ministro di grazia e giustizia,
nella quale, dichiarandosi vittima ingiustificata di
persecuzioni da parte mia per una mia interrogazione
sull' escalation della criminalità a Foggia, sulla
vertiginosa crescita delle ricchezze dei Casillo e
sullo strano modo in cui erano stati gestiti alcuni
processi,
invocava giustizia di partito e punizioni nei miei
confronti! Capite allora quali e quante difficoltà
ho incontrato. Perché, io nonostante ciò, sono
andato avanti.
Le capirete meglio se prenderete in
considerazione due fatti: il primo relativo a
provvedimenti di un sostituto di Foggia, il secondo
relativo a quanto sta accadendo dal 26 gennaio a me.
Il primo: il sostituto Russetti ha osato emettere
mandato di cattura nei confronti dei Casillo per
truffa; il provvedimento è stato cambiato nel giro
di poche ore; ne è stato emesso un secondo, ma anche
questo è stato precipitosamente ritirato.
Pag.2686
Veniamo al secondo fatto, quello che mi vede
purtroppo oggetto della più ignobile e ben
congegnata manovra di eliminazione che si possa
realizzare.
La storia comincia il 26 gennaio 1993, quando al
Vicepresidente dell'Antimafia, onorevole D'Amato,
giunge una telefonata di Sasso (il direttore del
giornale Roma , di
cui Casillo è socio di maggioranza) perché la
Commissione, che aveva escluso dalle audizioni
Casillo, torni sui suoi passi e ascolti Casillo,
pena quello che poi tutti sappiamo è accaduto: la
pubblicazione di notizie scandalose sul mio conto.
Ricordo che eravamo in aereo diretti a Bari.
Parlavo con il senatore Robol quando ne fummo
informati dal Presidente.
La Commissione aveva già deciso in precedenza di non
sentire Casillo e sull'aereo riconfermò tale
decisione. Iniziò così la missione dell'attuale
Commissione in Puglia.
Vi fu un altro tentativo a favore di Casillo,
guarda caso fatto dal prefetto (ma a proposito dei
prefetti di Foggia dirò
in seguito).
Fallito ogni tentativo, puntualmente il Roma mette
in atto la minaccia. L'articolo viene pubblicato a
firma del giornalista D'Angelo da me citato per anni
(ormai rinuncio a ricorrere alla querela perché le
mie precedenti querele sono state puntualmente
rinviate dai giudici fino all'immancabile amnistia).
Ma D'Angelo, poco tempo dopo ascoltato dal sostituto
Carofiglio, alla domanda perché notizie di sua
conoscenza da tempo fossero state pubblicate solo il
29 gennaio, risponde "per pure esigenze di
programmazione". E quando il magistrato gli chiede
anche spiegazioni circa alcuni punti fondamentali
dell'articolo che egli aveva scritto, questo signore
risponde che non li sa spiegare o meglio, che non
capisce quello che ha scritto. Alla fine
dell'interrogatorio quando, dopo aver detto tante
altre balordaggini, il D'Angelo stesso
spontaneamente ne prende atto e si riconosce
colpevole di aver dichiarato il falso, il magistrato
Carofiglio gli contesta la falsa testimonianza,
articolo 371- bis, ma non lo arresta. Forse perché è
un giornalista del Roma ? (e agli atti la lettera
spedita da
me al Presidente per informare la Commissione di
questi fatti).
Mi riferisco all'articolo del Roma del 29 gennaio
dove si parla di assegni, cambiali e simili falsità
infamanti (da me denunciati da tempo, per le quali,
come dicevo, dopo sei anni il giudice Di Taranto non
ha ancora concluso la prima inchiesta!). Articolo
per il quale, come dicevo, ho denunciato D'Angelo.
Allego agli atti anche il verbale del suo
interrogatorio da cui risulta che ha dichiarato che
non sapeva spiegare quello che ha scritto: se uno
scrive qualcosa può anche erroneamente attribuirle
un significato diverso, ma deve comunque essere in
grado di spiegare ciò che intendeva dire.
