Violante: seduta 39
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   AUDIZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEL MOVIMENTO PER IL
               VOLONTARIATO ITALIANO (MOVI)
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
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Audizione dei rappresentanti del movimento per il
volontariato italiano (MOVI):
Violante Luciano, Presidente .............. 1857, 1861, 1862
                    1863, 1864, 1867, 1869, 1871, 1879, 1882
Amodio Dario, Rappresentante del MOVI di Brin-
disi .................................................. 1871
Cabras Paolo .............................. 1868, 1869, 1878
Calabrese Saverio, Rappresentante del MOVI di Nocera
Inferiore ............................................. 1869
Calisi Rita, Rappresentante del MOVI di Pescara ....... 1873
Cascio Rosaria, Rappresentante del MOVI di Paler-
mo .................................................... 1861
Cutrera Achille ....................................... 1868
D'Amelio Saverio ...................................... 1873
De Leo Anna, Rappresentante del MOVI di Bari .......... 1872
Di Martino Gianfranco, Rappresentante del MOVI di
Ragusa ................................................ 1864
Florino Michele ....................................... 1868
Folena Pietro ......................................... 1875
Goldini Emanuele, Rappresentante del MOVI di
Gela ............................................ 1862, 1863
Lanzone Damiano, Rappresentante del MOVI di
Poggiomarino .................................... 1868, 1869
Lumia Giuseppe, Presidente del MOVI ................... 1857
                                                  1861, 1880
Mantineo Nino, Rappresentante del MOVI di Mes-
sina .................................................. 1866
Nasone Mario, Vicepresidente del MOVI ................. 1858
Prezioso Nicola, Rappresentante del MOVI di Taran-
to .............................................. 1870, 1871
Riggi Aldo, Rappresentante del MOVI di San Catal-
do .............................................. 1863, 1864
Riggio Vito ........................................... 1874
Robol Alberto ................................... 1877, 1880
Russo Marcella, Rappresentate del MOVI di Catanza-
ro .................................................... 1865
Sbreglia Dino, Rappresentante del MOVI di Napo-
li .............................................. 1867, 1868
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente .............. 1882, 1883, 1884
Cutrera Achille ................................. 1883, 1884
Smuraglia Carlo ................................. 1882, 1883
                        Pag. 1856
                        Pag. 1857
La seduta comincia alle 18.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione dei rappresentanti del movimento per il
              volontariato italiano (MOVI).
  PRESIDENTE. La seduta odierna è dedicata ad un incontro
con gli amici del movimento per il volontariato italiano
(MOVI). Do subito la parola al presidente, Giuseppe Lumia.
  GIUSEPPE LUMIA, Presidente del MOVI. Nel
ringraziare il presidente, onorevole Luciano Violante, il
vicepresidente e tutti gli altri membri della Commissione
parlamentare antimafia che ci hanno invitato a questo
incontro, dico subito che abbiamo apprezzato il lavoro svolto
dalla Commissione in questi mesi. Insieme a me, sono oggi
presenti i rappresentanti di numerose realtà del volontariato:
casalinghe, studenti, operatori pubblici, sacerdoti, i quali
dedicano il loro tempo allo svolgimento di un'azione di
impegno sociale, educativo e culturale nei diversi ambiti
territoriali. Avere l'occasione di confrontarci con la
Commissione parlamentare antimafia è un segno di come
quest'ultima negli ultimi mesi stia dirigendo l'attenzione e
l'impegno nella lotta alla mafia soprattutto verso le forme
più aperte ed impegnate della società civile organizzata.
   Il MOVI coordina numerosi gruppi la cui caratteristica è
rappresentata dall'impegno nel campo del disagio e
dell'emarginazione. Ogni gruppo ha la propria identità: vi
sono gruppi di diversa provenienza ed ispirazione e di diversa
collocazione territoriale. Insieme, ci colleghiamo per
sviluppare un'azione formativa ed un impegno non
assistenzialistico ma finalizzato alla rimozione della cause
che producono il disagio e l'emarginazione. In questi anni la
nostra azione si è sviluppata anche nei territori ad alto
rischio dove la mafia esercita un fortissimo controllo, a
livello sia culturale sia di linguaggio, risponde ai bisogni
dei cittadini, organizza la vita di tante famiglie in modo
perverso ma efficace.
   Abbiamo apprezzato tantissimo, anzi, abbiamo dato il
nostro consenso straordinario all'azione che finalmente ha
portato a vedere il legame, gli intrecci tra la mafia e la
politica. Finalmente, cominciamo a vedere piccoli spiragli, a
livello sia di comprensione sia di intervento, anche con
riferimento al rapporto mafia-economia. Constatiamo che,
rispetto ad una capacità della mafia di essere organizzata sul
territorio, di mantenere i propri piedi ben fermi nella vita
sociale del territorio e nel quadro dei bisogni delle
famiglie, si riscontra un certo ritardo culturale, un ritardo
forte nell'azione delle istituzioni e del Governo ed anche un
certo ritardo da parte del Parlamento. Vorremmo sfidare la
Commissione parlamentare antimafia a guardare anche questa
dimensione e ad intervenire sulla stessa. Sicuramente la mafia
ha un volto politico, sicuramente ha un volto economico: su
questo versante bisogna intervenire. Da noi avrete il pieno
consenso a questa vostra azione, come cittadini impegnati e
partecipi della vita comunitaria. Vorremmo anche che si
prestasse attenzione alla capacità della
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mafia di avere fortissime radici: in particolare, la radice
prioritaria della mafia è situata sul territorio. Vivendo la
nostra esperienza e lavorando, per esempio, nei quartieri di
Palermo, abbiamo constatato come Riina riuscisse a
controllarli: egli era là e da quel posto si apriva ai grossi
traffici internazionali, agli spostamenti del traffico della
droga, ai processi finanziari. Nonostante questo, Riina aveva
i piedi ben piantati sul territorio. Penso che lo stesso
fenomeno si registri anche in Campania, in Calabria e, più di
recente, in Puglia nonché in altre regioni ed aree del nostro
paese.
   Vorremmo che si cominciasse a sradicare questa radice,
vorremmo che lo Stato fosse presente con una dimensione più
sociale. In questi anni la dimensione della presenza si è
caratterizzata per essere stata troppo clientelare, passiva,
fondata sullo scambio. Negli ultimi mesi abbiamo notato che è
stata ripresa un'azione straordinaria ed efficace sotto il
profilo repressivo. Vorremmo anche che lo Stato fosse presente
sul territorio - ripeto, in modo non assistenzialistico -
insieme alle forze organizzate della società civile come
quelle del volontariato, sul versante sociale: operatori,
educatori, animatori, persone preposte a servizi ed attività,
che giorno per giorno tolgono terreno, cultura, possibilità
per la mafia di riprodursi. Il pericolo, infatti, è che il
fenomeno, superata questa fase, trasformandosi rispetto ai
processi più globali, torni a riprodursi e ad avere nuovi
leaders e nuove capacità di aggregazione e di
diffusione.
   Volevamo avere questo incontro con voi anche per riuscire
a mostrarvi un volto concreto del nostro agire. Vorremmo
pertanto proporvi una serie di realtà e di indicazioni ben
precise per cominciare a socializzare il territorio: è questo
il nostro motto di vita e di impegno profuso in questi anni.
Oggi la sfida prioritaria, insieme alle altre sfide
riconducibili alla lotta contro la mafia, è proprio quella di
socializzare il territorio: di questo sentirete parlare giorno
per giorno; su questo punto vi "bombarderemo" e tenteremo
anche di estendere il raggio della nostra azione. I volontari
sono oggi milioni; siamo tanti cittadini che hanno assunto un
impegno di mutamento, operativo e di proposta. Vorremmo quindi
offrirvi, sui versanti delle politiche sociali, educativo,
dell'economia locale, del territorio e dell'impegno del
volontariato associazionista, alcune indicazioni operative. In
particolare, vi vorremmo proporre alcune esperienze "in presa
diretta". Spesso abbiamo notato una vostra straordinaria
azione sul territorio, a livello di incontri e di conoscenza;
nel contempo, abbiamo notato altrettanto spesso che voi
sottovalutate le realtà che silenziosamente, giorno per
giorno, oggi contendono un po' il terreno alla presenza
mafiosa. Constatiamo come la mafia sappia gestire circoli
ricreativi ed organizzare attività; in questo particolare
momento, sta anche notando il nostro agire e comincia a
"disturbarsi" ed inquietarsi. Di recente, infatti, vi sono
state le prime azioni di minaccia per alcuni volontari. Tempo
fa, addirittura, a Condofuri, nella zona di Reggio Calabria, è
stato compiuto un attentato ad un centro giovanile. Ciò perché
la mafia è disturbata da una realtà che comincia a privarla
del monopolio di regolazione della vita sociale nel
territorio. Noi entriamo nelle famiglie, seguiamo i ragazzi e
con loro cominciamo ad adottare formule diverse dal
clientelismo, dallo scambio, dalle appartenenze chiuse.
   Per quanto mi riguarda, attualmente coordino il MOVI a
livello nazionale e provengo dall'esperienza di Termini
Imerese, di Palermo, dall'esperienza meridionale. Lascio ora
la parola al vicepresidente nazionale del MOVI, Mario Nasone,
il quale proviene dall'esperienza di quartieri di Reggio
Calabria e coordina il nostro lavoro soprattutto nel sud.
  MARIO NASONE, Vicepresidente del MOVI. A partire
dall'esperienza che stiamo vivendo in determinati quartieri,
abbiamo predisposto alcune proposte. Come diceva Peppe Lumia,
vengo da Reggio Calabria che, come tutti sapete, è
                        Pag. 1859
una realtà colpita in pieno dal problema mafioso. Proprio
l'altro giorno ci confrontavamo con altri gruppi: siamo molto
soddisfatti del modo in cui stanno reagendo sia la
magistratura sia le forze dell'ordine nonché dell'impegno che
si sta profondendo per spezzare il rapporto mafia-politica e
per colpire direttamente la 'ndrangheta nei vari quartieri. Si
tratta di un impegno che abbiamo apprezzato e sostenuto anche
pubblicamente. Riteniamo tuttavia, come diceva Peppe Lumia,
che tutto ciò non sia sufficiente, giacché pensiamo che il
fenomeno della mafia vada estirpato dalle radici: non ci
accontentiamo del fatto che venga colpita la testa o dei colpi
inferti sul piano militare. Sappiamo benissimo - io, tra
l'altro, sono anche operatore penitenziario e lavoro da
quindici anni nelle carceri - che dietro i vari Riina, Imerti
e Condello, vi sono centinaia e centinaia di persone pronte a
prendere il loro posto. Noi vogliamo intervenire soprattutto
in chiave di prevenzione per impedire che vi siano ragazzi i
quali sposino il modello di vita che i vari Imerti e Condello
vanno proponendo.
   L'altro giorno un insegnante, parlando specificatamente
della situazione di Melito di Porto Salvo, uno dei primi
comuni sciolti, diceva che in questi territori i ragazzi
vedono come proprio modello di vita i boss, coloro i quali
cioè continuano ancora a condizionare il comune non solo
politicamente ma in tutti i sensi. E' necessario, quindi,
realizzare soluzioni alternative. Intendiamo portare avanti,
insieme alle istituzioni, la socializzazione del territorio.
Abbiamo pensato di sottoporre alcune proposte, anche concrete,
alla Commissione, perché poi essa se ne faccia carico,
naturalmente non direttamente ma intervenendo sui ministeri
competenti, sul Governo che deve assumere iniziative concrete.
Quindi, chiediamo il vostro aiuto soprattutto come stimolo
rispetto ad alcune domande che emergono dal nostro lavoro
quotidiano.
   Abbiamo indicato alcuni versanti. Il primo è quello delle
politiche sociali. Riteniamo che sia urgente cominciare ad
affrontare il problema del degrado sociale ed urbanistico
delle città, dei quartieri più degradati del Mezzogiorno,
perché sappiamo che lì la mafia nasce, si nutre e si sviluppa.
Sappiamo che la mafia non è solo un problema legato alla
povertà ed al degrado, però sappiamo anche che la gran parte
della manovalanza che arriva alla mafia proviene soprattutto
attraverso questi canali. Nel documento che abbiamo
predisposto proponiamo una serie di interventi per il
potenziamento delle politiche sociali. In particolare,
rispetto a questo versante, vorremmo formulare una proposta
concreta. Noi vi chiediamo di agire sui ministeri competenti
per effettuare una sperimentazione, per scegliere alcuni
quartieri del Mezzogiorno - soprattutto di alcune zone più a
rischio - nei quali lavorare per tre anni tutti insieme
(istituzioni pubbliche, enti locali, volontariato), affinché
questi quartieri vengano risanati dal punto di vista
urbanistico ma soprattutto dal punto di vista sociale.
Chiediamo un vostro intervento per fare questa
sperimentazione. Chiediamo che si attivino risorse finanziarie
e interventi per vedere cosa riusciamo a fare insieme in tre
anni in una serie di quartieri del Mezzogiorno, anche come
misura di un lavoro che deve essere verificato per accertare i
cambiamenti che provoca.
   Rispetto alla questione delle risorse (anche per quel tipo
di lavoro), sappiamo che la legge Rognoni-La Torre si sta
applicando molto a rilento: molti sono i sequestri ma pochi i
beni confiscati; ci stiamo documentando presso le prefetture e
ci risulta siano una quantità risibile i beni che si possono
utilizzare. Chiediamo che l'applicazione di questa legge venga
accelerata e intensificata e chiediamo che i beni confiscati
vengano destinati ad attività sociali, perché tali beni,
frutto dell'arricchimento mafioso illecito, tornino alla
società.