Tornando alle ultime vicende, la sera stessa della
nostra
presenza in Puglia, la mia segreteria di Bari viene
aperta; tutto viene rovistato e distrutto. Avevo già
ricevuto minacce mentre ero a Gela, pochi giorni
dopo messe in atto con un tentativo di incendiare la
mia segreteria di Foggia. Le indagini vengono svolte
(con ritardo) guarda caso dal giudice Baldi! Quindi,
una serie di segnali che le forze dell'ordine
minimizzano. Il responsabile dei fatti, subito preso
dopo il clamore suscitato dalla notizia, viene
immediatamente liquidato
Pag.2687
come un handicappato disoccupato, mentre da facili
indagini da me condotte è risultato che non lo è
affatto. Evidentemente non ero uno da tutelare ma
uno che doveva spaventarsi, fermarsi e tacere. Non
mi sono spaventato: vado oltre nella mia battaglia,
cercando, nel limite delle mie possibilità, di
portare alla luce la verità.
Cosa viene fuori? Dall'audizione dell'Antimafia a
Foggia si evince che nell'ambito della procura di
Foggia, della pretura presso la procura e a livello
di tribunale vi sono gravi contrasti, non perché gli
uni siano amici e gli altri nemici del Casillo ma
per desiderio di potere, di protagonismo e,
probabilmente, perché cercano di dividersi il
territorio di Foggia. Le dico, signor presidente,
che a Foggia qualche magistrato ha già avanzato la
candidatura a sindaco, qualcuno al Senato e qualcuno
alla Camera.
Tornando ai fatti venuti ultimamente alla luce,
dopo l'omicidio Panunzio si giunge a sapere, grazie
a due imputati del racket pentiti, che i Casillo
provvedono economicamente ed all'assistenza legale
dei familiari dei detenuti, in particolare di quelli
collegati all'omicidio Panunzio. Le stesse
rivelazioni vengono fatte a me e al sostituto
procuratore Carofiglio da altri che non conoscevano
né le dichiarazioni né l'esistenza dei pentiti a
Foggia, già nel
dicembre 1992. Questi hanno detto in mia presenza a
Carofiglio, dopo aver illustrato il ruolo dei
Casillo "quali assistenti" delle famiglie del
racket, altre cose gravi, confermate in seguito da
Galasso: abbiamo saputo tutto, della Sicilia, dei
rapporti del gruppo Casillo con Riina e non solo con
Bontade e con altri. Cosa ha fatto il sostituto
Carofiglio? Quali provvedimenti ha preso? E quali ha
preso il procuratore della Repubblica di Bari De
Marinis subentrato all'inchiesta? Una cosa è certa,
che Carofiglio ha detto a me e al presidente
Violante che se non potevano procedere velocemente
era responsabilità di De Marinis che rallentava le
indagini.
Carofiglio è venuto a sapere anche di altri
magistrati dei quali ha avuto la conferma di quanto
lui già sapeva, dei rapporti del GIP D'Alessandro
con i Casillo. E c'è un'altra questione di cui il
sostituto Carofiglio ha riferito a me ed al
presidente: un giorno la D'Alessandro ha allontanato
i poliziotti della scorta. Questi l'hanno ugualmente
seguita e l'hanno vista salire su un'auto la cui
targa viene annotata dalla scorta. L'auto risulterà
di un pregiudicato. Carofiglio ed ha detto altro: la
D'Alessandro, con una furbizia tecnica, stava quasi
facendo scarcerare gli imputati dell'omicidio
Panunzio, se non fosse intervenuta la Direzione
distrettuale antimafia di Bari, sollecitata dai
sostituti D'Amelio e Lucianetti, titolari
dell'inchiesta.
Su questi altri fatti gravi quali iniziative ha
preso
Carofiglio? E quali il procuratore di Bari De
Marinis?
Come vedete il mio lavoro aveva raggiunto notevoli
risultati. Ma proprio quando gli obiettivi erano
vicini, ecco che mi cade addosso un colpo terribile,
molto ben orchestrato: due avvisi di garanzia
relativi all'inchiesta ANAS per fatti ai quali sono
ancora una volta assolutamente estraneo.