   Per quanto riguarda il versante educativo, riteniamo
sempre di più che il problema della mafia sia di mentalità, di
educazione, di formazione delle coscienze; quindi, riteniamo
che la scuola e l'associazionismo educativo abbiano un ruolo
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fondamentale per ribaltare i modelli di vita perversi che la
mafia propone. In particolare, chiediamo una cosa concreta -
assieme a tutta una serie di attività che la scuola dovrebbe
realizzare - cioè che si creino nelle varie province gruppi di
lavoro misti tra insegnanti, docenti e animatori per
realizzare insieme delle piste pedagogiche, perché i docenti
hanno bisogno di capire come devono fare educazione antimafia
con i ragazzi nelle scuole. Non c'è una tradizione: nessun
programma ministeriale, nessun corso di aggiornamento - che
naturalmente sono destinati a tutta l'Italia - ha mai
preparato gli insegnanti in questa direzione; essi sono
completamente sprovvisti di alcune competenze. Come
volontariato abbiamo avuto alcune belle esperienze in diverse
province del sud di seminari di educazione antimafia per
insegnanti. Ne abbiamo coinvolti centinaia ma essi si sentono
abbandonati a se stessi, perché, finito il progetto, che dura
un anno, non c'è più continuità. Chiediamo che su questo si
investa e vi chiediamo di intervenire presso il Ministero
della pubblica istruzione per attivare anche questo tipo di
sperimentazione.
   Riteniamo fondamentale il versante del lavoro. Dare lavoro
ai ragazzi che sono disoccupati, che non hanno prospettive di
vita e che rischiano di ottenere il lavoro dalla mafia, è
fondamentale. Non è certo che chi ha lavoro non finisca nella
mafia (sappiamo che nella mafia si può finire anche avendo un
posto di lavoro), però un'occupazione è fondamentale perlomeno
per contenere il fenomeno dell'arruolamento da parte della
mafia che diventa datore di lavoro. In particolare, chiediamo
che la legge n. 44, la cosiddetta legge De Vito, che è stata
molto importante ed utile, venga integrata per quanto riguarda
gli aspetti promozionali. Chiediamo che questa legge faccia
promozione all'impresa e alla cooperazione; non ci bastano gli
sportelli informativi. Soprattutto, è fondamentale che i
ragazzi più sprovvisti, le fasce sociali più deboli che non
hanno capitale e competenza, siano accompagnati nel loro
cammino per realizzare imprese, altrimenti si perdono per
strada, non riescono ad utilizzare le disposizioni di una
legge fondamentale, che in genere viene utilizzata da chi già
dispone di una forte base di partenza economica e di
competenza.
   Per quanto riguarda il sostegno all'attività del
volontariato e dell'associazionismo, riteniamo sia importante
che la Commissione antimafia cominci a studiare e a capire
quali sono le iniziative di resistenza attiva contro la mafia
che si stanno realizzando. Alcuni mesi fa abbiamo svolto un
convegno a Castellammare di Stabia in cui abbiamo tentato di
raccogliere queste esperienze: quelle antiracket, quelle degli
insegnanti che fanno educazione antimafia, quelle dei gruppi
di volontariato che fanno lavoro di quartiere, quelle dei
parroci che attraverso il lavoro pastorale operano per una
formazione delle coscienze alternativa alla mafia. Però, ci
sentiamo deboli in questo lavoro. Il presidente Violante più
volte ci ha detto che non basta fare il tifo per i magistrati
e per le forze dell'ordine ma che si deve scendere in campo.
Perché la società civile, i cittadini, scendano in campo hanno
bisogno di capire cosa concretamente possono fare. Chiediamo
che la Commissione antimafia stimoli il Ministero dell'interno
e altri ministeri perché, intanto, si inizi un censimento di
tutte le realtà di base che in questo momento stanno svolgendo
azione antimafia, per conoscere ciò che esiste (una sorta di
censimento dell'Italia antipiovra come quella che compare su
Televideo, ma che sia uno studio serio). Soprattutto,
chiediamo che si aiutino queste esperienze, sia quelle che si
stanno realizzando sia quelle nuove di chi vuole concretamente
mettersi in cammino per rispondere alla domanda: "cosa posso
fare nel mio territorio, pur non essendo un magistrato, un
poliziotto o un politico, nella lotta alla mafia?". Abbiamo la
possibilità, attraverso le esperienze che già ci sono, di
proporre ad ognuno (sia esso cittadino, famiglia, insegnante,
uomo di chiesa) di fare cose concrete. Se riusciamo a mettere
insieme tutte queste
                        Pag. 1861
esperienze, anche sul fronte della società avremo un alleato
grandissimo nella lotta alla mafia e potremo cominciare un
lavoro che certamente per il futuro avrà effetti duraturi.
  PRESIDENTE. La ringrazio molto. Credo che ora vi sia
l'interesse da parte vostra ad esporre alcune situazioni
locali particolari: è così?
  GIUSEPPE LUMIA, Presidente del MOVI. Sì.
  PRESIDENTE. Possiamo procedere con interventi stringati
come quelli svolti finora. Vi siamo grati anche per questo.
  GIUSEPPE LUMIA, Presidente del MOVI. Prima di
continuare vorrei dire che nel documento che abbiamo
consegnato alla Commissione sono contenute proposte molto più
ampie di quelle che abbiamo indicato come prioritarie; quindi
lì potrete cogliere altri spunti interessanti.
  ROSARIA CASCIO, Rappresentante del MOVI di
Palermo. Voglio partire da Palermo, la città dove subito
dopo la morte dei giudici Falcone e Borsellino è iniziata
l'esperienza dei militari, i cosiddetti vespri siciliani. Come
MOVI abbiamo sostenuto l'azione dei militari ma abbiamo
tentato di puntualizzare che accanto alla via giudiziaria e a
quella repressiva era importante sollecitare la via
dell'intervento sociale, la presenza sociale dello Stato. In
questo senso, in maniera particolare abbiamo indicato e
indichiamo in alcune carenze dello Stato sociale la necessità
di introdurre nuove regole, anche all'interno di presenze
forti dello Stato esistenti nella nostra città.
   In modo particolare - velocemente tento di riassumere i
punti sui quali secondo noi può intervenire una Commissione
come questa - riteniamo necessario tentare di sbloccare i
concorsi pubblici e intervenire in questo senso sulle regioni
e in particolare sulla nostra. Chiediamo di sbloccare i
concorsi pubblici per quelle figure - mi riferisco agli
assistenti sociali e agli psicologi - che possono lavorare nel
campo della prevenzione.
   In particolar modo, bisogna privilegiare il settore del
lavoro, come ha già detto Mario Nasone: è lì che, mancando i
soldi per comprare il giorno dopo il latte per i bambini, la
mafia dà risposte in termini di lavoro. La nostra regione dà
risposte soprattutto con la formazione professionale, per la
quale si spendono miliardi. Noi chiediamo che su questo tipo
di risposta, quella della formazione professionale, si
indaghi, perché non è sicuramente orientata a promuovere lo
sviluppo di figure che possano far nascere occasioni di lavoro
per i giovani del sud; mi riferisco, per esempio,
all'autoimprenditorialità. In questo senso bisogna indagare
sulle cooperative sociali che in numero assai rilevante,
soprattutto quello di assistenza domiciliare, sono presenti
nella nostra regione. Chiediamo che si indaghi sulla qualità
dell'intervento da esse effettuato. E' necessario verificare
quel che viene fatto con i soldi pubblici che vengono spesi
anche per l'assistenza. Non ci basta avere i fondi per far
andare avanti i progetti ma vogliamo che i progetti siano
verificati; non vogliamo un intervento a pioggia ma un
intervento su progetti.
   Voglio sottolineare un altro dato importante. La legge n.
216 ha promosso interventi per i minori a rischio finanziati
dal Ministero di grazia e giustizia e dal Ministero degli
affari sociali. Il comune di Palermo ha ottenuto
l'approvazione di un progetto nel quartiere ZEN per 900
milioni. Tale progetto però prevede la presenza di operatori
pagati solo per tre mesi, trascorsi i quali i loro contratti
di lavoro non sono più rinnovabili. Chiediamo che si
intervenga in questo senso, anche per verificare il tipo di
lavoro che può essere condotto con questa precarietà, già
insita all'interno dello stesso progetto.
   Concludo con il problema della scuola citando un esempio
eclatante che non è contenuto nel documento. La refezione
scolastica non esiste nelle scuole di Palermo, forse non a
caso. Gli appalti per
                        Pag. 1862
affidare la refezione scolastica vengono disertati da molte
ditte, mentre vi partecipano alcune ditte, alle quali il
servizio viene poi assegnato, che sono sicuramente controllate
dalla mafia; il volontariato ha presentato una denuncia in
proposito. Sarebbe importante andare a fondo in questa
vicenda. La mancanza della refezione favorisce l'iscrizione
dei bambini nelle scuole private. Come sapete, il comune di
Palermo si è sciolto sul problema degli affitti delle scuole.
Bisognerebbe indagare sul problema delle scuole private.
   Richiamo quindi l'attenzione su questi due punti, la
formazione professionale e il problema delle scuole.
  EMANUELE GOLDINI, Rappresentante del MOVI di Gela.
Faccio parte del gruppo scout Agesci di Gela. Operiamo
soprattutto nel campo della formazione e dell'educazione dei
giovani e in riferimento a questo vorrei sottoporre alla
vostra attenzione un fenomeno la cui comprensione è
fondamentale per combattere la delinquenza organizzata a Gela.
Ci troviamo in una realtà dove perlomeno il 40 per cento della
popolazione ha una cultura medio-bassa, più bassa che media.
All'interno di questa realtà vivono bambini che non trovano la
possibilità di essere aiutati nella formazione educativa. Il
loro impatto con la scuola, quando questo avviene nella scuola
elementare, incontra subito enormi difficoltà, per cui si
registra una vastissima evasione scolastica, proprio perché il
bambino non viene aiutato, nell'inserimento all'interno della
scuola. Di contro, cosa succede? Il comune di Gela costruisce
asili che non sono utilizzati. In particolare, da sei anni
esistono due asili nido che non sono ancora utilizzati. In
questo senso, esiste una grande esigenza. Visto e considerato
che i bambini non riescono, aiutati dai genitori, ad inserirsi
nella scuola dovrebbe essere il comune a preoccuparsi di dare
una possibilità di avviamento all'inserimento nella scuola.
Questa carenza crea una vasta evasione scolastica che poi
sfocia nell'organizzazione delinquenziale.
   Vorrei evidenziare un altro fatto che sta avvenendo in
questi giorni a proposito dell'abusivismo, un fenomeno
piuttosto esteso a Gela. Se questo problema non viene
affrontato adeguatamente dallo Stato, dagli organi competenti,
esso potrà divenire una tigre cavalcata dalla mafia per creare
ulteriori disfunzioni sociali, per alimentare disordini, per
aizzare la povertà contro lo Stato. Lo scopo primario della
mafia è quello di utilizzare le sacche di povertà contro lo
Stato. Questo è uno dei fenomeni prioritari che emerge ad una
prima analisi all'interno della realtà mafiosa.
   Desidero anche sottolineare che la nostra associazione si
preoccupa della formazione e dell'educazione civile e morale
dei giovani. Personalmente seguo la fascia di età dai 16 ai 21
anni e ho potuto constatare situazioni di impotenza e
d'insoddisfazione da parte dei giovani i quali, dopo aver
parlato lungamente di giustizia, di solidarietà, di pace e di
libertà, si ritrovano a doversi vendere per un'occupazione.
Questo è il più grosso ricatto morale che si possa fare ai
giovani, per cui bisognerebbe pensare ad uno sviluppo
economico non come quello fino ad ora adottato, cioè di tipo
assistenzialistico, ma che guardi alle risorse del territorio
e dia uno stimolo ed uno sprone affinché, utilizzando le
risorse, possano sorgere imprese e cooperative in grado di
dare occupazione diffusa a tutti quei giovani che ne fanno
richiesta.
  PRESIDENTE. A quanto mi risulta, il Ministero di grazia
e giustizia ha stanziato dei fondi per due interventi...
  EMANUELE GOLDINI, Rappresentante del MOVI di Gela.
Sì, 700 milioni sono stati stanziati ed affidati ad una
cooperativa di Catania, la quale ha già avanzato richiesta
alle diverse associazioni di essere aiutata perché,
diversamente, non sarebbe capace di fare niente. Questo è il
risultato che si ottiene con le somme che vengono stanziate e
questo è il modo in cui vengono utilizzate.
   La cooperativa cui ho fatto cenno si dovrebbe insediare
all'interno dei quartieri
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 Settefarine e Scavone che si trovano ai margini della città.
La sede di Scavone è all'interno del quartiere, mentre quella
di Settefarine è fuori quartiere. Questo è il motivo per cui
tale centro non verrà mai utilizzato ai fini di un effettivo
recupero, anche perché esso nasce vicino alla struttura dei
salesiani al villaggio Aldisio e a quella scout che si occupa
dell'inserimento di 1.200 giovani. Si tratterebbe quindi di
una nuova struttura collocata all'interno di una realtà che
già raccoglie 1.200 giovani e fuori dal quartiere designato.
Ho già manifestato le mie perplessità presso l'assessorato
dichiarando che a mio parere questa struttura rappresenta un
fallimento. In realtà occorrerebbe verificare come questo tipo
di iniziative vengano guidate e realizzate.
  PRESIDENTE. Avete mai pensato ad una proposta
alternativa? E' contenuta nel documento che avete consegnato?
  EMANUELE GOLDINI, Rappresentante del MOVI di Gela.
Noi abbiamo avanzato una proposta: data la grossa presenza di
volontari a Gela occorrerebbe creare strutture nel cuore
stesso dei sette quartieri periferici, dotando le associazioni
di volontariato, responsabili di tali strutture, del materiale
pedagogico necessario per i vari interventi. Purtroppo tale
proposta non è stata accettata.
  PRESIDENTE. Questa proposta è stata già avanzata ed è
stata respinta?
  EMANUELE GOLDINI, Rappresentante del MOVI di Gela.
Sì.
  ALDO RIGGI, Rappresentante del MOVI di San
Cataldo. Provengo da San Cataldo, in provincia di
Caltanissetta, patria del famoso...
  PRESIDENTE. Spero che San Cataldo abbia prodotto
qualcosa di meglio.
  ALDO RIGGI, Rappresentante del MOVI di San
Cataldo. Ha prodotto molte cose migliori.
   Sono qui a rappresentare le istanze di una città e di una
zona che la Commissione conosce probabilmente in relazione al
pentito Leonardo Messina. Forse sarete stanchi (lo dico tra
virgolette) di sentire parlare di mafia; per questo noi
cercheremo di rappresentarvi la vita, quello che cerchiamo di
fare per opporre una mentalità nuova a quello che la mafia ci
propina ogni giorno.
   Basti questo piccolo esempio: al momento della mia
partenza per Roma, un mio familiare mi ha chiesto se fossi
sicuro che non mi sarebbe accaduto nulla, dal momento che
venivo qui (Si ride). Non so se si riferisse ai
parlamentari presenti, ma non penso... Questo è sintomo di una
mentalità purtroppo diffusa che cerchiamo in tutti i modi di
cambiare.
   Bisogna tornare a socializzare il territorio e a dare
nuovi motivi di vita. Fornirò ora alcune cifre a dimostrazione
di quanto affermo. Nel distretto di Caltanissetta ed Enna nel
1992 vi sono stati 457 giovani segnalati per reati, di cui 30
con stato di fermo per reati abbastanza rilevanti. San Cataldo
insieme a Gela ha il primato dei giovani morti ammazzati in
relazione alla popolazione.
   Di fronte a queste realtà non si può rimanere indifferenti
e dobbiamo interrogarci sui modi per intervenire. Molte
possono essere le ipotesi di lavoro ma, se non cominciamo a
far circolare fra la gente l'idea che vi è un modo diverso di
essere cittadini in questo Stato, avremo perso la partita. Se
la gente sentirà di meno sul collo, almeno all'inizio e poi
sempre di più, il fuoco della mafia perché c'è non solo la
presenza rassicurante dello Stato con le divise ma anche
quella degli operatori che lavorano in mezzo alla gente, si
sarà raggiunto un primo risultato concreto.
   Fra le varie proposte condivisibili ed applicabili alle
diverse realtà una potrebbe essere quella di incentivare la
messa alla prova dei minori, inserendoli nelle strutture di
volontariato. I giovani con cui ci troviamo in contatto sono
del tutto demotivati, non hanno più creatività né fantasia e
cercano la "scorciatoia"
                        Pag. 1864
tramite lo spaccio ed i piccoli furti. Vi posso assicurare
che fino a qualche mese fa (poi si è verificato l'omicidio di
un giovane) c'era un piccolo vivaio di giovani un po'
"mafiosetti" che ora, in seguito all'operazione "Leopardo", si
trovano in carcere, i quali erano "allevati": si diceva in
giro che c'era questo gruppo di ragazzi "in allevamento".
Infatti, in un certo periodo si è verificata una serie di
furti in appartamenti e circolava chiara nella città la
notizia che si trattava di un "allenamento" ai furti. Dopo
qualche mese uno di questi giovani è stato ucciso, sembra
dagli altri ragazzi per problemi di spartizione di bottino.
Quindi dai furti si è passati all'omicidio.
   Se a questa socializzazione mafiosa non opponiamo una
nuova socializzazione dei valori, non facciamo altro che
chiacchierarci e piangerci addosso ed è tutto finito. Vediamo
quindi se per questi giovani con tendenze penali sia possibile
incentivare l'inserimento nel volontariato tramite una messa
alla prova. Interveniamo, anzi intervenite voi, che siete i
nostri referenti e a cui ci affidiamo come nostri
rappresentanti, presso le amministrazioni locali. Voglio
ricordare che Caltanissetta e Riesi (due città che presentano
problemi di mafia molto gravi) hanno perso i 250 milioni
finanziati per i minori in base alla legge n. 216 perché
l'amministrazione non si è attivata. Guarda caso, a Riesi vi
sono i commissari prefettizi, perché il comune è stato sciolto
per mafia.
  PRESIDENTE. I finanziamenti si sono persi con la
gestione commissariale?
  ALDO RIGGI, Rappresentante del MOVI di San
Cataldo. Sì. E' un fatto molto grave che richiede risposte
concrete. Ricominciamo dunque dalle cose piccole e serie. Per
questo rivolgo a voi un appello: ricominciamo a socializzare
il territorio, dateci coraggio! Noi non chiediamo soldi né
assistenzialismo, perché di questo non ci importa nulla;
chiediamo solo che ci sia un indirizzo nuovo.
  GIANFRANCO DI MARTINO, Rappresentante del MOVI di
Ragusa. Faccio parte di un'associazione denominata Centro
di solidarietà sociale di Pozzallo che si occupa di
tossicodipendenza.
   Vorrei far emergere subito un dato molto contraddittorio
relativo al modo di investire nei servizi sociali da parte del
comune di Pozzallo. Il 15 per cento delle somme del bilancio
comunale è destinato ai servizi sociali, quindi una quantità
piuttosto rilevante rispetto ad altre realtà vicine. Se però
guardiamo la dotazione organica del servizio sociale, vediamo
che nella pianta organica è previsto soltanto un posto, per di
più messo a concorso. Quest'ultimo è stato bloccato per
vicende varie: vi sono state denunce e probabilmente vi
saranno strascichi di carattere giudiziario. Di fatto
l'assistente sociale a tempo pieno non esiste, esiste soltanto
la convenzione con tre operatrici; tutto viene affidato alla
buona volontà del singolo operatore e non ad una struttura
efficiente che sia in grado di rispondere ai bisogni di una
piccola realtà (soltanto 18 mila abitanti) che però sono molto
rilevanti. Mi riferisco ai problemi che conosco di più, quelli
relativi alla tossicodipendenza. In proporzione, vi è il
maggior numero di tossicodipendenti dell'intera provincia. Si
tratta di un dato significativo che deve far pensare al modo
in cui è stata gestita la politica sociale, se mai vi è stata,
negli ultimi decenni, quando le varie amministrazioni di un
certo spessore politico si sono succedute.
   Vorrei far riflettere tutti anche sul numero altissimo
delle scuole materne prese in affitto: praticamente i nostri
bambini stanno in garage la cui destinazione è stata
semplicemente...
  PRESIDENTE. A Pozzallo?
  GIANFRANCO DI MARTINO, Rappresentante del MOVI di
Ragusa. Sì. A Pozzallo ben sei scuole sono state ricavate
da locali la cui destinazione d'uso nei progetti era per
rimessa. E' bastato semplicemente
                        Pag. 1865
 pavimentare la rimessa, intonacare le pareti, sostituire la
tradizionale saracinesca con una vetrata per far diventare il
locale una scuola materna ma senza spazi verdi, senza spazi
vitali ed essenziali per i bambini. Tutto questo è avvenuto
per privilegiare un certo modo di fare politica clientelare,
piuttosto che costruire scuole materne. Hanno provato a
costruirne una nelle zone soggette alla legge n. 167 ma da
parecchi anni i lavori sono bloccati e quello che fino ad ora
è stato costruito viene distrutto ad opera dei ragazzi del
quartiere.
   Questo è l'esempio evidente di come nel settore sociale si
investano male somme rilevanti; basti pensare al settore
dell'assistenza agli anziani. E' questo un settore in cui si è
investito molto ma siamo tutti in grado di capire il perché:
gli anziani, diciamolo chiaramente, rappresentano una buona
sacca elettorale, soprattutto per determinate forze politiche,
da cui attingere con una certa costanza e sicurezza.
   Altrettanto non si può dire per i giovani. Perché esiste
un centro giovanile per il quale vi sono stati anche
finanziamenti statali? I 30 milioni di finanziamento sono
stati utilizzati esclusivamente per l'arredamento di un locale
che ora è chiuso e viene usato ogni tanto da dipendenti
comunali per svolgere determinati lavori che non possono
eseguire tradizionalmente negli uffici in cui sono impegnati
quotidianamente. Quindi, sulla carta è previsto un locale
destinato ad un centro giovanile che funziona e svolge
attività, in realtà esiste soltanto una stanza ben arredata,
con i mobili che stanno diventando vecchi ma non certamente
per la troppo usura.
   A questa situazione degradante fa da contraltare l'impegno
del volontariato organizzato, come quello dell'associazione
che rappresento, e quello del volontariato non organizzato,
come quello delle parrocchie o di singoli gruppi di persone
sensibili che sostituiscono, amaramente, lo Stato.
  MARCELLA RUSSO, Rappresentante del MOVI di
Catanzaro. Appartengo all'associazione Tribunale della
difesa del diritto del minore.
   Ho la sensazione sgradevole di una grande enumerazione di
dati negativi, che peraltro sono contenuti nella relazione che
abbiamo presentato. Io provengo da Catanzaro, una città non
direttamente investita (lo dico tra virgolette) dalla
'ndrangheta. La nostra associazione rileva che i minori,
proprio perché sintomo di famiglie disgregate e che stanno
quindi ai margini di situazioni di industrialismo fallito in
zone come quelle di Crotone e di Lamezia, premono a livello
occupazionale, oltre che di recupero, quindi clientelare, sui
settori impiegatizio e terziario presenti nella città di
Catanzaro.
   Lavorando sui minori abbiamo imparato che le varie
istituzioni utilizzano una via lunga per risolvere il problema
dei minori "a rischio" (uso questa bruttissima espressione).
In occasione della raccolta dei dati che abbiamo prodotto, il
provveditorato agli studi, certo, ci ha riferito di aver
inviato alla Commissione antimafia i dati. Tuttavia, di fronte
alla domanda relativa al come intervenire, la risposta è la
seguente: "Abbiamo previsto delle ispezioni ministeriali".
   E quando la stessa domanda è stata posta agli assistenti
sociali (sapete che ci sono delle fasce, dei quartieri a
rischio?) la risposta è stata: "Sì, lo sappiamo, ma la
dirigenza, nel darci la risposta, fa dei giri lunghissimi".
Allora ci siamo chiesti, quando ci siamo ritagliati la nostra
funzione di volontariato, che non vuole sovrapporsi alle
istituzioni: è tanto difficile riuscire a fare dei
collegamenti di competenze, scavalcando quindi questi legami
immani di burocratizzazione?
   La proposta che faceva Nasone nasce da questa esperienza.
Noi del volontariato, cioè, ci troviamo a fare da collegamento
tra la buona volontà del funzionario del provveditorato agli
studi e il preside che cerca di fornire i suoi locali, anche
rischiando, anche senza il parere
                        Pag. 1866
del provveditorato, per aprire, il pomeriggio,
all'integrazione di quartiere.
   Se parliamo di minori dimenticandoci che dietro il minore
c'è un anziano a casa, o c'è un invalido o un padre
disoccupato, quando parliamo di servizi sociali corriamo il
rischio di produrre una situazione schizofrenica. Dietro il
minore, cioè, c'è una famiglia che sicuramente è a rischio, ma
gli interventi, anche parziali, dei vari assessorati regionali
e comunali che si interessano, per esempio, degli aspetti
riguardanti gli anziani vengono scaricati ai comuni, mentre
una parte dell'intervento sanitario viene scaricato alle USL.
Questa parcellizzazione non è solo finanziaria ed economica,
ma è anche relativa alla professionalità degli operatori, che
sicuramente non si conoscono e non possono aprire quella rete.
In questo senso, quindi, si deve socializzare il territorio:
anche l'istituzione pubblica, cioè, deve imparare a
socializzarsi.
   Il lavoro di équipe da noi è una mera chimera: non
abbiamo questa abitudine alla formazione, che dovrebbe essere
data anche nel pubblico impiego. La logica non dovrebbe essere
quella della schizofrenia nell'affrontare i problemi sociali,
bensì quella di osservare il sociale sotto i suoi vari
aspetti.
  NINO MANTINEO, Rappresentante del MOVI di Messina.
Sono socio volontario del Tribunale dei diritti del malato. I
dati relativi al diritto alla salute, che è un problema vitale
per i cittadini, non compaiono nel lavoro che abbiamo svolto
nella città di Messina. Su tale aspetto voglio soffermarmi.
   Il policlinico universitario di Messina ha trasmesso
all'assessorato regionale alla sanità dati riguardanti il
personale utilizzato nella struttura. Questi dati, trasmessi
dal policlinico universitario di Messina, hanno permesso, poi,
all'assessore regionale di finanziare particolarmente questa
struttura universitaria e di stipulare una convenzione tra
regione e policlinico. Ebbene, il Tribunale dei diritti del
malato ha verificato che quel personale non esiste, non opera,
non c'è, è fantasma. Ed a causa di ciò giungono
all'associazione le denunce di cittadini che lamentano che, ad
esempio, devono uscire a comprare di persona le medicine, che
devono fermarsi la notte ad assistere personalmente i
familiari malati.
   Al di là del protocollo, mi pare di poter dire - lo
affermiamo anche come associazione di volontariato, almeno per
quanto riguarda Messina - che la città è tranquilla, è
addormentata, è narcotizzata e che ancora si attende il
segnale forte di una giustizia civile, che faccia il suo corso
quando giungono le denunzie dei cittadini.
   Rispetto alla voce silenziosa dei cittadini che lamentano
ingiustizia ancora la magistratura, almeno nella nostra città,
non è riuscita ad intervenire ed a dimostrare efficacia.
   Desidero un attimo soffermarmi su Barcellona Pozzo di
Gotto, prima di chiudere. A Barcellona è venuto anche il
presidente della Commissione, onorevole Violante, dopo
l'uccisione del giornalista Alfano. Ecco, quello di Barcellona
è uno di quei casi in cui di mafia si parla quando avvengono
omicidi.