Ad accusarmi sono un certo Lalli ed il cognato Di
Corato, titolare di una grossa e nota impresa di
Trani, che è amico del dottor Mele, procuratore
della Repubblica di Roma, che Di Corato stesso
Pag.2688
mi ha presentato ad una cena, alla quale hanno
partecipato due sostituti procuratori della
Repubblica di Roma, il generale dei C.C. Pisani (ai
carabinieri Di Corato ha fatto per la prima volta il
mio nome che in precedenti interrogatori non
eisteva) ed altri; ad accusarmi è Di Corato, che mi
ha caldamente pregato di sostenere (febbraio 1993)
le aspirazioni ad aggiunto alla Procura di Roma del
sostituto Armati, responsabile del pool che indaga
sull'ANAS che interrogava l'imprenditore; Di Corato,
dicevo, che, come il cognato Lalli, è amico di De
Marinis, procuratore della Repubblica di Bari,
direttore della procura distrettuale antimafia, che
si stava occupando dell'omicidio Panunzio, accusato
in seguito dal pentito Annacondia, ma già noto per i
suoi rapporti di amicizia con grossi imprenditori.
Di Corato mi mostrò copia di un telegramma
inviato al Ministero dei lavori pubblici da De
Marinis, nella veste di procuratore della Repubblica
di Bari, per sollecitare i lavori della Foggia-
Cerignola. Anche a me chiese, quale parlamentare
della zona, di sollecitare l'affidamento di tali
lavori. Io lo feci. Si tratta di una strada di
grande traffico i cui lavori di ampliamento erano
stati già per metà affidati e quasi ultimati. La
necessità era reale, tanto che ripetute
sollecitazioni erano state fatte a me dal direttore
del Santuario dell'Incoronata (che si trova lungo la
strada e che è meta di un intenso pellegrinaggio,
persino a piedi e dalla Lucania) ed al Ministero da
parte del Prefetto di Foggia. E comunque i lavori
non furono affidati. Ripeto: Di Corato mi ha
mostrato quel telegramma.
Vari sono i fatti strani in questa vicenda: Di
Corato,
sin dal primo interrogatorio nel corso del quale,
non menzionandomi, indica non solo chi ha pagato ma
quanto, descrivendo un sistema del quale comunque è
compartecipe e beneficiario per appalti truffaldini,
Di Corato, l'amico di Mele e Pisani, che chiede a me
favori per
miglioramenti di carriera per il magistrato Armati
che lo interroga, risulta parte lesa, sebbene abbia
ricavato dal sistema utili altissimi che il
magistrato avrebbe potuto agevolmente e rapidamente
accertare; nell'inchiesta ANAS si parla di decine di
miliardi, Prandini aveva numerosi amici
parlamentari, in tutta Italia: Armati e Martellino
trovano solo me, da tempo non più vicino a Prandini,
su indicazione del loro amico Di Corato e di suo
cognato Lalli. Di Corato aveva rapporti tangentizi
consolidati con Crespo, il direttore generale
dell'ANAS, per l'affidamento dei lavori, da sempre,
come ambedue ammettono nel corso degli
interrogatori: che necessità aveva di rivolgersi a
me, che da anni mi ero schierato con Segni, non
conoscevo il direttore generale come Crespo stesso
ha dichiarato - né ero membro della Commissione
lavori pubblici?
Come poteva darmi miliardi e non sentire il
bisogno di garantirsi avvertendo il "compare", visto
che Crespo, quale direttore generale sarebbe venuto
comunque a sapere dell'affidamento dei lavori.
Insisto: poteva mai Di Corato scavalcare l'uomo più
potente del Ministero al quale era legato da un
patto rodatissimo di do ut des che scorreva liscio
come l'olio, al quale poi sarebbe toccato il
Pag.2689
compito di deliberare i lavori e che lo stesso
ministro non poteva ignorare, visto che toccava a
Crespo proporre al Consiglio di amministrazione
l'affidamento?
Altra strana vicenda: prima che mi giungesse
l'avviso di garanzia, una persona che si trovava in
difficoltà economiche, sollecitata varie volte
dall'autista di Pasquale Casillo, si reca nel suo
ufficio e si vede offrire dal Casillo fidi facili e
lavoro se gli fornisce prove compromettenti a
supporti delle notizie scandalose fatte pubblicare
contro di me dal D'Angelo sul Roma del 29 gennaio.