   Nel contributo che offriamo alla Commissione abbiamo
lamentato che a Barcellona non c'è soltanto la mafia degli
appalti, della droga e che taglieggia i commercianti (che a
tutt'oggi rimangono silenziosi, a differenza di quanto avviene
a Capo d'Orlando), ma vi è anche la mafia dei quartieri a
rischio, come hanno detto altri colleghi. Barcellona è una
città che non fa nulla per far fronte ai bisogni dei
cittadini. Non c'è un assistente sociale per 40 mila abitanti,
non ci sono centri di accoglienza per i tossicodipendenti, non
c'è un centro di accoglienza per i malati di AIDS, non c'è un
centro di servizi sociali, mancano spazi di aggregazione e
strutture per il tempo libero. Ancora una volta questi spazi
minimi li lasciamo, bontà loro, ai preti che fanno questo
lavoro, che offrono questo servizio. Pensiamo invece che lo
Stato debba essere presente e ribadiamo che non sempre c'è
bisogno di flussi finanziari enormi. C'è
                        Pag. 1867
bisogno di una presenza che possa avvalersi dei cittadini,
della gente che sul territorio vuole vivere e lavorare.
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
Appartengo alla federazione provinciale di Napoli del MOVI ed
opero nella comunità Vento nuovo della zona orientale di
Napoli.
   Voglio risparmiarvi la descrizione della città, perché
ormai la città di Napoli è conosciuta da tutti sia grazie alla
letteratura sia grazie alla cinematografia. E' chiaro che si
tratta di una città in cui il disagio è una condizione normale
di vita per tutti i cittadini, ma in particolare per quella
parte di essi molto più debole e in special modo per i
giovani.
   Per essere molto sintetico, desidero portare alcuni dati e
proposte. Faccio solo degli esempi: il nostro comune ancora
non ha una politica sociale. Cito esempi relativi alla spesa:
per i minori il comune ha speso (sono dati del LABOS del 1991,
contenuti in una ricerca commissionata dal CNEL) 14 miliardi e
700 milioni. Ebbene, qualcuno potrebbe dire che spende quanto
Torino, anche perché il disagio è grosso. Però, stranamente, a
Napoli questi 14 miliardi e 700 milioni sono stati destinati
dal comune (stando ai dati disponibili per il 1991, quindi
recenti) per il 97 per cento al ricovero dei minori in
istituto; mentre lo 0,1 per cento è stato destinato all'affido
familiare alternativo alle famiglie in difficoltà, zero è
stato speso per i centri diurni, per l'animazione di
quartiere, per gli interventi domiciliari, eccetera. Quindi,
la spesa è orientata politicamente in modo molto clientelare,
a mio avviso.
   Un altro dato: nella nostra città ed in tutta la regione
da 4-5 anni non esiste più la formazione professionale per i
giovani, per quei giovani che, finita la scuola dell'obbligo,
accedevano a queste scuole per imparare un mestiere. Non c'è
più la formazione professionale, pur avendo la regione assunto
3 mila 800 professori, attualmente parcheggiati nei meandri
della regione stessa, perché, afferma l'ente locale, dopo due
anni di gestione delle scuole non ha i soldi per le
suppellettili. La regione ha assunto 3 mila 800 insegnanti e
li ha parcheggiati nell'ente locale! Sappiamo bene quale ruolo
abbia rispetto alla prevenzione della criminalità organizzata
e dell'ingresso dei ragazzi nella delinquenza l'opportunità di
frequentare un corso professionale e di inserirsi in
un'attività lavorativa.
   Inoltre, per quanto riguarda la scuola e l'evasione da
essa, che rappresenta uno dei primi passi verso una devianza
futura, ancora non abbiamo a disposizione dati precisi: essi
oscillano tra il 5 e il 30 per cento per l'evasione
scolastica. Napoli infatti ancora non dispone di un'anagrafe
unica nel settore ed esistono tre enti che forniscono dati
diversi: il comune parla del 5 per cento, la Sant'Egidio dice
che si tratta del 30...
  PRESIDENTE. Chi è la Sant'Egidio?
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
La comunità di Sant'Egidio, che svolge un grosso lavoro di
recupero nei quartieri. Il comune e i gruppi di volontariato
non si mettono d'accordo non esistendo un'anagrafe scolastica,
in base alla quale stabilire effettivamente il dato relativo
all'evasione.
   Per quanto riguarda le strutture, va detto che esse
rappresentano un altro grande problema. La ricostruzione a
Napoli ha creato moltissimo, molte strutture alternative, tra
cui asili nido, centri sociali ed attrezzature sportive. Do
solo un dato: nel mio quartiere, quello di Ponticelli, luogo
di stragi e quindi di grande presenza della delinquenza, sono
stati costruiti 7 nuovi asili nido e nessuno di essi è
utilizzato. Sette nuovi asili nido da ben 5 anni! E questa
situazione è presente in tutta Napoli. Centri sportivi ed un
centro olimpionico: nessuno di essi è utilizzato! Ormai sono
in mano a vandali...
  PRESIDENTE. Mi spieghi: che vuol dire che non è
utilizzato?
                        Pag. 1868
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
Significa che non sono mai stati aperti. Forse sarebbe utile
in futuro portare dei documenti fotografici, perché forse
andarci voi...
  PAOLO CABRAS. Non sono aperti, non esistono!
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
Costruiti, mai attivati...
  MICHELE FLORINO. In seguito alla legge n. 219 non sono
stati acquisiti dal comune!
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
No, sono stati acquisiti dal comune, ma il comune dice di non
avere gli operatori per gestire tali strutture.
  MICHELE FLORINO. In alcuni casi non sono acquisiti,
mancano i collaudi. Inoltre, sono vandalizzati.
  ACHILLE CUTRERA. Sono ultimati, non utilizzati e in
parte vandalizzati.
  DINO SBREGLIA, Rappresentante del MOVI di Napoli.
In grossa parte vandalizzati. Il minimo delle strutture, cioè,
è stato attivato. Abbiamo i dati. Da calcoli fatti si deduce
che si spenderà per ripararli quasi quanto è stato necessario
per costruirli.
   Quali proposte? Abbiamo l'esigenza che venga esercitata
una forte pressione nei confronti del nostro ente locale,
Napoli non è una città accogliente, vivibile per tutti quei
ragazzi e quei giovani che poi rappresentano la fascia a
maggior rischio ai fini del coinvolgimento nella delinquenza.
   Chiediamo che si facciano pressioni per invertire
totalmente il tipo di spesa che viene fatto e la qualità della
spesa: questo affinché nella nostra città si possano costruire
e mettere in cantiere delle équipe di quartiere,
compiere interventi domiciliari, realizzare centri diurni e
comunità di pronta accoglienza. A Napoli esistono solo 8
piccole comunità a fronte di 52 istituti. Occorre che venga
promosso l'affido familiare e vengano promossi i laboratori di
quartiere. Purtroppo i pochi laboratori che esistono, i pochi
centri diurni esistenti sono soltanto quelli gestiti dai
gruppi di volontariato. E molto spesso, nei quartieri in cui
esistono il gruppo di volontariato e la scuola, quest'ultima
viene vista quasi come un nemico dalla gente, perché chiusa e
rigida, mentre il gruppo di volontariato è l'unico segno di
presenza dello Stato accogliente e sociale, che si pone in
alternativa alla forza della camorra. La camorra poi offre
tutto in alternativa: non c'è appartenenza e la camorra offre
appartenenza; non c'è solidarietà e la camorra offre
solidarietà ed anche assistenza, perché, quando uno di loro è
in carcere, è la camorra che provvede a sostenere i familiari.
La scuola non offre educazione e socializzazione, ma loro
offrono socializzazione (a modo loro, chiaramente). Quindi, a
volte, l'unica presenza in questi quartieri è quella del
volontariato.
   Noi chiediamo, però, molto di più: che non si corra il
rischio di affidare tutto al volontariato e che il
volontariato poi diventi l'alibi delle istituzioni. Noi
chiediamo una vera politica di investimento e di spesa locale,
ma non chiediamo nuovi soldi, perché il comune ce li ha i
soldi, ma li spende per altri interessi. Ci sono interessi
molto più forti e li stiamo vedendo. Noi chiediamo delle
pressioni affinché questi interessi invece si spostino verso
le fasce più deboli ed i quartieri molto più degradati.
  DAMIANO LANZONE, Rappresentante del MOVI di
Poggiomarino. Sono padre Damiano Lanzone, rappresentante
dell'associazione italo-extra comunitaria di solidarietà "La
Quercia", che opera a Poggiomarino e in provincia di Napoli.
   Desidero aggiungere soltanto due elementi nuovi, perché
l'analisi svolta nel precedente intervento è valida anche per
i comuni vesuviani, compreso Poggiomarino.
                        Pag. 1869
  PRESIDENTE. Il consiglio comunale di Poggiomarino è stato
sciolto?
  DAMIANO LANZONE, Rappresentante del MOVI di
Poggiomarino. Sì. I problemi relativi al disagio e alla
carenza dei diritti dei cittadini vengono ancor più
evidenziati nel nostro comune dal fatto che vi sono molti
extracomunitari. Si diceva che le istituzioni non rispondono
ai cittadini italiani ed io aggiungo anche agli
extracomunitari, che risentono di problemi come quello
sanitario o della casa.
   Il fatto che il consiglio comunale sia stato sciolto per
motivi di collegamento con la criminalità organizzata ci ha
fatto fare un'esperienza negativa: in precedenza infatti si
era bloccati perché sul nostro territorio la presenza della
camorra é molto pesante, anche a causa di certi modi della
gestione politica clientelare, che non dà spazio alla
democrazia e alla partecipazione dei cittadini. Attualmente si
è aggiunta la gestione dei commissari, che noi giudichiamo
fallimentare.
   Dal momento che si è concluso il periodo del
commissariamento, noi, in quanto esponenti della società
civile, chiederemmo di non prorogare la gestione commissariale
e, se possibile, di tenere subito le elezioni.
  PAOLO CABRAS. Quando scade la gestione commissariale?
  DAMIANO LANZONE, Rappresentante del MOVI di
Poggiomarino. E' scaduta a marzo ma non sappiamo ancora se
dobbiamo votare o meno e questo ci blocca molto.
   Dal momento che sul territorio esistono segnali di
partecipazione, vorremmo sapere, appunto, se dobbiamo votare,
perché ciò significherebbe riprendere un cammino di
partecipazione democratica, che rappresenta la risposta ai
bisogni che parte dal volontariato.
  SAVERIO CALABRESE, Rappresentante del MOVI di Nocera
Inferiore. Sono don Saverio Calabrese, sacerdote di Nocera
Inferiore (Agro sarnese nocerino) e desidero ricordare che lo
scorso anno sono stato aggredito, un mese dopo lo svolgimento
di una manifestazione contro la camorra.
   Lo Stato, a mio avviso, non crede molto nell'investimento
nel sociale, soprattutto per i minori (chiedo scusa per la
brutalità): non si può dire che uno Stato è serio quando
investe qualcosa soltanto per un po' di tempo. E' necessario
invece puntare sui minori, perché questo è un investimento che
crea speranze per il futuro. Anche se tutti diciamo che è
meglio prevenire piuttosto che punire, lo Stato, a mio avviso,
ci crede poco.
   Occorre pertanto investire sui minori, anche con cose
spicciole: la mia esperienza mi insegna che se organizziamo il
doposcuola e il tempo libero dei ragazzi, togliamo questi
ultimi dalla strada. Potremmo poi organizzare anche botteghe
di artigianato per promuovere alcuni mestieri che da noi
stanno scomparendo. Si è affermato infatti il mito del posto
di lavoro in cui si prende lo stipendio senza fare nulla e
intanto scompaiono mestieri che rappresentano una ricchezza
culturale, oltre che economica, per l'Agro nocerino sarnese,
famoso per la produzione del pomodoro. In questa zona vi era
una grandissima ricchezza rappresentata dall'agricoltura,
anche grazie al terreno fertilissimo; anni fa i nostri
politici vi hanno impiantato industrie, mentre noi non
sappiamo cosa farcene, tanto che ormai sono in crisi.
   Vorrei quindi che si offrisse uno stimolo affinché i
nostri ragazzi si riaffezionassero al lavoro delle campagne e
all'artigianato. Anche questo significa, a mio avviso,
socializzare il territorio e fare prevenzione. In particolare
proporrei (dovrebbe essere presente il ministro del lavoro) di
togliere i giovani dalla strada attraverso il salario ridotto.
   Nella nostra zona esistono inoltre famiglie disgregate, in
quanto spesso le madri, per aiutare i mariti disoccupati o
sottopagati, vanno via dalla famiglia per andare, per esempio,
a lavare i pavimenti.
                        Pag. 1870
Sarebbe quindi opportuno dare un salario alle casalinghe,
affinché le madri possano stare in casa con i figli evitando
che questi ultimi finiscano in mezzo alla strada.
   Occorre, a mio avviso, ricominciare dai minori, in quanto
sono piuttosto disperato circa la possibilità di recuperare
gli adulti ad una cultura della legalità. Nei miei oratori vi
sono anche figli di camorristi, i cui padri mi chiedono di
prendere i loro figli per recuperarli. Alcuni camorristi
infatti non vogliono che i figli facciano la loro stessa fine.
   In conclusione, desidero sottolineare che da noi gli
amministratori locali sono uno "strazio", nel senso che non
capiscono nulla: è sufficiente che un cretino (scusate il
termine) faccia un po' di propaganda e prenda 700 voti per
diventare assessore senza capire assolutamente nulla. Inoltre,
i comuni commissariati, come prima cosa, tagliano le spese
sociali e questo non mi sembra assolutamente giusto.
  NICOLA PREZIOSO, Rappresentante del MOVI di
Taranto. Sono padre Nicola Prezioso e faccio parte di una
congregazione il cui obiettivo è quello di seguire i ragazzi
poveri e abbandonati e tutt'altro che innocenti.
   Non mi attarderò a descrivere la situazione di crisi di
Taranto perché credo sia abbastanza nota. Mi limiterò pertanto
a fare riferimento ad un'esperienza, per così dire,
"ruspante", dal momento che il quartiere in cui sono parroco
da alcuni anni è il rione Tamburi, dove ho promosso la
cooperativa "Progetto uomo 2000", che è entrata nel piano di
finanziamento della legge n. 216, con cui stiamo aprendo un
centro diurno.
   Mi preme sottolineare in questa sede che posso toccare con
mano la questione della crisi d'identità dei giovani e la
grande, potentissima forza della malavita nel dare un'identità
agli stessi giovani. Ho insegnato per molto tempo nel
quartiere in cui mi trovo da 14 anni ed ho constatato che
alcuni ragazzi vengono sistematicamente bocciati perché sembra
che la scuola abbia dei doveri di tipo soltanto nozionistico.
Su questo tema, ho avuto degli scontri con diversi insegnanti,
i quali mi rispondevano di non essere missionari e che io
invece dovevo fare il missionario, mentre cercavo
semplicemente di sottolineare i problemi di tipo educativo di
cui risentivano questi ragazzi. Tra l'altro, molti dei miei
alunni sono morti di AIDS, altri sono tossicodipendenti e con
altri ancora ho avuto contatti drammatici in questura; essi mi
dicevano: "Padre Nicola, ricordi che razza di ragazzo ero?
Adesso ho messo la testa a posto". Vi era uno di questi
ragazzi, di 15 o 16 anni, con la pistola in tasca, che stava
in questura e si vantava di avere un ruolo all'interno di
questi giri.
   Si tratta di una questione che non riguarda soltanto
alcuni ragazzi, ma questi sono, per così dire, i leader
e incarnano il sogno di tanti ragazzini, i quali vedono la
polizia, molto presente nel nostro quartiere, come il nemico.
Esiste una vera e propria cultura in tal senso, che io
documento dal basso.
   Dal punto di vista delle proposte, si dovrebbe affrontare,
a mio avviso, il discorso della microimpresa e della
microimprenditorialità; al riguardo, per non limitarmi alle
prediche, io stesso ho fatto il presidente di una cooperativa
sottolineando la necessità di agire, nella speranza che poi
qualcuno ci seguisse. Vi è stato per la verità un bel gruppo
di operai dell'Ilva (dei quali sono anche cappellano di
fabbrica) che hanno cominciato a costituire piccole imprese.
Siamo stati tuttavia scoraggiati: da parte mia, non avevo
conosciuto la legge n. 44 in quanto ho conosciuto prima la
legge n. 9 della regione Puglia, che mi ha lasciato veramente
"sotto zero". Attualmente, vi sono 150 milioni della famosa
legge Binetti che non ci arrivano perché la regione Puglia ha
visto bocciati per 4 o 5 volte dal commissario di Governo i
decreti relativi alla legge n. 9 e non ho mai
                        Pag. 1871
compreso le ragioni di ciò. Da parte mia, ho fatto la spola
tra gli uni e gli altri.
  PRESIDENTE. Attualmente vi sono i fondi?
  NICOLA PREZIOSO, Rappresentante del MOVI di
Taranto. I fondi sono andati in perenzione, perché dopo la
quinta volta che erano stati bocciati mi è stato detto che i
politici avevano dimenticato di inserirli nel piano preventivo
dell'anno successivo. Quando il commissario di Governo ha dato
finalmente la sua approvazione, ha rilevato che era troppo
tardi. Pare che adesso siano necessari due o tre anni prima
che si completi nuovamente l'intero iter.
   I giovani di cui io ero il presidente avevano alle spalle
una parrocchia, una congregazione che li ha tolti dai guai
relativi alle spese che avevamo inoltrato. Immaginiamo allora
in che condizioni si trovano i giovani o gli operai che
vogliono cominciare a prendere sul serio il percorso della
microimprenditorialità. Comunque, non ho perso la speranza.
  PRESIDENTE. Se la perde lei, visto il mestiere che fa,
siamo finiti!
  NICOLA PREZIOSO, Rappresentante del MOVI di
Taranto. Io non ho perso la speranza ed anzi mi dicono che
sono un sognatore (e questo mi fa piacere).
   Il fatto importante consiste, a mio avviso, nel far
riscoprire alla gente il gusto di vivere nei propri quartieri,
riinnamorandosi delle proprie piazzette, dei condomini. Su
questo versante stiamo facendo, con le forze del volontariato,
esperienze molto interessanti ed abbiamo constatato che la
gente risponde in massa (si tratta di un fatto veramente
impressionante).
   In tanti anni ho cercato con grande pazienza di convincere
gli amministratori di Taranto che, piuttosto che spendere
molti soldi per mandare i ragazzi in colonia, non si sa bene
dove, sarebbe sufficiente molto meno per organizzare l'estate
dei ragazzi, in attività di quartiere e nelle scuole; non per
vantarmi ma per evidenziare che la cosa funziona, desidero
sottolineare che già la scorsa estate abbiamo aggregato, senza
difficoltà, 850 bambini soltanto nel rione Tamburi. Non si
tratta di un'eccezione, perché lo stesso cocktail
educativo funziona a Foggia, a Napoli (nel quartiere di
Poggioreale), a Roma, a Cefalù (in Sicilia).
   Si tratta di piccoli espedienti che però sembra non
vengano accettati, perché pare che i funzionari o gli
assessori ai servizi sociali abbiano l'idea che soltanto
quello che si è sempre fatto possa meritare un aiuto, mentre
le cose nuove sarebbero assurde. Sto lottando ormai da 14 anni
senza riuscire a far diffondere questa piccola iniziativa che
funziona. Comunque, se volete siete invitati.
  PRESIDENTE. Grazie.
  DARIO AMODIO, Rappresentante del MOVI di Brindisi.
Provengo da Brindisi e svolgo attività di volontariato tra
Brindisi e Lecce. Mi interesso in modo particolare delle
tossicodipendenze, nell'ambito della comunità Emmanuel.
   Invito la Commissione a riflettere sul fatto che la
situazione esistente a Lecce e a Brindisi presenta certamente
moltissime analogie con quella di tutta l'Italia meridionale,
anche se in ogni territorio vi è forse qualcosa di specifico.
   Desidero segnalare in particolare un fatto: se si entra in
una scuola pubblica, elementare o media, di Brindisi o di
Lecce, si sente facilmente un ragazzo affermare che il padre
"lavora alle sigarette". Poiché a Lecce vi era la manifattura
dei tabacchi, si potrebbe essere tentati di pensare che il
padre di quel ragazzo lavori presso tale struttura.
  PRESIDENTE. Sappiamo che non è così.
  DARIO AMODIO, Rappresentante del MOVI di Brindisi.
Sappiamo perfettamente che non è così, anche se i ragazzi
dicono: "Mio padre lavora alle sigarette". Qualche anno fa,
quando vi fu un
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conflitto a fuoco tra la guardia di finanza e i
contrabbandieri ed uno di questi ultimi morì, i
contrabbandieri di Brindisi manifestarono contro la
capitaneria di porto e scesero in sciopero. Essi furono
addirittura ripresi dalla televisione e il filmato venne
mandato in onda nel TG1: si vedeva chiaramente la folla di
contrabbandieri che manifestava davanti alla piazza della
capitaneria di porto di Brindisi.
   Quando su un territorio si considera così lecito e
legittimo l'impiego fuori legge nel contrabbando e lo si
reputa come un fatto naturale e un'opportunità di lavoro, il
passo tra questo atteggiamento ed il comportamento, la
mentalità e la prassi mafiose è impercettibile. Ecco come un
territorio può scivolare lentamente nelle spire della mafia,
divenirne vittima, assorbirne gli atteggiamenti, i
comportamenti e la cultura senza rendersene conto.
   Nel momento in cui i ragazzi escono dopo aver terminato il
cammino della tossicodipendenza, per fortuna recuperati (dopo
27 mesi), ci poniamo il problema della sorte di questi
ragazzi, molti dei quali finiscono, come i padri, a "lavorare
alle sigarette".
   Come ha giustamente sottolineato il nostro vicepresidente
Nasone, specialmente in seguito al fallimento dei modelli
industriali a Brindisi e Lecce (soprattutto a Brindisi dove
chiudono le imprese che hanno lavorato nell'ENEL, si
ridimensiona il polo petrolchimico e si verificano situazioni
di grave crisi intorno alle "cattedrali nel deserto" che tali
sono rimaste), uno dei problemi fondamentali è quello di
intervenire efficacemente attraverso un'iniziativa che
promuova il lavoro per i giovani. Non si può infatti uscire
dalle spire e dallo strangolamento culturale della mafia senza
offrire ai giovani una reale opportunità di impiego. Questo è
il campanello d'allarme, la segnalazione, la raccomandazione
che da Lecce e da Brindisi si muove alla Commissione
antimafia.
  ANNA DE LEO, Rappresentante del MOVI di Bari.
Faccio parte dell'associazione Famiglia dovuta, che si occupa
di minori abbandonati e promuove gli affidi familiari.
   Data la brevità del tempo a disposizione mi limiterò a
sottolineare la necessità che nella nostra città - come in
altre, ritengo - vi sia un raccordo tra le pubbliche
istituzioni, e tra queste e il privato sociale (le
cooperative, il volontariato, eccetera).
   Dobbiamo purtroppo assistere ad atteggiamenti e
provvedimenti delle istituzioni che, a dir poco, potremmo
definire schizofrenici e incoerenti. Farò un solo esempio,
peraltro riportato nella nostra scheda. Il comune di Bari - un
grosso comune capoluogo - ha destinato, nel suo bilancio del
1992, una parte (7 miliardi) di una fetta irrisoria riservata
al sociale, per l'affido di minori ad istituti, e 400 milioni,
peraltro non pagati in quanto la relativa delibera è
successivamente decaduta, per l'affido familiare.
   Ciò significa che non si vuole promuovere un'accoglienza a
dimensione familiare. Aggiungo che lo stesso comune di Bari -
ecco la schizofrenia! - ha da anni una convenzione con una
cooperativa che promuove, sensibilizza la città di Bari
all'affido familiare. In altri termini, degli operatori
vengono pagati per i loro interventi di promozione degli
affidi, ma poi non si consente che questi ultimi si realizzino
e non si aiutano le famiglie con reddito medio-basso, piene di
buona volontà ma che necessitano almeno di un rimborso spese
per occuparsi di questi ragazzi.
   Da qui la necessità di un raccordo e di un progetto. Noi
volontari vogliamo avere la nostra piccola funzione in un
quadro più generale; ma purtroppo ho potuto constatare
personalmente, anche nella mia qualità di funzionario
regionale, che i comuni e le USL stanno letteralmente
gettandosi sul volontariato. Sembra che quest'ultimo debba
fare miracoli! Ma noi non facciamo miracoli, vogliamo soltanto
che i servizi pubblici funzionino con
                        Pag. 1873
l'apporto del privato sociale, con la nostra piccola
integrazione.
   Non possiamo più consentire che asili nido comunali
servano soltanto agli operatori, cioè al loro ventisette e
non, invece, ai bambini che accolgono. Si pensi che da giugno
a settembre gli asili comunali rimangono chiusi, per cui le
famiglie che hanno bisogno di affidare i loro bambini debbono
pagare fior di quattrini - ma per la verità somme notevoli si
pagano anche al comune - per usufruire dei nidi privati. Il
personale delle strutture comunali osserva l'orario scolastico
(andando in ferie nei periodi natalizi e pasquali). Il che è
assurdo. I nidi chiudono alle 14 e le mamme non sanno a chi
lasciare i loro bambini.
  RITA CALISI, Rappresentante del MOVI di Pescara.
Faccio parte dell'associazione Il girotondo per la tutela e
l'affermazione dei diritti del minore.
   Rispetto al problema mafia, l'Abruzzo può sembrare una
piccola isola felice. Infatti, fino ad alcuni anni fa, la
criminalità abruzzese era legata soprattutto alla
tossicodipendenza, per quanto riguarda la zona montana, e alla
forte presenza di nomadi per quanto riguarda la zona costiera.
   Ultimamente, però, l'Abruzzo è assurto alla cronaca
nazionale per omicidi eccellenti, come quelli, per esempio,
dell'avvocato Fabrizi e di Ferretti, che hanno rivelato la
presenza di infiltrazione dall'esterno di bande rivali che si
contendono il controllo della zona.
   La nostra associazione, che si occupa prevalentemente del
diritto dei minori, ha redatto una scheda sul servizio di
politica sociale per i minori nel comune di Pescara.
   Ci siamo resi conto come, in effetti, sul territorio
esistano strutture assolutamente insufficienti. Nell'organico
del comune - nel cui territorio vi sono 121.000 abitanti -
sono previsti due assistenti sociali. Con riferimento ai
minori a rischio si è registrato, tra il 1991 e il 1992, un
incremento del 46 per cento di procedimenti giudiziari. Le
pratiche archiviate (quelle relative ai minori di età
inferiore ai 14 anni) sono 400. Sappiamo benissimo come la
mafia e la criminalità tendano proprio a sfruttare questa
fascia di minori, che non è sottoponibile a procedimenti
giudiziari.
   Nel comune di Pescara, la situazione è abbastanza
problematica a seguito dei recenti avvenimenti che hanno
portato ad inquisire il sindaco della città. In tale città il
nostro apporto non vuole essere di contrapposizione con lo
Stato o di sostituzione dei servizi sociali, ma soltanto di
completamento e di appoggio. Però siamo impossibilitati ad
intervenire perché nel nostro comune non sono stati emanati i
regolamenti attuativi dello statuto.
   Chiediamo poi un controllo da parte della prefettura sulla
situazione dell'assistenza sociale ai minori. Infatti, nel
comune di Pescara non esiste in pratica un assessorato
specifico per la politica di assistenza sociale ai minori.