Di fronte al rifiuto, Casillo fa una telefonata e
chiede di una certa persona, facendone il nome:
Imperato. Dopo un breve colloquio, soddisfatto si
rivolge alla persona che aveva respinto le sue
proposte disoneste dicendogli: "Il tuo amico è
servito". Pochi giorni dopo giunge l'avviso. Allego
agli atti della Commissione la testimonianza del
protagonista di questa vicenda, autografa e
sottoscritta.
Ora io chiedo: è possibile arrestare il fenomeno
malavitoso se quelli che lo combattono vengono
lasciati soli mentre quelli preposti alla lotta
collaborano con la malavita ed eliminano gli
ostacoli e gli uomini che costituiscono ostacolo?
Fatto sta che a Foggia hanno fatto in modo che
Pasquale Casillo venisse prosciolto prima che
fossero avviati i processi. L'unico troncone di
indagine ancora in piedi è quello della Guardia di
finanza di Napoli; ma sono trascorsi circa quattro
anni e non sappiamo ancora a quali risultati sia
pervenuta.
E' giusto però dire che in un rapporto della
Guardia di finanza è stato scritto che nei depositi,
di grano, i Casillo non ne avevano nemmeno l'ombra e
che (in altri rapporti della guardia di finanza di
Foggia e di Bari) i bilanci delle aziende erano
manipolati al fine di ottenere i contributi AIMA e
che il grano dei Casillo era oggetto di strani
spostamenti. Per la verità, l'idea del grano, perché
a spostarsi erano i TIR vuoti. Ma, per quanto
strani, questi viaggi non insospettivano la procura
di Foggia, che non riteneva di doversi chiedere
perché mai degli imprenditori trasferiscono
da un'azienda all'altra della stessa holding merce
inesistente con tanto di bolletta di
accompagnamento! Si tratta della famosa merce
virtuale, per la quale non è mai successo nulla,
anche se a saperlo erano proprio in tanti e non era
difficile trovarne la spiegazione. Signor
Presidente credo che la gente debba sapere per
intero come siamo gestiti a Foggia. Abbiamo
sostituti procuratori che si sbranano tra di loro e
GIP coinvolti in rapporti inquietanti. Non credo che
quanto sto dicendo debba solo restare agli atti e
rappresentare uno sfogo. I fatti da me denunciati
sono gravissimi; ritengo che la Commissione debba
intervenire. Qualcosa bisogna fare. Ho fatto le mie
denunce al CSM, dove degli ispettori si occupano
proprio di queste vicende; speriamo che tale
intervento produca più di un trasferimento.
Altrimenti perderemmo ogni credibilità.
Qualche altra considerazione a proposito delle
responsabilità: va preso in serio esame, una volta
per tutte, l'atteggiamento degli organi di
informazione. A Foggia, per dieci anni, per la
maggior parte hanno svolto (e continuano a svolgere)
un ruolo di cassa di risonanza della volontà del
potente di turno.
Pag.2690
Bisogna inoltre dire, sebbene oggi possa risultare
banale, che maggiore attenzione va rivolta anche e
soprattutto al ruolo svolto dal mondo politico. A
Foggia è quasi interamente asservito, attraversato
da contrasti e vuoti di potere. Eppure, è riuscito a
far tacere parte della magistratura, o
coinvolgendola nella gestione della cosa pubblica
(con incarichi di varia natura, sia prestigiosi sia
ben remunerati) o assecondandone le richieste.
E i prefetti? Alcuni erano "inguaiatissimi" in
cene sociali, feste da ballo e balli di beneficenza;
non hanno avuto il tempo per pensare alla camorra e,
all'antimafia, hanno sistematicamente dichiarato che
quel poco che accadeva era legato alla malavita
locale. Altri hanno fatto di più. L'attuale
prefetto, appena ricevuta da Roma la notizia delle
audizioni preordinate dall'antimafia, si precipita
ad avvertire il grande escluso, Pasquale Casillo, ed
a consigliargli di indire la riunione
dell'Associazione Industriale e di far perorare la
sua causa dall'Associazione stessa.