  SAVERIO D'AMELIO. Vorrei anzitutto ringraziare la
presidenza della nostra Commissione per aver consentito
l'audizione odierna, che a mio avviso ha offerto elementi di
valutazione che sono andati anche al di là delle aspettative
che pure coltivavo, e di ciò mi compiaccio. Ci è stato infatti
offerto uno spaccato della società nella quale trovano
facilmente terreno fertile la mafia e le organizzazione
delinquenziali. Su tale realtà si può tuttavia operare e la
testimonianza di questi volontari mi pare che lasci ben
sperare, a condizione però che si stabilisca - è questo il
substrato che ha caratterizzato tutti gli interventi - il
coordinamento che attualmente manca. Nelle zone in cui lo
Stato è assente, è evidente che c'è bisogno di tutto. Quando
invece ci si trova di fronte ad interventi discontinui,
sporadici, limitati ma comunque esistenti, se questi vengono
portati avanti senza l'interazione, qui più volte richiesta,
allora essi sono destinati al fallimento, malgrado certe
presenze e certe vitalità.
   Nel ringraziare tutti i rappresentanti del MOVI per il
loro impegno, ritengo di
                        Pag. 1874
dover dire che il punto centrale sia quello della
sensibilizzazione della scuola nei confronti dei problemi
ambientali.
   Credo sia opportuno - e in tal senso rivolgo una richiesta
al presidente - programmare un'audizione del ministro della
pubblica istruzione perché, uscendo dalla "burocratizzazione"
delle solite audizioni si possa affrontare specificatamente il
tema concernente gli interventi della scuola, cosa essa faccia
per evitare il crescere della mentalità mafiosa o comunque
delinquenziale. Sia pure per un brevissimo tempo sono stato
sottosegretario per la pubblica istruzione. Ricordo che il
secondo giorno successivo alla mia nomina a sottosegretario,
fui invitato dal provveditore agli studi di Napoli a recarmi
in quella città. Pensavo che sarebbe stata una giornata di
festa, invece mi furono fatte vedere alcune scuole allocate in
sottoscala, in garage, e via dicendo. Quella giornata diventò
per me un momento di grande angoscia e tristezza.
   Non è vero che la scuola non investe; essa spende fior di
quattrini. Diciamoci fino in fondo e chiaramente la verità!
Non sempre, all'interno delle scuole, vi è la sensibilità
perché al di là del ventisette e del nozionismo sul quale si
attesta gran parte degli insegnanti, si possa inserire il
nuovo, cioè il messaggio dei valori che deve essere trasferito
ai ragazzi, perché si concretizzi la mentalità antimafiosa
alla quale è stato qui fatto riferimento.
   Propongo che siano sentiti anche i rappresentati dei
Ministeri dell'interno, degli affari sociali e della sanità,
che stanno utilizzando fondi limitati ma pur sempre cospicui o
comunque notevoli previsti da alcune leggi, come quella, per
esempio, relativa alla lotta alla droga e la n. 216
concernente l'attività di sostegno ai minori. Analogamente,
sarebbe utile prevedere un'audizione dei rappresentanti del
Ministero del lavoro e di alcuni assessorati, con riferimento
ai corsi di formazione che dovranno essere specializzati e
finalizzati al tipo di problematica in oggetto.
  VITO RIGGIO. Desidero semplicemente sottolineare come
nella passata legislatura questa Commissione elaborò un
documento frutto di una serie di indagini. In proposito,
voglio ricordare l'indagine conoscitiva sulla situazione del
quartiere ZEN di Palermo, dalla quale scaturirono diverse
proposte, peraltro tutte disattese, concernenti sia
l'apprestamento di progetti integrati di intervento, di intesa
tra i Ministeri della pubblica istruzione, dell'interno e
degli affari sociali, in particolare in ordine a progetti di
recupero delle aree di marginalità in alcune città degradate
(Palermo, Catania e Bari), sia una seria responsabilizzazione
delle autorità locali, in particolare quelle dei grandi
comuni, che - chi più chi meno - hanno sempre fatto finta di
dotarsi di strumenti, ma che in realtà hanno al massimo
stipulato convenzioni con strutture di volontariato senza però
avere né organici né professionalità: il che ha reso
praticamente impossibile l'operatività dello stesso
volontariato.
   Per tale motivo credo che dovremo far riferimento a quel
documento di cui ho appena parlato e che ritengo fosse ben
fatto. Ricordo che insieme al senatore Cabras facemmo una
serie di accessi, constatando de visu quale fosse la
condizione dei servizi sociali e delle strutture, a partire da
quelle fisiche. Del resto, anche grazie alla relazione del
collega Folena, abbiamo potuto conoscere la situazione della
scuola palermitana, rimasta nelle stesse condizioni da noi
riscontrate fin dal 1988.
   Da qui la necessità di un'audizione dei rappresentanti dei
ministeri interessati, e di continuare quel lavoro di
sensibilizzazione nei confronti delle autorità locali, perché
gran parte delle competenze dovranno essere esercitate a
livello regionale. In Sicilia, in particolare, ma anche in
altre regioni c'è un vuoto di iniziativa amministrativa. La
legge n. 22 della regione siciliana sui servizi sociali, per
esempio, è una normativa avanzatissima ma inapplicata. E'
inapplicabile perché non sono state indicate le competenze, ed
è inapplicata perché, date le condizioni,
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l'unico risultato ottenuto è stato quello di recepire, dal
punto di vista del manifesto dei principi, tutte le condizioni
espresse dal volontariato.
   Naturalmente, non credo fosse questo l'obiettivo da
raggiungere, cioè quello di avere una legge-manifesto, quanto
piuttosto quello di un incremento, anche graduale, in termine
di rendimento, dell'attività amministrativa.
   Al fine di completare il ragionamento sull'educazione a
livello di base, si pone l'esigenza di un confronto con le
amministrazioni locali, anche perché la nostra Commissione ha
un compito di vigilanza nei confronti di questo tipo di
inadempienze.
  PIETRO FOLENA. Anch'io desidero premettere che ritengo
di grande importanza l'incontro di questo pomeriggio. Abbiamo
di fronte un'associazione che raccoglie centinaia di gruppi di
volontariato in tutto il territorio del paese. Credo che una
delle cose più importanti che potremmo fare è rispondere ad
una esigenza che mi pare sia indicata nel documento del MOVI
(non ho ascoltato la relazione esposta dal presidente Lumia in
quanto impegnato in una votazione in Assemblea). Una delle
cose più importanti, dicevo, che dovremmo fare è quella di
svolgere una funzione di collegamento, di coordinamento, di
messa in rete di associazioni, di realtà, di aggregazioni
esistenti in tante parti del territorio, soprattutto dove la
mafia è più presente, ma anche in realtà che non sono oggetto
di una particolare crescita e sviluppo di un fenomeno mafioso,
ma in cui si sviluppano fenomeni di criminalità, di
microcriminalità o in cui sono presenti in nuce fenomeni
di tipo mafioso (mi riferisco alle periferie di Torino, di
Milano e di altre grandi città). Sarebbe molto importante che
la Commissione antimafia, che ha voluto segnare in questi mesi
delle novità molto importanti sul terreno mafia-politica, sul
terreno dell'aiuto alla magistratura per quel che riguarda
l'adozione di nuovi provvedimenti, si qualificasse anche come
uno strumento di confronto con queste forme della società
civile organizzata.
   Anche se non faccio parte dell'ufficio di presidenza,
credo che si sia già parlato della possibilità di indire un
forum sul volontariato nel territorio, con particolare
attenzione ai quartieri del disagio, nelle periferie, ma anche
nei centri storici delle città del Mezzogiorno (poi dirò una
cosa a proposito del centro storico di Palermo) per dare forza
e far risaltare una realtà che spesso è poco conosciuta o
meglio è poco apprezzata dai grandi mezzi di informazione.
   Quando usciremo da questa Commissione, al termine della
seduta, probabilmente non ci sarà la fila di televisioni
pubbliche e private (lo dico con grande rispetto per gli amici
e colleghi giornalisti) che chiederanno all'onorevole Cabras,
al presidente Violante, ai rappresentanti dei vari gruppi le
rispettive opinioni su cosa è successo e si è detto. In questo
caso non c'è nulla di particolarmente pruriginoso, non c'è uno
scoop e tuttavia c'è qualcosa di almeno altrettanto
importante (senza con ciò voler nascondere l'importanza del
lavoro che abbiamo svolto nei mesi passati) che va
valorizzato.
   Un forum aperto potrebbe rappresentare il modo attraverso
il quale si invita la stampa, la televisione, i mezzi di
informazione ad "aprire" su una realtà di tanto valore. In
particolare a me pare molto giusto un giudizio contenuto nella
relazione del MOVI circa il fatto che in questi mesi, dopo le
stragi, mentre si è recuperato il ritardo esistente sul
versante repressivo, sul versante mafia-politica, non si è
ancora recuperato il ritardo sul versante economico. Abbiamo
un ritardo sul versante dell'economia che se non viene
affrontato di petto può diventare esiziale anche per il
successo ed il buon fine di quanto la Commissione sta
contribuendo a fare in altri settori.
   Tutto ciò dobbiamo saperlo per non riprodurre (nella
relazione del MOVI non è scritto, ma voglio dirlo a scanso di
equivoci) un'analisi di tipo sociologico del
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fenomeno mafioso, che alla fine potrebbe diventare di tipo
giustificatorio: siamo di fronte a ritardi economici e a forme
di degrado economico-sociale che provocano tale fenomeno.
Queste forme di degrado sociale, l'arretratezza, o la
distorsione della modernizzazione che si è determinata in una
larga parte del paese, hanno rappresentato un terreno fertile
per la presenza di un soggetto autonomo, che ha una sua forza,
una sua articolazione anche di tipo economico. La forza della
democrazia sta nel saper offrire un'alternativa anche di tipo
materiale e non solo di tipo morale o civile alle forze che
oggi vengono chiuse in questo dominio. Al riguardo mi sembra
molto giusta la testimonianza di alcuni esponenti del
volontariato impegnati in Campania ed in altre regioni.
   In particolare, vorrei sottolineare, anche se la cosa non
riguarda direttamente il volontariato, la grande importanza
che ha l'organizzazione di un tessuto democratico, quindi
delle forze democratiche, nelle zone più degradate delle città
e del paese. Nel corso di questi ultimi anni la chiusura o
l'estinzione, in alcuni casi, di sezioni di partito in
quartieri popolari, di organizzazioni del sindacato, di forme
collettive dell'organizzazione della democrazia, ha fatto sì,
anche se inconsapevolmente, che in questi quartieri i "don",
gli "zii", le organizzazioni mafiose, le cosche e così via,
diventassero in qualche modo un punto di riferimento perverso,
distorto, terribile per le realtà del bisogno.
   Da questo punto di vista, rispetto agli obiettivi,
desidero sottolineare alcuni punti di particolare urgenza.
Nella relazione si fa riferimento all'obiezione di coscienza.
A questo riguardo non si può non denunciare che la legge
sull'obiezione di coscienza continua ad essere bloccata in
Parlamento dalla posizione che in modo specifico, non tutto il
Governo, hanno assunto nel corso di queste settimane il
ministro della difesa, il Ministero della difesa. Non dico che
la legge sull'obiezione di coscienza è in grado di risolvere
tutti i problemi (in passato è stata applicata in modo
distorto) e che da sola potrebbe consentire la realizzazione
di un servizio civile; tuttavia, essa rappresenterebbe un
segnale positivo e costruttivo.
   Pertanto, credo che la Commissione antimafia debba
innanzitutto intervenire nei confronti del Parlamento affinché
questa legge venga ripresa, letteralmente ripresa per i
capelli (lo voglio dire come un grido di allarme anche agli
amici del volontariato presenti), letteralmente ripresa per i
capelli (oggi praticamente quasi affossata), nei prossimi mesi
malgrado la crisi politica e le difficoltà legislative che
abbiamo di fronte.
   In secondo luogo, ritengo di grande rilievo l'idea
contenuta in modo ancora abbastanza generico nella relazione
presentata dal MOVI (chiedo a Lumia e agli altri
rappresentanti se esistono proposte più specifiche affinché le
illustrino o le facciano pervenire alla Commissione) circa
l'intervento da effettuare sulle periferie. Il collega Riggio
si è soffermato su questo aspetto ed anche su quanto la
precedente Commissione antimafia era riuscita a concretizzare
in proposito. Ricordo la misera fine del decreto concernente
l'Italispaca di cui la Commissione si è occupata varie volte,
che prevedeva una serie di interventi per le città di Palermo
e di Catania. In modo particolare per Palermo si prevedeva un
intervento sull'area ovest e sull'area est della città che
avrebbe potuto costituire la base per l'avvio di una
ricostruzione di queste grandi periferie.
   Si tratta di definire le forme di tipo ordinario (così
come si dice nella relazione) e non straordinario di
intervento. Sottolineo questo aspetto perché non vorrei che,
chiedendo interventi di emergenza (perché sicuramente c'è un
problema di emergenza nelle periferie), potessimo reintrodurre
pratiche o modalità che hanno una logica di tipo emergenziale
che in ultimo fanno la fine che abbiamo già visto. Certamente
abbiamo bisogno di un piano delle risorse economiche, degli
strumenti legislativi e degli strumenti attuativi delle scelte
e delle
                        Pag. 1877
decisioni che si intendono adottare. Probabilmente a questo
proposito, per quello che riguarda il futuro lavoro della
Commissione antimafia, è opportuno isolare alcune zone. Come
Commissione antimafia abbiamo deciso di svolgere un lavoro che
parta dall'analisi di alcune realtà. Poco fa è stato
sottoposto all'attenzione della Commissione il caso
riguardante la città di Bari, ma io penso, ad esempio, anche
alla questione del centro storico di Palermo di cui sarebbe
opportuno, a mio giudizio, che ci occupassimo in modo
specifico. In questi giorni ho inviato una lettera al
presidente della Commissione affinché vengano acquisiti alcuni
atti a proposito della questione del centro storico di Palermo
ben sapendo che un progetto concentrato da un punto di vista
economico, di strumenti attuativi, di verifica e di controllo
su una grande realtà in cui vivono decine di migliaia di
persone, rappresentanti strati e ceti popolari ancora non
espulsi dal centro storico, potrebbe rappresentare uno di
quegli interventi positivi di ricostruzione che dobbiamo
operare.
   Infine, per concludere, sottoscrivo quanto è stato detto a
proposito della legge sull'uso dei beni sequestrati e della
possibilità di un intervento che ci permetta di reinserirli in
un circolo democratico di cui il volontariato rappresenti uno
dei soggetti attivi. Anche a proposito del pieno
riconoscimento della soggettività di queste novità che si sono
venute organizzando nell'Italia degli ultimi anni, in modo
particolare nel Mezzogiorno, credo che dovremmo compiere un
esame attento in ordine a cosa è avvenuto con gli statuti
comunali. Ho l'impressione che la vicenda degli statuti
comunali (è un giudizio che voglio dare prudentemente in
quanto non confermato da dati di fatto), che doveva
rappresentare un grande momento di riconoscimento a livello
locale da parte delle amministrazioni circa il valore delle
organizzazioni del volontariato, sia rimasta in larghissima
parte lettera morta soprattutto per la crisi che ha investito
la politica e per i casi di corruzione che hanno investito
largamente le amministrazioni locali.
   Anche a questo proposito la Commissione antimafia può
svolgere una funzione positiva per rivitalizzare lo strumento
degli statuti comunali, che concretamente può rappresentare un
riconoscimento sul terreno locale di un lavoro che viene
svolto dal volontariato, che non chiede solo finanziamenti ma
anche di poter essere riconosciuto per il proprio contributo
politico e per la propria politicità in senso lato.
  ALBERTO ROBOL. Al presidente Lumia vorrei rivolgere una
domanda che più volte ho avuto modo di porre in occasione
delle trasferte svolte dalla Commissione a Brindisi, a Bari,
in Calabria, riguardante la società civile, il volontariato.
Credo sia opportuno concettualizzare meglio il volontariato
rispetto al passato, quando la società civile non era
sostanzialmente impegnata in quanto, come si è detto prima,
assente dal dibattito. Lo stesso presidente del MOVI ha
parlato di una accelerazione di sensibilità da parte della
società civile. Credo sia pericoloso identificare il movimento
del volontariato con la società civile.
   Per comprendere meglio il ruolo del volontariato forse
dovremmo domandarci che rapporto c'è tra questo movimento, che
rappresenta una parzialità finalizzante, e la società civile
quale entità abbastanza astratta nelle sue sfaccettature. Da
diversi interventi è emersa una componente direi quasi
primigeniamente conflittuale con le istituzioni. Non so fino a
che punto questa conflittualità, questa sorta di dicotomia tra
istituzione e volontariato possa col tempo essere utile ai
fini del lavoro da compiere. Se la conflittualità determinerà
ulteriori situazioni positive di vita, allora potrà avere una
sua finalizzazione, altrimenti rischierà di determinare una
serie di paralisi.
   Anche in altre regioni esistono movimenti di volontariato,
però ho l'impressione che in quelle non meridionali il
rapporto con le società civili e con le istituzioni sia
diverso. Negli ultimi due
                        Pag. 1878
anni, quando a livello di repressione si è notata la presenza
dello Stato, come ha reagito il volontariato? Come ha reagito,
nei confronti della nascente società civile, come insieme di
articolazioni e di prese di posizione, il volontariato? Il
riferimento al televideo mi è parso opportuno perché,
dall'assassinio del giudice Falcone in poi, tutte le
iniziative assunte (che non sono però tutte riducibili al
volontariato) testimoniano una generalizzata presa di
coscienza. Vorrei a tale proposito qualche delucidazione.
  PAOLO CABRAS. Desidero anch'io ringraziare i
rappresentanti del MOVI per il contributo di esperienza e di
conoscenza che hanno dato ai nostri lavori. Condivido
l'analisi contenuta nella vostra relazione sintetizzata dal
presidente Lumia. L'azione di contrasto alla mafia non può
essere affidata soltanto alle tradizionali politiche di
repressione, né tanto meno può essere compito solo della
magistratura e delle forze dell'ordine. Tale azione ha bisogno
di una risposta molto più vasta, più articolata delle
istituzioni, ma anche di chi, nella società civile, organizza
forme ed interventi di solidarietà, di comunicazione, di
iniziativa, antidoto questo ad una cultura mafiosa che è
sempre cultura della separatezza, della distinzione, della
contrapposizione, della conflittualità rispetto alle
istituzioni ed alle regole, comunemente accettate, di
convivenza.
   Giustamente vogliamo colpire la mafia anche nelle sue
articolazioni economiche, produttive, nelle sue transazioni
economiche, nelle sue connessioni interne ed internazionali.
Sappiamo infatti che la mafia punta sempre verso il nord ed
oltre il confine nazionale ma non dobbiamo dimenticare il suo
aspetto territoriale; essa investe le sue risorse a New York
ed in Canada, gioca in borsa a Milano, ha i suoi paradisi
fiscali in Svizzera o nel Liechtenstein, però rimane sempre
ancorata a quelle realtà territoriali che rappresentano un po'
i suoi santuari, le sue radici di forza, di influenza. Non a
caso i boss mafiosi non si nascondono mai in Sud America,
bensì a Palermo o sulle montagne dell'Aspromonte.
   Ritengo pertanto indispensabile la presenza articolata
delle organizzazioni del volontariato sul territorio per la
contrapposizione alla mafia. Quello però che mi sorprende, non
nella vostra denuncia ma in una realtà che conosco anch'io, è
che, nonostante l'evoluzione della cultura prevalente e della
legislazione attuale (penso alla legge quadro sul
volontariato), vi sia ancora una difficoltà nel riconoscere il
vostro ruolo e la vostra funzione da parte di soggetti
istituzionali ed in particolar modo delle regioni, delle
province e dei comuni. Penso inoltre alla destinazione ed
all'impiego dei fondi a favore dei minori, per l'affido
familiare e per tutte quelle cose che ci avete rappresentato
con molta efficacia. Tutto ciò mi preoccupa perché è il segno
di una insensibilità che non è neanche scossa da leggi che
pure hanno dato al volontariato, che in tempi lontani le
temeva come fossero una sorta di gabbia, di condizionamento,
di limite, la possibilità di farsi conoscere ed apprezzare
all'esterno. Purtroppo però le cose sono pressoché immutate e
questo credo possa indurre la Commissione antimafia ad
assumere un'iniziativa.
   La Commissione antimafia, allorquando svolge indagini
sulle realtà provinciali e regionali, cerca sempre di trovare
tra gli interlocutori chi rappresenta il volontariato. Questa
è un'attenzione che dal sociale si dirama anche ai problemi
della scuola, della cultura, delle occasioni di
socializzazione che sono estremamente importanti, così come
purtroppo sono completamente assenti. La denuncia che voi
avete fatto per Gela, per Poggiomarino o altri centri potrebbe
benissimo essere ripetuta per tutti quelli che abbiamo
visitato (e molti me ne venivano alla mente mentre vi
ascoltavo). In seno alla Commissione antimafia è stato
costituito un gruppo di lavoro che si occupa dei temi sociali.
Stiamo raccogliendo dati sull'abbandono scolastico e
soprattutto sull'evasione della scuola dell'obbligo, nonché
sul fenomeno della dispersione, fenomeno questo molto diffuso.
                        Pag. 1879
   Ritengo che vi sia la necessità di esaminare più a fondo
la qualità della spesa sociale al sud, al di là della sua
entità. A volte la percentuale può essere incoraggiante, ma
spesso essa è più apparenza che sostanza. Vi è inoltre un
problema di preparazione e di formazione professionale delle
istituzioni a fronte degli interventi di carattere sociale; vi
è un problema quindi della scuola, dell'occupazione, della
formazione professionale. Sono ingentissimi i fondi che nel
sud e non solo si impegnano per sostenere l'occupazione, per
cui credo legittimo l'interrogativo che ci poniamo circa
l'utilità sociale e la compatibilità con le linee di tendenza
dell'evoluzione economica, di mestieri e di professioni. E'
inoltre importante valorizzare ed utilizzare il volontariato
per i minori devianti, per tutti quei casi in cui né la
repressione né, tanto meno, la condizione detentiva possono
risolvere i problemi dei tossicodipendenti.
   Se il nostro gruppo di lavoro riuscirà ad acquisire una
serie di dati, compresi i documenti che voi oggi ci avete
fornito, forse potremo programmare nel medio periodo un
confronto tra la nostra Commissione, le organizzazioni del
volontariato, le rappresentanze delle regioni, nonché i
ministri degli affari sociali e della pubblica istruzione.
Ritengo che da tale confronto possa scaturire un elaborato, un
insieme di verifiche e di documentazioni, nonché alcune
proposte. Dal canto vostro potrete benissimo arricchire ed
integrare con la vostra esperienza il nostro lavoro.
Probabilmente tutto ciò potrà anche influenzare la politica
sociale delle regioni; oggi infatti tale politica non
appartiene tanto al Governo centrale, quanto alla capacità di
realizzare sul territorio interventi precisi e definiti da
parte delle regioni (com'è giusto). Il rischio però è quello
che a livello regionale si ripresentino tutte le degenerazioni
dell'assistenzialismo, del clientelismo e del burocratismo.
Per concludere ritengo che, se la Commissione concorderà con
la mia proposta, potremo darci un nuovo appuntamento per
confrontare l'esito del nostro lavoro con la vostra esperienza
che oggi ci avete anticipato.
  PRESIDENTE. Vorrei anch'io ringraziare i nostri ospiti e
dire che l'ipotesi politica dalla quale partiamo è stata
spiegata con grande chiarezza dal senatore Cabras. Vi è un
problema di repressione che va affrontato con tutta l'energia
necessaria e vi è un problema di costruzione della democrazia,
che va affrontato con pari energie: non basta infatti
sradicare, bisogna anche piantare e lavorare in positivo.
   Voi avete fatto un elenco di alcune questioni concrete
sulle quali la Commissione vorrebbe intervenire. Vi è poi il
problema più generale di costruire un rapporto tra il vostro
lavoro, il nostro e quello delle istituzioni, come poc'anzi
hanno affermato i colleghi Cabras, Folena ed altri.
   Probabilmente è difficile fare questo lavoro in una sede
nazionale, nel senso che i problemi sono diversi di volta in
volta, caso per caso e rischiamo di perderci in un totale
genericismo. Occorre pertanto decidere se vogliamo individuare
un momento generale, cui accennava il vicepresidente Cabras,
nel quale fare alcune verifiche, fissando però un'area
specifica di esame. Non so se sarà la Campania, la Sicilia, o
qualche altra zona, però in questa area da individuare
occorrerà fare un confronto più ravvicinato con le
amministrazioni locali. I soggetti sono tre: le organizzazioni
del volontariato, le amministrazioni comunali e quelle
regionali. Certamente sorgeranno delle difficoltà materiali,
difficoltà d'impiego di fondi, di capacità di spesa, vi è
tuttavia la necessità di individuare tali aree con una certa
precisione.
   Vorrei inoltre informare che è stata già programmata
l'audizione del ministro della pubblica istruzione nel gruppo
di lavoro che si occupa delle questioni sociali, per cui in
quell'occasione sentiremo l'opinione di una persona
estremamente sensibile a questo tipo di problemi.
   Per quanto riguarda la legge n. 216, abbiamo ascoltato il
consigliere Palomba,
                        Pag. 1880
direttore del servizio minorile del Ministero di grazia e
giustizia (esiste un resoconto sommario di quell'incontro che
potremo consegnarvi). Mi ha colpito molto la questione di Gela
che personalmente credevo, forse capendo male, si risolvesse
in modo positivo.
   Se i colleghi sono d'accordo potremmo affidare al gruppo
di lavoro il compito di elaborare un piano, fissando tuttavia
un nuovo appuntamento con le organizzazioni del volontariato
prima della pausa estiva, in modo tale che non si disperda
l'esperienza fin qui maturata. Potremo inserire questo studio
nel quadro del lavoro sulla Sicilia, visto che dovremo fare un
lavoro ad hoc su questa regione, oppure nel quadro del
lavoro sulla Campania. Ricordo infatti che abbiamo già
programmato dei lavori per queste due regioni. Naturalmente, è
difficile stabilire quale sia la sede prioritaria, ma dobbiamo
comunque scegliere con un minimo di arbitrarietà. D'altronde,
se non si stabiliscono priorità, non si fa nulla o al massimo
cose di carattere generico.
   Si è parlato anche del problema della sensibilizzazione
delle scuole. A me francamente pare che il problema più
rilevante sia rappresentato dalle amministrazioni locali e
regionali. Qui sta il punto chiave del vostro lavoro perché,
se non riuscirete a raccordarvi con dati quali capacità,
qualità ed effettività della spesa, tutto il resto
probabilmente verrà meno. Pertanto, pur dando tutto lo spazio
necessario alla scuola, dobbiamo trovare il modo di
focalizzare la nostra attenzione su questo aspetto del
problema.
   Noi siamo molto lieti di questo incontro anche perché
siamo perfettamente consapevoli che la prevenzione costa meno
della repressione. Gli "utili" della prevenzione però non si
vedono nel senso che l'utile è fisiologico e quindi non
emerge. Occorre pertanto una notevole maturità politica per
impegnarsi sul piano della prevenzione piuttosto che su quello
della repressione. Questo è un problema di democrazia che
tutti i soggetti operanti nel paese devono tentare di
risolvere.
   Chiedo, quindi, al presidente Lumia se è d'accordo su
questo itinerario e se intende suggerire altre linee d'azione.
Ricordo che il senatore Robol aveva posto un quesito.
  ALBERTO ROBOL. Oltre ai tre interlocutori di cui parlava
il presidente - movimenti, istituzioni e Commissione antimafia
- ne esiste un altro, la società civile che, rispetto al
movimento del volontariato, negli ultimi anni ha dimostrato di
essere molto più articolata.