Di fronte a tutto questo che fare?
Molto è già stato fatto ed ha prodotto buoni
risultati: la creazione di organismi
sovrarregionali, un maggiore e migliore
coordinamento degli interventi, una maggiore e
migliore collaborazione tra i vari organi
istituzionali, tra gli uomini. Anche questa
Commissione può dire di avere lavorato molto e,
diciamolo pure, bene; coordinandosi con gli altri
organi e collaborando con le scuole.
Ma non basta. Dicevo all'inizio che siamo oggi in
grado
di procedere più concretamente ed incisivamente!
Bisogna chiedere al Consiglio superiore della
magistratura che si riesaminino i processi e le
sentenze su fatti e persone su cui sono emersi altri
dati nel corso del nostro lavoro. Bisogna che il CSM
non interrompa l'inchiesta quando un magistrato
indagato chiede - ed ottiene! - di essere
trasferito. Bisogna che il Consiglio superiore della
magistratura non smetta di accertare le
responsabilità quando un magistrato indagato va in
pensione!
Bisogna proporre al Parlamento di produrre una
legge per la quale quanti preposti alla lotta al
crimine, per paura o per collusione, non fanno il
loro dovere, qualunque ruolo svolgano, vengano
mandati a casa.
Altro che trasferiti ad inquinare altri territori!
Bisogna trovare il modo per estendere a tappeto i
controlli patrimoniali.
Bisogna affrontare la questione della politica
bancaria dei crediti; ma intanto si controlli non
solo il costo del denaro, come ha detto D'Amato, ma
anche se i mutui sono concessi in eccesso rispetto
alle garanzie, a chi vengono concessi e grazie a
quali intermediari. Quante imprese spariscono
assorbite dalla grande impresa mafiosa e
camorristica che "aiuta" il piccolo in difficoltà
prestandogli denaro in attesa del mutuo promesso dal
direttore di banca compiacente! Il mutuo
puntualmente non arriva e l'imprenditore, non
essendo in grado di restituire la somma, è costretto
ovviamente a cedere l'azienda al mafioso.
Bisogna intensificare il rapporto con la scuola,
offrendo
ai giovani informazioni adeguate e punti di
riferimento morale perché essi scelgano giusti
modelli di comportamento. Bisogna non stancarsi
Pag.2691
mai di andare in mezzo a loro a portare un messaggio
forte di esperienza e di fiducia; bisogna
istituzionalizzare il rapporto con i docenti.
Bisogna incoraggiare e sostenere con azioni
concrete quanti hanno il coraggio di lottare, di
denunciare, di collaborare.
Il testimone oculare dell'omicidio Panunzio che, per
aver
parlato, fiducioso nella giustizia, ha dovuto
cambiare identità, lasciare la sua terra, i parenti,
gli amici, il lavoro, la casa realizzata con tanti
sacrifici, è stato abbandonato al punto che, quando
disperato mi ha chiesto aiuto mi ha confessato che
con la moglie era sull'orlo del suicidio.
Di fronte alle minacce non possiamo pretendere eroi
e
quando gli eroi vi sono, non possiamo lasciarli
ammazzare: la gente deve essere aiutata nella misura
in cui sostiene la battaglia.
Chiedo scusa se non riesco a restare freddo, ma
pago da otto anni, dal 1985. Pago pesantemente e non
credo che sia giusto! Se avessi sbagliato, sarebbe
giusto pagare, ma se non ho sbagliato, responsabili
delle mie sofferenze non sono solo quelli che stanno
tentando di liberarsi di me perché ho colpito i loro
interessi, ma anche quelli che, sapendo della mia
innocenza e della mia lotta, mi lasciano solo.
Di tutto quanto ho detto consegnerò prove ed atti
alla
Commissione.
Grazie.
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DOCUMENTI CONSEGNATI
DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI
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Lettera autografa inviata all'onorevole Francesco
Cafarelli dal signor Domenico Fiano
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Lettera inviata dall'onorevole Francesco Cafarelli
al presidente della Giunta per le autorizzazioni a
procedere
della Camera dei deputati
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