  GIUSEPPE LUMIA, Presidente del MOVI. Innanzitutto
desidero ringraziare la Commissione per averci ascoltato in
sede plenaria perché spesso veniamo chiamati per interventi
riguardanti il settore specifico delle politiche sociali;
cosa, questa, che rischia di ghettizzare culturalmente
l'intervento. L'individuazione di un settore è sicuramente
necessaria - ed è bene che voi ne abbiate scelto uno, perché
ciò rappresenta un indicatore di crescita e di evoluzione del
vostro lavoro - ma un confronto sui problemi generali consente
di aggiungere gradualmente un nuovo asse di intervento: la
socializzazione del territorio.
   A proposito del rapporto con le istituzioni, desidero
ricordare che sin dai primi vagiti del nostro agire e dai
primi passi del movimento del volontariato abbiamo inteso
liberarlo da un rapporto conflittuale di tipo ideologico. Nel
volontariato, più che altrove troverete sempre accesi
fans di nuove istituzioni e della capacità di queste
ultime di essere presenti soprattutto nel territorio. Nel
volontariato troverete esagerati tifosi di una riforma, di un
cambiamento delle istituzioni. Ci scontriamo, infatti, giorno
per giorno con la disfunzione, il degrado, l'incapacità delle
istituzioni a rimuovere le cause del disagio e
dell'emarginazione, soprattutto là dove situazioni particolari
richiedono più di altre una capacità progettuale trasparente e
competente.
   Abbiamo voluto una legge non sul volontariato, ma una
legge che si limitasse a regolare il rapporto fra volontariato
                        Pag. 1881
 ed istituzioni proprio perché riteniamo che queste due sfere
autonome non debbono essere fagocitate l'una dall'altra, ma
devono intrattenere rapporti chiari e soprattutto giocati sul
piano della progettualità.
   Perché sono presenti qui oggi realtà che operano nel
Mezzogiorno? Perché la nostra specificità di volontariato
consiste soprattutto nel produrre opinione e cultura dopo o
contemporaneamente al fare esperienza. Nella società civile -
che grazie a Dio è variegata - esistono tante forme di
approccio alle tematiche culturali e sociali. Esistono
soprattutto movimenti di opinione che su un determinato
fenomeno registrano una sensibilità, elaborano una riflessione
e propongono delle soluzioni. La nostra specificità dentro la
società civile è quella di non parlare mai di territorio, di
quartiere, di presenza mafiosa nel territorio e nei quartieri,
dei minori, dell'affido e delle altre forme di prevenzione
senza aver maturato prima esperienza di accoglienza e di
condivisione. Questa è la nostra specificità.
   Cosa registriamo di nuovo in quest'ultimo periodo? Che le
nostre azioni stanno piano piano erodendo o se volete stanno
cominciando a contendere alla mafia la capacità di regolazione
della vita sociale, economica e produttiva soprattutto nelle
città e nei singoli quartieri, che rappresentano poi il
livello in cui noi agiamo. Fino a poco tempo fa la mafia
regnava incontrastata; adesso c'è qualche soggetto che
comincia pian piano a creare concorrenza. L'esperienza che
abbiamo accumulato in questi anni, che ha fatto nascere anche
una certa antipatia e reazioni da parte della mafia, ci
dimostra che quella intrapresa è una strada seria. Ci dimostra
che è giunto il tempo perché il volto sociale dello Stato -
assente o mal presente - cominci ad organizzarsi ed a
manifestarsi.
   La nostra specificità si registra nei confronti sia della
società civile che delle istituzioni. Noi diciamo sempre: un
colpo qui e un colpo lì. Immaginate che fino a poco tempo fa a
Palermo - la realtà che conosco meglio, ma il fenomeno è
registrabile in altre realtà del paese - si affidava il
compito della lotta alla mafia ad alcuni magistrati ed a
qualche uomo politico, mentre sotto il profilo economico in
sostanza si registrava un'assenza. Si è partiti, quindi, da
una scena vuota: lì sul palco quei pochi magistrati e quei
pochi uomini politici a contendersi la lotta, gli spazi di
democrazia e là la mafia. Piano piano su questo grande palco
hanno fatto il loro ingresso alcuni spettatori che hanno
cominciato a tifare, a scaldarsi, a capire, a manifestare la
loro simpatia ed il loro consenso per quei magistrati - non
pochi - e per quei politici ai quali via via si aggiungeva
qualcuno.
   Oggi l'esperienza del volontariato non è più quella del
solo tifo, ma quella della pratica sportiva nella lotta alla
mafia. Per questo abbiamo bisogno - non noi ma i cittadini e
le istituzioni - di strumenti adeguati. Noi rappresentiamo una
possibilità di anticipazione e di stimolo; dimostriamo che è
possibile fare e che comunque non siamo noi la soluzione ma i
cittadini e le altre forme di organizzazione della società
civile - associazioni, cooperative - insieme alle istituzioni.
Noi siamo lì a testimoniare che è possibile farlo.
   Signor presidente, desidero ricordare che la legge n. 216
andrà in scadenza alla fine del 1993, visto che quello
previsto era un programma triennale. Riteniamo che sia
necessario - e d'altronde l'abbiamo scritto nel nostro
progetto - riprendere in mano la legge, usufruire delle
innovazioni che ha prodotto, superare i tanti e tanti limiti
che sono stati qui indicati e soprattutto assegnarle un
compito di stabilità e di ordinarietà per intervenire non solo
e non tanto sui minori, quanto sulla vita dei quartieri dove
vivono i minori. Abbiamo notato, infatti, che intervenendo
soltanto sulle singole categorie, non riusciamo a venire a
capo dei problemi. Se un minore vive in un quartiere dove non
funzionano i servizi, le famiglie non sono sostenute, non ci
sono né educatori né spazi di aggregazione, l'intervento
rischia di essere fallace. Dobbiamo cercare, perciò, di
utilizzare e finanziare la legge
                        Pag. 1882
n. 216, soprattutto spostandone l'intervento sui quartieri e
assegnando il 60 per cento delle risorse alla stabilizzazione
di quei progetti - previa una verifica rigorosa e puntuale -
che hanno già prodotto risultati.
   Concludo riallacciandomi a quanto detto dall'onorevole
Folena che ci chiamava in causa sul problema del risanamento
dei quartieri. E' vero: questa è la sfida. Condivido appieno
le indicazioni, gli stimoli e i suggerimenti dell'onorevole
Folena. Nel nostro documento ci siamo limitati a fornire
alcune indicazioni: esistono già delle documentate esperienze,
una cultura ed una progettualità maturate in tanti quartieri
del Mezzogiorno (ad esempio a Reggio Calabria, a Catania, a
Bari, a Taranto e Cosenza) sulle quali possiamo misurarci,
confrontarci e produrre progettualità.
   L'ultima questione che desidero affrontare è quella
dell'incontro che è stato qui proposto. Nel documento da noi
elaborato abbiamo trattato l'argomento: noi vogliamo
rappresentare nell'ambito di tale incontro un piccolo segnale
utile ad aprire a tante altre realtà di volontariato presenti
sul territorio in maniera davvero straordinaria, nonché a
tante altre realtà di autorganizzazione - che vanno dai
commercianti, ai cittadini ed agli studenti - molto vive,
presenti, capillari e diffuse. Per questo pensiamo che sarebbe
bene confrontarci con esse, chiamando in gioco le istituzioni,
per evitare quella sorta di imbarazzo e quella conflittualità
che siamo spesso costretti a produrre a causa dei
comportamenti delle istituzioni nazionali e locali che spesso
ci fanno cadere dalla padella alla brace. Dobbiamo evitare
questo tipo di rapporto e verificare se è possibile produrre
progetti per avanzare con molta speditezza per non subire più.
  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente i nostri ospiti. Tengo
a precisare che il ringraziamento è sincero perché ci avete
fornito un quadro della situazione che rappresenta per noi
materiale di lavoro estremamente interessante. Vi faremo
conoscere le nostre decisioni circa futuri incontri, fermo
restando che prima della chiusura per le vacanze estive
terremo un forum sulle questioni analizzate oggi. Vi saluto e
vi auguro buon lavoro.
(I rappresentanti del MOVI sono accompagnati fuori
dall'aula).
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Questa mattina, in sede di ufficio di
presidenza, il senatore Smuraglia ha assunto l'incarico di
disporre rapidamente un programma di lavoro circa la questione
degli insediamenti mafiosi nelle aree non tradizionali, allo
scopo di disporre, prima delle ferie estive, di un quadro
complessivo dello stato di tali insediamenti, del modo in cui
si caratterizzano ed in che cosa effettivamente consistano in
aree diverse dalla Toscana già presa in considerazione.
   Prego, pertanto, il senatore Smuraglia di esporre
sinteticamente le sue proposte.
  CARLO SMURAGLIA. Siamo partiti dal presupposto che non
bisognava dividere l'Italia in due, cioè aree "tradizionali"
da una parte e tutto il resto dall'altra, ma prendere in
considerazione quel gruppo di zone che, alla luce delle
informazioni e dei dati in nostro possesso, appaiono
particolarmente a rischio. La scelta è caduta su Toscana,
Emilia Romagna, Liguria, Veneto, Piemonte e Lombardia.
  PRESIDENTE. Sulla base di atti in nostro possesso è
venuta in luce una questione riguardante l'Abruzzo.
  CARLO SMURAGLIA. E' emerso inoltre che gli elementi che
ci consentono un'indagine più mirata erano in particolare
relativi al Piemonte, alla Valle d'Aosta ed al Veneto.
Disponiamo anche di parecchi elementi riguardanti la
Lombardia, già raccolti dalla precedente Commissione
antimafia. Abbiamo inoltre chiesto
                        Pag. 1883
 un rapporto che ci aggiorni su nuovi insediamenti nelle zone
di Como e Varese.
  ACHILLE CUTRERA. A chi sono state chieste queste
informazioni?
  PRESIDENTE. Al capo della polizia. Alcune sono già
arrivate.
  CARLO SMURAGLIA. Un altro rapporto è stato chiesto per
l'Emilia Romagna visto che esiste un certo contrasto fra le
indicazioni fornite ad esempio dal procuratore Vigna e da
altri e quanto contenuto nella relazione del procuratore
generale per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Se si va
in un luogo senza avere le idee precise e mirate, la prima
reazione che si potrebbe suscitare è quella di sorpresa: ci si
potrebbe chiedere perché si è andati da quelle parti, ci si
potrebbe sentire offesi ed avere una reazione negativa. Si è
pertanto pensato di fare una distinzione: procedere nella
prima parte di maggio a due sopralluoghi, uno in Piemonte e
Valle d'Aosta e l'altro in Veneto; subito dopo, se vi saranno
elementi, potremo farne un altro in Emilia e completare
l'opera per quanto riguarda la Lombardia. Nel frattempo
potremo acquisire elementi anche nelle altre regioni dal
momento che ci sono pervenute una segnalazione per quanto
riguarda l'Abruzzo e una circa Potenza, e ci è stato chiesto
un rapporto per quanto concerne la Sardegna.
   Potremmo predisporre una relazione per la Commissione
prima della pausa estiva, divisa per capitoli, che colga non
soltanto la singolarità delle varie regioni, ma anche i
collegamenti - visto che esistono - e alcuni connotati del
fenomeno. Si tratta di verificare se la Commissione concordi
su questa strada.
  PRESIDENTE. Sottoporremo questo piano alla Commissione
in una prossima seduta perché ora non siamo in numero legale.
  ACHILLE CUTRERA. Vorrei che venisse specificato il senso
della proposta formulata dal senatore Smuraglia, nei limiti
cioè di uno schema informativo preliminare. Sono sempre
preoccupato che si possa immaginare esaustivo un lavoro del
genere, fatto in poco tempo; è perciò opportuno condurre il
nostro lavoro con cautela, non ipotizzando che per l'opinione
pubblica possa costituire un vero e proprio rapporto della
Commissione antimafia.
  CARLO SMURAGLIA. Concordo perfettamente con il collega
Cutrera.
  PRESIDENTE. Informo che venerdì 23 aprile alle 9,30 si
svolgerà un incontro preliminare con tutti gli esperti
economisti in vista del forum "Economia e criminalità" che si
terrà il prossimo 14 maggio. Naturalmente l'invito è rivolto a
tutti i colleghi della Commissione e non solo ai membri del
gruppo di lavoro competente; sarebbe utile che chi è
interessato potesse partecipare, perché in quella sede si
determineranno gli elementi comuni.
  ACHILLE CUTRERA. Signor presidente, desidero richiamare
la sua attenzione e quella dei colleghi sul fatto che
l'onorevole Folena ed io più volte ci siamo permessi di
proporre la necessità urgente che il gruppo di lavoro che si
occupa della materia degli appalti ravvede di acquisire
elementi più specifici, sulla base della documentazione già
pervenuta, attraverso due sopralluoghi, uno a Catania e
l'altro a Palermo. Riteniamo che tale lavoro dovrebbe essere
svolto con sollecitudine, per non sovrapporre i tempi a quelli
delle competizioni elettorali che, svolgendosi in due turni,
impegneranno tutto il mese di giugno. Ciò vuol dire arrivare
alla pausa estiva ed essere costretti a rinviare tutto a
settembre. Mi preoccupo di questo e lo dico con
responsabilità...
  PRESIDENTE. Scusi, senatore Cutrera: fuori del quadro
dell'intervento in Sicilia, quindi?
                        Pag. 1884
  ACHILLE CUTRERA. Ho sempre ritenuto questa un'indagine
così specifica, mirata ed importante, come emerge dai dati che
sono emersi, da giustificare i due accessi. A parte l'urgenza,
vorrei dire che l'opportunità di tutto ciò può essere
ravvisata nel fatto che probabilmente il Parlamento da giovedì
prossimo sospenderà per un certo periodo la sua attività:
questa indagine può essere condotta proprio durante questa
sospensione.
  PRESIDENTE. Sta bene. La prego di farmi pervenire per
venerdì un quadro completo di incontri ed audizioni, al fine
di porlo in votazione.
La seduta termina alle 20,25.

 


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